NECRODEATH

Tutti i colori del buio: intervista ai Necrodeath

Di recente, abbiamo avuto la bella possibilità di scambiare quattro chiacchere con Peso, il drummer dei Necrodeath: un pezzo di Storia dell’heavy italiano. E ne sono venute cose molto interessanti.

Dire Necrodeath è dire storia del metal italiano, non solo black: volete ripercorrerla dagli inizi?

Rientrammo nel febbraio del 1984 dal concerto dei Venom (con Special guest i Metallica) e durante il tragitto decidemmo che anche noi dovevamo avere una band e fare tutto quel casino! Nacquero cosi i Ghostrider, con i quali registrammo un demo-tape. L’anno dopo iniziammo ad avere le idee più chiare su cosa volevamo comporre e cosa volevamo esprimere: decidemmo così di cambiare nome in Necrodeath, per mostrare tutta la nostra rabbia attraverso la musica estrema, prendendo spunto dalle ondate Black e Thrash che arrivavano dall’estero, e con il primo demo tape ufficiale The Shining Pentagram ricevemmo la prima recensione positiva su Rockerilla, l’unica testata nazionale che in quel tempo trattava il metal. All’estero fummo parzialmente stroncati, come i nostri colleghi italiani Bulldozer e Schizo, ma alla fine riuscimmo a imporre nel metal underground internazionale anche la nostra personalità.

Quale è la vostra formazione musicale e da quali ascolti provenite?

Tutti i componenti dei Necrodeath, sia i vecchi che quelli che hanno seguito poi la formazione negli anni, hanno tutti una formazione prevalentemente rock-metal, nessuno viene dal jazz o dal rap. Io personalmente nasco come fan degli AC-DC, degli Iron Maiden, dei Kiss e poi, piano piano, mi sono avvicinato a sonorità più veloci ed oscure, partendo dai Raven, dai Motorhead, per poi innamorarmi dei mitici Venom! Avere avuto Mantas nei nostri studi di Rapallo, qualche anno fa, a registrare con noi un singolo, è stato per me molto emozionante: mentre pranzavamo, gli ho detto che quel 4 febbraio del 1984, mentre andavo a vederli all’allora Palatenda di Milano, mi ha cambiato la vita e lui mi ha risposto che la stessa cosa l’ha provata andando da ragazzo a vedere i Judas Priest. Comunque, ritornando alla tua domanda, sì: siamo tutti dei rockettari incalliti…

L’oscurità in musica: quali sono, secondo voi, i capisaldi assolutamente da avere del dark sound?

Beh, innanzitutto l’oscurità nella musica la trovi nelle atmosfere, ma anche nelle note che vai a utilizzare: le dissonanze, gli accordi minori, ma soprattutto per quanto ci riguarda il tritono, sono chiaramente le armi migliori che puoi utilizzare se vuoi proporre un sound del genere; ma i Necrodeath non sono fatti solo di queste prerogative, perché anche la velocità dei riff in contropennata è sempre stata una nostra caratteristica. Chi ha fatto partire queste idee, magari senza eccedere nella velocità – ma, da lì in poi, una volta imparata la lezione, si sarebbe iniziato a correre – sono i Black Sabbath, di sicuro i capisaldi del genere Heavy Metal in generale.

Cosa pensate della scena black italiana di oggi (ligure, italiana e mondiale)?

Beh, non seguo più molto la scena, se devo essere sincero; le mie preferenze rimangono ancorate ai gruppi degli anni ’80, in particolare del thrash, come Slayer, Exodus, Destruction, Voivod, Kreator, Celtic Frost, Possessed, senza dimenticare comunque i già citati Venom e i primi Metallica. A livello ligure ti posso citare però i Damnation Gallery di Chiavari, che hanno sicuramente sonorità molto scure e, invece, il ritorno degli amici Hate di Genova, per quanto riguarda un sound piu hard rock / metal.

Quali ricordi della Brignole anni Ottanta portate con voi?

