Satanic – Architecture Of Chaos

I Satanic sono la classica band di genere, prendere o lasciare, eroi di un certo modo di fare metal per alcuni, troppo ancorati a vecchi ed ormai obsoleti cliché per altri, ma come sempre la verità sta nel mezzo.

Questo gruppo proveniente dal Quebec licenzia l’esordio tramite Brutal Records intitolato Architecture Of Chaos, incentrato su un thrash metal old school che non disdegna di bersi una birra con il death e finire per le strade a far casino.

Dall’attitudine anni ottanta, così come il proprio sound, i Satanic ci propongono dunque la loro versione di metal estremo: i cliché utilizzabili ci sono tutti, le soluzioni a livello di songwriting risultano poco fantasiose e il sound procede spedito con il pilota automatico verso il muro dove si schianterà producendo un boato metallico assordante.
Sodom/Kreator/Destruction si danno il cambio con Possessed e Venom tra lo spartito di questa raccolta di brani fatti di ritmiche velocissime, batteria a mitraglia e solos taglienti come rasoi.
Architecture Of Chaos è tutto qui, i brani si susseguono senza soluzione di continuità, ignoranti e d’impatto e sono la perfetta colonna sonora di una serata alcolica a base di metallo pesante, con un paio di tracce che permettono al lavoro di alzare la testa come Armageddon e la conclusiva Tchernobyl86, più lunghe e varie delle restanti della tracklist.
I Satanic sono la classica band di genere, prendere o lasciare, eroi di un certo modo di fare metal per alcuni, troppo ancorati a vecchi ed ormai obsoleti clichè per altri, ma come sempre la verità sta nel mezzo.

Tracklist
1.Mephistophelian
2.World Of Chaos
3.Procesing The Undead
4.Architecture Of Apocalypse
5.Armageddon
6.Systematic Fear
7.Biotech Warfare
8.Tchernobyl86

Line-up
Martin Carle – Drums
Guillaume Petit – Guitars, Vocals
Izaac Baaudoin – Bass, Vocals

SATANIC – Facebook

Persecutory – Towards The Ultimate Extinction

Towards The Ultimate Extinction è un lavoro che definire estremo è un eufemismo: gli amanti del true black metal probabilmente sono i più indicati all’ascolto ma, pane per i loro denti, lo troveranno pure i fans del thrash metal old school.

Una tempesta musicale senza compromessi, black metal feroce che si allea con il thrash ed il death per tormentarvi fino a che le vostre già deboli resistenze crolleranno sotto i colpi dei quattro demoni turchi chiamati Persecutory.

Towards The Ultimate Extinction è un attacco delle forze del male contro il mondo, le urla delle anime dannate trasformate in guerrieri oscuri arrivano direttamente dall’inferno, mentre accelerazioni pazzesche, mid tempo distruttivi ed impatto devastante sono solo alcune delle armi usate dalla band proveniente da Istanbul.
I Persecutory non conoscono pietà, ma solo la crudele e sadica rabbia con cui travolgono già dall’opener Pillars Of Dismay, seguita dagli undici minuti in pieno inferno descritti dalla title track un brano lunghissimo che passa da litanie black/doom a ripartenze true black metal e devastanti e potentissime iniezioni thrash old school.
Quattro loschi demoni al servizio del metal estremo, un’efferata prova di forza che non lascia scampo e non fa prigionieri con Awakening The Depraved Era e la conclusiva Maelstroms Of Antireligious Chaos che, come un vento oscuro ed atomico, spazza via gli ultimi sopravvissuti, anime che vengono spazzate via dalla forza dei Persecutory.
Towards The Ultimate Extinction è un lavoro che definire estremo è eufemismo: gli amanti del true black metal probabilmente sono i più indicati all’ascolto ma, pane per i loro denti, lo troveranno pure i fans del thrash metal old school.

Tracklist
1.Pillars Of Dismay
2.Towards The Ultimate Extinction
3.Till Relentless Salvation Comes
4.Along The Infernal Hallways
5.Awakening The Depraved Era
6.Hegemony Of The Ruinous Impurity
7.Maelstroms Of Antireligious Chaos

Line-up
Tyrannic Profanator – Vocals
Infectious Torment – Guitars, Bass
Vulgargoat – Guitars, Vocals
A.D.B – Drums

PERSECUTORY – Facebook

Terror Empire – Obscurity Rising

Una quarantina di minuti scarsi bastano al gruppo portoghese per ribadire la propria forza, ringraziando Sepultura e Machine Head, così come i primi Metallica, in qualche passaggio chitarristico, ma il sound è tutto farina del sacco dei Terror Empire e non potrebbe essere altrimenti.

Prima o poi tutti tornano, chi deludendo le aspettative, chi cambiando registro musicale e chi confermando le buone impressioni suscitate dal precedente lavoro, come per esempio i thrashers portoghesi Terror Empire, di nuovo in pista con il successore dell’ottimo The Empire Strikes Black.

Obscurity Rising comincia il suo inevitabile massacro da dove aveva lasciato il suo predecessore, quindi per chi conosce la band poco o nulla è cambiato: ottima produzione, grande impatto, potenza e velocità al servizio di un thrash metal debordante tra tradizione e sfumature moderne.
L’album non delude, pur nella sua staticità compositiva rispetto al primo lavoro, ma i Terror Empire questo sanno suonare e lo fanno maledettamente bene, quindi, perché cambiare?
Non vale la pena di perdersi in troppi sofismi in questo senso ed è meglio allora lasciarsi travolgere dalla disarmante potenza delle varie Burn The Flags, Holy Greed e le due bombe atomiche Death Wish e Feast Of The Wretched.
Una quarantina di minuti scarsi bastano al gruppo portoghese per ribadire la propria forza, ringraziando Sepultura e Machine Head, così come i primi Metallica, in qualche passaggio chitarristico, ma il sound è tutto farina del sacco dei Terror Empire e non potrebbe essere altrimenti.

