Braindamage – The Downfall

Un post thrash, irruente, futurista, freddo ed industriale, ma comunque capace di incollare l’ascoltatore alle cuffie, cercando di seguire il mare di note che il terzetto senza sosta scaraventa, con forza disarmante, nello spartito.

Tornano dopo sette anni dal loro ultimo album gli storici Braindamage, nome di punta del metal estremo nazionale, dal 1988 impegnati a diffondere il verbo del thrash metal, progressivo e dissonante.

Ne è passata di acqua sotto i ponti dal debutto Signal de Revolta, album che portava il gruppo torinese all’attenzione delle cronache metalliche, non solo per l’ottima qualità del metal proposto, ma pure per il lavoro dietro alla console di Steve Albini, guru dell’alternative e del metal internazionale, impegnato con nomi altisonanti come Nirvana, Neurosis, Sonic Youth ed una buona fetta dei gruppi più importanti di quel periodo.
Un concept lirico che richiama il romanzo Kahlenberg, la Regina in Rosso ed Altri Racconti, scritto da Andrea Signorelli, bassista, cantate e membro storico della band, ed un’ottima vena compositiva, fanno di The Downfall un lavoro riuscito ed ispirato: il thrash metal moderno e progressivo di cui il gruppo è portabandiera non manca di creare mulinelli di musica che nell’originalità e nella non facile lettura costruisce il suo massimo punto di forza.
Un post thrash, irruente, futurista, freddo ed industriale, ma comunque capace di incollare l’ascoltatore alle cuffie, cercando di seguire il mare di note che il terzetto senza sosta scaraventa, con forza disarmante, nello spartito.
L’opener Substituting Forgiveness with Mass Destruction introduce a questo lavoro con l’impeto di un’esplosione nucleare metendo in evidenza la roboante, marziale e fantasiosa sezione ritmica (Andrea Signorelli e l’ottimo drummer Cosimo De Nola) e i solos chirurgici della coppia Alex Mischinger e Gigi Giugno.
She Can Smell The Blood Of A Surrendering Race, futurista e travolgente, dall’impatto di un disco volante in caduta libera sulla terra, annichilisce così come le altre songs, che hanno nella seguente I Owe You A Billion Years Of Terror un esempio di terrificante thrash metal industriale, con i Killing Joke, una delle influenze primarie del gruppo, a poggiare la loro ala distruttiva sul sound.
Non esiste tregua nell’assalto cyber thrash dei Braindamage, bellissima e coinvolgente Subhuman’s Towns Merciless Obliteration, con un Signorelli leggermente più melodico rispetto al tono rabbioso che contraddistingue la sua prova, mentre Queen Acadienne’s Floating Mirrors And Tarots è una marcia siderale verso l’annientamento dei padiglioni auricolari.
I sette minuti di The Downfall Is Here To Stay, I Shall Fight Until The End concludono alla grande questo nuovo lavoro, un ritorno assolutamente da non perdere per i fans del gruppo e per tutti gli amanti del genere.
I Braindamage si confermano uno dei nomi più titolati nel portare avanti il suono creato dai maestri Voivod, accompagnati da un’esperienza ed una personalità da grande band. Bentornati.

TRACKLIST
01. Substituting Forgiveness With Mass Destruction
02. god Granted Your Prayers Through Nuclear Warheads
03. She Can Smell The Blood Of A Surrendering Race
04. I Owe You A Billion Years Of Terror
05. Subhuman’s Towns Merciless Obliteration
06. Queen Acadienne’s Floating Mirrors And Tarots
07. Last Of The Kings, First Of The Slaves
08. The Shadow That I Cast Is Yours, Not Mine
09. You Nailed My Soul I Burned Your Flesh
10. The Downfall Is Here To Stay, I Shall Fight Until The End

LINE-UP
Gigi Giugno- Guitars
Andrea Signorelli- Bass, vocals
Alex Mischinger- Guitars
Cosimo De Nola – Drums

BRAINDAMAGE – Facebook

Constraint – Enlightened By Darkness

Atmosfere folk, potenza metallica, dolci ed intimiste ballate e stupende aperture sinfoniche, fanno di Enlightened By Darkness un debutto imperdibile per gli amanti del genere

Mi rendo perfettamente conto che una webzine come la nostra, la cui missione primaria è supportare la scena underground, non solo metallica e non solo nazionale, possa essere tacciata di buonismo verso le giovani band che si affacciano sul mercato ma, partendo dal presupposto che Iyezine non è legata ad alcun vincolo con label italiane o straniere, quello che esce dagli articoli dei collaboratori, come in questo caso, è assolutamente frutto di un giudizio libero ed incondizionato.

Una premessa doverosa, perché anche quest’album, come molti ultimamente targati Italia, è un disco davvero bello e ben fatto e, in un genere come il symphonic metal dove sembra che tutto sia già stato detto e scritto, trovare una band al debutto con un lavoro di così ottima fattura non può che far estremo piacere.
La band si chiama Constraint, proviene da Modena e dal 2011 suona il genere interpretando i brani dei gruppi più famosi come Nightwish, Epica ed Evanescence.
Una gavetta obbligatoria per chiunque muova i primi passi nel mondo musicale, ma la voglia di suonare la propria musica, specialmente se si è musicisti di talento, prima o poi prende il sopravvento, ed allora i Constraint nel 2012 iniziano a mettere insieme idee e note e dopo quattro lunghi anni Enlightened By Darkness può finalmente fare la gioia di tutti gli amanti del symphonic metal.
Il lavoro, autoprodotto, ha trovato nell’Atomic Stuff un buon trampolino di lancio e le note sinfonicamente eleganti di Behind The Scenes, opener dell’album, possono riempire di metallo orchestrale ed operistico una mezz’ora abbondante della nostra stressante vita, per sognare insieme all’incantevole voce della bravissima Beatrice Bini, singer in linea con le interpreti del genere.
Sotto l’aspetto puramente musicale Enlightened By Darkness, non fatica a convincere, l’appeal dei brani è altissimo ed il gruppo, intelligentemente, alterna brani dal mood quasi radiofonico, ad altri dove squisite atmosfere folk alzano notevolmente la qualità del disco, come in un viaggio a spasso nel tempo tra le strade chiuse dai grattacieli, passeggiando nelle notti gotiche, per ritrovarsi in un attimo ai piedi di un castello medievale, illuminato dalle torce appese alle torri fortificate.
Prodotto perfettamente agli Art Distillery Studios da Claudio Mulas, l’album non manca di potenza metallica, equilibrata, raffinata ma pur sempre forgiata nell’acciaio, la sei corde e la sezione ritmica non mancano di spingere quando l’aria si fa pressante (The Birth), mentre i tasti d’avorio ricamano tele sinfoniche su cui la singer si destreggia da par suo, lasciando a tratti i toni operistici per un approccio più moderno.
Atmosfere folk, potenza metallica, dolci ed intimiste ballate e stupende aperture sinfoniche, fanno di Enlightened By Darkness un debutto imperdibile per gli amanti del genere e dei Constraint l’ennesima band da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
1. Behind The Scenes
2. Talking Dumbs
3. The Ending Of Time
4. Illusion Of A Dream
5. The Birth
6. Breathing Infinity
7. Enlightened By Darkness
8. Autumn Hymn
9. Oniria

LINE-UP
Beatrice Bini – Vocals
Alessio Molinari – Guitars
Simone Ferraresi – Keyboards
Federico Paglia – Bass
Alessandro Lodesani – Drums

CONSTRAINT – Facebook

Rampart – Codex Metalum

I Rampart con questo nuovo lavoro confermano la bontà della propria proposta, adatta agli appassionati ancorati al metal tradizionale, i quali troveranno pane per i loro denti tra le trame di Codex Metalum.

