Thungur – No Going Back

No Going Back si sviluppa lungo undici brani di hard rock moderno, dai rimandi stoner e psichedelici, americano di ispirazione, pesante nelle ritmiche e dal groove bene in evidenza.

Arrivano all’esordio sulla lunga distanza i rockers svedesi Thungur, nati tre anni fa e con due lavori minori alle spalle, la raccolta di singoli The Village Sessions e l’ep The Cage, licenziati nel 2015.

No Going Back si sviluppa lungo undici brani di hard rock moderno, dai rimandi stoner e psichedelici, americano di ispirazione, pesante nelle ritmiche e dal groove bene in evidenza.
La parte psichedelica, anche se rimane in ombra rispetto alle influenze hard rock. porta il sound su territori cari ai Tool, mentre fanno capolino nei brani più leggeri accenni al post grunge.
Ne esce un lavoro magari poco originale ma sicuramente d’impatto, specialmente quando la band decide di picchiare con forza sugli strumenti senza rinunciare alla melodia (White Lies, Pink Champagne).
Il quartetto di Malmö (ma con un vocalist islandese, Kristjan Samuelsson) non impiega molto a convincere gli amanti del rock pesante da rotazione televisiva, con le allusioni ai Tool che si ammorbidiscono quando il sound si sposta verso i Nickelback o si stonerizza con l’influsso dei Kyuss, mentre No Going Back scorre liscio sino alla conclusione tra brani più pesanti, altri più intimisti o valorizzati da buone melodie.
Ancora il singolo Animals, la ballad acustica Breathe Under Water e la pesantissima e cadenzata Trigger fanno dell’album una buona uscita per quanto riguarda queste sonorità, anche se la strada per una definitiva affermazione è ancora lunga come quelle che separa il Nordeuropa dall’America.

Tracklist
1.White Lies
2.Abandon
3.Nightmare
4.Pink Champagne
5.Animals
6.Rainmaker
7.Temptation
8.Breathe Under Water
9.Bay Harbour
10.Trigger
11.Skin [ink]

Line-up
Kristjan Samuelsson – Vocals, Guitar
Bjorn Stegerling – Guitar
Roger Nielsen – Bass, Vocals
Andreas Albihn – Drums

THUNGUR – Facebook

Tantal – Ruin

Il death metal melodico rimane il protagonista principale della musica dei Tantal, infarcito di ottime reminiscenze progressive che fanno di Ruin un altro bellissimo esempio di album metal tra death e prog.

Tornano freschi di firma per la Sleaszy Rider gli ottimi Tantal, band proveniente dalla madre Russia e di cui vi avevamo parlato tre anni fa in occasione dell’uscita del bellissimo secondo album Expectansy.

Molte cose sono cambiate in casa Tantal con appunto la line up stravolta, nella quale resta al suo posto il solo chitarrista Dmitriy Ignatiev, ed il sound che però mantiene il suo approccio heavy/death melodico su un tappeto di suoni darkwave e gothic.
Da quintetto, con la punta di diamante Milana Solovitskaya al microfono, la band è diventata un quartetto dove, oltre al  leader del progetto, troviamo Sofia Raykova alla voce, Ivan Izotov al basso e Srgey Serebrennikov dietro al drumkit a completare una line up che, anche questa volta, convince a più riprese.
La musica dei Tantal continua la sua non facile impresa di risultare fresca, pur animata da ispirazioni evidenti che si fanno spazio tra le trame dei brani, ma valorizzate da un songwriting di alto livello che fa risplendere anche questa nuova raccolta di brani chiamata Ruin.
Pur con tutti i cambiamenti il sound varia di quel tanto da non far sembrare l’album una fotocopia del precedente lavoro, la parte elettronica e l’andamento liquido di alcuni brani avvicinano di più la band a realtà come i nostrani Lacuna Coil, merito anche della voce della nuova arrivata dietro al microfono, anche se il punto di forza del gruppo rimane il death metal melodico, infarcito di ottime reminiscenze progressive che fanno di Ruin un altro bellissimo esempio di album metal tra death e prog.
Quindi si sfugge a lunghi e noiosi piagnistei gothic, perché qui si viaggia a velocità sostenuta, tra tecnica sopraffina (Ignatiev conferma d’essere un chitarrista davvero bravo), passaggi progressivi di scuola Dream Theater e tempeste estreme, melodiche e suggestive alla Dark Tranquillity, a cui come scritto si aggiunge quel tocco più moderno che ricorda i Lacuna Coil.
Ruin rimane di altissimo livello per tutta la sua durata e brani come Torn Inside, la suadente Low e la moderna title track confermano il valore di questa ottima realtà che abbiamo avuto modo di incontrare di nuovo sul nostro cammino.
Con l’aiuto della Sleaszy Rider, i Tantal troveranno sicuramente nuovi ammiratori, e noi non possiamo che consigliare il nuovo album agli amanti del genere che cercano un sound fresco ma ancora legato al metal.