Ecco, proprio i ricordi che ho li condivido con gli Hate: allora loro erano i caposcuola del metal e con loro abbiamo appunto debuttato nel 1986 al Teatro Verdi di Sestri Ponente, facendo ben 700 paganti, cose impensabili oggigiorno. Comunque, la cosa che ricordo più volentieri era proprio il rituale del sabato pomeriggio, dove ci si ritrovava per acquistare il disco che sapevi era uscito: vi era una cultura musicale molto spessa e ognuno sapeva bene di cosa parlare, se ci si inoltrava in un discorso. Purtroppo la stessa cultura musicale di allora non puoi paragonarla, oggi, alle nuove generazioni, che, nonostante abbiano la potenzialità di sapere tutto con un clic (cosa per noi allora impossibile, ma era forse la ricerca la nostra forze) alla fine non sanno un cazzo, e i risultati si vedono…

The Dark Side of the Moon: che cosa rappresenta per voi?

Un grande disco: insieme a Pier (Gonella) dei Necrodeath abbiamo progettato, tempo fa, una rivisitazione, ribattezzata The Black Side of the Moon, la parte oscura di ognuno di noi. Dovremmo esporla al sole di più sinceramente, invece di nasconderla sempre di fronte a tutti e tutto

Quali sono i vostri progetti futuri?

Attualmente finire le date del tour di The Age of Dead Christ, il nostro album uscito quest’anno, e poi a febbraio daremo una simpatica news che svelerà i nostri planning.

Grazie e a presto!

Grazie a te e per chiunque volesse seguirci il nostro sito è: www.necrodeath.net.

Tytus – Rain After Drought

Vera macchina da guerra hard & heavy, i Tytus non fanno prigionieri e si confermano come una delle più convincenti realtà del genere.

I Tytus sono tornati e fanno male….. tanto male!

La band proveniente da Trieste, dopo aver distrutto mezzo pianeta con la micidiale detonazione provocata dal primo lavoro intitolato Rises (uscito tre anni fa), da il via ad un secondo bombardamento sonoro, questa volta licenziato dalla Fighter records ed intitolato Rain After Drought.
Rain After Drought è un concentrato di musica metallica che vede riff, solos, ritmiche potenti come un caccia torpediniere in primo piano: chitarra, basso e batteria al servizio del dio del rock, epico per certi versi, quasi eccessivo all’apparenza, ma in realtà perfetto nel suo glorificare un sound primitivo e dannatamente coinvolgente.
Se il primo album raccontava di una catastrofe legata all’avvicinamento della Terra al Sole, causato anche dalle dieci esplosioni contenute in Rises, Rain After Drought è uno tsunami biblico di metal/rock a non lasciare scampo.
Fin dall’opener Disobey veniamo travolti da queste nuove dieci tracce, tra riff mastodontici, solos taglienti e cavalcate strumentali di scuola Maiden (Rain After Drought Pt.1).
Vera macchina da guerra hard & heavy, i Tytus non fanno prigionieri e si confermano come una delle più convincenti realtà del genere.

Tracklist
1.Disobey
2.The Invisible
3.The Storm That Kill Us Hall
4.Our Time Is Now
5.The Dark Wave
6.Death Throes
7.Rain After Drought PT.1
8.Rain After Drought PT.2
9.Move On Over
10.A Desolate Shell Of A Man

Line-up
Ilija Riffmeister – Vocals & Guitars
Mark SimonHell – Guitars
Markey Moon – Bass
Frank Bardy – Drums

TYTUS – Facebook

Baldocaster – Moonrise

Questa opera prima in musica di Baldocaster è molto valida e può tranquillamente entrare nel novero delle migliori uscite del 2018 in campo retro wave e synth wave.

Baldocaster è semplicemente uno dei migliori produttori di retro wave e synthwave in circolazione, con un suono elettronico accattivante e completo.

