Colosso – Obnoxious

I Colosso non rappresentano il futuro del death più tecnico e sperimentale, ne sono già il presente …

I portoghesi Colosso, con un monicker simile, non potevano che dedicarsi ad un metal pesante oltre misura, e così è in effetti, anche se la strada percorsa per triturare i padiglioni auricolari degli ascoltatori è molto meno scontata di quella intrapresa da biechi mazzuolatori senza arte né parte.

La band di Oporto, guidata dal fondatore Max Tomé , ha intrapreso solo all’inizio di questo decennio il proprio percorso di progressivo annichilimento, e Obnoxious è la seconda prova su lunga distanza che ci mette di fronte ad una realtà di assoluto spessore.
Un death metal tecnico, che ogni tanti sconfina nel djent, ma in misura non stucchevole, con una pesante componente industrial che lascia spazio a passaggi più riflessivi, andando a formare una mistura accattivante ma soprattutto convincente per la fluidità con cui la materia viene manipolata.
Furra, sperimentazione ed un pizzico di melodia: ecco la miscela che rende vincente Obnoxious nei suoi quaranta minuti di intensità a tratti parossistica, segnati da una prestazione d’assieme impeccabile per esecuzione ed esaltata da una produzione adeguata.
I Colosso offrono una prestazione, appunto, “colossale”, e anche quando alcuni riferimenti si fanno un po’ più scoperti (gli imprescindibili Fear Factory nella magnifica A Noxious Reflection) il tutto viene reso in maniera talmente efficace da far passare qualsiasi altra considerazione in secondo piano.
Obnoxious è emblematico di quella che dovrebbe essere la via maestra da seguire per chi si cimenta con un metal estremo ma dalle sembianze più moderne: lontani dal tecnicismo fine a sé stesso di certo djent o dalla freddezza chirurgica dell’industrial di maniera, i ragazzi lusitani portano una violenta sferzata di aria fresca in un ambito che ultimamente ha proposto più di una prova asfittica, anche da parte di nomi già affermati.
I Colosso non rappresentano il futuro del death più tecnico e sperimentale, ne sono già il presente …

Tracklist:
1. In Memoriam
2. The Unrepentant
3. Of Hollow Judgements
4. As Resonance
5. Soaring Waters
6. Seven Space Collisions
7. To Purify
8. Sentience
9. A Noxious Reflection

Line-up:
Max Tomé – Guitars, Vocals
André Lourenço – Bass
Marcelo Aires – Drums
António Carvalho – Guitars
André Macedo – Vocals

COLOSSO – Facebook

Black Crown Initiate – Selves We Cannot Forgive

Una band, nata appena tre anni fa, che elabora a suo modo il metal estremo, si spolvera di dosso ogni accostamento possibile ed immette sul mercato il suo secondo lavoro, arrivando in poco tempo ad una maturazione compositiva completa.

Una band, nata appena tre anni fa, che elabora a suo modo il metal estremo, si spolvera di dosso ogni accostamento possibile ed immette sul mercato il suo secondo lavoro, arrivando in poco tempo ad una maturazione compositiva completa.

Gli statunitensi Black Crown Initiate, in soli tre anni hanno dato alle stampe un ep e due full lenght, Selves We Cannot Forgive infatti è il successore del debutto The Wreckage of Stars, uscito un paio di anni fa e che aveva dato al gruppo una già buona popolarità.
Il nuovo lavoro fa compiere un altro importantissimo passo avanti prendendo a spallate i soliti cliché del genere e cercando una via personale alla materia fatta di sfumature e generi che si susseguono nei vari brani, diversi uno dall’altro tanto da sorprendere ad ogni passaggio.
Un bel contenitore di sorprese Selves We Cannot Forgive, dal songwriting elastico e fresco e che passa in modo naturale da roboanti sferzate brutal, a reminiscenze core, passando per brani dalla forte connotazione rock (Again), magari violentati da sfuriate death ma pur sempre strutturate su un esplosivo e moderno prog rock.
Tralasciando un’ottima preparazione strumentale ed una produzione al top (gli americani in questo sono una sicurezza), l’album è talmente vario che si rischia ad un ascolto superficiale di credere d’essere al cospetto di band diverse, ed invece il gruppo cerca nuove soluzioni ad ogni passaggio, continuando a viaggiare tra brutalità e melodia, death metal e parti malinconiche, aperture ariose ed imprevedibili, blast beat e delicati passaggi prog rock.
La componente moderna o core è presente in piccole dosi, e si respira in qualche passaggio tra il growl (assolutamente brutal) e le clean vocals, con qualche ritmica più marziale ma costantemente estrema ed intricata.
Belie the Machine, Transmit To Disconnet, l’ottima Sorrowpsalm (forse il brano che raccoglie tutte le sfumature del sound in un unico caleidoscopio musicale), confermano la bravura di questo combo statunitense, pronto per finire sulla bocca di fans e addetti ai lavori in questa calda estate 2016.
Scommetto che in poco tempo diventeranno la new sensation del metal estremo proveniente dal nuovo continente, noi ve ne abbiamo parlato ora, qualcuno come sempre se ne prenderà i meriti magari più in là, a giochi fatti: è già successo, ma non importa, fatevi sotto perché il gruppo se lo merita …

