Glasya – Heaven’s Demise

Heaven’s Demise è composto da una decina di brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al mondo potente, elegante del symphonic metal, le influenze sono chiare e perfettamente delineate in una struttura che, pur non offrendo spunti clamorosi, riesce a mantenere una buona dinamica, tra arrangiamenti orchestrali, e forza metallica sempre tenuta imbavagliata dalla gradevole interpretazione della vocalist.

Nel vasto panorama offerto dal metal, quello sinfonico continua a mantenere uno zoccolo duro di fans deliziati dalle opere dei gruppi diventati icone del genere e da quelli che, invece, si presentano al pubblico con esordi più o meno riusciti.

Sinfonie metalliche dalle delicate orchestrazioni, animate da riff potenti e da voci suadenti: il symphonic metal di stampo gothic da anni rappresenta una strada sicura per i suoi ascoltatori, magari non più gratificati dai capolavori del passato, ma attratti come sempre da un ottimo livello qualitativo.
Le nuove leve proposte da un underground generoso offrono lavori di buona fattura come questo esordio dei portoghesi Glasya, sestetto di Lisbona capitanato dalla voce classica della brava Eduarda Soeiro, cantante di genere che mette le sue doti canore al servizio di un sound che non disdegna passaggi heavy, solos taglienti e cavalcate di matrice power.
Heaven’s Demise è composto da una decina di brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al mondo potente, elegante del symphonic metal: le influenze sono chiare e perfettamente delineate in una struttura che, pur non offrendo spunti clamorosi, riesce a mantenere una buona dinamica, tra arrangiamenti orchestrali e forza metallica sempre tenuta imbavagliata dalla gradevole interpretazione della vocalist.
Dall’inizio alla fine l’album mantiene quello che promette, e i Glasya senza strafare offrono una buona prova ed una manciata di canzoni da ricordare, guadagnandosi un buon giudizio ed un arrivederci al prossimo passo che, sicuramente, porterà ancora più personalità e convinzione in seno al sestetto portoghese.

Tracklist
1.Heaven’s Demise
2.Ignis Sanctus
3.Coronation of a Beggar
4.Glasya
5.Eternal Winter
6.Birth of an Angel
7.The Last Dying Sun
8.Neverland
9.No Exit from Myself
10.A Thought About You

Line-up
Eduarda Soeiro – Vocals
Davon Van Dave – Keyboards, Orchestrations
Manuel Pinto – Bass
Hugo Esteves – Guitars
Bruno Prates – Lead Guitars
Bruno Ramos – Drums

https://www.facebook.com/GlasyaOfficial/

Cremisi – Dawn of a New Era

I Cremisi raccontano tutto ciò attraverso l’unica musica in grado di fagocitare altri generi e rigettarli sotto forma di arte delle sette note, il metal, sottovalutato ed ignorato dai suoi detrattori, ma fonte inesauribile di emozioni in tutte le sue forme.

Un esordio che sicuramente non passerà inosservato quello dei Cremisi, quartetto proveniente dall’Emila Romagna (Bologna/Ravenna) che si presenta sul mercato metallico forte di una personalità debordante ed un album maturo, sia per le tematiche trattate che per il sound espresso.

La storia del nostro paese raccontata da un metal sinfonico, epico ed evocativo che accomuna prog metal, heavy classico e metal estremo sinfonico di matrice scandinava, è una delle caratteristiche principali di Dawn of a New Era e delle sue dieci composizioni, un viaggio nel tempo tra la scoperta delle Americhe e Leonardo Da Vinci, la caccia alle streghe e la peste del 1300, senza dimenticare l’arte e le sue opere, patrimonio della nostra storia.
I Cremisi raccontano tutto ciò attraverso l’unica musica in grado di fagocitare altri generi e rigettarli sotto forma di arte delle sette note, il metal, sottovalutato ed ignorato dai suoi detrattori, ma fonte inesauribile di emozioni in tutte le sue forme.
Nei brani che i Cremisi hanno creato per dare vita a Dawn Of A New Era proliferano diverse anime musicali, a formare un sound vario ed estremamente affascinante: non manca nulla tra lo spartito di brani come The Black Death, Confession, In The Name Of The lord o la splendida Battle Of Lepanto, che tanto sa di ultimi Amorphis in una versione più epica e meno progressiva.
E poi Symphony X, Iron Maiden, Sabaton, Omnium Gatherum, ma finire l’articolo con i soliti paragoni non darebbe il giusto risalto al grande lavoro svolto dai quattro musicisti nostrani che hanno dato vita ad un’opera davvero molto suggestiva e matura già al debutto.

Tracklist
1.Dark Winds
2.The Black Death
3.Dawn of a New Era
4.Captain’s Log
5.Confession
6.In the Name of the Lord
7.Waves of Sorrow
8.Battle of Lepanto
9.The Hanged Man
10.On the Moon

Line-up
Federico Palmucci – Guitars
Davide Tomazzoni – Vocals
Francesco Messina – Bass
Rolando Ferro – Drums

CREMISI – Facebook

Chaos Factory – Horizon

Settantacinque minuti di musica e parole divisi in due cd, Perception e Myth, per un’opera mastodontica e sorprendente per una band al debutto, di non facile assimilazione proprio a causa della durata e degli interventi vocali che spezzano il ritmo e la scorrevolezza della parte musicale.

Ambiziosa e oltremodo coraggiosa la proposta dei nostrani Chaos Factory, al debutto per Underground Symphony con Horizon, opera metal che unisce power, heavy e spunti sinfonici progressivi in un concept “raccontato” da Luca Ward, voce di Russel Crowe nel Il Gladiatore, capolavoro cinematografico di Ridley Scott.

Settantacinque minuti di musica e parole divisi in due cd, Perception e Myth, per un’opera mastodontica e sorprendente per una band al debutto, di non facile assimilazione proprio a causa della durata e degli interventi vocali che spezzano il ritmo e la scorrevolezza della parte musicale.
Sono dettagli, questi, che potrebbero far perdere qualche punto ad un lavoro che merita la giusta attenzione, perché la band ha creato un sound che, pur evidenziando le sue molteplici influenze, ha la personalità per uscire dall’anonimato in un genere nel quale in termini musicali si è detto tutto o quasi.
Concept a parte (una serie di riflessioni sulla condizione umana), Horizon musicalmente è un piccolo gioiello di metal classico, i brani sono tutti benedetti da un ottimo appeal, trattandosi di una serie di cavalcate power alternate a magniloquenze sinfoniche, atmosfere progressive e hard & heavy, con il gruppo sugli scudi sia per la ricerca del chorus e del refrain perfetto che per il buon uso degli strumenti.
Human Orogeny, We Believe, Juggernaut Is Coming e Running Wild valorizzano il primo cd, mentre sul secondo la band si lascia prendere la mano dalla parte recitata, atmosferica e sinfonica di cui si compone l’album.
Horizon rimane comunque un lavoro da ascoltare con l’impegno che merita, ricco com’è di atmosfere e sfumature che avvicinano la band a icone del genere come Rhapsody, Stratovarius, Labyrinth ed alle colonne sonore di Ennio Morricone.