Fiero heavy metal old school dalla capitale bulgara Sofia in compagnia dei Rampart, band attiva dai primi anni del nuovo millennio e con una nutrita discografia alle spalle.

La band della cantante Maria “Diese” Doychinova, molto conosciuta in patria , taglia il traguardo del quarto lavoro sulla lunga distanza; Codex Metalum segue di tre anni l’ultimo lavoro e conferma la buona costanza del gruppo che non ha mai fatto passare periodi più lunghi da una release all’altra.
L’album è stato masterizzato da Arne Lakenmacher ( Gamma Ray, Doro, Stormwarrior) ai High Gain Studios di Amburgo, capitale del power metal tedesco e vanta nove brani, inclusa la cover della storica Majesty del guardiano cieco.
La band alterna speed metal e new wave of british heavy metal ed i brani sono caratterizzati da mid tempo e crescendo sufficientemente suggestivi per far innamorare i fans di Iron Maiden, Saxon , Bind Guardian e Doro Pesch.
La singer, senza strafare, è protagonista di una buona prova, le canzoni regalano chorus epici, tutti acciaio, fuoco e gloria immortale, i solos nascono dalla covata metallica ottantiana e le accelerazioni power/speed arrivano a noi dalla storia del metallo teutonico.
Una buona raccolta di brani che vivono dei cliché del genere, con un paio di questi che alzano la qualità dell’opera come la lunga The Metal Code e la speed Into the Rocks, il resto si mantiene a galla grazie ai vari cambi di ritmo e l’abbondanza di chorus dall’elevato tasso epico.
Band che, con coerenza e passione, porta avanti il verbo delle sonorità classiche, i Rampart con questo nuovo lavoro confermano la bontà della propria proposta, adatta agli appassionati ancorati al metal tradizionale, i quali troveranno pane per i loro denti tra le trame di Codex Metalum.

TRACKLIST
1 Apocalypse Or Theater
2 Diamond Ark
3 The Metal Code
4 Of Nightfall
5 Sacred Anger
6 Into The Rocks
7 Colors Of The Twilight
8 Crown Land
9 Majesty – Blind Guardian Cover

LINE-UP
Maria “Diese” Doychinova- vocals
Victor Georgiev- Guitars, B.vocals
Sebastian Agini- Guitars, B.vocals
Yavor Despotov- Live guitars, B.vocals
Alexandar Spiridonov- Bass
Jivodar Dimitrov- Drums

RAMPART – Facebook

Inallsenses – Checkmate

Checkmate potrebbe senz’altro fungere da ideale apripista ad un nuovo lavoro sulla lunga distanza, le sensazioni sono positive, aspettiamo fiduciosi le prossime mosse.

Attivi addirittura dalla seconda metà degli anni novanta, tornano con questo ep di quattro brani i campani Inallsenses, alfieri di un sound che mescola con sagacia death metal,thrash e metalcore in un unico terremotante frullatore musicale.

Il gruppo di Caserta rompe un silenzio che dura ormai da sei anni, da quel 2010 che segnò l’uscita dell’ultimo full length, Hysterical Psychosis, successore di The Experience, uscito nel 2008 e di due demo nei primi anni di carriera.
Una band di provata esperienza, culminata nel 2008 con l’apparizione al Wacken Open Air, messa al sevizio di quattro brani composti da pura adrenalina estrema.
Velocità ritmica ai limiti legali, un’ottimo uso delle due voci (clean e growl) ed un buon susseguirsi di solos melodici, sono le principali cause della buona riuscita dei brani che compongono Checkmate, ad iniziare dall’opener Expectation, la più moderna del lotto e vicina al sound estremo di moda in questi anni.
Si viaggia con l’acceleratore a tavoletta nella seguente The Anthem Of Revolution, una thrash metal song divisa tra l’irruenza del genere e i solos di estrazione melodic death, così come in New Automata, interpretata alla grande dalla doppia voce del chitarrista Matteo Recca.
La titletrack chiude questi diciassette minuti di flagello, qui i migliori Testament fanno capolino tra i solchi del brano, un arrembante e quanto mai riuscito macello sonoro, a cui la doppia voce dona un’altissimo appeal.
Buon ritorno per la band casertana, Checkmate potrebbe senz’altro fungere da ideale apripista ad un nuovo lavoro sulla lunga distanza, le sensazioni sono positive, aspettiamo fiduciosi le prossime mosse.

TRACKLIST
1. Expectation
2. The Anthem Of Revolution
3. New Automata
4. Checkmate

LINE-UP
Lorenzo Picerno – Bass
Bartolomeo D’Arezzo – Drums
Mateo Recca – Guitars, Vocals
Giuseppe Senese – Guitars

INALLSENSES – Facebook

Subliminal Crusher – Darketype

Darketype ci consegna una band che non ha nulla da invidiare ai gruppi d’oltreconfine, manifesto della qualità altissima raggiunta dalla nostra scena estrema.

Tornano a distanza di tre anni dal precedente Newmanity i Subliminal Crusher, band da considerarsi storica nel panorama estremo nazionale visto gli ormai quattordici anni di attività.

Il gruppo infatti è dal 2002 che sale sui palchi con il suo devastante sound, in compagnia di nomi altisonanti del mondo estremo come Entombed, The Haunted, Darkane e Sadus, portandosi dietro una discografia arrivata al quarto full length, dopo Antithesis, primo lavoro del 2005, E(nd)volution del 2008 e, appunto, Newmanity.
Il gruppo umbro anche questa volta non tradisce le attese e colpisce nel segno con terribile violenza, Darketype è un lavoro che, come da tradizione, annovera nel proprio sound death metal melodico e thrash, in un susseguirsi di songs dall’impatto devastante ma molto curate sotto l’aspetto melodico, specialmente nel gran lavoro delle due asce (Marco Benedetti e Lorenzo Lucchini) che inanellano una serie di solos dal forte sapore classico (The Jester Who Rules The World e la straripante No Future For Your Head), sulle ritmiche infernali provenienti dal basso di Jerico Biagiotti e dal quel mostro di bravura alle pelli che risulta Rawdeath, un vero spettacolo pirotecnico il suo drumming.
Sopra a questo ben di dio estremo, il growl rabbioso di Emiliano Liti fa il resto e Darketype deflagra fin dalle prime note di Violence, seguita da Archetype e andando a formare un duetto iniziale letteralmente fulminante.
Musica estrema, violenta, sparata a velocità della luce, o marmorea nel suo incedere cadenzato (grandiosa Eternal And Hollow), compone questo album a tratti entusiasmante, il death metal melodico di estrazione scandinava viene irrobustito a dovere da elementi thrash, i solos non risultano mai banali, non mancano aggressive cavalcate metalliche e violentissime sfuriate (Vermin’s Choirs) il tutto suonato in modo esemplare.
Dopo tanto core, ormai insinuatosi nel sound di molti gruppi estremi, finalmente un vero esempio di death metal melodico come i maestri scandinavi insegnano, Darketype ci consegna una band che non ha nulla da invidiare ai gruppi d’oltreconfine, manifesto della qualità altissima raggiunta dalla nostra scena estrema.

