Slow Order – Eternal Fire

Il re incontrastato di Eternal Fire è il groove, che gli Slow Order sanno creare molto bene portandolo a spasso lungo un disco piacevole, più complesso e corposo di tanti altri all’interno di questo genere.

Nuovo lavoro per questo gruppo bolognese di stoner e doom, nato per esprimere l’amore verso i suoni ribassati e i giri di chitarra che si fondono con la sezione ritmica.

Gli Slow Order fanno ottima musica strumentale, sciogliendo una forte dose di psichedelia nel pastiche stoner doom. Eternal Fire è un disco strutturato molto bene, con una composizione che spazia in molti campi diversi, non c’è mai uno schema fisso e di ciò il disco si giova enormemente, lasciando molti motivi per muovere la testa durante l’ascolto. Giustamente si potrebbe chiedere cosa hanno di più questi bolognesi rispetto al resto di gruppi stoner doom strumentali? Ascoltando Eternal Fire lo si potrà capire subito, mentre per invitare all’ascolto si potrebbe dire che ci sono molti mondi qui dentro, dallo stoner strumentale alla Karma To Burn, a riff in stile southern metal, a momenti di psichedelia pesante, per un lavoro molto forte e con i piedi bene piantati nel pantano. Ogni cosa qui è funzionale allo svolgimento generale, non ci sono orpelli o cose fittizie, tutto è consequenziale e opera per un fine più alto. Il trio è molto affiatato e ciò lo si sente dalle prime note, perché gli Slow Order sono uno di quei gruppi che trascinano l’ascoltatore indicandogli la via, anche se fosse in mezzo alle tenebre. Eternal Fire è un ottimo esempio di come possa essere la musica pesante declinata in una certa maniera, con un codice nato in giro per il mondo e che tanti gruppi stanno usando nel migliore dei modi. Il re incontrastato di Eternal Fire è il groove, che gli Slow Order sanno creare molto bene portandolo a spasso lungo un disco piacevole, più complesso e corposo di tanti altri all’interno di questo genere.

Tracklist
01. Eternal Fire
02. Obsessive Tale
03. Serpent’s Son
04. Eclipse
05. Kanavar
06. The Hunter
07. Starweed
08. Black Mass

Line-up
minoz
robby
ale

https://www.facebook.com/sloworder/

Abrahma – In Time for the Last Rays of Light

Illustrato da una copertina che rievoca atmosfere bibliche, l’album si snoda in otto brani medio lunghi, ma non prolissi: la band riempie lo spazio di musica colta, usando tutte le armi in possesso per trasformare l’ascolto in un’esperienza pregna di sacrali sfumature epico evocative.

Licenziano il loro terzo lavoro sulla lunga i parigini Abrahma, quintetto dal sound personale che molto bene aveva fatto in passato, specialmente con il precedente album uscito ormai quattro anni fa (Reflections In The Bowels Of A Bird).

La musica del combo non segnala grossi cambiamenti rispetto al passato, anche questa nuova opera, intitolata In Time for the Last Rays of Light si muove su coordinate stoner/doom, dalle sfumature evocative e a tratti vivacizzate da spartiti rock ed alternative metal.
Sempre illustrato da una copertina che rievoca atmosfere bibliche, l’album si snoda in otto brani medio lunghi, ma non prolissi: la band riempie lo spazio di musica colta, usando tutte le armi in possesso per trasformare l’ascolto in un’esperienza pregna di sacrali sfumature epico evocative.
L’opener Lost Forever risulta il brano più diretto, usato non a caso come singolo e video, poi da Lucidly Adrift in poi veniamo catapultati in un’atmosfera in cui i vari generi esposti formano un altare musicale dal quale gli Abrahma decantano il loro verbo.
Band dal sound personale, il quintetto transalpino mostra i muscoli in brani come Last Epistle, dove si concentrano le anime più alternative in seno al gruppo, tra The God Machine ed Alice In Chains, mentre lo sludge/doom della monolitica Wander In Sedation riporta l’album in territori desertici.
Se non conoscete ancora la band francese, immaginate una lunga jam composta da Orange Goblin, Yob, Monster Magnet e gli altri nomi precedemente citati, ed avrete un’idea di quello che ascolterete in questo affascinante lavoro.

Tracklist
1.Lost Forever
2.Lucidly Adrift
3.Eclipse of the Sane Pt.1: Isolation Ghosts
4.Dusk Contemplation…
5….Last Epistle
6.Wander in Sedation
7.Eclipse of the Sane Pt. 2: Fiddler of the Bottle
8.There Bears the fruit of Deceit

Line-up
Sébastien Bismuth – Vocals, Guitars
Florian Leguillon – Guitars, Vocals
Benoit Carel – Guitars, Synths & Effects
Romain Hauduc – Bass, Vocals
Baptiste Keriel – Drums, Vocals

ABRAHMA – Facebook

Age Of The Wolf – Ouroboric Trances

Un debutto di tutto rispetto per gli Age Of The Wolf, band consigliata ai fans di Baroness, Dopelord, Altar of Betelgeuze e Sumoken

Dal Costa Rica arriva questo fiume di lava stoner/sludge/doom dal titolo Ouroboric Trances, primo lavoro sulla lunga distanza degli Age Of The Wolf.