TRACKLIST
1. For Red Clouds
2. Sorrowpsalm
3. Again
4. Belie the Machine
5. Selves We Cannot Forgive
6. Transmit to Disconnect
7. Matriarch
8. Vicious Lives

LINE-UP
Nick “Bass” Shaw – Bass
Jesse Beahler – Drums
Andy Thomas – Guitars, Vocals (clean)
James Dorton – Vocals

BLACK CROWN INITIATE – Facebook

Orakle – Eclats

“Eclats” è un buonissimo disco, probabilmente un po’ elitario nella sua essenza, ma capace di soddisfare chi apprezza questa particolare commistione tra sonorità estreme ed evoluzioni strumentali di matrice progressive.

Terzo album per i francesi Orakle, dediti ad una forma di progressive death/black certamente non inedita ma di indubbia qualità.

I musicisti coinvolti nel progetto (tra i quali troviamo Emmanuel Rousseau degli immensi 6:33 e dei Carnival In Coal) sono di primissimo ordine e lo dimostra ampiamente la padronanza tecnica esibita nel corso di Eclats.
Tutto ciò, alla fine, si rivela nel contempo pregio e limite dell’opera: infatti, chi ricerca passaggi intricati e ammantati da una buona dose di sana follia qui troverà pane per i suoi denti ma, di contro, sfido chiunque a memorizzare agevolmente non dico un brano intero ma una sua specifica porzione.
In effetti, all’ennesimo cambio di tempo eseguito in un amen dagli Orakle, l’ascoltatore meno avvezzo al genere rischia di finire a gambe levate come accaduto di recente al povero Boateng dopo la finta di Messi …
Volendo trovare un termine di paragone con un nome già noto si può dire che gli Orakle siano una sorta di versione meno estrema degli Ephel Duath: stessa perizia esecutiva, uguale ricerca di un suono anticonvenzionale e medesima difficoltà nel decrittarne la proposta.
Pur apprezzando il lavoro, ritengo che un minimo di linearità o in più lo avrebbe reso più appetibile e quindi migliore; per di più il suo svilupparsi nell’arco di quasi un’ora ed il ricorso alla lingua madre non ne agevolano sicuramente la fruizione.
Resta inteso però che Eclats, contraddistinto anche da una prestazione vocale versatile e da un lavoro chitarristico di fattura non comune, è comunque un buonissimo disco, probabilmente un po’ elitario nella sua essenza ma capace di soddisfare chi apprezza questa particolare commistione tra sonorità estreme ed evoluzioni strumentali di matrice progressive.

Tracklist:
1. Solipse
2. Incomplétude(s)
3. Nihil incognitum
4. Apophase
5. Le sens de la terre
6. Aux éclats
7. Bouffon existentiel
8. Humanisme vulgaire

Pierre “Clevdh” Pethe – Drums
Frederic A. Gervais – Vocals, Bass, Keyboards, Guitars
Antoine “OHM” Aubry – Guitars
Etienne Gonin – Guitars
Emmanuel Rousseau – Keyboards

ORAKLE – Facebook

Azooma – A Hymn Of The Vicious Monster

Gli iraniani Azooma sorprendono con il loro debutto fatto di un death metal tecnico e originale.

Mashhad è la capitale del Razavi Khorasan iraniano e la città da cui provengono i death metallers Azooma, all’esordio con un album uscito un paio di mesi fa intitolato A Hymn of the Vicious Monster.

