La nostra vita può essere definita in molto modi, e può essere vissuta in maniere molto diverse fra loro.
Innanzitutto bisognerebbe capire cosa sia il concetto stesso di vita, che forse viene dato troppo per scontato, perché sicuri ed esigenti sul suo svolgimento tentiamo di negare l’abisso che si crea fra la nostra vita e la nostra anima, ovvero ciò che realmente siamo. Vivendo questa netta frattura i disastri sono dietro l’angolo, e le scelte che ci rimangono non sono molte. Lanciati a folle velocità in una vita che non è ciò che vorremmo, tentiamo nella maggior parte dei casi di rimanere in carreggiata, sacrificando il nostro inconscio e molto altro per avere un rinforzo di fiducia e riconoscimento dagli altri, per provare a far vedere che siamo capaci a fare qualcosa, o che siamo degni della vita, già essa stessa una menzogna. E pensiamo di esserci salvati, ma invece stiamo affondando, sempre più giù, e come in una palude più ci agitiamo più la presa diventa letale. La dannazione è dentro di noi, e questo disco dei Nibiru è un cantico della disperazione, quattro pezzi di tessuto lacerato dalla dannazione, un grido lacerante di un’anima persa, come dicono loro stessi. Il disco rappresenta cambiamenti sostanziali nella poetica dei torinesi, dato che Qaal Babalon è definito dal gruppo il seguito del loro primo disco Caosgon, uscito nel 2013 e recentemente ristampato con bonus da Argonauta Records. Caosgon era una nebbia venefica che si espandeva dalle casse degli stereo di anime incaute e dannate, composto da una psichedelia distorta e rituale, marcia e portatrice di morte. Qaal Babalon è la sublimazione di quel concetto, un avanzamento di qualità sonora e di composizione notevole per un gruppo che ad ogni ascolto e ad ogni concerto assume una forma diversa. Rimasti in tre dopo l’uscita di Steve Siatris dal gruppo, i Nibiru sono dunque concettualmente tornati alle origini, aggiungendo però molto a ciò che era stato Caosgon. Le quattro tracce sono altrettanti rituali, quattro offerte ai veri dei, dilatate e con cicli e ricicli, che attaccano l’ascoltatore alla fonte sonora. Ascoltando Qaal Babalon si può sentire un taglio netto da ciò che era stato Padmalotus, un disco davvero molto diverso da quest’ultimo, che aveva fatto intravedere un cambiamento stilistico poi rigettato con l’uscita di Siatris dal gruppo. Qaal Babalon è molto più di un disco musicale, è un riconoscimento ed un’esplorazione dei nostri abissi, una fuga da falsi valori e false maschere, per ricercare ciò che siamo veramente. L’impianto sonoro è maestoso e magnifico, i suoni sono prodotti molto bene, e la lacerazione dei Nibiru viene declinata, novità assoluta, oltre che in enochiano anche in italiano, e questo è davvero un valore aggiunto, poiché rende moltissimo in Qaal Babalon. I Nibiru hanno sempre avuto un percorso molto particolare e assolutamente di personale e qui raggiungono il loro apice, dando l’impressione sia soltanto l’inizio di qualcosa di terribilmente dannato e affascinante, dato che questo disco è davvero un salto di qualità notevole in una carriera ampiamente al di sopra della media. Come sempre i Nibiru ci offrono un’esperienza sonora difficilmente descrivibile a parole, ma bisogna dire che in questa occasione sono andati davvero oltre, regalando una prova di valore assoluto e pressoché unica.
Tracklist
1. Oroch
2. Faraon
3. Bahal Gah
4. Oxex
Line-up
Ardath – Guitars, Percussions and Vocals
Ri – Bass, Drones and Synthesizers
L.C. Chertan – Drums