La band tramite Aural Music licenzia questo monolitico esempio di un genere che ad oggi sta regalando grandi soddisfazioni ai suoi fans e le otto tracce di cui è composto confermano questo picco qualitativo che, partendo dall’underground, coinvolge le scene più svariate in tutto il mondo.
Il quartetto, fin dall’opener Herald Of Abyssos, alza spessi muri di fuzz, i tempi si mantengono lenti, l’atmosfera lavica e le melodie si fanno largo con fatica tra riff potentissimi.
Le armonie iniziali di Goliath si trasformano in una marcia monolitica verso la cima del vulcano che, di lì a poco, vomiterà morte in The Crimson Penitence e troverà strade più tradizionalmente stonerizzate in Goddess Of The Hunt e Bloodrage.
Il lungo incedere di Molten Earth conclude un debutto di tutto rispetto per gli Age Of The Wolf, band consigliata ai fans di Baroness, Dopelord, Altar of Betelgeuze e Sumoken.

Tracklist
1. Herald of Abyssos
2. Unholy
3. Goliath
4. The Crimson Penitence
5. Goddess of the Hunt
6. Witches’ Gallows
7. Bloodrage
8. Molten Earth

Line-up
Christopher de Haan – Vocals, Guitars
Beto Ramirez – Vocals, Guitars
Jorge Camacho – Vocals, Bass
Gabriel Ortiz – Drums

AGE OF THE WOLF – Facebook

Mörmo – Siluetas

I Mörmo sono autori di un buonissimo stoner doom, sporco, efficace, ancorato alla tradizione, fangoso il giusto e con una dose opportuna di psichedelia ad infiorettare il tutto.

L’etichetta ucraina Loneravn Record si è specializzata nel recuperare realtà sepolte nel più profondo sottobosco dell’undeground metallico, per lo più andando a recuperare uscite in formato demo e fornendo loro una nuova possibilità  di giungere alle orecchie degli appassionati più attenti.

In questo caso viene riproposto Siluetas, lavoro d’esordio degli argentini Mörmo, uscito appunto come demo lo scorso anno; il trio di La Plata è autore di un buonissimo stoner doom, sporco, efficace, ancorato alla tradizione, fangoso il giusto e con una dose opportuna di psichedelia ad infiorettare il tutto.
A parte la title track, che dei cinque brani offerti è quello forse più orientato ad una forma canzone canonica, le altre tracce mettono in mostra una gamma di soluzioni piuttosto interessanti e sempre abbastanza ficcanti, sia quando il sound rallenta sia quando invece si fa più aspro e al contempo lisergico.
Soprattutto Catabasis e El principio del fin, a mio avviso, sono lo specchio delle buone doti di questi tre ragazzi, la prima con il suo incipit in quota post metal e la seconda sviluppata come una sorta di psichedelica jam con tanto di pregevoli parti di chitarra solista prodotte da Gonzalo Soria.
Il cantato in lingua madre offerto da quest’ultimo magari non è il punto di forza della proposta, ma tutto sommato resta tranquillamente all’interno del range di accettabilità del genere, e comunque non è quasi mai questo l’aspetto preponderante quando lo stile musicale è lo stoner doom.
Fa piacere constatare, grazie a questa valida opera prima dei Mörmo, l’emergere di qualche nuova band di prospettiva da un paese grande come l’Argentina che, per quanto riguarda il metal sudamericano , attualmente non regge il confronto non solo con la scena brasiliana ma neppure con quella cilena.

Tracklist:
1. Siluetas
2. Puerta negra
3. Catabasis
4. Sacrificio
5. El principio del fin

Line-up:
Nicolás Reggiardo – Bass
Rodrigo Carlos – Drums
Gonzalo Soria – Guitars, Vocals

MÖRMO – Facebook

Dawn – Dawn

Di non facile presa, questi tre brani sono sicuramente rivolti agli amanti del genere, formando un prodotto decisamente di nicchia ma tremendamente affascinante.

La BloodRock Records ristampa in cd il primo ep delle Dawn, band australiana composta da quattro streghe in attesa del passaggio dei viandanti al limitare del bosco, luogo di antichi riti ed oscuri rituali.

Originariamente uscito tre anni fa , l’omonimo ep del gruppo proveniente da Sydney è composto da tre tracce, una ventina di minuti scarsi di doom, dai rimandi ambient/stoner, in cui l’atmosfera rimane tesa nel suo lento incedere e la chitarra si riempie di energia solo a tratti, per poi seguire il lento e fluido scorrere delle note.
L’opener The Sun ci accoglie con un riff che si spegne per lasciare spazio ad atmosfere cantilenanti, a tratti sembra riprendere forza, ma la lunga discesa nei meandri della musica delle quattro sacerdotesse porta a Wanting, il brano più vario nel suo andamento, pur se inserito nell’ambito di un ambient/doom dalle sfumature stoner e dai rimandi occult rock.
Zombies, brano conclusivo di questo primo ep, lascia che sia lo stoner a prendere in mano il comando del sound, sempre in un’atmosfera messianica ed un andamento ipnotico che non lascia scampo all’ascoltatore in balia dell’incantesimo musicale procurato dalle Dawn.
Di non facile presa, questi tre brani sono sicuramente rivolti agli amanti del genere, formando un prodotto decisamente di nicchia ma tremendamente affascinante.

Tracklist
1.The Sun
2.Wanting
3.Zombies

Line-up
Emily – Vocals, Guitars
Dharma – Guitars, Vocals
Camilla – Bass, Vocals
Kat – Drums, Vocals

DAWN – Facebook

Son Of The Morning – Son Of The Morning

Son Of The Morning scorre lento, solo ravvivato da mid tempo che lasciano spazio a parti atmosferiche dark , in cui la band viene ispirata dall’occult rock che ricorda anche la scena italiana.

Uscito originariamente lo scorso anno in vinile per la DHU Records, Son Of The Morning è il debutto dell’omonima band statunitense guidato dalla magica ed eterea voce di Lady Helena.