Tracklist
CD1
01. Human Orogeny
02. Crystalline
03. We Believe
04. Juggernaut Is Coming
05. Affinità Morenti
06. Whispers in the Dark
07. Universal Flow
08. Horizon
09. Come Lacrime Nella Pioggia
10. Running Wild
11. Sins of the Lambs
12. Polychrome Glows
CD2
01. And Zarathustra Said: Horizon
02. Sento La Morte Nel Sogno Che Viene
03. Drying Her Tears
04. In the Depths of the Void
05. L’ultima Madre
06. The Doom of Destiny
07. Nel Profondo Dell’universo
08. Blue Steams
09. Al Calar Della Luce
10. Chaos Variation XVIII

Line-up
Francesco Vadori – Vocal
Luca Moser – Guitar
Mattia “HeadMatt” Carli – Guitar
Diana Aprile – Drums
Fabio Sartori – Bass

CHAOS FACTORY – Facebook

Enchantya – On Light And Wrath

Atmosfere gotiche, growl e female vocals come da copione, ricamano un sound coinvolgente, sempre animato da un’anima metallica valorizzata dalla buona tecnica dei musicisti coinvolti.

Gli Enchantya fanno parte della scena gothic metal portoghese dal 2004, anno di uscita del primo demo, e On Light And Wrath è il secondo lavoro su lunga distanza, dopo un’attesa di sette anni dal debutto Dark Rising.

Licenziato dalla Inverse Records, l’album risulta un buon esempio di gothic metal dalle sfumature sinfoniche e dalle ottime cavalcate heavy/prog, arma in più del combo proveniente da Lisbona.
Atmosfere gotiche, growl e female vocals come da copione, ricamano un sound coinvolgente, sempre animato da un’anima metallica valorizzata dalla buona tecnica dei musicisti coinvolti.
La provenienza dalla terra dei Moospell e sopratutto degli Heavenwood si fa sentire eccome e On Light And Wrath si nutre in parte di queste ispirazioni, insieme alla sempre presente influenza scandinava che non va a snaturare un approccio che rimane personale e convincente.
I musicisti, come già scritto, a livello strumentale ci sanno fare e le varie tracce risplendono di questa virtù, che il sestetto riversa su undici brani con una marcia in più, specialmente quando la musica è lasciata libera di percorrere sentieri metallici, rocciosi, ma nello stesso tempo raffinati ed ottimamente interpretati dalla singer Rute Fevereiro.
Last Moon Of March, Poet’s Tears, Downfall To Power e once Upon A Lie sono i brani migliori di un lavoro che segnaliamo agli amanti del metal gotico e sinfonico.

Tracklist
1.Turn Of The Wheel
2.Last Moon Of March
3.The Beginning
4.Poet’s Tears
5.Near Life Experience
6.Alma
7.Downfall To Power
8.Hide Me
9.Deception (Since You Lied)
10.Once Upon A Lie
11.From The Ashes

Line-up
Rute Fevereiro – Vocals
Bruno Santos – Guitars
Fernando Barroso – Bass
Fernando Campos – Guitars
Pedro Antunes – Piano, Keys, Orchestrations
Bruno Guilherme – Drums

ENCHANTYA – Facebook

Moonlight Haze – De Rerum Natura

Da esperti del genere arriva un nuovo progetto made in Italy di Symphonic Metal moderno, dinamico ed estremamente curato; un mix di classico e di nuovo, unito in un concept accattivante e seducente.

Qui si va sul sicuro ed è un buon punto di partenza: i Moonlight Haze sono una nuova realtà italiana nata nel 2018 da membri o ex componenti di Temperance, Elvenking, Sound Storm, Teodasia and Overtures, quindi è facile intuire che la proposta sia inserita nell’ambito di un Symphonic Metal fresco, moderno ed estremamente curato a livello di arrangiamenti e produzioni.

Si sente infatti il tocco dell’ottimo producer Simone Mularoni che regala grande vivacità ed un suono grandioso ed impeccabile. De Rerum Natura si presenta alla grande fin dall’artwork di copertina che unisce elementi naturistici ad altri più futuristici e tecnologici, ed è perfetto per descrivere la musica all’interno contenuta. Merito certamente della voce versatile e squillante di Chiara Tricarico, del mare di tastiere di Giulio Capone, che riesce a stratificare il sound della band con grande sapienza, della coppia prodigiosa di chitarristi Marco Falanga ed Alberto Melinato, sempre a servizio delle canzoni e mai strabordanti, e della sezione ritmica di Giulio Capone alla batteria (ancora lui) e Alessandro Jacobi al basso, di grande intensità esecutiva, che riesce a “contenere” e valorizzare le performance di tutto il gruppo. Un perfetto lavoro di squadra che culmina in piccole grandi perle musicali come A Shelter From The Storm, ballata dal feeling notturno e quasi fatato, oppure nella galoppante Goddess, dove la melodia non si perde nella vorticosa velocità di esecuzione. Grandi cori ed armonie vocali che si ripetono nella magistrale To The Moon and Back, manifesto perfetto della solidità dei Moonlight Haze. Se Odi et Amo riesce ad essere romantica e sensuale insieme, The Butterfly Effect possiede un refrain catchy e difficilmente dimenticabile, degno dei migliori Nightwish. Time invece, anche grazie al contributo degli ospiti Mark Jansen (Epica e MaYaN) e Laura Macrì (MaYaN), offre sprazzi imperiosi dove si fondono prog metal, musica operistica e classica, per un connubio di grande fascino e forza. I Moonlight Haze passano anche l’esame della suite, perché Dark Corners Of Myself (posta stranamente a metà album) è un racconto di più di nove minuti che non annoia mai e tocca anche lidi musicali del tutto inaspettati, dimostrazione della grande maturità della band. De Rerum Natura è un esordio di grandissima qualità lirica e musicale, noi speriamo che questo non sia solo un progetto estemporaneo ma il primo capitolo di un lungo e glorioso cammino a sette note.

Tracklist:
1. To The Moon and Back
2. Ad Astra
3. Odi et Amo
4. The Butterfly Effect
5. Time
6. Dark Corners of Myself
7. A Restless Mind
8. Deceiver
9. A Shelter from the Storm
10. Goddess

Line-up:
Chiara Tricarico – vocals
Giulio Capone – drums, keyboards
Marco Falanga – guitars
Alberto Melinato – guitars
Alessandro Jacobi – bass

MOONLIGHT HAZE – Facebook

Fleshgod Apocalypse – Veleno

Il disco maggiormente metal della loro collezione, un esempio molto vicino all’optimum di ciò che può essere il metal.