L’inglese, ora trapiantato negli States, Baldocaster è un ragazzo che fin da piccolo ha nutrito un grande amore per l’elettronica, amore nato proprio in seguito ad un viaggio negli Stati Uniti. Da quel momento Baldocaster non si è più separato dai sintetizzatori e ha maturato un suo stile particolare, certamente debitore alla tradizione ma molto originale e ben strutturato. Questa sua opera prima in musica è molto valida e può tranquillamente entrare nel novero delle migliori uscite del 2018 in campo retro wave e synth wave. Le sue composizioni sono molto piacevoli e raggiungono molto bene lo scopo di questo genere di musica, ovvero costruire mondi nelle teste degli ascoltatori. Questo genere di musica elettronica che affonda le sue radici negli anni ottanta è uno di quelli, se non l’unico, che lascia completa libertà al suo ascoltatore nell’immaginare ciò che vuole durante l’ascolto. Certamente ha un suo ben preciso immaginario, fatto di colori sgargianti, linee rette e microchip seminali, ma può accadere di tutto fra queste note, tutto ciò che vuole l’ascoltatore. La produzione è potente e fa risaltare ottimamente le grandi doti di Baldocaster. Rispetto agli altri lavori dello stesso genere, Moonrise ha molti più elementi che diversificano il suono, che è di ampio respiro. La fantascienza la fa da padrona e contribuisce a portarci lontano, grazie a quell’elemento di solennità classica che contraddistingue la musica di Baldocaster. Infatti ci sono molti passaggi che potrebbero essere benissimo essere eseguiti da strumenti di musica classica. Un debutto molto buono e che lascia un segno.

Tracklist
1.Sputnik
2.Station X (featuring Caspro)
3.Temple Of The Sun
4.Moonrise
5.Blood Moon
6.Ritual
7.Solar Power
8.Eclipse
9.Here on Earth
10.Blood Moon (Stilz Remix)
11.Sputnik (Zayaz Remix)
12.Here on Earth (Caspro Remix)

Norilsk – Weepers Of The Land

Weepers Of The Land non è affatto un brutto album, perché i due musicisti sono autori di un sound gradevole al quale manca quell’incisività e soprattutto quel pathos che vengono richiesti a chi si cimenta in ambito doom e dintorni: la sensazione è che ci siano ampie potenzialità per fare decisamente meglio, magari offrendo un ‘interpretazione meno dispersiva del genere.

Norilsk è un città siberiana nota per le sue temperature inclementi, oltre al fatto d’essere stata fondata in luoghi particolarmente inospitali negli anni ’30 da Stalin per diventare uno dei famigerati Gulag.

La band che ha deciso di adottare questo monicker è invece canadese e giunge con Weepers Of The Land al suo terzo full length in pochi anni di attività.
Il duo del Québec si cimenta con un death doom dalle sfumature post metal che non è affatto male, anche se l’impressione che resta al termine di questa mezz’ora abbondante di musica è quella di una band che mette un po’ troppa carne al fuoco, finendo per non assumere una propria fisionomia ben delineata.
Lo stoner sludge di No Sacred Ground scorre via piuttosto bene, invero, ma viene seguita da un funeral minimale e appena abbozzato (The Way) prima che la francofona Toute la noirceur du monde riporti il tutto su un piano melodico più ragionevole, benché a sua volta non troppo collegato a quanto oggetto in precedenza.
A confondere ulteriormente le idee arriva Tomber 7 fois, cover di uno dei brani più noti della cantante francese Mylene Farmer, sensuale creatura che ebbe un notevole successo negli anni novanta: la riproposizione non è affatto male e il suo irrobustimento non ne fa smarrire l’orecchiabilità ma resta la sensazione di un qualcosa fuori contesto.
Ben venga, allora, la conclusiva title track, notevole e lunga litania che sembra finalmente connotare il sound dei Norilsk in maniera più precisa e soprattutto minacciosa, tenendo fede all’immaginario creato dal monicker e dalla copertina del quale francamente, fino a questo punto del lavoro, non se ne era vista traccia.
Weepers Of The Land non è affatto un brutto album, perché i due musicisti sono autori di un sound gradevole al quale manca quell’incisività e soprattutto quel pathos che vengono richiesti a chi si cimenta in ambito doom e dintorni: la sensazione è che ci siano ampie potenzialità per fare decisamente meglio, magari offrendo un ‘interpretazione meno dispersiva del genere.

