Walkways – Bleed Out, Heal Out

In un momento di scarsa qualità delle proposte alternative rock vicine al metalcore questo gruppo è una bella scoperta e vi regalerà degli ascolti molto piacevoli e duraturi.

I Walkways sono un gruppo alternative rock metal israeliano che riesce ad essere affascinante e radiofonico allo stesso tempo.

Il loro debutto è un disco bilanciato, elegante sebbene piacione. Con un grande lavoro dietro. Il loro suono prende le mossa dal metalcore, dall’alternative rock più vicino al metal e dalla melodia dell’hard rock americano. Questo gruppo è la dimostrazione che si può fare bene e con stile musica che punta a vendere, se qualcuno riesce a vivere di musica di questi tempi è più che giusto, se invece vogliamo cercare qualcosa di maggiormente estremo od alternativo allora sappiamo che qui non è il posto giusto. Qui troviamo melodia, potenza e la ricerca costante di creare qualcosa di aggressivo in maniera bilanciata. Uno dei pregi maggiori dei Walkways è che riescono ad essere melodici senza cadere nell’eccesso di dolcezza di alcuni gruppi a loro contigui, che sembrano esclusivamente per ragazzini brufolosi. La loro capacità musicale è oltre la media dei gruppi di questi lidi musicali, e si sente che sono ben guidati. Il disco ha anche molte facce diverse, livelli differenti che permettono un ascolto duraturo, perché ci sono molte situazioni musicali diverse al suo interno. Questo secondo disco del gruppo di Tel Aviv, che segue il primo del 2013 Safe In Sound, segna la definitiva maturazione di questo gruppo che in patria è molto seguito e si sta facendo notare anche all’estero. Ascoltando il disco non si ha difficoltà a capire perché la Nuclear Blast Records, praticamente una delle poche major metal rimaste in circolazione, abbia firmato questo gruppo israeliano che sa essere potente quando serve e dolce e sinuoso in momenti più lenti. In un momento di scarsa qualità delle proposte alternative rock vicine al metalcore questo gruppo è una bella scoperta e vi regalerà degli ascolti molto piacevoli e duraturi.

1. Till the End
2. Hell Born Shove Impossible
3. Despair for Heaven’s Sake
4. Half the Man I Am
5. Trumpet Call
6. Levitate
7. Bleed Out Heal Out
8. You Found Me
9. Unbearable Days
10. Enough
11. Humane Beings
12. Care in This Together
13. Thank You
14. Bone Deep

Vocals – Ran Yerushalmi
Guitars – Bar Caspi
Guitars – Yoni Menner
Bass – Avihai Levy
Drums – Priel Horesh

https://www.facebook.com/Walkways/

Silenzio – Ep

I Silenzio sono un ottimo gruppo hardcore punk di Vicenza che attinge dalla splendida tradizione italiana del genere e al contempo innova fondendo vari sottogeneri.

I Silenzio sono un ottimo gruppo hardcore punk di Vicenza che attinge dalla splendida tradizione italiana del genere e al contempo innova fondendo vari sottogeneri.

I ragazzi sono di Vicenza e hanno ben chiara la loro missione, ovvero descrivere con la musica ed il sangue ciò che vediamo e viviamo tutti i giorni, con il supporto di una capacità musicale affatto comune. I Silenzio hanno il passo dei grandi gruppi hardcore punk, avendo la grande capacità di cambiare registro musicale a seconda delle emozioni che vogliono descrivere. Ascoltando questo ep si ha la confortevole sensazione di essere tornati vicino a delle ottime vibrazioni hardcore punk, ma il comfort finisce qui, perché oltre quella porta c’è solo dolore e smarrimento. Proprio quest’ultimo è uno dei sentimenti dominanti di questa nostra epoca, avvertiamo nettamente la sensazione di essere fuori posto, sopratutto se cerchiamo di vivere secondo i modelli dominanti, che sono chiaramente fallimentari, ma che più espletano il loro fallimento più ci vengono imposti. Ad esempio la conclusiva Merito è un bellissimo pezzo sulla meritocrazia, una cosa che in Italia non esiste nemmeno di sfuggita, e i Silenzio ne fanno una bellissima canzone mai ovvia. Tutto il disco è bello, è della lunghezza giusta, ci sono atomi che viaggiano velocissimi, e atomi che vanno più lenti, tutto è adeguato e molto ben fatto, e sopratutto è uno di quei dischi che ti fa ragionare e andare oltre le ombre. Musicalmente come composizione ed esecuzione sono molto oltre la media dei gruppi hardcore punk, che è un genere che fa giustamente esprimere anche chi non ha ottime capacità, ma che quando viene fatto da chi sa suonare lo si sente nettamente subito.
Un ottimo ep di esordio per un gruppo che ha tanto da dire e da suonare.