Tracklist
01 – Constant Failure
02 – Denial
03 – Torn Inside
04 – Drained
05 – Torpid
06 – A Hopeful Lie
07 – Low 08 – Ruin
09 – Tears Of Yesterday
10 – The Awakening

Line-up
Sofia Raykova – vocals
Dmitry Ignatiev – guitars/keys
Ivan Izotov – bass
Srgey Serebrennikov – drums

TANTAL – Facebook

ANGRA

Il video di “Travelers In Time”, dall’album “ØMNI”, in uscita a febbraio (earMUSIC).

Il video di “Travelers In Time”, dall’album “ØMNI”, in uscita a febbraio (earMUSIC).

Funeral Baptism – The Venom Of God

The Venom Of God è un lavoro senz’altro apprezzabile e riuscito nel proprio intento primario, che è quello di offrire un’interpretazione del genere onesta e coinvolgente, il che basta e avanza per renderlo un ascolto consigliato senza alcuna riserva.

I Funeral Baptism sono una nuova interessante realtà sbucata dalle brumose lande rumene.

Per essere precisi però, va detto i primi passi della band sono avvenuti in Argentina, patria del chitarrista e compositore Damian Batista, ma è solo dopo il suo trasferimento l’anno scorso a Bucarest che il progetto ha preso corpo trasformandosi in qualcosa di più vicino ad una band vera e propria.
Per questo primo full length, che arriva dopo due ep, il musicista sudamericano si avvale del vocalist Liviu Ustinescu, già noto nella scena nazionale per la sua militanza nei DinUmbră: il duo dà cosi vita ad un buon lavoro di black metal piuttosto diretto, ruvido il giusto ma ricco di belle melodie e sufficientemente vario nel suo attingere anche alle altre forme di metal estremo.
The Venom Of God di fatto dura poco più di un ep, regalando comunque mezz’ora scarsa di black convincente che vede il proprio apice nella parte centrale con due brani davvero di grande spessore come la trascinante Pale Rider, che brilla per una linea chitarristica dal grande senso melodico, e la title track, che dopo un inizio più ragionato si trasforma nella seconda metà in un’inarrestabile cavalcata.
La dote primaria dei Funeral Baptism è sostanzialmente la linearità che non va a discapito, però, dell’intensità e dell’impatto e questo fa di The Venom Of God un lavoro senz’altro apprezzabile e riuscito nel proprio intento primario, che è quello di offrire un’interpretazione del genere onesta e coinvolgente, il che basta e avanza per renderlo un ascolto consigliato senza alcuna riserva.

Tracklist:
1.Aleph
2.The Seething Spirit
3.The Gift
4.Pale Rider
5.The Venom of God
6.Return to the Void
7.My Last Whisper

Line-up
Damian – guitar/bass
Liviu – Vocals/lyrics

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