La prima volta in Italia dei Clouds di Daniel Neagoe rappresentava un’occasione troppo importante per non pensare di fare una trasferta di un migliaio di chilometri, tra andata e ritorno, per assistere al concerto organizzato al circolo Monk di Roma dalle due Dark Veil, Floriana e Simona.
Il resto del bill, peraltro, non era affatto da sottovalutare, visto che dalla Svezia erano in arrivo i notevoli Anktartis ed i più famosi In Mourning, ai quali era stata aggiunta un’altra ottima band di casa come gli Ars Onirica.
Sono stati proprio questi ultimi, tornati in attività dopo oltre un decennio di silenzio, ad aprire la serata con un set breve ma intenso, con il quale i ragazzi della capitale hanno messo in mostra un black doom di ottima fattura che fa presagire frutti prelibati in occasione del nuovo lavoro in programma quest’anno, rendendo peraltro evidente un aspetto di fondamentale importanza come l’acustica pressoché perfetta offerta dal locale.
Di questo valore aggiunto, non così scontato purtroppo in molti altri locali frequentati ultimamente, hanno goduto anche gli Anktartis, band reduce da un notevole lavoro come Ildlaante, uscito nello scorso autunno per Agonia. Questo quartetto svedese, che per la sua metà ha membri in comune con gli In Mourning, nelle persone di Tobias Netzell e Björn Pettersson, ha proposto il suo sludge doom di spasmodica intensità e in una veste contaminata da pulsioni post metal che ne avvicina il sound a soliti noti come Isis, Rosetta e co.
Al di là dei riferimenti, utili per inquadrare le coordinate dell’offerta della band, la prova del combo svedese ha convinto non poco per l’intensità esibita, oltre ad una spiccata personalità, aspetti capaci di fare la differenza non solo su disco ma soprattutto in ambito live.
Arrivava così sotto i migliori auspici quello che almeno per me era il momento più atteso, la possibilità di vedere all’opera sul palco una delle mie band preferite, guidata da un musicista come Daniel Neagoe che, come pochi altri, ha saputo interpretare il lato più funereo e malinconico della musica in quest’ultimo decennio: i Clouds hanno esibito un set incredibile per contenuti emotivi, colpendo i presenti con il loro death doom melodico che ha pochi eguali oggi. Daniel è l’interprete ideale di tutta la gamma di sensazioni funeste che sono la conseguenza della perdita, e lo fa sia utilizzando evocative clean vocals sia soprattutto quel growl unico, che dal vivo ti entra nell’anima facendola vibrare, non solo metaforicamente.
Il musicista rumeno riesce trasmettere al pubblico le proprie emozioni con tale intensità da apparire a tratti quasi prosciugato, vera e propria guida di un gruppo che dimostra una totale condivisione di intenti.
Se già così la configurazione dei Clouds è apparsa efficace, l’ingresso sul palco di Gogo Melone per duettare con Daniel nella splendida In This Empty Room, tratta dall’ultimo ep Destin, ha elevato a dismisura il pathos: questa minuta e timida ragazza greca, allorché inizia cantare, assume dimensioni gigantesche alla luce di un timbro vocale unico, versatile e lontano anni luce dalle spesso stucchevoli sirene pseudo liriche del gothic metal. Anche per questo invito caldamente ogni appassionato a fare proprio l’album d’esordio degli Aeonian Sorrow, progetto che Gogo porta avanti assieme ad alcuni musicisti finlandesi.
You Went So Silent, Nothing But A Name, When Was Blind To My Grief erano stati i brani eseguito in precedenza, mentre il finale ha regalato altre due tracce capolavoro come How Can I Be There e e If These Walls Could Speak, viatici ideali per il congedo da un pubblico che ha tributato il meritato applauso alla performance dei Clouds.
Headliner della serata erano gli In Mourning, band che gode di una certa notorietà che, se appare meritata per le prove offerte in studio, incluso l’ultimo album Afterglow del 2016, lo è ancora di più per quello che abbiamo potuto ammirare in questa specifica occasione, non lesinando sudore, forza e convinzione per circa un’ora di death progressivo ma dal buon gusto melodico, percepibile nonostante il muro di riff prodotto dai tre chitarristi presenti sul palco, tra i quali il vocalist Tobias Netzell, coadiuvato anche qui dal sempre bravo e puntuale Petterson.
Il quintettto svedese non si è perso in preamboli e, più o meno senza pause, ha sciorinato brani provenienti da un po’ tutti i full length pubblicati, lasciandoci la sensazione concreta d’essere stati al cospetto di musicisti di elevato spessore, tra i quali non si può fare a meno di citare un drummer come Daniel Liljekvist che, tra tutti, era quello dal curriculum più illustre, vista la sua lunga militanza nei mitici Katatonia.
Attorno a mezzanotte e mezza, dopo quattro ore di ottima musica, si chiudeva così la serata tra la soddisfazione dei non troppo numerosi presenti.
E qui diviene doveroso aprire una parentesi sullo stato dell’arte dei concerti metal in Italia.
Arrivando da una realtà piuttosto problematica come quella genovese dove, di fatto, a proporre musica dal vivo con buona puntualità è rimasto un solo locale che non sia uno scantinato ai limiti dell’agibilità nel centro storico, immaginavo che nella capitale, per ovvi motivi legati ad una scena piuttosto importante anche numericamente, l’afflusso ad un evento di questo genere fosse ben diverso.
Nonostante un’organizzazione impeccabile che ha lasciato soddisfatte le band coinvolte, la possibilità di accedere ad una struttura davvero ideale per concerti di medio cabotaggio come quella del Monk, e la presenza di band di comprovato livello e piuttosto diversificate dal punto di vista stilistico, la risposta del pubblico non è stata all’altezza delle attese, facendo intendere che neppure la scena della capitale è immune a quella pigrizia di fondo che affligge mediamente il metallaro italiano (musicista o semplice appassionato che sia), sempre pronto ad offrire il proprio supporto stando dietro ad una tastiera ma, alla prova dei fatti, piuttosto restio ad alzare il culo dalla sedia per fornire un contributo anche “fisico”.
Detto questo, resta negli occhi e nella memoria una serata bella e spero ripetibile in futuro, che oltre alla musica ci ha consentito di conoscere piacevoli persone che fino a quel momento erano solo amicizie “virtuali”, a partire dalle benemerite organizzatrici Floriana e Simona, passando per Gianluca e Valerio dei Rome In Monochrome ed altri presenti dei quali non so o non ricordo il nome, per finire con l’incontro diretto con gli stessi musicisti: nel mio caso specifico, l’aver potuto constatare che dietro ad uno dei musicisti che più ammiri – Daniel Neagoe – c’è soprattutto una persona degna di altrettanta stima è stato davvero qualcosa di impagabile.
Un ringraziamento particolare va a Floriana Ausili per aver fornito le fotografie utilizzate nell’articolo e ad Alberto Centenari per avermi tenuto compagnia in questa lunga trasferta.