Attivo dal 2004, il combo iraniano inizia la sua avventura nel mondo metallico suonando cover di Iron Maiden, Metallica, Iced Earth, Kreator e Death, ma già nel 2005 decide di scrivere brani propri confrontandosi con il death metal dai richiami prog e influenzati dalla cultura del loro paese.
È storia degli ultimi anni la firma con l’etichetta spagnola Xtreem Music, che licenzia questo Ep di esordio che ha del clamoroso.
Il materiale inserito nel lavoro dalla band è stato scritto negli anni e, fortunatamente, ha trovato modo di vedere la luce, in quanto trattasi di sei brani notevoli.
Il death progressivo suonato dagli Azooma, originalissimo e tecnico, da far invidia ai mostri sacri del genere, dal tiro micidiale ed impreziosito da atmosfere e suoni della cultura persiana, sempre sostenute da un tono epico e drammatico, rende A Hymn of the Vicious Monster un gioiello metallico tutto da ascoltare.
I musicisti della band, veri virtuosi del proprio strumento, regalano prestazioni sopra le righe creando un tornado di suoni che vi avvolgerà rischiando di portarvi via.
Ahmad Tokallou, chitarrista eccezionale, svolge un lavoro mastodontico alla sei corde, martirizzando il lo strumento con solos e ritmiche suonate alla velocità della luce ma sempre dal gusto eccelso; la sezione ritmica (Farid Shariat al basso e Saeed Shariat alla batteria) si rende protagonista di una massacrante dimostrazione di forza tra gli innumerevoli cambi di tempo e le scorribande potenti e distruttive.
Tra tutte queste meraviglie strumentali spicca il growl feroce del vocalist Shahin Vaqfipour, molto bravo anche con le clean vocals, benché usate solo in pochi frangenti (Gyrocompass), che accompagna la vena creativa dei propri compagni con timbriche cavernose e melanconici momenti intimisti.
C’è tanto progressive nel songwriting del gruppo (digressioni di scuola crimsoniana), mai così ben amalgamato con la furia metallica espressa dal death epico della band; i suoni di estrazione popolare della loro terra sono usati con parsimonia, ma inseriti sempre ottimamente nelle strutture complicate delle song che, una dopo l’altra, regalano momenti di esaltante musica estrema, improbabile ed alquanto affascinante jam tra i Death ed i King Crimson.
Da ascoltare e riascoltare questo ennesimo bellissimo lavoro proveniente da terre lontane dal consueto circuito metallico, ma che non ha davvero nulla da invidiare ai lavori dei tradizionali continenti di riferimento.

Tracklist:
1. Preface
2. Chapter I: Self-Inflected
3. Chapter II: Eridanus Supervoid
4. Chapter III: Encapsulated Delusion
5. Chapter IV: Gyrocompass
6. Appendix

Line-up:
Farid Shariat – Bass
Saeed Shariat – Drums
Ahmad Tokallou – Guitar
Shahin Vaqfipour – Vocals

AZOOMA – Facebook

Fragarak – Crypts Of Dissimulation

Ottimo lavoro, indicato per gli amanti degli Opeth, con il quale i Fragarak vi sorprenderanno.

Non male l’album di debutto di questa band, nata a Nuova Dehli nel 2012 ed arrivata all’esordio discografico lo scorso anno (l’album e’ datato 2013).

I Fragarak sono protagonisti di un death metal progressivo sullo stile dei primi Opeth, specialmente nelle numerose parti atmosferiche ma, mentre la band svedese nei primi album univa alla componente dark una forte connotazione black metal, gli indiani sono più orientati verso un old school death comunque sempre di matrice scandinava. L’album consta di sei brani dall’ottimo piglio, a partire dall’apertura acustica della bellissima Savor the Defiance, dove l’intro viene spezzato dall’entrata della ritmica e dall’urlo disumano del bravissimo singer Supratim Sen, ottimo sia nel cavernoso e animalesco growl sia nell’uso a tratti dello scream. Atmosfere drammatiche dall’impronta dark ed ottimi momenti acustici incontrano sfuriate elettriche dove la band, con cambi di tempo ed il buon uso delle soliste, riesce ad emozionare e quando l’acustica sfuma si riparte a mille con Insurgence, brano dall’impatto ultra heavy, dalle ritmiche vicine al black, per poi tornare a deliziarci con cambi di tempo, mentre sono sempre i due axeman (Arpit Pradhan e Ruben Franklin) a guidare il gruppo con solos drammaticamente malinconici. Stupendo il momento acustico che ci regala Effacing the Esotery, prima che il brano esploda in un vortice di suoni ed il basso introduca l’ennesima cavalcata chitarristica. Continua alla grande l’altalena tra momenti acustici ed altri elettrici (Dissimulation: An Overture), così l’album risulta affascinante e mai noioso, grazie al sapiente uso da parte della band di cangianti momenti tra calma apparente e furia death (Cryptic Convulsion). Tecnicissimi tutti i musicisti coinvolti, anche se la bravura tecnica non inficia l’emozionalità di un lavoro veramente ben riuscito. Crypts Of Dissimulation si chiude con un’altra perla acustica dal titolo Psalm of Deliverance, che mette la parola fine ad un disco sorprendente inciso da una band che merita d’ essere scoperta.

