GRAZIE A TUTTI

Come preannunciato all’inizio dell’estate, l’attività di MetalEyes è cessata ufficialmente dal 31 agosto con la pubblicazione dell’ultima recensione.
Il sito rimarrà comunque online ancora per un periodo non quantificabile (la cosa non dipende più da noi ma chi lo cura dal punto di vista informatico) e quindi chi vorrà potrà sempre avere accesso agli oltre tremila articoli ivi contenuti.
Con l’occasione ribadiamo che, ovviamente, qualsiasi richiesta che ci perverrà non verrà più esaudita e che, di conseguenza, se non si risponde non è per mera scortesia ma sostanzialmente solo perché la notizia della nostra chiusura è di dominio pubblico da oltre due mesi e chi di dovere ha avuto tempo e modo d’esserne messo al corrente.
Per quanto ci riguarda, sarà sempre un piacere presenziare ai concerti e ovunque ci sia “musica che gira intorno”, più avanti… chissà.
Grazie di nuovo a tutti i voi per il sostegno fornitoci in questi tre anni.

GAME OVER

A poco meno di 3 anni dal momento in cui MetalEyes ha mosso i primi passi è arrivato il momento di mettere la parola fine a questa avventura; paradossalmente questo avviene proprio in un momento in cui la nostra webzine si è ritagliata un suo spazio e con un numero di contatti in lenta ma costante crescita, ma non sono solo questi i parametri sui quali si devono basare le proprie decisioni quando arriva il momento di prenderle.

Per noi tre (Alberto Centenari, Massimo Argo ed il sottoscritto), infatti, MetalEyes aveva da tempo cessato d’essere un hobby con tutti i crismi per trasformarsi in un vero e proprio lavoro non retribuito, un qualcosa forse di gratificante nei primi tempi, quando l’entusiasmo ha relegato in secondo piano qualsiasi aspetto negativo, ma che alla lunga ci ha imposto di fare i conti con il tempo sottratto alle normali attività quotidiane al di fuori del lavoro (quello vero).
in buona sostanza, la creatura alla quale abbiamo dato vita ha finito per assumere il controllo delle nostre vite, dettandoci i tempi e facendoci percepire come un compulsivo obbligo quello che altro non sarebbe dovuto essere se non una libera scelta.
Negli ultimi tempi abbiamo provato a ritarare i nostri obiettivi, ma questo non è valso, se non per poco tempo, a sgravarci di quella stanchezza, soprattutto mentale, che nel momento in cui è stata messa a fattor comune non ci ha lasciato altra scelta che la chiusura, dolorosa per certi versi ma liberatoria per altri.
Del resto proprio il nostro spirito di servizio nei confronti degli appassionati musica e, di riflesso, dei musicisti in primis e poi delle etichette e delle agenzie che ci proponevano incessantemente materiale da recensire, ci ha portati a raggiungere livelli quantitativi (e si spera anche qualitativi) tali da impedire un possibile passo indietro.
La gestione di un sito così strutturato, con centinaia di mail settimanali alle quali rispondere o dare seguito in un senso o nell’altro, la correzione delle bozze, la pianificazione delle uscite giornaliere, il feedback a tutti gli attori coinvolti dopo ogni recensione più altri annessi e connessi, necessitava ormai di qualcuno che potesse seguirne l’andamento a tempo pieno o quasi e visto che farlo gratis ha un che di masochistico, a meno che non si sia sgravati da impegni lavorativi, la decisione presa è stata inevitabile.
L’innaturale senso di liberazione da noi provato in queste settimane in cui ci stiamo limitando a pubblicare poco per volta le recensioni ancora giacenti è stata la riprova di quanto tale scelta sia stata fin troppo a lungo procrastinata; inoltre, la possibilità di ascoltare nuovamente musica godendosela senza avere l’impellente necessità di scrivere una recensione è un qualcosa di impagabile …
Questi tre anni di attività ci hanno lasciato in eredità comunque molte cose positive, a partire dalla possibilità di conoscere persone con le quali è nata una vera e propria amicizia o si è palesata una forma di reciproca stima sul piano personale; abbiamo avuto la possibilità di ascoltare dischi che, probabilmente, sarebbero sfuggiti ai nostri radar di comuni appassionati, ma abbiamo anche constatato come ormai l’offerta sia incommensurabilmente superiore alla richiesta, sia a livello discografico che sotto forma di eventi dal vivo.
La scena rock e metal italiana, almeno per quanto riguarda quella ancora definibile underground, possiede un enorme potenziale dal punto di vista qualitativo ma deve far i conti con la realtà di una nazione in forte regressione dal punto di vista culturale (non solo musicalmente) e con un movimento che, invece di farsi coeso per avere maggior forza, è frammentato e afflitto da ripicche, gelosie e da tutto quel campionario di piccolezze che il maestro Battiato avrebbe liquidato con la frase “quante stupide galline che si azzuffano per niente” …
Questo al netto di quei pochi che provano meritoriamente a valorizzare quanto viene prodotto all’interno della nostra nazione (porto ad esempio realtà come Facciamo Valere il Metallo Italiano di Silvia Agnoloni, Band Rock e Metal Italiane di Caterina Zarpellon ed il programma radiofonico Overthewall di Mirella Catena, al quale ho personalmente contribuito fino a qualche tempo fa con una rubrica settimanale) ai quali va tutta la nostra stima e l’incoraggiamento a proseguire su questa strada, nonostante spesso ciò rischi di sembrare un’impari lotta contro i mulini a vento.
In conclusione, non possiamo che ringraziare Massimo Pagliaro, Davide Arecco e Michele Massari, che hanno collaborato con noi fino alla fine, e tutti coloro i quali ci hanno sempre sostenuto e gratificato con il loro apprezzamento (tra tutti cito Alberto Carmine di Doom Heart, al quale non verrà meno la nostra partnership, per quanto postuma, al suo festival previsto il prossimo 2 novembre), senza dimenticare Simone Benerecetti che, oltre ad essere l’anima di In Your Eyes (la nostra prima casa), ha progettato e seguito in questi anni la funzionalità del sito.
A questo punto è sottinteso che tutto il materiale che ci verrà inviato non sarà più preso in considerazione: lo diciamo soprattutto ad uso e consumo di chi ha sempre optato per l’invio in formato fisico, cosa che ha pur sempre un costo, poco o tanto che sia.
Più o meno fino a tutto agosto continueremo con qualche pubblicazione giornaliera di recensioni residuali, dopo di che torneremo a rivestire i nostri abituali panni di “normali” malati di musica; non sappiamo se il futuro ci riserverà qualche nuova avventura, assieme o singolarmente: di sicuro, almeno per quanto riguarda Genova e il Nord Ovest, ci troverete a qualche concerto o, comunque, in occasione di quegli eventi capaci di radunare tutte quelle persone che, come noi, considerano la musica molto più di un semplice passatempo.
Grazie ancora per il vostro supporto.

Stefano Cavanna

English version
A little less than 3 years from the moment in which MetalEyes took its first steps, the time has come to close to this adventure; paradoxically this happens in a phase when our webzine has carved out its own space and the number of contacts is in slow but constant growth, but these are not the only parameters to take a decision when comes the time to do it.

For us three (Alberto Centenari, Massimo Argo and myself), in fact, MetalEyes had long ceased to be an hobby to become a real unpaid job, something perhaps gratifying in the early times, when enthusiasm has relegated any negative aspect into the background, but that later has saturated our free time outside of our job (the real one).
In essence, our creation took control of our own lives, dictating the times and making us perceive as a compulsive duty what should have been just a free choice.
In recent times we have tried to recalibrate our goals, but this has only raised for a short time that fatigue, mental above all, which when it emerged simultaneously has left us with this choice, surely painful but also liberating.
Moreover our spirit of service towards music lovers and, consequently, of musicians first and then of labels and agencies that offered us incessantly material to review, led us to reach quantitative levels (and hopefully also qualitative ) such as to debar a possible step backwards.
The management of a so structured site, with hundreds of weekly emails to answer or to sort out, the proofreading, the daily issues planning, the feedback to send to all the actors involved after each review and countless other aspects yet, needed someone who could follow the progress full-time or almost and, since doing so without remuneration has something of masochistic, unless one is completely free by other work commitments, the decision taken was unavoidable.
The unnatural sense of liberation we felt in these weeks, in which we limited ourselves to publishing the still lying reviews, has been proof how this choice has been delayed for too long time; the opportunity to listen to music again without the urgent need to write a review is really priceless…
These three years of activity have left us a lot of positive things, starting from the possibility to know people with whom a true friendship or a form of mutual esteem on a personal level was born; we had the chance to listen to records that probably would have escaped by our radar, but we also discovered that today the offer is immeasurably superior to the demand, both records and live events.
Particularly, the Italian rock and metal scene, at least as far as the still definable underground is concerned, has enormous potential in terms of quality but has to deal with the reality of a nation in strong cultural regression (not only musically) and with a movement that, instead of becoming cohesive to have more strength, is fragmented and plagued by resentments, jealousies and all the pettiness that the master Battiato would have liquidated with the phrase “how many stupid hens that fight for nothing” …
This net of those few who meritoriously try to exploit what is produced within our nation, such as Silvia Agnoloni’s Facciamo Valere Il Metallo Italiano FB page, Caterina Zarpellon’s Band Italiane Rock e Metal FB page and Mirella Catena’s Overthewall radio program , to which I have personally contributed with a weekly column: all our esteem and our encouragement to continue on this path goes to them, despite the fact that often this risks seeming an unequal struggle against windmills.
In conclusion, we can only thank Massimo Pagliaro, Davide Arecco and Michele Massari, who have worked with us until the end, and all those who have always supported and gratified us with their appreciation (among all I quote Alberto Carmine of Doom Heart, to which our partnership, however posthumously, will not fail at its festival scheduled for next november), without forgetting Simone Benerecetti who, in addition to being the soul of In Your Eyes (our first home), has designed the site taking care of its operation.
At this point it’s obvious that all the material that will be sent to us will no longer be taken into consideration: we say it above all for those who have always opted to send in physical format, which still has a cost.
More or less until the end of August we will continue with some daily publication of residual reviews, after which we will return to play our usual role of simple music lovers; we don’t know if the future will reserve us some new adventure, together or individually: for sure, at least as far as Genoa and the North West of Italy are concerned, you will find us at some concerts or, in any case, in occasion of those events capable of gathering all those people who, like us, consider music much more than just a simple diversion.
Thanks again for your support.

