Questo è il classico album che, se registrato da una band americana, farebbe sfracelli occupando anche le copertine della stampa specializzata, quella con le copertine lucide e le recensioni da tre righe, ma, purtroppo per loro, i The Sunburst sono liguri (Savona) e allora, pur avendo concepito un gran disco d’esordio, sono destinati a lottare e non mollare mai.
Il loro Tear Off The Darkness è un album di hard rock alternativo nel quale le influenze del passato si sentono chiaramente pur risultando un disco moderno, fresco, suonato benissimo, cantato ancora meglio, che non ha (appunto) nulla da invidiare ai pur ottimi prodotti che giungono dagli States. Curiosi? Bene, allora fare un passo indietro è doveroso per conoscerli meglio: la band nasce nel 2012 da un idea della coppia Davide Crisafulli (cantante e chitarra ritmica) e Luca Pileri (chitarra solista), ai qiuali si aggiunge la sezione ritmica composta da Stefano Ravera alla batteria e, in questo 2014, Francesco Glielmi al basso. In quello stesso anno, con la prima line-up, registrano un Ep ai Nadir Studios di Tommy Talamanca ottenendo recensioni positive, facendo diverse date dal vivo e, dopo uno stop di qualche mese, i The Sunburst riprendono la strada che porta a Tear Off The Darkness. L’inizio dell’album è da ovazione, con Follow Me che riempie la stanza con un riff corposo ed un ritornello cantabile già al primo ascolto, talmente è bello e memorizzabile; scopriamo così che alla band piace andare giù pesante, grazie ad assoli melodici e accelerazioni ritmiche non così distanti dal metal, con Davide che si conferma un signor cantante: la sua voce bella e carismatica affascina e rapisce, e siamo solo alla prima traccia. Infatti arrivano Something Real e la stupenda The Flow, dal riffone alla Black Label Society a farci ormai innamorare di questo bellissimo lavoro; si continua a viaggiare su territori di eccellenza con Be Yourself, con le chitarre ora all’unisono, ora con parti soliste melodiche ad ergersi a protagoniste del brano, altro potenziale singolo, così come Left Behind. Gli Alter Bridge sono forse il riferimento che ad un primo ascolto più di altri escono maggiormente allo scoperto, soprattutto a mio parere l’uso della voce di Davide, dallo stile più metallico come accade nella band americana, ma è un po’ tutta la scena degli ultimi vent’anni ad essere assimilata dai nostri. Louder Than Love, il disco più bello dei Soundgarden, è tutto nel riff di Rising, conclusiva e stupenda song che inizia come e meglio di Hands All Over, picco di quel magnifico lavoro, per poi virare su umori più personali con un rallentamento a metà brano ed una sfuriata conclusiva con la quale tutta la band si congeda alla grande. Prodotto benissimo, l’album è stato registrato ai Greenfog Studios di Mattia Cominotto a Genova per poi essere masterizzato e mixato ad Imperia negli Ithil World Studios da Giovanni Nebbia. Mai avuto dubbi sulle qualità delle nostre band quando si tratta di rock alternativo ma un lavoro come questo, assieme a quello degli Swallow My Pride recensito ultimamente, dimostrano ancora una volta che in Italia ci sono tutte le potenzialità per giocarsela alla pari con il resto del panorama musicale internazionale, basta volerlo e supportare una scena che lo merita.
Tracklist:
1.Follow me
2.Something real
3.The flow
4.Be yourself
5.Left behind
6.Unforgiven
7.Another day
8.Rising
Line-up:
Davide Crisafulli – Voce,Chitarra ritmica
Luca Pileri – Chitarra solista
Stefano Ravera – Batteria
Francesco Glielmi – Basso