Graveyard – Peace

Peace continua il viaggio dei Graveyard nella musica degli anni settanta, con un sound forse più immediato di altri ma pur sempre ricalcando la formula, ormai abusata, del classic rock animato da iniezioni di rock duro e drogato di psichedelia.

Il successo dei suoni vintage ha portato verso le più importanti etichette mondiali band che sarebbero rimaste nel più profondo underground, mentre oggi una label come Nuclear Blast (da sempre punto di riferimento per i fans del metal) si permette di avere nel proprio roster non poche realtà dai suoni che ricalcano il sound sviluppatosi nei leggendari anni settanta.

Un bene sia chiaro, specialmente per chi non ha mai smesso di ascoltare rock classico pur guardando allo sviluppo dei tantissimi generi e sotto generi a cui il metal ha dato i natali in quarant’anni di musica.
I Graveyard sono un quartetto svedese capitanato dal chitarrista e cantante Joakim Nilsson: dopo essersi sciolti poco più di un anno fa lasciando un fatturato di quattro album, ora arriva l’inaspettata reunion seguita dalla pubblicazione di Peace, nuovo lavoro con la novità Oskar Bergenheim alla batteria, sostituto del partente Axel Sjöberg.
Peace continua il viaggio dei Graveyard nella musica degli anni settanta, con un sound forse più immediato di altri ma pur sempre ricalcando la formula, ormai abusata, del classic rock animato da iniezioni di rock duro e drogato di psichedelia.
Questo significa Black Sabbath, The Doors, Led Zeppelin e Pink Floyd riletti secondo il credo di Nilsson e compagni, i quali riescono a divertire con un album fresco, composto da un lotto di brani che attirano gli amanti del rock radiofonico ma che sanno anche conquistare (quando vogliono) con atmosfere di blues desertico e psichedelico sopra le righe.
Del Manic e Birth Of Paradise sono il cuore pulsante e stordito dal sole di Peace, brani che alzano la temperatura dell’album, sanguigni e ricchi di quelle sfumature sporche di blues che sono il marchio di fabbrica delle nuove leve dell’hard rock.
Il resto viaggia con il pilota automatico: buone canzoni dure il giusto per piacere ai fans dell’hard rock con i jeans a zampa di elefante ed il sacchetto delle erbe medicinali a tracolla, facili da ascoltare in una serata estiva sulla spiaggia accompagnati da un falò.

Tracklist
1. It Ain’t Over Yet
2. Cold Love
3. See The Day
4. Please Don’t
5. The Fox
6. Walk On
7. Del Manic
8. Bird Of Paradise
9. A Sign Of Peace
10. Low (I Wouldn’t Mind)

Line-up
Joakim Nilsson – vocals, guitars
Jonatan La Rocca Ramm – guitars
Truls Mörck – vocals, bass guitar
Oskar Bergenheim – drums

GRAVEYARD – Facebook

Show Aniki – Deep Blue Sessions

Nonostante i problemi di formazione il gruppo di Angers riesce a produrre buona musica e questo ep composto da quattro singoli è un ottimo biglietto da visita, per una band che si inserisce nell’ottima scuola francese del metal alternativo.

Guidati dal dinamico John Rel, i bretoni Show Aniki propongono il loro nuovo ep esclusivamente in digitale, uscito dopo molte vicissitudini dovute a cambi di formazione.

Gli Show Aniki hanno inciso queste canzoni che sarebbero dovuto formare un disco unico, ma il posto vacante alla batteria proprio dopo le prime incisioni ha messo il gruppo francese davanti ad un bel problema, ovviato da una grande idea di John Rel coadiuvato dal grafico Gille Estines : far uscire quattro singoli con quattro copertine differenti. L’idea è subito parsa ottima, tanto da essere poi raccolta nel presente Deep Blue Sessions, secondo ep del gruppo disponibile solo in versione digitale. Il suono è molto fresco e vivace, un metal alternativo melodico e molto ben fatto, nel senso che tutto scorre bene e in maniera piacevole. Gli ascolti dei Show Aniki sono stati ottimi e molteplici, hanno un bel retroterra, e lo sanno valorizzare al meglio con un suono personale e veloce, con la giusta maturità. Nonostante i problemi di formazione il gruppo di Angers riesce a produrre buona musica e questo ep composto da quattro singoli è un ottimo biglietto da visita, per una band che si inserisce nell’ottima scuola francese del metal alternativo. Un gruppo molto melodico e bilanciato che rientra nel novero dei gruppi da seguire assolutamente.