Tracklist:
1 Oro
2 Azione
3 Argento
4 Merito

Line-up
Maksymilian – Voice
Giordano – guitar
Samuele – bass
Francesco – drums

Heilung – Futha

Cultura vichinga, antiche saghe islandesi e il tocco magico di un altro tempo rendono Futha un lavoro che può competere a disco dell’anno in svariate categorie, ma cosa più importante è un disco femmineo ed oscuro, terminato nell’ora più scura dell’anno, le 21 del 21 dicembre, dopo tre anni di lavorazione per un qualcosa di meraviglioso e tremendo.

Gli Heilung sono un gruppo di folk totale, dove gli altri gruppi ricreano anche in maniera mirabile atmosfere antiche loro sono dentro a quella dimensione temporale e ci parlano da lì.

Definirli metal è azzardato, diciamo che fa parte del loro sostrato, ma qui c’è tantissimo di più. Anche il termine folk non è del tutto esatto qui, dato che gli Heilung fanno musica antica, nel senso che riportano alla luce una musica nordica e primordiale, con ritmi e tempi totalmente diversi dal nostro. Il gruppo danese compie sempre un lavoro immenso per produrre i propri dischi, sia in termini di ricerca, che di composizione e resa, e i risultati sono incredibili. I loro lavori trattano l’epopea dei vichinghi da dentro, specialmente il loro lato più esoterico ed animalesco, ed anche dal vivo l’immedesimazione è totale. Il precedente Ofnir era un album di netto segno maschile, che parlava di rune tracciate sugli scudi, lotte e sangue. Futha è anche un’incisione ritrovata su di un braccialetto, la cui traduzione ha suscitato più di una disputa in ambito accademico, che possiede sa un grande significato magico che un diretto riferimento ai genitali femminili. L’epoca dalla quale proviene il braccialetto era un tempo assai lontano nel quale la donna era molto potente all’interno di una società che si potrebbe tranquillamente definire matriarcale, molto lontana dalla concezione odierna della donna. Tutto ciò si respira all’interno di questo lavoro, che è molto più di un disco, è un trattato di magia, una porta per un passato che vive ancora in noi. Gli Heilung meravigliano per la loro originalità e per il loro disegno musicale, e Futha è davvero difficile da rendere con termini moderni. Il disco non è tutto di musica, e quando c’è il ritmo esso è tribale e si lega in maniera fortissima e magica alle voci che sono polifoniche, o raccontano storie come si usava nelle tribù. Ci sono anche notevoli momenti di dark ambient, ma i pezzi più forti sono quelli che coinvolgono tutte le parti del gruppo, come la immensa Eldansurin, vero e proprio capolavoro musicale, e non è il solo. Cultura vichinga, antiche saghe islandesi e il tocco magico di un altro tempo rendono Futha un lavoro che può competere a disco dell’anno in svariate categorie, ma cosa più importante è un disco femmineo ed oscuro, terminato nell’ora più scura dell’anno, le 21 del 21 dicembre, dopo tre anni di lavorazione per un qualcosa di meraviglioso e tremendo.

1 Galgaldr
2 Norupo
3 Othan
4 Traust
5 Vapnatak
6 Svanrand
7 Elivagar
8 Elddansurin
9 Hamrer Hippyer

Kai Uwe Faust
Christopher Juul
Maria Franz

https://www.facebook.com/amplifiedhistory/

DJ Vale – Groovin’ Connection

Collaborazione, condivisione, talento musicale e voglia di far star bene la gente, di massaggiare i sederi ma anche i cervelli.

Dj Vale è uno dei nomi storici delle notti torinesi, ha fatto ballare migliaia e migliaia di persone con la sua serata Afrodisiak, tuttora in corso al Circolo Arci Da Giau a Torino.