Tracklist
1.Obscurity Rising
2.You’ll Never See Us Coming
3.Burn the Flags
4.Times of War
5.Meaning in Darkness
6.Holy Greed
7.Lust
8.Death Wish
9.Feast of the Wretched
10.Soldiers of Nothing
11.New Dictators

Line-up
Ricardo Martins – vocals
Rui Alexandre – guitar
Nuno Oliveira – guitar
João Dourado – drums
Rui Puga – bass

TERROR EMPIRE – Facebook

Mecalimb – XIII

Pantera, Machine Head, The Haunted e Soilwork confluiscono nel sound dei Mecalimb a creare un cocktail altamente esplosivo e dotato di una forza notevole.

In Norvegia non si suona solo black metal, lo sa bene la Wormholedeath che licenzia XIII, terzo full length dei Mecalimb.

Groove e ritmiche marziali fanno da tappeto sonoro al thrash moderno del quintetto nordico che ci inserisce una serie di riff melodici di stampo death ed il gioco è fatto, o quasi.
XIII è una mezzora abbondante di metal possente e moderno, un album dal sound che opprime con le sue potenti ritmiche ed avvolge con un freddo riffing melodic death.
I Mecalimb giungono a questo lavoro dopo un paio di album ed un ep, precedentemente anticipati dai primi passi in formato demo nel 2006 e 2007; una dozzina d’anni sul mercato portano a questo buon esempio di metal moderno ed estremo, melodico e potente che ci ricorda non pochi eroi passati nei nostri lettori cd da i primi anni novanta in poi.
Il sound che sorride all’America ma suona scandinavo ribadisce la notevole forza che groove metal e death thrash sanno infondere se si alleano come in XIII, non è un caso che nell’album i momenti più intensi sono proprio quelli più ibridi.
Marziali e freddi come una macchina che inesorabile si avvicina senza cambiare velocità, i Mecalimb accelerano improvvisamente per fare scempio dei nostri corpi, questa è la percezione all’ascolto delle varie Forgotten, Headless Existence e della potentissima Leave The Bones.
Pantera, Machine Head, The Haunted e Soilwork confluiscono nel sound dei Mecalimb a creare un cocktail altamente esplosivo e dotato di una forza notevole: XIII vi attacca al muro, vi sbatte al suolo e vi schiaccia senza pietà, provare per credere.

Tracklist
Robert Arntsen – Lead vocals
Ole Olsen – Guitar & backing vocals
Tom Angel – Guitar
Dag Kopperud – Bass & backing vocals
Marius Vedal – Drums

Line-up
1.Headless Existence
2.Blind Men Rules The Earth
3.Forgotten
4.No End
5.Infection
6.Leave The Bones
7.Goodbye To Sanity
8.I See Dead People
9.Jokers & Liars
10.Nothing

MECALIMB – Facebook

Bridge Of Diod – Of Sinners And Madman

Dieci brani per quasi cinquanta minuti di metal tripallico, potente diretto e melodico, dalle ritmiche che alternano accelerazioni e potentissimi bombardamenti che non disdegnano quel tocco groove capace di modernizzare la proposta senza scendere a compromessi ma rendendola ancora più massiccia e potente.

Si può suonare heavy/thrash metal old school senza risultare per forza datati o vintage e i Bridge Of Diod ne sono l’esempio con il loro primo album sulla lunga distanza.

Nato ad Acqui Terme sette anni fa, il quartetto ha rilasciato il proprio debutto in formato ep nel 2012 (Creativity in Captivity), per tornare dopo cinque anni sul mercato con questo ottimo lavoro licenziato dalla Sliptrick Records e intitolato Of Sinners And Madman: dieci brani per quasi cinquanta minuti di metal tripallico, potente diretto e melodico, dalle ritmiche che alternano accelerazioni e potentissimi bombardamenti che non disdegnano quel tocco groove capace di modernizzare la proposta senza scendere a compromessi ma rendendola ancora più massiccia e potente.
Il quartetto ci scarica sulla testa una valanga di melodie in un contesto pesante e roccioso come la creatura mitologica raffigurata sulla copertina e che, liberatasi dalle catene, sfoga tutta la sua rabbia sui malcapitati carcerieri.
Thrash ed heavy metal ancora una volta vengono uniti per sfogare grinta e voglia di musica pesante che Stefano Barbero (voce e batteria), Luigi Barbero (chitarra), Davide Leoncino (chitarra) e Sebastiano Riva (basso) valorizzano con un uso perfetto della melodia, con una serie di brani che non scendono dal livello di guardia in quanto a grinta e potenza.
Sua maestà il riff è nobilitato in tracce dall’alto voltaggio come l’opener Story Of A Madman, la semi ballad in crescendo Back From Limbo, la diretta Bullies From Hollywood, la potentissima The Cowboy’s Law, ma è tutto Of Sinners And Madman che funziona e ci regala cinquanta minuti di metallo che sprizza energia da tutti i pori.
Se il ritorno delle sonorità tradizionali nel metal farà parte del trend del futuro prossimo sarà anche grazie alla scena underground e a lavori come questo ottimo debutto dei Bridge Of Diod.

Tracklist
01. Story Of A Madman
02. Drops Of Rain
03. Back From Limbo
04. The Hammer
05. Clown Of The Seasons
06. Bullies From Hollywood
07. Green Fairy
08. Bad Toy
09. The Cowboy’s Law
10. Ignorance

Line-up
Stefano Barbero – Vocals, Drums
Luigi Barbero – Guitars
Davide Leoncino – Guitars
Sebastiano Riva – Bass

BRIDGE OF DIOD – Facebook

Consecrator – Image Of Deception

Ristampa curata dalla Roxx records con racchiusi i due demo della thrash metal band texana Consecrator, gruppo da riscoprire se siete amanti sfrenati del genere come veniva suonato negli anni novanta.

I Consecrator sono una thrash metal band proveniente dal Texas e attiva addirittura dal 1989, anche se finora le uscite discografiche si limitano a due demo usciti tra il 1990 ed il 1992, ed una compilation, appunto questa Image Of Deception, uscita originariamente nel 2004 e rimasterizzata dalla Roxx Records.