TRACKLIST
01.Violence
02.Archetype
03….And Then the Darkness Came
04.Ashes of Mankind
05.Condemned to Exile
06.The Jester Who Rules the World
07.Eternal and Hollow
08.Vermin’s Choirs
09.No Future for Your Head
10.Obscure Path

LINE-UP
Jerico Biagiotti – Bass
Rawdeath – Drums
Marco Benedetti – Guitars
Lorenzo Lucchini – Guitars
Emiliano Liti – Vocals

SUBLIMINAL CRUSHER – Facebook

Rimfrost – Rimfrost

Un disco black metal ben prodotto, oscuro ed epico, vario nell’alternare furia black, accelerazioni, potenza thrash ed atmosfere dark

Gli svedesi Rimfrost non sono certo una band di primo pelo, visto che l’anno di inizio attività è il 2002 e con questo lavoro sono arrivati al terzo full length dopo A Frozen World Unknown datato 2006 e Veraldar Nagli del 2009.

Sono passati sette anni ed il trio licenzia finalmente un nuovo album omonimo, sotto l’ala della Non Serviam Records e, vista l’alta qualità della proposta, lo scorrere del tempo non è passato invano.
Un disco black metal ben prodotto, oscuro ed epico, vario nell’alternare furia black, accelerazioni, potenza thrash ed atmosfere dark, così da risultare un’opera completa sotto tutti i punti di vista.
Un approccio vicino agli Immortal era At the Heart of Winter, ma molto più progressivo (se mi si concede il termine), maturo, apparentemente leggero per i canoni del true black metal, ma solo all’apparenza, perché gli otto brani prodotti hanno in sé, ben tatuato, il male sotto forma musicale.
Suonato molto bene, l’album parte alla grande con As The Silver Curtain Closes, otto minuti di devastante black metal epico, ricco di cambi di ritmo ed atmosfere, mentre Saga North risulta più in linea con le produzioni classiche del genere.
Ottimo lo scream di Hravn, molto bravo pure con la sei corde, a tratti molto vicino al death metal melodico e prezioso il lavoro della sezione ritmica, ad opera dei due demoni Throllv alle pelli e B.C al basso.
La seconda parte dell’opera è composta da quattro piccoli capolavori di metal estremo epico oscuro e melodico, la gelida Ragnarök, una tempesta di freddo vento del nord, la corale Cold, la drammatica teatralità di Witches Hammer, arricchita da un tappeto di tastiere molto suggestivo e la conclusiva Frostlaid Skies, lunghissima suite estrema, un mid tempo che si trasforma in una cavalcata evil colma di cambi di tempo, cattiva e maligna, suggestiva ed epica, insomma, una degna conclusione per un lavoro veramente bello.
Consigliato a tutti gli amanti del black metal scandinavo, Rimfrost è un album che potrebbe stregare molti fans che fino ad ora hanno snobbato il genere, proprio per il suo innato appeal metal epico; una band da seguire e un album senza dubbi da far vostro il prima possibile.

TRACKLIST
1. As The Silver Curtain Closes
2. Saga North
3. Beyond The Mountains Of Rime
4. Dark Prophecies
5. Ragnarök
6. Cold
7. Witches Hammer
8. Frostlaid Skies

LINE-UP
Hravn – Vocals / Guitar
Throllv – Drums
B.C – Bass

RIMFROST – Facebook

Systemhouse33 – Regression

Se siete amanti dei suoni moderni e dalle reminiscenze core, Regression vi stupirà per impatto, attitudine e violenza.

Vi avevamo già parlato dei Systemhouse33 in occasione dell’uscita, un paio di anni fa, del primo full length, Depths Of Despair, quindi la band torna sulle pagine metalliche della nostra ‘zine con il nuovo lavoro, Regression.

Il gruppo di Mumbai, sempre molto attento alle vicende politico sociali del suo paese, riprende il discorso interrotto con il primo album, ma questa volta con molta più convinzione.
Il sound di questo nuovo lavoro vira leggermente in territori più core rispetto al precedente, quindi meno ritmiche panterizzate e tanto groove moderno, oltremodo devastante e compatto come il granito.
Solo mezz’ora scarsa la durata, ma tanto basta per colpire nel segno con questo violento e monolitico esempio di metal estremo, composto da accelerazioni thrash e metalcore colmo di groove, a tratti marziale e potentissimo.
La band nel frattempo ha avuto qualche piccolo ritocco di line up, risultando ora un terzetto composto dai membri storici Leon Quadros al basso ed il vocalist Samron Jude, con il nuovo entrato Atish Thomas alle prese con la sei corde e le pelli.
E Regression non delude, così, dopo un’intro marziale e molto coinvolgente parte in quarta, come un treno senza freni con l’ottima title track, velocità e potenza si alternano al comando del sound mentre Jude si dimostra un vocalist dall’impatto disumano: il suo canto estremo coinvolge, come se tutti i mali del mondo convogliassero nella sua gola e Lift This Plague continua imperterrita a disegnare questo manifesto di metal estremo moderno e senza compromessi.
Enorme il lavoro delle sei corde, che ci travolgono con riff monolitici e solos lancinanti.
Denuncia, rabbia, disperazione, difficile trovare in band del genere, anche più famose, emozioni così reali come sanno trasmettere i Systemhouse33, con Namesake (la più thrash del lotto) ed il muro sonoro alzato da Death Chamber a salire sul podio delle migliori song del disco, in un’escalation di violenza e disperazione sorprendente.
Per chi ancora non si è avvicinato al metal suonato nel lontano paese asiatico, ed alla band in questione, siamo molto vicini al sound dei vari Lamb Of God, Meshuggah e personalmente, ai già citati in occasione della recensione sul primo lavoro, Skinlab.
Se siete amanti dei suoni moderni e dalle reminiscenze core, Regression vi stupirà per impatto, attitudine e violenza.

TRACKLIST
1.Catharsis
2.Regression
3.Lift This Plague
4.Namesake
5.Death Chamber
6.Detestable Idolatry
7.Pagan Breed
8.Malicious Mind

LINE-UP
Leon Quadros – Bass
Samron Jude – Vocals
Atish Thomas – Drums, Guitars

SYSTEMHOUSE 33 – Facebook

Battle X – Imminent Downfall

Un lavoro di una bellezza metallica che commuove, esplosivo e dirompente ma anche intimista, drammaticamente melodico, fiero nel portare questa raccolta di note nell’olimpo del genere

Rigorosamente autoprodotto, come già l’ep di debutto datato 2010, Imminent Downfall è un album di metallo old school come attitudine, d’altronde i brani presenti richiamano a gran voce i Metallica del black album (The Hierophant), i Testament più melodici, accompagnati poi con elementi che portano ancora più indietro negli anni e alla New Wave Of British Heavy metal, il tutto suonato e prodotto talmente bene che potrebbe essere tranquillamente un album pubblicato da una grossa label.

I Battle X sono un quartetto, hanno in Jaka Črešnar non solo il chitarrista ritmico ma un cantante eccellente, perfetto ed emozionale, non solo un urlatore rabbioso ma monocorde, come tanti suoi colleghi, bensì interprete del sound altamente metallico del gruppo.
Blaž Lorenčič al basso e Simeon Garkov alle pelli formano una sezione ritmica precisa e potente, mentre la chitarra solista di Filip Gornik valorizza con bellissimi passaggi questo entusiasmante lavoro.
Perché di questo si tratta, un lavoro di una bellezza metallica che commuove, esplosivo e dirompente ma anche intimista, drammaticamente melodico, fiero nel portare questa raccolta di note nell’olimpo del genere, anche se magari rimarrà ad esclusiva di pochi fortunati che godranno di tanta qualità.
I Battle X hanno scritto una delle pagine più belle del genere degli ultimi tempi, e brani straordinariamente efficaci come l’opener Break Your Bones, la seguente e devastante Raise Hell, il capolavoro The Hierophant, la potentissima Whispers In The Sand e la conclusiva title track sconvolgeranno i thrashers che non vogliono fermarsi alle apparenze o al paese di provenienza.
Noi siamo Iyezine e non abbiamo paura di dare a Cesare quel che è di Cesare, anche se non c’è dietro una label di riferimento da blandire: per Imminent Downfall c’è solo da spellarsi le mani in scroscianti applausi.