Tracklist
01. Cowboys From Breizh
02. Deep Blue
03. Aniki
04. The Thing

Line-up
John R: Guitars, Vocals
Alx: Bass, Vocals
Celine Le Vu: Drums

SHOW ANIKI – Facebook

THAL

Il video di “Her Gods Demand War”, dall’album “Reach for the Dragon’s Eye” (Argonauta Records).

Il video di “Her Gods Demand War”, dall’album “Reach for the Dragon’s Eye” (Argonauta Records).

Gli Heavy Rockers statunitensi THAL pubblicano il nuovo singolo tratto dal loro ultimo album, accompagnato dal videoclip ufficiale curato da Gryphus Visuals.

La canzone “Her Gods Demand War” vede la partecipazione di Sophie Steff dei This Butchers Will Kill You come special guest alle voci.

Il recente album dei THAL ha ricevuto consensi unanimi da tutto il mondo grazie alle sue peculiari sonorità e voci pulite, con atmosfere che spaziano dallo Stoner Rock al Doom Metal, con chiari riferimenti a Danzig, Clutch e Queens of the StoneAge.

THAL “Reach for the Dragon’s Eye” è uscito su Argonauta Records ed è disponibile qui:
https://bit.ly/2HKhABX

INFO: www.argonautarecords.com / www.facebook.com/thalheavyband/

Fates Warning – Live Over Europe

I Fates Warning sembrano non accusare lo scorrere del tempo e sono ancora un gruppo da seguire, sia nelle opere in studio che sul versante live, e Live Over Europe risulta appunto una tappa fondamentale non solo per i fans, ma per tutti gli amanti del progressive metal.

La musica progressiva ha trovato nel metal il suo alleato più fedele e se oggi glorifichiamo questo genere e tutte le sue diramazioni (anche quelle più moderne) il merito è anche dei Fates Warning, una delle prime band heavy metal a introdurre elementi progressivi nella propria musica.

Sono passati più di trent’anni da Night on Bröcken, ma i Fates Warning sono ancora in giro ad insegnare come si suona metal progressivo, raffinato, potente ed emozionale quel tanto per non trasformare un concerto in una sorta di  workshop didattico sulla tecnica esecutiva.
Tre decenni sono trascorsi, tra alti e bassi più che altro in termini di popolarità, mentre la qualità della musica prodotta è sempre stata di elevato livello, con album che sono entrati nella storia della nostra musica preferita e che risulta superfluo nominare.
A supporto dell’ultimo lavoro licenziato nel 2016 (Theories Of Flight), Ray Alder, Jim Matheos, Joey Vera, Bobby Jarzombek e Mike Abdow sono partiti per un tour europeo che li ha visti esibirsi sui palchi italiani, greci, tedeschi, ungheresi, sloveni e serbi, tutte prestazioni documentate in questo mastodontico prodotto di oltre due ore di musica straordinariamente metallica e progressiva.
I maestri sono tornati, la band che ha scritto alcune delle pagine più importanti del genere, ci regala un altro documento live un anno dopo aver celebrato il best seller Awaken The Guardian, con un doppio cd mixato da Jens Bogren (Opeth, Kreator, Symphony X, Haken) e masterizzato da Tony Lindgren ai Fascination Street Studios.
La track list, specialmente nel primo cd, è incentrata sui brani dell’ultimo lavoro che vengono affiancati dai brani storici, offrendo un raccolta esaustiva della musica del gruppo americano che mette in evidenza la forma smagliante dei musicisti, con un Ray Alder formidabile e tutta la band che sfoggia prestazioni degne della fama costruita in tre decenni.
I Fates Warning sembrano non accusare lo scorrere del tempo e sono ancora un gruppo da seguire, sia nelle opere in studio che sul versante live, e Live Over Europe risulta appunto una tappa fondamentale non solo per i fans, ma per tutti gli amanti del progressive metal.

