Incursed – Amalur

Il racconto epico degli Incursed è qualcosa che rimane nelle orecchie e nei cuori, figlio di un tempo passato che può tornare solo grazie a queste narrazioni.

I baschi Incursed sono fautori di un folk metal non convenzionale, molto veloce e potente dai forti accenti epici.

Attivi dal 2007, questi ragazzi suonano un folk metal con una base pagan, costruendo canzoni molto ben strutturate e frutto di una visione potente. Questo disco è la loro quarta uscita, il loro suono è in costante miglioramento e Amalur è un lavoro con molte sfumature, eppure organico nel suo essere una narrazione epica e mitica, incentrata sulle nostre antiche tradizioni andate perse a causa dall’allontanamento dal nostro baricentro naturale. Gli Incursed usano diversi registri musicali per rendere tutto ciò, avendo molte possibili soluzioni anche grazie al loro talento e alla loro capacità creatival. L’incedere è molto epico, le canzoni sono piccole sinfonie con base metallica, ma con escursioni in altri territori, come gli intarsi con strumenti antichi. Sono notevoli anche i pezzi meno veloci, carichi di una forza notevole data dal loro pathos. Il racconto degli Incursed è qualcosa che rimane nelle orecchie e nei cuori, figlio di un tempo passato che può tornare solo grazie a queste narrazioni. Il gruppo è capace di dosare sempre l’emozione, rendendosi comprensibile in tutti i suoi passaggi, riuscendo a non essere mai noioso. Molto di tutto ciò è dovuto sicuramente alle ottime frequentazioni che la band ha avuto sui palchi, con gruppi come Eluveitie ed Ensiferum, tra gli altri. Rispetto a questi due gruppi gli Incursed hanno una personalità molto spiccata ed una maniera di interpretare li folk metal che è radicato nella penisola iberica, con grande epicità e con una maniera di comporre molto diversa per esempio dai loro colleghi scandinavi. Un buon disco che porta il gruppo ad essere fra i migliori del genere.

Tracklist
1.Lurramets [intro]
2.Cryhavoc!
3.Psalm of the Accursed
4.Akelarre
5.The Awakening
6.Amalur
7.The Slavic Covenant
8.A Crownless King
9.The Hardest of Harvests
10.Zombeer Alcoholocaust
11.Brothers in Arms
12.Fear a’ Bhàta [bonus]

Line-up
Asier Amo – drums
Asier Fernandez – guitars
Jon Koldo Tera – harsh and clean vocals, keyboards
Lander Lourido – clean vocals, guitars
Mikel Llona – bass

INCURSED – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Massimo Argo

Voto
7

Genere – Sottogeneri – Anno – Label
Folk Metal

Pagan Metal

Viking Metal

2017

Kawir – Exilasmos

L’impasto sonoro è qualcosa che solo i Kawir propongono, e provoca un grande coinvolgimento, mostrando come la via ellenica al black metal sia ancora molto vitale e fertile, anche perché con il retroterra storico greco il materiale non manca di certo

Settimo disco per uno dei pilastri greci del black metal, i Kawir.

Questo gruppo faceva parte di quella nidiata satanica che la Grecia aveva partorito tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, con nomi come Rotting Christ, Varatrhon e Necromantia, gruppi che insieme ai Kawir hanno aperto una nuova ed importantissima via ellenica e mediterranea al black metal, molto diversa da quello scandinavo tanto da apparire in certi casi una cosa totalmente a sé. I Kawir di quella ondata hanno rappresentato e rappresentano tuttora la parte più pagana ed ellenica, e questo disco è una celebrazione delle gesta e delle vite di personaggi del pantheon greco come Edipo, Agamennone, e Tantalo fra gli altri. Il suono dei Kawir è un misto di black e di pagan metal, cantato con un growl molto preciso e di grande effetto. Il gruppo viaggia ad alte velocità, e la radice del suono sta in giri di chitarra black non iper veloci ma sostenuti, negli intarsi della parte ritmica e nel gran lavoro di tastiere e di strumenti tipici greci. L’impasto sonoro è qualcosa che solo i Kawir propongono, e provoca un grande coinvolgimento, mostrando come la via ellenica al black metal sia ancora molto vitale e fertile, anche perché con il retroterra storico greco il materiale non manca di certo. Il livello qualitativo dei dischi di questa band rimane molto alto, forse non al livello di innovazione che avevano i loro lavori degli anni novanta, ma Exilasmos si rivela bilanciato e coinvolgente, fatto da un gruppo che ha la completa padronanza dei propri mezzi e li usa al meglio. Exilasmos in greco antico significa placare la rabbia degli dei, e le storie qui narrate sono piene di paradigmi mitici che vanno bene anche per i nostri tempi.

