Sanguine Glacialis – Hadopelagic

Non ci si annoia tra i tentacoli del Kraken raffigurato sulla copertina, e a tratti ci si esalta, mentre la band ci scarica addosso un’enormità di musica senza confini, stupendo manifesto di cosa può dare il metal estremo al mondo delle sette note se maneggiato da autentici geni come dimostrano di essere i Sanguine Glacialis.

Un album estremo che è uno spettacolo di generi e sfumature, come serpenti in amore che si aggrovigliano lascivi per poi separarsi e tornare all’unisono a formare un muro di suono in movimento perpetuo ipnotico e letale

Furia death metal, tecnica sopraffina, gothic e symphonic e poi divagazioni progressive, jazz, pop e quant’altro passa per la mente di questi geniali musicisti canadesi uniti sotto il monicker Sanguine Glacialis: è musica che riempie lo spazio quella che compone questo bellissimo lavoro intitolato Hadopelagic, composto da un’ora di note che lasciano senza fiato, in un perfetto incontro tra generi diversi spostando il confine del gothic metal verso l’infinito, se ancora il sound del gruppo si può definire tale.
I Sanguine Glacialis strappano un contratto di distribuzione con la Wormholedeath e partono alla conquista degli ascoltatori meno legati ai generi e più aperti alle sperimentazioni, ai quali regalano questo stupendo affresco di musica a 360°, dove la parola d’ordine è stupire con una serie di brani in cui lo spartito viene travolto da una valanga di note senza una loro definitiva collocazione, se non nella musica dei Sanguine Glacialis.
Attiva dal 2012, dopo un primo album (Dancing with a Hanged Man) ed ancora un ep giunono alla definitiva consacrazione, almeno per quanto riguarda la qualità della propria proposta che si avvale, nella sua assoluta originalità, di un songwriting che ha del miracoloso per la fluidità e presa sull’ascoltatore.
Non ci si annoia tra i tentacoli del Kraken raffigurato sulla copertina, a tratti ci si esalta, mentre la band ci scarica addosso un’enormità di musica senza confini, stupendo manifesto di cosa può dare il metal estremo al mondo delle sette note se maneggiato da autentici geni come dimostrano di essere i Sanguine Glacialis.
Prodotto da Chris Donaldson dei Cryptopsy, per Hadopelagic non c’è a mio avviso un altro lavoro al momento che si avvicini per poter solo lontanamente fare un paragone, bisogna solamente sedersi comodi, premere il tasto play e farsi accompagnare dalla musica nel mondo dei Sanguine Glacialis.

Tracklist
1.Aenigma
2.Kraken
3.Libera Me
4.Le cri tragique d’une enfant viciée
5.Funeral for Inner Ashes
6.Oblivion Whispers
7.Deus Ex Machina
8.Missa di Angelis
9.Un ineffable mal-être
10.Monsters

Line-up
Maude Théberge – Vocals & Keyboards
Jonathan Fontaine – Guitar & Backvocals
Remi LeGresley – Guitar & Backvocals
Marc Gervais – Bass & Backvocals
David Gagné – Pavy – Drums

SANGUINE GLACIALIS – Facebook

Will’O’Wisp – Mot

Se qualcuno necessitasse di un’opera da esibire quale esempio di death metal “progressivo ” nell’accezione più autentica del termine, Mot ne sarebbe l’ideale e più fedele istantanea.

I liguri Will’O’Wisp sono una tra le molte band la cui attività è iniziata nel secolo scorso e che, dopo una lunga interruzione, ha ritrovato impulso in questo decennio segnalandosi di nuovo all’attenzione delle frange di ascoltatori più attenti alle forme di metal estremo ed obliquo.

La ripartenza, avvenuta nel 2012, ha visto il fondatore Paolo Puppo radunare attorno a sé musicisti di comprovato spessore, a partire da Jacopo Rossi (Nerve, Antropofagus ed attuale spalla compositiva di Mike nei Dark Lunacy) al basso, Oinos (ex-Sadist e Node) alla batteria e alle tastiere, ed Emanuele “Deimos” Biggi (Mortuary Drape) alla voce.
Mot è quindi il terzo full length (dopo Kosmo ed Inusto) pubblicato da questa nuova incarnazione dei Will’o’Wisp, ed il quinto se consideriamo i primi due risalenti rispettivamente al 1997 (Enchiridion) e al 2001 (Unseen): a giudicare dal contenuto del lavoro si può tranquillamente affermare che oggi la band è una delle migliori espressioni in circolazione del death metal dalle sembianze technical/progressive, soprattutto perché l’abilità strumentale dei singoli viene messa al servizio di un songwriting pirotecnico, ma sempre focalizzato sull’imprescindibile forma canzone, unico antidoto al tecnicismo fine a sé stesso.
Gli undici brani contenuti nell’album sono sferzate brevi, violente ed imprevedibili, con l’apporto di “armi” non convenzionali come archi, fiati, percussioni e voci liriche offerte da una lunga serie di ospiti provenienti dalla scena genovese, incluso il più illustre di tutti,Tommy Talamanca, che ha offerto da par suo alcuni pregevoli passaggi di chitarra solista, oltre ad essersi occupato della produzione di Mot presso i suoi Nadir Studios.
E’ proprio grazie a tutto questo che ogni singola traccia possiede una vita propria e risulta funzionale alla riuscita di un album che non conosce punti deboli, regalando una serie di episodi micidiali come Throne of Mekal, Rephaim, Descending to Sheol e Rain of Fire, nei quali la base estrema viene messa costantemente in discussione dalle incursioni degli elementi sopracitati, con l’effetto di rendere il tutto irresistibile anziché frammentario, come si poteva paventare.
Un merito questo, da attribuirsi in toto a questo gruppo di musicisti capace di lasciare il segno con un lavoro snello per durata, ma sferzante e tagliente per effetto: se qualcuno necessitasse di un’opera da esibire quale esempio di death metal “progressivo ” nell’accezione più autentica del termine, Mot ne sarebbe l’ideale e più fedele istantanea.