Ovviamente la raccolta racchiude gli unici due lavori prodotti dal quartetto di Wichita Falls, che risulta ancora in attività benché non abbiano più realizzato nulla di inedito da praticamente venticinque anni, a parte un brano qui presente intitolato Meaningless e scritto nel 2005.
Un vero peccato perché la musica racchiusa in questa raccolta è frutto del lavoro di un gruppo che ben sapeva come intrattenere a colpi di thrash metal, tra vecchia scuola ed il sound che andava sviluppandosi nei primi anni novanta in materia estrema, con il genere che acquistava maggior vigore dagli spunti estremi presi dal death.
E infatti i Consecrator non le mandavano certo a dire, tra vocals che ricordano il Tardy deglo Obituary pre-2000,  un impatto slayerano sempre presente e che mai si assopisce, così come una belligerante occhiata al metal estremo del vecchio continente che non mancava di ricamare il sound di melodie chitarristiche in uso nel sound dei Carcass.
Molto impatto dunque, ma con un buon talento per l’aspetto melodico, specialmente nel secondo demo da cui la raccolta prende il titolo, mentre con il lavoro targato 1990 non ci si muove dal thrash metal vecchia scuola con carta d’identità statunitense.
Tante vicissitudini hanno poi frenato la carriera del gruppo texano, ora con questa ristampa targata Roxx Records il gruppo potrebbe tornare poi a scrivere musica, magari prendendo spunto da brani come Submission, Vision Ignored o Satan Lies, sperando che non sia troppo tardi.

Tracklist
1.Submission
2.Image of Deception
3.Mindlessly Betrayed
4.Vision of Ignored
5.Sayings of the Wise
6.Free from Death
7.Meaningless
8.Make Me Laugh
9.Satan Lies
10.Saving Song
11.Messiah Calls
12.Troubled Years
13.Casted

Line-up
James Chavez-Guitar
Ash Lawhon-Drums
Rob Ojeda-Bass
Glenn Johnson-Vocals

Past Members:
James McWilliams-Guitar
Steve Tidwell-Guitar
Ben Crockett-Guitar
Ray Hillner-Guitar
John Hall-Vocals

CONSECRATOR – Facebook

A Taste Of Fear – God’s Design

La potenza degli A Taste Of Fear cammina di pari passo con la loro tecnica musicale, che non è affatto mera ostentazione di un saper fare, ma è sicura esposizione di un saper creare musica, esprimendo se stessi e ciò che si portano dentro.

Gli A Taste Of Fear vengono da Roma e confezionano un buon assalto sonoro, in bilico fra thrash metal e death metal.

Innanzitutto sono molto immediati e hanno una tecnica notevole, cose assai difficili da coniugare e riescono a creare un impasto sonoro incandescente. I riferimenti sono i grandi nomi dei generi suddetti, ma il risultato è assolutamente personale. Le canzoni sono tutte sviluppate in maniera strutturata, con impalcature sonore molto forti che hanno alla base una notevole dose di melodia, alla lunga destinata ad uscire fuori dando un notevole valore aggiunto al disco. Il gruppo è al suo debutto discografico, ma è nato nel 2014 da un’idea del bassista Michele Attolino, che voleva suonare in maniera potente i suoi due generi preferiti, ovvero il thrash metal ed il death metal, riuscendo ad attingere il meglio dai due sottogeneri. La prima prova di questo gruppo ne mostre le buone doti e la capacità di trovare sempre la soluzione musicale adatta al passaggio ed al momento. La potenza degli A Taste Of Fear cammina di pari passo con la loro tecnica musicale, che non è affatto mera ostentazione di un saper fare, ma è sicura esposizione di un saper creare musica, esprimendo se stessi e ciò che si portano dentro. God’s Design è un disco mai scontato e che galoppa forte verso un’orizzonte che ci riserverà molte gioie, visto il buon inizio.

1.God’s Design
2.Into Hell
3.Out Of Place
4.A Feared Secret
5.Make Suffer
6.Ripped Soul’s Gift
7.The Passage
8.A Taste Of Fear

Line-up
Stefano Sciamanna: vocals
Emiliano Pacioni: guitars
Michele Attolino: bass
Flavio Castagnoli: drums

A TASTE OF FEAR – Facebook

Helvetestromb – Demonic Excrements Cursed With Life

Un album più che mai ad uso e consumo dei soli amanti del genere, che troveranno di che trastullarsi tra le blasfemie che caratterizzano il verbo malefico degli Helvetestromb.

Questo trio proveniente da Stoccolma si fa chiamare Helvetestromb è composto da tre luciferini personaggi che di metal estremo si nutrono e lo sparano in un delirio ritmico, un massacro diabolico perpetuato in mezzora di metallo incandescente: black metal old school, pregno di attitudine speed/thrash ma pur sempre legato al black di origine scandinava, quello storico, marcio, demoniaco e fuori da ogni compromesso.

Demonic Excrements Cursed With Life non lascia scampo, la sua natura fa tornare alla mente la vecchia scena estrema ed i suoi temibili eroi, attitudine ed impatto fanno dell’album una mazzata black/thrash dove i prigionieri sono torturati senza pietà e la morte è l’unica soluzione per riposare in pace.
Blasfemie varie fanno da contorno al sound che alterna parti veloci a pesanti mid tempo, un’anima punk aleggia sui brani, il cantato risulta uno scream sguaiato e alcolico, mentre Darkthrone e Carpathian Forest si alleano con Venom e Motorhead per avere la meglio sulla moltitudine di indifesi sostenitori del vivere comune.
Un armageddon, un girone dantesco che dall’opener, Tempesta di Merda (A legion of Jesus Christs), proseguendo con l’inno Restless Satan, porta all’inevitabile conclusione, dopo aver assaporato tutto il liquame diabolico che il trio ci riversa addosso, con Morningstar-Whore Crusher.
Un album più che mai ad uso e consumo dei soli amanti del genere, che troveranno di che trastullarsi tra le blasfemie che caratterizzano il verbo malefico degli Helvetestromb.