La sua passione carnale è la musica nera, tutto ciò che attiene ad essa, a partire dai suoni africani per arrivare al funky e all’elettronica, perché il suo scopo è portare nel futuro questo caleidoscopio di suoni, e con questo disco ci riesce perfettamente. Groovin’ Connection è ripieno di ospiti e di bellissime collaborazioni, celebra amicizie, sia musicali che non, dove tutti portano il loro contributo. Il risultato è un disco di rara bellezza, dove il suono è prodotto benissimo, è sensuale e sinuoso e ci fa sentire in musica la sterminata visione musicale di Dj Vale, figlia della sua passione senza confini. Raramente in Italia abbiamo ascoltato qualcosa che ha un respiro musicale così ampio, in passato in Italia hanno cenduto musicisti stranieri di black music che hanno un quarto della classe e del talento di DJ Vale.
Basta ascoltare If You Know Me con la splendida voce di Joy, dentro c’è tantissimo stile ma anche appettibilità radiofonica, figlia di profondità musicale. Le collaborazioni qui non sono di facciata o a fini commerciali, ma sono frutto di visioni musicali affini e complementari, si parte con un’idea e attraverso il confronto si arriva ad altro. La qualità del disco è molto alta, tutte le tracce sono sia da ballare che da ascoltare in cuffia, possono avere tanti usi, a seconda del nsotro stato d’animo, e questo è il marchio della grande musica, la capacità di adattarsi al nostro battito cardiaco. Groovin’ Connection è un viaggio nel passato, nel presente e soprattutto nel futuro del suono nero, della black musci piu potente e visionaria, con il basso sempre in prima fila a macinare chilometri, e dietro tanti mondi diversi. Collaborazione, condivisione, talento musicale e voglia di far star bene la gente, di massaggiare i sederi ma anche i cervelli.

01. Funky Goodness feat. Ciaffo & Piri
02. Spiritual Gangster feat. Mahout
03. Feelin’ Good feat. Parpaglione & Cato
04. Black Out feat. Marcello Coleman
05. Big Wheel feat. Bunna
06. Muchacho feat. Vito Miccolis
07. City Lights feat. Enrico Messina
08. If You Know Me feat. Joy
09. Feel The Funk feat. Ale _Nitro_ Carena
10. The Slap
11. Take Me Home feat. Madaski
12. La Nuit feat. Vena Funk
13. Back To Disco
14. Big Wheel Dub (Madaski Dub Version)

https://www.facebook.com/afrodisiak.djvale/

DEFLORE & JAZ COLEMAN – Party In The Chaos

Si raggiunge l’apice, perché Jaz è il cantante a loro predestinato, la sua voce tagliente si inserisce benissimo nei loro suoni al contempo freddi e bollenti.

I Deflore sono un duo romano di musica industrial psych metal, una delle cose più interessanti che si possano sentire in Italia nell’ambito musica pesante intelligente.

Per l’occasione hanno unito le forze con un tale che ha scritto alcune delle migliori pagine di musica sovversiva degli ultimi quarant’anni, Mister Jaz Coleman dei Killing Joke, un gruppo che riesce davvero difficile da descrivere a parole. Fondamentalmente Jaz è una delle poche voci che possono permetterci di staccarci dalla matrice e di vedere veramente il mondo come è, e non è facile. Questo ep racchiude in piccolo tutta la parabola musicale dei Deflore che sono sempre stati un gruppo all’avanguardia in Italia, perché sono sempre riusciti a dare una particolare accezione ai loro lavori, riuscendo ad essere originali in un ambito musicale quasi sempre derivativo. Qui poi si raggiunge l’apice, perché Jaz è il cantante a loro predestinato, la sua voce tagliente si inserisce benissimo nei loro suoni al contempo freddi e bollenti. Se siete amanti dei suoni industrial metal con un gran bel tocco di psichedelia qui troverete tutto ciò che amate, ma è comunque un disco ipnotico ed avvolgente per tutti coloro che lo ascolteranno. E poi i testi, parte molto importante. Abbandonate le speranze, giacché la nave non la potete abbandonare, qui si parla del doloroso tramonto della civiltà occidentale, che tra un business e l’altro sta facendo affondare tutto un pianeta che era sopravvissuto benissimo anche senza di noi. Fin dalla prima canzone Party In The Chaos si capisce la potenza di queste tre canzoni, e anche dove vogliono andare a parare, sembra di ascoltare i migliori Killing Joke, con più metal dentro però. La seguente Sunset In The West è strumentale, un bellissimo pezzo industrial psycj metal, dove i Deflore mostrano un altro lato importante della loro musica, che non è affatto secondario, quello di una psichedelia metallica che amplia molto la loro proposta sonora. Si chiude con Transhuman World, un pezzo davvero potente con un Jaz in grandissima forma, che parla dell’incubo transumano che si avvicina sempre di più, anche perché ora al governo in Italia c’è un partito che fra i suoi ideologi aveva un tizio che parlava positivamente del microchip sottopelle.
Un gran lavoro, una combinazione perfetta e assai naturale per un grande gruppo e per un cantante che sembra concepito apposta per loro. L’unica richiesta da fare ai Delfore e a Jaz è di fare un disco intero. Per favore, prima della fine.