Tracklist:
1. I Am Pestilence
2. Throne of Mekal
3. The Seven
4. Rephaim
5. Hall of Dead Kings
6. Banquet of Eternity
7. Descending to Sheol
8. Those of the Annihilation
9. Kavod
10. Rain of Fire
11. MLKM

Line-up:
Paolo Puppo – Guitar
Jacopo Rossi – Bass
Oinos – Drums, Keyboards
Deimos – Vocals

Guests:
Elisabetta Boschi – Flute
Micol Picchioni – Harp
Gabriele Boschi – Violin
Tommaso Sansonetti – Timpani
Gigi Magnozzi – Viola
Lorenzo Bergamino – Marimba
Benedetta Torre – Vocals (soprano)
Daniele Barbarossa – Vocals (additional)
Tommy Talamanca – Guitar
Andy Marchini – Bass

WILL’O’WISP – Facebook

Cryptopsy – Ungentle Exumation

La mitica cassetta che ha contribuito a fondare, nei primi anni Novanta, la scena canuck del techno-deathcore, da allora una seminale fonte di ispirazione per molti epigoni.

I canadesi Cryptopsy – da Montreal, Québec – sono oggi giustamente celebri tra gli addetti ai lavori ma sulle loro origini ci si sofferma sempre poco.

Il gruppo nacque nel 1988 e solo un lustro più tardi incise il demo tape Ungentle Exumation. Quel nastro fondò a conti fatti la scuola del death metal nel Canada francese: un techno-death brutale e orrorifico, opportunamente sporcato di hardcore (anzi: il death-core venne in pratica creato da loro, prima di diventare una moda). I brani del nastro sono una vera e propria manna, per tutti coloro che amano Suffocation, Origin, Malignancy ed i connazionali Gorguts, nonché le sfuriate grind di Cephalic Carnage e Dying Fetus e le progressioni iper-tecniche degli spagnoli Wormed. Detto altrimenti, in Ungentle Exumation troviamo una fusione incredibile e davvero pionieristica di brutal death e inflessioni prog mutuate dai Pestilence di Spheres (da poco e finalmente ristampati, insieme a tutto il catalogo degli olandesi). Postilla conclusiva per completisti: la violenza ossimorica e futuristico-ancestrale dei Cryptopsy riecheggia oggi anche nei mai troppo lodati Rage Nucléaire: due eccezionali dischi di black-war, che attinge anche a Marduk, 1349, Dark Funeral, Anaal Nathrakh e Immortal, con appunto Lord Worm dei Cryptopsy tra i ranghi. La stirpe continua.

Track list
1. Gravaged
2. Abigor
3. Back to the Worms
4. Mutant Christ

Line up
Lord Worm – Vocals
Flo Mounier – Drums
Kevin Weagle – Bass
Dave Galea – Guitars
Steve Thibault – Guitars

1993 – Autoprodotto

Eartheria – Awaken The Sun

L’ep, della durata di mezzora, fatica a tenere l’ascoltatore con l’attenzione concentrata su brani come Myriad o la conclusiva Nihil, tracce tenute prigioniere dalle catene di un sound che segue le peripezie tecniche di Gojira e compagnia, ma che fatica nel lasciare qualcosa in termini di emozioni in chi ascolta.

Secondo mini cd per i finlandesi Eartheria, metal band proveniente da Pori e formata da quattro ottimi musicisti.
Ed infatti la loro bravura strumentale si evince da questi cinque brani che formano Awaken The Sun, successore del primo lavoro uscito tre anni fa (Throes Of Time).

Il quartetto si dedica anima e corpo al death metal dai rimandi tecnici e progressivi, lasciando trasparire un anima melodica per un sound che risulta una via di mezzo tra il technical ed il melodic death.
Il risultato è altalenante, le emozioni latitano, lasciate agli attimi in cui la melodia prende il sopravvento sul tecnicismo, e questo impedisce ad Awaken The Sun di prendere definitivamente il volo.
L’ep, della durata di mezzora, fatica a tenere l’ascoltatore con l’attenzione concentrata su brani come Myriad o la conclusiva Nihil, tracce tenute prigioniere dalle catene di un sound che segue le peripezie tecniche di Gojira e compagnia, ma che fatica nel lasciare qualcosa in termini di emozioni in chi ascolta.
Due ep in quattro anni portano a pensare che al prossimo giro la band si dedicherà all’esordio sulla lunga distanza, e qui vedremo se gli Eartheria sapranno o vorranno sterzare verso un sound più lineare, lasciando maggiore spazio ad un elemento melodico che  sembrerebbe tutto sommato essere nelle loro corde.

Tracklist
1.A Wake (In the Sun)
2.Brought Before the Emperor
3.Myriad
4.Escapist
5.Nihil

Line-up
Leino Juha-Pekka – Guitar & Main Vocals
Unkila Lauri – Guitar & Backing Vocals
Rosholm Janne – Bass & Backing Vocals
Ojakoski Mikko – Drums & Backing Vocals

EARTHERIA – Facebook

Nephren-Ka – La Grande Guerre De L’èpice

L’album è un ottimo esempio di quello che nel genere specifico si dovrebbe trovare: tanta tecnica al servizio di un sound coinvolgente e che non dimentica i semplici ascoltatori, lasciando ad altri la mera tecnica da sfoggiare tra musicisti.

Negli ultimi tempi ho avuto modo di ascoltare una manciata di lavori estremi nei quali la mera tecnica esecutiva soffocava letteralmente il lato più atmosferico ed emotivo, creando solo un’insieme di suoni tecnicamente ineccepibili ma freddi e fuori da ogni minima forma canzone.

Questo non succede con l’ultimo lavoro dei Nephren-ka, gruppo transalpino che suona del technical death metal brutale e old school.
Siamo al secondo full length di una carriera iniziata dieci anni fa e che ha visto la band produrre il classico demo di debutto, un ep ed il primo lavoro sulla lunga distanza rilasciato nel 2013 (The Fall Of Omnius).
Ispirato come sempre dai romanzi che formano il ciclo di Dune scritto da Frank Herbert, La Grande Guerre De L’èpice è un ottimo esempio di metal estremo e brutale, tecnicamente ineccepibile ma ben legato ad una trama sonora stabile, così che i brani non scappano all’ascolto a cavallo di cervellotici passaggi strumentali.
Il gruppo francese sa come gestire al meglio un genere come il death metal più tecnico e quindi tutto funziona a meraviglia facendo di La Grande Guerre De L’èpice un lavoro altamente riuscito.
Brani come The Demise of Ix o New Melange For The Real God sono attraversati da un’aura epica che avvicina non poco il sound ai maestri Nile, una delle maggiori influenze del gruppo insieme a Origin e, per la parte maggiormente old school, i Bolt Thrower.
L’album è un ottimo esempio di quello che nel genere specifico si dovrebbe trovare: tanta tecnica al servizio di un sound coinvolgente e che non dimentica i semplici ascoltatori, lasciando ad altri la mera tecnica da sfoggiare tra musicisti: i Nephren-Ka ci sono riusciti dove altri gruppi più blasonati hanno invece fallito, complimenti al gruppo francese.

