The Sacrifice – The Sacrifice

In questo esordio omonimo la synthwave si congiunge carnalmente con il rock e d il metal e, pur non smarrendo mai il proprio lato più danzereccio, il sound appare in ogni frangente molto più nervoso e robusto rispetto a quanto accade nei lavori afferenti all’elettronica più tradizionale.

Per noi di MetalEyes, nonostante il nostro focus siano ovviamente metal e rock, l’elettronica più evoluta non è certo un tabù, quindi non è neppure una novità il fatto di dare spazio a queste sonorità all’interno della webzine.

Del resto una proposta come questa nuova creatura musicale, che emerge dalla vicina Francia ed è denominata The Sacrifice, rappresenta uno dei più concreti e riusciti tentativi di mettere d’accordo appassionati di musica abituati ad ascoltare generi spesso molto lontani tra di loro.
In questo esordio omonimo la synthwave si congiunge carnalmente con il rock e d il metal e, pur non smarrendo mai il proprio lato più danzereccio, il sound appare in ogni frangente molto più nervoso e robusto rispetto a quanto accade nei lavori afferenti all’elettronica più tradizionale.
Del resto lo scopo del trio è dichiaratamente quello di creare una raccolta di brani ballabili, ricchi di groove e di ariose aperture atmosferiche: certo, qui non è rinvenibile la pesantezza dei riff rammsteiniani, per cui i The Sacrifice assomigliano più ad una versione alleggerita dei Deathstars oppure ad una più irrobustita dei primi Depeche Mode o ancora, se vogliamo, un qualcosa che mette assieme in uno stesso ipotetico calderone Ultravox, Alan Parsons Project, Kirlian Camera e i Paradise Lost dell’era Host.
Tutti questi riferimenti, sui quali magari alcuni si troveranno in disaccordo, sono alla fin fine solo un lungo giro di parole per non dire in maniera chiara e diretta che quest’album dei The Sacrifice mi sta facendo piacevolmente saltellare da qualche giorno: non si può resistere a potenziali bombe commerciali come Order of Disorder, Violent Devolution, Moving to the City, guidate dalla bella e calda voce di Rel, alle quali vanno aggiunti due trascinanti episodi strumentali come Aurora e la conclusiva Errdemption.
Ecco, diciamo che se in Italia ci fossero discoteche capaci di programmare solo musica di questa fattura, potrei anche essere tentato di rimetterci piede dopo qualche era geologica, nonostante una carta d’identità impietosa: messa da parte questa improbabile eventualità, resta invece più realizzabile l’opportunità di trascorrere tre quarti d’ora lasciandosi piacevolmente coinvolgere da undici tracce che possiedono l’innato dono di mettere di buon umore, cosa non da poco in questi tempi bastardi.

Tracklist:
1. Redemption
2. Order of Disorder
3. Under the Moon
4. Digging Deep
5. Violent Devolution
6. Aurora
7. Ghosts
8. Endless Night Terror
9. Moving to the City
10. Marble Hallways
11. Errdemption

Line-up:
Rel: Vocals, synths, guitars
Reverend Prick: Synths, programming
Six: Drums, percussions, guitars

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