Tracklist :
1. Savor the Defiance
2. Insurgence
3. Effacing the Esotery
4. Dissimulation: An Overture
5. Cryptic Convulsion
6. Psalm of Deliverance

Line-up:
Kartikeya Sinha – Bass
Sagar Siddhanti – Drums
Ruben Franklin – Guitars
Arpit Pradhan – Guitars
Supratim Sen – Vocals

FRAGARAK – Facebook

Nefesh – Contaminations

Album d’autore per i Nefesh, splendida realtà del metal tricolore e grande acquisto in casa Revalve.

Secondo album per gli anconetani Nefesh, creatura prog/death dal notevole impatto che, sotto l’attenta Revalve, licenzia questo bellissimo lavoro.

Fondata nel 2005 e, dopo il classico demo di esordio, l’anno successivo la band registra nel 2011 il primo full-length dal titolo “Shades and Light”, masterizzato presso i famosi Finnvox Studios di Helsinki e che portano una discreta notorietà al gruppo anche fuori dai confini nazionali. Arriviamo così a ottobre dello scorso anno, quando i Nefesh cominciano i lavori per questo nuovo Contaminations, consegnato a noi all’inizio di aprile. È un lavoro tragicamente oscuro, pregno di rabbia, controllata dall’immensa tecnica dei nostri e incanalata in un songwriting eccelso, nel quale trovano spazio spunti di più generi metallici, che vanno dal power al thrash, dal death al prog e dove non mancano momenti di pura poesia in musica, avallata da un cantato in italiano che rarissime volte ho trovato così ben inserito in un contesto del genere. Produzione stellare ed uno spirito prog mai domo, fanno di questo album un viaggio entusiasmante nell’arte delle sette note che arriva all’apice nella trilogia My Black Hole / Figlio Della Vita / My White Star, praticamente una suite divisa in tre parti dove la lingua italiana e quella inglese convivono in perfetta, drammatica armonia, in un crescendo tragico pari solo a una “Trial Before Pilate”, da Jesus Christ Superstar di Andrew Lloyd Webber (My Black Hole) suonata dai King Crimson. L’album, pur mantenendo una tensione altissima, passa da momenti ultraheavy a bellissimi passaggi acustici, piccoli sprazzi di ariose aperture melodiche per tornare in un attimo nel più oscuro tunnel dove non si trova via d’uscita, accompagnati dalla voce del superlativo Paolo Tittarelli, grandissimo vocalist dalle mille risorse, passionale, teatrale, bravissimo nello screaming e meraviglioso quando il suo tono pulito si fa drammatico: in poche parole uno dei più bravi cantanti in circolazione. Non da meno i picchiatori del combo Michele Baldi alla Batteria e Diego Brocani,nuovo arrivato in casa Nefesh, al basso; Luca Lampis alla sei corde e Stefano Carloni alle tastiere completano una squadra perfetta, vera macchina che sa trasmettere emozioni come pochi altri, confezionando un’opera d’arte che va aldilà del mero genere, per inserirsi tra quei pochi artisti che regalano musica a 360°. Reborn Together, The Shades, la bellissima Una Piacevole Sorpresa, ancora cantata in italiano, sono esempi della grandezza di questa band che, a modo suo, è riuscita a far compiere un balzo in avanti al prog metal, un genere che, troppe volte, supportato solo dalla tecnica dei musicisti, si dimentica di toccare l’anima di chi lo ascolta. Album da avere assolutamente!

Tracklist:
1. Intro
2. Reborn Together
3. Una piacevole sorpresa
4. The Shades
5. My Black Hole (Trilogy Part I)
6. Figlio della vita (Trilogy Part II)
7. My White Stars (Trilogy Part III)
8. Dreams Beyond the Sky
9. Oltre me
10. After the End
11. Outro

Line-up:
Diego Brocani – Bass
Michele Baldi – Drums
Luca Lampis – Guitars
Stefano Carloni – Keyboards
Paolo Tittarelli – Vocals

NEFESH – Facebook

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