Pale Divine – Pale Divine

Distante sei anni dal precedente Painted Windows Black, Pale Divine presenta da tradizione del trio statunitense un esempio di doom metal pregno di sfumature heavy e di straordinarie jam dove esce prepotentemente l’anima bluesy che è il marchio di fabbrica del sound del gruppo.

La label americana Shadow Kingdom non sbaglia un colpo, specialmente nei generi classici e di stampo heavy metal e doom, con un roster che si avvale di gruppi di livello, partendo dai nostrani e leggendari Death SS e passando per una serie di realtà dell’underground mondiale come Iron Void, Vanik e Death Mask tra le altre.

I Pale Divine, trio proveniente dalla Pennsylvania, sono attivi da più di vent’anni e con una discografia che se non ha regalato tanto numericamente ha sicuramente offerto del doom metal classico di qualità, per mezzo di quattro splendidi lavori a cui si aggiunge il nuovo album omonimo.
Distante sei anni dal precedente Painted Windows Black, Pale Divine presenta da tradizione del trio statunitense un esempio di doom metal pregno di sfumature heavy e di straordinarie jam dove esce prepotentemente l’anima bluesy che è il marchio di fabbrica del sound del gruppo
Lunghe jam si alternano così a brani dal piglio hard & heavy, il sound non rallenta mai troppo ma mantiene una spigliata vena cadenzata su cui la chitarra si scatena in lunghi solos.
Bleeding Soul, So Low, Shades Of Blue e la conclusiva Ship Of Fools sono i brani su cui la band costruisce le fondamenta per rendere ottimo un album marchiato a fuoco dalla vena compositiva ispirata come sempre da Trouble, Pentagram, Revelation e compagnia.
Ottimo ritorno per la band statunitense, Pale Divine è un lavoro consigliato a tutti gli amanti del doom metal classico.

Tracklist
1.Spinning Wheel
2.Bleeding Soul
3.Chemical Decline
4.So Low
5.Curse the Shadows
6.Shades of Blue
7.Silver Tongues
8.Ship of Fools

Line-up
Greg Diener – Guitar/vocals
Darin McCloskey – Drums
Ron McGinnis – Bass

PALE DIVINE – Facebook

Winterdream – Inner Lands

Bellissimo debutto per i Winterdream, duo nostrano al debutto con Inner Lands, convincente lavoro composto all’insegna di un valido symphonic/power/folk metal.

Per suonare dell’ottimo symphonic metal non è necessario avere la carta d’identità scandinava o olandese, anche nel nostro paese non mancano band dalle indubbie capacità nell’affrontare l’anima sinfonica del metal con il talento ed una innata predisposizione nel creare ambientazioni in musica che richiamano tempi andati e leggende di cui il nostro paese è ricco, essendo dal punto di vista storico il fulcro dell’intero pianeta.

Da nord a sud dello stivale ottime realtà sinfoniche si sono create il proprio spazio in un mondo come quello del metal, purtroppo ancora lontano dalla tradizione consolidata di altri paesi, ai quali musicalmente si ispirano questi due artisti campani.
Christian Di Benedetto, autore di musica e testi e alle prese con orchestrazioni, chitarra, tastiere, mix e mastering, e Margherita Palladino, splendida interprete canora, hanno dato vita con questo primo lavoro intitolato Inner Lands, ad un bellissimo affresco di metal sinfonico targato Winterdream.
L’album è composto da sei brani che si nutrono dell’epico ed evocativo incedere delle migliori proposte del genere, lo valorizzano con note folkeggianti, lo potenziano con ritmiche power e lasciano che l’eterea voce della cantante si posi come candida neve sulla radura sul tappeto musicale creato dal polistrumentista nostrano.
Broken Sword Of Isidur è il piccolo capolavoro che funge da sunto di questo primo album del duo, un brano dalle sognati basi folk con break centrale ed ultima parte in un crescendo sinfonico davvero suggestivo.
Ovviamente anche gli altri brani funzionano benissimo, da Escape From The Nightmare a Telling Tales To The Stars, tracce prettamente symphonic metal, fino alla conclusiva ed atmosferica Our Truth.
Inner Lands risulta così una piacevole sorpresa, da consigliare senza indugi agli amanti del genere.

Tracklist
1.In the Reigning Obscurity
2.Escape from the Nightmare
3.Telling Tales to the Stars
4.Winterdream
5.Broken Sword of Isildur
6.Our Truth

Line-up
Margoth (Margherita Palladino) – Vocals
Christian Di Benedetto – Keyboards, Guitars

WINTERDREAM – Facebook

F.U.A. – Socially Transmitted Disease

Socially Transmitted Disease è una bomba sonora di punk rock/metal composta da quattordici diretti in pieno volto, travolgente e perfetto per non fare prigionieri dall’alto di un palco.

Quando si ha a che fare con la Wormholedeath non si sa mai dove si andrà a parare (musicalmente parlando).

Ecco che tra rock alternativo, metal classico, death metal, tormenti gotici e sinfonie spuntano gli olandesi F.U.A. a confermare l’assoluta varietà stilistica del roster della label.
Il quartetto orange, infatti, ci presenta il primo full length, Socially Transmitted Disease, una bomba sonora di punk rock/metal composta da quattordici diretti in pieno volto, travolgente e perfetto per non fare prigionieri dall’alto di un palco.
Capitanati dalla cantante Daphne Detleij, il gruppo è volato ai Real Sound Studio e con Wahoomi Corvi e la supervisione del boss dell’etichetta hanno dato vita a questa esplosione di suoni ispirati dal punk rock anni ottanta, ma che lascia spazio ad influenze alternative e potenza metal, per un risultato che accontenterà vari tipi di ascoltatori.
Una raccolta di brani, quindi, in cui si evidenzia questo ibrido stilistico, convincente in ogni sua parte, rock nella sua anima più ribelle e sguaiata che guarda al passato ma lascia aperte le porte a moderni input stilistici, tra impatto potente e metallico ed approccio punk rock.
L’album parte con l’opener Cheers, passa per la clamorosa Blame It On The Weed (con tanto di stacchetto reggae, che tanto sa di Clash o di Rancid) e non trova ostacoli lungo tutta la sua durata: it’s only rock ‘n’ roll direbbe qualcuno, e sicuramente tra lo spartito di Fake, I Want To It You In The Face e Make Punk Great Again troverete ottime scuse per ridurvi la fronte in un ammasso di poltiglia sanguinolenta, spaccata contro la parete a colpi di punk/rock/metal/core dei F.U.A.