Nuovo episodio nella discografia di uno dei migliori gruppi italiani di metal, i Fleshgod Apocalypse.

Il loro quinto album si intitolo Veleno e sarà uno spartiacque decisivo nella carriera di questa band che tende sempre a raggiungere non tanto la perfezione, quanto una totale onestà musicale. I Fleshgod Apocalypse nei loro precedenti dischi hanno proposto una singolare sintesi di gran valore fra la tradizione della musica classica europea ed italiana con il metal, in particolare con il death metal. Il gruppo perugino è diventato una delle cose più fresche ed innovative della musica estrema degli ultimi anni, producendo dischi sempre all’altezza della situazione. Il precedente King, del 2016, aveva iniziato una rivoluzione nel loro suono che con Veleno continua in maniera ancora più marcata. Innanzitutto il nuovo lavoro è stato composto partendo dalla chitarra e non dall’orchestra come usuale per il gruppo, ed è infatti maggiormente centrato sul metal e meno sull’orchestrazione, comunque presente in maniera eccellente. Inoltre è il primo disco con la nuova formazione. dato che Cristiano Trionfera e Tommaso Riccardi hanno lasciato il gruppo nel 2017 per motivi personali, così il batterista Francesco Paoli è passato alla chitarra e al canto, e sono subentrati David Folchitto degli Stormlord alla batteria e Fabio Bartoletti dei The Deceptionist alla chitarra. Ciò che colpisce sempre dei Fleshgod Apocalypse è la qualità della loro musica, frutto di un lavoro immenso, in cui ogni nota è studiata e calibrata, per una musica che è davvero oltre la nostra dimensione. Veleno è la loro opera più aggressiva ed è il manifesto perfetto, un’aggressione sonora di molti elementi che sarebbero discordanti ma che il gruppo umbro maneggia e miscela alla perfezione. L’album ha la magnificenza dei suoi predecessori, la solita potenza sonora, ma si sente chiaramente fin dalla prima nota che qui la questione è diversa, e che i Fleshgod Apocalypse hanno molto in più da offrire. Veleno è la fusione di molti mondi, di un modo di fare metal che è estremo e genuino, ma che non può e non vuole prescindere da un’immensa preparazione tecnica, mai fine a sé stessa. Se possibile il suono della band qui migliora, arrivando a vette più aggressive e quasi perfette. Il disco maggiormente metal della loro collezione, un esempio molto vicino all’optimum di ciò che può essere il metal.

Tracklist
01. Fury
02. Carnivorous Lamb
03. Sugar
04. The Praying Mantis’ Strategy
05. Monnalisa
06. Worship and Forget
07. Absinthe
08. Pissing On The Score
09. The Day We’ll Be Gone
10. Embrace The Oblivion
11. Veleno

Line-up
Francesco Paoli – Vocals, Guitars, Drums (studio)
Paolo Rossi – Vocals, Bass
Francesco Ferrini – Piano, Orchestrations

LIVE:
Veronica Bordacchini – Soprano vocals
Fabio Bartoletti – Lead guitar
David Folchitto – Drums

FLESHGOD APOCALYPSE – Facebook

Battle Beast – No More Hollywood Endings

No More Hollywood Endings è un album che piacerà sicuramente ai fans dell’hard rock melodico e farà storcere il naso ai true defenders, ma indubbiamente non lascia scampo in quanto ad appeal, richiamando più volte i conterranei Brother Firetribe e Nightwish sotto la bandiera del pop anni ottanta.

Se spulciate il profilo Facebook dei Battle Beast, nello spazio riservato alle informazioni troverete tra gli artisti ispiratori del gruppo gli Abba e non è caso, visto quello che ci riserva il quinto full length del gruppo finlandese intitolato No More Hollywood Endings.

La band, attiva dal 2006, trova nel pop rock e nell’aor una nuova marcia per il proprio sound, lasciando onori e gloria alle tastiere di Janne Björkroth e alla notevole prova della cantante Noora Louhimo.
L’album è un’apoteosi di melodie ruffiane, a tratti sinfoniche ma in gran parte arrangiate ispirandosi allo storico gruppo pop svedese e all’hard rock melodico anni ottanta.
Se sia un pregio o un difetto dipende dai gusti personali, certo è che di heavy metal in questo nuovo lavoro ce n’è veramente poco, soffocato da una valanga di melodie e chorus che entrano in testa come lame nel burro.
Il suono esce pieno e cristallino, le chitarre fanno da contorno all’atmosfera aor che si respira a pieni polmoni dalle trame ruffiane di brani come la title track, Endless Summer, I Wish e The Golden Horde.
No More Hollywood Endings è un album che piacerà sicuramente ai fans dell’hard rock melodico e farà storcere il naso ai true defenders, ma indubbiamente non lascia scampo in quanto ad appeal, richiamando più volte i conterranei Brother Firetribe e Nightwish sotto la bandiera del pop anni ottanta.

Tracklist
1. Unbroken
2. No More Hollywood Endings
3. Eden 3:59 4. Unfairy Tales
5. Endless Summer
6. The Hero
7. Piece Of Me
8. I Wish
9. Raise Your Fists
10. The Golden Horde
11. World On Fire

Line-up
Noora Louhimo – Vocals
Joona Björkroth – Guitars
Juuso Soinio – Guitars
Eero Sipilä Bass
Janne Björkroth – Keyboards
Pyry Vikky – Drums

BATTLE BEAST – Facebook

Inner Shrine – Heroes

Heroes è un lavoro relativamente breve che gode di un’elegante levità nel suo scorrere dai tratti quasi cinematografici: l’operato del duo toscano si rivela in ogni frangente fresco ed evocativo, grazie anche ad una notevole scorrevolezza che compensa l’assenza, di fatto, di una forma canzone vera e propria.

Gli Inner Shrine sono stati una delle prime band che in Italia negli anni novanta fu in grado di accogliere le tendenze gothic doom provenienti dall’Inghilterra, per poi cercare di rielaborarle in senso operistico con l’utilizzo di più voci femminili.