1.Party In The Chaos
2.Sunset In The West
3.Transhuman World

Jaz Coleman – Voice
Christian Ceccarelli – Bass, Grooves, Samples and Snyths
Emiliano Di Lodovico – Guitar, Synths and Radio

https://www.facebook.com/defloreband/

Plague Vendor – By Night

Era da tempo che si era tutto orfani di un suono potente e indie punk rock, ma i Plague Vendor sono qui per colmare il vuoto e proporsi per occupare un posto importante nel futuro della musica alternativa, e soprattutto per regalare momenti piacevoli ai loro ascoltatori, e questo disco è pieno di bei momenti.

Indie rock dalla forte attitudine punk in uscita per Epitaph. Prendete i migliori Hives e mischiateli con i Black Keys meno blues e ci sarete vicini.

Il loro incedere è molto convincente, hanno un tiro molto intenso e sono anche orecchiabili senza essere mai banali, una bella scoperta. I Plague Vendor rinverdiscono e scuotono quella tradizione indie punk rock che era ultimamente in difficoltà, vuoi per l’avanzare del tempo, vuoi per mancanza di idee. Queste ultime sono presenti in abbondanza in questo disco, un lavoro molto onesto e diretto, piacevole e mai noioso. Chi ama l’indie americano era da tempo in attesa di un disco così, nervoso, melodico e anche ballabile. I Plague Vendor hanno un cuore new wave post punk affatto indifferente, che è il valore aggiunto di questo disco e della loro poetica musicale. La forza di questo gruppo è creare un suono molto organico, potente e sinuoso al contempo, dalla melodia importante ma anche profondo e mai ovvio. Non è facile avere un suono così di questi tempi, ed infatti i Plague Vendor sono un’affascinante anomalia che la Epitaph non si è lasciata scappare per ampliare il suo ventaglio di proposte. Il gruppo evoca fortemente un immaginario anni ottanta, ma anche i sessanta ed i settanta trovano il loro posto. Riesce molto piacevole ascoltare come n gruppo moderno e giovane arrivi a rielaborare istanze abbastanza antiche ma sempre valide, per fare un disco così il gruppo ha sicuramente una grande ampiezza di ascolti, ed una buona capacità selettiva. Era da tempo che si era tutto orfani di un suono potente e indie punk rock, ma i Plague Vendor sono qui per colmare il vuoto e proporsi per occupare un posto importante nel futuro della musica alternativa, e soprattutto per regalare momenti piacevoli ai loro ascoltatori, e questo disco è pieno di bei momenti.

1.New Comedown
2.Nothing’s Wrong
3.All Of The Above
4.Let Me Get High \ Low
5.Prism
6.White Wall
7.Night Sweats
8.Pain In My Heart
9.Snakeskin Boots
10.In My Pocke

Brandon Blaine – Vocals
Luke Perine – Drums
Michael Perez – Bass
Jay Rogers – Guitar

https://www.facebook.com/PLAGUEVENDOR/

Local Suicide feat. Nicki Fehr – Leopard Gum

Su Metaleyes tentiamo di approcciare nuove forme musicali che non siano solo metal, e nel farlo vi proponiamo ciò che riteniamo più innovativo e fresco, perché ognuno si faccia la propria idea e questo lavoro uscito per la label di elettronica Lumière Noire rientra proprio in questo caso.

Singolo che contiene originale e remix di una traccia che esplora nuovi orizzonti della techno più sognante e moderna. Su Metaleyes tentiamo di approcciare nuove forme musicali che non siano solo metal, e nel farlo vi proponiamo ciò che riteniamo più innovativo e fresco, perché ognuno si faccia la propria idea.

