Tra le molte mail inviate quotidianamente a MetalEyes ne è arrivata una molto particolare qualche settimana fa: chi scriveva lamentava il fatto d’aver subito in patria (la Germania) una sorta di ostracismo dovuto, sostanzialmente, al titolo dell’album, Hate Speech, ritrovandosi costretto a cercare di ottenere la giusta attenzione al di fuori dei patri confini.
Francamente non avevo idea di quanto l’attenzione al politicamente corretto avesse raggiunto un livello prossimo alla censura preventiva da quelle parti, dove ritenevo invece ci fosse maggiore apertura rispetto ad un paese come il nostro, dove una piaga come quella costituita dagli ultracattolici vorrebbe mettere il becco anche su quanto e quando si dovrebbe andare al cesso ogni giorno …
Ma, evidentemente, anche in terra teutonica ci sono dei nervi scoperti che dopo oltre settant’anni devono dolere ancora parecchio. Detto ciò, al netto di chi inneggia in maniera esplicita al totalitarismo ed al razzismo, chiunque può trovare spazio sulla nostra webzine, a maggior ragione se l’operato si rivela meritevole del giusto rilievo, come nel caso degli Ibyss.
La band, dopo un avvio di carriera in formazione più tradizionale è ora ridotta ad un duo formato da Jens e Nihil, riproponendo la formula, almeno da punto di vista numerico, di alcune tra le principali fonti di ispirazione dei nostri come Godflesh e Scorn.
Oltre al sound di questi due giganti dell’industrial degli anni ’90, gli Ibyss immettono la lezione del versante più metallico del genere come Ministry o Prong, ed Hate Speech si rivela così un buonissimo lavoro nel quale tutte le intuizioni dei nomi citati vengono elaborate con competenza e personalità.
Trattandosi di un ep, l’opera è relativamente breve e si assimila quindi con più agio, facilitati in questo da una scrittura se non varia, comunque abbastanza attenta a conferire ad ogni brano una sua fisionomia ben definita.
Chi apprezza il genere, quindi, non potrà fare a meno di gradire i riff squadrati che conferiscono rara efficacia a tracce come Face Off, Frontlines e Like Drones e la buona orecchiabilità di Home Is Where The Graves Are, che vede il contributo vocale dell’ospite Rüdiger Schuster (ex Garden Of Delight); al riguardo va detto che il titolare del ruolo, ovvero Jens, offre una prestazione in linea con i dettami del genere, grazie ad uno scream/growl senz’altro convincente, mentre l’unico possibile appunto che si può fare ai due ragazzi tedeschi è forse la scelta (o la necessità) di ricorrere ad una drum machine piuttosto che ad un batterista in carne ed ossa, facendo risaltare le differenze rispetto alle band di riferimento che potevano annoverare tra le loro fila fenomeni come Mick Harris o Bill Rieflin.
Questi sei brani forse non cambieranno la storia del genere ma hanno la caratura per consentire agli Ibyss di ritagliarsi un meritato spazio; e chissà che, come spesso accade, una forma di censura non provochi un effetto diametralmente opposto a quello desiderato da chi l’ha imposta …
Tracklist:
01. Bois Ton Sang
02. Face Off
03. Home Is Where The Graves Are
04. Like Drones
05. Frontlines
06. Senseless Ordeal
Line-up:
Jens – Vocals / Guitars
Nihil – Guitars / Programming