La band, oltre alla sacerdotessa dietro al microfono è composta da Lee Allen al basso, H.W. Applewhite alla batteria e Levi Mendes alla sei corde, macchina macina riff sabbathiani, in un contesto stoner e psichedelico.
La nostrana BloodRock Records ha curato la versione cd di questo bellissimo debutto, composto da otto brani ispirati dall’occult rock di matrice settantiana, in cui riti pagani, atmosfere messianiche e culti antichi creano un’affascinate esempio di musica del destino.
Desertiche visioni si fanno spazio nella nostra mente, mentre le ritmiche monolitiche iniziano a dettare tempi drogati di magia; la chitarra produce riff pesantissimi e il canto etereo ed ipnotico di Lady Helena attira verso la collina dove i muri della vecchia casa parlano di sacrifici e riti fuori dal tempo.
Adoranti lasciamo che lentamente la musica ci accompagni in questo sabba, tra le note venate di una psichedelia lasciva incastonata nei rituali della varie The Rule Of Three, The Wild Hunt e Left Hand Path.
Son Of The Morning scorre lento, solo ravvivato da mid tempo che lasciano spazio a parti atmosferiche dark , in cui la band viene ispirata dall’occult rock che ricorda anche la scena italiana, creando un sound che accoglie tra il suo spartito, i vari generi descritti che si manifestano come antichi spiriti evocati dal gruppo tra le trame dell’album.

Tracklist
1.Introduction
2.The Rule of Three
3.The Midwife
4.The Wild Hunt
5.Release
6.Left Hand Path
7.House of our Enemy
8.Eyes Sewn Closed

Line-up
Lady Helena – Vocals, Organ
Lee Allen – Electric Bass Guitar
H.W. Applewhite – Trap Kit
Levi Mendes – Electric Guitar

SON OF THE MORNING – Facebook

Dun Ringill – Welcome

Un disco frutto di passione e di amicizia, e di un livello musicale molto alto per un progetto davvero interessante.

Gran bel disco di stoner doom da parte di veterani della scena underground svedese di Gothenburg.

La sezione ritmica degli Order Of Israfel, ottimo gruppo con suoni simili, il bassista Patrik Andersson Winberg e il batterista Hans Lilja, decide di radunare un po’ di amici per suonare, durante l’anno sabbatico che si è preso il gruppo. Nasce così questa avventura, nella quale il primo ad essere chiamato è il cantante dalla possente voce Tomas Eriksson, militante negli Intoxicate ed ex membro dei Grotesque. A seguire arrivano i tre chitarristi, perché i Dun Ringill hanno tre chitarre che gli danno un suono unico, Tommy Stegemann dei Silverhorse, Jens Florén dei Lommi e un passato da chitarrista dal vivo per i Dark Tranquillity, e Patric Grammann, SFT, Neon Leon. Il risultato è un disco con un groove bellissimo ed avvolgente, una dimostrazione molto valida di come si possa fare musica pesante con gusto ed eleganza, creando qualcosa di nuovo in generi e sottogeneri molto inflazionati, ma Welcome è un piccolo gioiello. Molto forte nella musica, ma soprattutto nell’immaginario della tradizione folkloristica svedese, ma dimenticate i vichinghi perché qui siamo dal 1600 in giù, tra fate, folletti e foreste. Anche l’horror ha la sua importanza ed il tutto concorre a creare un disco che si fa ascoltare molto volentieri, con un importante peso specifico, in bilico fra doom, stoner e metal. La musica dei Dun Ringill è insieme affascinante, eterea e fisica, composta e suonata da musicisti appassionati e di alta levatura tecnica. Le tre chitarre fanno la loro parte, creando un suono davvero incredibile, e tutto il gruppo è più che all’altezza. Le canzoni hanno un ritmo che fondendosi con la metrica delle parole ottiene un ritmo che non ti fa scappare. Anche la produzione è notevole (Julien Fabré ha fatto un ottimo lavoro) e a curare l’artwork troviamo il loro amico Niklas Sundin, autore davvero di un ottimo lavoro. Un disco frutto di passione e di amicizia, e di un livello musicale molto alto per un progetto davvero interessante.

Tracklist
1. Welcome To The Fun Fair Horror Time Machine
(feat. Emil Rolof on Piano + Björn Johansson on Flute)
2. Black Eyed Kids (feat. Emil Rolof on Mellotron)
3. Open Your Eyes (And See The Happiness And Truth)
4. The Door
5. Snow Of Ashes
6. The Demon Within (feat. Per Wiberg on Hammond + Matilda Winberg on Intro Vocals)

Line-up
Thomas Eriksson – Vocals
Hans Lilja – Drums
Patrik Andersson Winberg – Bass
Jens Florén – Guitar
Tommy Stegemann – Guitar
Patric Grammann – Guitar

DUN RINGILL – Facebook

Burning Gloom – Amygdala

I Burning Gloom costruiscono un possente groove sonoro che travolge l’ascoltatore e, cosa non affatto facile, tengono molto alta la tensione per tutto il disco.

I Burning Gloom da Milano sono la nuova veste degli ex My Home On Trees, gruppo attivo dal 2012 al 2018 che ha cambiato per cominciare una nuova avventura.

