Woe Unto Me – Among The Lightened Skies The Voidness Flashed

Gli Woe Unto Me confermano comunque la loro bravura proponendosi come una delle band di riferimento del funeral doom est europeo.

Tre anni dopo l’ottimo esordio intitolato A Step into the Waters of Forgetfulness ritornano, con un nuovo album, i bielorussi Woe Unto Me, indiscussi portabandiera del verbo funeral doom del loro paese.

La band guidata dal talentuoso Artem Serdyuk, con questo Among The Lightened Skies The Voidness Flashed fa le cose in grande, rischiando a mio avviso anche qualcosina nell’offrire agli appassionati un doppio cd per oltre due ore complessiva di musica dalle coordinate ben distinte tra i due supporti magnetici: se, infatti, il primo regala un’interpretazione più ortodossa, anche se come vedremo non proprio in tutti i frangenti, il secondo è invece all’insegna di una vena acustica ed intimista dai risultati alterni.
Sinceramente, da vecchio adoratore del funeral, ritengo che solo i primi lunghi cinque brani rappresentino l’album vero e proprio, derubricando le sette canzoni contenute nella seconda parte ad una sorta di pur valido bonus cd , alla luce anche del suo oggettivo scostamento dalle linee guida del genere.
Partiamo quindi dall’opener Triptych: Shiver, Shelter, Shatter, uno dei piatti forti del lavoro, non fosse altro che per la presenza di diversi ospiti, alcuni illustri (Daniel Neagoe e Jon Aldarà ), altri meno (Patryk Zwoliński): il brano, bellissimo, cambia umore di volta in volta con l’avvicendarsi dei diversi vocalist, risultando prima cupo e drammatico, con il solito terrificante growl di Neagoe, per poi farsi più aspro in coincidenza con le harsh vocals di Zwoliński e raggiungendo infine  il proprio picco emotivo quando la meravigliosa voce del faroese Aldarà spinge il brano su un piano irresistibilmente evocativo.
Un’altrettanto valida Of Life That Never Showed Its Face inaugura la parte del disco in cui l’alternanza tra il growl di Serdyuk e le clean vocals di Oleg Vorontsov diviene pressoché sistematica, aprendo peraltro sbocchi compositivi in passato inesplorati dagli Woe Unto Me, con una parte in odore di ambient con tanto di utilizzo dei fiati che prelude ad uno splendido finale.
I Come To Naught si apre in maniera alquanto cupa per poi aprirsi improvvisamente in passaggi ariosi che ricordano non poco i Dark Suns del loro capolavoro Existence: anche qui il sax diviene un interessante elemento di discontinuità in un brano senz’altro originale se rapportato al genere offerto e, di conseguenza, decisamente intrigante.
Breath Of A Grief, se si eccettua un bell’incremento emotivo nella sua parte finale, nonostante resti comunque un brano di buono spessore rappresenta il momento meno scintillante del primo cd, forse anche perché subito dopo arriva la vera perla dell’album, Drawn By Mourning, magnifico e drammatico esempio di come si suona il funeral doom nelle lande ex sovietiche, con il suo dolente incedere punteggiato dal lamento della chitarra ed uno sviluppo sempre improntato alla ricerca di sonorità toccanti ma non scontate.
Il secondo cd, come detto, sposta tutto su un piano molto più rarefatto che, alla fine, finisce per rendere un po’ troppo omogenei i contenuti: questo non impedisce alla band bielorussa di regalare brani splendidi come In A Stranglehold e Fall-Dyed Lament, che si vanno a collocare stilisticamente tra gli Anathema ed di Novembers Doom acustici, o come Leave Me To My Sorrows, che si rifà al pathos recitativo di Thomas Jensen negli album dei Saturnus ma, nel complesso, l’impatto e l’intensità non raggiungono quello del cd, per così dire, canonico.
Posto che il funeral è genere anticommerciale per definizione, la scelta degli Woe Unto Me è doppiamente coraggiosa, anche se questa separazione netta tra le due anime dell’album non giova all’economia dell’intero lavoro, nel senso che, pur mantenendo la versione con duplice supporto, mescolando il tutto ed alleggerendo di 2-3 brani il fatturato complessivo, Among The Lightened Skies The Voidness Flashed si sarebbe reso probabilmente più accessibile ad ascolti completi. Infatti, ritengo che molti potrebbero alla lunga accantonare la parte acustica per privilegiare l’eccellente vis compositiva esibita da Serdyuk nei primi cinque brani.
Il voto, per quel che vale, è la media matematica tra il 9 del primo cd ed il 7 del secondo ma, con la soluzione da me auspicata in precedenza, la valutazione avrebbe potuto raggiungere anche un mezzo punto in più.
Poco cambia, se non per le statistiche, visto che gli Woe Unto Me confermano comunque la loro bravura proponendosi come una delle band di riferimento del funeral doom est europeo.

Tracklist:
CD1:
1.Triptych: Shiver, Shelter, Shatter
2.Of Life That Never Showed Its Face
3.I Come To Naught
4.Breath Of A Grief
5.Drawn By Mourning

CD2:
1.In A Stranglehold
2.Leave Me To My Sorrows
3.Along Came The Imminence
4.Fall-Dyed Lament
5.A Year-Long Waiting
6.My Joy Lies Behind
7.The Snide Sun

Line up:
Dzmitry Shchyhlinski – guitars
Artyom Serdyuk – guitars, growl vocals
Oleg Vorontsov – clean vocals
Olga Apisheva – keyboards
Ivan Skrundevskiy – bass
Pavel Shmyga – drums

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