Tracklist
1.Tempesta di Merda (A legion of Jesus Christs)
2.Restless Satan
3.Skitberget
4.Holy Christian Airstrike
5.The Demon Bell
6.Kloakerna under Hel
7.Bog of Eternal Stench
8.Warmongo
9.Tormentive Retribution
10.Sifting Excrements (Through the Teeth)
11.Morningstar:Whore crusher

Line-up
Anal Desekrator – Guttural Screams ov Hate / Ass-opening Bass
Grym Ejakulator (ov Doom) – 666 Stringed
Chainsaw Überführer (ov Sado-Violations) – Gnawed Leper Bones

HELVETESTROMB – Facebook

Cadaveria – Far Away From Conformity

Bellissima e fondamentale riedizione del secondo full length dei Cadaveria, edita dalla Sleaszy Rider con una nuova veste grafica, rimasterizzato e remixato: Far Away From Conformity ne esce rivitalizzato, confermando la band come una delle più importanti realtà estreme del nostro paese e l’album come un passo importante nello sviluppo del suo sound.

Era l’ormai lontano 2004 quando i Cadaveria diedero alle stampe Far Away From Conformity, secondo full length dopo l’ uscita della vocalist Cadaveria e di Flegias dagli Opera IX.

La band, capitanata dalla storica signora del metal estremo tricolore, ha deciso di riprendere in mano questo bellissimo lavoro per rivestirlo, grazie alla Sleaszy Rider, di una nuova veste grafica, con un booklet di dodici pagine nella versione digipack, e l’uscita di un vinile colorato limitato a 300 copie che vedrà la luce a quattordici anni esatti dalla prima versione (il 18 Gennaio 2018).
Ma le novità non si fermano qui, infatti la band ha completamente remixato e rimasterizzato i brani e, a causa di un contrattempo tecnico, Cadaveria ha inciso ex novo la voce per Blood And Confusion e The Divine Rapture, due delle nove tracce presenti più la cover di Call Me dei Blondie.
Far Away From Conformity esce rivitalizzato dall’operazione, confermando la band come una delle più importanti realtà estreme del nostro paese e l’album come un passo importante nello sviluppo del suo sound.
Molto più thrash oriented rispetto agli ultimi lavori, incentrati su un black metal teatrale e gotico, e più vicino, a mio parere, al sound dei Necrodeath (compagni d’avventura nel recente ottimo split/ep Mondoscuro), l’album meritava una seconda chance, ora che il metal italiano è tenuto in maggiore considerazione rispetto agli anni passati.
E i Cadaveria fanno parte a pieno titolo della storia del metal tricolore e la qualità di questi brani lo confermano in toto: un thrash metal ricamato di un drappo oscuro e maligno, una sfumatura heavy doom che, a tratti, prende in mano il sound trasformando i brani in lunghe e cadenzate marce funebri (Omen Of Delirium e la cover di Call Me lasciano senza fiato) mentre la vocalist è protagonista di una grande prestazione, perfetta sia nelle parti estreme che nelle sofferte parti pulite.
Far Away From Conformity nella sua nuova veste non appare mai datato, anche se negli anni seguire il gruppo ha abbandonato in parte il sound diretto che caratterizza molti dei brani presenti, ma tracce di categoria superiore come Blood And Confusion, Irreverent Elegy o Out Body Experience valgono da soli il prezzo di questa bellissima riedizione.

Tracklist
01 – Blood And Confusion
02 – Eleven Three O Three
03 – Irreverent Elegy
04 – The Divine Rapture
05 – Omen Of Delirium
06 – A Different Way
07 – Call Me
08 – Out Body Experience
09 – Prayer Of Sorrow
10 – Vox Of Anti-Time

Line-up
Cadaveria – vocals
Marçelo Santos – drums
Peter Dayton – bass

CADAVERIA – Facebook

Midnite Hellion – Condemned To Hell

Condemned To Hell è un lavoro dal sound devoto all’heavy metal, con un’inclinazione neanche tanto nascosta per il thrash, ovviamente legato alla tradizione e quindi più che mai vecchia scuola.

Portano alta la bandiera dell’heavy metal old school i Midnite Hellion, trio del New Jersey attivo da una manciata d’anni e ora al debutto su lunga distanza tramite Witches Brew con Condemend To Hell.

Un ep del 2012 ed un live erano finora le uniche uscite in casa Midnite Hellion e questo full lenght arriva a confermare la voglia del gruppo di portare l’heavy metal nel mondo (come si legge nelle note di presentazione).
Heavy metal con un’inclinazione neanche tanto nascosta per il thrash, ovviamente legato alla tradizione e quindi più che mai vecchia scuola.
La band non risparmia certo energie e si butta all’attacco dei vostri timpani con i mezzi in uso da Rich Kubik , Mario DiBartolo e Drew Rizzo: ritmiche forsennate, solos taglienti e voce cartavetrata, una produzione in linea con l’atmosfera ottantiana che si respira tra i solchi dell’album ed l’headbanging è servito, tra attimi di metallo arrembante e furioso, qualche accenno ai maestri Slayer e tanta attitudine old school.
Nove brani per mezzora abbondante tra metal modello palla lunga e pedalare e buoni spunti heavy, con crescendo che toccano lidi maideniani (Enter The Nightmare) prima di tuffarsi a capofitto tra il tornado thrash di Black And White o Cross The Line, mentre The Fever strizza l’occhio ai Metallica e la ritmica di The Morrigan non lascia scampo prima dell’inevitabile conclusione con Teenage Bloodsuckin’ Bimbos, canzone dal taglio punk.
Non un brutto lavoro ma nella media del genere, e pertanto consigliato solo agli amanti dell’heavy/thrash old school.

Tracklist
1. Black And White
2. Death Dealer
3. Cross The Line
4. Enter The Nightmare
5. Soldiers Of Hades
6. The Fever
7. Rip It Up
8. The Morrigan
9. Teenage Bloodsuckin’ Bimbos

Line-up
Rich Kubik – Bass Guitar/Vocals
Mario DiBartolo – Guitars
Drew Rizzo – Drums

MIDNITE HELLION – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Alberto Centenari

Voto
69

Witchery – I Am Legion

In un’atmosfera di esaltante ed evocativo tributo agli inferi ed al suo signore, ci viene regalata una performance devastante, intrisa di perfida malignità e violentissima, perdendo in parte un po’ di sfumature speed/thrash old school per liberare la bestia insita da sempre nello spartito del gruppo di Linköping.