Tracklist
1. Cheers
2. Blind
3. M.O.U.S.
4. Blame it on the weed
5. Fake
6. Make Punk Great Again
7. Hey, Hello!
8. Love You
9. Riot
10. I Want To Hit You In The Face
11. Fuck You Anyway
12. S.T.D.
13. Wankers in Blue
14. Psychotic

Line-up
Daphne Detleij – Vocals
Sander Pietersen – Drums
Robbert Vanderbijl (Bakkie) – Bass
Mitchell Verschoor – Guitars

F.U.A. – Facebook

Athrox – Through The Mirror

La band, dotata di una personalità debordante, ci travolge con la sua raffinata e drammatica potenza, i brani si susseguono, storie e problematiche di tutti i giorni vengono raccontate attraverso uno specchio, mentre la musica segue la narrazione tra spettacolari e cangianti momenti di metal dall’alta potenze espressiva.

Dopo due anni dal bellissimo esordio Are You Alive?, puntualmente recensito da MetalEyes, tornano tramite Revalve Records gli Athrox, band toscana che suona heavy/thrash metal dai molti ricami progressivi e dalle ispirazioni che trovano le proprie radici nel nobile e raffinato metallo statunitense.

La band, fondata dal chitarrista Sandro Seravalle e del batterista Alessandro Brandi quattro anni fa, alza il tiro con questo secondo lavoro dal titolo Through the Mirror, registrato, mixato e masterizzato presso gli studio Outer Sound Studio di Giuseppe Orlando, presentandoci dieci perle metalliche che alternano atmosfere drammatiche, sferzate di rabbioso thrash metal e splendidi momenti di raffinata musica dure progressiva.
Assolutamente all’altezza è la prova dei musicisti su cui si staglia la voce del cantante Giancarlo Picchianti, migliorato in modo esponenziale rispetto alla comunque ottima performance sul primo lavoro, che risultava più classicamente heavy rispetto a questo secondo gioiellino heavy/thrash/prog metal.
La band, dotata di una personalità debordante, ci travolge con la sua raffinata e drammatica potenza, i brani si susseguono, storie e problematiche di tutti i giorni vengono raccontate attraverso uno specchio, mentre la musica segue la narrazione tra spettacolari e cangianti momenti di metal dall’alta potenze espressiva.
Gli Athrox si fanno preferire quando l’irruenza thrash prende il comando delle operazioni, mantenendo comunque un tocco progressivo che non inficia l’ascolto anche di chi, senza tanti fronzoli, preferisce in impatto diretto (Ashes Of Warsaw, Decide Or Die), anche se l’album risulta vario ed assolutamente difficile da catalogare in un solo genere.
Meritano una menzione la progressiva opener Waters Of The Acheron, la potente Sadness n’ Tears e la conclusiva Fallen Apart, ma è l’ascolto in toto di questo lavoro che vi porterà a segnarvi la band toscana come uno dei gruppi più convincenti di questo ultimo periodo dell’anno in corso.

Tracklist
1.Waters of the Acheron
2.Ashes of Warsaw
3.Empty Soul
4.Through the Mirror
5.Imagine the Day
6.Decide or Die
7.Sadness n’ Tears
8.Fragments
9.Dreams of Freedom
10.Fallen Apart

Line-up
Giancarlo “IAN” Picchianti – Lead Vocals
Sandro “SYRO” Seravalle – Guitars
Francesco “FRANK” Capitoni – Guitars
Andrea “LOBO” Capitani – Bass Guitars
Alessandro “AROON” Brandi – Drums

ATHROV – Facebook

Brvmak – In Nomine Patris

In Nomine Patris risulta una valanga musicale di emozioni ed atmosfere che non lasciano scampo, grazie ad un metal estremo, oscuro, epico e progressivo, che alterna potentissime mitragliate death a ricami progressivi pregni di epica sacralità.

Testi sacri e death metal: non è sicuramente la prima volta che una band estrema crea musica per raccontare quello che l’uomo tramanda da generazioni, eppure risulta sempre affascinante questo binomio per molti inusuale.

Comporre musica per le epiche e misteriose vicende raccontate da più di duemila anni non è certo facile, ma in questo caso i Brvmak hanno fatto un lavoro eccellente e In Nomine Patris, secondo album del gruppo laziale, conquisterà non poco gli amanti del death metal progressivo ed epico.
Il gruppo, in attività da una dozzina d’anni, ha alle spalle un ep ed il primo full length intitolato Captivitas uscito cinque anni fa, lavori discreti ma sicuramente non paragonabili a questa monumentale opera composta da dieci capitoli registrati, mixati e masterizzati al Time Collapse Recording Studio di Roma da Alessio Cattaneo e Riccardo Studer (Novembre, Ade, Scuorn), con un ospite d’eccezione come Paul Masvidal dei Cynic a valorizzare un album già di per sé bellissimo.
In Nomine Patris risulta una valanga musicale di emozioni ed atmosfere che non lasciano scampo, grazie ad un metal estremo, oscuro, epico e progressivo, che alterna potentissime mitragliate death a ricami progressivi pregni di epica sacralità.
Un album che ha nella lunga e conclusiva Revelations il suo apice, una suite di quindici minuti che regala un finale spettacolare all’opera, degna conclusione e vetta di una montagna che deve essere scalata facendo proprie le varie tappe tra virtuosi cambi di tempo, atmosfere ed umori in un sound tempestato da sfuriate incastonate in attimi di tensione sempre pronta ad esplodere.
Non c’è un solo brano sotto la media in una track list che da Genesis, passando per Tetragrammaton, Oblivion e la devastante Golgota, arriva in un crescendo di emozioni ed impatto al gran finale.
Echi di Opeth, Amon Amarth e Behemoth sono esattamente quanto serve a valorizzare questo bellissimo lavoro firmato con grande personalità dai Brvmak.

Tracklist
1. Preludio Alla Genesi
2. Genesis
3. Tetragrammaton
4. Preludio All’Oblio
5. Oblivion
6. Vindictae
7. Omnipotence
8. Golgota
9. Toccata In Si Minore
10. Revelations

Line-up
Sergio Rosa – vocals, guitar, viola
Gabriele Nucci – guitars
Emanuele Lombardi – bass
Davide Tomadini – drums

BRVMAK – Facebook

1914 – The Blind Leading The Blind

Una discesa nell’inferno sulla terra originato dall’uomo in quel periodo, un’opera di una bellezza terrificante raccontata con l’aiuto dell’unica musica possibile, il metal estremo.

E anche questo 2018 che sta per concludersi ha regalato una serie di album bellissimi a chi segue le sorti del metal estremo, ai quali si aggiunge la seconda, mastodontica opera dei deathsters ucraini 1914, monicker che ricorda l’anno di inizio della grande guerra, il più terribile conflitto che la storia dell’uomo ricordi.