Stefano Cavanna

METEORE: LUBRICANT

Progressive Grind/Death Metal finnico. Una band all’avanguardia per gli anni novanta, forse troppo. Poco capiti all’epoca, restano oggi un esempio, per le decine di band che desiderano sperimentare nuove sonorità, sulle solide basi del genere più estremo.

Il titolo del loro “breve” libro, potrebbe essere questo: ”nascita prematura spesso coincide con morte prematura”.

Si, proprio vero. La grande sfortuna del combo di Nokia (avete capito bene; la piccola città finlandese che ha dato il nome alla nota fabbrica di cellulari…) fu quello di essere nati troppo presto, in un mondo, quello dei primi anni novanta, dove il fan medio del Death Metal non cercava suoni sperimentali, progressivi o comunque troppo ricercati. Il deathster di allora voleva solo rimanere travolto da un treno in piena corsa; abbandonarsi a schitarrate sparate alla velocità della luce, tempi serratissimi, growls cavernosi che spesso non facevano nemmeno intuire che la band stesse cantando in inglese (o addirittura che stesse cantando un vero e proprio testo). Invece, i 4 coraggiosi ragazzotti finlandesi decisero di andare controcorrente (anche lo stesso monicker, fu scelto come “anti Death Metal Band’s name”), proponendo un Death a tratti addirittura Grindcore, davvero d’avanguardia, ricco di spunti progressive, suoni sperimentali e momenti quasi futuristici (almeno per quei tempi) accompagnati da un cantato che spesso faceva spola dal classico growl al più morbido dei clean. Decisione coraggiosa, ma che – ahimè – oggi li ha relegati a semplice meteora del periodo, capace sì di donarci perle di culto come il demo “Swallow The Symmetric Swab”(1991) e il famosissimo ep “Nookleptia” (1993), ma che allora, non fecero presa nel cuore dei fan. Ciò li costrinse dopo una brevissima vita musicale, a sciogliersi a distanza di soli tre anni dalla loro nascita (sono nati verso la fine del 1989 come Lubricant; in precedenza come O.V.D. suonavano un basilare Speed Metal). In realtà oggi, i non più giovani “lubrificati”, fanno ancora qualche apparizione dal vivo, ma senza far uscire nulla di nuovo.

Discography:
Subscription of Hydatidocele – Demo – 1990
Surgical Centesis – Demo – 1991
Swallow the Symmetric Swab – Demo – 1991
Nookleptia – EP – 1993
Zander (Enslaved / Lubricant / Necromance / Cadaver Corpse) – Split – 1993
Swallow This – Compilation – 2017

Line-up
Tero Järvensivu – Bass
Aki Ala-Kokko – Drums
Sami Viitasaari – Guitars
Sami Paldanius – Vocals

Intervista con L’esperimento del Dr. K: alle radici dell’horror punk

Nel 1958, diretto da Kurt Neumann per la 20th Century Fox, usciva negli Stati Uniti The Fly, prima versione cinematografica de La mosca, tradotta da noi in Italia come L’esperimento del dottor K. A quel mitico horror fantascientifico si ispira il quasi omonimo gruppo genovese, che ha pubblicato da pochissimo il suo primo lavoro, in formato CD + 45 giri. Un autentico gioiellino di horror punk che guarda ai Misfits di Glenn Danzig e alla gloriosa tradizione dei B-Movies americani anni Cinquanta e primi Sessanta, non senza poi un giusto orgoglio amorevolmente underground. I brani del singolo sono quattro e diventano sei nel compact, entrambi pubblicati dalla Flamingo Records di Genova (flamingorecords@outlook.com). I pezzi del quartetto sono di una notevole intensità e freschezza, genuinità e forza, essenzialità e bellezza. Abbiamo incontrato colui che è il fondatore e vocalist de L’esperimento, Dario Gaggero, per realizzare l’intervista che segue. Chi volesse intanto acquistare questo debutto, può rivolgersi al Disco Club di Genova, oppure scrivere a kleppini@gmail.com.

Il tuo gruppo suona horror punk. Cosa sono per te horror e punk?

‘Horror Punk’ è una definizione di comodo che ho usato per far capire a un potenziale ascoltatore cosa avrebbe potuto aspettarsi, magari sbagliando. Non sono molto affezionato al termine e – francamente – non apprezzo particolarmente nessuno dei gruppi associati al genere. L’horror, in tutte le sue forme, è una mia grande passione sin dalla tarda infanzia; una passione che mi accomuna a molti degli amanti del metal, tra l’altro. Faccio parte della generazione che è cresciuta con Dylan Dog, Stephen King e H/M, quindi immagino di avere diverse affinità con i lettori di Metal Eyes. Persino la mia ‘iniziazione’ musicale è legata inscindibilmente al tema – la mia fascinazione adolescenziale con gli Iron Maiden parte dalle bellissime copertine degli album e dalle mille trasformazioni di Eddie. Se all’epoca mi accontentavo di quel che passava il convento (improbabili film dell’orrore su Italia 1, qualche raro classico che passava a tarda notte su Rai 3) col tempo ho visto (quasi) tutto il campionario horror disponibile – dal ‘Gabinetto del Dr.Caligari’ a ‘Cannibal Holocaust’, dai film messicani tipo ‘Santo vs. las Momias de Guanajuato’ al vituperato ‘Nekromantik’, da ‘Tempi duri per i Vampiri’ a ‘Le Facce della Morte’. Ancora oggi mi butto su tutto quello che trovo, nuovo o vecchio che sia: anche se molti fanno veramente pena e non hanno nessuna qualità redimente manco a cercarla col microscopio va benissimo così. A volte capita un tesoro inaspettato e ti ripaga di tutte le ore perse a guardare mostri di gomma e attori da film porno. Per fortuna alcune case specializzate stanno facendo uscire sul mercato italiano classici ‘minori’ dell’horror in edizioni curate e rispettose (penso soprattutto alle nostrane Home Movies e Midnight Factory). Diverso il caso per la letteratura di genere: a parte i superclassici tipo Edgar Allan Poe e H.P.Lovecraft – letti e riletti in italiano e in originale sino alla nausea – e l’occasionale ritorno a Stephen King e Clive Barker non mi sono tenuto particolarmente aggiornato e faticherei a citarti uno scrittore horror contemporaneo. Idem per i fumetti: gli unici che riesco a leggere con grande divertimento sono i vecchi classici della EC Comics.
Arrivati al punk, invece, la cosa si fa più complicata: diciamo che per me è la forma più immediata, grezza e vitale di rock che si possa immaginare. Potrei dirti che del punk ho sposato solo l’estetica musicale ma non sarebbe completamente onesto, anche perché dipende di che punk stiamo parlando. Se da un lato L’Esperimento del Dr.K è effettivamente un gruppo distante dallo pseudo-situazionismo alla ‘épater le bourgeois’ dei Sex Pistols (seminali e mai abbastanza lodati, checché se ne dica), dalla rabbia barricadera di Clash e derivati o dal neofascismo di gente che non voglio manco citare (vergogna!), dall’altro è molto vicino all’autoproduzione, agli spazi autogestiti e al Do It Yourself che da sempre contraddistinguono l’etica – più che l’estetica – del punk come lo intendo io. A te le conclusioni.

So che hai un grande amore per Misfits e Danzig…

Nel 1990 ho comprato ‘Legacy of Brutality’ dei Misfits (una specie di compilation di inediti remixata e in parte risuonata da Danzig stesso) e la mia vita non è più stata la stessa! Spinto inizialmente da una fascinazione solo superficiale (ah, quelle foto dei Metallica!) sono stato risucchiato in un mondo misterioso e affascinante dal quale non sono più uscito. Quelle grafiche rubate ai film horror degli anni ’50, la voce alla Elvis, il basso distorto, le foto in bianco e nero…non riuscivo a sentire altro, parlare d’altro, pensare ad altro. All’epoca per uno come me – senza fratelli maggiori e con amici che ascoltavano tutt’altro – recuperare qualche straccio di informazione su discografie e formazioni è stato tutt’altro che facile e comprare tutto quello che vedevo (e potevo permettermi) era l’unica soluzione. Come unica arma avevo nel portafogli il ritaglio di un articolo scritto da Heintz Zaccagnini per Metal Shock e cercavo inutilmente di usarlo per orientarmi in un mare magnum di bootleg e live tarocchi.
L’Esperimento del Dr.K è principalmente un mio tributo, a volte smaccato, ai Misfits e alla loro discografia. Credo fermamente che Glenn Danzig abbia creato una band senza precedenti e che il suo percorso artistico (pur con qualche appannamento, comprensibile in una carriera quarantennale) mantenga una cifra stilistica sorprendentemente valida e riconoscibile. Potete dire quel che volete sull’uomo e sul personaggio (e il suo prendersi molto sul serio a volte ha ottenuto esattamente l’effetto contrario) ma i suoi dischi sono veramente belli e la (mia) sensazione è che abbia fatto il cazzo che ha voluto sino a oggi, facendo anche un bel po’ di soldi. Non tutti i musicisti possono dire lo stesso.

Vuoi raccontarci la vostra storia?

La formazione originale de ‘L’esperimento del Dr.K’ (un trio con me alla voce e batteria) nasce nel 1997 o giù di lì. Non abbiamo mai inciso nulla e fatto un solo, disastroso, concerto. Ma l’idea di cantare i MIsfits in italiano o giù di lì mi è sempre rimasta nel cuore e dopo mille false partenze alla fine del 2017 ho tirato su una formazione nuova. La band oggi è composta da Matteo Pascotto alla chitarra, Stefano Pecchio al basso, Paolo Bottiglieri alla batteria. E da me alla voce, ovvio.

Cosa rappresenta per voi questo disco?

Per me è la concretizzazione di un sogno, realizzatosi grazie all’entusiasmo dei miei compagni di cordata e a quello – importantissimo – dei ragazzi di Flamingo Records che lo hanno co-prodotto e hanno investito tempo, denaro e tanta passione nel realizzarlo.

I tuoi progetti passati e futuri?

Anni fa cantavo nelle Formiche Atomiche (due album e un 7” all’attivo), un gruppo di pop-punk cantato in italiano che si è sciolto nel 2003. Dopo molte incertezze ho intrapreso la dura e difficile strada del blues: ho registrato un paio di dischi e collaboro tuttora con i Big Fat Mama (uno dei più antichi gruppi blues italiani, fondati nel 1979) e ho un mio progetto più vicino al rock’n’roll, gli Snake Oil Ltd (due dischi anche per loro). Mi piacerebbe registrare a breve un full lenght con L’Esperimento del Dr.K e farli suonare dal vivo il più possibile. Contattateci!