In tal senso, pur nel suo apparire piuttosto acerbo al momento dell’uscita, Nocturnal Rhymes Entangled in Silence, datato 1997, è tutt’oggi da considerarsi uno degli album più importanti del genere pubblicato dalle nostre parti.
La carriera del gruppo fiorentino è stata un po’ frammentaria ma Luca Lotti, assieme al compagno della prima ora Luca Moretti, nel nuovo decennio ha ridato slancio all’attività degli Inner Shrine, prima con l’uscita di Mediceo (2010) e Pulsar (2013) e poi di questo Heroes.
Rispetto a vent’anni fa il sound ha perso oggi parte della sua asprezza per evolversi in un bellissimo metal atmosferico dalla natura per lo più strumentale dato che, salvo sporadici interventi vocali maschili, c’è un ricorso molto efficace a vocalizzi femminili di stampo operistico che in pratica assumono il ruolo di un vero e proprio strumento.
Le ariose aperture melodiche e le solenni partiture che delineano il lavoro, più che assomigliare ai modelli del gothic doom più noti, si avvicinano maggiormente ad entità particolari dello scorso secolo come gli Elend o Malleus, il tutto in una versione molto meno classica da un lato e meno intrisa di elementi dark esoterici dall’altro.
Heroes è un lavoro relativamente breve che gode di un’elegante levità nel suo scorrere dai tratti quasi cinematografici: l’operato del duo toscano si rivela in ogni frangente fresco ed evocativo, grazie anche ad una notevole scorrevolezza che compensa l’assenza, di fatto, di una forma canzone vera e propria, l’unico aspetto del lavoro che potrebbe lasciare perplesso qualcuno (penso ben pochi, però).
La rielaborazione posta in chiusura del brano Cum Gloria, originariamente presente in Mediceum, vale a rendere piuttosto evidente come il sound degli Inner Shrine si sia evoluto in qualcosa di più etereo ma pur sempre affascinante, perché l’apoteosi sinfonico atmosferica di tracce come Ode of Heroes o Gaugamela o l’incedere più dolente e malinconico di Doom e Sakura, producono un carico emotivo a tratti esaltante e così diretto che già al primo ascolto si viene avvolti in maniera inevitabile da questo magnifico lavoro, ennesima dimostrazione di come in Italia non si è secondi a nessuno quando si tratta di proporre sonorità che fondono la tradizione classica con il metal.

Tracklist:
1. Donum (Intro)
2. Akhai
3. Ode of Heroes
4. Doom
5. Firebringer
6. Guagamela
7. Sakura (Metal Version)
8. Cum Gloria (Extended Version)

Line-up:
Luca Liotti
Leonardo Moretti

INNER SHRINE – Facebook

Suffering Souls – In Synergy Obscene

Il symphonic black metal dei Suffering Soul si riempie di epica atmosfera e di passaggi heavy, in una riuscita alchimia di suoni e sfumature che riescono bene nel compito di rapire l’ascoltatore, travolto da orchestrazioni e cavalcate metalliche, scream e toni evocativi.

Una lunga intro orchestrale ci introduce nel mondo oscuro e satanico di Lord Esgaroth e del suo solo project chiamato Suffering Souls, arrivato al quarto capitolo di una carriera iniziata nel lontano 1996 dopo un paio d’anni passati con il monicker Dismal.

Il symphonic black metal dei Suffering Souls si riempie di epica atmosfera e di passaggi heavy, in una riuscita alchimia di suoni e sfumature che riescono bene nel compito di rapire l’ascoltatore, travolto da orchestrazioni e cavalcate metalliche, scream e toni evocativi.
Dopo i primi tre album licenziati nel primo decennio del nuovo millennio ed una lunga pausa ecco quindi il ritorno con In Synergy Obscene, lavoro che si colloca perfettamente nel genere su cui regnano i Dimmu Borgir.
Meno derivativi di quanto ci si potrebbe aspettare, però, Lord Esgaroth e la sua creatura sconfiggono gli scettici con una raccolta di tracce che suscita reazioni positive in chi ama questo tipo di sonorità.
Siamo nel black metal più contaminato e melodico, quindi perfetto per chi non è proprio un integralista nell’approccio al genere, e il musicista tedesco sa come districarsi con tutti gli strumenti e ci regala almeno un tris di brani interessanti come la lunga Inheritence Of Irony con un lungo e suggestivo solo chitarristico di stampo heavy, As The Truth Unfolds, classica symphonic black metal song come l’epico incedere di The Cynic God.
In conclusione In Synergy Obscene risulta un ottimo lavoro, che non cede il passo anche dopo ripetuti ascolti e creato da un compositore che sa decisamente il fatto suo.

Tracklist
1.Idolised and Vilified
2.In Synergy Obscene
3.Inheritance of Irony
4.In Death Reborn
5.As the Truth Unfolds
6.The True Endless
7.The Cynic God
8.All You Little Devils
9.Unseen Phenomenon

Line-up
Lord Esgaroth – All instruments, Vocals

SUFFERING SOULS – Facebook

Avantasia – Moonglow

Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.

Sono passati quasi vent’anni ormai da quando il giovane e talentuoso leader degli Edguy licenziava il suo primo album solista, The Metal Opera, con il monicker Avantasia, seguendo il trend che aveva segnato gli anni a cavallo del nuovo secolo in ambito metallico, con concept per lo più di ispirazione fantasy in cui la musica era una sorta di colonna sonora interpretata da una serie di ospiti che impreziosivano il gran lavoro di stesura e creazione.

Per Tobias Sammet quella che poteva essere solo una riuscita parentesi si è trasformata in una piacevole e puntuale abitudine, e il suo progetto Avantasia, in barba alle mode o ai capricci del mercato, arriva oggi alla sua ottava meraviglia intitolata Moonglow.
Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.
Sammet non ha paura di mettersi alla prova fin da subito e l’opener Ghost In The Moon, invece di esplodere in fuochi d’artificio power come tanti brani che aprono lavori del genere, si rivela in realtà una lunga suite dalle ispirazioni progressive, lasciando alla seguente Book Of Swallows il compito di agitare le acque grazie ad un Mille Petrozza di straordinaria intensità.
Gli ospiti al microfono sono ovviamente da olimpo del metal/rock mondiale: oltre a Petrozza, troviamo infatti Ronnie Atkins (Pretty Maids), Jørn Lande (Masterplan), Eric Martin (Mr. Big), Geoff Tate (ex Queensryche), Michael Kiske (Helloween), Bob Catley (Magnum), Candice Night (Blackmore’s Night), Hansi Kürsch (Blind Guardian), affiancati dalla band che vede oltre al mastermind, alle prese con voce, basso e tastiere, Sascha Paeth alla chitarra, basso e tastiere, Michael Roderberg alle orchestrazioni e tastiere e Felix Bohnke alla batteria.
Power metal, symphonic, folk, hard rock, progressive: come sempre il musicista tedesco non si pone limiti di genere, ma crea brani di varia natura, gradevoli sicuramente per una grossa fetta degli amanti dell’hard & heavy ma contraddistinti da un livello superiore alla media per quanto riguarda scrittura ed arrangiamenti.
The Raven Child, l’oscura Alchemy, la veloce ed helloweeniana Requiem For A Dream sono i brani più significativi di questo nuovo album targato Avantasia: per i fans e non solo l’ennesima, avvincente ed imperdibile opera firmata da Tobias Sammet.