TRACKLIST
1. Break Your Bones
2. Raise Hell
3. Final Confrontation
4. Face to Face
5. Dignity
6. The Hierophant
7. Whispers in the Sand
8. Circus of Trust
9. The Ascent
10. Imminent Downfall

LINE-UP
Blaž Lorenčič – Bass
Simeon Garkov – Drums
Filip Gornik – Guitars (lead)
Jaka Črešnar – Vocals, Guitar (Rhythm)

BATTLE X – Facebook

Strangulate – Catacombs Of Decay

Un buon lavoro, da ascoltare a tutto volume quando si ha bisogno di scaricare la rabbia che la vita di tutti i giorni ci fa accumulare dentro

Si torna a parlare della scena asiatica, per la precisione quella estrema indiana, con i death metallers Strangulate, duo di Kolkata ora alle prese con la distruzione sonora di Calcutta a colpi di metal estremo feroce e molto vicino al brutal.

Una carneficina, questo Catacombs Of Deacy, opera estrema che non potrà che far nascere un sorriso sadico sulle labbra degli appassionati del metal estremo tutto velocità e dal concept splatter/gore.
Death metal old school e brutal death, insieme in questa mezzora di aggressività fuori dal comune, messa in campo da questi sadici musicisti indiani, che, in questo debutto, mettono tutta la loro passione per il genere, con la dovuta attitudine, le proprie influenze e un impatto terrificante.
E come un bel film horror, le songs si susseguono in tutto il loro delirio, come il serial killer di turno si accanisce sulle sue malcapitate vittime, la band sfodera otto brani che inneggiano al massacro psichico corporale, senza soluzione di continuità e pietà.
Veloce, violento e senza fronzoli, Catacombs Of Deacy convince, le ritmiche corrono veloci e i pochi rallentamenti assumono una pesantezza enorme, il growl vomita sul cadavere, ormai tagliato a pezzi tutto il propio odio, infierendo sulle povere carni con la lama tagliente, mentre Barbaric Decadence, Dungeons of Despair, Humanity’s End e Blood And Bones, fungono da colonna sonora a cotanta allucinante barbarie.
Un buon lavoro, da ascoltare a tutto volume quando si ha bisogno di scaricare la rabbia che la vita di tutti i giorni ci fa accumulare dentro, lasciando per poco tempo il nostro buon senso per un approccio bestiale, istintivo, animalesco.
Cannibal Corpse, Suffocation e Autopsy sono i padrini di questo lavoro, per gli amanti del genere, dunque, un album da non trascurare.

TRACKLIST
1.Barbaric Decadence
2.Primordial Execution
3.Dungeons of Despair
4.Misogynistic Horror
5.Orchestrated Massacre
6.Humanity’s End
7.Blood and Bones
8.Catacombs of Decay

LINE-UP
Subhasish-Vocals
Denzil Davidson-Guitars

STRANGULATE – Facebook

Moth’s Circle Flight – My Entropy

Tante idee sul piatto per non risultare la solita proposta da un ascolto e via, un modo intelligente di suonare metal moderno, creando con il supporto delle proprie influenze un sound personale, queste sono le caratteristiche principali dell’album in questione.

Che il metal moderno dai suoni groove e metalcore in questo periodo sia oltremodo inflazionato, non è una novità.

Le band proposte dalle label di tutto il mondo, come nuove new sensation del genere, sono centinaia, molte non vanno più in là del compitino, risultando solo coppie sbiadite dei gruppi più famosi, altre invece riescono con personalità, impatto e buone idee ad uscire dal semplice anonimato, regalando piccole fialette di nitroglicerina metallica, che esplodono quando l’inconsapevole ascoltatore schiaccia il fatidico tasto play.
I parmensi Moth’s Circle Flight sono una di queste realtà, ed il loro nuovo lavoro è una mazzata terribile di metal moderno, colmo di groove, dai rimandi core e thrash.
Una lunga gavetta durata tredici anni ed un primo album stampato nel 2013 (Born To Burn), ma soprattutto, tanti concerti in giro per il suolo italico, a far da spalla a gruppi come Sepultura, Extrema ed Exilia, sono serviti non poco, facendo crescere il sestetto in esperienza e convinzione, così che la band ha convogliato tutto l’impatto possibile in questo ottimo My Enthropy, devastante lavoro, uscito per la logic(il)logic Records.
L’uso della doppia voce, lasciata a due diversi interpreti (Gabriele “Gabbo” Rosi e Simone “Pancio” Panciroli ), a mio parere scelta perfetta per avere il massimo della qualità al microfono, una sezione ritmica debordante (Marco “Satir” Reggiani al basso e Bass Fabio “Bersa” Bersani alle pelli), chitarre affilate, che fanno sgorgare riff pesanti come macigni e solos dal’ottimo appeal (Luca “Pellach” Alzapiedi e Francesco “Baldo” Baldi) ed un songwriting vario come non si trova spesso in realtà del genere, elevano My Entropy a sorpresa di questa prima metà dell’anno nei suoni di derivazione moderna.
I Moth’s Circle Flight, non si accontentano di suonare aggressivo e pesante, tra i solchi dei brani che compongono il cd, con la giusta attenzione scoprirete molte anime diverse, tutte protagoniste degli ultimi vent’anni di musica dura e che insieme formano il sound del gruppo nostrano.
My Entropy diverte, ogni brano ha un qualcosa di diverso, un’atmosfera, un riff, un chorus che portano a pensare a molti gruppi diversi tra loro, pur risultando un album durissimo, aggressivo e monolitico.
E’ cosi che, all’ascolto delle varie Man On The Peak, Raise Your Head, An Old Chant e Bursting Into Existence, vi troverete a confrontarvi con il thrash moderno dei Soulfly, i ritmi industrialoidi e qualche chorus dei Fear Factory, ma anche riff di scuola Soil, ed un mood alternative che arrancando, si fa spazio tra i potenti suoni metallici di cui My Entropy si nutre.
Tante idee sul piatto per non risultare la solita proposta da un ascolto e via, un modo intelligente di suonare metal moderno, creando con il supporto delle proprie influenze un sound personale, queste sono le caratteristiche principali dell’album in questione.
Amanti del genere non lasciatevi sfuggire questo album, sarebbe un peccato mortale.

TRACKLIST
01. Man On The Peak
02. Ends Of A Shadow
03. Raise Your Head
04. Late Promises
05. An Old Chant
06. Write My Name
07. With Love, With Flames
08. Bursting Into Existence
09. Madball
10. Ray Of Ira

LINE-UP
Gabriele “Gabbo” Rosi – Vocals
Simone “Pancio” Panciroli – Vocals
Luca “Pellach” Alzapiedi – Lead Guitar
Francesco “Baldo” Baldi – Rhythm Guitar
Marco “Satir” Reggiani – Bass
Bass Fabio “Bersa” Bersani – Drums

MOTH’S CIRCLE FLIGHT – Facebook

Mightiest – Sinisterra

Un album che non deve scorrere tra l’indifferenza degli amanti dell’epicità in musica, assolutamente consigliato sia ai fans dei suoni estremi estremi che a quelli più orientati verso sonorità classiche ed old school.