Le vostre top ten?

Invece di scriverti una roba noiosissima e dispersiva come i nostri dischi preferiti (4 x 10 = 40. Mi annoia il solo pensarci!) preferisco citarti i dieci dischi che ritengo più importanti per la realizzazione del nostro 7” d’esordio, in rigoroso ordine cronologico.

The Doors: ‘Strange Days’ (1967) – Danzig come Evil Elvis? Evil Morrison, semmai! Avvolto da un’atmosfera cupa e decadente, dalla copertina circense in poi.
Iggy & the Stooges: ‘Raw Power’ (1973) – proto-punk, proto-metal, proto-tutto. Il terzo album degli Stooges è un tale massacro sonoro che si fatica a ricordare l’anno nel quale è stato inciso.
Ramones: ‘Ramones’ (1976) – che dire? Il capolavoro del punk rock e uno degli album più influenti di tutti i tempi. Brutale nella sua primitiva separazione basso/chitarra, perfetto nella sua reinvenzione del pop e molto più ‘artistico’ di quanto comunemente si creda.
Damned: ‘Damned Damned Damned’ (1977) – dirompente esordio del quartetto inglese. Mai più così duri, mai più così efficaci.
The Misfits: ‘Static Age’ (1978) – potevo barare e citare l’opera omnia, invece mi sono trattenuto. Uscito postumo nel 1997 questo rimane il loro capolavoro.
The Cramps: ‘Songs the Lord Taught Us’ (1980) – Voodoobilly? Psychobilly? Imitati da molti ma mai eguagliati condividevano con i Misfits l’immaginario da b-movie anni ’50. Incredibili. Non se ne parla abbastanza.
Bauhaus: ‘In the Flat Field’ (1980) – primo, ossessivo, album per Peter Murphy & co. Anche se nessuno lo dice non così distanti da certi Samhain, ad esempio. Undead! Undead! Undead!
The Fuzztones: ‘Leave your mind at home’ (1984) – mini-album live per gli specialisti del garage-revival. Perfetto nella sua acida dissolutezza.
Samhain: ‘Initium’ (1984) – terminata l’esperienza Misfits Danzig opera un netto cambiamento di rotta e dimentica le accelerazioni in odor di thrash metal di ‘Earth A.D./Wolfsblood’. Non è punk, non è metal. Ma convince lo stesso.
The Mummies: ‘Never Been Caught’ (1992) – i re del lo-fi. Un’idea geniale, un disco perfetto.
a cura di Dazagthot

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: AIRBORN

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno degli Airborn.

MC Con noi Alessio Perardi voce e chitarra degli Airborn.
Le radici della band affondano già negli anni 90. Ci parli degli inizi degli Airborn e da dove avete tratto ispirazione per il nome della band?

La band è nata nel 1995 e l’ispirazione per il nome viene dal titolo di un brano di Mike Oldfield tratto dall’album Platinum. Il nucleo principale degli Airborn, composto da me, il bassista originale Alberto Leschi e il chitarrista Roberto Capucchio, è stato l’inizio di tutto. Dopodiché sono venuti i primi demo, la formazione completa col batterista Tony Serra e dopo qualche anno il debutto con l’album Against The World.

MC Nel 2009 la band rinasce con una nuova line up. Quali sono stati i cambiamenti più significativi rispetto la formazione precedente?

Dopo il nostro secondo album D-Generation la formazione ha subito l’unico cambiamento in quasi 25 anni, cosa abbastanza incredibile. Dall’album Legend Of Madog in avanti, entrano Domenico Buratti al basso e Roberto Gaia alla batteria. Una ventata di gioventù e una nuova sezione ritmica! Secondo me con questa formazione abbiamo trovato la combinazione perfetta sia a livello musicale che umano. Ormai da oltre 10 anni!

MC Lizard Secrets – Part One è l’ultimo album da voi pubblicato nel 2018. Il titolo lascia presagire che ci sarà un seguito. Quali sono le tematiche contenute in quest’album?

Come hai intuito ci saranno altri due capitoli di Lizard Secrets, infatti il progetto è pensato come una trilogia. Non si tratta di un vero e proprio concept, ma le canzoni hanno una filosofia di fondo simile e raccontano storie fantascientifiche o riflessioni sui problemi dell’umanità legati al futuro.

MC Qual è il vostro approccio compositivo? Come nasce un vostro brano?

I compositori principali siamo io e Roberto Capucchio, in media io scrivo 8-9 pezzi per album e lui 2 o 3. Solitamente da me arrivano i brani più melodici e da lui i momenti piú duri degli album. Ma non è una regola fissa che ci autoimponiamo, semplicemente sembra che le cose si sviluppino così in modo naturale. Gli arrangiamenti poi sono a cura di tutta la band e ognuno aggiunge un po’ del suo gusto e inventiva.

MC Mi parli dell’artwork della copertina? Chi l’ha realizzato e a cosa vi siete ispirati?

La copertina è stata disegnata dall’artista britannico Trevor Storey. Lui è specializzato in queste atmosfere cyberpunk ed è proprio quello che volevamo per l’album, anzi per gli album, visto che il misterioso uomo lucertola tornerà anche nelle prossime puntate.
Siamo molto contenti della collaborazione con Trevor, è un grande artista e dona un gran valore aggiunto alla trilogia, sia con le copertine che con le illustrazioni all’interno del libretto.

MC In uno spettacolo dal vivo quanto l’illuminotecnica del palco e i vari effetti influenzano lo show?

Questa è una domanda interessante! Secondo me, molta. Il problema è che nel nostro genere, in cui si suona in piccoli locali o in festival, cioè con cambiamenti di attrezzature e situazioni tecniche notevolissimi, diventa difficile poter studiare uno spettacolo costante di luci per tutti gli spettacoli. Dal lato positivo, devo dire che la qualità degli impianti luce della maggior parte dei locali dove abbiamo suonato è quasi sempre molto valida.

MC Sono previsti dei live in Italia in questo periodo?

In estate ci chiuderemo in studio per finire le registrazioni di Lizard Secrets – Part Two, ma a settembre ripartiremo subito col nostro festival Born To Fly a Torino, con ottime band italiane e straniere e in seguito avremo qualche show con i nostri vecchi amici Iron Savior fra Italia e Germania. Notizie piú dettagliate arriveranno in seguito. Se passate dai nostri concerti, non fatevi problemi e venite a salutarci! C’è sempre tempo per una birra e due chiacchiere!

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Ti elenco un po’ di link sui social:
http://www.facebook.com/airbornband
http://www.youtube.com/airbornband
http://www.twitter.com/airbornmetal
http://www.instagram.com/airbornband

…e il nostro shop online:
http://airborn.bigcartel.com

Grazie mille per questa chiacchierata e per l’occasione di parlare della nostra band!

METEORE: ALTAR

Un buon combo che offrì scampoli di buon Death nordico; produzioni di medio/basso livello, e capacità strumentali un poco sotto alla norma, non gli permise mai di emergere ed elevarsi sino a garantirsi un posto a fianco di Dismember, Entombed o Unleashed, nell’Olimpo del Death Metal Svedese.

Formatisi nel 1990 da un idea di due ex membri dei Wortox (band Death Metal in cui militò anche Perra Karlsson, noto batterista di diverse band svedesi tra cui In Aeternum, Nominon, Deströyer 666, ma soprattutto famoso come live session member di Benediction, Interment e Nasum), gli Altar, dopo un demo tape del 1991 (No Flesh Shall Be Spared) uscito un po’ in sordina, forse schiacciato dall’imponente concorrenza dell’ondata Death Svedese di quell’epoca (quello stesso anno uscirono Where No Life Dwells degli Unleashed, Clandestine degli Entombed, Nothing But Death Remains degli Edge Of Sanity e Like An Everflowing Stream dei Dismember, solo per citarne alcuni…) riuscirono ad imporsi sulla scena locale solo l’anno successivo, con lo split album, oramai culto, con i finlandesi Cartilage (altra band poco fortunata, ma che seppe donare alle scene di allora, musicisti che finirono per suonare con band del calibro di Vomiturition, Rotten Sound, Swallow The Sun, Enochian Crescent e, nel caso del batterista Kai Hahto, addirittura, seppur in veste di live session member, Nightwish).

In realtà lo stesso split deficitava un po’ sia come produzione, che da un punto di vista di maturità compositiva. Ovviamente i fan dell’epoca, pur non troppo schifiltosi, si stavano già abituando bene e snobbarono un po’ i Nostri; basti pensare solo agli album succitati, che dirompevano sulle scene grazie alle mostruose capacità tecniche dei loro componenti e a produzioni di altissimo livello (per quell’epoca almeno). Competere con Nuclear Blast, Earache o Century Media, apparve si da subito impresa improba per la piccola spagnola Drowned Production del volenteroso Dave Rotten (frontman degli Avulsed), che comunque portò alla ribalta nomi che oggi ridondano ancora (Demigod, Severance, e appunto Avulsed). Poche finanze, pochi strumenti, tanta buona volontà, spesso possono non bastare…Oggi di strada ne ha fatta il buon Dave (prima Repulse Records, poi Xtreem, mica poco…), ma nei primi anni novanta, le sue produzioni rimanevano un po’ relegate nell’anonimato, e i Nostri – purtroppo per loro – non fecero eccezione. Dopo questo split, gli Altar ci provarono ancora con un paio di promo tape, ma senza successo, sino al 1995, anno del definitivo scioglimento. Nel 2012 la Konqueror Records di Singapore fa uscire una loro compilation contenente tutto lo scibile della band di Kumla, abbastanza facilmente reperibile ancora oggi. Ad ogni modo, per i veri cultori dell’Underground è ancora possibile trovare in giro una ristampa dello storico split (cd doppio), uscito nel 2015, grazie a Dave Rotten, ora come Xtreem, (sorpresi?) Buona ricerca!