Questo lavoro uscito per la label di elettronica Lumière Noire rientra proprio in questo caso. Si parte dal singolo Leopard Gum di Local Suicide e Niki Fehr, per andare oltre con remix e libere interpretazioni di altri produttori. Local Suicide sono Brax Moody da Monaco di Baviera e il greco Vamparela, produttori del pezzo originale in collaborazione con Niki Ferh che ci mette la sua voce molto particolare. La traccia originale è un manifesto di quella che può essere considerata una techno diversa, con i bassi rallentati che accompagnano uno sviluppo molto sognante ed etereo, che ci porta in una dimensione molto lontana rispetto al cliché classico della techno. Ascoltando il pezzo si viaggia in terre diverse fra loro, arrivando ad un sentimento più che ad una definizione stilistica. Tutto ciò lo ritroviamo in forma ancora più grande nel seguente pezzo originale Already There, affermazione programmatica di una techno in continua evoluzione, e che cerca commistioni con altri sentieri musicali. Local Suicide è un qualcosa di nuovo e diverso, che usa gli elementi classici della techno per fondere nuove statue musicali, che sono molto interessanti e che ci mostrano nuove vie per un genere che vede nel suo dna l’evoluzione. Molto interessanti le rielaborazioni di diversi produttori dei due pezzi, dove ognuno usa i colori dati dai Local Gum per dipingere quadri diversi che stupiscono come gli originali. La cosa bella dei remix nella techno è proprio questa, ovvero la rielaborazione di un pezzo secondo le proprie concezione musicale.
Un prodotto di grande interesse per chi voglia provare qualcosa di diverso e di onirico in campo techno moderna.

Tracklist
1.Leopard Gum
2.Local Suicide feat. Nicki Fehr – Already There
3.Local Suicide feat. Nicki Fehr – Leopard Gum (Smagghe & Cross Instrumental Remix)
4.Local Suicide feat. Nicki Fehr – Already There (Lauer Remix)
5.Local Suicide feat. Nicki Fehr – Already There (Niv Ast Remix)

https://www.facebook.com/lumierenoirerecord

Ascend The Hollow – Echoes Of Existence

Un disco che ridarà entusiasmo agli amanti del cyber metal più tecnico, quella cascata di note che ti colpisce e che ha un cuore elettronico e non umano.

Gli Ascend The Hollow sono un gruppo di cyber metal, una botta di metal moderno che nasce dalla congiunzione di silicio ed emozioni umane.

Il loro suono è dominato dalla chitarra a nove corde, dal basso a sei corde, da una potente batteria e da una voce femminile che gioca con quella maschile, per un affresco molto moderno ma che poggia sulle coordinate classiche del metal, ovvero la congiunzione di melodia e potenza, con inclusa una dose di brutalità. Il loro suono è molto poderoso, ed il gruppi attinge dalla tradizione dell’industrial metal con tastiere incluse ed inserti di elettronica, per un lavoro che spinge in una direzione ben precisa e riesce ad essere anche innovativo. Stupisce la grande capacità di coniugare una grande potenza con momenti maggiormente melodici che sono sottolineati dalla splendida voce di M – Noise. Inoltre il gruppo si divide fra Berlino, Dublino ed Amsterdam, e riesce a fare un disco come questo. Uno dei maggiori punti di forza del disco è la sua grande intensità, rafforzata da una grande produzione che fa risaltare tutto al meglio. In alcuni punti si sfiora il death metal e anche il brutal death metal, ma è la melodia a dominare il tutto. Un debutto molto convincente per un gruppo che prende le mosse da una scena molto codificata e derivativa, ma che riesce a fare un discorso musicale e stilistico originale e molto piacevole, anche perché di questo genere spesso l’ascoltatore non ascolta tutte le canzoni, mentre qui ogni traccia possiede un buon livello medio. Gli Ascend The Hollow sono un gruppo che ha anche una levatura tecnica molto al di sopra della media e la mette al servizio del collettivo, per un risultato notevole. Un disco che ridarà entusiasmo agli amanti del cyber metal più tecnico, quella cascata di note che ti colpisce e che ha un cuore elettronico e non umano.

Tracklist:
1. Polaris Calling | 2. Vessels | 3. Mother Of Morality | 4. Sea Of Crises | 5. Into The Black Eye | 6. This Dark Rage | 7. Swarms Within | 8. Prisoners Of The Storm | 9. Repent Rewind Reset | 10. C3lls

Line-up
M-NOISE: Vocals.
RAVEN: Guitars, Programming.
GEF: Guitars, Programming.
DAVEC: Bass.

https://www.facebook.com/ascendthehollow/

Gaahls Wyrd – GastiR – Ghosts Invited

Un grande ritorno per un cantante che è andato molto oltre il ruolo che gli era stato ritagliato e che sa creare bellissime atmosfere.

Arriva il primo disco sulla lunga distanza dei Gaahls Wyrd, il nuovo gruppo di Gaahl, cantante dei Gorgoroth dal 1998 a 2007.