La band di Lviv è composta da cinque musicisti, studiosi appassionati di tutto quello che riguarda la prima guerra mondiale, fondatori del gruppo proprio per onorare tutte le vittime cadute nel conflitto.
Il primo album, licenziato tre anni fa ed intitolato Eschatology of War, mostrava già le potenzialità del quintetto ucraino, qui esplose con forza tra le trame di The Blind Leading The Blind, magnifico lavoro accompagnato da una copertina da brividi, con la morte che si aggira tra i cadaveri e i feriti provati dagli scontri, come un maligno avvoltoio in cerca di carne ed anime.
L’artwork con i suoi colori sbiaditi e d’epoca mette i brividi, così come l’intro, una canzone che arriva dal passato e nel passato ci porta, prima che Arrival. The Meuse Argonne ci travolga e ci scaraventi nell’atmosfera bellicosa, oscura, drammatica e tragica dell’opera.
Il sound dei 1914 è un death metal pregno di atmosfere soffocanti e terrorizzanti, viaggia pulito e potente, e frena mentre il pantano delle trincee raggiunge soglie dove solo il doom può spiegarne il disagio, mentre la morte gira tra le macerie ed il filo spinato, lasciandosi trasportare dalla sua crudele fame di anime con sfuriate black assolutamente devastanti ma perfettamente leggibili per merito di un lavoro perfetto in fase di produzione ed arrangiamento.
I brani sono scanditi da sfumature atmosferiche che gelano l’ascoltatore: marce di soldati, canzonette e grida disperate che sembrano arrivare a noi come un ammonimento inascoltato proveniente da un’altra epoca.
A7V Mephisto, High Wood. 75 Acres of Hell e The Hundred Days Offensive sono le tappe fondamentali di questa discesa nell’inferno sulla terra originato dall’uomo in quel periodo, un’opera di una bellezza terrificante raccontata con l’aiuto dell’unica musica possibile, il metal estremo.

Tracklist
1. War in
2. Arrival. The Meuse-Argonne
3. Passchenhell
4. A7V Mephisto
5. High Wood. 75 Acres of Hell
6. Hanging on the Old Barbed Wire
7. Beat the Bastards (The Exploited cover)
8. C’est Mon Dernier Pigeon
9. Stoßtrupp
10. The Hundred Days Offensive
11. War Out

Line-up
Ditmar Kumar – Vocals
Liam Fessen – Guitars
Vitalis Winkelhock – Guitars
Armin von Heinessen – Bass
Rusty Potoplacht – Drums

1914 – Facebook

Dion Bayman – Better Days

Un rock raffinato, a tratti graffiante, pregno di refrain accattivanti ma strutturato su un tappeto di suoni duri e puri, con i piedi saldi negli anni ottanta ma portati in questo nuovo millennio con convinzione, grazie ad arrangiamenti al passo con i tempi.

Ennesimo prodotto di spessore in ambito melodic rock da parte della Art Of Melody Music / Burning Minds, label nostrana facente parte della famiglia Atomic Stuff, da anni impegnata a supportare l’hard rock ed il rock melodico nazionale ed internazionale.

Questa volta si vola in Australia. dove veniamo travolti da una valanga di note radiofoniche di matrice aor e melodic rock con il quarto album di Dion Bayman, polistrumentista e produttore che solo soletto ha dato vita ad uno splendido lavoro intitolato Better Days.
Si tratta di un rock raffinato, a tratti graffiante, pregno di refrain accattivanti ma strutturato su un tappeto di suoni duri e puri, con i piedi saldi negli anni ottanta ma portati in questo nuovo millennio con convinzione, grazie ad arrangiamenti al passo con i tempi.
Una raccolta di canzoni piacevoli, dall’ottimo appeal ma senza che si rinunci alla grinta, un tocco di West Coast in qualche passaggio e poi tanto rock a stelle e strisce, da smanettare fino al massimo del volume per un viaggio con la sesta inserita e l’ugola che brucia per il canto sfrenato, accompagnando i chorus creati dall’artista australiano nell’opener Ready For The Real Thing, la title track, la splendida The Best Times Of My Life, Pieces e la conclusiva If I Could.
Non mancano le ballad come Leap The Faith che mantengono comunque un forte legame elettrico, così da non smorzare l’atmosfera hard rock che aleggia sull’album, tra Bryan Adams e Richard Marx.
Better Days risulta quindi una raccolta di splendidi brani, consigliati senza riserve a chi si nutre di queste sonorità, a conferma del talento compositivo di questo bravissimo artista australiano.

Tracklist
01. Ready For The Real Thing
02. Rise And Fall 03. Better Days
04. The Best Times Of My Life
05. Leap Of Faith 06. Fallin’ For You
07. Pieces
08. Out Of Mind Out Of Sight
09. Cold
10. If I Could

Line-up
Dion Bayman – All Vocals & Instruments

DION BAYMAN – Facebook

Homicide Hagridden – Effect Lucifero

Effect Lucifero è una raccolta di brani di thrash metal senza compromessi che esplode fin dal momento in cui l’opener 4Letters dà il via alla mattanza.

Album da maneggiare con molta cura questo Effect Lucifero, ultimo lavoro dei nostrani Homicide Hagridden, uscito in origine nel 2016 e ristampato con l’aggiunta di una bonus track.

La thrash band piemontese non è certo di primo pelo, i suoi natali si perdono nella prima metà degli anni novanta, la sua storia annovera un buon numero di cambi nella formazione e concerti in compagnia di nomi altisonanti del metal mondiale (Samael, Vader, Keep of Kalessin, Napalm Death, Kreator, Behemoth e Decapitated, tra gli altri) e la propria discografia, ferma al 2016 ed all’uscita di Effect Lucifero, si compone anche di una manciata di demo e di altri due full length, Death Black Sun (2004) e Us (2002).
Capitanati da Stefano (batteria) e Massimo Moda (chitarra e voce), la band annovera tra le proprie fila anche Valerio Possetto (basso) e Fabio Insalaco (chitarra), per quella che si rivela una macchina da guerra thrash metal devastante.
Effect Lucifero è una raccolta di brani di thrash metal senza compromessi che esplode fin dal momento in cui l’opener 4letters dà il via alla mattanza: una sezione ritmica mostruosamente efficiente, chitarre che sfoderano rasoiate estreme e una voce dall’impatto rabbioso di una belva ferita (una via di mezzo tra Tom Araya e Mille Petrozza) ed il gioco (pericolosissimo) è fatto, per uno degli album più estremi e convincenti che mi sia capitato di ascoltare ultimamente in campo thrash metal negli ultimi tempi.
Un’autentica sorpresa per chi non conosceva la band ed una conferma per chi invece ha seguito le sorti degli Homicide Hagridden in tutti questi anni: questa ristampa si spera sia propedeutica ad un nuovo lavoro vista la travolgente resa di bordate sonore come Regime, Lie To An Angel, Lethal Agreement (con tanto di accordi spagnoleggianti a metà brano) e lo spettacolare crescendo conclusivo di The Unsaid.
Slayer, Kreator, Exodus, The Haunted sono i punti di riferimento utili ad inquadrare il tutto, ma le similitudini lasciano il tempo che trovano, semplicemente non perdetevi questa nuova possibilità di ascoltare Effect Lucifero.