Discography:
No Flesh Shall Be Spared – Demo – 1991
Rehearsal Tape – Demo – 1992
Ex Oblivione / The Fragile Concept of Affection – Split – 1992
Promo 1993 – Demo – 1993
Promo 1994 – Demo – 1994
Dark Domains – Compilation – 2012

Line-up
Magnus Carlsson – Bass, Vocals
Fredrik Johansson – Drums
Jimmy Lundmark – Guitars
Johan Bülow – Guitars

COMUNICATO

Quasi tre anni di attività intensa e qualche migliaio di recensioni pubblicate hanno consentito alla nostra webzine di ritagliarsi uno piccolo spazio nello sterminato universo di chi, dando sfogo alle proprie passioni, cerca di fornire un servizio agli appassionati di metal e rock.
Il fatto che il nostro operato sia stato apprezzato anche da chi ne beneficia, direttamente o indirettamente ( parliamo quindi di musicisti, etichette e agenzie di promozione), ci ha portato nel corso dell’ultimo periodo ad essere letteralmente inondati da una quantità di materiale da recensire tale che, per potervi far fronte, sarebbe necessario avvalersi di almeno una quindicina di prolifici collaboratori e di un editor che avesse la possibilità di svolgere la sua attività a tempo pieno.
Così non è, e la condizione necessaria per proseguire la nostra avventura senza snaturarci e, soprattutto, far sì che il tutto resti un impegnativo ma piacevole hobby, è quella di ricalibrare gli obiettivi in maniera più realistica e confacente alle nostre possibilità.
Pertanto, a partire da oggi, il nostro focus sarò rivolto quasi esclusivamente alle recensioni, lasciando spazio alle interviste solo per quanto riguarda quelle tratte dalla trasmissione Overthewall, in onda settimanalmente su Witch Web Radio, alla quale peraltro collaboriamo con una nostra rubrica; quindi non pubblicheremo più video o news di varia natura, salvo ovviamente eccezioni qualora lo si ritenga necessario.
Sporadicamente potremo pubblicare annunci di eventi live dei quali saremo partner, oppure articoli retrospettivi o altro ancora ma senza che questo ci vincoli in alcun modo rispetto a qualsiasi tipo di richiesta.
La cosa più difficile è però scegliere quali dischi recensire, perché quelli che vengono trattati sono solo una minima parte rispetto a quanto ci viene proposto e quando la richiesta supera la capacità dell’offerta è necessario fornirsi di opportuni criteri di selezione; in questi anni abbiamo pensato che fosse giusto e naturale dare prioritariamente  spazio ai gruppi e alle etichette italiane ma questo, alla fine, ci ha fatto perdere di vista l’obiettivo primario di MetalEyes che è invece quello di divulgare a prescindere musica che sia di qualità e che, soprattutto, dia anche soddisfazione a chi deve scriverne.
In fondo non c’è nulla di più universale della musica e adottare un mero criterio geografico per scegliere cosa recensire si rivela quanto mai limitante, fermo restando che per ovvi motivi le produzioni provenienti dal nostro paese godranno sempre e comunque di un’attenzione particolare, come è normale che sia.
Invitiamo, quindi, chiunque voglia sottoporci del materiale musicale per una recensione ad inviarci, senza particolari preamboli, un promo digitale scaricabile all’indirizzo e-mail stefano.metaleyes@gmail.com .
Il riscontro è probabile ma non assicurato, quanto meno non lo sarà in tempi rapidi, ma sicuramente un lavoro meritevole avrà molte più possibilità d’essere recensite.
Tanto vi dovevamo al fine di rendere trasparente un modus operandi che, non dovendo rispondere ad alcun editore od inserzionista pubblicitario, ci consente di effettuare le nostre scelte in totale autonomia e libertà.

Lo staff di MetalEyes

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ELEVATORS TO THE GRATEFUL SKY

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno dei siciliani Elevators To The Grateful Sky.

MC Su Overthewall gli Elevators to the Grateful Sky: con noi Sandro, leader e portavoce della band. Partiamo dalle origini: ci racconti la genesi della band?

Ciao Mirella, anzitutto grazie mille per il supporto e per questa intervista. Gli Elevators to the Grateful Sky nascono nella primavera/estate del 2011, da un’idea mia e del bassista, Giuseppe Ferrara. Entrambi avevamo in quegli anni un progetto brutal death chiamato Omega, ma l’amore per certe sonorità di matrice rock ci ha portato, per fortuna, a virare verso qualcosa di estremamente diverso. Ricordo ancora la prima volta che ascoltai Whitewater dei Kyuss, probabilmente fu quello il momento che ci diede maggior stimolo nel suonare stoner. In seguito si sono uniti al progetto, Giulio Scavuzzo alle pelli e Giorgio Trombino alle chitarre (con cui suonavo già in un progetto swedish death, gli Undead Creep e poi con i grinders Cavernicular).

MC Ci sono band del passato che hanno influenzato il vostro modo di comporre?

Sicuramente la scena rock 90’s ha avuto l’impatto maggiore per quanto concerne la composizione delle nostre canzoni. Lo stoner della soleggiata Palm Desert, il grunge della piovosa Seattle. Ovviamente, un ruolo determinante l’ha avuto anche il rock e la psichedelia dei 70’s, su tutti i sempiterni Black Sabbath. Sarebbe davvero arduo citare tutte le band a cui ci ispiriamo, ma a questo giro (e per questo album) sento di nominare le seguenti: Soundgarden, Alice in Chains, Queens of the Stone Age, Kyuss, Yawning Man, Goatsnake, Mastodon, Dead Meadow, Earth, Cathedral, Tool e ovviamente i già citati Black Sabbath.

MC Citiamo la line up completa?

Alle chitarre e alle seconde voci abbiamo Giorgio Trombino del quale, consiglio caldamente di ascoltare e seguire tutti i suoi svariati progetti: Assumption, Haemophagus, Furious Georgie, Dolore, Sixcircles (con Sara dei Messa) ecc… al basso Giuseppe Ferrara, alla batteria Giulio Scavuzzo e alla voce il sotto scritto, Sandro Di Girolamo.

MC Nude è il vostro nuovo album. Chi ha scritto i testi e le melodie?

Il processo compositivo è gestito principalmente da me e Giorgio, ma anche Giuseppe scrive molti riff che hanno avuto un ruolo determinante. Per quanto riguarda i testi, sono tutti quanti “farina del mio sacco”. Giorgio suole dire sempre che: “gli Elevators sono il diario personale di Sandro”. Metto tutto me stesso e l’amore per la musica nel scriverli. Sono veramente parte di me e spero che gli ascoltatori riescano a percepirlo. Se penso ai versi scritti da Chris Cornell, Layne Staley, Scott Weiland, Peter Steele, Mark Lanegan, Josh Homme ecc… non posso fare a meno di dire quanto mi abbiano davvero formato e aiutato, soprattutto in periodi della mia vita non proprio così esaltanti.

MC Voi siete siciliani, di Palermo. Riuscite a trovare facilmente spazi dove esibirvi?

La situazione a Palermo è stata difficile in questi anni, ma grazie all’impegno e alla dedizione di persone come Vincenzo Frisella (Krust, Alibi), Marco Bianco (Rocket) e a tutti i ragazzi della V.O.V. Eventi le cose stanno cambiando.

MC Ci saranno dei live a supportare il nuovo album?

Ahimè viviamo una situazione complessa a livello di band. Giuseppe vive a Malta, Giorgio a Treviso e Giulio (pur se a Palermo) è molto impegnato con i suoi impegni al Conservatorio e con la band jazz di Palermo. Cercheremo sicuramente, di organizzare una data a Palermo e un mini tour in Italia, nei prossimi mesi.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

Principalmente sulla nostra pagina facebook e profilo bandcamp, ma anche su itunes, spotify, youtube ecc…

MC Grazie di essere stato con noi.

Grazie mille e spero che vi piaccia il nostro Nude, mi raccomando, sempre comfort e rock!

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: BLOOD THIRSTY DEMONS

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno della one man band horror metal Blood Thirsty Demons.

MC Nuovo album per la storica band horror metal Blood Thirsty Demons: con noi Cristian! Bentornato su Overthewall.

Ciao e grazie per questo spazio che mi dedichi.

MC Circa vent’anni fa ti affacciavi sulla scena metal italiana, ci racconti i primi passi della band?

Allora, i Blood Thirsty Demons nascono nel 1997, periodo in cui la band non aveva un genere ben definito, ma univamo tutto quello che più ci piaceva, dal thrash,al heavy classico.
Poi ci fu un momentaneo scioglimento e in quel periodo iniziai ad interessarmi allo studio dell’occulto. Da qui la rinascita della band con un genere ben definito, ovvero l’horror metal, ispirato da band come Death SS, Mercyful Fate, King Diamond ecc…; da lì i primi demo, poi ristampati dalla danese Horror Records che fu la prima etichetta a credere in noi e ci aiutò a farci conoscere un po’ in tutta Europa. Da quel momento non mi sono più fermato, neanche dopo l’ennesimo scioglimento che mi ha portato a trasformare il progetto in una One Man Band.

MC Tu sei leader anche di un progetto parallelo, gli Human Degrade. E’ da un po’ che non ne sento parlare.Ti sei dedicato esclusivamente ai Blood Thirsty Demons?

Per non metterci troppo tempo a fare uscire questo disco, ho dovuto mettere un attimo in stand by la lavorazione del nuovo Human Degrade, ma al momento sto andando avanti a lavorarci. E’ un progetto in cui suono thrash e dalle tematiche più di disagio sociale, rispetto a quelle esoteriche che tratto con Blood Thirsty Demons.

MC Circa tre anni fa pubblicavi Voices From The Dark, quest’anno nuova etichetta discografica e nuovo disco,l’ottavo per la precisione. Ci parli della gestazione di In Death We Trust?

Allora, nel penultimo lavoro ero sotto contratto con la Barbarian Wrath, ma per problemi di salute di chi la gestiva l’etichetta ha dovuto chiudere e ho dovuto guardarmi in giro alla ricerca di un’altra label.
A questo punto ho trovato nella The Triad quella giusta per quello che stavo cercando, anche per il fatto di avermi già seguito in passato dimostrandomi sempre di apprezzare la mia musica, cosa che per me è molto importante; quindi abbiamo deciso una co-produzione con la mia C.M. Releases.

MC Le tematiche ricorrenti nei tuoi dischi sono alquanto orrorifiche ed inquietanti. Da dove arriva questa tua passione per l’occulto?

E’ nata da ragazzino, dalla passione per la demonologia. Da lì e anche dall’ascolto di determinate band del genere horror, mi venne questa curiosità, questa voglia di conoscere meglio questi determinati argomenti, cosa che negli anni mi è stata molto d’aiuto anche per trovare un mio personale equilibrio nella vita di tutti i giorni.

MC Otto album sono un bel bagaglio per un artista. Che consiglio daresti a chi si cimenta a fare horror metal?

Innanzi tutto di capire cos’è davvero l’horror metal, di studiarne le origini e di capire che non basta un semplice face painting per farsi definire horror. L’horror classico, che tutto il mondo ci invidia perché solo in Italia sappiamo comporre determinate atmosfere, è legato a una certa cultura musicale che bisogna studiare prima di mettersi a suonarlo. Aggiungere suoni elettronici o sonorità moderne non serve in questo genere e non bisogna avere paura di essere paragonati a band storiche per questo. Modernizzarsi non vuol dire sempre evolvere, anzi, spesso ha rovinato tutto.