Tracklist
01 Lykaon
02 Oedipus
03 Tantalus
04 Thyestia Deipna
05 Agamemnon
06 Orestes

Line-up
Therthonax – rhythm and lead guitars
Melanaegis – rhythm, lead guitars, solos, and 12-string acoustic guitar
Porphyrion – vocals
Echetleos – bass
Hyperion – drums and ercussions
Pandion – bagpipes, wind instruments, and psaltere
Aristomache – keyboards

KAWIR – Facebook

Dusius – Memory Of A Man

Un disco potente sia nella musica che nell’immaginario che suscita, dando l’impressione che il viking folk metal sia il genere preferito dei Dusius, che con queste doti avrebbero fatto bene comunque in qualsiasi ambito.

I Dusius approdano al loro primo disco sulla lunga distanza dopo il demo Slainte del 2013.

I Dusius fanno un folk metal molto veloce e tirato, prepotentemente in zona viking, ben composto e prodotto finemente. Memory Of A Man è un album con un’elaborata storia al suo interno, narrando le avventure di un uomo in epoca antica, che fa molti errori e viene maledetto dagli dei, ma non vi anticipiamo altro perché è molto interessante scoprire l’intera storia. Tutto ciò viene narrato attraverso il potente viking metal dei Dusius, con una doppia voce che funziona molto bene e riesce a dare tonalità diverse a momenti che necessitano di narrazioni diverse. Quello che colpisce è la compattezza del gruppo, la forza collettiva che riesce a scatenare, e anche la brillantezza del suono che, pur essendo cupo, riesce ad elevarsi e ad elevare l’ascoltatore. Notevole anche la visione d’insieme del disco e della missione che si pone il gruppo: i parmigiani hanno un notevole tasso di epicità nella loro musica, e riescono a coniugare molto bene durezza ed aulicità, intessendo una storia classica ma molto attuale, sulla dannazione dell’uomo e sul libero arbitrio, che a volte può essere pesantemente influenzato da potenti fattori esterni. Il lavoro entra di diritto nelle miglior opere del folk viking italiano, e merita diversi ascolti per riuscirne a cogliere tutti gli aspetti e le diverse sfaccettature. Un disco potente sia nella musica che nell’immaginario che suscita, dando l’impressione che il viking folk metal sia il genere preferito dei Dusius, che con queste doti avrebbero fatto bene comunque in qualsiasi ambito.

Tracklist
1. Funeral March
2. Siante
3. Desecrate
4. The Rage of the Gods
5. Worried
6. One More Pain
7. Dear Elle
8. Dead-End Cave
9. Hope
10. The Betrayal
11. Coldsong
12. Funeral March II
13. Hierogamy (Hidden Track)

Line-up
Manuel Greco – Vocals
Rocco Tridici – Guitar
Manuele Quintiero – Guitar
Erik Pasini – Bass
Alessandro Vecchio – Keyboards
Davide Migliari – Flute / Bagpipes
Fabien Squarza – Drums

DUSIUS – Facebook

Blodiga Skald – Ruhn

Le cose positive che si erano ascoltate su Tefaccioseccomerda, qui vengono ampiamente superate, ed il risultato è un ottimo disco di folk metal, che merita molta attenzione dagli amanti del genere, anche perché si lega al discorso originario del genere, che è anche la sua parte più feconda.

Ritornano gli orchi più cattivi delle nostre foreste, pronti a buttarsi ubriachi in nuove avventure. Il disco è stato realizzato con il contributo dei fans, ed esce per la russa Soundage Productions, specializzata in folk metal di qualità.