Praticamente questo gruppo è la continuazione del precedente gruppo di Gaahl e del suo fido Kristian Espedal, i God Speed, ma qui ci spinge molto altro. GastiR – Ghosts Invited è un tributo alla musica oscura, un qualcosa che Gaahl, un lavoro a cui vanno molto strette tutte le categorie, perché parte dal black metal per andate molto oltre qualsiasi genere, trattando della nostra e di altre dimensioni. I norvegesi creano qui, dopo un buon esordio con la registrazione di un concerto a Bergen, uno dei possibili futuri del black metal, che sta diventando sempre più un qualcosa di simile ad un codice sorgente che un vero e proprio genere musicale. I Gaahls Wyrd dipingono otto canzoni che sono porte per altre luoghi che stanno dento e fuori di noi. La voce di Gaahl ha compiuto la definitiva trasformazione da voce black metal a lettrice di anime, scava dentro come un brano shoegaze eseguito con la chitarra a mille. Il missaggio del disco è stato eseguito con grande intelligenza, riuscendo a bilanciare il tutto, senza che nulla predomini in maniera tediosa o inutile. Il disco, oltre che un grande lavoro, è anche qualcosa di trasversale, nel senso che piacerà a chi vuole qualcosa in più dal black metal, ma anche chi si aggira nelle lande del post metal lo apprezzerà molto. Qui la musica prende il sopravvento sui generi, entra nel sangue e nel cervello di chi la ascolta e genera una dolcissima dispersione, e se ne vuole ancora. Un grande ritorno per un cantante che è andato molto oltre il ruolo che gli era stato ritagliato e che sa creare bellissime atmosfere.

Tracklist
1.Ek Erilar
2.From The Spear
3.Ghosts Invited
4.Carving The Voices
5.Veiztu Hve
6.The Speech And The Self
7.Through And Past And Past
8.Within The Voice Of Existence

Line-up
Gaahl
Lust Kilman
Eld
Spektre

https://www.facebook.com/gaahlswyrd/

Dude York – Falling

I Dude York sono un gruppo americano, e non potrebbe essere altrimenti, provengono da Seattle e offrono uno stile musicale che contiene al suo interno qualcosa dei Ramones, qualcosa dei Dinosaur Jr., e qualcosa del migliore indie rock, oltre ad un’immensa carica pop, che è poi il genere finale.

Indie punk pop di alta qualità con voce femminile, molta melodia e una capacità di far sembrare semplice ciò che in realtà è difficilissimo, ovvero fare un disco orecchiabile e profondo al contempo.

I Dude York sono un gruppo americano, e non potrebbe essere altrimenti, provengono da Seattle e offrono uno stile musicale che contiene al suo interno qualcosa dei Ramones, qualcosa dei Dinosaur Jr., e qualcosa del migliore indie rock, oltre ad un’immensa carica pop, che è poi il genere finale. Il trio non è composto da musicisti alle prime armi e lo si sente chiaramente in Falling, tutte le canzoni hanno motivi di interesse, non c’è nulla di noioso o di artefatto e il lavoro non è affatto monocorde. In sostanza Falling è un qualcosa che racchiude dentro di sé molto di ciò che è successo nella parte alternativa del rock negli ultimi venti anni, ma che va anche a pescare in ciò che si nasconde più in profondità nel pop rock americano, con le sue solide radici anni ottanta. I Dude York sanno fare molto bene delle melodie per nulla ovvie, con delle aperture che ricordando molto quelle delle college band degli anni ottanta e novanta, con quella freschezza contagiosa che è radiosa ma che, per essere tale, ha bisogno anche della malinconia quale suo contraltare. Questi tredici brani hanno come minimo comune denominatore qualcosa che si è rotto, possa essere un filo, un rapporto di amicizia o di amore. L’intensità della rottura è determinata da vari fattori, ma è comunque una rottura, e questi avvenimenti li viviamo ogni giorno: la fine di qualcosa fa parte della vita, anzi forse è la maggior parte del nostro vissuto. I Dude York raccontano molte cose in maniera intelligente, con il continuo gioco fra voce femminile e voce maschile, ci sono momenti in cui sembrano gli Weezer prima che si perdessero in dischi inutili, ascoltare How It Goes per credere.
Un disco molto piacevole che parla di cose non facili e della nostra inadeguatezza di fronte a noi stessi, ma Falling è un buon motivo per non buttarci giù dalla torre.

Tracklist
1.Longest Time
2.Box
3.I’m the 1 4 U
4.Should’ve
5.Only Wish
6.Unexpected
7.How It Goes
8.Falling
9.Doesn’t Matter
10.Let Down
11.:15
12.Making Sense
13.DGAFAF (I Know What’s Real)

Line-up
Andrew
Claire
Peter

https://www.facebook.com/dudeyorkamerica/

Haram – Questo è Solo Chaos

Un disco che spezza schemi come se fossero steccati sotto un’onda tsunamica, una salutare scarica di adrenalina e di ottima musica fatta caos, un lavoro che ha radici solide e lontane nel tempo ma che è una delle cose più moderne e sincere degli ultimi nell’alternativo italiano.