La copertina del nuovo album degli ormai storici Witchery esprime alla perfezione l’atmosfera maligna e pervasa da un’insana impronta black, mai così accentuata, che il nuovo album si porta dietro.

Ad un anno esatto dal ritorno con il già notevole In His Infernal Majesty’s Service, la band torna con il lavoro più malvagio della sua ormai lunga carriera, fatta di alti e bassi ma sempre all’insegna di un blackened thrash metal senza compromessi.
In un’atmosfera di esaltante ed evocativo tributo agli inferi ed al suo signore, ci viene regalata una performance devastante, intrisa di perfida malignità e violentissima, perdendo in parte un po’ di sfumature speed/thrash old school per liberare la bestia insita da sempre nello spartito del gruppo di Linköping.
Gli Witchery più invecchiano più diventano come il buon vino, magari allungato col sangue che da i brani di questo splendido lavoro estremo esce copioso, mentre Legion ci invita al massacro e True North ci offre la prima canzone sopra la media dell’album con un inizio solenne e terrorizzante da infarto.
Si parte a velocità della luce, una luce fioca che crea ombre diaboliche tra le note di Welcome, Night e Of Blackened Wing, fino al masterpiece Amun-Ra, dove Angus Norder sciorina a metà pezzo un growl profondo come l’inferno mentre la coppia Jensen/Rimfält ci incolla al muro con riff e solos dannatamente coinvolgenti.
D’Angelo e Barkensjö sono il solito motore ritmico instancabile, ma in I Am Legion è la putrida atmosfera che si respira tra i solchi dei brani a fare la differenza, come se i cinque musicisti fossero anch’essi demoni e ed allo stesso tempo piccoli pezzi di un puzzle vivente volto a riunirsi per evocare il male assoluto.
Il giro armonico del mid tempo che fa da tappeto a A Faustian Deal e la conclusiva The Alchemist sono gli ultimi botti di un album che conferma il grande ritorno del gruppo svedese, uno dei massimi esponenti del blackened/thrash metal internazionale, già sopra le righe con l’album precedente e qui perfetti e malvagi cantori estremi.

Tracklist
1. Legion
2. True North
3. Welcome, Night
4. Of Blackened Wing
5. Dry Bones
6. Amun-Ra
7. Seraphic Terror
8. A Faustian Deal
9. An Unexpected Guest
10. Great Northern Plague
11. The Alchemist

Line-up
Angus Norder – Vocals
Jensen – Guitar
Rikard Rimfält – Lead guitar
Sharlee D’Angelo – Bass
Chris Barkensjö – Drums

WITCHERY – Facebook

Solfernus – Neoantichrist

I quaranta minuti di Neoantichrist scorrono via infatti piuttosto fluidi, con brani più catchy e dai chorus maggiormente ficcanti o con accelerazioni repentine, lasciando così un buon retrogusto proprio grazie all’assenza di qualsiasi traccia di pretenziosità.

I Solfernus sono una band ceca che torna in pista dopo oltre un decennio di stop, guidata da Igor Hubik, attuale chitarrista degli storici Root.

Neoantichrist è un discreto lavoro, che denota venature heavy/thrash in fondo non lontane dal gruppo del grande vecchio della scena Big Boss, e comunque non aderisce in maniera totale ai dettami della scuola scandinava, approdando a una forma meno algida e solenne.
L’album è ben prodotto e suonato da musicisti che dimostrano padronanza del genere, pur senza un filo conduttore specifico e comunque di uno o più brani capaci di colpire in maniera indelebile, ma la sensazione è che comunque i Solfernus abbiano un approccio abbastanza disincantato e, nel complesso altrettanto diretto, senza propensioni sperimentali o modernismi assortiti.
Anche per questo i quaranta minuti di Neoantichrist scorrono via infatti piuttosto fluidi, con brani più catchy e dai chorus maggiormente ficcanti come la title track e Mistresserpent, o con le accelerazioni repentine contenute in Between Two Deaths, lasciando così un buon retrogusto proprio grazie all’assenza di qualsiasi traccia di pretenziosità.

Tracklist:
01. Ignis ~ Dominion
02. Glorifired
03. Mistresserpent
04. Pray For Chaos!
05. That One Night
06. Between Two Deaths
07. Once Upon A Time In The East
08. My Aurorae
09. Neoantichrist
10. Stone In A River

Line-up:
Khaablus – vocals
Igor – guitar, vocals
Paramba – bass
Paul Dread – drums

SOLFERNUS – Facebook

Decryption – Gods Fallen

Dalla scena thrash siciliana nasce questa creatura metallica chiamata Decryption, al debutto con Gods Fallen, ep di cinque brani davvero belli che confermano quanto di buono arriva dalle assolate terre della Trinacria.

Dalla scena thrash siciliana nasce questa creatura metallica chiamata Decryption, al debutto con Gods Fallen, ep di cinque brani davvero belli che confermano quanto di buono arriva dalle assolate terre della Trinacria.

La band è formata da vecchie volpi della scena come Angelo Bissanti (Thrash Bombz e Bloodevil) e Carmelo Scozzari (Ancestral) ai quali si sono uniti il bassista Giulio Natalello ed il batterista Mauro Patti.
Gods Fallen, frutto di numerose jam, è stato mixato e masterizzato da Bissanti, chitarrista ma soprattutto cantante di razza alle prese con un thrash metal che, pur mantenendo una leggera impronta classica, viene valorizzato dalle ritmiche groove metal dal piglio più moderno e da chitarre che tanto sanno di death metal melodico.
Ne escono cinque bombe sonore notevoli, con il growl dal piglio death di Bissanti a troneggiare su un pesante metallo estremo che lascia il caldo territorio siciliano e si concede un viaggetto in Scandinavia.
Per semplificarvi la vita, voi che amate le etichette, pensate ad un buon mix tra death metal melodico (Arch Enemy) thrash statunitense (Exodus) e groove metal a dare quell’impronta moderna e personale a brani trascinati e nati per far male in sede live come la title track , che apre l’ep come meglio non potrebbe, The Eye Upon Us sorretta da un riff dannatamente coinvolgente e da un chorus melodico.
Bellissima è anche Set The Evil Free, fulgido esempio di ciò di cui sono capaci i Decryption tra riff mastodontici, solos che sanguinano melodia e la continua ricerca del chorus perfetto.
Ancora i due minuti acustici di Drowning In Fear fanno da preludio alla conclusiva Dust To Dust, primo brano scritto dal quartetto, con un sound che si concede quasi per intero al thrash metal e che mette fine a questi ventitré minuti di metallo incandescente; la band è già al lavoro su nuove composizioni, quindi aspettiamoci a breve di ritrovarci una nuova raccolta di brani battenti bandiera Decryption.