I Blodiga Skald nascono a Roma nel 2014 da un’idea del batterista Nicola Petricca e del chitarrista Daniele Foderaro. Nel 2015 esce Tefaccioseccomerda, un ep che ha avuto un buon successo, e che ha dato la cifra stilistica di questo gruppo, ovvero un folk metal spensierato, veloce e di grande effetto. Nel nuovo disco i romani continuano a darci dentro, spostano maggiormente il tiro verso il nord dell’Europa, con un suono maggiormente curato rispetto al primo ep, che era comunque ottimo. La produzione di John Macaluso ai Trip In Music ha dato sicuramente i suoi frutti, rendendo maggiormente organico e potenziando ulteriormente il loro suono. Non si sono perse le maggiori peculiarità di questo gruppo, ovvero la potenza e la voglia di divertire e far divertire, con un folk metal riportato alle origini del genere, ovvero una diversa proposta con suoni particolari, mai noiosa ma anzi festaiola e metallica: proprio come il suono dei Blodiga Skald, i quali divertono moltissimo, non come alcuni gruppi compagni di genere che hanno perso la maniglia. Ruhn èbasato sulle storie del mondo che ha lo stesso nome del titolo del disco, e qui seguiamo i nostri orchi attraverso molte storie. Il suono è maturato molto, e i Blodiga Skald offrono una prova molto buona, con un suono compatto, potente e davvero folk metal. Le cose positive che si erano ascoltate su Tefaccioseccomerda, qui vengono ampiamente superate, ed il risultato è un ottimo disco di folk metal, che merita molta attenzione dagli amanti del genere, anche perché si lega al discorso originario del genere, che è anche la sua parte più feconda. Di folk ne troviamo tanto nel disco, anche grazie alla violinista Vittoria Nagni, mentre il metal è ben rappresentato dal death, da spruzzate balck, ma soprattutto dall’insieme che è esclusivamente e fortemente Blodiga Skald.

Tracklist
1.Epicavendemmia
2.Ruhn
3.No Grunder No Cry
4.I Don’t Understand
5.Sadness
6.Follia
7.Blood and Feast
8.Laughing with the Sands
9.Panapiir
10.Too Drunk To Sing

Line-up
Screamer – Axuruk “jejune” Kaleniuk
Strummer – Ghâsh “Barbarian Know-All” (Daniele Foderaro)
Orcordion and Orcboard – Tuyla “The Glorious One” (Ludovica Faraoni)
Fiddlerer – Maerkys “Handless” (Vittoria Nagni)
Farmerer – Rükreb “The Noble One” (Emanuele Viali)
Tupa Tupa – Vargan “Shepherd Tambourine” (Nicola Petricca)

BLODIGA SKALD – Facebook

Hypocras – Implosive

Un folk metal semplice e battagliero, infuocato di passione che brucia per le tematiche care al viking.

Dalla Svizzera, abbattendo tutto quello che incontra a colpi di zanne, arriva la carica del cinghiale simbolo degli Hypocras, band di Ginevra al secondo ep in carriera, intervallato da un full length uscito nel 2013 (The Seed Of Wrath).

Il gruppo death viking metal dagli spunti folk, rilascia questo mini cd di quattro brani, con due inediti (Implosive Absolution e At The Edge), la cover di A Song for Them dei Djizoes ed una versione alternativa pop techno di At The Edge che, sinceramente, con il genere suonato centra veramente poco.
I due brani inediti ci presentano un gruppo tosto, il metal estremo di questi ragazzi svizzeri è senza fronzoli e diretto pur mantenendo l’approccio folk dato dal flauto, sempre presente nella struttura delle canzoni.
Un folk metal ignorante, se mi passate il termine usato per altri generi, semplice e battagliero, infuocato di passione che brucia per le tematiche care al viking metal e che ha permesso al gruppo di aprire per nomi di un certo rilievo come Orphaned Land ed Ensiferum.
Peccato per la versione da spiaggia e cocktail di At The Edge, che vorrà senz’altro essere uno scherzo ma che in un ep già di per se corto avremmo lasciare spazio ad brano originale, da assalto al fortino.
Comunque il gruppo si fa valere, aspettiamo il prossimo full length per vedere all’opera un cinghiale ancora più inferocito.

TRACKLIST
1.Implosive Absolution
2.At the Edge
3.A Song for Them (Djizoes cover)
4.At the Edge (Fucked Up Ibiza Vikings Remix by BAK XIII)

LINE-UP
Nicolas SauthierGuitars – Guitars
Arnaud Aebi – Flute
Alexandre Sotirov – Vocals
Benjamin Alfandari – Bass
Olivier Sutter – Drums

HYPOCRAS – Facebook

Spectral – Arctic Sunrise

Spolverate gli scudi, lucidate le lame e tirate fuori la vostra pelliccia di orso migliore, perché si va a procurar battaglia accompagnati dalla colonna sonora creata dagli Spectral.

E’ indubbio che l’avvento del download e del formato digitale abbia portato all’inevitabile crisi del mercato musicale, specialmente se guardiamo al vecchio negozio di dischi e cd che, solo una quindicina di anni fa era ancora il punto di riferimento per gli appassionati di musica.