Gli Haram sono di Torino e hanno un progetto di decostruzione della musica metal e pesante in genere per arrivare sempre più vicini al caos, e ci riescono benissimo.

Questo è il loro debutto, prodotto da una cospirazione diy di ottime e nervose etichette. Dimenticate ciò che avete sentito fino ad ora, qui regna la pesantezza, la velocità quando è necessaria e tutto punta verso il fare male. Gli Haram sono un gruppo maturo che firma un disco notevole, mai ovvio o comune, che attinge alla tradizione italiana per quanto riguarda l’hardcore e lo sludge, ma qui tutti i generi sono meri punti di partenza per esplorare territori ignoti. Il gruppo torinese distilla un groove metallico e caotico, un flusso sonoro senza soluzione di continuità che serve per staccarsi dalla matrice nella quale viviamo. Questo è Solo Chaos è la sublimazione del detto “caos non musica” che imperava nell’hardcore italiano anni ottanta, ma è anche un’importante operazione per provare a scollegarsi dalle gabbie che sono state costruite anche nel genere che in teoria dovrebbe essere più libero, quello alternativo. C’è il post metal, un potentissimo sludge, tracce di grindcore, droni che volano incessantemente sopra le nostre teste, il tutto messo assieme in maniera inedita. Come afferma lo stesso gruppo, qui non c’è nulla di famigliare, e questo è una delle cose più importanti del disco. Troppo spesso, per non dire sempre, ci affidiamo alle comode e conosciute strutture musicali, catalogando il tutto come death, grind, etc.
Qui tutti i parametri vengono sgretolati dalla forza più importante in natura e che ci spaventa maggiormente: il caos. Nulla intimorisce maggiormente l’uomo del non sapere cosa possa succedere nel minuto successivo a quello che stiamo vivendo. E in questo disco è proprio così, l’onda ci travolge e non si può far nulla se non provare a nuotare, o lasciarsi condurre che è la cosa migliore. Canzoni come Post Odio sono semplicemente sublimi pugni in faccia, calci nella tempia… e guardalo un cazzo di tramonto…guardalo !!!
Un disco che spezza schemi come se fossero steccati sotto un’onda tsunamica, una salutare scarica di adrenalina e di ottima musica fatta caos, un lavoro che ha radici solide e lontane nel tempo ma che è una delle cose più moderne e sincere degli ultimi nell’alternativo italiano.
Ma alla fine è un immenso vaffanculo, a tutto.

Tracklist
1. Questo è solo chaos
2. Terra
3. No Boat!
4. Asti
5. Solo
6. Ansia
7. Post odio
8. Hoppressione
9. Hoppressione (presa diretta)

Line-up
Nicola Ambrosino – Basso, Voce
Davide Donvito – Chitarra
Utku Tavil – Batteria

https://www.facebook.com/haramtorino/

Sadness – Circle Of Veins

Se vogliamo cercare un genere, che sia blackgaze, qui al suo massimo.

Secondo disco in sei mesi per la polistrumentista messicana nata e cresciuta in Texas, Damián “Elisa” Ojeda, al quarto disco in due anni.

Se si va sul suo bandcamp si può facilmente capire la vastità e la prolificità dell’opera di questa donna che esplora il blackgaze con un tocco tutto suo. Circle Of Veins ci porta in territori differenti anche se simili rispetto al precedente Rain. Questo lavoro è uno dei rari dischi che possiede la capacità di fermare il mondo mentre lo si ascolta, nel senso che quando lo si sente, meglio se attraverso delle cuffie, non esiste più nulla. Damián riesce costantemente a stupire il suo ascoltatore, attraverso scelte che vanno ben oltre le scontate etichette di blackgaze e di atmospheric black metal. Il flusso musicale e di emozioni è continuo come nello shoegaze, ovvero quel muro di distorsioni che ti si para davanti come la proiezione mentale di un bambino con poteri mentali, che scopre quanto possa essere brutto il mondo e lo rifiuta. Qui si prova, attraverso una musica che è al contempo consolatrice ed assassina, a cercare qualcosa che valga la pena di soffermarsi un attimo, in modo da poter uscire dall’abisso che ci circonda o quello che ci tiene imprigionati nel silicio. Sadness crea piccoli universi partendo dall’osservazione della nostra realtà attraverso filtri che non sono quelli normali. Ci sono sfuriate, cavalcate ed improvvise fermate osservando lo sbocciare di un fiore, che è poi un nostra emozione. Come per il disco precedente, si viene rapiti da questa formula musicale, che nasce dal black metal ma va ben oltre, decretando la grande capacità del genere nato in Scandinavia di far esprimere voci diverse. Il black metal è un sentimento più che un genere, e ognuno lo può usare per esprimersi a proprio piacimento, sia per inneggiare a Satana che per fare un’opera poetico musicale come questa. Questi sei brani, per poco più di sessantatré minuti di musica, sono una raccolta di poesie, composte ed eseguite da una mente musicale superiore, sia per capacità tecnica ma soprattutto per sensibilità, perché certe anime sentono di più rispetto alla maggioranza, ma il vero messaggio è che ci vuole rispetto per ogni anima.
Se vogliamo cercare un genere, che sia blackgaze, qui al suo massimo.