Tracklist
1.Gods Fallen
2.The Eye upon Us
3.Set the Evil Free
4.Drowning in Fear
5.Dust to Dust

Line-up
Angelo Bissanti – Guitars, Vocals
Carmelo Scozzari – Guitars
Mauro patti – Drums
Giulio Natalello – Bass

DECRYPTION – Facebook

Destruction – Thrash Anthems II

Per i vecchi fans Thrash Anthems II è un nuovo modo di ascoltare i vecchi Destruction, per i più giovani invece una raccolta di brani storici ed imperdibili ai quali la band ha dato una nuova veste e che risulta quindi molto appetibile.

E’ indubbio che un’operazione da molti considerata inutile e nostalgica come una raccolta, acquisti un diverso valore se viene valorizzata dall’inserimento di nuovi brani o dal restyling delle tracce più datate, come ormai è di moda in questi ultimi tempi.

C’è da dire che le opere delle icone del metal estremo nati negli anni ottanta, come i Destruction, si portano dietro produzioni deficitarie che ne fanno album ormai inascoltabili, magari pezzi pregiati per collezionisti o intoccabili reliquie per gli amanti dell’old school a prescindere dalla resa sonora.
I Destruction tornano dunque con la seconda parte di Thrash Anthems, dopo i fasti del bellissimo Under Attack licenziato lo scorso anno e la parentesi Panzer, progetto del leader Schmier tornato ultimamente con la bomba metallica Fatal Command.
Questione di punti di vista dunque, ma ascoltare le vecchie registrazioni con un nuovo look sonoro fatto di una sezione ritmica presente ed un suono pieno e cristallino, non può che far gioire gli amanti dell’estetica sonora, a mio avviso importantissima anche nel metal ed ancor di più in quello estremo come il thrash metal teutonico.
E se è vero che gallina vecchia fa buon brodo, con una ripulita ed una messa a punto, questi undici storici brani del gruppo, più la cover di Holiday In Cambogia dei Dead Kennedys, tornano a far male, confermando il momento d’oro del leader Schmier che ultimamente trasforma in oro qualsiasi cosa tocchi.
Ovviamente i fans accaniti del gruppo e del lato più acerbo, ruvido e selvaggio del thrash old school, non dovranno fare altro che ignorare l’uscita e riascoltare le versioni originali pubblicate tra il 1984 ed il 1986 sui vari Sentence Of Death, Infernal Overkill ed Eternal Devastation, anche se a mio avviso si perderebbero un’opera riuscita che onora il primo periodo del gruppo, nobilitando brani devastanti e cattivissimi come Confused Mind, Dissatisfied Existence, Black Death e The Antichrist.
Per i vecchi fans Thrash Anthems II è un nuovo modo di ascoltare i vecchi Destruction, per i più giovani invece una raccolta di brani storici ed imperdibili ai quali la band ha dato una nuova veste e che risulta quindi molto appetibile per tutti.

Tracklist
1.Confused Mind
2.Black Mass
3.Front Beast
4.Dissatisfied Existence
5.United By Hatred
6.The Ritual
7.Black Death
8.The Antichrist
9.Confound Games
10.Rippin’ You Off Blind
11.Satan’s Vengeance

Line-up
Schmier – vocals, bass
Mike – guitar
Vaaver – drums

DESTRUCTION – Facebook

Granada – Sincronizado

Un carro armato che sputa rabbia, i Granada targati Sincronizado sono questo, prendere o lasciare, con la lingua madre che rientra nell’attitudine underground del gruppo ed uno sguardo al thrash metal statunitense inebriato dal crossover, in uso a cavallo dei due millenni.

Si torna in Argentina per parlarvi dell’ultima uscita targata Granada, thrash metal band di Buenos Aires già protagonista sulle pagine della nostra webzine un anno fa in occasione dell’uscita del precedente Prisionego.

Licenziato dalla Symbol of Domination Prod., quest’ultimo lavoro non cambia di una virgola la proposta del gruppo, che si aggira per i meandri metallici tra thrash metal e hardcore, con testi di denuncia politica e sociale e un sound che non lascia scampo, offrendo un rabbioso metallo cantato in lingua madre con  qualche passo nel groove, così da rendere ancora più potente l’impatto .
Un carro armato che sputa rabbia, i Granada targati Sincronizado sono questo, prendere o lasciare, con la lingua madre che rientra nell’attitudine underground del gruppo ed uno sguardo al thrash metal statunitense inebriato dal crossover, in uso a cavallo dei due millenni.
Meno panteriano del predecessore, Sincronizado è un terremotante album di thrash metal moderno, dalle ispirazioni punk/hardcore, quindi immaginatevi Nailbomb, Pro Pain e i Machine Head del sottovalutato The Burning Red, miscelati con attitudine e spirito preso in prestito dalla scena hardcore.
Dieci brani ed  altrettante prese di posizione sulle barricate, dieci cariche contro il sistema, atti di denuncia e mitragliate nel fondo schiena, mentre il fumo degli incendi si fa più spesso e le vetrine si infrangono sotto i colpi delle varie Poseso, Sincronizado o La Cosecha.
Per gli amanti del genere i Granada sono una garanzia di sfogo, si schiaccia il tasto play e si parte all’assalto senza se e senza ma.