E’ altrettanto vero che a livello underground, oggi le band hanno più possibilità di far conoscere i propri lavori, a disposizione dei fans con un click, senza perdere niente di un mercato agguerrito come quello metallico.
Prendiamo per esempio i tedeschi Spectral, melodic epic death metal band, arrivati con questo Arctic Sunrise al sesto lavoro in più di vent’anni di attività, ma praticamente sconosciuti ai più: eppure non è da sottovalutare il loro battagliero esempio di death metal melodico di matrice scandinava attraversato da taglienti ventate thrash, con un’ epicità di fondo che li avvicina in qualche modo al viking e buone tracce di devastante metallo estremo melodico e d’impatto.
Fondati nel 1995, gli Spectral hanno vomitato dal Monte Fato cinque opere sulla lunga distanza in meno di una dozzina d’anni, per poi fermarsi e riprendere il cammino verso la gloria estrema in questo inizio d’anno con un lavoro onesto, gagliardo e fiero come le legioni nordiche in partenza per la conquista dei territori a sud!
Dunque, spolverate gli scudi, lucidate le lame e tirate fuori la vostra pelliccia di orso migliore , perché si va a procurar battaglia sulla scia del sound di Invaders, In Battle With Fire & Steel (death metal melodico pregno di spunti power sinfonici alla Rhapsody) , Vengeance In Blood e l’inno al dio del metallo Fuck Off and Die (Metal Is Forever), dichiarazione esplicita sulle intenzioni bellicose di questa orda metallara proveniente dalla Germania.
Loro definiscono il proprio sound black viking power e sinceramente non hanno tutti i torti, ma è indubbio che la componente melodic death risulti altrettanto importante nell’economia della musica del gruppo, perciò sia che siate amanti del melodic death metal o della parte più epica del metallo estremo, l’ascolto dell’album è assolutamente consigliato.

TRACKLIST
1. Intro
2. Arctic Sunrise
3. Evil Takes Control
4. Invaders
5. Nuclear Assault
6. In Battle With Fire & Stee
7. Path Of The Damned
8. Vengeance In Blood
9. Fuck Off And Die

LINE-UP
Vidar – Vocals
Teutonlord – Guitar
Demon – Guitar
Gabbelz – Drums
Mrs. Boobfire – Bass

SPECTRAL – Facebook

Slechtvalk – Where Wandering Shadows and Mists Collide

Il gruppo torna a raccontare di epiche guerre ed eroi con Where Wandering Shadows and Mists Collide, un devastante esempio di metal estremo epico e con tutte le carte in regola per essere idolatrato dagli amanti di Amon Amarth e compagnia eroica.

Un ottimo lavoro incentrato su un melodic black metal epico, per molti conosciuto come viking metal, ma pur sempre di origine scandinava, anche se il gruppo in questione è un quintetto olandese.

Dall’impatto davvero impressionante, un muro invalicabile di epicità metallica, arriva il nuovo album dei guerrieri arancioni Slechtvalk, il quinto di una discografia iniziata all’alba del nuovo millennio con Falconry ed arrivata nel 2010 a quello che era l’ultimo parto, A Forlorn Throne.
Sono passati sei anni, dunque, e il gruppo torna a raccontare di epiche guerre ed eroi con Where Wandering Shadows and Mists Collide, un devastante esempio di metal estremo epico e con tutte le carte in regola per essere idolatrato dagli amanti di Amon Amarth e compagnia eroica.
Tastieroni a tappeto su ritmiche black, solos melodici che sprizzano epicità tanto quanto mid tempo che risultano marce verso una gloriosa morte a fil di spada, urla belluine tra growls e scream ed un impatto potente come una carica di truppe barbare contro il nemico nella bruma di prima mattina, dove il bianco della nebbia viene sporcato dal rosso porpora del caldo sangue cristiano: il ritorno del gruppo olandese non delude e si conquista il suo meritato posto al sole nelle uscite del genere negli ultimi mesi dello scorso anno.
Asternas, March To Ruin e Wandering Shadows vivono della furia metallica e dell’epicità che gli Slechtvalk sanno imprimere al proprio sound, i cori evocativi riecheggiano nella foresta, prima che il feroce scream detti i tempi della battaglia in un delirio di sangue e la gloriosa Wandering Shadows costringa la pelle ai brividi, non solo di freddo e paura, ma di emozione per un brano capolavoro, epico, oscuro ed esaltante e, probabilmente, il più vicino ai maestri Bathory.
La produzione è perfetta, il sound corposo e devastante, il songwriting sopra la media, in due parole … da avere.