Tracklist
1.Watch and Learn
2.Plan to Master the Universe
3.The Demise of Ix
4.Proditoris Gloriosa
5.Idar Fen Adijica
6.New Melange for the Real God
7.The Great Spice War
8.Fenring’s Test
9.From High Hopes to Failure Complete
10.Mirror Mirror (Candlemass cover)

Line-up
Laurent Chambe – Vocals/Guitars
Sebastien Briat – Guitars/Backing vocals
Thibault « Zakk » Gosselin – Bass
Thibaud Pialoux – Drums

NEPHREN-KA – Facebook

Defeated Sanity – Prelude To The Tragedy

I brani di Prelude To The Tragedy sono delle mazzate notevoli, a tratti valorizzate da intricate parti tecniche, per poi perdere il filo quando i musicisti tedeschi elaborano intricate e cervellotiche parti tecniche su un tappeto estremo da fine del mondo.

Ristampa in vinile curata dalla Xenokorp di Prelude To The Tragedy, devastante lavoro brutal death metal uscito nel 2004 dalle menti dei tedeschi Defeated Sanity.

Band, quella berlinese, che all’assalto brutale aggiunge una tecnica invidiabile, e l’album si inserisce di prepotenza tra le opere di genere che molti avvicinano al death metal progressivo ma che poco hanno a che spartire con il genere.
I Defeated Sanity sono attivi già dai primi anni novanta ed hanno una discografia di tutto rispetto, con cinque album pubblicati tra cui questo Prelude To The Tragedy, un buon numero di lavori minori e l’ultimo Disposal of the Dead/Dharmata uscito lo scorso anno.
L’album è il primo full length del gruppo, ben accolto dalla scena underground estrema per il suo martellamento senza soluzione di continuità, tecnicamente di alto livello anche se, come quasi sempre in queste opere, la voglia di strafare finisce per condizionare un songwriting che sarebbe già stato notevole.
Prelude To The Tragedy infatti è un massacro sonoro niente male, la band svolge il suo compito in modo feroce e brutale e i brani sono delle mazzate notevoli, a tratti valorizzate da intricate parti tecniche, per poi perdere il filo quando i musicisti tedeschi elaborano intricate e cervellotiche parti tecniche su un tappeto estremo da fine del mondo.
Origin e Cryptopsy, un briciolo di Suffocation e l’album parte e non si ferma più, tra infernali blast beat, arzigogolate trame chitarristiche e growl bestiale: in questa versione troviamo, come contenuti extra, il brano Expectoration Of Fear, Drifting Further nella versione demo del 2002 e Apocalypse Of Filth/Collapsing Human Failures, traccia tratta dallo split del 2003 con gli Imperious Malevolence.
Se siete amanti del brutal tecnico e vi siete persi l’uscita originale, questa versione in vinile potrebbe farvi gola, la tecnica c’è, la violenza pure.

Tracklist
1.Liquifying Cerebral Hemispheres
2.Drifting Further
3.The Parasite
4.Horrid Decomposition
5.Tortured Existence
6.Apocalypse Of Filth Collapsing Human Failures
7.Remnants Of The Dead
8.Prelude To The Tragedy
9.Expectoration Of Fear (bonus)
10.Drifting Further (bonus)
11.Apocalypse Of Filth/Collapsing Human Failures (bonus)

Line-up
Lille Gruber – Drums
Jacob Schmidt – Bass
Christian Kühn – Guitar
Josh Welshman – Vocals

DEFEATED SANITY – Facebook

Dark Matter Secret – Perfect World Creation

Perfect World Creation è il classico album da scritto da musicisti per musicisti, con l’autoreferenzialità formale che prevale in maniera schiacciante su un aspetto emotivo pari a zero.

Nell’ambito del technical death metal e del progressive estremo, i gruppi che lasciano senza fiato per tecnica esecutiva perdono molti punti se si parla di pure emozioni, importantissime per entrare nel cuore dell’ascoltatore; ci si imbatte così molto spesso in maestri dello strumento dalla tecnica invidiabile, che mostrano i muscoli con scale ultra veloci e ritmiche inumane, ma che già al secondo ascolto delle loro opere sono destinati ad essere dimenticati, così come temporali passeggeri nelle serate estive.

I Dark Matter Secret sono tre musicisti russi provenienti da Mosca il cui primo album intitolato Perfect World Creation segue di un paio d’anni l’ep Xenoform, suonano progressive technical death metal strumentale all’interno del quale si riescono a captare alcuni momenti dal buon impatto melodico, sommersi da altri che si rivelano esercizi tecnici fini a se stessi, lunghe scale già sentite migliaia di volte nel genere e strutturate su ritmiche funamboliche ma che, alla lunga, lasciano il tempo che trovano non appena svanisce lo stupore nel constatare l’abilità del trio.
Perfect World Creation è il classico album da scritto da musicisti per musicisti, con l’autoreferenzialità formale che prevale in maniera schiacciante su un aspetto emotivo pari a zero: un’opera che avvicina la band a gruppi come gli Obscura e a tutta la scena technical death, ma che troverà fans entusiasti solo in coloro che godranno per le intricate parti che sfiorano il nonsense in brani come Ancient Gods Genesis, Synthesis Of Matter o la title track.

Tracklist
1.Chaos Born
2.Ancient Gods Genesis
3.Emergence of Time
4.Synthesis of Matter
5.Constellation Glows
6.Organic Nucleation
7.Perfect World Creation

Line-up
Pavel Semin – Bass
Denis Shvarts – Guitars
Andrey Ischenko – Drums

DARK MATTER SECRET – Facebook

Inverted Serenity – As Spectres Wither

As Spectres Wither è un album che riconcilia con il metal estremo dalle ambiziose parti tecnico progressive e gli Inverted Serenity escono rinforzati nella loro già buona reputazione che li accomuna agli storici Death, leggermente più brutali ed al passo con gli anni che scorrono inesorabili, anche per il metal estremo.