Tracklist
1.4Letters
2.Remembrance of Me
3.Regime
4.Raped
5.Lie to an Angel
6.Lethal Agreement
7.Purify
8.The Unsaid
9.Black As War-Bonus Track

Line-up
Stefano Moda – Drums
Massimo Moda – Guitar/Vocals
Valerio Possetto – Bass guitar
Fabio Insalaco – Guitar

HOMICIDE HAGRIDDDEN – Facebook

Deathtura – Division

Il metal moderno passa anche e soprattutto da album come questo ottimo lavoro firmato Deathtura.

La Wormholedeath non si fa scappare questa realtà proveniente dal Belgio, chiamata Deathtura, che amalgama in un unico sound, dinamico, potente e melodico thrash metal, groove e death moderno, creando una bomba musicale intitolata Division che scoppierà nel momento che premerete il tasto play del vostro lettore.

Attiva dal 2013 e con un full length autoprodotto alle spalle, la band, sotto l’ala della prestigiosa label italiana, sforna un pezzo di granito metallico, un ottimo esempio di come il metal moderno possa regalare soddisfazioni se in campo si mettono un songwriting di alto livello ed un buon talento nel saper far convivere potenza e melodia in un contesto a tratti estremo, ma provvisto di un appeal che sorprende.
La tracklist di questo lavoro non lascia scampo, i brani si susseguono mettendo in campo tutti gli elementi che i Deathtura possiedono per portarsi a casa i favori degli amanti del thrash/groove metal, genere principe del sound di Division ma non l’unico.
Death metal e soluzioni che si avvicinano al più moderno e bistrattato metal core fanno da contorno a brani spettacolari come l’opener Purgatory Of Your Future e la seguente Help Me Confide, mentre prima che la band tiri il freno bisogna aspettare la semi ballad Killing Your Threats, dopo essere stati travolti dalla forza prorompente della devastante Fury.
Ancora Confess For Them ed In Sight alzano temperatura e qualità ad un album che non manca di un grande lavoro di chitarra e dell’uso “totale” delle voci, che passano con disinvoltura da toni estremi alla voce pulita, maschia quel tanto che basta per non abbassare la tensione sprigionata dal gruppo belga.
Il metal moderno passa anche e soprattutto da album come questo ottimo lavoro firmato Deathtura.

Tracklist
1.Purgatory Of Our Future
2.Help Me Confide
3.Escape The Time
4.Fury
5.Broken Man’s Road
6.Killing Your Threats
7.Not A Fool
8.Confess For Them
9.Sick Of Being You
10.In Sight
11.The Kid

Line-up
Bastian Flames – Vocals
Jack – Bass
Jerem – Lead Guitar
Jeff – Guitar
Mickey D. – Drums

DEATHTURA – Facebook

Virtual Symmetry – XLive Premiere

Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Progetto ambizioso quello dei prog metallers Virtual Symmetry, gruppo di talenti che vede dietro al microfono Marco Pastorino, ex Secret Sphere e mastermind dei Temperance.

Un doppio cd live con tanto di supporto Blu-ray e un’anteprima che vedrà la band presentare il lavoro in una sala cinematografica (Multisala Ciak in via Vincenzo Vela 21 di Mendrisio, nel Ticino) non è cosa da poco e conferma la band come ambiziosa realtà italo/svizzera nel genere.
Un tour italiano di spalla ai Dream Theater, il primo full length licenziato nel 2016 ed intitolato Message From Eternity, seguito dall’ep X-Gate, rappresenta risulta il passato del gruppo, mentre il presente si chiama XLive Premiere, live che immortala la band sul palco del Temus Club di Agno il 31 Marzo scorso.
Diciamolo subito: abituati alle atmosfere dei grandi concerti dal vivo poi trasferiti sui vari supporti, quella di XLive Premiere appare come una splendida serata musicale nelle quale le note create dal gruppo sono ancora più in risalto rispetto all’atmosfera creata dal pubblico, creando appunto un’aura più intima che trova nella perfetta resa sonora il suo punto di forza.
La band mette sul piatto, oltre alla buona tecnica esecutiva, tanto feeling ed un lotto di brani che dalla grande qualità, ispirati al progressive metal dei Dream Theater, ma pregni di personalità.
D’altronde Pastorino del genere se ne intende eccome, la sua esperienza e bravura non si mettono in discussione così come le buone prove dei singoli musicisti, impegnati a riportare dal vivo le trame progressive di splendidi brani come Pegasus, Soul’s Reflections e la suite Message From Eternity dal primo full length, e la coppia Eyes Of Salvation, Alchymera dal precedente ep X-Gate.
Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Tracklist
Disc 1 (CD)
1.Darkened Space
2.Program Error (We Are the Virus)
3.Soul’s Reflections
4.Pegasus
5.You’ll Never Fall Again
6.Silent Sweetness

Disc 2 (CD)
1.Eyes of Salvation
2.Alchymera
3.Elevate
4.Message from Eternity

Line-up
Valerio Æsir Villa – Guitars
Alessandro Poppale – Bass
Davide Perpignano – Drums
Mark Bravi – Keyboards
Marco Pastorino – Vocals

VIRTUAL SYMMETRY – Facebook

https://youtu.be/cjlTWR0YCg4

Bloodbath – The Arrow of Satan Is Drawn

La frangia più conservatrice dei fans avrà sicuramente di che godere per questo nuovo lavoro targato Bloodbath, un album grezzo, sporco ed oscuro, in poche parole un esempio della forza di cui ancora dispone il genere.

Quello che agli inizi poteva essere scambiato per l’ennesimo progetto di una manciata di talenti del death metal scandinavo, capitanati dal talento di due guru come Dan Swanö e Mikael Åkerfeldt, è diventato un gruppo a tutti gli effetti, portatore del marcio verbo del death metal old school di matrice nordica, grezzo primordiale e senza compromessi.