L’inizio di questa nuova avventura è notevole, i milanesi propongono uno stoner con voce femminile, ruvido e molto ben suonato, mai ovvio, cosa non facile in un genere trito e ritrito come questo. Rispetto all’incarnazione precedente e al suo stoner blues, qui le atmosfere diventano più tenebrose e i ritmi si fanno più serrati. Il gruppo ha affermato di essere fiero del risultato e ne hanno tutte le ragioni, dato che Amygdala è un disco estremamente godibile, prodotto molto bene e costruito ancora meglio. La voce potente e versatile di Laura si completa al meglio con uno stoner desertico molto incalzante e che non lascia tregua. La musica di Amygdala è la perfetta colonna sonora per narrare storie di disordini mentali che provengono in gran parte proprio dall’Amygdala del titolo, e che sono un po’ il nostro pane quotidiano. I Burning Gloom costruiscono un possente groove sonoro che travolge l’ascoltatore e, cosa non affatto facile, tengono molto alta la tensione per tutto il disco. Ci sono momenti in cui il gruppo crea un climax sonoro e rituale nel quale ci si perde e si sta benissimo. Con la gradita presenza come ospite nella traccia Nightmares della sempre ottima Mona Miluski dei tedeschi High Fighter, Amygdala è un album che rimane in testa, contribuendo a creare un bel disordine nei nostri cervelli, un abito sonoro che si indossa benissimo. Un disco sulle cui canzoni non si può fare skip, perché le sorprese sono dietro l’angolo in ogni momento.

Tracklist
1. The Tower I
2. The Tower II
3. Eremite
4. Modern Prometheus
5. Nightmares (feat. Mona Miluski of High Fighter)
6. Warden
7. Beyond The Wall
8. Obsessive-Compulsive Disorder

Line-up
Laura Mancini – Vocals
Marco Bertucci – Guitar
Marcello Modica – Drums
Giovanni Mastrapasqua – Bass

BURNING GLOOM – Facebook

Red Beard Wall – The Fight Needs Us All

All’interno del panorama della musica pesante la loro miscela è unica e da ascoltare con attenzione, e c’è anche un’evoluzione sonora, con tanta abrasività ma anche tanta melodia da scoprire.

Torna il duo texano dei Red Beard Wall, dopo il debutto nel 2017 che li aveva mostrati come un gruppo nient’affatto comune.

Con questo nuovo capitolo la questione si inacidisce maggiormente, il suono diventa più ansiogeno e corrosivo rispetto al precedente lavoro, anche perché il mondo là fuori sta peggiorando notevolmente e velocemente. Il titolo è già assai esplicativo, The Fight Needs Us All, perché questa guerra mondiale fatta da una piccolissima percentuale di popolazione, quella ricca, contro la stragrande maggioranza, quella meno abbiente, ci coinvolge a tutti. Oltre ad una lettura politica si può leggere il titolo ed il disco anche come esortazione per l’eterna battaglia che si svolge dentro di noi. Il suono dei Red Beard Wall è molto particolare, è uno stoner sludge che ha in Aron Wall, cantante e chitarrista, la sua particolarità dato che con la sua voce e la sua chitarra è il perfetto contraltare alla batteria di George Trujillo. La voce è sia in growl molto acuto che in chiaro, una frequenza che muta con l’andare della narrazione musicale. La musica è molto particolare e ricca, nonostante gli strumenti siano solo due, chitarra e batteria. Con un impianto così minimale non è facile trovare un assetto originale, ma i Red Beard Wall ci sono ampiamente riusciti, proponendo uno stile particolare e soprattutto due album molto validi. Al primo ascolto di The Fight Need Us All potrebbe sembrare registrato con gli alti in eccesso, invece continuando ad ascoltarlo si capisce che bisogna cogliere in maniera più approfondita tutto l’insieme, che è un groove ribassato e molto potente, nella piena tradizione texana ma con grande innovazione. All’interno del panorama della musica pesante la loro miscela è unica e da ascoltare con attenzione, e c’è anche un’evoluzione sonora, con tanta abrasività ma anche tanta melodia da scoprire.

Tracklist
1.Come on Down
2.To My Queen
3.Ode to Green
4.Reverend
5.The Warming
6.Reign of Ignorance
7.Tell Me the Future of Existence
8.The Fight Needs Us All

Line-up
Aaron Wall – Vocals / Guitar
George Trujillo – Drums

RED BEARD WALL – Facebook

Teverts/El Rojo – Southern Crossroads

Southern Crossroads è uno split da non perdere per gli amanti dello stoner doom rock che vogliono approfondire la conoscenza della scena tricolore.

Questo split curato dalla Karma Conspiracy Records ci presenta due realtà psych/stoner provenienti dalle calde terre del sud Italia, Teverts ed El Rojo.

I due gruppi ci invitano ad una passeggiata nelle aride terre dove si respira l’afosa atmosfera del deserto americano che tanto ha ispirato le band storiche del genere.
I Teverts, con più di dieci anni di attività, un paio di lavori pubblicati ed una esperienza live che li ha portati a dividere il palco con nomi importanti della scena stoner/doom nazionale, ci ipnotizzano con il loro stoner rock venato di psichedelia.
Road to Awakeness ipnotizza con le sue sfumature che evidenziano una vena pinkfloydiana su un tappeto di rock duro proveniente dagli angoli più remoti della Sky Valley.
Un sound lavico, un sinuoso discendere lungo aridi crinali come micidiali serpi, questo risulta lo stoner rock dei Teverts.
Gli El Rojo arrivano dalla provincia di Cosenza, hanno pubblicato il loro debutto lo scorso anno (16 Inches Radial) e con The Longest Ride si avvicinano di più al doom classico rispetto ai loro compagni di split.
Un doom chiaramente pregno di umori stonati, potente, pachidermico, venato da ispirazioni settantiane e dalle band di casa Hellhound Records, è quello che troviamo in The Longest Ride, magnifico brano che in coppia con il precedente vanno a formare uno split da non perdere per gli amanti del genere che vogliono approfondire la conoscenza della scena tricolore.