Negli ultimi tempi gli album arrivati in redazione che riguardano la frangia più tecnica del death metal non mi hanno convinto più di tanto: tutti lavori ineccepibili sotto l’aspetto prettamente tecnico, ma che mancano di quel tocco compositivo in grado di passare da un’accozzaglia di funamboliche e cervellotiche articolazioni a musica estrema sostenuta da grande tecnica e contemporaneamente in grado di stringere l’ascoltatore in una morsa emotiva che non lo faccia stancare.

Se poi si parla di death metal, oscuro e brutale, l’anima progressiva deve per forza fare in modo che il songwriting mantenga una sufficiente forma canzone per essere apprezzato, ed è quello che succede con il terzo album dei deathsters canadesi Inverted Serenity.
Il quartetto torna sul mercato con As Spectres Wither, nove brani devastanti di death metal old school ma dall’anima progressiva, tecnicamente suonato al meglio e con un songwriting che mantiene quella forma canzone (come già scritto) non così scontata di questi tempi.
La musica dei nostri non esce troppo dai binari di un death metal furioso e dall’approccio tradizionale, ma si fa bello di un lavoro chitarristico sopra la media senza perdere un grammo in impatto.
Dead Dialectics dà fuoco alle polveri e quando il banco salta sono dolori, con la band che gira a mille, la velocità che incalza, gli stop & go che sono forieri di parti progressive e l’atmosfera da tregenda che viene nobilitata da spartiti ardenti sotto le note di Cornerstones e Grave.
Lunar Cradle conclude un album che riconcilia con il metal estremo dalle ambiziose parti tecnico-progressive, e gli Inverted Serenity escono rinforzati nella loro già buona reputazione che li accomuna agli storici Death, dei quali appaiono leggermente più brutali oltre che al passo con gli anni che scorrono inesorabili, anche per il metal estremo.

Tracklist
1. Dead Dialectics
2. Mitral Genesis
3. We Who Wander
4. Cornerstones
5. Paragon
6. Mechanical Gods
7. Grave
8. Lunar Cradle
9. Mountains of Stoke (Hidden Track)

Line-up
Benjamin Deveau – Drums
Drew Peacock – Guitars, Vocals
Marc-André Simard – Guitars, Vocals
Tomas Ingham – Bass, Vocals

INVERTED SERENITY – Facebook

Xenofaction – The Empyrean Vanquishment

I due brani offerti sono notevoli mazzate di death tecnico, ottimamente prodotto ed eseguito da un nucleo di musicisti  della scena metal tricolore di comprovata esperienza.

Primo assaggio per questo notevole progetto denominato Xenofaction, ideato da Flavio Cardozo (già bassista degli Hideous Divinity).

I due brani offerti sono notevoli mazzate di death tecnico, ottimamente prodotto ed eseguito da un nucleo di musicisti  della scena metal tricolore di comprovata esperienza ; le ritmiche geometriche ed asciutte riportano anche a certo industrial e, sicuramente, questo primo passo targato Xenofaction colpisce proprio per impatto e precisione.
In occasione di un futuro lavoro su lunga distanza potrebbero essere auspicabili, però, più frequenti variazioni sul tema, allo scopo di spezzare quella tetragonia che nel genere rappresenta anche una virtù, calzando alla perfezione alle tematiche cyber punk del progetto, ma che rischia di rendere il tutto, alla lunga, eccessivamente monolitico.
E-Ra e The Empyrean Vanquishment sono brani che comunque fanno decisamente ben sperare: nel frattempo Cardozo si è messo alla ricerca di membri stabili che possano dare agli Xenofaction una configurazione da band vera e propria più che da progetto di matrice solista, un passo questo che di solito è destinato ad avere solo benefici effetti, sia per quanto riguarda l’interazione tra i vari musicisti all’interno del processo compositivo, sia per la concreta possibilità di offrire la propria musica anche dal vivo.

Tracklist:
1.E-Ra
2. The Empyrean Vanquishment

Line-up
Marco Mastrobuono – Rhythm Guitar
Flavio M. Cardozo – Basso
Stefano Borciani – Vocals
Maurizio Montagna – Batteria
Edoardo Casini – Lead Guitars

XENOFACTION Facebook

NYN – Entropy: Of Chaos And Salt

Un album indirizzato ai soli musicisti i quali, probabilmente, più di chi anche nella musica cerca emozioni, sapranno apprezzare l’abilità di questi virtuosi dello strumento.

Ci risiamo, ecco un altro lavoro dove la tecnica spropositata dei musicisti travalica forma canzone e un minimo di musicalità per lasciare tutto in mano ad un tecnico “caos organizzato”.

La band si chiama NYN, è stata fondata negli States dal polistrumentista Noyan Tokgozoglu ormai dieci anni fa, e arriva quest’anno al secondo full length dopo aver inciso un ep, una manciata di singoli ed il debutto sulla lunga distanza intitolato Eventuality tre anni fa.
Raggiunto da Tom “Fountainhead” Geldschlager (ex Obscura) alla sei corde e da Jimmy Pitts alle tastiere, Tokgozoglu licenzia un monumento alla fredda tecnica dal titolo Entropy: Of Chaos And Salt, un’ ora di scale a velocità assurda, blast beat devastanti, urla belluine, qualche attimo di quiete prima che (appunto) il caos torni signore e padrone del sound.
Se gli ultimi album dei Rings Of Saturn e Next To None (tanto per fare degli esempi) vi sono apparsi un tantino esagerati, sappiate che i NYN vanno anche oltre, non lasciando un briciolo di spazio alla melodia e aggredendo con solos vomitati uno dietro l’altro, una batteria programmata che non aiuta di certo a scaldare l’ambiente che rimane asettico e freddo come una distesa di ghiaccio.
Difficile nominare un brano più o meno riuscito, il fragore sonoro regna e trionfa mentre la tecnica dei protagonisti è l’unica nota positiva che emerge dall’ascolto di Entropy: Of Chaos And Salt.
Un album indirizzato ai soli musicisti i quali, probabilmente, più di chi anche nella musica cerca emozioni, sapranno apprezzare l’abilità di questi virtuosi dello strumento.