MC Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è qualcosa che vorresti realizzare con la musica?

Ogni giorno mi alzo e penso a un possibile progetto… amo troppo la musica e farei mille cose, ma il tempo non sempre si trova. Sicuramente andrò avanti con Blood Thirsty Demons e Human Degrade, ma mi piacerebbe in futuro
avere anche un progetto doom, vediamo cosa partorirà la mia mente.

MC Secondo te qual’è il danno maggiore e la miglior qualità della scena metal italiana?

Il danno sicuramente è quello di non unirsi. L’unione fa la forza, ma qui tutti si mettono in competizione. Molti musicisti hanno più interesse a voler essere considerati migliori di altri piuttosto che pensare a far
apprezzare la propria musica ed essere contenti del loro seguito, sempre che riescano ad averlo. La miglior qualità sta forse nelle band storiche che hanno scritto pagine importanti e che potevano competere benissimo con le band inglesi.
Nell’horror, invece, credo che gli italiani facciano da sempre scuola a tutti.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirti?

Possono seguirmi principalmente sulla pagina Facebook, oltre che su Bandcamp e tra poco troveranno su tutte le piattaforme digitali anche il nuovo album in tutti i formati. Grazie per l’intervista e per lo spazio che mi hai dedicato.

Sognando la West Coast: in ricordo di John Cipollina

Il 29 maggio 1989 ci lasciava ad appena quarantasei anni il grande John Cipollina, uno dei maggiori musicisti e session-man californiani di sempre.

Il 29 maggio 1989 ci lasciava ad appena quarantasei anni il grande John Cipollina, uno dei maggiori musicisti e session-man californiani di sempre. Nato a Berkeley, fu uno dei grandi protagonisti della scena di San Francisco, dal 1966 in poi. Dotato di un sound unico ed inconfondibile, vero e proprio maestro nell’uso del tremolo, dotato di uno stile distintamente espressivo e assai melodico, il grande chitarrista statunitense è stato inserito, da Rolling Stone, nell’elenco dei cento migliori axemen, al n. 32 per l’esattezza, davanti a leggende della sei corde come Brian May, Robert Fripp e Frank Zappa.

Cipollina è conosciuto principalmente per il suo lavoro con i Quicksilver Messenger Service, band cardinale nella nascita ed affermazione dell’acid rock in California, nati tra il 1964 e il 1965. QMS, nel 1968, fu il primo atto di una carriera fulminante: prodotto da Nick Gravenites (Paul Butterfield Blues Band), il debutto dei Quicksilver metteva in mostra atmosfere epiche e luminosi strumentali, con sferzanti intrecci chitarristici tra Cipollina e Gary Duncan, ben supportati dalla sezione ritmica di David Freiberg (futuro Jefferson Starship) al basso e Greg Elmore alla batteria. Happy Trails, nel 1969 fu il primo capolavoro del gruppo: registrato in parte dal vivo, con solo tre lunghi brani tra cui Mona e Who Do You Love (ambedue di Bo Diddley), presentava travolgenti improvvisazioni, in cui l’estro e la fantasia di Cipollina risaltavano, in tutta la loro bellezza. Anche il sognante Shady Grove (1969) fu un disco eccezionale e stupendo, nuovamente ricco di brillanti tour de force strumentali.

Alle Hawaii, nel 1970, sotto la direzione di Dino Valenti, venne realizzato il nuovo Just For Love, contrassegnato da brani incantevoli e scelte timbriche straordinarie. Vertiginoso lo strumentale dal titolo Cobra, pezzo cucito su misura per i fraseggi di Cipollina. Ma il chitarrista americano dimostra anche di sapere dialogare splendidamente con le note melodiche del pianoforte. Sessions dell’album andarono a costituire, con altre tracce, il successivo disco dei Quicksilver (What About Me, 1971).
Nel 1972, Cipollina lasciò temporaneamente i Quicksilver e suonò in Rolling Thunder, disco solista di Mickey Hart, il batterista dei Grateful Dead. La connessione, storica e musicale, con il gruppo di Jerry Garcia rimane molto importante: materiale dei due di può oggi riascoltare anche sul secondo CD di Curiosities from the San Francisco Underground, apparso nel 2016 per la Shady Grove.
Nel 1973, Cipollina fondò i Copperhead, che debuttarono, in quello stesso anno, per la CBS, con un ottimo album omonimo, che faceva incontrare il retaggio west coast e l’heavy rock americano anni Settanta. Purtroppo il successo fu nullo, malgrado le aspettative, ed il gruppo si sciolse. Nel 1975, lo ritroviamo nei riformati Quicksilver, per il disco Solid Silver, esempio di valida reunion ed ultimo atto prima dello scioglimento definitivo. Realmente la fine di un’epoca gloriosa.

Sempre nel 1975, Cipollina suonò con i gallesi Man, campioni dello space rock britannico, nel loro live Maximum Darkness, pubblicato dalla United Artists: una serie di lunghe, magnifiche ed astrali escursioni cosmiche, con un talento improvvisativo senza pari negli assoli. Seguì quindi un ritiro di quattro anni, dopo un decennio costantemente sulla breccia ed impegnatissimo su più fronti. Unica eccezione, al solito, qualche concerto significativo.
Cipollina, quando ormai il momento magico del rock psichedelico californiano era passato, ritornò comunque in pista, alla fine dei Seventies, quando imperavano (anche negli USA) post-punk e new wave. La sua rimase così una musica senza tempo, fluida e sognante, lontana dalla commercialità ed incurante delle mode. Nel 1979 suonò nell’esordio di Terry and the Pirates (Too Close For Comfort) e l’anno dopo si accasò, in Germania, presso la Line Records, impegnata in operazioni nostalgiche ma di notevole spessore e qualità artistica. Videro in tale maniera la luce il disco omonimo del suo nuovo gruppo – i Raven, nel 1980 – e il secondo di Terry and the Pirates (The Doubtful Handshake, con una cover che ricordava volutamente Happy Trails: un autentico sguardo rivolto al passato).

Tra il 1981 ed il 1982, stavolta per la piccola Rag Baby, furono pubblicati altri due album di Terry and the Pirates, Wild Dancer e Rising of the Moon. Li si apprezza meglio nel live (postumo, 2007) intitolato Return to Silverado, stampato dalla Acadia. Al 1982, sempre accompagnato dalla band di Terry Dolan, risale inoltre anche la storica e magistrale performance di Cipollina, alla Rockpalast di Dortmund, fortunatamente riedita su compact dalla tedesca Mig, nel quinto volume della serie West Coast Legends. La conferma che quella live era la vera dimensione per il chitarrista americano.
Nel 1984, Cipollina collaborò con Robert Hunter. Tra il 1985 e il 1986 fu invece a fianco di Merrell Fankhauser. La voglia di rock era comunque più forte: Cipollina costituì infatti gli Zero (Here Goes Nothin’, 1987) e soprattutto gli eccellenti Dinosaurs (1988). Di lui abbiamo oggi anche vari bootleg semi-ufficiali, sia con i Quicksilver, sia da solo. Questi ultimi comprendono anche il periodo 1976-1978 (quando cioè Cipollina non effettuò registrazioni di studio) ed il 1983. Detto altrimenti: non ci manca niente davvero per tornare a ricordare, ascoltare ed apprezzare uno dei più grandi chitarristi di tutta la storia del rock.

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: MADHOUSE

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare le interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella con Federica Tringali e Filippo Anfossi della rockband Madhouse per la pubblicazione del loro primo full length Madhouse Hotel.

WACKEN OPEN AIR METAL BATTLE 2019 – SEMIFINALE 1: Genova 17\05\2019

Nella cornice dello storico Crazy Bull, Genova ha ospitato la prima semifinale del Wacken Open Air Metal Battle 2019, il concorso che porterà un gruppo italiano ad esibirsi sul palco dello storico e blasonato festival tedesco.

A questa semifinale sono arrivati gruppi davvero validi, e siamo sicuri che per i giurati scegliere i due gruppi per la finale nazionale del 25 maggio all’Arci Tom di Mantova non deve essere stato facile. Come non facile è suonare solo mezz’ora per ogni band, con un quarto d’ora per il cambio palco, tutti gestiti dallo stesso fonico.
I primi a calcare le assi del palco genovese sono stati i Game Zero, gruppo di una certa esperienza con un nuovo disco di prossima uscita, che segue il successo di pubblica e critica di Rise. I romani sono molto rodati ed offrono uno spettacolo che è già stato portato in giro per l’Europa, sono sicuri e il loro hard rock bordato di heavy metal è una garanzia.
Dopo i Game Zero salgono sul palco i concittadini Blodiga Skald, e qui si cambia totalmente: la band offre un folk metal molto godibile e sul palco, fra travestimenti e mosse, offrono davvero uno spettacolo inusuale, con violino e tastiere sugli scudi. Si vede che dietro questo modo di suonare e stare sul palco c’è molto lavoro.
Chiusa la parentesi folk metal, è il turno dei ventimigliesi Shockin’ Head, che con una performance davvero convincente e piena di energia, piena di metal a tutto tondo, tra power, thrash e hard rock, ci ricordano quanto siano importanti e ancora contundenti le origini del metal. Degno di nota particolare il cantante Daniele Sedda, un animale da palco che colpisce in fronte l’ascoltatore, risentiremo ancora parlare di lui e del suo gruppo.
Chiudono la serata i Big Hate, anch’essi provenienti da Roma, un combo che sparge un letale mix di death, thrash e groove metal, guidati dalla potenza e dalla presenza della cantante Heleonore. La loro mezz’ora risulta piacevole e ben strutturata.
Finisce la serata, piena di passione e di gruppi validi che dimostrano che il sottobosco metal è vivo e colpisce anche vedere tutti i gruppi in competizione bere e ridere assieme.
Alla fine a spuntarla sono la spuntano i Blodiga Skald e i liguri Shockin’Head, che andranno alla finale di sabato 25 maggio a Mantova, ma segnatevi tutti questi nomi e soprattutto ascoltateli perché sono tutte band davvero meritevoli.

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: UNA STAGIONE ALL’INFERNO

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare le interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella (coadiuvata in questa occasione da Diego Banchero) con il gruppo genovese Una Stagione all’Inferno.

