BIGHATE

Il video di Hybrid (Inverse Records).

Il video di Hybrid (Inverse Records).

La band groovy Melodic-Death metal italiana BigHate, ha pubblicato un nuovo video musicale, Hybrid (Inverse Records). Si tratta del loro nuovo singolo, il punto di connessione tra l’Ep DeathWish, uscito nel 2017, ed il nuovo album in scrittura.

La cantante Heleonore dice:
“I temi trattati sono legati ad un concept unico che si sviluppa e PARLA di lupi mannari ed antiche maledizioni che si riflettono e danno vita a fatti di cronaca nera del passato. Il Sound si avvicina al Melodic Death Metal con influenze moderne”

I BigHate sono stati fondati nel 2014, da Andy ed Heleonore. I due provarono a fondere i loro differenti gusti musicali, fondamentalmente legati al Death, al Thrash ed al Groove Metal, per trovare così un punto di comune accordo. La band attualmente sta lavorando ad un full-length.

“Hybrid” é disponibile su tutte le piattaforme digitali internazionali.

Youtube: https://youtu.be/1mSd4fz2tvU
Spotify: https://spoti.fi/2NLOIN3
Deezer: https://www.deezer.com/us/album/68959291
Tidal: https://listen.tidal.com/album/92414979
Apple Music: https://apple.co/2NOmBgt
Amazon: https://amzn.to/2LSImuK
Google Play: http://bit.do/bighate
Kkbox: http://bit.do/bighate-kkbox

Line-up:
Andy LaMorgue (Composer/Guitar)
Heleonore LaMorgue (Lyricist/Vocals)
Daniele Baieri (Guitar)
Gumball Watterson (Bass)
Andrea “Tawah” Torre (Drums)

Links:
http://www.facebook.com/BigHateband
http://www.instagram.com/bighateofficial
https://twitter.com/BigHateOfficial
http://www.reverbnation.com/BigHate
https://spoti.fi/2NOFTCk
http://www.youtube.com/channel/UC_QfZlNmILtclOseBtZhKQg

Infraktor – Exhaust

Piacevole sorpresa proveniente da una scena come quella portoghese, poco pubblicizzata ma che regala mediamente ottime realtà, gli Infraktor si dimostrano una vera macchina da guerra meritevole d’attenzione.

E’ una notevole mazzata thrash/death metal il debutto degli Infraktor, fondati nel 2013 ma solo quest’anno arrivati sul mercato tramite la Rastilho Records, etichetta che si muove sul territorio portoghese e specializzata in questo tipo di suoni.

La band è formata da musicisti provenienti da realtà importanti della scena lusitana come Skeptik, Revolution Within, Headless, Under Fetid Corpses e Gates Of Hell, unitisi sotto il monicker Infraktor e pronti a conquistare i cuori del thrashers con questo bombardamento sonoro intitolato Exhaust.
Composto da otto brani, più intro ed outro, l’album ha tutti i requisiti per entrare a forza nei cuori degli appassionati dai gusti old school, ma con i piedi ben saldi in questi primi anni del nuovo millennio.
Con una produzione al top, tanta ferocia thrash unita al melodic death di stampo At The Gates/ The Haunted, Exhaust non molla la presa sui bassifondi, strizzati a dovere da esplosioni di metallo estremo trascinante e devastante quanto basta per fare di brani come Blood Of The Week, Confront e Ferocious Intent, non solo le tracce migliori di questo lavoro, ma gioiellini di genere da non perdere assolutamente.
Gli Infraktor menano fendenti in tutte le direzioni, l’impatto prodotto è notevole e, senza scomodare altri grossi nomi del genere, direi che le ispirazioni sono ben evidenti ed in linea con quanto suggerito.
Piacevole sorpresa proveniente da una scena poco pubblicizzata ma che regala mediamente ottime realtà, gli Infraktor si dimostrano una vera macchina da guerra meritevole d’attenzione.

Tracklist
1.Intro
2.Blood of the Weak
3.Son of a Butcher
4.Exhaust
5.Confront
6.Speech of Deceit
7.Inevitability of Reason
8.Unleash the Pigs
9.Ferocious Intent
10.Outro

Line-up
Hugo Silva – Vocals
Carlos Almeida – Guitar
Ricardo Martins – Guitar
Miguel Pinto – Bass
Francisco Martins – Drums

INFRAKTOR – Facebook

Soul Attrition – Vashon Rain

L’impianto è minimale ma potentissimo, il cantato si avvicina a quello cantilenante del vecchio indie, la musica è assai curata ed è un concentrato di grunge, slowcore, esplosioni noise e tantissima melodia che scorre benissimo.

