E’ superfluo continuare a scrivere che il metal estremo moderno dai rimandi core ha tirato la corda: si sa che, quando un genere crea interesse nei fans, la scena stessa viene invasa da centinaia di gruppi che provano a cavalcare l’onda; molte falliscono miseramente ma altre, pur non arrivando al successo, si creano un loro seguito continuando a sfornare album meritevoli d’attenzione.
Un esempio ne sono gli statunitensi Within The Ruins, quartetto proveniente dal Massachusetts, che l’anno scorso ha festeggiato i dieci anni di attività e con questo nuovo lavoro a rimpinguare una già folta discografia.
Siamo al quinto album infatti, lanciato sul mercato tre anni di distanza dal precedente Phenomena, non male di questi tempi se aggiungiamo i due ep usciti ad inizio carriera, con la band non ancora stanca di devastare i padiglioni auricolari dei giovani metallers dai gusti moderni con la loro proposta violentissima, oscura ma dal gusto particolare nel saper far convivere ritmiche sincopate e stop and go tipici del genere, grazie ad un lavoro chitarristico raffinato e progressivo (sempre in un contesto estremo) e con quei piccoli dettagli nel songwriting che fanno la differenza sulla massa.
Non fraintendetemi, Halfway Human non è un lavoro che spicca in originalità anzi, il suo percorso stilistico è un approdo del gruppo al massimo che il genere può dare in termini qualitativi, ma è indubbia l’abilità dei nostri nel saper incastrare i tasselli del loro puzzle musicale al posto giusto, rendendo l’album scorrevole e violentemente piacevole all’ascolto.
D’altronde, viene difficile pensare che un gruppo di origine americana possa toppare in quello che ha insegnato in tutto il mondo, suonare death metal contaminandolo con l’hardcore e l’industrial.
Detto di un uso delle due voci molto ben congegnato e di un lavoro chitarristico sopra la media, lasciate che il gruppo vi investa con il suo carro armato che, senza tregua, lancia bordate come l’opener Shape-Shifter, Bittersweet, Absolution e la melodic death oriented Ataxia No.4, brano strumentale da applausi.
Halfway Human si piazza nelle migliori uscite di questo inizio anno per quanto riguarda il deathcore e, in tempi di dischi tutti uguali, non possiamo che fare i complimenti ai quattro musicisti americani.
TRACKLIST
1.Shape Shifter
2.Death of the Rock Star
3.Beautiful Agony
4.Incomplete Harmony
5.Bittersweet
6.Objetive Reality
7.Absolution
8.Ivory Tower
9.Sky Splitter
10.Ataxia IV
11.Treadstone
LINE-UP
Tim Goergen – Vocals
Joe Cocchi – Guitar
Paolo Galang – Bass
Kevin “Drummer” McGuill – Drums