Tracklist
01. Road to Awakeness (Teverts)
02. The Longest Ride (El Rojo)

Line-up
Teverts :
Phil – Guitars/voices
Mario – Bass
Angela – Drums

El Rojo:
Evo Borruso – Vocals
Luigi Grisolia – Guitar 2016 – 2018
Fabrizio Miceli – Guitar 2019 – now
Fabrizio Vuerre – Guitar
Pasquale Carapella – Bass
Antonio Rimolo – Drums

TEVERTS – Facebook
EL ROJO – Facebook

Even Vast – Warped Existence

Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Gli Even Vast tornano dopo dodici anni dall’ultimo lavoro con una line up rinnovata ed un sound che, abbandonate le spoglie dark/gothic, si riveste di doom/sludge di matrice britannica (Cathedral, Orange Goblin): una montagna che si sgretola a colpi di riff pesantissimi, convincente in ogni passaggio, che non lascia vuoti e ci investe con tutta la sua potenza.

Luca Martello, chitarrista e fondatore del gruppo, costruisce una diga sonora su cui vanno ad infrangersi onde sludge/rock che ricordano fragori alternative, in un incontro/ scontro tra la tradizione anglosassone e quella statunitense e con la presenza qua e là di un sax che ne sottolinea l’alta personalità della proposta.
Entrare in sintonia con un lavoro del genere non è impresa facile perché la band, senza soluzione di continuità, ci investe e ci aggredisce con un bombardamento sonoro potentissimo, per poi ricamarci sopra tendenze che vanno dallo stoner al doom, dall’alternative all’hard rock, in un sorta di sabba al cui centro danzano Danzig, Life Of Agony e Kyuss, mentre Lee Dorrian è il sacerdote folle che lo officia.
Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Tracklist
1.Warped Existence
2.I Know
3.Imaginary Friend
4.I Wish
5 Somebody
6.How Long
7.Same Old Story
8.Inside Your Head
9.Upon Deaf Ears
10.Be There

Line-up
Luca Martello – guitars
Chris Taylor – lead vocals
Nicholas Mark Roe – drums
Steve Kilpatrick – bass
Alessandro D’Arcangeli – sax/chorus

EVEN VAST – Facebook

Planet Of Zeus – Live In Athens

Live In Athens è un ottimo supporto per fare la conoscenza dei Planet Of Zeus o comunque per per saggiarne le potenzialità on stage.

Dopo dieci anni dall’uscita del debutto Eleven The Hard Way, i greci Planet Of Zeus immortalano una loro perfomance su dischetto ottico.

Trattasi del concerto tenutosi al Gagarin205 di Atene lo scorso 12 maggio, raccolto in un doppio cd a riassumere la fin qui una onorata carriera di un gruppo molto popolare nel proprio paese.
Per chi non conoscesse la band ed il suo sound, questo è un ottimo modo per riempire la lacuna data l’ottima resa live dei brani pescati dai vari lavori che hanno visto i Planet Of Zeus alle prese con un metal moderno dai rimandi stoner.
Ruvida il giusto senza perdere quall’appeal melodico che fa la differenza, la band ellenica dà vita ad un buon concerto, molto seguito dal pubblico di casa, sciorinando una forma invidiabile e diciotto brani per cento minuti di musica rock dal buon piglio, battente bandiera a stelle e strisce e quindi rivolta ai fans dei nomi più noti provenienti dal deserto americano.
I Planet Of Zeus non inventano nulla, suonano metal/rock, pesante e melodico e lo fanno alla grande, coinvolgendo gli astanti con le pesanti scariche stoner di brani come Macho Libre, A Girl Named Greed, Devil Calls My Name, Leftlovers e i due brani che concludono lo show, la massiccia The Beast Within e il rock’n’roll di Vigilante.
La band gira come una macchina perfettamente oliata, il pubblico si diverte e il live man mano che passano i minuti prende sempre più le sembianze dell’evento, almeno per chi sta sopra e sotto il palco.
Live In Athens è un ottimo supporto per fare la conoscenza dei Planet Of Zeus o comunque per per saggiarne le potenzialità on stage.

Tracklist
CD1 :
1.Unicorn without a horn
2.Macho Libre
3.Doteru
4.The Great Dandolos
5.A Girl Named Greed
6.Loyal To The Pack
7.Devil Calls My Name
8.Something’s Wrong
9.Them Nights
10.Your Love Makes Me Wanna Hurt Myself
11.Little Deceiver
CD2 :
12.Stab Me
13.No Tomorrow
14.Leftovers
15.Woke Up Dead (William H. Bonney)
16.Vanity Suit
17.The Beast Within
18.Vigilante

Line-up
Serafeim “Syke” Giannakopoulos – Drums, backing vocals
Babis “Bizen” Papanikolaou – Vocals, guitar
Stelios “Yog” Provis – Guitar, backing vocals
Giannis “JV” Vrazos – Bass

PLANET OF ZEUS – Facebook

Hollow Leg – Civilizations

Fluidità, pesantezza e tanto bel suono granitico fanno dell’ultima opera degli Hollow Leg una delle più belle uscite del 2019 appena cominciato.

Tornano i re incontratati del groove sludge: dalla Florida ecco gli Hollow Leg.

La caratteristica principale del gruppo americano è saper rendere in maniera sublime un continuum sonoro sludge stoner di rara bellezza. I riff sono chiari e molto ben marcati, il suono è originale e ha un’andatura maestosa, come se uno degli antichi di Lovecraft stesse camminando per un deserto terrestre in cerca di qualcosa da distruggere. Civilizations è la loro opera migliore di una carriera veramente notevole, granitica e di qualità come il loro suono. Rispetto al precedente Crown del 2016, la produzione è più tonda e mette in risalto un suono più corposo, dove tutti gli elementi sonori si fondono alla perfezione, e troviamo anche una melodia costruita in maniera più barocca e ricca. Durante l’ascolto del disco ci sono moltissime cose che soddisfaranno i più diversi palati: sludge vigoroso e potente, stoner alla massima potenza, ma sopratutto lo stile Hollow Leg su tutto. Ci sono momenti di vera e propria illuminazione mentre si ascolta Civilizations, nei quali si aprono le braccia, si chiudono gli occhi e ci si tuffa nelle casse, che sono caldissime e grondano una delle migliori musiche pesanti che possiate ascoltare. La completezza e la semplice complessità di questo lavoro si possono avvertire fin dal primo riff. L’immaginario creato dal gruppo è uno dei più potenti che possiate ritrovare nell’alternativo mondiale: parla di occulto, di spazio profondo e di cose antiche che continuano a vivere dentro e fuori di noi. Fluidità, pesantezza e tanto bel suono granitico fanno dell’ultima opera degli Hollow Leg una delle più belle uscite del 2019 appena cominciato.

