Tengil – Shouldhavebeens

Shouldhavebeens è un’opera trasversale per definizione, con il potenziale necessario per raccogliere consensi ed attenzioni da più parti, come richiesto da una così nitida esibizione di talento.

Gli svedesi Tengil sono una giovane band che aveva già seminato bene nel recente passato con un full length molto ben accolto come titolo, ma a giudicare dall’esito di questo nuovo Shouldhavebeens la loro evoluzione appare un qualcosa di imprevedibilmente inarrestabile.

Post rock, shoegaze e una componente post hardcore e rumorista, il tutto va a confluire in un coacervo sonoro a volte limpido e cristallino come acqua di fonte, in altri inquieto e torbido quasi a voler togliere certezze all’ascoltatore.
In realtà è proprio questo contrasto tra luci ed ombre, tra levità e senso di oppressione, a rappresentare il motore concettuale e musicale di un lavoro splendido, capace di commuovere, esaltare e far pensare: del resto il titolo che fa riferimento “ciò che potrebbe essere stato” è un po’ il leit motiv nell’esistenza di ognuno, destinato peraltro a divenire sempre più pressante man mano che il tempo a propria disposizione diminuisce in maniera ineluttabile; se poi, certe elaborazioni mentali sono prodotte da menti giovani e fresche come quelle di questi musicisti, figuriamoci l’impatto che tutto ciò può avere nei soggetti più sensibili con qualche decennio di vita in più a consuntivo.
Meglio non guardare indietro, alla fine, e cercare semmai di vivere ogni istante come se fosse destinato a durare per sempre: la musica dei Tengil può essere di grande aiuto, perché una canzone stupenda come It’s all for springtime è solo la punta dell’iceberg di un lavoro che supera per intensità un punto di riferimento per i Tengil quali sono senz’altro gli Alcest, rispetto ai quali la malinconia viene esibita in maniera molto meno diretta.
And the best was yet to come è un altro episodio che impressiona per urgenza e potenza comunicativa, con il bravissimo Sakarias Westman (che speso e volentieri ricorda per timbrica il giovane Bono) capace di imprimere al suo cantato quel quid emotivo ed interpretativo che fa la differenza.
Shouldhavebeens è un’opera trasversale per definizione, con il potenziale necessario per raccogliere consensi ed attenzioni da più parti, come richiesto da una così nitida esibizione di talento.

Tracklist:
1. I dreamt I was old
2. And the best was yet to come
3. With a song for dead darlings
4. A lifetime of white noise
5. It’s all for springtime
6. All for your myth
7. In Murmur

Line up:
Sakarias Westman
Pontus Carling
Karl Hauptmann
Tobias Jensen

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