Tracklist
CD 1:
1.From The Rooftops
2.Life In Still Water
3.One
4.Pale Fire
5.Seven Stars
6.SOS
7.Pieces Of Me
8.Firefly
9.The Light And Shade Of Things
10.Wish
11.Another Perfect Day
12.Silent Cries
13.And Yet It Moves

CD 2:
1.Still Remains
2.Nothing Left To Say
3.Acquiescence
4.The Eleventh Hour
5.Point Of View
6.Falling
7.A Pleasant Shade Of Gray, Pt. IX
8.Through Different Eyes
9.Monument
10.Eye To Eye

Line-up
Ray Alder – Vocals
Jim Matheos – Guitars
Joey Vera – Bass and Vocals
Bobby Jarzombek – Drums
Mike Abdow – Guitars and Vocals

FATES WARNING – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Alberto Centenari

Voto
85

Genere – Sottogeneri – Anno – Label
2018 Progressive Metal 8.50

Empty Chalice – Ondine’s Curse

Per circa tre quarti d’ora Empty Chalice offre quella che si dimostra, ancora una volta, un’interpretazione peculiare e sopra la media della materia, riuscendo davvero a far vivere all’ascoltatore la terribile battaglia che si combatte all’interno di un organismo colpito dalla sindrome di Ondine.

Il nuovo lavoro di Antonio Airoldi (Antonine A.), nella sua incarnazione denominata Empty Chalice, è la quarta di una serie di uscite targate Ho.Gravi.Malattie, etichetta dal nome indubbiamente bizzarro ma del tutto attinente al catalogo proposto, visto che ogni disco è dedicato ad una delle molte patologie che affliggono l’umanità.

Con Empty Chalice viene affrontata la Sindrome di Ondine, disturbo assai raro ma fortemente invalidante visto che, di fatto, l’organismo “dimentica” di respirare durante il sonno: tale scelta appare fin da subito azzeccata, visto che il musicista trentino ci ha abituato da tempo all’esibizione di una forma di ambient claustrofobica ma allo stesso tempo sempre inquieta e in divenire.
Se rispetto ai generi, per cosi dire, canonici l’ambient può essere definita a buon titolo una sorta di flusso sonoro, in Ondine’s Curse il suo scorrere appare quanto mai disturbato, quasi ad fotografare la discrasia provocata da un cervello che si rifiuta di fornire i comandi atti a garantire la sua stessa sopravvivenza .
Per circa tre quarti d’ora Airoldi offre quella che si dimostra, ancora una volta, un’interpretazione peculiare e sopra la media della materia, riuscendo davvero a far vivere all’ascoltatore la terribile battaglia che si combatte all’interno di un organismo colpito dalla sindrome, lacerato dalla necessità fisiologica di dormire, da un lato, e dall’impossibilità di cedere al sonno pena la cessazione delle funzioni vitali, dall’altra.
L’ambient targata Empty Chalice di certo non scorre senza lasciare tracce: sul terreno restano tracce di paure ancestrali e conflitti interiori irrisolti, con suoni che se, in The Awake, possiedono una recondita parvenza melodica, in II esibiscono un substrato di canti gregoriani, e  da III in poi si tramutano nella trasposizione musicale di una elettroencefalogramma imbizzarrito: tutto ciò senza che nessuna nota o rumore possa apparire superfluo o fuori luogo.
Ondine’s Curse conferma una volta di più lo status acquisito da Antonio Airoldi, avviato a diventare (ammesso che già non lo sia) uno dei nomi di punta del nostro avanguardismo musicale.

Tracklist:
1. The Awake
2. II
3. III
4. IV
5. The Sleep

Line-up:
Antonine A.

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