Tracklist
1 Litmus
2 Dirt Womb
3 Mountains of Stone
4 Black Moon
5 Hunter and the Hunted
6 Intro
7 Chimera
8 Akasha
9 Exodus

Line-up
Brent
Tim
Scott
Tom

HOLLOW LEG – Facebook

Cloud Taste Satanic – In Search Of Heavy

Ogni riff è rilevante e va a comporre insieme agli altri elementi un quadro pesante e pensante: le composizioni ad ampio respiro sono da ascoltare e riascoltare, dato che contengono tantissime cose notevoli e che si scoprono mano a mano che si procede nell’ascolto.

Un lento incedere, distorte maledizioni che provengono da eoni lontani, pensieri che si palesano nel fumo pesante e legnoso di droghe che bruciano su carni umane …benvenuti in un disco dei newyorchesi Cloud Taste Satanic.

L’opera completa di questo fondamentale gruppo di musica pesante per la prima volta insieme in un cofanetto di quattro cd intitolato In Search Of Heavy è uscito a dicembre in edizione super limitata di cinquanta copie, e contiene tutti loro quattro bellissimi dischi To Sleep Beyond The Earth, Your Doom Has Come, Dawn of The Satanic Age e The Glitter of Infinite Hell. Tutto ciò per preparare il terreno alle loro due nuove uscite del 2019, la prima sarà fuori la notte di Valpurga e la seconda ad Halloween, per un anno che si preannuncia molto pesante in casa Cloud Taste Satanic. Per chi non li avesse mai ascoltati si può dire che essi suonano come dei Karma To Burn più acidi e metallosi, più psichedelici ma al contempo più pesanti, come una valanga di neve che si muove sinuosamente ma che poi a terra rompe ogni cosa. Il suono è molto piacevole e ha la forma di lunghissime jam, quasi tutte sopra il quarto d’ora, nelle quali i riff montano come hashish sotto la fiamma, e il groove è continuo, una rotazione che non si ferma mai, un continuo andare avanti, bianche spirali che salgono in cielo. Nati nel 2013 a Brooklyn questi signori disco dopo disco stanno portando la commistione doom stoner sludge ad un altro livello, alzando e di molto l’asticella. La loro musica ed il loro immaginario sono descritti molto bene dai quadri di Hieronymus Bosch che spesso compaiono in loro presenza, o anche le incisioni dantesche di Gustavo Doré, perché la loro musica è una dolcissima dannazione. Pochissimi gruppi possiedono un groove equivalente a questi americani, e ancora meno un talento simile nel riuscire ad esprimere miliardi di cose con una bellissima musica strumentale. Che non è noiosa, ma è molto difficile da fare in una maniera credibile e strutturata. Ogni riff è rilevante e va a comporre insieme agli altri elementi un quadro pesante e pensante: le composizioni ad ampio respiro sono da ascoltare e riascoltare, dato che contengono tantissime cose notevoli e che si scoprono mano a mano che si procede nell’ascolto. The Glitter Of Infinite Hell del 2017 è forse la loro opera più compiuta, ma bisogna dire che tutta la discografia contenuta in questa uscita è degna di nota, mostrando molto bene la loro crescita. Un’uscita eccezionale per un gruppo assolutamente fuori dal comune.

Tracklist
1.To Sleep Beyond The Earth (Parts I & II)
2.To Sleep Beyond The Earth (Parts III & IV)

1.Ten Kings
2.One Third of The Sun
3.Beast From The Sea
4.Out of The Abyss
5.Dark Army
6.Sudden…Fallen

1.Enthroned
2.We Die We Live
3.Retribution
4.The Brocken
5.Just Another Animal
6.Demon Among The Stars

1.Greed
2.Treachery
3.Violence
4.Wrath

Line-up
Steve Scavuzzo – Guitar
Sean Bay – Bass
Greg Acampora – Drums
Brian Bauhs – Guitar

CLOUDS TASTE SATANIC – Facebook

Autori Vari – Marijuanaut Vol.V

In Italia, ormai da anni, nella musica pesante ci sono delle cose notevoli, è un flusso che scorre e che si deve ascoltare con attenzione, perché nasce dalla vera indipendenza e dalla passione.

Puntuale come la morte e la buona musica, ecco arrivare al termine del 2018, come da cinque anni a questa parte, la raccolta del meglio del sotterraneo italiano negli ambiti stoner doom e sperimentale, con la compilation della webzine Doomabbestia.