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: FREDDY DELIRIO

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare le interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella con un altri dei nomi di culto della scena metal italiana, Freddy Delirio, da oltre vent’anni tastierista degli storici Death SS e reduce da un magnifico album con il monicker Freddy Delirio and The Phantoms.

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ENIO NICOLINI

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta facciamo un’eccezione e vi diamo la possibilità di ascoltare l’audio intervista di Mirella con uno dei nomi di culto della scena metal italiana, Enio Nicolini.

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: MARIO GAZZOLA

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato lo scrittore Mario Gazzola.

MC E’ uscito a dicembre il primo saggio che esplora a 360° le connessioni della musica pop rock con l’immaginario di fantascienza, autori Mario Gazzola ed Ernesto Assante. Con noi Mario Gazzola. Ciao Mario e benvenuto su Overthewall.
Per prima cosa ti chiedo di te. Tu hai scritto di rock e di cinema per diverse testate cartacee, web e radio, hai scritto libri, saggi e racconti. Ci parli della tua attività di scrittore ?

MG Volentieri: è iniziata verso il 2007 con la pubblicazione del mio primo racconto sulla rivista di s/f Robot. Avevo fatto il giornalista rock free lance, un programma radio e un paio di mostre di foto di musicisti live, ma non era mai diventato il mio lavoro principale. Ho pensato che Tom Waits e Nick Cave erano dei grandi anche senza il mio modesto contributo e che, se volevo continuare a scivere, forse era meglio che mi dedicassi a qualcosa di più MIO che l’intervista per il nuovo disco di XX. Così nel 2009 è uscito (per Mursia) il mio primo romanzo ‘Rave di Morte’, ma alla musica non si scappa: anche se è un thriller cyberpunk ambientato nel 2025, il protagonista è un critico rock che hackera un’anteprima e così si caccia nei guai!
Poi, dopo aver girato con amici il cortometraggio un po’ cronenberghiano ‘Con gli occhi di domani’ (con musiche degli Iconoclast), è nato il mio sito Posthuman.it che lo ospita: così pian piano sono ricaduto nel “vizio” di scrivere recensioni di dischi, ora anche film, teatro etc., per una testata tutta mia, quindi alla fine – da buon tossicodipendente – sono ritornate anche le collaborazioni esterne con Nocturno Cinema, col Mediatrek di Assante etc. Si vede che dal destino non si sfugge!

MC Com’è nata l’idea di scrivere Fantarock? Parlaci di quest’opera.

MG L’idea l’ha buttata lì Ernesto un giorno mentre ci parlavamo al telefono: un’analisi della musica da quel punto di vista particolare non esisteva e consentiva di mettere insieme un po’ della cultura che m’ero fatto nel genere fantastico (da narratore, ma anche in campo di cinema e fumetti) con l’immortale passione musicale. Ho annaspato in affanno per alcuni giorni, soffocato dal terrore di non saper come fare a racchiudere tutta la multiforme materia in un unico testo, in che ordine, che struttura, come non dimenticare questo ma anche quello e poi… pian piano è cominciata a nascere una bozza d’indice. Se c’è una cosa in this life di cui bene o male riesco sempre a venire a capo è un testo scritto, quindi… volere è potere. Alla fine son venute fuori ben 460 pagine di rock che guarda al futuro!

MC Fantarock segue l’intero corso della musica rock, dagli anni Cinquanta a oggi. Com’è strutturato il libro e quali sono state le maggiori difficoltà nella sua realizzazione?

MG E’ strutturato in capitoli cronologici, circa uno per decennio, introdotto da una legenda che suggerisce al lettore non esperto una lista di libri, film e fumetti per inquadrare quel che conta nell’evoluzione della s/f in quella decade. Anche se poi non è detto che per es. i musicisti degli anni ’80 s’ispirino tutti al cyberpunk perché quella è stata la corrente letteraria forte di quel periodo. Come ricorderete, nell’84 sono usciti film come appunto 1984 di Orwell (con musiche degli Euryhtmics), il quale peraltro aveva scritto il romanzo nel 1948, di lì influenzando schiere di musicisti di ogni epoca, da Bowie a Rick Wakeman degli Yes fino ai Queensrÿche, ai Radiohead e l’anno scorso gli italiani La Fabbrica dell’Assoluto. Oppure Dune, film di Lynch (con musiche di Toto e Brian Eno) dal romanzo di Herbert, che però è del ’65 e anch’esso ha influenzato altri musicisti, da Klaus Schulze agli iron Maiden.
Quindi seguire il corso del tempo non è sempre facile né lineare, ci si tira dietro un sacco di connessioni incrociate (musica-cinema-letteratura-fumetto) e crosstemporali ma per me è fondamentale seguire l’evoluzione di un segno nel tempo: quando compro un disco io guardo sempre in che anno è stato pubblicato, per inserirlo nella mia ‘storia personale’: mi dico magari “ah guarda, Miles Davis nel ’75 già anticipava il funk no wave”. E comunque… in fondo è bello farsi travolgere da questa valanga, no? Se no che appassionati saremmo?!

MC C’è un artista di cui avresti parlato all’infinito o per il quale hai una particolare predilezione?

MG Beh, il vero fantarocker non può sfuggire all’importanza di David Bowie che, oltre ad essersi rinnovato a più riprese spaziando in generi musicali molto diversi, ha attinto a diverse correnti del fantastico: dall’Odissea nello spazio di Kubrick al citato 1984 al cyberpunk burroughsiano di Outside. E poi ha pure interpretato personaggi alieni (L’Uomo che cadde sulla Terra), horror (Miriam si sveglia a mezzanotte), fantasy (Labyrinth) e per così dire steampunk (The Prestige) nella sua parallela carriera d’attore cinematografico. Nel bene nel male, nessuno è stato così poliedrico.

MC Qual’è il periodo della storia del rock che ti ha incantato maggiormente?

MG Credo che il più intenso sia ancora quello che va dal ’67 a circa metà dei ’70, perché è quello in cui il rock ha alzato il tiro culturalmente (e anche ideologicamente) dando vita a un’evoluzione strepitosa, sia musicale che nei testi, nelle copertine, nei live show, come mai più dopo. In quell’epoca, in cui infatti si sono svolti il festival di Woodstock e il primo allunaggio, anche il rapporto con la s/f è stato intenso e concettualmente importante (una collana di s/f come Urania in Italia tirava numeri oggi impensabili): i giovani musicisti psichedelici di allora – Byrds, Hendrix, Floyd, Bowie stesso, Hawkind e poi Blue Öyster Cult, Tangerine Dream, Eno, Kraftwerk, fino alle primizie del punk – guardavano allo spazio e alla s/f con l’entusiasmo della ‘corsa allo spazio’ dell’epoca e la brama di scoprire nuovi mondi con l’ambizione di rivoluzionare quello attuale. Una carica che difficilmente ritroviamo intorno a noi oggigiorno.

MC Oltre alle band che hanno fatto la storia del Rock ne citi altre contemporanee. Chi sono gli artisti dei giorni nostri che segui con più interesse?

MG Beh, si cerca di seguire il corso del tempo senza rimanere affezionati ai miti del passato, per quanto glorioso: ultimamente ho visto bellissimi concerti degli immortali King Crimson e dei Flaming Lips, che sono sempre dei miti; lì per es. ho scoperto come supporter gli ottimi Universal Sex Arena veneti. L’ultimo disco di Jack White l’ho trovato originalissimo, come anche il Something Weird dei bresciani Mugshots, insieme a molte cose della Black Widow, che in campo di fantarock è l’arca della scienza italiana. Ho trovato molto originale il metal-electro-blues di Zeal and Ardor e quello più jopliniano dei Blues Pills, il nu jazz psichedelico di Kamasi Washington, quello di Yazz Ahmed e quello di Caterina Palazzi in Italia. Le canzoni di resistenza rivisitate da Marc Ribot & vari ospiti e il funk avanguardistico degli I hate my village, il revival psichedelico dei tedeschi Vibravoid e il prog-wave moderno degli italiani Twenty Four Hours… si potrebbe continuare per ore, la buona musica è tutt’altro che morta! Se mai temo la pigrizia del pubblico attuale d’andarsela a scoprire, pur nell’epoca del tutto disponibile subito online…

MC Parliamo della copertina del libro. A cosa ti sei ispirato?

MG Ah, dall’averla vista su Facebook, in un gruppo di fan di Kubrick: questo grafico dilettante, Eytan Wronker, aveva fuso in una sola immagine gli astroanuti di 2001 Odissea nello spazio colle strisce pedonali più famose del mondo di Abbey Road. Gli ho subito chiesto se ce la lasciava usare perché avevo trovato per caso la sintesi iconografica perfetta dei due mondi su cui stavo lavorando!

MC Dove i nostri ascoltatori possono acquistare Fantarock?

MG In libreria, naturalmente: Arcana è distribuita in tutt’Italia. Oppure ordinandolo online su Amazon, come oggi va di moda. O ancora… invitando l’autore a una presentazione live nella propria città, per garantirsi la propria copia autografata!

MC Ci sono progetti immediati di cui vuoi parlarci?

MG Stiamo faticosamente producendo un album in cui gruppi attuali interpretano brani d’ispirazione fantascientifica citati nel libro. Non so ancora preannunziarvi esattamente quando uscirà (ma spero entro l’anno), ma posso dirvi che i Mugshots hanno registrato una cover degli Stranglers, Maurizio Marsico Satellite of Love di Lou Reed, e il trio Edna una bellissima versione jazz di The Man Machine dei Kraftwerk. Il resto è ora in ebollizione. Poi in autunno uscirà sempre per Arcana (nella nuova collana dedicata alla narrativa) ‘Oblique strategie sonore’, un’antologia di racconti fantamusicali tratti da spunti scritti da Brian Eno proprio per le session del citato Outside di Bowie. Insieme a me ci saranno ancora Assante, che debutterà qui come narratore, insieme anche al musicista Marsico, e poi scrittori navigati del pulp italiano come Danilo Arona, Andrea C. Cappi, Giovanni De Matteo, Lukha B. Kremo e Claudia Salvatori. E lì sarà un delirante supertrip in cui la narrativa di s/f offrirà il suo omaggio alle visioni che da sempre ci ha ispirato la musica.

MC Ti ringrazio di essere stato con noi.

MG Grazie a te e a tutti i lettori/ascoltatori!

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: SCALA MERCALLI

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato gli Scala Mercalli.