Strana storia quella dei Mightiest, arrivati solo ora al debutto sulla lunga distanza, pur essendo una band considerata storica nel panorama estremo tedesco.

Il gruppo, nato nel 1994 e facente parte della seconda ondata delle truppe di blacksters che invasero l’Europa in quel periodo, non ha mai trovato la giusta stabilità di line up, o forse, le buone vibrazioni dei fans non andarono a braccetto con quelle degli addetti ai lavori, fatto sta che la discografia del gruppo non andò oltre ad un paio di demo, altrettanti ep ed uno split.
Arrivano così, dopo oltre vent’anni, al primo full length, licenziato dalla Cyclone Empire, ed il risultato non può che essere ottimo.
Sinisterra è una perfetta via di mezzo tra il black metal e l’heavy metal epico, ne esce un lavoro potente, permeato da atmosfere colme di epicità e fierezza, come se i Bathory più classici si alleassero con il melodic black metal di gruppi come i Naglfar, senza far mancare le atmosfere dei Secrets Of The Moon e dei Lunar Aurora ed una battagliera enfasi alla Manilla Road.
Sei brani medio lunghi, colonne sonore di epoche dove l’acciaio e gli dei comandavano sugli uomini, cavalcate di metallo votato all’oscura gloria, scritta con il sangue dei vinti e glorificata dalle urla vittoriose dei conquistatori.
La title track riassume il mood dell’album, magari lasciandosi andare ad una troppa prolissità, ma dall’indubbia presa, specialmente nel saper mantenere un’atmosfera epica mai doma.
I tasti d’avorio fanno da tappeto al sound che sprizza rabbia guerresca, gli strumenti sono armi in mano a musicisti/guerrieri, che formano un’orda barbarica, l’heavy metal epico valorizza a suon di solos classici ed atmosfere epiche songs come Soular Eclipse, mentre il mid tempo melodicissimo, che caratterizza l’inizio di Ocean Empires, travolge con la sua carica epica, prima che il crescendo si tramuti in una cavalcata di tremebondo black metal.
L’album si conclude con il brano più orientato verso il metal estremo (The Purifire), un vento ritmico che spazza via l’odore del sangue, anche se i solos si mantengono molto melodici e lo scream riecheggia di spirito epico, un lungo inno alla gloria della vittoria, tenendo ben salda tra le mani, avvolte nel metallo dell’armatura, la bandiera dell’heavy metal.
Un album che non deve scorrere tra l’indifferenza degli amanti dell’epicità in musica, assolutamente consigliato sia ai fans dei suoni estremi estremi che a quelli più orientati verso sonorità classiche ed old school.

TRACKLIST
1. Devour The Sun
2. Animalevolence
3. SinisTerra
4. Soular Eclipse
5. Oceanic Empires
6. The Purifire

LINE-UP
O. – throat
C. – battery
S. – guitars, bass
Ral – guitars, keys

MIGHTIEST – Facebook

Ravens Creed – Ravens Krieg

Un album feroce e brutale, death/thrash che troverà estimatori negli amanti dei suoni old school

I Ravens Creed sono una band britannica attiva ormai da una decina d’anni, tra le sue fila militano musicisti di una certa importanza del metal underground, come il fondatore e chitarrista Steve Watson (ex Iron Monkey), Al Osta (ex Cerebral Fix) e Jay Graham (ex Skyclad).

Ravens Krieg è il terzo lavoro sulla lunga distanza, di una discografia che si completa con altri lavori minori, tra ep e split.
Il sound proposto è un minimale e ruvido death metal , dall’approccio diretto, musica estrema senza fronzoli, dalla furia thrash e dalle reminiscenze old school.
Ravens Krieg si sviluppa su tredici brani, dalla durata minima, giusto il tempo di scaricare mitragliate estreme, aggressive e da battaglia, una scarica di pugni in pieno volto, portati senza pietà, anche grazie al gran lavoro di Graham alle pelli.
Sicuramente un lavoro composto nel più puro spirito underground, dove velocità, pesantezza ed attitudine senza compromessi la fanno da padrone, non concedendo nessuno spazio a melodie facili, ma andando dritti al cuore, spaccandolo a colpi di metallo intransigente e aggressivo.
Dove il gruppo rallenta, si viene travolti da una cadenzata potenza guerresca (Victory In Defeat), trascinati dal growl abrasivo di Osta e dalle ritmiche che rilasciano putrido groove.
La produzione segue il filo conduttore di un sound grezzo, l’atmosfera che si respira è da tregenda, mentre una dopo l’altra le songs non lasciano all’ascoltatore un secondo per riprendere fiato, attanagliato dall’odore della polvere da sparo e dai cadaveri in decomposizione.
Il riffing a tratti pesantissimo (Bitten By Witch Fever) segna la marcia dei soldati della morte verso la carneficina (Brigade ’77), mentre l’album scivola verso un finale che non può che essere tragico.
Un album feroce e brutale, death/thrash che troverà estimatori negli amanti dei suoni old school, e a chi continua a preferire l’impatto più aggressivo ed ignorante al genere, rimane comunque l’impressione di essere al cospetto di musicisti di tutto rispetto,.

TRACKLIST
1. Rock Cemetery
2. Palmer the Harmer
3. Jungle Justice
4. Riding the Pillock
5. Lecturn of Burning Swords Reversed
6. Victory in Defeat
7. VIP Treatment
8. Go Home
9. Bitten by Witch Fever
10. Brigade ’77
11. Dirty Diary
12. While You Were Sleeping
13. Carrion Screaming

LINE-UP
Rod Boston – Bass
Jay Graham – Drums
Steve Watson – Guitars
Al Osta – Vocals

RAVENS CREED – Facebook

Slave One – Disclosed Dioptric Principles

Accompagnato da una splendida copertina, l’album è composto da sette brani posizionati esattamente tra il death metal tecnico degli Obscura ed il suono progressivo degli storici Cynic.

E’ arrivato, anche per i transalpini Slave One il momento di licenziare il debutto sulla lunga distanza.

La death metal band francese, attiva dal 2009, si era fermata ad un demo e al mini cd uscito nel 2012 dal titolo, Cold Obscurantist Light.
Il nuovo lavoro, uscito quindi quattro anni dopo e propostoci dalla Dolorem Records, segna un passo importante per la band, la quale ci investe con il suo death metal tecnico e progressivo, colmo di sfumature jazz/fusion, anche se l’approccio dei nostri rimane alquanto brutale, specialmente nel growl, ed in molte delle ritmiche di cui è composto il sound di Disclosed Dioptric Principles.
Accompagnato da una splendida copertina, l’album è composto da sette brani posizionati esattamente tra il death metal tecnico degli Obscura ed il suono progressivo degli storici Cynic.
La band sa suonare, questo è evidente, e lo dimostra in queste songs dove sfuriate estreme, sfumature orientaleggianti e buoni inserti progressive/fusion alimentano un songwriting vario, dove non mancano le sorprese e le atmosfere oscure tengono la tensione a livelli altissimi.
Il fulcro del lavoro risultano gli undici minuti di Liquid Transcendental Echoes, una suite dove il gruppo sfoggia tutta la sua bravura, anche se qualche passaggio cervellotico di troppo, molto spesso fa perdere all’ascoltatore il filo del discorso musicale elaborato dal gruppo.
Gran lavoro, sotto l’aspetto tecnico di tutti i musicisti, dalla sezione ritmica varia e potente , alle asce che ricamano solos su solos e riffoni pesanti ed oscuri che seguono la lezione dell’angelo morboso, mentre gli inserti orientaleggianti e i cori monastici aggiungono un’aura mistica al concept musicale di Disclosed Dioptric Principles.
L’opera si conclude con i ritmi latini di Degenesis, il brano che più guarda ai maestri Cynic.
Riassumendo, gli Slave One risultano un’ottima band sotto l’aspetto tecnico, l’album piacerà non poco ai fans dei gruppi descritti e a cui il gruppo deve non poco, manca forse un minimo di fluidità in più, a volte le songs danno l’impressione di spezzarsi e ricominciare d’accapo, un dettaglio sicuramente migliorabile, resta comunque in generale una sensazione positiva.