Quest’ultima è una delle migliori espressioni di giornalismo musicale fatte da appassionati per amanti di questi generi. Doomabbestia è il frutto di divertimento, perché quando si trattano le cose che si amano si fanno meglio, ma anche di sacrificio, perché non essendo professionisti si deve sacrificare qualche ambito della nostra vita per poter rincorrere la musica. Da anni questo spazio di critica e di proposta musicale è quanto di meglio un amante delle sonorità heavy in quota psichedelica possa trovare e questa bellissima raccolta in download libero ne è la testimonianza più lampante. Ascoltando gli episodi precedenti si aveva una fotografia molto precisa e puntuale della scena underground italiana per quanto riguarda i sottogeneri che vanno dallo stoner al doom, passando per lo psych ed il fuzz ed andando oltre. Questo quinto episodio incarna la grande qualità di quelli precedenti, ma li supera perché qui ci sono gruppi davvero notevoli, che ci fanno ascoltare come in Italia ci sia una vibrazione che è presente in molte cantine e garage, e che dà vita a qualcosa di assolutamente originale e vibrante. Non si vuole nominare un gruppo in particolare, sia perché sono tutti eccezionali, sia perché questa raccolta può essere ascoltata come un album classico, dato che c’è un filo conduttore comune a tutte le tracce che è quello della creatività e della bravura. Si spazia tantissimo in questa raccolta che è attesa con ansia ogni fine anno dagli appassionati di musica pesante e pensante, e con ragione, poiché qui ce n’è per tutte le inclinazioni. In Italia, ormai da anni, in tale ambito emergono cose notevoli, è un flusso che scorre e che si deve ascoltare con attenzione, perché nasce dalla vera indipendenza e dalla passione. Il meglio delle uscite italiane di musica pesante secondo i ragazzi di Doomabbestia, e non finisce qui per cui, come dicono loro, alzate il volume e accendetene una.

Tracklist
1.Greenthumb – The Black Court
2.Mr Bison – Sacred Deal
3.LORØ – Last Gone
4.Sabbia – Manichini
5.Messa – Leah
6.The Turin Horse – The Light That Failed
7.Killer Boogie – Escape From Reality
8.John Malkovitch! – Nadir
9.Go!Zilla – Peeling Clouds
10.Tons – Sailin’ the Seas of Buddha Cheese
11.Suum – Black Mist
12.Haunted – Mourning Sun
13.Organ – Aidel
14.Satori Junk – The Golden Dwarf
15.Sherpa – Descent of Inanna to the Underworld

DOOMMABESTIA – Facebook

Pressor – Weird Things

Pesanti come macigni, i quattro brani che compongono questo ep non lasciano scampo: nel genere i Pressor sono un gruppo sicuramente da seguire nelle sue prossime mosse.

La lava scende inesorabile dalla lontana Russia e brucia migliaia di chilometri, violentando l’ovest per poi esplodere in un fragoroso boato stoner sludge metal.

Pesantissimo, stonato e psichedelico arriva, trasformando tutto in un letale magma metallico il nuovo lavoro dei Pressor, combo russo dalla discografia che dal 2012 si dipana in ep e split.
Formata da musicisti dal passato doom/death e black metal, la band sforna l’ennesimo e monolitico tsunami di magma vulcanico intitolato Weird Things, composto da quattro brani aperti dal lento incedere della monolitica Heavy State, oppressivo ed ossessivo episodio che sfocia nella più dinamica title track, stone nell’indole pur mantenendo intatta l’anima estrema della proposta.
Gli strumenti formano un muro sonoro invalicabile e Tripping Deep torna a rallentare la corsa, valorizzata da ottimi intrecci ritmici.
Tastiere settantiane fanno da tappeto a Hexadecimal Unified Insanity, traccia conclusiva e brano più americaneggiante del lotto, salutandoci prima d’essere fagocitati dall’onda lavica alzata dai quattro rockers russi.
Pesanti come macigni, i quattro brani che compongono questo ep non lasciano scampo: nel genere i Pressor sono un gruppo sicuramente da seguire nelle sue prossime mosse.

Tracklist
1.Heavy State
2.Weird Things
3.Tripping Deep
4.Hexadecimal Unified Insanity

Line-up
Stas – guitar, vocals
Anton – guitar, vocals
Denis – bass
Danya – drums

PRESSOR – Facebook

https://noname666.bandcamp.com/

Sumeru – Summon Destroyer

Un album affascinante, pesante e monolitico, che trova nelle malsane atmosfere di antichi rituali le sue più forti ispirazioni.

Una lunga jam liturgica, un rito stoner/doom metal dalle molteplici ispirazioni che dal deserto australiano arriva a noi tramite la Wormholedeath in questo caldo autunno 2018.

I Sumeru danno vita a questa lunga e monolitica danza tra le calde pietre di altari naturali, all’ombra dei quali antiche credenze e usanze continuano a scandire la vita degli uomini, dopo il primo lavoro omonimo in formato ep ed il debutto su lunga distanza uscito quattro anni (Holy Lands).
Summon Destroyer è il nuovo capitolo, una nuova danza che si perde nella notte e che si avvale di un sound che unisce drogate parti stoner, lente litanie doom/sludge ed accelerazioni estreme di stampo death.
Il tutto viene ammantato da una spessa coltre evocativa, che per otto brani ci circonda come nebbia che spezza il respiro, entra nel corpo e porta con sé allucinati visioni di rituali dimenticati nel tempo.
Inanis Kultus è un sospiro, un rumore in lontananza che sempre più vicino ci prepara per l’entrata in The Temple, che esibisce riff settantiani e lente marce doom, mentre la title track ed Embrace The Cold smuovono l’apparente stallo con ritmiche cadenzate di stampo hard rock pregne di groove malato.
Summon Destroyer è un lavoro difficile nel quale la tensione rimane altissima, spezzata da Kala Ratri, sorta di intro che ci porta alla seconda parte dell’opera aperta dal metal estremo di Durga! Durga! seguito dalla diretta Rivers Of Lethe, il brano più veloce dell’intero album.
A New Ritual conclude questa nuova fatica targata Sumeru con nove minuti di stoner/doom/sludge che portano allo sfinimento corporale e mentale: le atmosfere pesantissime e pervase da una mistica tensione si fanno ancora più pressanti fino alla conclusione.
Un album affascinante, pesante e monolitico, che trova nelle malsane atmosfere di antichi rituali le sue più forti ispirazioni.