Tracklist
1. The Mind Inverted
2. The Apory of Existence
2. Omnipotence Paradox
4. Dissimulating Apologia
5. Rebirth: Rebuild, Advance, Redo
6. Embrace Entropy
7. The Hallway
8. Maelstrom
9.Taken Away By The Tides

Line-up
Noyan Tokgozoglu – Vocals, guitars, Bass, Programming
Tom “Fountainhead” Geldschlager – Guitars
Jimmy Pitts – Keyboards

NYN – Facebook

Apotheon – Mechanically Consumed

Per gli amanti del metal estremo dai rimandi progressivi e tecnicamente ineccepibili una band da seguire, aspettando un lavoro sulla lunga distanza, ciliegina su di una torta ormai pronta per essere divorata.

Non sono ancora arrivati al traguardo del full length i deathsters statunitensi Apotheon, ma vista l’ottima qualità del sound proposto questo rimane solo un dettaglio.

Nato nel 2014 infatti, il gruppo ha licenziato solo tre ep di cui Mechanically Consumed è l’ultimo in ordine cronologico ed anche il più riuscito.
Gli Apotheon suonano death metal tecnico e progressivo in maniera impeccabile, la loro musica sconvolge nelle parti estreme, mentre le atmosfere teatrali sono marcette che, se possibile, aumentano la tensione, mentre progressive e sfumature classiche si danno il cambio sullo spartito, raffinando non di poco la parte brutale, rovescio di una medaglia o parte oscura di una realtà molto interessante.
Sono una ventina di minuti su e giù per le montagne russe del metal estremo: intricatissime e devastanti parti estreme fanno da motore alla proposta progressiva del gruppo di Denver e, se lo strumentale Premonition scalda gli animi preparando l’esplosione, a detonazione avvenuta le note fuoriescono devastati da Tyken’s Rift come acque dalla rottura di una diga.
La title track e, soprattutto, The Flesh Machine sono perle di metal estremo progressivo, con i quattro musicisti a dispensare tecnica sopraffina in un contesto di inumana, ma chirurgica violenza.
Nell’ep troverete le anche le spettacolari versioni strumentali dei brani proposti, nei quali il gruppo dimostra ancora di più la sua bravura.
Per gli amanti del metal estremo dai rimandi progressivi e tecnicamente ineccepibili una band da seguire, aspettando un lavoro sulla lunga distanza, ciliegina su di una torta ormai pronta per essere divorata.

TRACKLIST
1. Premonition
2. Tyken’s Rift
3. Mechanically Consumed
4. The Flesh Machine
5. Tyken’s Rift (Instrumental Version)
6. Mechanically Consumed (Instrumental Version)
7. The Flesh Machine (Instrumental Version)

LINE-UP
Andrew Morris – Drums
Fernando del Valle III – Guitar
Ibrahim Jimenez – Bass
Reece Deeter – Vocals

APOTHEON – Facebook

Inanimate Existence – Underneath A Melting Sky

Dopo le ultime prove deludenti da parte di gruppi anche più conosciuti della band californiana, Underneath A Melting Sky risulta una piccola ventata di aria fresca in un genere che ultimamente appariva sempre più asfittico.

Finalmente una band di technical death metal che, oltre a sfoggiare una tecnica invidiabile, ci riserva un concentrato di digressioni progressive ricamate da melodie sufficienti quanto basta, almeno, per non far perdere l’attenzione a chi ascolta.

Attivi dal 2010 nella zona della famosa Bay Area californiana, giungono al quarto album i deathsters Inanimate Existence, addirittura a meno di un anno dal precedente lavoro intitolato Calling For A Dream.
Archiviata la copertina fantasy che poco ha a che fare con la musica del quartetto, ma più utile forse al nuovo album di una qualsiasi band power metal, Underneath A Melting Sky ci investe con la sua intricata forza estrema, valorizzata da buone melodie ed un gusto progressivo evidenziato dalle sfumature orchestrali che attraversano molti dei brani che compongono l’album.
Niente di nuovo o clamoroso, ormai il genere non fa più notizia e i gruppi formati da talentuosi musicisti estremi spuntano come funghi, ma alla base dell’ultimo disco del gruppo statunitense c’è la voglia di non andare oltre le regole di uno spartito completamente avulso da tecnicismi fine a sé stessi di molti loro colleghi.
In Moonlight I Am Reborn, Blood of the Beggar o The Djinn, gli Inanimate Existence valorizzano l’ottima tecnica strumentale con un songwriting ben calibrato, offrendo un prodotto estremo comunque assimilabile anche da chi preferisce il death metal classico e tenendo nel dovuto conto l’essenziale forma canzone.
Dopo le ultime prove deludenti da parte di gruppi anche più conosciuti della band californiana, Underneath A Melting Sky risulta una piccola ventata di aria fresca in un genere che ultimamente appariva sempre più asfittico.

Tracklist
1.Forever to Burn
2.Underneath a Melting Sky
3.In Moonlight I Am Reborn
4.Blood of the Beggar
5.The Old Man in the Meadow
6.The Djinn
7.The Unseen Self
8.Formula of Spores

Line-up
Cameron Porras – Guitar, Vocals
Scott Bradley – Bass, Vocals
Ron Casey – Drums

INANIMATE EXISTENCE – Facebook

Decrepit Birth – Axis Mundi

La band, pur sfoggiando la sua grande tecnica, lascia che le canzoni prendano vita, tra riff mastodontici, blast beat furiosi ed un lavoro prezioso della sei corde, melodica quanto basta per assecondare le altalene ritmiche e i vari cambi d’atmosfera.

Tornano dopo sette lunghi anni, a conferma di un anno da protagonisti per i suoni di stampo death e dei suoi lati più estremi (brutal, technical) i Decrepit Birth, gruppo dall’alto valore tecnico non supportato però dalla popolarità di altre realtà, specialmente statunitensi.