Tracklist
01. Ghost In The Moon
02. Book Of Shallows
03. Moonglow
04. The Raven Child
05. Starlight
06. Invincible
07. Alchemy
08. The Piper At The Gates Of Dawn
09. Lavender
10. Requiem For A Dream
11. Maniac

Line-up
Tobias Sammet – Vocals, Bass & Keyboards
Sascha Paeth – Guitar, Bass & Keyboards
Michael Rodenberg – Orchestration & Keyboards
Felix Bohnke – Drums

AVANTASIA – Facebook

Phlebotomized – Deformation Of Humanity .

Non sappiamo quale sia stata la molla che ha spinto Tom Palms a tornare sul mercato con questo leggendario monicker, resta il fatto che ascoltare musica di questo livello è sempre un piacere, quindi mai come in questo caso deve essere accolto un rientro sulla scena dopo oltre vent’anni come quello dei geniali Phlebotomized.

Nessuno avrebbe scommesso in un ritorno dei seminali Phlebotomized, band che dalla notevole scena olandese di primi anni novanta arrivò alle orecchie di chi allora, come oggi, non si accontentava dei soliti ascolti, ma si inoltrava in un underground metallico in grado anche in quegli anni di regalare gruppi e opere sopra la media.

I Phlebotomized, con il primo album intitolato Immense Intense Suspence, andarono oltre quello che si suonava allora con un sound geniale, di difficile catalogazione e sorprendentemente avanti rispetto a quello che si aveva modo di ascoltare nel metal estremo.
Doom, progressive, brutal, melodic, symphonic death: Immense Intense Suspence era tutto questo e anche di più, difficile da capire, ma tremendamente affascinante così come Skycontact, secondo ed ultimo lavoro targato 1997 che sterzava leggermente verso un’atmosfera psichedelica risultando comunque un’altra gemma musicale di valore inestimabile.
Il chitarrista Tom Palms, unico superstite della formazione originale, torna con altri musicisti a rinverdire i fasti di quei due storici album con Deformation Of Humanity, nuovo lavoro licenziato dalla Hammerheart Records che rompe un silenzio durato ben ventuno anni,.
Di musica sotto i ponti ne è passata tanta, il death metal progressivo non fa più notizia, così come le band che al metal estremo abbinano altri suoni e sfumature, ma la qualità di questo nuovo lavoro è talmente alta che cancella in un sol colpo non solo gli anni trascorsi ma un gran numero di colleghi dediti al genere, lontani dal geniale songwriting del nuovo Phlebotomized.
Tra le splendide note di capolavori come Chambre Ardente, Descende To Deviance, Proclamation of a Terrified “Breed” e la title track si trovano in perfetto equilibrio tutti i generi estremi, dal più melodico, al più brutale, in perfetta armonia tra cambi repentini di sound ed atmosfere ancora oggi difficilmente eguagliabili.
Non sappiamo quale sia stata la molla che ha spinto Tom Palms a tornare sul mercato con questo leggendario monicker, resta il fatto che ascoltare musica di questo livello è sempre un piacere, quindi mai come in questo caso deve essere accolto un rientro sulla scena dopo oltre vent’anni come quello dei geniali Phlebotomized.

Tracklist
1. Premonition (Impending Doom)
2. Chambre Ardente
3. Descend To Deviance
4. Eyes On The Prize
5. Desideratum
6. My Dear …
7. Proclamation Of A Terrified “Breed”
8. Until The End
9. Deformation Of Humanity
10. Until The End Reprise
11. Ataraxia II

Line-up
Rob Op `t Veld – Synths
Dennis Bolderman – Guitar
Tom Palms – Lead Guitar
Ben de Graaff – Vocals
Alex Schollema – Drums
André de Heus – Bass guitar

PHLEBOTOMIZED – Facebook

Heterogeneous Andead – Deus Ex Machina

Deus Ex Machina si rivela un gradita sorpresa per gli amanti del genere: a suo modo originale la band si allontana dai soliti cliché gotici per travolgere l’ascoltatore sotto valanghe di note thrash/death, risultando una macchina da guerra metallica

Gli Heterogeneous Andead sono una extreme metal band fondata da Yusuke Kiyama cinque anni fa e arrivata ora all’esordio su lunga distanza per Wormholedeath.

Il sound che poggia le sue fondamenta su un death/thrash veloce e devastante su cui la band inserisce parti sinfoniche ed elettroniche e l’uso della doppia voce (mezzo soprano e growl) ad opera della cantante Haruka.
Deus Ex Machina si rivela un gradita sorpresa per gli amanti del genere: a suo modo originale la band si allontana dai soliti cliché gotici per travolgere l’ascoltatore sotto valanghe di note thrash/death, risultando una macchina da guerra metallica.
Il growl risulta leggermente forzato invero, mentre il tono classico si erge sopra ritmiche indiavolate, solos taglienti come katane e sinfonie progressive a nobilitare un sound che risulta un vero massacro.
Non si lasciano intimorire dal debutto gli Heterogeneous Andead, ma con personalità affrontano il metal estremo con una serie di diavolerie compositive ed un bagaglio tecnico eccellente, così che devastanti ed intricati brani come l’opener Flash Of Calamity, Tentacles o la cavalcata di quasi dieci minuti intitolata Demise Of Reign diventano per l’ascoltatore una sorta di montagne russe metalliche, tra discese a velocità folle e paraboliche musicali spettacolari.
Originale quel tanto che basta per non esibire espliciti punti di riferimento, il gruppo nipponico risulta il solito colpo gobbo di un’etichetta sempre sul pezzo quando si tratta di proporre realtà interessanti reclutate in tutto il mondo.

Tracklist
1.Flash of Calamity
2.Denied
3.Hallucination
4.Tentacles
5.Automaton
6.Unleashed
7.Tyrant
8.Obfuscation
9.Demise of Reign
10.Fleeting Dawn

Line-up
Haruka – Vocals
Yusuke Kiyama – Guitars, Synth, Programming
Masaya Kondoh – Guitars
Takashi Onitake – Bass

HETEROGENEOUS ANDEAD – Facebook

Ancient Bards – Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2

Il sound di questo nuova opera targata Ancient Bards è eccellente come ci hanno abituato questi guerrieri nostrani delle sette note, tra esplosioni di metal dal piglio cinematografico, cavalcate heavy power, sublimi canti e growl possenti in uno spettacolo di fuochi d’artificio metallico.