Dan Swanö e Mikael Åkerfeldt da anni hanno lasciato il girone infernale dove risiedono i Bloodbath, con Nick Holmes stabilmente dietro al microfono, Martin Axenrot alla batteria ed il nuovo arrivato Joakim Karlsson alla chitarra (Craft) ad accompagnare i due membri originali che di talento ne hanno da vendere e che di nome fanno Jonas Renkse e Anders “Blakkheim” Nyström.
Il quintetto arriva così al quinto full length, questo abominevole ed oscuro lavoro intitolato The Arrow of Satan Is Drawn, a ribadire la salute del metal estremo di stampo death, da una manciata d’anni tornato su livelli eccellenti grazie a gruppi storici e nuove leve.
La frangia più conservatrice dei fans avrà sicuramente di che godere per questo nuovo lavoro targato Bloodbath, un album grezzo, sporco ed oscuro, in poche parole un esempio della forza di cui ancora dispone il genere, duro e puro, malato e sporcato e maledetto da riff scritti dall’anima più malevola che risiede nella casa di Lucifero.
La band gira a mille, Holmes è assolutamente a suo agio, tanto da mettere in discussione la pur buona prova sull’ultimo Paradise Lost, sembrando un angelo caduto che vomita fango brulicante di vermi in brani devastanti come l’opener Fleischmann, Levitator, Only The Dead Survive ed il singolo Chainsaw Lullaby.
Dall’anima death’ n ‘roll e forte di una tracklist possente come un carro armato infernale, The Arrow of Satan Is Drawn è l’ennesimo imperdibile macigno sonoro targato Bloodbath.

Tracklist
01. Fleischmann
02. Bloodicide
03. Wayward Samaritan
04. Levitator
05. Deader
06. March Of The Crucifers
07. Morbid Antichrist
08. Warhead Ritual
09. Only The Dead Survive
10. Chainsaw Lullaby

Line-up
Jonas Renkse – Bass, vocals (backing)
Anders “Blakkheim” Nyström – Guitars, vocals (backing)
Martin Axenrot – Drums
Nick Holmes – Vocals
Joakim Karlsson – Guitars

BLOODBATH – Facebook

Opeth – Garden Of The Titans: Live At Red Rocks Amphitheatre

Gli Opeth hanno ormai raggiunto uno status che li pone tra i grandi della musica moderna di stampo progressivo ed i loro live sono un’esperienza uditiva assolutamente coinvolgente, quindi nessuna sorpresa negativa scaturisce dall’ascolto di questo live.

Gli Opeth sono una delle band più importanti che la scena metallica Scandinava ha sfornato negli ultimi trent’anni, un gruppo capace di fare scuola in quello che, dalla nascita della band del geniale Mikael Åkerfeldt è diventato un genere dei più seguiti nel panorama estremo, amalgamando impulsi death e black con la musica progressiva.

Da almeno tre lavori, però, gli Opeth hanno preso una strada che li ha portati a rivalutare sonorità più classiche trasformandosi in una creatura progressiva più vicina al tradizionale sound settantiano.
Il live in questione ci presenta gli Opeth di oggi, dopo i festeggiamenti per il ventennale con quello che era l’ultima testimonianza del gruppo in concerto, uscita nel 2010 (In Live Concert at the Royal Albert Hall), un lavoro che fotografa la band nel tour di supporto all’ultimo album in studio Sorceress, licenziato un paio di anni fa.
Garden Of The Titans: Live At Red Rocks Amphitheater immortala la band sul palco del Red Rocks Amphiteatre di Denver l’11 maggio 2017 ed esce ni formati DVD, Blu-ray (entrambi corredati di CD audio) e vinile.
Tre brani presi dall’ultimo album e poi una carrellata di tracce a coprire quasi per intero la discografia fanno di questo live un buon riassunto di quello che la band ha prodotto in questi anni, ed avendo l’opportunità del solo ascolto possiamo sicuramente affermare che l’operazione merita l’attenzione degli amanti del gruppo svedese.
Gli Opeth hanno ormai raggiunto uno status che li pone tra i grandi della musica moderna di stampo progressivo ed i loro live sono un’esperienza uditiva assolutamente coinvolgente, quindi nessuna sorpresa negativa scaturisce dall’ascolto di questo live, trattandosi di una performance di altissimo livello con la quale il gruppo emoziona come pochi sanno fare, grazie a vere gemme sonore come Ghost Of Perdition, In My Time Of Need, The Devil’s Orchard e Deliverance.
Ovviamente l’intera la tracklist è di assoluta qualità, e se sicuramente i fans di vecchia data storceranno il naso per la mancanza di brani dai primi cinque magnifici lavori, grazie all’altissimo livello della musica contenuta in questo live tutto questo si riduce ad un semplice dettaglio.

Tracklist
1. Sorceress
2. Ghost Of Perdition
3. Demon Of The Fall
4. The Wilde Flowers
5. In My Time Of Need
6. The Devil’s Orchard
7. Cusp Of Eternity
8. Heir Apparent
9. Era
10. Deliverance

Line-up
Mikael Åkerfeldt – Guitars, Vocals
Martín Méndez – Bass
Martin Axenrot – Drums, Percussion
Fredrik Åkesson – Guitars
Joakim Svalberg – Keyboards, Piano, Mellotron

OPETH – Facebook

R.O.T. – Revolution Of Two

Revolution Of Two risulta quindi uno splendido esempio di metal estremo, melodico e progressivo, meritevole di attenzione anche perché suonato ottimamente da un duo dalle potenzialità enormi.

Nell’underground metallico non mancano certo le soprese, piccole gemme sonore che ci arrivano da ogni parte del mondo e che abbracciano generi e sonorità della più disparate.

I R.O.T. sono un duo di musicisti provenienti da Cassino, unitisi dopo varie esperienze lo scorso anno con lo scopo di suonare death metal melodico e progressivo.
Louis Littlebrain (Luigi Cervellini) e Eddy Scissorshand (Edoardo Merlino) debuttano con il primo full length intitolato Revolution Of Two, autoprodotto e uscito per la per la loro etichetta indipendente EFTM Records.
L’album è composto da otto brani più intro per tre quarti d’ora di death melodico ottimamente suonato dal duo che, con una sviluppata personalità, elabora il genere alla sua maniera unendo nel proprio sound diversi spunti ed ispirazioni e creando un sound deviato da iniezioni di moderne trame progressive.
Ritmiche thrash, un lavoro chitarristico dai rimandi classici, l’uso della doppia voce e qualche accenno di modernità, fanno di Revolution Of Two un ibrido di musica estrema e melodica che racchiude ispirazioni provenienti da Soilwork, Devin Townsend, Voivod, In Flames e valorizzate da notevoli ricami progressivi che non solo mettono in risalto la tecnica esecutiva del duo, ma creano cangianti atmosfere che arricchiscono non poco il songwriting.
La sensazionale partenza, con la diretta e spettacolare Diamond Souls che esplode in tutta la sua forza prorompente dopo l’intro, è solo l’inizio di un viaggio tra la musica creata dai R.O.T. che vede il suo apice tra le note della cangiante The 4th Reactor, The Angel’s Cry e nella conclusiva Aut-Aut.
Revolution Of Two risulta quindi uno splendido esempio di metal estremo, melodico e progressivo, meritevole di attenzione anche perché suonato ottimamente da un duo dalle potenzialità enormi.