MC Nuovo album per una delle heavy metal band tra le più seguite ed amate in Italia, sto parlando degli Scala Mercalli e con noi abbiamo Sergio, il batterista, e Clemente il chitarrista, i due portavoce della band.
Percorriamo le tappe principali degli Scala Mercalli, siete sulla scena metal già dal 1992! Ci parlate della genesi della band?

Sergio – Eravamo tutti ragazzi sui 18-20 anni circa e con qualche piccola esperienza precedente in formazioni non ufficiali, provavamo qualche cover in garage o nelle prime sale prove che si trovavano nei rarissimi spazi a disposizione. Dopo qualche prova insieme ci è venuta la voglia di iniziare a tirare fuori qualcosa di nostro, e cosi pian piano nel ‘92 abbiamo deciso di formare una band ufficiale che cantasse in inglese, lingua madre dell’Heavy Metal, ma mantenendo un nome italiano da cui poi è uscito Scala Mercalli, un nome che doveva scuotere l’animo delle persone che ci ascoltavano e ci ascoltano!

MC Citiamo la line up attuale degli Scala Mercalli?

Sergio Ciccoli-batteria
Christina Bartolacci -voce
Clemente Cattalani- chitarra
Cristiano Cellini-chitarra
Giusy Bettei – basso

MC Il nuovo album “Indipendence” è stato pubblicato a Gennaio di quest’anno per la Alpha Omega Records ed è incentrato sulla prima parte del Risorgimento italiano. Come negli album precedenti la storia d’Italia è al centro delle vostre tematiche. Qual’è il messaggio contenuto in quest’album?

Sergio:  il messaggio base è quello di ricordare con quanto coraggio, sacrificio e amor di patria siamo nati, quanto valore hanno dimostrato i nostri avi per darci la libertà che molti di loro hanno pagato con la vita. In effetti questa volta l’album non parla solo delle eroiche vittorie riportate in quel periodo, come a Calatafimi dai Mille di Garibaldi che si unirono alla rivolta popolare, ma parla anche di dolorose sconfitte sulle quali però sono state gettate le basi delle future vittorie che hanno unificato il nostro paese. Un esempio è la canzone dedicata alla battaglia di Tolentino del 1815 dove il Re di Napoli Murat venne sconfitto dagli Austriaci, un’altra canzone invece racconta della battaglia per la difesa delle Repubbica Romana del 1849, avvenuta sul colle del Gianicolo dove molti non si arresero e vi morirono attaccati dalle truppe Francesi a tradimento nella notte. Ogni canzone, insomma, ha il suo messaggio che vi consigliamo di leggere attentamente!

MC Parliamo anche del videoclip che ha preceduto l’uscita dell’album. Come è stato realizzato?

Clemente- Abbiamo girato il video di Be Strong in una villa ottocentesca vicino a Potenza Picena (MC). Abbiamo giocato molto sulle stanze e sull’ambientazione in generale della villa per poter realizzare qualcosa di originale. Ovviamente con le nostre divise ispirate ai corpi militari di inizio/metà 1800.

MC Una domanda che immagino vi faranno in tanti. Vi ispirate alla nostra Italia storica, raccontando battaglie e vittorie, come mai il cantato è in inglese? avete mai pensato di cantare in italiano?

Sergio: Sì ci abbiamo pensato, e in infatti in questo disco abbiamo fatto due canzoni con ritornelli in italiano, ma sappiamo bene che se vogliamo essere compresi in tutto il mondo bisogna cantare nella lingua madre e ufficiale dell’Heavy Metal, cioè in inglese. In questo modo le storie italiane che narriamo possono essere ben comprese da tutti!

MC Ho avuto la fortuna di assistere ad un vostro live e mi complimento con voi per la bravura e la professionalità, oltre all’energia che esprimete con le vostre esibizioni. Che rapporto avete con il pubblico che vi segue?

Clemente: In zona sono chiaramente per lo più amici o comunque persone del giro che si conoscono; anche quando suoniamo fuori dalle Marche,vuoi non vuoi, dopo anni, le persone sono spesso le stesse, quindi diciamo che siamo una grande famiglia!

MC Come promuoverete Indipendence? Ci sono già delle date previste per i live degli Scala Mercalli?

Clemente: Abbiamo confermato diverse date per quest’estate in diversi festival ed in diverse zone d’Italia, sicuramente ne vedremo delle belle!!
Sergio: Cercheremo poi pian piano di coprire tutta la penisola da qui a fine anno come abbiamo sempre fatto, speriamo di tornare anche all’estero, anche se un nostro desiderio sarebbe suonare anche in Sicilia e Sardegna che ancora purtroppo ci mancano.

MC Quali sono i vostri contatti sul web?

Sergio: oltre al sito ufficiale www.scalamercalli.com potete trovare tutte le informazioni anche sulla nostra pagina Facebook e su Istagram.

MC Grazie di essere stato qui con noi!

Sergio: Grazie a voi per lo spazio che ci date e che date al Metallo Italiano!! Still United \m/,
Clemente: Grazie a tutto lo staff di Overthewall e Metal Eyes e grazie a tutti quelli che ci supportano, a presto live!!

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: LA JANARA

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato Raffaella Cangero, vocalist della magnifica band campana La Janara.

MC Primo full length per la Janara, come ho già detto attesissimo perché dalla pubblicazione del primo ep autoprodotto avete suscitato molto interesse nella scena underground…

La sfida di comporre musica che fosse “italiana” sotto tutti i punti di vista e sulla quale nessuno avrebbe scommesso è stata vinta a testa alta. Abbiamo sempre creduto strenuamente nelle nostre capacità, ma soprattutto nel nostro obbiettivo e nei nostri propositi: è stato arduo perché nessuno riusciva a dare fiducia o intravedere delle potenzialità in un tipo di metal cantato esclusivamente in italiano che andava a fondersi col genuino prog italico anni ‘60/’70, e che peraltro affrontava temi fortemente centralizzati come quelli del folklore di una terra semi sconosciuta come l’Irpinia. Tra i pochi che hanno avuto fiducia in noi e che hanno percepito qualcosa di “magico” nella nostra musica c’è stato il guru e mentore della Black Widow Records, Massimo Gasperini, e se qualcuno ci avesse detto che di lì a poco anche La Janara sarebbe stata annoverata tra i grandi nomi della scuderia della storica label genovese non ci avremmo mai creduto. Abbiamo promosso con i nostri lavori (una demo del 2015 ed un EP del 2017) la personale novità di un metal italiano per italiani e quella che all’inizio risultava una stonatura, è stata via via sempre più apprezzata ed accolta con grande fervore. Abbiamo diffuso, per quanto consentissero i pochi mezzi a disposizione, la nostra proposta senza mai demordere, conquistandoci in questo modo un piccolo posto all’interno della grande e prolifica scena metal italiana.

MC Le tematiche di Tenebra, questo il nome del nuovo album, trattano appunto le tenebre dell’anima e il ricorrere delle donne a poteri occulti per affermare la propria dignità. L’ambientazione è l’Irpinia antica ma quanto sono ancora attuali queste tematiche?

Le tematiche che affrontiamo sono radicate in un’Irpinia magica e rurale, dove agiscono diversi spiriti e personaggi del folklore popolare che ancora oggi suscitano interesse e curiosità, catturando l’immaginario comune grazie al loro ancestrale fascino. I miti e le leggende tuttavia sono e sono sempre stati lo specchio della realtà attuale e la rappresentano metaforicamente: le streghe – allegoria dei deboli – che dominano la nostra proposta artistica bramano il sangue dei carnefici e lottano per la loro rivalsa; questa è una tematica quanto mai attuale, affrontata in canzoni come Mater Tenebrarum (secondo singolo estratto dall’album), Mephis o Tenebra, canzone che dà il titolo all’album. Altre canzoni affondano le loro radici nel folklore più puro ed autentico, come Malevento o Cera, mentre Il Canto dei Morti (primo singolo) affronta dell’inscindibile dicotomia di Eros e Thánatos, Amore e Morte, concludendosi con la definitiva vittoria della prima Potenza che travalica e sconfigge i limiti imposti dal Termine della vita. In particolare per questo brano ci siamo volutamente ispirati ad un grande capolavoro del cinema horror italiano (che insieme al metal e rock italici è il nostro grande punto di riferimento, ovvero Dellamorte Dellamore di Michele Soavi che affronta, tra gli altri, anche questo argomento.

MC A chi è stata affidata la stesura dei testi e la composizione?

La composizione dell’album ha una storia singolare: a differenza dell’EP dove ognuno di noi ha contribuito alla scrittura delle tracce, in questo primo album ogni canzone, compresa di testi e musica, è stata composta ed arrangiata esclusivamente dal chitarrista, il Boia, che di volta in volta ci proponeva le sue idee, già ben chiare e definite. È stato poi compito di ognuno di noi interiorizzare ed interpretare i brani in modo tale da apportare un contributo alla musica e a trarre fuori ed esprimere il meglio di ogni brano.

MC “Tenebra” si avvale della presenza di diversi special guest. Ci parli di queste collaborazioni?

I diversi guest che hanno collaborato all’album sono, oltre che cari amici, dei musicisti fantastici e piuttosto noti: il brano Or Poserai per sempre si avvale della collaborazione di Giulian Latte, fondatore e compositore della band partenopea Scuorn, molto nota nell’underground black metal italiano, che ha inserito dei cori, e di Alessandro Liccardo chitarrista, fondatore e compositore della band hard rock napoletana Hangarvain, che ha inserito un assolo; un altro solo di Liccardo è presente all’interno della canzone Mephis. Altro special guest è Riccardo Studer, tastierista degli Stormlord, che ha inserito gli arrangiamenti orchestrali; infine c’è Alessio Cattaneo degli Onryo che ha programmato i bassi e le batterie in Ver Sacrum. Non so se può essere considerato in toto un guest, ma lo cito egualmente: il ritornello di Or Poserai per sempre è una sezione di versi della poesia “A se stesso” del grande Giacomo Leopardi, special guest decisamente fuori dagli schemi!

MC Dal primo ep al full lenght. Quali differenze tra il primo lavoro e l’ultimo?

Nei soli due anni che separano questo primo album dal precedente EP del 2017 sono cambiate molte cose, non solo all’interno della band, ma anche a livello personale e compositivo. Siamo cresciuti e maturati molto in questo breve lasso di tempo, abbiamo compiuto un percorso che ci ha portati ad un costante miglioramento e a nuove concezioni o approcci alla musica e questo lo si può evincere confrontando, anche distrattamente, le sonorità dei due diversi lavori. Siamo cresciuti come musicisti ed abbiamo percorso un iter artistico che ci ha spronati a dare sempre il massimo, a ricercare nuove ispirazioni e a migliorare noi stessi. Non sono mancati anche cambiamenti all’interno della band dal momento che c’è stato un piccolo cambio di line up: il vecchio batterista (Stefano Pelosi, in arte l’Alchimista) è stato sostituto dal Mercenario, Antonio Laurano.