TRACKLIST
1. Deus Otiosus
2. The Antikythera Mechanism
3. Obsidian Protocol Achievement
4. For Shiva Whispered The Universe
5. Aeon Dissonance
6. Liquid Transcendental Echoes
7. Degenesis

LINE-UP
Nicolas P.-Vocals
Benoit-Guitar
Nicolas S.-Guitar
William S.-Guitar
Seb S.-Drums

SALVE ONE – Facebook

Fleshgore – Denial of the Scriptures

Un talento per la brutalità disarmante e tanta violenza, fanno di Denial Of The Scriptures uno dei più riusciti album del genere in questa prima metà dell’anno.

Con sommo gaudio, inizio dalle considerazioni finali e vi consiglio caldamente questo enorme e chirurgico Denial Of The Scriptures, nuovo lavoro degli ucraini Fleshgore, una macchina spaventosamente perfetta e micidiale di brutal death metal.

Il trio di psicopatici musicisti di Kiev, arriva con questo lavoro al quinto full length, non un gruppo senza la dovuta esperienza quindi, ma una terribile e devastante realtà che si aggira per l’est europeo, ed abbatte ogni cosa a colpi di metal estremo.
L’alba del nuovo millennio vede i primi passi dei Fleshgore, che arrivano all’esordio nel 2003 con Killing Absorption, inizio di una discografia consistente ed una buona costanza nelle uscite, non così abituale in questi anni e specialmente nei gruppi estremi.
Accompagnato da una copertina che più blasfema non si può, il nuovo lavoro risulta un massacrante e destabilizzante esempio della forza che il gruppo sprigiona, senza soluzione di continuità, con l’aiuto di una tecnica spaventosa ed un songwriting in stato di grazia.
Prodotto alla grande, i brani contenuti si susseguono come le frustate di un sadico carceriere, il suono devastante, ma pulito aiuta non poco l’ascolto e Talk to Me About God, Inception of Incursion, per esempio, non faticano ad entrare nell’ascoltatore, sovrastato e brutalizzato da ritmiche da infarto, riff affilati e chirurgici, e growl che risulta il rumore di una locomotiva impazzita.
Non un riff al posto sbagliato, uno tsunami di blast beat che si riversano, uno dopo l’altro, senza lasciare superstiti, nei padiglioni auricolari dei fans, un talento per la brutalità disarmante e tanta violenza, fanno di Denial Of The Scriptures uno dei più riusciti album del genere in questa prima metà dell’anno.
Igor Lystopad alla chitarra, Ruslan Drozd (basso e voce) e Lev Kurgansky alle pelli, formano un trio di musicisti inumani, ed il loro nuovo lavoro difficilmente troverà avversari nel brutal death metal classico, chiaramente di ispirazione statunitense, ma assolutamente frutto della bestiale creatività dei tre musicisti ucraini.

TRACKLIST
01. Talk to Me About God
02. Inception of Incursion
03. Stop the Possessor
04. Killing Relapse
05. Forgotten Knowledge
06. Bloody Hands of Aggressor
07. New Ordeal Comes into the World
08. Numinosum
09. Denial of the Scriptures
10. Gorging on Mucus and Bile (Pyaemia cover)

LINE-UP
Igor Lystopad – Guitars
Ruslan Drozd – Bass, Vocals
Lev Kurgansky – Drums

FLESHGORE – Facebook

Crafter of Gods – The Scarlet Procession

La band non ha paura di estremizzare la propria proposta ed è brava a raffinarla con gli elementi classici

Uscito lo scorso anno, ma meritevole anche se con un po’ di ritardo, della vostra attenzione, vi presento The Scarlet Procession, primo ep dei veneti Crafter Of Gods, band estrema ma dalla ottima vena sinfonica, attiva dal 2007 e con due promo già licenziati tra il 2009 ed il 2010.

Il gruppo di Treviso dà alle stampe questo mini cd, ed è già all’opera per la realizzazione del primo full length che, vista la buona qualità della musica prodotta in questi cinque brani, alza non poco le aspettative di chi segue le sorti del metal underground.
The Scarlet Procession mette in evidenza un approccio alla materia che si discosta non poco dalle solite opere symphonic gothic, il sound mantiene un’atmosfera brutale, sempre in bilico tra il black ed il death, le parti orchestrali riempiono di raffinata ed oscura eleganza gli assalti sonori, dove un’ottima sezione ritmica (Luca Felet al basso e Alessandro Padovan alle pelli) aggredisce con veloci sfuriate black e cadenzate ma potenti ritmiche death, mentre gli strumenti classici disegnano armonie dal sapore gotico molto affascinati.
Drammatico ed oscuro, il mood del disco è poi valorizzato da un ottimo uso delle voci, così che screaming, parti pulite e voce femminile dal taglio operistico ma molto personale (Francesca Eliana Rigato), si scambino il palcoscenico evidenziando la personalità di una band navigata.
Le chitarre giocano con il death metal melodico (Giovanni Perin e Nicola Trentin), mentre la produzione perfetta aggiunge valore all’ascolto di piccoli gioielli estremi come l’opener The Tempest Legacy e In the Midst of Ocean’s Infinity, song strutturata su continui cambi di tempo, tra l’irruenza death metal, e parti più pacate e classiche.
Stupenda A Mirage of Hanging Moon, il sunto del sound proposto dal gruppo, una tempesta metallica dove bellissimi accordi pianistici, interrompono la devastante furia del black/death e solos melodici portano le note dei nostri a posarsi su lidi scandinavi, mentre la conclusiva Celestial Breed, Treacherous Blood, ci presenta il lato più sinfonico e magniloquente dei Crafter Of Gods.
Ho trovato questo lavoro molto ben fatto e a suo modo originale, la band non ha paura di estremizzare la propria proposta ed è brava a raffinarla con gli elementi classici, donando al proprio sound caratteristiche che pescano da gruppi molto diversi tra loro come Epica, Dark Tranquillity e Dark Lunacy.
Ascoltatelo e vi metterete, come me, in trepidante attesa del prossimo full length, ne sono certo.

TRACKLIST
1.The Tempest Legacy
2. In the Midst of Ocean’s Infinity
3. A Mirage of Hanging Moon
4. In Silence of Death We March
5. Celestial Breed, Treacherous Blood

LINE-UP
Giovanni Perin – Guitar, Vocals, Keys
Nicola Trentin – Guitar, Vocals, Keys
Luca Felet – Bass
Alessandro Padovan – Drums

CRAFTER OG GODS – Facebook

Darkend – The Canticle Of Shadows

Farvi trascinare in un mondo circondato dall’orrore e dalla deviata spiritualità di questo enorme caleidoscopio musicale di malvagità unica, è un’esperienza che dovete assolutamente vivere se siete amanti del metal più estremo e dalle reminiscenze sinfonico orchestrali.