TRACKLIST
1.We Are
2.Asternas
3.Betrayed
4.March to Ruin
5.Nemesis
6.Rise or Fall
7.The Shrouded Grief
8.Malagh Defiled
9.Wandering Shadows
10.Homebound

LINE-UP
Shamgar-vocals/guitars
Seraph-guitar
Grimbold-drums
Dagor-bass
Premnath-keys
Ohtar-(vocals – resigned from the live line-up in 2012, but still participates in songwriting and recordings)

SLECHTVALK – Facebook

Neravendetta – Magnum Chaos

La band sarda si dimostra capace di inanellare una serie di brani avvincenti, dalle sfumature epiche e spesso sconfinanti nel folk, che nulla hanno da invidiare ai gruppi del nordeuropa per intensità e credibilità

Ancora dalla Sardegna, ancora black metal, ancora di ottimo livello: dati di fatto che rappresentano un efficace indicatore del fermento regnante nella scena metal underground dell’ isola.

Questa volta sotto le nostre lenti di osservazione finiscono i Neravendetta, band cagliaritana che ruota attorno al duo Francesco Carboni – Marco Piu, coadiuvati dall’efficace operato di Giuseppe Novella alla voce.
Va detto subito che, rispetto ai corregionali dei quali ho avuto occasione di parlare recentemente (Solitvdo, Simulacro, VIII) i Neravendetta tralasciano, sia a livello sonoro che lirico, le pulsioni più introspettive o sperimentali per orientarsi decisamente verso il lato viking folk del genere, prendendo come ideale modello di riferimento gli imprescindibili Moonsorrow ma, ovviamente, personalizzando il sound immettendovi elementi melodici e tradizionali tipicamente mediterranei.
Magnum Chaos è il primo full length ed arriva, finalmente, dopo un decennio di attività intermittente che, quale altra traccia tangibile offre il solo demo autointitolato del 2009: un fatturato ridotto ma che, alla luce del valore di questo lavoro, diviene un elemento del tutto secondario.
La band sarda, infatti, si dimostra capace di inanellare una serie di brani avvincenti, dalle sfumature epiche e spesso sconfinanti nel folk, che nulla hanno da invidiare ai gruppi del nordeuropa per intensità e credibilità: spiccano, in una tracklist di grande solidità, Sirius e Sailing to Chaos, i due brani dai tratti più evocativi che sono quelli, forse non a caso, connotati maggiormente dall’efficace lavoro chitarristico di Carboni e dall’immissione, comunque misurata, di strumenti tradizionali, senza dimenticare i ritmi trascinanti dell’opener A Cosmic Journey.
Insomma, non c’è davvero nulla da eccepire sull’operato dei Neravendetta, ai quali non resta che augurare il crearsi di condizioni favorevoli affinché venga data continuità a quanto di buono è stato già fatto con Magnum Chaos, cosa che sarebbe senz’altro facilitata se alle loro spalle ci fosse un’etichetta in grado di valorizzarli.

Tracklist:
1. A Cosmic Journey
2. The Traveller
3. Sirius
4. Aldebaran
5. Polaris
6. Vega
7. Sailing to Chaos

Line-up:
Marco Piu – Bass
Francesco Carboni – Guitars, Keyboards, Drums
Giuseppe Novella – Vocals

NERAVENDETTA – Facebook

Nifrost – Motvind

Motvind sarà una gradita sorpresa per gli amanti del genere, perciò su le spade e via di corsa tra la bruma innevata, la gloria vi attende.

Uscito cinque anni fa in versione demo e ristampato dalla Naturmacht Productions, Motvind è il primo full length dei Nifrost, gruppo norvegese che risulta fondato da più di dieci anni ma con all’attivo solo un demo uscito nel 2010.

Il quartetto scandinavo con questo lavoro non manca però di sorprendere in positivo e Motvind risulta un buon lavoro di black metal pagano in cui è forte l’ispirazione mitologica.
Di buon spessore compositivo, l’album richiama a più riprese le gesta epiche dei Bathory, la parte metallica del sound è pregna di ottime soluzioni melodiche, cavalcate estreme tra mid tempo ed accelerazioni di stampo black, mentre l’elemento folk del sound rimane in parte nascosto dal clima battagliero che anima le tracce.
Prodotto molto bene (virtù non così scontata nel genere), il sound viene valorizzato da un’ottima prestazione delle due asce, in perfetta sintonia tra ritmiche furenti e solos colmi di melodie epiche e per quasi un’ora veniamo catapultati in un’era di eroi e battaglie, scontri tra le foreste coperti dal manto bianco di neve che si sporca del sangue di guerrieri indomiti.
Un album che meritava senz’altro di essere rivalutato ed ascolto obbligato per i fans del genere, che sicuramente verranno soddisfatti dall’aura viking che brani come l’opener Byrdesong, il crescendo di tensione che anima Dei ville med vald e l’epica ed evocativa Marebakkjen.
Il metal classico fa capolino nell’ottima Under seks lange e l’album arriva a più di metà della sua durata senza riscontrare nessun colpo a vuoto.
La seconda parte continua la sua cavalcata verso il Valhalla, concludendosi con la title track , aperta da giri acustici di ispirazione folk ed un crescendo entusiasmante che porta all’epico finale, splendidamente supportato da cori che grondano epicità e orgoglio vichingo.
In conclusione, Motvind sarà una gradita sorpresa per gli amanti del genere, perciò su le spade e via di corsa tra la bruma innevata, la gloria vi attende.