Poco male, la band in mano a Matt Sotelo dopo gli ottimi responsi dei lavori precedenti (specialmente il bellissimo Polarity, uscito nel 2010), saluta il 2017 con una mazzata straordinaria, affidata al nostro Stefano Morabito per mixaggio e masterizzazione ai 16 Cellar Studio  e composta da una dozzina di spettacolari brani dove tecnica, impatto e melodia si alleano per regalare grande musica estrema.
Axis Mundi a mio avviso accontenterà sia i fans del brutal che gli appassionati di death metal tradizionale, con il suo sound chiaramente di matrice statunitense, tecnicamente elevato alla massima potenza, ma valorizzato da una cura nei dettagli encomiabile ed una ispirazione notevole, mantenuta intatta anche dopo una  lunga pausa.
D’altronde i musicisti impegnati in questa mostruosa avventura accompagnando il chitarrista sono Bill Robinson (voce), Sam Paulicelli (batteria) e Sean Martinez (basso) , tipi poco raccomandabili, ex turnisti di gruppi top della scena (Malevolent Creation, Suffocation, Rings Of Saturn, Decapitated) e maestri del proprio strumento.
Si diceva, non è solo la tecnica a valorizzare Axis Mundi, che scorre estremo e piacevole, seguendo coordinate già scritte, ma con la personalità che è propria di una band del genere; ed infatti i Decrepit Birth, pur sfoggiando la sua grande tecnica, lascia che le canzoni prendano vita, tra riff mastodontici, blast beat furiosi ed un lavoro prezioso della sei corde, melodica quanto basta per assecondare le altalene ritmiche e i vari cambi d’atmosfera.
Vortex Of Infinity…Axis Mundi, apre le ostilità, Spirit Guide e Hieroglyphic valorizzano l’anima progressiva del gruppo mentre la splendida ed orchestrale Embryogenesis porta il sound dell’album sui livelli altissimi di Diminishing Between Worlds ed appunto Polarity.
Altro album imperdibile per gli amanti del death metal in questo anno di grosse soddisfazioni per il genere, in cui il gruppo regala sul finire ben tre cover di nomi altisonanti del metal estremo mondiale come Metallica e Sepultura.

Tracklist
1. Vortex of Infinity…Axis Mundi
2. Spirit Guide
3. The Sacred Geometry
4. Hieroglyphic
5. Transcendental Paradox
6. Mirror of Humanity
7. Ascendant
8. Epigenetic Triplicity
9. Embryogenesis
10. Orion
11. Desprate Cry
12. Infecting the Crypts

Line-up
Bill Robinson – Vocals
Matt Sotelo – Guitars
Samus – Drums
Sean Martinez – Bass

DECREPIT BIRTH – Facebook

Integral – Resilience

Il disco viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno.

Debutto molto interessante per questo gruppo di giovani bergamaschi, nato nel 2013 dalla comune passione per generi musicali metallici e proponendo un death metal molto crossover.

Il minimo comune denominatore è la bravura tecnica e l’ ottimo gusto musicale, perché gli Integral possiedono entrambi in gran misura. Il disco è un tentativo riuscitissimo di fondere insieme sonorità molto differenti fra loro, partendo da un death metal moderno di base, per poi fare in maniera incisiva cose vicino al migliore metalcore, o avere momenti di calma e di ottimo ambient o addirittura vicino alla psichedelia. L’album viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno. Resilience ha una potenza ed una fluidità davvero notevoli, che lo rendono un disco godibile e con una capacità compositiva notevole. Si rimane piacevolmente stupiti nel sentire che ci siano gruppi come gli Integral capaci di fare proposte intelligenti, pesanti e che riescono a far sembrare facile il difficile. Un disco che mostra il presente ed il futuro del migliore death metal.

TRACKLIST
1.Blank Claustrophobia
2.Collapsed Cubes
3.In(Earth)
4.Realm of Atlantis
5.Mac Brazel
6.Hieroglyphica
7.Room with a View
8.Self-made Oblivion
9.Mechanical Existence Construction
10.Out There in Silence (Eclipse)

LINE-UP
Alessio Moraschini – vocals
Riccardo Maccarana – guitar
Jacopo Farina – guitar
Marco Morandi – bass
Agostino Buttarelli – drums

INTEGRAL – Facebook

Origin – Unparalleled Universe

Dieci brani che sono altrettante atomiche che esplodono all’unisono nei padiglioni auricolari

Torna in questa metà dell’anno quella che per molti è la più grande band di technical brutal death metal in attività, gli Origin.

Unparalleled Universe è il settimo brutale sigillo che il quartetto americano pone come prova inconfutabile della grandezza di un genere, il death metal, estremizzato al limite dell’umano, tecnicamente inattaccabile e devastante, una tempesta di note e suoni che valicano barriere per altri neanche avvicinabili.
Licenziato tramite Agonia Records in Europa e Nuclear Blast Records in Nord America, il disco è stato masterizzato da Colin Marston presso i Menegroth – The Thousand Caves, mentre la copertina è stata creata da Filip Ivanovic (Dismember, Crytopsy, Gorguts).
Da una band con vent’anni di attività alle spalle non ci si può certo aspettare chissà quali novità, anzi, Unparalleled Universe suona Origin al 100%, brutale ed estremo fino alla totale distruzione, un macigno di death metal tecnico travolgente, come sempre valorizzato da un songwriting sopra la media.
E si, perché il gruppo di Paul Ryan, oltre a rappresentare quanto di più estremo e tecnico ci sia sulla scena, ha un talento inumano nello scrivere brani che non lasciano scampo, in un girone infernale dove la sei corde scende e sale in vortici e uragani sonori devastanti, ed il growl profondo e gutturale viene a tratti spazzato via da uno screaming bestiale.
I dieci brani sono altrettante atomiche che esplodono all’unisono nei padiglioni auricolari: il fungo si forma sopra le nostre teste ed il vento nucleare spazza via tutto, in uno tsunami belligerante, mentre Jason Keyser vomita morte e rabbia nel microfono, Ryan fa il fenomeno con chitarra e la coppia ritmica(John Longstreth alle pelli e Mike Flores al basso) erige un monumento alla’apocalisse.
Che dire d’altro, se non invitarvi a far vostro Unparalleled Universe? Gli Origin sono tornati e vi faranno tanto male, colpendovi senza pietà con armi micidiali come Cascading Failures,Diminishing Returns Invariance Under Transformation o gli spettacolari dieci minuti del capolavoro brutal progressive death Unequivocal: di meglio nel genere diventa davvero difficile trovarlo.

