Uno dei piaceri riservati a chi, per diletto, si ritrova ad ascoltare quotidianamente una caterva di proposte musicali, con lo scopo poi di raccontare a chi ha voglia di leggere se possa valere la pena o meno di soffermare la propria attenzione o meno su un disco, è quello di scoprire realtà fino ad allora sconosciute capaci di colpire con forza immane.
I Catapult The Dead sono un esempio che calza alla perfezione rispetto a quanto ho appena espresso: la band americana, della quale oggettivamente non conoscevo l’esistenza, essendomi sfuggito all’epoca l’unico lavoro precedente, All Is Sorrow, uscito nel 2014, si rende autrice di un mezzo capolavoro di doom death sludge, una di quelle opere capaci di stravolgere psichicamente l’ascoltatore per intensità e doloroso approccio al genere.
Al di là del monicker piuttosto strambo, questo quintetto proveniente da Oakland spara subito uno dei brani più belli dell’anno ascoltati in quest’ambito stilistico, Till It Goes Away, stupefacente messa in musica di un grido di dolore di otto minuti abbondanti: l’impatto anche melodico di questa traccia è di lacerante bellezza e lo strazio evocato dalla voce di Ben Hiteman è esattamente ciò che serve, per aumentare a dismisura la sensazione di intraprendere un viaggio senza ritorno negli abissi dell’umana psiche.
Come spesso capita, piazzare un brano di tale spessore in apertura del lavoro rischia di sminuire quanto verrà dopo, ma la band californiana riesce nella non facile impresa di rendere sempre più penoso l’incedere della propria musica, spaziando tra lo sludge, il post hardcore e ovviamente il preponderante elemento doom, che tutto sommato si rivela ideale esasperazione di quello di matrice più classica piuttosto che una più ortodossa versione funeral death.
Così Anti Aethrr si palesa quale marmoreo monumento all’incomunicabilità prima che Last Breath, introdotta da un inatteso organo ecclesiastico, riporti il tutto su un piano di rabbiosa disperazione dove riemergono tracce di melodia simili ad un unguento dall’effetto palliativo, incapace di lenire realmente le ferite, e la conclusiva Burning Womb riconduca nuovamente il tutto ad un impatto maggiormente emotivo, nonostante le vocals di Hiteman siano costantemente volte ad urlare senza un attimo di cedimento tutto il proprio doloroso risentimento.
A Universal Emptiness è una delle sorprese dell’anno, è un album la cui intensità si fa a tratti spasmodica e quello che può apparire un difetto per chi non sa cosa sia il doom (l’incedere monolitico, la voce che rifiuta a priori ogni accenno di pulizia formale), diviene l’irrinunciabile nutrimento per l’anima capace di saziare chi ama il genere.
Tracklist:
1. Till It Goes Away
2. Anti-Aether
3. Last Breath
4. Burning Womb
Line-up
Ben Hiteman – Vocals and Percussion
Emad Dajani – Guitar
Thomas Lilliston – Guitar
Garrick O’Connor – Keyboards and Guitars
Dan Brownson – Bass
Patrick Spain – Drums