Il 2019 non poteva iniziare meglio, almeno per quanto riguarda il symphonic power metal, ed il merito di questa sfavillante partenza è degli Ancient Bards, probabilmente la migliore band nel genere battente bandiera tricolore ed una delle più convincenti in senso assoluto.

Siamo solo al quarto album ma non è un’eresia parlare del gruppo romagnolo come la punta di diamante di un stile musicale che nel nostro paese ha avuto grandi band ed artisti di spessore.
Sara Squadrani e soci hanno fatto passare cinque anni per dare un successore al bellissimo A New Dawn Ending e, grazie ad una campagna di crowdfunding, il nuovo lavoro, che prosegue nel concept iniziato nel 2010, vine licenziato tramite la Limb Music.
Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2, che presenta il nuovo membro ufficiale, il chitarrista Simone Bertozzi, è composto da dieci brani per quasi un’ora in un mondo magico persi tra le note che formano spettacolari scenari epic fantasy.
Il sound di questo nuova opera targata Ancient Bards è eccellente come ci hanno abituato questi guerrieri nostrani delle sette note, tra esplosioni di metal dal piglio cinematografico, cavalcate heavy power, sublimi canti e growl possenti in uno spettacolo di fuochi d’artificio metallico.
Il singolo Impious Dystophia, le meraviglie sinfoniche di Fantasy’s Wings, le fughe epico orchestrali di Titanism, la potenza sinfonica della seriosa ed oscura Hollow e la splendida chiusura con la suite The Great Divide, quattordici minuti di Ancient Bards al massimo del loro splendore, sono alcuni dei validi motivi per non perdere questo ennesimo bellissimo lavoro.

Tracklist
01. Origine
02. Impious Dystopia
03. Fantasy’s Wings
04. Aureum Legacy
05. Light
06. Oscurità
07. Titanism
08. The Hollow
09. Home Of The Rejects
10. The Great Divide Part 1 – Farewell Father Part 2 – Teardrop Part 3 – Il Grande E Forte Impero
11. Eredità Aurea (CD only Bonus Track)

Line-up
Daniele Mazza – keyboards & orchestrations
Claudio Pietronik – guitars
Sara Squadrani – vocals
Federico Gatti – drums
Martino Garattoni – bass
Simone Bertozzi – guitars & growls

ANCIENT BARDS – Facebook

Homerik – Homerik

La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti.

Il primo album di questa band statunitense risulta uscito lo scorso anno, ma vale la pena fare un passo indietro per presentarla adeguatamente.

Gli Homerik sono un’entità di New York con a capo tre artisti come Ken Candelas (The Mad Composer), Andrew Petriske (The Daemon) e Obed Gonzalez (The Gatherer), ma di fatto a questa mastodontica opera hanno fornito il loro contributo una lunga serie di musicisti, amici ed ospiti del trio.
La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti; si tratta di un’opera ambiziosa e di una difficoltà estrema, questo va sicuramente detto, ma talmente varia nel suo concept musicale che si rischia facilmente di perdere il filo.
Gli Homerik non si fanno problemi di sorta, passano dal metal estremo violentissimo e di matrice death/thrash/hard core, a teatrali movimenti che ricordano il Grand Guignol, sinfonici, dalle atmosfere horror o semplicemente attraversati da una vena folk che, come già scritto, non si ferma ad una sola tradizione popolare ma passa con estrema disinvoltura tra la musica di paesi lontani tra loro come cultura e costume.
Il sound lascia nell’ascoltatore, oltre che la sorpresa, la sensazione che manchi qualcosa per legare il tutto, cercando nella parte visiva il Santo Graal della musica degli Homerik.
Musica da vedere quindi, magari in un teatro, con danzatori e artisti a dare vita a queste note variopinte e loro modo estreme, sicuramente coraggiose ed originali, ma di difficilissima collocazione.

Tracklist
1.Into the Pits of Oblivion
2.Unforgotten Kin
3.An Angel of Darkness
4.Curse of the Black Nile
5.The “Ire” of Green
6.Wendigo
7.The Balance of Power
8.Bread and Circuses
9.A Song of the Night: Part I
10.The Legion

Line-up
Ken Candelas – The Mad Composer
Andrew Petriske – The Daemon
Obed Gonzalez – The Gatherer

HOMERIK – Facebook

Anneke Van Giersbergen – Symphonized

Un disco orchestrale e classico nel senso più puro del termine, nel quale Anneke si cimenta in brani che ripercorrono una carriera assolutamente fuori da ogni gossip e concentrata sulla sola immensa arte.

Credo che non si possa parlare della sublime cantante Anneke Van Giersbergen senza nominare i The Gathering e Always, l’album che all’epoca (era il 1995) la fece conoscere a tutto il mondo metallico.

Seguirono altri capolavori (su tutti Nighttime Birds) e poi le varie collaborazione e progetti che hanno accompagnato la cantante olandese ad oggi, non più sirena metallica ma artista ed interprete a 360°, come conferma questo splendido live intitolato Symphonized, registrato lo scorso maggio insieme alla Residentie Orkest The Hague diretta da Arjan Tien.
Un disco orchestrale e classico nel senso più puro del termine, nel quale Anneke si cimenta in brani che ripercorrono una carriera assolutamente fuori da ogni gossip e concentrata sulla sola immensa arte.
E Symphonized non può che risultare uno scrigno di emozionante musica fuori dai soliti canoni a cui siamo abituati: Anneke ci strega ed ammalia con la sua voce, baciata da una raffinatezza ed eleganza difficile da trovare anche nelle cantanti di tali sonorità, figuriamoci nel rock di cui, ricordo, è stata una delle ispirazioni principali per una buona fetta di giovani sirene.
Siamo trasportati su una nuvola bianca e dolcemente leggera, presi per mano dalla cantante che, con il suo magico sorriso in cui ci vorremmo perdere, dà il via a questa emozionante ora di grande musica.
Amity, Travel e Forgotten sono prese dalla discografia dei The Gathering, Your Glorious Light Will Shine-Helsinki e Freedom-Rio dai Vuur, mentre la conclusiva 07 proviene dal grandioso progetto in coppia con Arjen Anthony Lucassen chiamato The Gentle Storm, ma quelli citati sono solo alcuni dei molti momenti magici di questo splendido lavoro.
Il concetto di bellezza rimane assolutamente soggettivo, ma sfido chiunque a non rimanere estasiato da tanto raffinato talento artistico.

