DRAGONHAMMER

Il lyric video di “Fighting The Beast”, dall’album “Obscurity”, in uscita il 27 ottobre (My Kingdom Music).

Il lyric video di “Fighting The Beast”, dall’album “Obscurity”, in uscita il 27 ottobre (My Kingdom Music).

Arabs In Aspic – Syndenes Magi

L’operato degli Arabs In Aspic appare sostanzialmente come un’oasi di purezza, una sorta di valicamento di un portale spazio temporale capace di far rivivere emozioni antiche.

Quando il monicker di una band contiene la parola “aspic” e il genere offerto è il progressive, scatta inevitabilmente l’associazione di idee con uno dei tanti capolavori dei King Crimson.

Se poi, fin dalle prime note della title track, non si fa nulla per nascondere la devozione per la creatura frippiana, con i primi cinque minuti che omaggiano brani come, appunto, Larks’ Tongues In Aspic, Pictures Of A City e Easy Money, in una maniera così esplicita da apparire per assurdo del tutto limpida ed onesta, è evidente che gli Arabs In Aspic riavvieranno il consueto ed irrisolto dibattito che verte sull’utilità o meno di riproporre sonorità la cui genesi risale, ormai, a quasi mezzo secolo fa.
In fondo, la vita dei musicisti che si dedicano oggi a questo genere non è facile, almeno in Italia: l’appassionato di vecchia data, salvo rare eccezioni, si è fermato nella migliore delle ipotesi alla fine degli anni ’70, rigettando a priori qualsiasi proposta proveniente da band di formazione recente e presenziando regolarmente i concerti dei pochi reduci rimasti o, piuttosto, quelli delle numerose (e spesso ottime, bisogna ammetterlo) cover band dei gruppi storici; chi è approdato all’ascolto del prog nel nuovo secolo, invece, è più probabile che possa apprezzare maggiormente un diverso approccio, prendendo come punto di riferimento gruppi che in qualche modo contaminano il genere con robuste iniezioni metalliche.
Ecco perché, paradossalmente, una riproposizione così fedele alla tradizione, come è quella offerta dalla band norvegese, merita il massimo rispetto, visto che dietro non ci può essere alcun calcolo di tipo commerciale ma, semmai, uno smisurato amore per quelle sonorità che cambiarono non poco la vita a chi nacque negli anni ‘50 e ‘60.
L’approccio alla materia degli Arabs In Aspic è rispettoso, competente e a tratti commovente: la title track, posta in apertura dell’album, come già detto, dissipa qualsiasi dubbio su quali possano essere i contenuti dell’album, con il suo veleggiare  spedito grazie alla spinta di possente vento crimsoniano.
Le altre due tracce che vanno a comporre la tracklist di Syndenes Magi si intitolano Mörket 2 e Mörket 3, si sviluppano complessivamente per circa mezz’ora e cambiano parzialmente le coordinate sonore, non tanto per un’ipotetica modernizzazione del sound ma, piuttosto, per il loro aprirsi alla ricerca di nuove fonti di ispirazione che, in particolare nelle parti chitarristiche e per l’approccio vocale, portano direttamente ai Pink Floyd.
A proposito della voce, i nostri decidono di utilizzare la lingua madre, scelta che potrà anche apparire opinabile visto che il norvegese non è certo idioma di grande musicalità, ma che in quest’occasione conferisce al tutto un minimo di peculiarità.
La lunga traccia di chiusura conferma tutto quanto ci si poteva prefigurare in base ai venti minuti di musica offerti in precedenza, offrendone altrettanti nei quali la qualità complessiva non scende mai sotto la soglia dell’eccellenza, al netto dei riferimenti espliciti che si palesano di volta in volta (i vocalizzi femminili sono per esempio un rimando ai Pink Floyd di The Great Gig In The Sky), che devono essere visti, appunto, come un rispettoso omaggio e non come una comoda scorciatoia compositiva.
Gli Arabs In Aspic, infatti, sono molto di più che degli abili copisti, e la loro forza è la grande coerenza, quella che in certi passaggi fa stentare a credere che Syndenes Magi sia stato pubblicato in un’epoca come quella odierna, nella quale la sensibilità ed il romanticismo sono sentimenti sempre più sopraffatti dalla protervia di un’umanità che prosegue inconsapevole la propria folle corsa verso il baratro.
Ecco, quindi, che l’operato degli Arabs In Aspic appare sostanzialmente come un’oasi di purezza, una sorta di valicamento di un portale spazio temporale capace di far rivivere emozioni antiche, provocando forse anche un po’ di nostalgia, mista al piacere di ritrovare ancora oggi qualcuno in grado di evocare quelle stesse sensazioni proponendo meritoriamente musica scritta di proprio pugno.