Tracklist
1. Inanis Kultus
2. The Temple
3. Summon Destroyer
4. Embrace The Cold
5. Kala Ratri
6. Durga!Durga!
7. Rivers Of Lethe
8. A New Ritual

Line-up
Matt Power – Vocals
Peter Bursky – Guitar
Chris Wilson – Guitar
Pat Taylor – Bass
Andres Hyde – Drums

SUMERU – Facebook

Switchblade Jesus/Fuzz Evil – Second Coming Of Evil: Chapter 7

Second Coming Of Evil: Chapter 7 risulta è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda lo stoner/sludge, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità

Uscito qualche tempo fa, questo split, come suggerisce il titolo, è il settimo capitolo dell’interessante iniziativa della Ripple Music, che consiste nel portare in superficie ottime band underground con questo tipo di uscite curate nei minimi dettagli.

Il settimo sigillo della label presenta due notevoli band statunitensi, i pesantissimi texani Switchblade Jesus e gli heavy/rocker dell’Arizona Fuzz Evil.
Il trio proveniente dal Texas risulta attivo dal 2010, con il debutto omonimo risalente al 2013: i tre brani presenti in questo split risultano altrettante mazzate heavy/stoner/sludge rock, attraversate da un’aura psichedelica ed un’attitudine vintage che ci riporta negli anni settanta.
Snake And Lion è un brano hard rock che si muove tra pesantezza sludge, blues acido e psych rock travolgente, mentre la seguente Wet Lungs, si apre con un cameo country per poi lasciare spazio ad un riff in crescendo, monolitico e cadenzato.
Heavy Is The Mountain è un perdersi nel deserto affrontando il caldo letale, un trip psichedelico, un incubo stoner/sludge rock che lascia spazio al rock’nroll dei Fuzz Evil.
Altro trio, la band proveniente dall’Arizona mostra un impatto più rock, con uno stoner desert urgente e diretto dal quale scaturiscono quattro scariche di adrenalina dalle quale fanno capolino gli Stooges.
Anche per i Fuzz Evil il mood è settantiano, grazie ad un rock vintage drogato da iniezioni letali di stoner rock che unisce in una jam psychedelica Stooges e Kyuss: una manciata di tracce per convincere l’ascoltatore travolto dalla forza dei loro colleghi texani ed ora ringalluzzito dall’onda desert rock’n’roll di Better Off Alon, Grave And Cupids, If You Know e la più marcia e strippata Flighty Woman.
Second Coming Of Evil: Chapter 7 è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda il genere, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se si è amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.(Switchblade Jesus) Snakes And Lions
2.(Switchblade Jesus) Wet Lungs
3.(Switchblade Jesus) Heavy Is The Mountain
4.(Fuzz Evil) Better Off Alone
5.(Fuzz Evil) Grave And Cupids
6.(Fuzz Evil) If You Know
7.(Fuzz Evil) Flighty Woman

Line-up
Switchblade Jesus :
Jon Elizondo – Drums
Eric Calvert – Guitars
Chris Black – Bass

Fuzz Evil :
Wayne Rudell – Vocals, Guitars
Joseph Rudell – Vocals, Bass
Orgo Martinez – Drums

SWITCHBLADE JESUS – Facebook

Horehound – Holocene

Holocene si insinua dentro di noi, ammantato da una vena doom/stoner che raccoglie molti degli input naturalmente assimilati di questi tempi dal genere, accompagnandoli con le immancabili sfumature sludge/psichedeliche, marchio di fabbrica degli Horehound.

Il lento incedere sabbathiano viene potenziato da scariche di potente sludge/stoner metal, l’atmosfera evocativa si scontra con quella estrema creando un muro sonoro di notevole spessore con la voce che alterna litanie a rabbiose parti in growl.

Holocene si insinua dentro di noi, ammantato da una vena doom/stoner che raccoglie molti degli input naturalmente assimilati di questi tempi dal genere, accompagnandoli con le immancabili sfumature sludge/psichedeliche, marchio di fabbrica del combo statunitense.
Gli Horehound sono un quartetto di Pittsburgh attivo dal 2015, il primo album omonimo uscì un anno dopo, ed ora Holocene torna a far parlare del gruppo lungo i suoi quarantacinque minuti di musica del destino.
The Kind apre le danze, lenta ed atmosferica traccia che mette subito in risalto la potenza sludge che affiora a tratti, mentre veniamo trasportati in un lungo viaggio psichedelico, accompagnati dal canto della vocalist e violentato da rabbiosi interventi in growl che a loro volta accentuano il lato estremo del sound.
L’Appel Du Vide è il singolo e video che accompagna la nuova avventura firmata Horehound, traccia più varia nella struttura e con un ottimo lavoro ritmico risulta il brano che più alterna i vari elementi che formano la musica del gruppo, mentre con la mastodontica Sloth si torna in lidi sabbathiani.
Gli Horehound si rivelano una monolitica e potente macchina doom/stoner metal, e tra le note spesse e fangose dell’album convivono in un mondo parallelo, nel quale anche il tempo scorre lento, i Black Sabbath, gli Sleep e i Kyuss, uniti attraverso un mood psichedelico e fissati da catene sludge metal in Holocene.

Tracklist
01. The Kind
02. Dier’s Dirge
03. L’appel du Vide
04. Sloth
05. Anastatica
06. Highball
07. Hidden Track

Line-up
JD Dauer -Drums
Brendan Parrish – Guitars
Shy Kennedy – Vocals
Nick Kopco – Bass

HOREHOUND – Facebook