Tracklist
01. Feel Alive
02. Amity (THE GATHERING)
03. Your Glorious Light Will Shine – Helsinki (VUUR)
04. Two Souls (LORRAINVILLE)
05. When I Am laid In Earth (HENRY PURCELL)
06. Travel (THE GATHERING)
07. Zo Lief
08. You Will Never Change
09. Freedom – Rio (VUUR)
10. Forgotten (THE GATHERING)
11. Shores Of India (THE GENTLE STORM)

Line-up
Anneke Van Giersbergen – Vocals

ANNEKE VAN GIERSBERGEN – Facebook

Winterdream – Inner Lands

Bellissimo debutto per i Winterdream, duo nostrano al debutto con Inner Lands, convincente lavoro composto all’insegna di un valido symphonic/power/folk metal.

Per suonare dell’ottimo symphonic metal non è necessario avere la carta d’identità scandinava o olandese, anche nel nostro paese non mancano band dalle indubbie capacità nell’affrontare l’anima sinfonica del metal con il talento ed una innata predisposizione nel creare ambientazioni in musica che richiamano tempi andati e leggende di cui il nostro paese è ricco, essendo dal punto di vista storico il fulcro dell’intero pianeta.

Da nord a sud dello stivale ottime realtà sinfoniche si sono create il proprio spazio in un mondo come quello del metal, purtroppo ancora lontano dalla tradizione consolidata di altri paesi, ai quali musicalmente si ispirano questi due artisti campani.
Christian Di Benedetto, autore di musica e testi e alle prese con orchestrazioni, chitarra, tastiere, mix e mastering, e Margherita Palladino, splendida interprete canora, hanno dato vita con questo primo lavoro intitolato Inner Lands, ad un bellissimo affresco di metal sinfonico targato Winterdream.
L’album è composto da sei brani che si nutrono dell’epico ed evocativo incedere delle migliori proposte del genere, lo valorizzano con note folkeggianti, lo potenziano con ritmiche power e lasciano che l’eterea voce della cantante si posi come candida neve sulla radura sul tappeto musicale creato dal polistrumentista nostrano.
Broken Sword Of Isidur è il piccolo capolavoro che funge da sunto di questo primo album del duo, un brano dalle sognati basi folk con break centrale ed ultima parte in un crescendo sinfonico davvero suggestivo.
Ovviamente anche gli altri brani funzionano benissimo, da Escape From The Nightmare a Telling Tales To The Stars, tracce prettamente symphonic metal, fino alla conclusiva ed atmosferica Our Truth.
Inner Lands risulta così una piacevole sorpresa, da consigliare senza indugi agli amanti del genere.

Tracklist
1.In the Reigning Obscurity
2.Escape from the Nightmare
3.Telling Tales to the Stars
4.Winterdream
5.Broken Sword of Isildur
6.Our Truth

Line-up
Margoth (Margherita Palladino) – Vocals
Christian Di Benedetto – Keyboards, Guitars

WINTERDREAM – Facebook

Arcane Tales – Legacy Of The Gods

Gli Arcane Tales sono la versione musicale dei racconti scritti di Luigi Soranno, scrittore e polistrumentista veronese giunto al quarto full length della sua one man band.

Gli Arcane Tales sono la versione musicale dei racconti scritti di Luigi Soranno, scrittore e polistrumentista veronese giunto al quarto full length della sua one man band.

Soranno costruisce la degna colonna sonora ai suoi racconti fantasy, suonando tutti gli strumenti e dedicandosi con ottimi risultati al microfono, creando una serie di brani di epico e sinfonico power metal.
Un altro bellissimo concept conferma il talento di questo artista nostrano, che tutto solo come un guerriero errante dà vita ad un’opera che poco ha da invidiare ai nomi che più riecheggiano nella nostra mente all’ascolto di Legacy Of The Gods.
Rhapsody e compagnia di cavalieri senza macchia e paura sono ovviamente le ispirazioni primarie per la musica degli Arcane Tales, anche se le atmosfere sono più oscure ed il symphonic power metal di brani come la title track o il piccolo devastante capolavoro The Angel Of Death è più estremo, specialmente nelle ritmiche che risultano veloci e potenti come un attacco a sorpresa di un gruppo guerriero ad un sperduto villaggio.
Soranno dimostra di possedere più di un talento oltre alla bravura come quale di opere di genere e scrittore, alzando la qualità di un songwriting che non trova ostacoli o cedimenti.
Se proprio si vuol trovare un difetto, la produzione non risulta all’altezza della musica composta, dettaglio perdonabile e superato dalla di gran lunga dalla bellezza di queste nove composizioni.
Chi non conosce gli Arcane Tales si avvicini senza timore a quest’opera di power metal sinfonico che, se risulta debitrice nei confronti dei Rhapsody, riesce a coinvolgere non poco.

Tracklist
1. Divine Fire Burns Within
2. Breaking The Hard Chains Of Destiny
3. Legacy Of The Gods
4. Pathway To A Forbidden Place
5. Inside The Arcane Reign
6. The Angel Of Death
7. Between These Silent Shores
8. Axes And Hammers
9. Magic Horizons At Nightfall

Line-up
Luigi Soranno – Voice, guitars, ritmic & orchestral section programming

ARCANE TALES – Facebook

Aenigma – Into The Abyss

Into The Abyss è un lavoro in grado di aprire agli Aenigma spazi interessanti in una scena come la nostra, ancora una volta sugli scudi per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

All’interno della scena sinfonica tricolore molte sono le band che hanno rilasciato lavori di spessore in questi ultimi anni, cercando una propria via in un genere che da ormai più di vent’anni si è consolidato nel vasto panorama metallico.

Prima la scena olandese, poi quella scandinava, fino ai nostri giorni e alle realtà nate in riva al Mediterraneo dove, dai fondali marini, arriva il suono di Into The Abyss, primo full length degli Aenigma, band toscana attiva dal 2013 e con un paio di ep alle spalle.
La prova sua lunga distanza non ha spaventato di certo i quattro giovani musicisti nostrani e Into The Abyss risulta un buon lavoro, affrontato con la giusta grinta e personalità da una band che accentua la parte estrema, specialmente nelle ritmiche, anche se è la sola voce della cantante Caterina Bianchi a svettare su canzoni che non lasciano spazio al growl.
Più centro europeo che scandinavo si rivela il sound di questo lotto di brani, tenuti insieme da orchestrazioni presenti ma mai debordanti, una prestazione vocale convincente e più rock rispetto alle sirene operistiche a cui siamo abituati (la voce della cantante si avvicina più a Cristina Scabbia che a Floor Jansen o Tarja) fanno di Into The Abyss un album da ascoltare e riascoltare, metallico, a tratti raffinato nei momenti di calma apparente prima che improvvise burrasche portino mareggiate estreme.
Tra i brani, Falling è il classico singolo dall’appeal orchestrale, Infected è aggressiva e death metal oriented, Crimson Moon è la classica semi ballad gotica e Sentence è un crescendo di emozionante symphonic metal.
Into The Abyss è un lavoro in grado di aprire agli Aenigma spazi interessanti in una scena come la nostra, ancora una volta sugli scudi per quanto riguarda questo tipo di sonorità.