Tracklist
1.Poseso
2.Sincronizado
3.Mensaje oculto
4.Provocación
5.Solve et Coagula
6.La cosecha
7.La serpiente
8.Almas vendidas
9.Prohibido por la luz
10.Más allá de la muerte

Line-up
Manuel “Manolo” Mauriño – Guitars
Guillermo “Guille” Estevez – Vocals, Guitars
Marcos Edwards – Drums
Matias Brandauer – Bass

GRANADA – Facebook

Exarsis – New War Order

Una serie di mitragliate senza soluzione di continuità, a tratti davvero notevoli nel loro viaggiare a velocità proibitive senza perdere la bussola di un songwriting sicuramente derivativo, ma assolutamente perfetto se guardiamo solo al genere suonato.

Per i fans del thrash metal old school, unito da una non troppo sottile linea con lo speed, l’ultimo lavoro della thrash metal band greca degli Exarsis è un calcio nel deretano di dimensioni apocalittiche, un massacro metallico veloce come il vento e pesante come un incudine.

Detto questo chiariamo subito che l’opera è il classico album che sarà tanto apprezzato da chi ama il genere, quanto avversato da chi il thrash ignorantissimo della band lo odia come il campanello di casa che suona il giorno della benedizione delle case da parte del parroco del quartiere.
Doppia voce, con quella in falsetto a rimembrare i classici vocalist di una volta che tormentavano i padiglioni auricolari di noi giovani marmotte dell’heavy metal, ritmiche che vanno talmente veloci da uscire di giri come il motorino nelle lunghe discese prima di affrontare la lentissima salita con un minimo di spinta e chitarre che tagliano l’aria come le lamette del rasoio di papà il giorno del taglio del primo pelo sul mento.
New War Order è già il quarto album in sette anni di attività, quasi un records di questi tempi, segno che l’entusiasmo è ai massimi livelli e le idee tante, con la qualità che si assesta sulla sufficienza abbondante, merito di un impatto che scaraventa al muro ed un’attitudine old school che farà la gioia dei metallari con chiodo, jeans e scarpe ginniche d’ordinanza.
Qui il thrash metal è alimentato dall’anima metallica dei gruppi americani, Overkill in testa, con una serie di mitragliate senza soluzione di continuità a tratti davvero notevoli nel loro viaggiare a velocità proibitive senza perdere la bussola di un songwriting sicuramente derivativo, ma assolutamente perfetto se guardiamo solo al genere suonato.
Inutile a mio parere elencare i brani che, come detto, escono a raffica dagli altoparlanti, uno più veloce dell’altro in uno tsunami di note metalliche … thrash rules!

Tracklist
1.Zionism (The Reaping)
2.Twisted Logic
3.The Underground
4.General Guidance
5.Just Buried
6.Chaos Creation
7.Prophet for Profit
8.Combined Disasters
9.HAARP Weapon
10.Human Project

Line-up
Chris Poulos – Bass
Achilleas Kamzolas – Drums
Kostis Foukarakis – Guitars
Nick J. Tragakis – Vocals
Antonis Lambrakis – Guitars

EXARSIS – Facebook

Right To The Void – Lūnātĭo

Sempre furiosi nelle ritmiche, che in certi casi rasentano la frangia melodica del black metal, i Right To The Void mettono sul tavolo un gustoso antipasto di quello che potrebbe essere il prossimo lavoro su lunga distanza.

E’ tempo per nuova musica targata Right To The Void, la band francese che avevamo lasciato all’indomani dell’uscita del secondo lavoro, Light Of The Fallen Gods, esattamente tre anni fa.

Qualche assestamento nella line up, la collaborazione con la nostrana Wormholedeath ben salda e questi nuovi tre brani che vanno a formare l’ep in questione dal titolo Lūnātĭo, composto da una tempesta di suoni metallici con le melodie sempre in primo piano ed ancora una volta un buon songwriting che valorizza queste nuove bordate melodic death metal.
Perché ci si può girare attorno quanto si vuole, ma il sound prodotto dal gruppo transalpino è da annoverare nell’immensa famiglia del death melodico mondiale, sicuramente irrobustito da sferzate thrash, da un uso moderno delle clean vocals, ma pur sempre debitore nei confronti della scena nord europea.
Rispetto ai lavori precedenti (il primo album, Kingdom Of Vanity uscì nel 2013) la band francese si è spostata leggermente verso un sound che, pur conservando la sua natura nordica, risulta più in linea con le uscite che invadono il mercato degli States lasciando quell’aura old school per un approccio moderno.
Sempre furiosi nelle ritmiche, che in certi casi rasentano la frangia melodica del black metal, i Right To The Void mettono sul tavolo un gustoso antipasto di quello che potrebbe essere il prossimo lavoro su lunga distanza, con tre brani che dall’opener Lines, passando per 3.747 e Let The Ruins Fall, confermano la furiosa battaglia a colpi di metal estremo insita nel proprio sound, tra il classico swedish death ed il moderno thrash metal melodico di scuola statunitense.

Tracklist
1. Lines
2. 3.474
3. Let The Ruins Fall

Line-up
Guillaume – Vocals
Paul – Guitars
Romain – Bass
Alex – Drums

RIGHT TO THE VOID – Facebook

Strike Master – Strike Master

L’album omonimo dei messicani Strike Master è un esempio di thrash massiccio ed old school, consigliato ai fans del genere che vogliono staccare il cordone ombelicale dai i soliti storici nomi.

Il vecchio thrash metal, pur non trovando più il successo degli anni ottanta (a parte la solita manciata di nomi storici), continua a regalare buoni dischi e ottime sensazioni, almeno a chi è sempre in caccia di nuove realtà o band che si muovono da anni nell’underground metallico mondiale ma rimaste ad uso e consumo di pochi Indiana Jones del metal, perennemente alla ricerca della metallica arca perduta.