TRACKLIST
1. Infinitesimal to the Infinite
2. Accident and Error
3. Cascading Failures, Diminishing Returns
4. Mithridatic
5. Truthslayer
6. Invariance Under Transformation
7. Dajjal
8. Burden of Prescience
9. Unequivocal
10. Revolucion

LINE-UP
Paul Ryan – Guitars, Vocals
John Longstreth – Drums
Mike Flores – Bass, Vocals
Jason Keyser – Vocals

ORIGIN – Facebook

Plague Throat – Human Paradox

I Plague Throat sono uno dei migliori gruppi death mai usciti dall’India, e questo album di debutto ne rimarca tutte le potenzialità.

Finalmente esce il molto atteso album di debutto sulla lunga distanza per i death metallers indiani Plague Throat, che arrivano a questo disco dopo l’ottimo ep An Exordium To Contagion.

Il trio indiano fa un death metal potente e debitore della scena americana anni novanta, ed è presente anche un pizzico di scuola svedese.
Il disco fila via a briglie sciolte, grazie alla notevole intensità delle canzoni, che non scemano mai,e che hanno crescendi impetuosi arrivando ad essere notevoli cavalcate che tracimano a volte nel death metal tecnico. Se l’intensità è forse il maggior punto di forza del gruppo, anche la tecnica fa la sua parte, dato che i tre si intendono molto della materia trattata. In mezzo a tutta questa intensità troviamo anche ottime melodie che costituiscono le fondamenta di questa costruzione. In India c’è una scena metal che si è sviluppata negli anni e non può essere più considerata una sorpresa. I Plague Throat sono uno dei migliori gruppi death mai usciti da quella penisola, e questo album di debutto ne rimarca tutte le potenzialità. Dato che si può migliorare ancora, vi sono elementi che saranno aggiustati col tempo, ma è davvero poco il disavanzo da limare, tanto è buona la sostanza. Quando un disco death metal esce come Human Paradox non c’è molto da dire ma tanto da sentire.

TRACKLIST
1.Inherited Failure
2.Dominion Breach
3.Fallible Transgression
4.The Human Paradox
5.Hour of Darkness
6.Corporeal
7.Truth In Silence
8.Conception Subjection
9.Conflict Resolution
10.Ma Nga

LINE-UP
Nangsan – Vocals, Guitar
Malice – Drums
Jerry Nelson Ranee – Bass

PLAGUE THROAT – Facebook

Centripetal Force – Eidetic ep

Thrash metal tecnico e progressivo è quello che ci propone questo terzetto italo/inglese formato da due musicisti attivi dal 1993 nella scena metallica torinese, i quali che si avvalgono della prestazione dietro al microfono del cantante John Knight (in forza ai Synaptic).

Thrash metal tecnico e progressivo è quello che ci propone questo terzetto italo/inglese formato da due musicisti attivi dal 1993 nella scena metallica torinese (il batterista Andrea Carratta ed il chitarrista Stefano Saroglia), i quali si avvalgono della prestazione dietro al microfono del cantante John Knight in forza ai Synaptic.

Eidetic è il loro primo lavoro, formato da tre brani che ci riportano tra le trame intricatissime del metal progressivo di natura estrema e di stampo thrash.
Non sono tracce facilissime da digerire se non si è amanti del tecnicismo, che raggiunge vette altissime per quanto riguarda la prestazione dei singoli musicisti, ma lasciando qualcosa a livello di fruibilità.
Certo è che i tre musicisti sono di un’altra categoria, costruendo una ragnatela di ritmiche, solos suonati alla velocità della luce ed una voce particolare che cresce col passare degli ascolti (a tratti sembra usata come strumento vero e proprio).
Dei tre brani, In Death Of A Marionette è quello più lineare e ad un primo ascolto è ovviamente quello che si ricorda più facilmente, ma dando il giusto tempo non mancano di convincere neppure Centripetal Force e Eidetic Memory le altre due tracce canzoni che completano l’ep.
Quello dei Centripetal Force è un sound che si avvale della perizia di questi tre ottimi musicisti e che, affondando le sue radici nelle opere di Coroner, Mekong Delta, Death e Cynic, verrà apprezzato dai fans di queste band.

TRACKLIST
1.Centripetal Force
2.Eidetic Memory
3.In Death Of A Marionette

LINE-UP
Andrea Carratta – beats
John Knight – screams
Stefano Saroglia – riffs

CENTRIPETAL FORCE – Facebook

Virulent Depravity – Fruit Of The Poisoned Tree

Un album estremo suonato da musicisti di livello assoluto, con poche emozioni ma tanta tecnica: consigliato agli amanti della perizia strumentale prima di tutto.

Debuttano gli americani Virulent Depravity con Fruit of the Poisoned Tree, album di death metal tecnico e progressivo, una cascata di note che si modellano sui generi con cui la band gioca per questo primo lavoro che arriva un paio di anni dopo la sua nascita.

Trio composto dal polistrumentista e compositore Colin Butler, dal chitarrista Malcolm Pugh e dal batterista degli Svart Crown, Kevin Paradis, i Virulent Depravity si avvalgono di un buon numero di ospiti che valorizzano le performance micidiali dei protagonisti.
Il lavoro mette in mostra tecnica eccezionale ed impatto brutale, reso più nobile da momenti di musica progressiva in un cambiamento repentino di atmosfere che portano fino al jazz ed alla fusion: niente di nuovo in definitiva, ma il tutto è ben legato da un songwriting che dà spazio alla tecnica, a tratti in modo eccessivo, con altri passaggi invece più ragionati che lasciano scorrere fluidamente la musica.
Fruit Of The Poisoned Tree, aiutato da un’ottima produzione che aiuta non poco l’ascolto delle numerose parti intricate, risplende della bravura dei suoi protagonisti (Kevin Paradis è un mostro dietro i tamburi), mentre gli ospiti si danno il cambio nei vari ed intricati brani che, come ragnatele, ci imprigionano in mezzo ai loro intricati fili.
Quasi un’ora di death metal progressivo e brutale, dove la parola d’ordine è stupire con soluzioni tecnicissime al limite dell’umano ed i musicisti ci riescono, grazie alle evoluzioni estreme su tracce come Spineless Obedience, Desecrating Eden e Mechanized Defilement.
Un album estremo suonato da musicisti di livello assoluto, con poche emozioni ma tanta tecnica: consigliato agli amanti della perizia strumentale prima di tutto.