Epifanie, satori, chiamatele un po’ come volete, ma l’ascolto di Soul Attrition può risvegliare in molti di noi antichi ricordi, vecchi sapori legati allo slowcore e in generale a quella magnifica stagione indie che ti faceva stupire ad ogni disco.

Soul Attrition è il progetto solista di Josh Palette, bassista della band sludge di Chicago Escape Is Not Freedom. Josh ha passato l’inverno fra il 2017 ed il 2018 a dipingere la sua tela sonora, che stiamo ascoltando, ed è una tela notevolissima. L’impianto è minimale ma potentissimo, il suo cantato si avvicina a quello cantilenante del vecchio indie, la musica è assai curata ed è un concentrato di grunge, slowcore, esplosioni noise e tantissima melodia che scorre benissimo. Il risultato è un disco che vorrebbe sussurrare, ma che per la validità di mezzi ed argomenti ti grida nelle orecchie ed arriva a grondarti dentro. Vashon Rain si inserisce perfettamente in quella tradizione americana che mischia rumore e melodia, fatta in una maniera che solo oltreoceano fanno alla perfezione. L’ovvietà e mestiere qui non stanno di casa, la meraviglia riempie i solchi del disco e porta l’ascoltatore nella personale visione di Josh, che è comune a molti di noi. Il passo di Palette è quello di chi sa cosa vuole dire e lo vuole fare con urgenza, producendo un disco davvero notevole e dalla forte capacità di attrazione. I sette pezzi che compongono Vashon Rain sono canzoni che richiedono e che meritano un ascolto approfondito che vi darà delle grandi gioie, e sinceramente si era persa la speranza di ascoltare dischi così. Un debutto di lacrime, sudore e sangue dal sapore buonissimo.

Tracklist
1.Sinking
2.Thirteen
3.Remission
4.Fatal Flaw
5.Vashon Rain
6.Unexpected Affront
7.Euclid

Line-up
Josh Parlette – Guitars, Bass, Percussion Programming, and Vocals

SOUL ATTRITION – Facebook

Marillion – All One Tonight (Live At The Royal Albert Hall)

Due ore abbondanti di musica spettacolare, di un’intensità e di uno spessore difficilmente riscontrabili oggi, qualsiasi possa essere il genere preso in considerazione.

Non dovrebbe esserci molto da dire sull’ennesimo album dal vivo dei Marillion, alla luce della fama e della credibilità acquisita dalla band, nonché per l’inconfutabile qualità che ha contraddistinto ogni sua uscita lungo un carriera lunghissima, in studio o sul palco che fosse.

Questa ennesima prova di bravura, il classico prodotto rivolto ai fans più fedeli, non sposta chiaramente di una virgola quello che è lo status di un gruppo che, dopo quasi trent’anni nell’attuale configurazione, è riuscito a rendere l’ingombrante passato rappresentato dall’era Fish un qualcosa di riconducibile ad una band di fatto diversa, nonostante i 4/5 della formazione siano gli stessi, fatta eccezione ovviamente per Steve Hogarth.
Lasciato così, giustamente, al fondatore Steve Rothery e alla sua band il compito di riprodurre le magiche note del passato più remoto, i Marillion odierni possiedono un repertorio talmente vasto che, persino in un concerto di dimensioni così ampie, si vedono costretti ad escludere dalla scaletta brani che in altri frangenti storici sarebbero apparsi imprescindibili.
L’esibizione, tenutasi alla Royal Albert Hall, consta di due parti ben distinte, con la prima dedicata alla riproposizione integrale dell’ottimo F.E.A.R., ultimo album in studio pubblicato nel 2016, mentre nella seconda, che vede anche la presenza sul palco di una mini orchestra, viene offerto un greatest hits che si spinge a ritroso sino a Seasons End (con The Space e Easter), Holidays In Eden (Waiting to Happen) e soprattutto il capolavoro assoluto dei Marillion novantiani intitolato Brave (The Great Escape).
Trovano il giusto spazio anche altri album come Afraid Of Sunlight, con la title track, This Strange Engine (Man of a Thousand Faces), marillion.com (Go!), Marbles (Neverland), oltre alla ripresa della trascinante parte finale di The Leavers, da F.E.A.R., quale conclusivo bis.
Il tutto per due ore abbondanti di musica spettacolare, di un’intensità e di uno spessore difficilmente riscontrabili oggi, qualsiasi possa essere il genere preso in considerazione.
Il solo neo, tanto per voler fare l’incontentabile, è mio avviso quello d’avere escluso dalla scaletta quello che è il mio brano preferito dell’intera epoca hogarthiana, ovvero The Invisible Man, la splendida traccia d’apertura di Marbles, e qui non escludo che tale scelta possa derivare dalla fisiologica difficoltà da parte del sempre bravo Steve nell’interpretare adeguatamente, ancora oggi, una canzone così lunga, drammatica e, conseguentemente, molto stressante dal punto di vista vocale.
Per il resto nulla da aggiungere, se non il fatto che queste due righe di commento derivano dall’ascolto della versione audio, ma consiglio a chi voglia farsi un bel regalo di optare per il dvd che immortala la band sul palco durante questa lunga e del tutto soddisfacente esibizione, in una location peraltro unica e prestigiosa come quella londinese.