Una band immensa, un sound apocalittico che, pur basandosi sulle estreme note del black metal, si contorna di sinfonie, cori monastici, il tutto con una spiccata predisposizione teatrale.

Un esempio concreto e quanto mai sublime di come la scena nostrana sia cresciuta in modo esponenziale, andando oltre le più rosee aspettative, regalando monumenti di musica concettualmente estrema e profonda.
I Darkend non sono una sorpresa, il loro precedente lavoro Grand Guignol-Book I aveva fatto gridare al miracolo, questa volta perpetuato dalle forze del male, più di un addetto ai lavori e questo fenomenale ultimo parto, conferma il talento estremo del gruppo emiliano.
Symphonic black metal, per lasciarvi un’ indicazione di massima, ma qui si va oltre il già sentito, per la ricchezza di clamorose partiture estreme per fermarsi ad inutili categorizzazioni o paragoni con altre realtà: d’altronde, quando il sax crimsoniano prende il comando di A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I), non potrete che inchinarvi a cotanta genialità.
Allora un passo indietro, tanto lo so che molti, occupati a svuotare il portafogli all’uscita dell’ultimo patetico album della solita band glorificata dalle riviste di settore più cool, non conosceranno questo eccezionale combo, che vede la sua nascita una decina di anni fa, nelle pianure padane di un’Emilia lontana da lambrusco e pop corn e più vicina al signore oscuro.
Due full length all’attivo, prima di questo capolavoro: Assassine del 2010 e, appunto, Grand Guignol-Book I, uscito quattro anni fa; il gruppo si compone di cinque elementi con a capo il singer Animae superbo cantore di questo devastante girone infernale tradotto in musica.
Musica demoniaca, sinfonica e sublime, perché il male è oltremodo affascinante, ipnotizza ed ammalia, senza lasciare scampo a chi vi si avvicina senza le dovute precauzioni.
Citare ogni capitolo di questa opera oscura e magniloquente è quanto meno un’impresa, mentre invitarvi a fare vostra la glaciale perfezione della terrificante Il Velo Delle Ombre è quantomeno un’obbligo da parte del sottoscritto.
Farvi trascinare in un mondo circondato dall’orrore e dalla deviata spiritualità di questo enorme caleidoscopio musicale di malvagità unica, è un’esperienza che dovete assolutamente vivere se siete amanti del metal più estremo e dalle reminiscenze sinfonico orchestrali.
Cosa hanno di diverso i Darkend rispetto ad una qualsiasi altra band straniera? Proprio quello che fa arricciare il naso a molti, il fatto di essere italiani e di esibire tematiche occulte profondamente radicate nel loro DNA.
Dimenticavo: al disco hanno collaborato Attila Csihar (Mayhem), Niklas Kvarforth (Shining), Sakis Tolis (Rotting Christ) e Labes C. Necrothytus (Abysmal Grief), serve altro?
Devo tornare indietro di un bel po’ di anni, fino all’uscita di In The Nightside Eclipse degli Emperor, per ricordare d’aver provato qualcosa di simile ascoltando black metal, non aggiungo altro.

TRACKLIST
1. Clavicula Salomonis
2. Of the Defunct
3. A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I)
4. Il velo delle ombre
5. A Passage Through Abysmal Caverns (Inmost Chasm, II)
6. Sealed in Black Moon and Saturn
7. Congressus cum Dæmone
8. Inno alla stagione dell’inverno

LINE-UP
Valentz – Drums
Animæ – Vocals
Specter – Bass
Ashes – Guitars
Nothingness – Guitars

DARKEND – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Lanthanein – Nocturnalgica

I Lanthanein conquistano per l’approccio sinfonico, ma dalle ritmiche chi si allontanano dalle sonorità più in voga ultimamente, per esplorare lidi più dark oriented e doom.

Poche informazioni ma grande musica gli argentini Lanthanein, duo che con un po’ di ritardo giunge a noi con questo ep dal titolo Nocturnalgica.

Marili Portorrico (voce, arrangiamenti e programming) e Juan Mansilla (voce, chitarre, basso e programming) licenziano questi oscuri ed affascinanti venti minuti circa di musica gotica, sinfonica, operistica e dalle reminiscenze doom/dark, giocando con l’anima malinconica e decadente del metal con eleganza e talento.
Alternando l’idioma inglese alla lingua madre, il gruppo sudamericano conquista subito per l’approccio sinfonico, ma dalle ritmiche chi si allontanano dalle sonorità piu in voga ultimamente, per esplorare lidi più dark oriented e doom.
Molto raffinato, il songwriting è valorizzato da un’ottima interpretazione vocale, classica ma molto suggestiva, specialmente nei brani (A Orillas Del Silencio) dove la vocalist fa sfoggio della sua lingua, il che regala raffinatezza alle già eleganti trame orchestrali, oscure e pregne di un’elegante melanconia.
Un accenno metallico di stampo black rimane confinato al solo inizio della pur ottima title track, mentre Marili Portorrico ammalia e affascina non poco con la sua bellissima voce.
Siamo nei dintorni del doom gotico di metà anni novanta, la pesantezza dei ritmi lenti e cadenzati vanno a braccetto con orchestrazioni raffinate, delicate ed oscure.
L’atmosfera è magicamente dark, il piano disegna accordi classici, le sinfonie non sono mai troppo invadenti e la voce maschile, quando accompagna la sontuosa prova della singer, lo fa senza estremizzare troppo l’aura gotico orchestrale delle songs (Lacrimosa Et Gementem).
Quattro brani da ascoltare per una band da seguire nei suoi prossimi passi che potrebbero regalare grosse soddisfazioni, sia ai Lanthanein, sia alle anime notturne sempre alla ricerca di nuove colonne sonore per paesaggi crepuscolari.

TRACKLIST
01.Lágrimas De Luna
02.Nocturnálgica
03.A Orillas Del Silencio
04.Lacrimosa Et Gementem

LINE-UP
Marili Portorrico – Vocals, Choir, Arrangements, Programming
Juan Mansilla – Vocals, Guitar, Bass, Programming

LANTHANEIN – Facebook

Curse / Styggelse / WAN – Necroholic

Tre band per una quarantina di minuti non sono male per il fan che non si accontenta dei soliti nomi, per cui l’ascolto è consigliato, con un’attenzione particolare ai tre brani degli Styggelse, davvero molto bravi.

Buon split a cura della Satanath Records che, in un sol colpo, ci presenta tre band black metal, una proveniente dall’Islanda (Curse) e le altre due dalla Svezia ( Styggelse e Wan).

Si parte con i quattro brani degli islandesi Curse, duo nato sul finire degli anni ottanta e dalla nutrita discografia, composta da una manciata di lavori minori e tre full length; il loro sound risulta un marcissimo black metal, influenzato dal rock’n’roll di matrice motorheadiana, tra testi anticristiani e mitologia nordica.
Ritmiche velocissime e voce cartavetrata, che tanto devono alla band di Lemmy come ai Darkthrone, l’impatto è all’altezza e sui brani composti per l’occasione, spicca la cover di Ace Of Spades, storico pezzo del gruppo britannico.
Si vola in Svezia dove ci aspettano gli Styggelse, fondati all’inizio del nuovo millenni e anch’essi con un produzione già interessante, anche se il gruppo di Goteborg risulta ancor più compatto e devastante, grazie ad una produzione più consona, alla miglior amalgama tra il black metal e la musica del diavolo e tre asce che crivellano di colpi black le teste degli ascoltatori. Le ritmiche da armageddon formano un sound da tregenda che valorizza i tre brani presentati: Angel Bloodshed, Stay True To Satan For Eternity, No Team in I, pochi rispetto alla qualità della loro musica estrema, che risulta la migliore del lotto.
Le noti dolenti arrivano in parte con gli Wan, anch’essi svedesi, con alle spalle due lavori sulla lunga distanza ed un approccio più puro ed old school al genere.
Purtroppo la produzione è deficitaria e l’approccio è assolutamente obsoleto: satanici, oscuri e maligni, i Wan lasciano molto per strada, il loro sound è quanto di più scarno ed essenziale si possa concepire nel genere, ma anche atmosfericamente non alcun ricordo all’ascoltatore guastando non poco il clima di devastante divertimento che le due band, prima di loro, erano riuscite a creare con la loro musica.
Necroholic rimane una proposta interessante, e tre band per una quarantina di minuti non sono male per il fan che non si accontenta dei soliti nomi, per cui l’ascolto è consigliato, con un’attenzione particolare ai tre brani degli Styggelse, davvero molto bravi.