TRACKLIST
1. Byrdesong
2. Ufred
3. Sitring
4. Dei ville med vald
5. Marebakkjen
6. Under seks lange
7. Ve
8. Vaart land
9. Ferdamann
10. Motvind

LINE-UP
Kjetil Andreas Nydal – Bass, Vocals
Jørn Ståle Norheim – Guitars
Eyvind Aardal – Vocals, Guitars
Henrik Nesse – Drums

NIFROST – Facebook

Ereb Altor – Blot-Ilt-Taut

Per i fans dei Bathory, Blot-Ilt-Taut è un buon modo per rivivere le gesta di Quorthon grazie all’ottima rivisitazione offerta da un gruppo notevole come gli Ereb Altor, alle prese con la propria musa ispiratrice.

L’importanza epocale di un musicista come Quorthon è pari solo alle molte leggende create su questo mitico personaggio, che con i suoi Bathory, per molti i veri padri del black metal scandinavo nonché ispiratori del genere viking, ha avuto un’importanza primaria sullo sviluppo di un certo modo di concepire il metal estremo.

Purtroppo nel giugno del 2004 il musicista svedese ci ha lasciati per cavalcare nel Valhalla, lasciando in eredità dei capolavori di musica estrema, epica ed evocativa influenzando una miriade di gruppi, tra cui i conterranei Ereb Altor che tonano con questo tributo al loro maestro, dopo l’ottimo Nattramn uscito lo scorso anno.
E mai band poteva tributare un omaggio ai Bathory meglio del gruppo degli ex-Isole Mats e Ragnar, veri cultori della musica scritta dal musicista e compositore svedese e, con Blot-Ilt-Taut, direi che la missione è stata compiuta.
Sangue-Fuoco-Morte, la traduzione del titolo dell’album, che in tre forti parole esprime il concept dietro a questi leggendari brani, epici, oscuri e maligni, presi da altrettanti capolavori come Under the Sign of the Black Mark, Blood Fire Death, Hammerheart e Twilight Of The Gods, insomma il meglio scritto da Quorthon con la sua seminale band.
L’album, mixato e masterizzato da Jonas Lindström all’Apocalypse Studio, con la copertina creata da Robban Kanto e licenziato in vinile e nel supporto digitale, ripercorre una bella fetta di carriera dei Bathory, dall’apparizione alla compilation Scandinavian Metal Attack uscita nel 1984 con The Return of Darkness and Evil, passando per Woman Of Dark Desire, oscura black metal song da Under The Sign Of The Black Mark del 1987.
Blood Fire Death è glorificato dalla spettacolare title track e da A Fine Day to Die, mentre il successivo Hammerheart è presente con altri due brani, Song to Hall Up High e Home of Once Brave, cavalcata epica e drammatica ed uno dei brani più belli dello storico gruppo svedese.
Twilight Of The Gods, titletrack dell’omonimo lavoro del 1991 e spettacolare brano dalle atmosfere evocative, chiude il cerchio.
Le songs non sono inserite nella track list in ordine cronologico, ma è un dettaglio, rimane l’ottima prova del quartetto svedese, alle prese con un pezzo importantissimo del metal estremo mondiale che la band interpreta alla grande, mettendoci qualcosa di suo, senza snaturare il credo musicale di questo grandissimo musicista.
Per i fans dei Bathory, Blot-Ilt-Taut è un buon modo per rivivere le gesta di Quorthon grazie all’ottima rivisitazione offerta da un gruppo notevole come gli Ereb Altor, alle prese con la propria musa ispiratrice.