Tracklist:
CD 1 – F E A R Live

1. El Dorado – 19:55
2. Living in F E A R – 9:10
3. The Leavers – 20:07
4. White Paper – 7:42
5. The New Kings – 16:48
6. Tomorrow’s New Country – 1:46

CD 2 – All One Tonight, featuring In Praise of Folly & Special Guests

1. The Space – 8:32
2. Afraid of Sunlight – 7:47
3. The Great Escape – 11:11
4. Easter – 7:05
5. Go! – 8:59
6. Man of a Thousand Faces – 9:19
7. Waiting to Happen – 6:43
8. Neverland – 12:29
9. The Leavers: V. One Tonight – 6:24

Line up:
Steve Hogarth – voce, chitarra e tastiera aggiuntive, hammered dulcimer (CD1: traccia 5)
Steve Rothery – chitarra
Pete Trewavas – basso, cori
Mark Kelly – tastiera
Ian Mosley – batteria

Altri musicisti
Michael Hunter – arrangiamento strumenti ad arco, flauti e corno

In Praise of Folly
Nicole Miller – viola
Margaret Hermant – violino
Annemie Osborne – violoncello
Maia Frankowski – violino

Sam Morris – corno francese
Emma Halnan – flauto

MARILLION – Facebook

Torment Of Souls – Zombie Barbecue

Parti che si avvicinano al thrash metal si scontrano con altre death , le atmosfere ricordano le strade brulicanti di non morti dei film horror, la tensione è altissima ma la componente melodica, importantissima nella struttura dei brani, gioca un ruolo per nulla marginale rendendo l’ascolto vario e piacevole.

Gruppo attivo dalla prima metà degli anni novanta, i Torment Of Souls portano avanti il loro concept dalle tematiche horror a suon di death metal old school.

Quattro full length ed un paio di ep compongono la discografia completa del gruppo, con questo lavoro che risulta l’ultimo della serie, essendo uscito originariamente nel 2013.
L’apocalisse zombie incombe sulla terra e i Torment Of Souls la raccontano tramite le trame del loro metal estremo di scuola death, dal taglio melodico e progressivo, quindi niente devastazioni brutal/gore come potrebbe far pensare il titolo, ma un più ragionato death metal suonato con perizia ed un buon talento per le melodie.
Parti che si avvicinano al thrash metal si scontrano con altre death , le atmosfere ricordano le strade brulicanti di non morti dei film horror, la tensione è altissima ma la componente melodica, importantissima nella struttura dei brani, gioca un ruolo per nulla marginale rendendo l’ascolto vario e piacevole.
Blooddawn esplode dopo un lungo strumentale, il thrash metal oscuro e pesante di matrice americana è l’arma in più del combo tedesco, e fuso con il death metal crea un sound estremo pregno di malsana musica progressiva.
Brani come la title track o la devastante Die Hure 3 convincono, il banchetto per l’orda di famelici zombie è ormai pronta, il cielo grigio dal fumo degli incendi che illuminano le strade della città annuncia l’ennesimo massacro, con la bellissima Bone Stone Brain, un brano che ricorda non poco gli Iced Earth di The Dark Saga resi ancora più estremi dal growl e dalle scudisciate ritmiche.
The Walking Death conclude il lavoro con ritmiche marziali che si trasformano in una cavalcata metallica, il refrain si tinge di rosso sangue ed il chorus thrash è da cantare a squarciagola mentre ci si appresta al pasto cannibale.
Zombie Barbecue ha fondamentalmente nel solo titolo il suo punto debole, ovviamente si tratta di un appunto marginale all’interno di un giudizio più che positivo.

Tracklist
1.Blooddawn
2.Zombie barbecue
3.Schrei
4.Die Hure 3
5.Bone Stone Brain
6.Ex Geht Zu Ende
7.Sore Intestines
8.Galgenmann
9.The walking Dead

Line-up
Jochen Hamper – Vocals
Thomas Hotz – Guitar
Georg Sander – Guitar
Markus Reger – Guitar
Joachim Hotz – Drums
Daniel Hayward – Bass

TORMENT OF SOULS – Facebook