TRACKLIST
1. Serpentine Messiah
2. Spineless Obedience
3. Your Demise
4. Desecrating Eden
5. Fruit of the Poisoned Tree
6. Bad Drug
7. Beyond the Point of No Return
8. Only Human
9. Mechanized Defilement
10. Crushed by Futuristic Filth

LINE-UP
Colin Butler – Composition, Guitar, Bass, Vocals
Malcolm Pugh – Rhythm Guitar
Kévin Paradis – Drums

Jimmy Pitts (Pitts Minneman Project, Equipoise, NYN, etc) – Keys (Track 4, 10)
Mark Hawkins – Guitar Solo (Track 1)
Nick Padovani (Equipoise) – Guitar Solo (Track 6)
Craig Peters (Deeds Of Flesh) – Guitar Solo (Track 8)
Elijah Whitehead (Enfold Darkness) – Guitar Solo (Track 9)
Sims Cashion – Guitar Solo (Track 10)
Nathan “Sounds” Bounds (Enfold Darkness) – Guest Vocals and Latin Chants (Track 10)

VIRULENT DEPRAVITY – Facebook

Acid Death – Balance Of Power

Il suono di Balance Of Power non è un mero recupero, ma un’intelligente riproposizione di un prodotto molto valido, ieri come oggi, perché è un disco di valore assoluto, ancor di più se si considera che sarebbe dovuto essere l’esordio degli Acid Death.

Dopo 25 anni di attesa, arriva il disco che sarebbe dovuto essere il debutto dei pionieri greci Acid Death.

Grazie alla Floga Records possiamo ascoltare rimasterizzato questo mini lp che non vide mai la luce. Questa storia a lieto fine cominciò nel 1991 quando si formarono e tutti i componenti erano sotto i venti anni. In quei tempi erano davvero pochi gli studi di registrazione agibili per un gruppo metal, ed il migliore era il Praxis Studios di Atene. Con lo studio pagato per 40 ore e nessuna esperienza nell’uso del registratore analogico a sedici tracce, i ragazzi riuscirono, come possiamo ascoltare oggi, a fare un buon lavoro anche perché dotati di notevole talento. Infatti, riascoltandolo, si rimane francamente stupiti di fronte a questo mini lp di esordio, perché tanti gruppi molto più blasonati al giorno d’oggi fanno molto, ma molto peggio di ciò in cui riuscirono all’epoca questi ragazzini greci. Il lavoro in origine sarebbe dovuto uscire per la greca Black Power Records, ma problemi finanziati ritardarono ed infine ne cancellarono l’uscita. L’anno dopo l’altrettanto greca Molon Lane Records, attiva dal 1990 al 1996, pubblicò due tracce del mini lp in quello che diventò l’esordio del gruppo, l’ep Apathy Murders Hope, che è appunto il titolo di una delle due tracce. Da lì partì il volo di questa band attiva fino al 2001, riformatasi nel 2011 ed ancora attiva. Balance Of Power è un grande disco di death tecnico e fortemente incline al prog, con impalcature sonore molto interessanti, un suono fortemente anni novanta, ma già molto maturo e consapevole delle proprie potenzialità. Il recupero di questo disco aggiunge maggior valore ad un lunga carriera, che ha sempre dato buoni frutti, ma che soprattutto può dare ancora molto. Il suono di Balance Of Power non è un mero recupero, ma un’intelligente riproposizione di un prodotto molto valido, ieri come oggi, perché è un disco di valore assoluto, ancor di più se si considera che sarebbe dovuto essere l’esordio discografico di questi (all’epoca giovanissimi) greci.

TRACKLIST
Side A
1) Psychosis
2) Apathy Murders Hope
3) Civil War
4) Death From Above

Side B
1) Balance Of Power
2) Twilight Spirits
3) State Of Paranoia

LINE-UP
Savvas Betinis – bass & vocals
Dennis Kostopoulos – lead & rhythm guitars
John Anagnostou – lead & rhythm guitars
Kostas Alexakis – drums & percussion

ACID DEATH – Facebook

Riftwalker – Green & Black

Questo trio canadese si presenta con il debutto sulla lunga distanza e ci travolge con il suo sound estremo e progressivo, magari di questi tempi non originalissimo, ma quantomeno interessante.

Questo trio canadese si presenta con il debutto sulla lunga distanza e ci travolge con il suo sound estremo e progressivo, magari di questi tempi non originalissimo, ma quantomeno interessante.

Che i Riftwalker non vogliano essere una band come le altre lo si evince dalla copertina, un pastore montano con il suo cane che, con il technical progressive death metal suonato dal gruppo, non ci azzecca un granché.
Ma qui si parla di musica, ed allora sappiate che siamo al cospetto di un trio molto interessante, magistrale tecnicamente ma molto attento al songwriting che mantiene alta la media qualitativa di un album di notevole spessore.
Solo un ep, Wreckage of the Old World di tre anni, fa separa il gruppo di Vancouver tra i suoi inizi targati 2009 e quest’opera estrema, che mantiene per tutta la sua durata un approccio moderno, progressivo ed intricato, ma che non perde mai le briglie di un sound che è un animale selvaggio e indomabile.
Ripeto, ormai parlare di originalità diventa difficile anche in un genere che, per primo, ha permesso di amalgamare sonorità lontane anni luce dal metal estremo con il death metal, ma in Green & Black tutto è perfettamente al suo posto senza risultare forzato.
Harlequin Ichthyosis, Primordial Collapse e Beyond Mortality sono i brani migliori di un lavoro che speriamo non si disperda nello sterminato universo dell’ underground estremo.

TRACKLIST
1.B.H.O.
2.Harlequin Ichthyosis
3.Engineer Their Consent
4.Intrinsic Degeneration
5.Primordial Collapse
6.States of Decay
7.Beyond Mortality
8.Green & Black

LINE-UP
Spencer Atkinson – Bass, Vocals
Zan Petrovic – Drums, Percussion
Miles Morrison – Guitars, Vocals

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