TRACKLIST
1. A Fine Day to Diev
2. Song to Hall Up High
3. Home of Once Brave
4. The Return of Darkness and Evil
5. Woman of Dark Desires
6. Twilight of the Gods
7. Blood Fire Death

LINE-UP
Mats – Vocals, Bass, Guitars, Keyboards
Ragnar – Keyboards, Vocals, Bass, Guitars
Tord – Drums
Mikael – Bass, Vocals

EREB ALTOR – Facebook

Autori Vari – Mister Folk Compilation Volume III

In queste canzoni potrete ascoltare quanto di meglio ha da offrire questo genere nel sottobosco musicale, io rimango fermamente convinto che il folk metal underground sia nettamente il migliore, e qui ne abbiamo molto.

Questa compilation è la dimostrazione di quanto la passione e la tenacia possano fare nella divulgazione di un genere musicale.

La musica in questione è il folk metal declinato soprattutto nel sottogenere viking e il fautore di tutto ciò è Fabrizio Giosuè autore del fondamentale libro Folk Metal, e dell’altrettanto ottimo Tolkien Rocks, fondatore e principale autore del sito misterfolk.com da dove proviene questa raccolta, la terza. Da queste pagine nel mare magnum della rete Fabrizio da anni recensisce instancabilmente novità e classici del folk metal e non solo, con grande competenza e passione. Per gli appassionati di questo genere le sue pagine sono una grande gioia ed una sicurezza, poiché chi ha vera passione e competenza raramente sbaglia. In più Fabrizio sforna ogni tanto queste magnifiche compilation con gruppi semi sconosciuti ma di grande valore, e forse questo è il volume più bello.
In queste canzoni potrete ascoltare quanto di meglio ha da offrire questo genere nel sottobosco musicale, e io rimango fermamente convinto che il folk metal underground sia nettamente il migliore, e qui ne abbiamo molto. Speciali a mio avviso le band italiane qui presenti.
Folk on.

TRACKLIST
Dyrnwyn (ITA)
Vinterblot (ITA)
Elforg (POL)
Kanseil (ITA)
Bloodshed Walhalla (ITA)
Netherfell (POL)
Arcana Opera (ITA)
Valkenrag (POL)
Artaius (ITA)
Merkfork (POL)
Sola Norr (FRA)
Servan (ITA)
Morhana (POL)
Blodiga Skald (ITA)
Corr Mhóna (IRL)
Vallorch (ITA)
Isenmor (USA)
Annwn (WAL)
Black Velvet Band (POL)
Grimner (SWE)

MISTER FOLK – Facebook

http://misterfolk.com/mister-folk-compilation-vol-iii/

Miellnir – Incineration Astern

La bontà del lavoro risiede nella capacità dei Miellnir di far confluire nel lavoro con innata fluidità gli influssi black, viking, folk e gothic.

Buon album d’esordio per gli ucraini Miellnir, combo dedito ad un viking fok metal dalle sembianze smaccatamente scandinave.

Nulla di male in tutto ciò, sia chiaro, dato che il genere lì è nato ed è prosperato: infatti, l’interpretazione fornita dalla band dell’est risulta così credibile e competente che si fatica a credere di non trovarsi al cospetto di musicisti norvegesi o finlandesi.
Ciò che rende Incineration Astern un disco meritevole di ogni attenzione è lo spiccato gusto melodico che lo pervade in ogni sua parte: aperture epiche e ariose vanno a contrapporsi alle vocals efferate, ora in screening, ora in growl, ma senza che vengano disdegnati neppure efficaci passaggi in clean da parte di Frozensoul.
Il disco a tratti appare davvero trascinante nella sua epica solennità e la sola, piccola, caduta di tono di Ugar Buhlo, traccia all’insegna di un folk alcoolico simil-Korpiklaani, non scalfisce quanto di buono messo in mostra nella gran parte degli altri frangenti.
Infatti, canzoni intense come Prey, che si va ad agganciare perfettamente ad un immaginario epico-cinematografico, e il picco assoluto dell’album, Journey Through the Nine Worlds, non è così scontato poterle ascoltare con grande frequenza.
La bontà del lavoro, in fondo, risiede proprio nella capacità dei Miellnir di far confluire nel lavoro con innata fluidità gli influssi black, folk e gothic in un’espressione sempre molto ricca di contenuti, attestando la band su un livello ben superiore a quelli dei semplici epigoni di Turisas, Fintroll e compagnia epico-folkeggiante …
Un album perfetto per chi apprezza queste sonorità, ma anche sufficientemente accattivante e scorrevole per attirare nuovi adepti.