Tracklist:
1.Syndenes magi
2.Mörket 2
3.Mörket 3

Line up:
Jostein Smeby: Guitars, Vocals
Stig Jørgensen: Keyboards, Organs
Erik Paulsen: Bass, Vocals
Eskil Nyhus: Drums

ARABS IN ASPIC – Facebook

Hourswill – Harm Full Embrace

In questi anni che hanno visto il prog metal allargare i suoi orizzonti facendovi confluire gruppi dal sound vario e moderno, gli Hourswill confermano il loro valore potendo sicuramente essere considerate tra le band, per così dire, tradizionali, pur aderendo ad di un tipo di musica aperto ad ogni tipo di approccio ed influenza.

Fortunatamente non si sono persi nei meandri dell’underground europeo i portoghesi Hourswill, usciti tre anni fa sotto l’ala della Ethereal Sound Works con Inevitable, debutto sulla lunga distanza in cui la band proponeva un prog metal debitore dei soliti mostri sacri del genere, ma comunque piacevole e ben suonato.

Tornano quindi con il nuovo album, qualche aggiustamento nella formazione ed un sound che si è fatto più personale, ed estremo, guardando alla scena statunitense con le influenze che spaziano dai Nevermore ai Dream Theater e a quella scandinava di Morgana Lefay e Tad Morose: Harm Full Embrace ci presentatra l’altro il nuovo vocalist Leonel Silva, grintoso e molto interpretativo, sulla scia di Warrel Dane. .
Quello che gli Hourswill  perdono in potenza lo ritrovano nelle melodie progressive, confermando la loro padronanza della materia, esibita con una tecnica sufficiente per ricamare buoni cambi di tempo e solos e nel saper tenere ben salde le briglie di un genere che può portare ad esagerare, smarrendo facilmente la forma canzone.
Gli Hourswill non le mandano certo a dire ed anche questo secondo lavoro mantiene un approccio molto heavy:  brani come l’opener Children Of The Void, Liberty Theory e la notevole Everyday Sage mostrano un buon feeling con il genere e una serie di intuizioni che ne fanno un tris di tracce coinvolgenti, oscure e tragicamente teatrali.
In questi anni che hanno visto il prog metal allargare i suoi orizzonti facendovi confluire gruppi dal sound vario e moderno, gli Hourswill confermano il loro valore potendo sicuramente essere considerate tra le band, per così dire, tradizionali, pur aderendo ad di un tipo di musica aperto ad ogni tipo di approccio ed influenza.

Tracklist
1.Children of the Void
2.Blinding Light
3.Mass Insanity
4.Liberty Theory
5.Everyday Sage
6.Social Disease
7.At Harms Embrace
8.Abyss Syndrome

Line-up
Rodrigo Louraço – Guitars
Leonel Silva – Vocals
Pedro Costa – Bass
Nuno Peixoto – Drums
José Bonito – Guitars

HOURSWILL

Night – Raft Of The World

Raft Of The World è un album godibile specialmente se gli ‘anta li avete passati da un pezzo, essendo composto da un lotto di brani che è una specie di passeggiata tra la fine degli anni settanta e l’entrata nel decennio d’oro per la nostra musica preferita.

Attivi dal 2011 arrivano al terzo full length i Night, band svedese della quale vi avevamo già parlato sulle pagine metalliche di InYourEyes.

Sei anni e tre lavori, non male di questi tempi, con il nuovo Raft Of The World che sposta leggermente il sound del gruppo verso un hard & heavy vecchia scuola: del sound dei Night rimane dunque la forte impronta tradizionale a rimarcare la voglia di classico delle nuove generazioni metalliche, di cui questi svedesi fanno sicuramente parte.
Non più o non solo heavy metal maideniano è quello che troviamo nelle trame dei brani di questo nuovo lavoro, ma un’ispirazione più concentrata sul finire degli anni settanta e su band classic hard rock come Thin Lizzy e UFO.
Nel frattempo il cambio di etichetta ed il numero dei componenti portato a quattro sono le altre novità che Raft Of The World regala a coloro ai quali non sono sfuggiti i precedenti album, vintage e classici come impone la tendenza di questo periodo.
Così, lasciata indietro l’influenza new wave of british heavy metal per un hard & heavy classico e molto melodico, i Night si ripresentano in buona forma, complice un buon songwriting e tanta melodia in brani di rock duro e maturo, dove la band più che ricercare il chorus vincente si concentra sulle ritmiche e su un lavoro chitarristico di scuola UFO, molto ben congegnato.
Raft Of The World è un album godibile, specialmente se gli anta li avete passati da un pezzo, composto da un lotto di brani che, dall’opener Fire Across The Sky in poi, è una specie di passeggiata tra la fine degli anni settanta e l’entrata nel decennio d’oro per la nostra musica preferita.

Tracklist
1.Fire Across the Sky
2.Surrender
3.Under the Gallows
4.Omberg
5.Time
6.Strike of Lightning
7.Winds
8.Coin in a Fountain
9.Where Silence Awaits

Line-up
Highway Filip – Bass, Guitars
Burning Fire – Vocals, Guitars
Joseph Max – Bass
Dennis Skoglund – Drums

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