Tracklist
1.Beginning of the End
2.Falling (Into the Abyss)
3.Infected
4.Away from All
5.Essence of Life
6.Crimson Moon
7.City of Falling Stars
8.Sentence
9.The Sacrifice
10.Indistructible

Line-up
Matteo Pasquini – Drums
Caterina Bianchi – Vocals
Lorenzo Ciurli – Guitars, Vocals
Valerio Mainardi – Bass

AENIGMA – Facebook

https://youtu.be/RzHDMcAoPDM

Holy Shire – The Legendary Shepherds Of The Forest

Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Il nuovo lavoro dei milanesi Holy Shire era atteso con trepidazione e non poca curiosità da chi segue l’underground metallico tricolore, dopo il bellissimo esordio di ormai quattro anni fa intitolato Midgard.

La band in questo lungo periodo non ha praticamente mai smesso di suonare live e ora l’ombra del drago si staglia nel cielo autunnale di quest’anno che si avvia alla fine, portando nuova musica che va a comporre The Legendary Shepherds Of The Forest.
E il drago campeggia nella copertina, creata dal batterista Maxx, per quello che risulta un altro viaggio fantastico nella musica senza tempo del gruppo, portando con sé qualche novità nella formazione ed una manciata di ospiti a valorizzare queste nuove undici composizioni.
The Legendary Shepherds Of The Forest è stato registrato e mixato al Noise Factory Studio di Milano, per poi essere affidato a Mika Jussila per la masterizzazione ai leggendari Finnvox Studios.
Kima Chiara Brusa al flauto e Frank Campese alla chitarra sono i nuovi entrati nella formazione ufficiale degli Holy Shire, ai quali si è aggiunta in seguito ed in sede live Claudia Beltrame, mentre sull’album come scritto in precedenza figurano una serie di ospiti tra cui Federico Maffei (Folkstone), che si è occupato della produzione artistica della seconda parte dell’opera, Masha Mysmane (Exilia), che ha curato gli arrangiamenti di tutto l’album, e poi Simona Aileen Pala, Francesca Chi, Lisy Stefanoni e Piero Chiefa.
Con queste premesse la curiosità e le aspettative nei confronti nuovo album sono logicamente aumentate, insieme alla consapevolezza che il gruppo non aveva lasciato nulla di intentato, ripresentandosi agli ascoltatori nella sua veste migliore.
Il sound continua sulla strada intrapresa nel lavoro precedente, ed anche in questo caso le soluzioni orchestrali e talvolta eccessive di molte realtà del genere sono sostituite da un approccio più raffinato ed elegante, con la parte metallica che, solo a tratti, sconfina nel power per solcare strade più classiche e a loro modo progressive.
Le tematiche fantasy sono accompagnate da passaggi più moderni rispetto al passato (la title track), mantenendo una forte connotazione classica, meno rock e più folk, ma sempre d’autore con il flauto che detta atmosfere dal retrogusto medievale, e l’uso eccelso delle voci, perfettamente sublimi in ogni contesto; un passo avanti auspicato e confermato da splendidi brani come Danse Macabre, Princess Aries, la progressiva ed epica At The Mountains Of Madness e l’oscura sinfonia di Inferno.
Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Tracklist
1. The Source
2. Tarots
3. Danse Macabre
4. The Legendary Shepherds Of The Forest
5. Princess Aries
6. Ludwig
7. At The Mountains Of Madness
8. The Gathering
9. Inferno
10. Ophelia
11. The Lake

Line-up
Massimo Pianta – TheMaxx – Drums
Erika Ferraris – Aeon – Dragon Vocals
Claudia Beltrame – DeepBlue – Unicorn Vocals
Andrea Faccini – Andrew Moon – Guitar
Frank Campese – Guitar
Piero Chiefa – Blackbass – Bass
Chiara Brusa – Kima – Flute

HOLY SHIRE – Facebook

The Loudest Silence – Aesthetic Illusion

Aesthetic Illusion ha le carte in regola per risultare un buon prodotto, anche se a tratti è evidente che al gruppo manca un po’ di personalità in più per non sembrare solo un clone dei gruppi di punta del gothic metal mondiale.

Il symphonic metal sta vivendo una fase di stasi fisiologica, dopo i fasti e la conseguente caduta patita da tutti quei generi che hanno vissuto una buona popolarità in periodi più o meno recenti.

Paesi Bassi, Scandinavia, centro Europa e Italia sono segnati sul mappamondo metallico come le terre dove più si è sviluppato negli anni questo tipo di sonorità, con i paesi dell’est che ultimamente possono vantare realtà molto interessanti.
I The Loudest Silence arrivano da Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, sono attivi dal 2010 ma arrivano al debutto solo oggi con Aesthetic Illusion, ambizioso lavoro che segue minuziosamente le coordinate del genere.
Symphonic metal d’ordinanza dunque, cantato a modo da una musa che di nome fa Taida Nazraic , con Mark Jansen degli Epica a fare da padrino ed un songwriting piacevole che conferisce un’aura sufficientemente affascinante per i tanti fans del genere.
Aesthetic Illusion ha dunque le carte in regola per risultare un buon prodotto, anche se a tratti è evidente che al gruppo manca un po’ di personalità in più per non sembrare solo un clone dei vari Nightwish, Within Temptation e primi Epica (quelli degli ultimi lavori sono inarrivabili per chiunque).
Un’ora di musica gotico sinfonica, quindi, tra potenza metal, atmosfere cinematografiche e sfumature dark/operistiche che la prestazione della cantante cerca di rendere il più elegante possibile, mentre la band si perde volentieri in lunghe tracce che hanno nei dodici minuti di Gallery Of Wonders il riassunto compositivo di Aesthetic Illusion.
I The Loudest Silence sono un buon gruppo di genere, ancora un po’ acerbo e non molto personale, ma con ampi margini di miglioramento auspicabili già fin dal prossimo album.

Tracklist
1. Illusion Aeternus
2. Redemption
3. Two Faced Ghost
4. Wood Nymph
5. Acheron
6. The Loudest Silence
7. Soul Reflection
8. Theatre Of The Absurd
9. Wake Up In My Dream
10. Gallery Of Wonders
11. The Loudest Silence (Through The Glowing Door)

Line-up
Taida Nazraic – Vocals
Denijal Catovic – Keyboards
Mirza Coric – Guitars
Džemal Bijedic – Bass, Vocals
Damir Sinanovic – Bumbar – Drums

THE LOUDEST SILENCE – Facebook