Tracklist:
1. Incineration Overture (Intro)
2. Prey
3. Legends of the Fallen
4. Stand Against
5. Journey Through the Nine Worlds
6. Ugar Buhlo
7. Embraced by Ire
8. Jörð
9. The Gallows Tree
10. Valhalla Awaits

Line-up:
Daimonos – Drums
Yarek Ovich – Guitars, Vocals (backing)
Njörðr – Guitars
Frozensoul – Vocals, Bass

Fabrizio Giosuè – Folk Metal: Dalle Origini Al Ragnarok

Il libro è uno dei migliori mai scritti in campo musicale, sia per la competenza davvero incredibile, sia per la voglia che fa venire di andare a tuffarsi nelle fredde onde scandinave.

Libro completissimo e scritto con grandissima passione e competenza su un genere musicale non allineato.
L’autore Fabrizio Giosuè, da grande appassionato della scena, propone un libro magistrale, puntuale e piacevole da leggere.

Molti libri musicali hanno il difetto di essere scritti in maniera approssimativa in quanto a prosa, ma non è certamente questo il caso.
Partendo da un’enunciazione programmatica sulla genesi del genere folk metal e viking metal Giosuè ci conduce per mano in un tour attraverso le nazioni, europee e non.
Quasi ogni paese, infatti, e ovviamente quelli scandinavi la fanno da padrone, ha i suoi bravi rappresentanti folk/viking e l’autore ne narra le gesta, andando anche a scovare gruppi misconosciuti ma capaci di produrre dischi di ottima fattura.
Eccezionale è il lavoro svolto sulle band più note: leggendo questo libro scoprirete cose che non sapevate anche sugli Amon Amarth o gli Enslaved; il tutto viene trattato con estrema passione e competenza spingendo anche chi non la conosce a voler sapere di più su questa musica: non è un caso che in Folk Metal abbia trovato la migliore narrazione sui Bathory che abbia mai letto.
Giosuè ha un grande gusto e una prosa davvero spigliata e convincente nel raccontarci di questa musica nordica congiunta al metal che parla di boschi, lotte fra divinità e tradizioni antichissime che vivono ancora in certi cuori.
Il folk/viking metal è un genere certamente controverso ma che porta dentro di sé un motore anti commerciale e di rivendicazione culturale che non si può non vedere.
Ancora più interessate è il legame con il linguaggio del metal che funziona da sostrato alla ricerca folkloristica.
Tutto ciò è spiegato benissimo in questo magnifico tomo che ripercorre tutto lo spettro del folk metal, anche tramite schede divulgative delle varie mitologie o approfondimenti su personaggi come Tolkien.
Particolarmente degna di nota è la sezione dedicata al folk/viking italiano, trattato con la consueta competenza e con sincero affetto, dato che Giosuè è anche il fondatore e curatore di misterfolk.wordpress.com, il migliore sito sul genere in Italia.
Leggendo dei gruppi italiani avrete più di una sorpresa e, se avrete la mente ma soprattutto gli orecchi aperti, ci sono gioie per voi in arrivo.
Prosegue poi il viaggio per le lande dell’est europeo fra le quali spicca l’interessantissima Romania, dove grazie e attraverso il folk metal si sono riscoperte parti del folkore andate quasi perse, in un paese molto legato al suo immaginario. In Russia il folk metal è tra i generi più conosciuti e seguiti, anche grazie ad una forte riscoperta della tradizione e dell’orgoglio nazionale.
Si sbarca poi in Vinland, ovvero la terra americana, scoperta ben prima dai vichinghi che dal quel tanghero di Cristoforo Colombo; a Vinland il folk scorre copioso, per poi arrivare persino all’America Latina.
E’ presente nel il libro anche un interessante excursus sul pirate metal, genere molto particolare e molto ben trattato da Giosuè.
L’opera si chiude con una bellissima serie di interviste e schede dedicate ai grandi nomi della scena, siano essi musicisti od illustratori.
Entusiasma la felicità di Giosuè, poiché essendo la sua una gioia la trasmette agli altri, ma questo è un concetto troppo cristiano, meglio dire che ci invita a gustare idromele in una taverna fumosa insieme a dei stanchi guerrieri.
Il libro è uno dei migliori mai scritti in campo musicale, sia per la competenza davvero incredibile, sia per la voglia che fa venire di andare a tuffarsi nelle fredde onde scandinave.
Da leggere assolutamente per gli appassionati e anche da parte di chi vuole scoprire una nuova frontiera, e non c’è miglior scout di Giosuè per esplorare territori inesplorati.

Crac Edizioni
http://edizionicrac.blogspot.it/
pag. 446
€ 24.00