MC Una curiosità, ogni membro della band ha un soprannome. Citiamo tutti i componenti e il relativo appellativo?

Come ho spiegato diverse volte, i soprannomi che ci siamo affibbiati (e con i quali oggi tutti ci identificano) all’inizio sono stati un gioco attraverso il quale poter diventare protagonisti delle storie che raccontiamo con la nostra musica. Ognuno di essi, prendendo spunto dalle nostre caratteristiche personali, ha trasceso la finzione ed è diventato parte di noi: io, ad esempio, sono La Janara, rappresento la volontà di riscatto dei deboli e degli oppressi, di chi è stato schiacciato dalla Superbia e dalla Prepotenza ma che reclama a gran voce riscatto e vendetta, argomento che mi sta particolarmente a cuore e che in un certo senso rappresenta delle mie esperienze di vita.
Gli altri membri della band sono il chitarrista ovvero il Boia (alias Nicola Vitale), il bassista, l’Inquisitore (Rocco Cantelmo) e il nuovo barrerista (Antonio Laurano) il Mercenario.

MC Ci saranno live a promuovere la nuova uscita discografica?

Sono numerosi i live in programma, attualmente solo in Campania. Il release party avrà luogo il giorno stesso dell’uscita del disco, il 27 marzo, nella “nostra” Avellino, al Tilt! Tattoo bar events; ad aprile torneremo nel salernitano con due date, la prima a Battipaglia (Bar Capri, 15/04) e a Fisciano (Periferica Konnection, 19/04). Per ora stiamo promuovendo solo live nella nostra regione, ma non escludiamo di spostarci in tutto il Sud, in particolare in Basilicata e Puglia.

MC Diamo dei riferimenti ai nostri ascoltatori per trovarvi nei meandri del web?

La Janara è presente su tutti i social (Facebook, Instagram, YouTube) oltre che su diversi store digitali come Bandcamp, Bigcartel, Spotify ed Apple Music. Insomma… non potrete scampare all’incantesimo de La Janara!

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: CROWN OF AUTUMN

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato Emanuele Rastelli, leader fondatore degli storici Crown Of Autumn.

MC La band si forma per tua idea già nel 1996 e insieme a Marco Ibba e Diego Balconi realizzate un demo che fu immediatamente apprezzato. Ci racconti com’è andata?

In quegli anni stavo maturando l’idea di un progetto che riunisse i due aspetti musicali che prediligevo; quello più epico e maestoso da una parte, e quello malinconico ed oscuro dall’altra.
Nacque così il progetto Crown Of Autumn che, nei primi mesi, prevedeva un unico cantante growl (Marco, alias Sagittifer) con qualche aperura alla Nick Holmes (Paradise Lost) di “Shades of God” o alla Taneli Jarva (Sentenced) di “Amok”. In seguito, pensai di aggiungere Diego (alias Antares), con il quale avevo già suonato in una cover-band, per prendersi cura di tutte le parti più melodiche, dividendo così in maniera più netta le due anime dei Crown Of Autumn. Non a caso, sul demo Ruins, i due cantanti sono accreditati come “Chant of the Wizard” (Marco) e “Chant of the Warrior” (Diego). Andammo a registrare in uno studio professionale (Malibu Studio, Milano) che non aveva mai avuto a che fare con nessuna Metal Band. Il tecnico del suono però, comprese immediatamente dove volevamo arrivare e fece un lavoro assolutamente egregio, specialmente se inquadrato nel contesto di quegli anni. “Ruins” ci fece conoscere nell’underground nostrano e non solo, vendendo più di 1000 copie in pochi mesi (una buona cifra per un demo-tape metal nel 1996), e ci fece guadagnare una certa credibilità artistica all’interno della scena.

MC Dopo il successo del primo demo è la volta, nel 97, del full length The Treasures Arcane che mette d’accordo tutti, pubblico e critica, raccogliendo consensi in tutto l’ambiente underground. lo stesso anno però la band si stoppa per un lungo periodo e tu ti dedichi ad altri progetti musicali. Come mai, visto il successo ottenuto?

The Treasures Arcane è il coronamento di un processo iniziato ben prima del demo Ruins, fu una ricerca personale che passava attraverso la musica, ma investiva anche aspetti più interiori.
Da una parte mi sentivo molto appagato dal risultato ottenuto, anche se ovviamente non si è mai soddisfatti al 100% dei propri lavori, dall’altra però ero un po’ stufo di certi stilemi e di certi cliché del mondo metal, sia da un punto di vista artistico che da quello antropologico. Tutto ciò, in quel periodo, finì per provocarmi una certa nausea; so che è una parola poco galante, ma è anche la parola più giusta. Per cui scelsi di andare ad esplorare altri lidi e mi misi a lavorare ad un nuovo progetto che potesse rappresentare uno sviluppo artistico e di contenuti, senza però gettare al vento o rinnegare quanto fatto in precedenza. Fu così che nacque Magnifiqat.

MC Dopo tredici anni il ritorno con un nuovo cantante e un nuovo full length, e nel 2013 l’annuncio di Byzantine Horizons, che sarà pubblicato ad Aprile per la My Kingdom Music. Un lavoro che aggiunge al tipico medieval dark metal dei Crown Of Autumn, nuovi elementi più folk ed etnici. cosa ci riserva questo nuovo album?

Byzantine Horizons ha davvero moltissime sfaccettature. Come hai giustamente notato, gli elementi più folk/neo-Folk ed etnici (mutuati dall’esperienza con i Magnifiqat) trovano un maggiore spazio rispetto ai lavori precedenti, andanfosi parzialmente a sostituire ai passaggi di chitarre acustiche medievaleggianti dei primi lavori. Ci sono anche elementi più progressivi, ispirati ad un certo death metal anni ’90 oppure ad alcune cose di Devin Townsend. C’è inoltre una maggiore presenza della lingua italiana, proveniente da un più massiccio ascolto di musica cantautorale nostrana; mi riferisco ad artisti come Franco Battiato, Juri Camisasca, Angelo Branduardi, Vinicio Capossela o Giovanni Lindo Ferretti. Forse però, l’elemento di maggior novità rispetto al passato è l’influenza di alcune rock-band americane che ascoltavo moltissimo durante la fase compositiva di Byzantine Horizons. Parlo soprattutto di progetti come Tool, A Perfect Circle e Ashes Divide, ma anche di System of a Down e del Marilyn Manson più pacato. Sinceramente non so se nel risultato finale del nuovo disco questi ascolti traspaiano o meno, poiché è nostra abitudine tirare dritti per la nostra strada senza cercare di imitare questo o quell’altro musicista, inoltre facciamo un genere molto diverso dal loro ed anche l’orizzonte dei contenuti lirici è spesso agli antipodi rispetto a quel mondo. Senz’altro però la loro importantissima lezione ha contribuito a sviluppare in me una più matura idea di “canzone”, cosa che si può applicare a qualsiasi genere musicale.

MC Citiamo la line up attuale della band?

Gianluigi Girardi: voce maschile solista
Milena Saracino: voce femminile solista
Emanuele Rastelli: chitarre, basso, tastiere, voci growl e pulite
Mattia Stancioiu: batteria e percussioni
I testi e le musiche sono stati scritti da me e arrangiati insieme agli altri membri dei Crown Of Autumn.
Mattia si è inoltre preoccupato di registrare, mixare e masterizzare l’album presso il suo Elnor Studio (Magnago – MI), ma soprattutto si è occupato della produzione artistica di Byzantine Horizons. Diciamo che dopo eterni scambi di opinioni e proposte astruse (le mie), l’ultima parola era sempre sua.
Per fortuna.

MC La copertina dell’album è opera tua. un’immagine suggestiva, un orizzonte inquietante direi, molto cupo e nebbioso…come l’hai scelta e realizzata?

Non lo so nemmeno io 🙂
E’ infatti la prima volta che mi cimento con Photoshop. Anche la cover, come del resto l’album, ha subito una gestazione di anni; continue modifiche, aggiornamenti, ripensamenti, ecc. ecc.
In ogni caso l’idea era quella di creare un “luogo – non luogo” inserito in un “tempo – non tempo”, se così si può dire. Ci sono elementi architettonici di varie città orientali ed occidentali, antichi e moderni, tutti miscelati insieme per dare un effetto si sospensione quasi metafisica alla scena…

MC Quali sono i progetti futuri della band? Sono previsti live per promuovere il nuovo lavoro discografico?

Noi non suoniamo dal vivo, perché siamo TRVE… come i Darkthorne! 🙂
Scherzi a parte, la cosa è piuttosto difficile perché viviamo in città diverse, tutti noi abbiamo i consueti impegni della vita quotidiana e nel poco tempo che possiamo ricavare per la musica, la priorità è sempre riservata alla dimensione dello studio di registrazione che è il nostro habitat naturale. Personalmente mi piacerebbe poter fare alcune date, anche 1 o 2 all’anno, però fatte in un certo modo, nel contesto giusto, altrimenti sarebbe una delusione sia per noi che per chi ci segue. Al momento non escludo nessuna possibilità…

MC Quali sono i vostri contatti sul web per i nostri ascoltatori?

Per contattare la band potete trovarci su Facebook alla nostra pagina ufficiale:
https://www.facebook.com/crownofautumn/
Per acquistare i nostri album potete rivolgervi alla My Kingdom Music:
https://mykingdommusic.net/

MC Grazie per essere stato con noi

Grazie di cuore a voi per il supporto che ci date!

An Electric Evening of Antimatter – Black Market Tour 2019, ROMA, Wishlist Club, 27 Marzo 2019

Antimatter tornano a Roma il prossimo 27 Marzo, ospiti ancora una volta della Dark Veil Productions, per l’esclusiva data italiana del tour europeo di promozione del loro settimo studio album, quel “Black Market Enlightenment” pubblicato lo scorso Novembre e subito affermatosi con l’unanimità entusiasta di pubblico e critica come una delle migliori uscite del 2018. L’ennesimo grande disco, introspettivo ed oscuro come l’intera discografia della band ma anche potentemente autobiografico, che Mick Moss e i suoi eseguiranno live nel loro “Electric Evening” con l’intensità espressiva che li contraddistingue sul palco, lasciando il dovuto spazio agli highlight dell’ormai lunga e prospera carriera.

EVENTO FB

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