Tracklist:
1. No Sacred Ground
2. The Way
3. Toute la noirceur du monde
4. Tomber 7 fois (Mylene Farmer Cover)
5. Weepers of the Land

Line-up:
Nic M – Vocals, bass, guitars
Nick R – Drums, backing vocals

NORILSK – Facebook

HELEVORN

Il video di Blackened Waves, dall’album Aamamata in uscita a gennaio (Solitude Productions/BadMoodMan).

Il video di Blackened Waves, dall’album Aamamata in uscita a gennaio (Solitude Productions/BadMoodMan).

https://www.facebook.com/helevornband/videos/526789697803539/

Video by Tuco Martin Shoot&Roll
Illustrations by PEPMI Ilustrador

‘Aamamata will be released on the 23rd of January 2019 by Solitude Productions/BadMoodMan.

Tracklist:
1. A Sail To Sanity
2. Goodbye, Hope
3. Blackened Waves
4. Aurora
5. Forgotten Fields
6. Nostrum Mare (Et deixo un pont de mar blava)
7. Once Upon a War
8. The Path to Puya
9. La Sibil·la

A Pale Horse Named Death – When the World Becomes Undone

Il ritorno degli A Pale Horse Named Death è bellissimo ed assolutamente imperdibile per gli amanti del sound nato tra le vie di Brooklyn una trentina d’anni fa.

Quello che nel 2010 sembrava un progetto estemporaneo, nel corso degli anni è diventato uno dei gruppi più interessanti del panorama doom/gothic statunitense, dal sangue di tipo 0 negativo.

Sal Abruscato, ex tra gli altri di Type 0’Negative e Life Of Agony, ha continuato a percorrere la strada aperta dal guru del genere Peter Steele con i A Pale Horse Named Death, arrivati con questo ottimo When the World Becomes Undone al terzo full length in meno di dieci anni.
Masterizzato da Maor Appelbaum (Faith No More,Yes, Sepultura, Halford) questo nuovo mastodontico lavoro del gruppo newyorkese risulta l’ennesimo grattacielo eretto sopra piani di musica metal/rock dalla struttura doom, tra i quali si aggirano anime grunge, hardcore e metal che non trovano pace.
Un’ora di metallo si trascina tra i resti di un mondo messo a nudo e ormai allo sfascio, con un lento incedere che a tratti lascia che la rabbia prenda il sopravvento, con schizzi di oscuro hardcore che sferrano colpi mortali all’atmosfera gotica e disillusa dell’album.
Quei muri sonori, che sono la firma del doom metal suonato nella grande mela, tornano a far tremare le membrane di casse lasciate nella polvere del tempo prima che il nuovo millennio vedesse la luce, cimiteri dimenticati tra i quartieri di una metropoli oscurata dal male e che portano sulle lapidi i titoli di brani come la title track, Feel In My Hole, Lay With The Wicked, Splinters e che vedono girare tra la terra smossa velate forme sonore dalle somiglianze con Type 0 Negative, Life Of Agony, Alice In Chains e Danzig.
Il ritorno degli A Pale Horse Named Death è bellissimo ed assolutamente imperdibile per gli amanti del sound nato tra le vie di Brooklyn una trentina d’anni fa.

Tracklist
1.As It Begins
2.When the World Becomes Undone
3.Love The Ones You Hate
4.Fell in My Hole
5.Succumbing to the Event Horizon
6.Vultures
7.End of Days
8.The Woods
9.We All Break Down
10.Lay with the Wicked
11.Splinters
12.Dreams of the End
13.Closure

Line-up
Sal Abruscato – Vocals, Guitars
Eddie Heedles – Guitars
Eric Morgan – Bass
Joe taylor – Guitars
Johnny Kelly – Drums

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