TRACKLIST
1. Curse – Exploding Head
2. Curse – The Observer
3. Curse – War of One
4. Curse – Ace of Spades (Motörhead cover)
5. Styggelse – Angel Bloodshed
6. Styggelse – Stay True To Satan For Eternity
7. Styggelse – No Team in I
8. WAN – In Your Face
9. WAN – Dirty Bastards
10. WAN – I brand
11. WAN – På korset vi kräks
12. WAN – Faun

LINE-UP
Curse
Einar “Eldur” Thorberg – Vocals, Guitars, Bass, Keyboards
D. Theobald – Drums

Styggelse
Skadeglade – Drums
Larsson – Guitars, Vocals
Kallbrand – Guitars, Vocals (backing)
Desekrator – Guitars
Kenneth Thunderbolt – Bass

Wan
Isengrim-Bass
Aganaroth – Guitars
Tsjud – Vocals
Draup – Drums

CURSE – Facebook

STYGGELSE – Facebook

WAN – Facebook

Snake Tongue – Raptor’s Breath

Hardcore e metal sono uniti in questi nove brani esplosivi, dall’ottimo impatto, un vero attacco frontale prodotto benissimo, dalle ritmiche folli, violento come una burrasca nel Mare del Nord

I paesi scandinavi, maestri in molti dei generi che formano la grande famiglia metallica, hanno nell’underground una fiorente scena punk/hardcore, balzata agli onori già da molti anni, ma soffocata dalle più conosciute realtà death, black e power.

Nulla di male, ma è altresì vero che i gruppi dediti al genere sono molti, ed alcuni meritevoli d’attenzione, in fondo sempre di musica estrema si tratta, parente di quel genere ribelle ed anticonformista che è il grindcore e che, a sua volta spesso si ritrova a bere un bicchiere con il buon vecchio death metal.
Gli Snake Tongue sono un gruppo svedese, al debutto con questa mezz’ora di hardcore metal, mixata da Kurt Ballou dei Converge dal titolo Raptor’s Breath.
Il loro sound si ispira alla scena statunitense, anche se i richiami al metal estremo della loro terra non mancano, così come qualche rallentamento al limite dello sludge.
L’assalto sonoro portato dal gruppo è brutale e senza soluzione di continuità, con il singer Patrik che si danna l’anima, urlando e sbraitando senza sosta, mentre gli strumenti creano un devastante e potente muro sonoro, compatto, brutale e dalla forza disarmante.
Hardcore e metal sono uniti in questi nove brani esplosivi, dall’ottimo impatto, un vero attacco frontale prodotto benissimo, dalle ritmiche folli, violento come una burrasca nel Mare del Nord e compatto come il buio dell’oceano in una notte tempestosa.
Ottima padronanza degli strumenti e poca voglia di scherzare fanno di Raptor’s Breath un buon ascolto per gli amanti dell’hardcore che non disdegnano qualche sconfinamento nel metal estremo.
La formula non dispiace e l’album esce vario, colmo di cambi di ritmo, mentre l’atmosfera rimane da tregenda sonora, valorizzata da un sound che più in your face di così non si può.

TRACKLIST
1.Raptors Breath
2.In Stone
3.Post Mortem Spasms
4.Altar
5.Lashes
6.The Horror
7.Ghost Dance
8.Death Dance
9.The Narcissict

LINE-UP
Samuel – Drums
Niklas – Guitar
Martin – Bass & Vocals
Patrik – Vocals
Fredrik – Guitar

SNAKE TONGUE – Facebook

Eversin – Flagellum Dei

Un’uscita che conferma l’assoluta proposta senza compromessi degli Eversin, band unica nel panorama estremo nazionale ed assolutamente in grado di tenere testa ai gruppi stranieri, troppo spesso portati agli onori delle cronache metalliche nel nostro esterofilo paese.

Trinity: The Annihilation, un album violentissimo e disturbante, lontano dalle facili cavalcate care al thrash old school, o le moderne riminiscenze core delle nuove tendenze, aveva consentito al metal estremo tricolore di raggiungere uno dei propri apici.

Gli Eversin non si fermano e, per tenere ben accesa la fiamma estrema che li contraddistingue, immettono sul mercato questo singolo contenente quattro brani, confermando la voglia di bombardarci con il loro thrash metal tra Slayer, Testament, Forbidden e, questa volta Sepultura, sempre con il proprio marchio bene in mostra.
Si parte alla grande spinti a forza nel caos primordiale dell’opener di Trinity : The Annihilation, Flagellum Dei, brano che dà il nome al lavoro e che esplode come un’atomica, furiosa e devastante, un inferno nucleare dalle conseguenze fatali per la terra.
A seguire, Refuse/Resist, cover dello storico brano dei fratelli Cavalera, tratta dal monumento estremo Chaos AD, irrompe in tutto il suo fragore: la band ci mette del suo per far risultare l’impatto del brano ancora più violento (con le vocals rabbiose dell’ospite Mick Montaguti dei seminali Electrocution) cavandosela egregiamente e lasciando annichiliti per cotanto massacro sonoro.
For the Glory of Men MMXVI , riedizione della traccia presente nel secondo album Tears On The Face Of God, è un brano in pieno Slayer style, in cui il clima da tregenda apocalittica è meno accentuato a favore di un approccio più old school: qui gli Eversin si scontrano con un’icona del genere ed una delle loro ispirazioni principali senza perdere un grammo in impatto e pareggiando il conto con Araya e soci.
Flagellum Dei si chiude con il remix di We Will Prevail, uno dei brani cardine dello scorso album: freddo come un terminator che toglie l’ultimo respiro ai feriti sul campo di battaglia, si riveste di un’aura industrial ricordando i terrificanti Throne Of Molok, conterranei del gruppo siciliano.
Un’uscita che conferma l’assoluta proposta senza compromessi degli Eversin, band unica nel panorama estremo nazionale ed assolutamente in grado di tenere testa ai gruppi stranieri, troppo spesso i soli ad essere portati agli onori delle cronache metalliche nel nostro esterofilo paese.

TRACKLIST
1.Flagellum Dei
2.Refuse/Resist (Sepultura cover)
3.For the Glory of Men MMXVI
4.We Will Prevail (Electro-Industrial Remix)

LINE-UP
Angelo Ferrante-Lead Vocals
Ignazio Nicastro-Bass, Screaming And Growling Vocals
Giangabriele Lo Pilato-Lead And Rhythm Guitars
Danilo Ficicchia-Drums

Guest voice on track n. 2 by Mick Montaguti from ELECTROCUTION

EVERSIN – Facebook