Tracklist
1.After All…
2.Diamond Souls
3.Hyper Thymesia
4.The 4th Reactor
5.Rebirth
6.Angel’s Cry
7.Ethereal Dimension
8.Apatite
9.Aut Aut

Line-up
Eddy Scissorshand – Bass, Vocals
Louis LittleBrain – Guitars, Keyboards

Agony Face – CXVI Evolving Discharges

La Sliptrick Records label piglia tutto, si è assicurata le prestazioni di questi cinque maghi del technical death metal mondiale ( si, avete letto bene), confermandosi come una delle etichette più attive nel panorama underground attuale e licenziando uno dei lavori più riusciti dell’anno in assoluto nel genere, imperdibile.

Cinque anni di silenzio dall’ultimo lavoro e a sorpresa il nuovo lavoro dei geniali deathsters nostrani Agony Face irrompe sul mercato.

CXVI Evolving Discharges è il titolo di questa straordinaria opera estrema che conferma l’assoluta qualità delle uscite targate Agony Face, con un souns tecnico e progressivo offerto da una macchina da guerra ben oliata che ci travolge con il suo Surrealistic Death Metal.
L’album risulta una cascata di note che in modo del tutto personale rivisita il concetto di metal estremo, con una serie di brani che inchiodano al muro, devastanti, pregni di cambi di ritmo e di atmosfere, e si elevano verso l’olimpo di un genere che ormai difficilmente riesce a trovare nuove strade e a convincere aldilà della tecnica, a meno che non ci si chiami Agony Face.
Il gruppo accoglie nel proprio spartito diversi generi e miriadi di sfumature, il tutto elaborato tramite un sound assolutamente folle, a tratti schizzato e in cui i rallentamenti e le atmosfere pacate preparano l’ascoltatore a tempeste musicali pervase da rumori campionati, passaggi orchestrali, jazzati e sottoposti ad un massacro thrash/death nei quali la tecnica strumentale non lascia scampo, lasciando l’ascoltatore a bocca aperta per le tante e spettacolari trovate compositive.
La Sliptrick Records, label piglia tutto, si è assicurata le prestazioni di questi cinque maghi del technical death metal mondiale (sì, avete letto bene), confermandosi come una delle etichette più attive nel panorama underground attuale e licenziando uno dei lavori più riusciti dell’anno in assoluto nel genere.

Tracklist
1.XXV The Lonization
2.XXIII Waffle
3.XXIII Connection
4.XXIV Mat(h) Bat(h) 3+3+3
5.XX Marrakesch Prostitute
6.XIX Reality Chack
7.XIX Mantra Of Sulphur
8.XXI Wandering Through Cerebral Paths

Line-up
Davide – Vocals
Riccardo – Guitar
Alessandro – Guitar
Mirko – Bass
Alesandro – Drums

AGONY FACE – Facebook

Master – Vindictive Miscreant

Gli anni per il bassista e cantante statunitense non sembrano passare: la collaborazione con il buon Rogga Johansson, gli altri progetti a cui si è dedicato e i suoi Master riescono nella non facile impresa di mantenere un approccio ed una qualità invidiabile e Vindictive Miscreant conferma questa invidiabile tendenza.

Paul Speckmann non conosce pause: archiviato da non molto l’ultimo abominevole parto in compagnia di Rogga Johansson (From The Mouth Of Madness) uscito nella prima metà dell’anno, lo storico bassista e cantante torna con i suoi Master, leggendaria band attiva da metà anni ottanta e che ha attraversato più di trent’anni di metal estremo con costanza ed attitudine esemplari.

D’altronde il suo carismatico leader non ha mai lasciato la scena estrema, collaborando con gruppi e personaggi che ne hanno fatto la storia, nell’underground e non solo.
Vindictive Miscreant è il nuovo lavoro del trio, che si completa con il chitarrista Alex Nejezchleba ed il batterista Zdenek Pradlovsky, l’ultimo di una lista che vede arrivare la band al quattordicesimo parto sulla lunga distanza.
Una nuova bordata metallica che vede i nostri sempre alle prese con un death metal nutrito da un’attitudine crust/punk, amalgamata con un impatto motorheadiano che ne fa un nuovo violento ed inattaccabile esempio metal estremo senza compromessi e perfettamente in grado di tenere botta anche nel nuovo millennio.
Non sembrano infatti passati così tanti anni da quando i Master esordirono con il primo omonimo album all’alba degli anni novanta, almeno all’ascolto di brani come la title track o Replaced, due bombe sonore veloci e senza fronzoli che la band alterna a tracce più orientate al death metal classico, rallentando i ritmi e trasformandosi in una letale macchina di morte (The Inner Strenght Of The Demon, Engulfed In Paranoia).
Gli anni per il bassista e cantante statunitense non sembrano passare: la collaborazione con il buon Rogga Johansson, gli altri progetti a cui si è dedicato e i suoi Master riescono nella non facile impresa di mantenere un approccio ed una qualità invidiabile e Vindictive Miscreant conferma questa invidiabile tendenza.

Tracklist
1.Vindictive Miscreant
2.Actions Speak Louder than Words
3.Replaced
4.The Inner Strength of the Demon
5.The Book
6.Engulfed in Paranoia
7.The Impossible of Dreams
8.Stand Up and Be Counted

Line-up
Paul Speckmann – Bass and Vocals
Alex Nejezchleba – Lead and Rhythm Guitars
Zdenek Pradlovsky – Drums

MASTER – Facebook

Giò – Succederà

Da un personaggio con oltre trent’anni di esperienza nel mondo musicale ci si aspettava qualcosa di più, ma quello che sembra evidente è il parziale distacco di Giò dalla scena rock per un approdo a sonorità più vicine al pop e quindi abbastanza lontane dal target della nostra webzine.

Succederà è il nuovo lavoro di Giordano Gondolo in arte Giò, scrittore e cantante dal 1986 nella scena rock tricolore con un passato che lo ha visto suonare su e giù per lo stivale con musicisti e gruppi del calibro di Diaframma, C.S.I, Marlene Kuntz, Ustmamo, Death SS, Carmen Consoli e Negrita.

