Notevole ep d esordio per i belgi Iteru, autori di un death doom rituale ed opprimente come di rado capita di ascoltare.
Oltre al fatto che si tratta di un trio, l’unica cosa che è data sapere sulla band è che i musicisti coinvolti appartengono alla scena black metal belga, un aspetto che rende a suo modo ancor più intrigante il tutto, visto che chi è abituato a viaggiare a velocità più elevate di norma tende ad interpretare in maniera differente sonorità dai tempi più diluiti.
Gli Iteru non cercano consenso attraverso una proposta dolente e melodica, ma con Ars Moriendi portano il genere alle sue estreme conseguenze senza spostare la barra verso il death, come fa la maggior parte delle band in casi analoghi: l’album è doom al 100%, con il retaggio black che affiora in alcune sfuriate in doppia cassa e nel tremolo di certi passaggi solisti, per il resto tutti gli ingredienti si trovano al loro posto, a partire da un growl impietoso e il rombo ribassato all’inverosimile sullo sfondo.
I quattro lunghi brani sono litanie che disassano l’ascoltatore in virtù di suoni non particolarmente curati ma veraci il giusto, per rendere ancor più credibile il senso di soffocamento che la band vuole indurre in chi decide si assoggettarsi a questo infame rituale; del resto, chi fa le pulci ai dischi doom o black focalizzandosi sugli aspetti meramente tecnici ha decisamente sbagliato indirizzo.
Ars Moriendi è un lavoro a suo modo sorprendente e che merita di arrivare alle orecchie degli appassionati del doom più oscuro e malevolo: gli Iteru però non si limitano a andare giù pesanti con un riffing monolitico, poiché il loro senso della melodia non è affatto trascurabile, così come la tendenza a creare passaggi emozionanti pur se collocati su uno sfondo per lo più minaccioso.
La conclusiva To the Gravewarden sembrerebbe essere è la traccia più canonica e relativamente più fruibile grazie ad una riconoscile e reiterata linea chitarristica, peccato che a metà dei suoi dieci minuti si trasformi in un devastante episodio all’insegna del più oscuro black metal, mentre l’iniziale Through the Duat rappresenta la vera e propria sintesi sonora dei biechi intenti degli Iteru.
We the Dead e Salvum Me oscillano tra arpeggi, sprazzi melodici e distruttivi e ineluttabile ferocia, andando a completare un quadro che raffigura un doom metal sicuramente non convenzionale e quindi piuttosto originale; le note di presentazione parlano di analogie con The Ruins Of Beverast, Urfaust, Blut Aus Nord ed Evoken ma, a seconda dei punti di vista, si può essere totalmente d’accordo o dissentire del tutto. Giusto così, non resta che lasciare ad ogni singolo ascoltatore la possibilità di farsi un’idea propria su un album davvero meritevole d’essere approfondito.
Tracklist:
1. Through the Duat
2. We the Dead
3. Salvum Me
4. To the Gravewarden