Gli Strike Master sono nati a Mexico City nel 2005 e sono diventati una delle band più amate e consolidate nella scena del loro paese, valicando i confini con i paesi vicini ed arrivando oltreoceano a colpi di thrash metal che, se strizza l’occhio a quello storico della Bay Area, mantiene una sua forte identità e cattiveria dai rimandi alla vecchia Europa.
Con una discografia che conta ormai cinque full length più una serie di lavori minori e un live, gli Strike Master continuano la loro missione musicale: il trio anche questa volta parte all’assalto con una serie di brani che alternano thrash metal americano in quota primi Metallica a bordate cattivissime dai rimandi ai Kreator.
Velocità, potenza e nessuna concessione alla modernità sono le carte messe sul tavolo dal gruppo centro americano, composto dal Col. Francisco Kmu (chitarra e voce), Corp. Picos (batteria) e Pach (basso) che non le mandano certo a dire travolgendo con tutta la loro forza l’ascoltatore.
Dotata di una sufficiente tecnica per regalare ottime trame strumentali, la band confeziona un lavoro assolutamente in grado di non passare inosservato tra i thrashers che ancora non hanno avuto a che fare con la sua musica e che faticheranno a stare fermi sulla sedia al passaggio delle varie No Future, As I March, Anti Aereal Witchunt Battery e lo strumentale Machines Of Mercy.
Strike Master è un esempio di thrash massiccio ed old school, consigliato ai fans del genere che vogliono staccare il cordone ombelicale dai i soliti storici nomi.

Tracklist
1.Follow Me
2.No Future
3.Boy in the Hole
4.As I March
5.Urban Phantasms
6.The Mortarist
7.Anti Aereal Witchunt Battery
8.Chant of Falcons
9.Machines of Mercy
10.Born Horrible

Line-up
COL.KMU – Vocals, Guitars
CORP.PICOS – Drums
PACH – Bass

STRIKE MASTER – Facebook

Bunker 66 – Chained Down In Dirt

Con un approccio che privilegia il thrash metal più ruspante, satanico e punk e, in anni nei quali regna il bello ed il patinato anche nel metal estremo, per gli amanti della vecchia scuola Chained Down In Dirt è un album da non perdere.

Ci vanno giù duro i Bunker 66, trio di origine siciliana che torna con un nuovo album tramite la High Roller Records, etichetta specializzata nei suoni metallici old school.

E di vecchia scuola si tratta , a ben ascoltare il nuovo lavoro del gruppo messinese, che ci colpisce con ferocia con otto diretti al volto potenti come il loro thrash metal pregno di black ‘n’roll, senza fronzoli, scarno e violento.
Attivo dal 2009 il trio ha già una discreta discografia alle spalle, con tre full length ed una serie di lavori minori tra split e addirittura due compilation, segno di convinzione ed entusiasmo,
Il loro sound è quanto di più old school troverete in giro per la penisola: la produzione segue infatti l’atmosfera ottantiana ed assolutamente underground del progetto, e Chained Down In Dirt risulta così una mazzata niente male per chi è ancorato al sound di gruppi come Venom e Sodom.
La copertina (bellissima) segue di pari passo l’aura vintage dello stile proposto dai Bunker 66 e, all’accensione della miccia, l’opener Satan’s Countess parte a razzo con un ipotetico one/two/three di matrice rock ‘n’ roll che dà il tempo alle sfuriate dal flavour motorheadiano di molti dei brani che compongono l’album.
Con un approccio che privilegia il thrash metal più ruspante, satanico e punk e, in anni nei quali regna il bello ed il patinato anche nel metal estremo, per gli amanti della vecchia scuola Chained Down In Dirt è un album da non perdere.

Tracklist
1. Satan’s Countess
2. Black Steel Fever
3. Chained Down In Dirt
4. Taken Under The Spell
5. Her Claws Of Death
6. Wastelands Of Grey
7. Power Of The Black Torch
8. Evil Wings

Line-up
D. Thorne – Bass & Vocals
J.J. Priestkiller – Guitars & Backing vocals
Dee Dee Altar – Drums &Backing vocals

BUNKER 66 – Facebook

File Not Found – Firewall

Firewall è un album bello e vario, composto da una serie di brani maturi ed in gran parte emozionanti, virtù non così scontata nel genere.

Thrash ed alternative rock, potenti iniezioni di hard rock moderno su una struttura che rimane fortemente legata al metal tradizionale.

Potremmo anche archiviare Firewall, secondo lavoro dei romani File Not Found, con queste righe, ma la band ed la sua nuova opera meritano sicuramente di essere conosciute più a fondo; l’album è uscito da qualche mese e il gruppo ha già cambiato diverse volte il chitarrista e mentre dietro alla sei corde oggi troviamo Andrei Tanasa, sul disco il gran lavoro eseguito alla chitarra è di Christian Di Bartolomeo.
Firewall è un disco moderno, il metal di cui è composto si accompagna con i suoni rock del nuovo millennio e ne esce valorizzato, e l’alternanza tra thrash, alternative e rock contribuisce a rendere l’ascolto vario ed interessantissimo, seguendo le evoluzioni stilistiche del quartetto che non si accontenta di strofa-ritornello-strofa; con la personalità da band navigata i File Not Found sanno come trovare quel tocco originale per cui i brani sarebbero tutti da menzionare, dalla bomba thrash Legacy a Foreign Edge, alternative rock che avvicina il gruppo romano agli Alter Bridge.
Firewall continua a sciorinare ottimi brani, il groove lascia tracce di Black Label Society in qualche passaggio (Leave The Hit Behind) e i quaranta minuti abbondanti del disco passano veloci tra rock duro, solos metallici e brani dal forte appeal.
I sorprendenti File Not Found (monicker dedicato al mondo del web) picchiano sugli strumenti da par loro; The Song Of Concrete Leaves Tree si rivela una bordata di moderno thrash metal da capocciate contro il muro, Crisis è una drammatica ballad in crescendo, atmosfericamente perfetta e sempre in bilico tra modernità e tradizione, mentre la conclusiva Born ritorna su territori più consoni all’alternative rock.
Firewall è un album bello e vario, composto da una serie di brani maturi ed in gran parte emozionanti, virtù non così scontata nel genere.

Tracklist
1- Switch On
2- Legacy
3- My Agony
4- Words Bite
5- Foreign Edge
6- Leave The Shit Behind
7- The Song Of Concrete Leaves Tree
8- Crisis
9- Insomnia
10- Born

Line-up
Leonardo Meko – vocals/rhythm guitar
Andrei Tanasa – lead guitar
Claudio Buricchi – bass
Marco Cinti – drums/vocals

FILE NOT FOUND – Facebook