Con gli Union Jack prima, poi il progetto Blixxa e con tanta esperienza alle spalle nel mondo della musica a 360°, Giò arriva ad oggi e a questo album che ha tutti i crismi dell’ep, con sei brani per venti minuti di musica che lascia il rock per un approccio molto più pop, vario nel proporre sfumature diverse ad ogni brano, ma comunque fuori dai canoni del rock odierno.
Tra le trame dei brani che compongono il lavoro si passa dall’hip hop adolescenziale dell’opener Io Sarò Li, dal pop/rock di Farò quello che voglio, dai ritmi solari della title track, al Litfiba sound di Cose Che Non Ho Visto Mai, la canzone che lascia trasparire l’animo rock del cantante fino a Noi, con l’ospite Simone Piva, anche autore del brano.
Da un personaggio con oltre trent’anni di esperienza nel mondo musicale ci si aspettava qualcosa di più, ma quello che sembra evidente è il parziale distacco di Giò dalla scena rock per un approdo a sonorità più vicine al pop e quindi abbastanza lontane dal target della nostra webzine.

Tracklist
1.Io Sarò Lì
2.Quello Che Voglio
3.Succederà
4.Cose Che Non Ho Visto Mai
5.Noi (feat. Simone Piva)
6.Io Sarò Lì (acoustic version)

Line-up
Giò – voce
Andrea Faidutti – chitarra
Marco Menazzi – chitarra
Alan Malusà Magno – chitarra
Steve Taboga – basso, chitarra
MArzio Tomada – basso
Geremy Seravalle – piano, tastiere
Fabio Veronese – piano, hammond
Marco D’Orlando – batteria

GIO – Facebook

Northward – Northward

Northward è un progetto che merita un futuro alla luce dell’eccellente qualità messa in mostra in ogni dettaglio: questo lavoro sarà sicuramente apprezzato dagli amanti dell’hard & heavy, grazie al suo piglio energico, graffiante e splendidamente melodico.

Nel mondo del metal e del rock è accaduto spesso: due talenti si incontrano, magari ad un festival, e scoprono di avere delle affinità, specialmente nei gusti musicali, e così decidere di provare a scrivere qualcosa è un attimo, mentre è molto più difficile trovare il tempo di concretizzare progetti e idee.

E’ quello che è successo una decina di anni fa, quando Floor Jansen, attuale sirena dei Nightwish, e Jorn Viggo Lofstad dei Pagan’s Mind e songwriter di spessore (Jorn), conosciutisi all’epoca dietro le quinte del Progpower USA Festival, decisero di avviare una collaborazione che ha dato vita solo oggi a questo bellissimo lavoro che prende il nome del progetto, Northward.
Ben dieci anni sono passati prima che queste undici canzoni fossero imprigionate sul dischetto ottico, undici tributi all’hard rock classico che, se vede le sue radici ben piantate nella tradizione settantiana, non dimentica il terremoto alternative statunitense né l’approccio al rock duro tipico delle fredde terre del nord.
Ne esce un album che alterna potenza e melodia, leggermente più moderno ma non lontano dal sound del re scandinavo (per quanto riguarda il genere) Jorn Lande: d’altronde Lofstad ha collaborato non poco con il cantante norvegese, e il tutto si rivela un bene visto che tra le varie ispirazioni il Lande solista è quella che più marchia a fuoco il sound di Northward.
Morty Black (TNT), Stian Kristoffersen, Django Nilsen, Ronnie Tegner (Pagan’s Mind) e la sorella della Jansen, Irene, sono gli ospiti che aiutano il duo a rendere questo progetto un album per cui vale la pena spaccare il salvadanaio e correre al negozio di fiducia, pregno di potenza melodica come pochi, a tratti pervaso da un groove micidiale e cantato da Floor come se il suo passato e presente nel metal sinfonico (oltre ai Nightwish non dimentichiamoci i notevoli e ormai defunti After Forever) non esistesse, risultando una vera tigre e dimostrando un eclettismo straordinario.
I brani da annotare sul taccuino corrispondono di fatto all’intera tracklist, ma è pur vero che il singolo While Love Died, la bellissima e accattivante Storm In Glass, la seguente Driftings Islands, l’esaltante Big Boy e la potentissima Let Me Out fanno ancor più la differenza.
Northward è un progetto che merita un futuro alla luce dell’eccellente qualità messa in mostra in ogni dettaglio: questo lavoro sarà sicuramente apprezzato dagli amanti dell’hard & heavy, grazie al suo piglio energico, graffiante e splendidamente melodico.

Tracklist
1. While Love Died
2. Get What You Give
3. Storm In A Glass
4. Drifting Islands
5. Paragon
6. Let Me Out
7. Big Boy
8. Timebomb
9. Bridle Passion
10. I Need
11. Northward

Line-up
Floor Jansen – Vocals
Jorn Viggo Lofstad – Guitars

NORTHWARD – Facebook

Hate Eternal – Upon Desolate Sands

Severo, epico e monumentale, Upon Desolate Sands non manca mai di mettere in primo piano una potenza devastante che rende i brani dei veri e propri abomini sonori, tra efferata violenza e tecnica eccellente.

Questa è una di quelle recensioni a forte rischio di sconfinamento nel banale, essendo troppo importante il nome coinvolto, un leggendario e storico monicker sinonimo di grande musica estrema e delle conseguenti aspettative da parte dei fans, andate creandosi man mano che si avvicinava il giorno di uscita dell’album.

Gli Hate Eternal di Erik Rutan, d’altronde, sono da oltre vent’anni nell’olimpo del death metal mondiale, uno dei nomi più importanti usciti da quel nido di mostri musicali che è la Florida..
Il leader (ex Morbid Angel) arriva con la sua creatura al settimo lavoro, un monolite di violenza intitolato Upon Desolate Sands, accompagnato da una copertina che è una vera e propria opera d’arte e dall’importante novità alla batteria, ora seviziata dal monumentale batterista tedesco Hannes Grossman (ex di una miriade di band tra cui Obscura e Necrophagist).
Sotto una coltre di oscura e temibile atmosfera, l’album risulta quindi un pesantissimo, marziale e violento esempio di death metal floridiano, tecnicamente ineccepibile senza sconfinare nella parte più cervellotica del genere ma mantenendo un’encomiabile legame con la tradizione per un risultato fresco ed assolutamente devastante.
Severo, epico e monumentale, Upon Desolate Sands non manca mai di mettere in primo piano la potenza accompagnata da un songwriting che fa di brani come l’opener The Violent Fury, All Hopes Destroyed o Portal Of Myriad autentici abomini sonori, tra efferata violenza e tecnica eccellente.
Prodotto dallo stesso Erik Rutan, l’album è un imprescindibile manifesto del death metal made in Florida firmato Hate Eternal.

