Der Blutharsch And The Infinite Church Of The Leading Hand ‎– What Makes You Pray

Un flusso musicale intriso di una potente fascinazione orientale e di una decisiva componente che riconduce a quella kosmische musik presente inevitabilmente nel dna di ogni musicista mitteleuropeo.

Al nome di Albin Julius è spesso stato associato l’aggettivo controverso, che è una maniera pur sempre legante ma anche un po’ pilatesca di approcciarsi ad un personaggio discutibile in passato dal punto di vista ideologico quanto apprezzabile sul lato artistico.

Da parte mia, non essendo mai stato un grande estimatore della scena martial-neofolk che vide quali vessilliferi i Death In June (del quale peraltro il nostro ha fatto parte), non ho mai neppure dovuto pormi il problema di dover separare l’uomo dal musicista per consentirmi di godere senza condizionamenti del prodotto finale, ovvero il disco.
Il tempo cambia le cose e spesso consente di vederle, a posteriori, sotto un’altra luce, anche da parte di chi ha vissuto certe situazioni in prima persona: da alcuni anni Julius ha preso in qualche modo le distanze da quella fase della sua carriera, sia a parole sia musicalmente, e questo rende tutto molto più semplice consentendo a qualsiasi ascoltatore di addentrarsi senza veti o distinzioni di sorta nell’operato del musicista austriaco.
La stessa scelta di aggiungere And The Infinite Church Of The Leading Hand allo storico monicker Der Blutharsch è un chiaro elemento di discontinuità, ed ecco, quindi, che ‎non può sorprendere il nuovo corso psichedelico che vede in What Makes You Pray l’ultimo prelibato frutto.
Shine è il magnifico e lunghissimo mantra che apre l’album, fornendo senza indugi un’idea di quelle che ne saranno le principali coordinate: un flusso musicale intriso di una potente fascinazione orientale e di una decisiva componente che riconduce a quella kosmische musik presente inevitabilmente nel dna di ogni musicista mitteleuropeo.
La psichedelia qui non è intesa solo come una costante forma di alterazione degli stati di coscienza provocata da estenuanti improvvisazioni: ogni brano è infatti dotato di una propria struttura melodica che lo rende identificabile e capace di fissarsi nella memoria, come avviene con la stupefacente El Ocaso, traccia inizialmente in odore morriconiano che si stempera in un magnifico lavoro chitarristico nella sua parte conclusiva.
A questo punto sono passati circa venticinque minuti che rasentano la perfezione, con in mezzo altri due brani convincenti come Wolf On Your Threshold e You Bring Low; successivamente, il disco perde leggermente in omogeneità con l’incrementarsi della vena sperimentale, senza che il tutto comunque vada ad inficiare in maniera decisiva la qualità dell’insieme, con Land Of Free che resta l’episodio meno scintillante della tracklist.
La minacciosa title track e la toccante Right preludono al delirio ambient rumoristico di Time, degna chiusura di un lavoro dai due volti ma ugualmente efficace nel suo insieme: si capisce che Albin Julius, oggi più che mai, è un musicista che, abbattuta ogni sorta di barriera ideologica e stilistica, lascia sfogare il suo talento senza perseguire altro obiettivo se non quello di proporre ciò che di volta in volta è nelle sue corde e, mi si creda, non è affatto poco.

Tracklist:
01 Shine
02 Wolf On Your Threshold
03 You Bring Low
04 El Ocaso
05 Land Of Free
06 Interludio
07 What Makes You Pray
08 Right
09 Time

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