Tracklist
1. The Violent Fury
2. What Lies Beyond
3. Vengeance Striketh
4. Nothingness of Being
5. All Hope Destroyed
6. Portal of Myriad
7. Dark Age of Ruin
8. Upon Desolate Sands
9. For Whom We Have Lost

Line-up
Erik Rutan – Guitar, Vocals
JJ Hrubovcak – Bass Guitar
Hannes Grossmann – Drums

HATE ETERNAL – Facebook

Run Chicken Run – Don’t Forget The Wine

Un album che risulta un piacevole ascolto per gli amanti dell’hard rock suonato alla scuola dei fratelli Young, un sound immortale di cui i Run Chicken Run risultano fieri portabandiera.

I Run Chicken Run sono una band attiva da qualche anno e con un album alle spalle intitolato Open The Grill.

Dopo la firma con la Volcano Records arriva sul mercato il nuovo e secondo full length , un concentrato di adrenalinico hard rock pregno di attitudine rock ‘n’ roll ed una dose di letale blues dal titolo Don’t Forget The Wine.
Il sound proposto da Michele Montesi (chitarra e voce), Paolo Scarabotti (basso), Leonardo Piccioni (chitarra) e Simone Medori (batteria) è una versione più heavy di quello che ha fatto la fortuna degli Ac/Dc, Rose Tattoo e i più giovani Airbourne, che delle due storiche band australiane sono i legittimi eredi.
Hard rock e blues, scudisciate heavy su di un sound che sprizza irriverente ribellione rock ‘n’ roll, la ricetta è semplice ed efficace, una musica creata per non fare prigionieri in sede live, la migliore per questo genere immortale che i Run Chicken Run a modo loro tributano con questa raccolta di brani che non vedono cali di tensione: l’elettricità si sparge intorno a noi, saette di watt che illuminano il vostro spazio sulle note dell’opener Rust From Space, primo video e singolo di Don’t Forget The Wine.
La voce di Montesi è ruvida, dall’attitudine rock, le chitarre graffiano in brani che costringono a dimenarsi ballando senza freni al ritmo di Louder On You, assolutamente “australiana”, così come Good Brewer, mentre il riff di Black Shadow si contorna di drappi a stelle e strisce, ricordando i Twisted Sister.
Un album che risulta un piacevole ascolto per gli amanti dell’hard rock suonato alla scuola dei fratelli Young, un sound immortale di cui i Run Chicken Run risultano fieri portabandiera.

Tracklist
1.Rust from Space
2.Your Girl
3.Louder on You
4.Sun
5.My Heart Is a Stone
6.Black Shadow
7.Good Brewer
8.Boredom Killers
9.Real Man
10.Blackout Out

Line-up
Michele Montesi – Guitars, Vocals
Paolo Scarabotti – Bass
Leonardo Piccioni – Guitars
Simone Medori – Drums

RUN CHICKEN RUN – Facebook

Lacuna Coil – The 119 Show-Live In London

The 119 Show-Live In London immortala la band sul palco del O2 Forum Kentish Town nella capitale inglese, con Cristina Scabbia e compagni accompagnati dal gruppo circense Incandescence, per quello che risulta uno spettacolo sonoro e visivo straordinario.

Questo articolo sarebbe stato più completo se alle note avessimo potuto godere del supporto video, perché i Lacuna Coil hanno fatto le cose in grande per festeggiare i loro vent’anni nella scena metal/rock, un ventennio di soddisfazioni per loro e per chi ha a cuore la scena tricolore, che ha messo a tacere chi ha sempre guardato al gruppo con malcelata invidia.

Praticamente da sempre con Century Media, segno del valore assoluto della band e della propria discografia, la band viene glorificata in questa uscita che possiede tutte le caratteristiche dell’evento; una fama cresciuta dal 1998 attraverso una serie di ottimi lavori che hanno fatto scuola, otto full length che hanno accompagnato il metal moderno dalle tinte dark/gothic del gruppo nel nuovo millennio, con una Cristina Scabbia lanciata anche nel mondo della TV (è da poco passata la sua partecipazione al programma The Voice Of Italy) ed un ultimo album (Delirium, licenziato un paio di anni fa) che ha confermato i Lacuna Coil tra tra i massimi esponenti del genere.
The 119 Show-Live In London immortala la band sul palco del O2 Forum Kentish Town nella capitale inglese, con Cristina Scabbia e compagni accompagnati dal gruppo circense Incandescence, per quello che risulta uno spettacolo sonoro e visivo straordinario.
L’opera esce nelle versioni: Blu-ray+DVD+2CD, 2CD+DVD, Digital Album e sicuramente non deluderà chi ha sempre seguito la band italiana, protagonista di uno spettacolo assolutamente perfetto con i due vocalist ed i loro compagni d’avventura in perfetta forma.
I Lacuna Coil, che sono probabilmente il gruppo più famoso e seguito in tutto il mondo tra quelli battenti bandiera tricolore, nel momento della loro piena maturazione regalano questo racconto della propria vita artistica in ventotto splendidi brani che hanno fatto la storia del genere a cavallo del nuovo millennio.
Troviamo quindi tutti quelli che hanno portato alla band il successo mondiale, ma anche qualche chicca suonata per l’occasione, toccando tutte le tappe di una lunga carriera per una celebrazione del verbo Lacuna Coil che diventa essenziale per il fans quanto per chi cerca un qualcosa che ne riassuma l’operato in tutte le sue sfumature.
Non resta che fare i complimenti ai Lacuna Coil per lo straordinario traguardo raggiunto, che è anche quello di rappresentare l’orgoglio dell’anima rock/metal del nostro sempre più bistrattato paese.

Tracklist
1. Intro
2. A Current Obsession
3. 1.19
4. My Wings
5. End Of Time
6. Blood, Tears, Dust
7. Swamped
8. The Army Inside
9. Veins Of Glass
10. One Cold Day
11. The House Of Shame
12. When A Dead Man Walks
13. Tight Rope
14. Soul Into Hades
15. Hyperfast
16. I Like It
17. Heaven’s A Lie
18. Senzafine
19. Closer
20. Comalies
21. Our Truth
22. Intermezzo
23. Falling
24. Wide Awake
25. I Forgive (But I Won’t Forget Your Name)
26. Enjoy The Silence
27. Nothing Stands In Our Way
28. Final Credits
II Behind The Curtains
III Enter The Coil

Line-up
Cristina Scabbia – Female Vocals
Andrea Ferro – Male Vocals
Marco Coti-Zelati – Bass Guitar, Guitars, Keyboards, Synths
Ryan Blake Folden – Drums
Diego Cavallotti – Guitars

https://www.facebook.com/lacunacoil