Tracklist
1.Eye of prima
2.Cerrien
3.Lana
4.The spring sun on summer rain
5.I follow rivers

Line-up
Elisa – All instruments and vocals

https://www.facebook.com/sadnessmusicofficial/

NoSelf – Human – Cyborg Relatons : Episode II

Un secondo disco convincente ed un album piacevole che va oltre il nu metal e durerà anche oltre l’estate.

Secondo disco per gli americani No Self, e secondo episodio delle relazioni fra umani e compters , fautori di un nu metal virato verso il metalcore con forti influenze elettroniche, che narra di umani e macchine.

Il loro groove è molto a stelle e strisce, carico e melodico, hanno un ottimo passo che li contraddistingue da molti altri gruppi dello steso genere. Una delle loro peculiarità maggiori è l’intensità delle loro canzoni, che sono dense di musica e di concetti. Non si perde mai di vista la riuscita melodica, nel perfetto stile americano che riesce a coniugare molto bene melodia e potenza. La loro musica è un qualcosa di futuribile che prende le mosse da un passato molto prossimo, attingendo dalle tradizione di molto generi, quali il nu metal, ma anche il post hardcore e il metalcore. Le canzoni sono costruite molto bene e sono incentrate su linee di chitarra molto ben scritte, ai quali poi si aggiunge molto bene tutto il resto del gruppo, con la chicca della doppia voce che rende molto bene in termini di varietà e di originalità. L’ascolto del disco è molto piacevole e scorre molto bene, grazie anche agli inserti di elettronica che servono a rendere maggiormente cyborg il tutto, una vera e propria delle possibili e quanto ami attuali relazioni fra uomo e macchina. Certamente il gruppo nelle sue visioni futuristiche si spinge molto in là rispetto ai tempi che viviamo, ma non si creda che siamo tanto lontani dalle storie narrate dal gruppo.
Un secondo disco convincente ed un album piacevole che va oltre il nu metal e durerà anche oltre l’estate.

Tracklist:
1.Signal Flares
2.ratD4GG3R
3.Order_66
4.#RAGE
5.Master Manipulator
6.A Dying Star
7.Nothing
8.Glow

Line-up:
Dylan Kleinhans – VOX
Justin Dabney – Guitar
Drew Miller – Drums
Glenn Desormeaux – Bass

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Steignyr – Myths Through The Shadows Of Freedom

Un disco importante per il genere, decisamente dentro all’alveo celtico del folk metal, e una buona prova da parte di un gruppo che è una sicurezza e che è destinato a crescere ulteriormente.

Gruppo folk metal da Barcellona con grande esperienza alle spalle, gli Steignyr pubblicano l’ultima fatica su Art Gates Records.

Nata nel 2012, la band propone un folk metal molto influenzato dal mondo celtico, vicino al power metal e al thrash, con forti innesti di tastiere. La capacità compositiva porta a scrivere vere e proprie storie, canzoni che diventano fiabe e ci permettono di immergerci totalmente in un’epoca che non è la nostra. Myths Through The Shadows Of Freedom è un disco molto fedele al titolo, nel senso che racconta miti o meglio archetipi, persi nelle ombre della storia, ombre che confondono ciò che è mito e ciò che è invece reale e questo è il bello delle storie, la loro possibilità. Qui è bella anche la musica, un folk metal melodico e molto piacevole, che ti cattura dalle prime note e porta avanti un discorso stilistico certamente non inedito ma di indubbia efficacia. Il loro incedere piacerà sia a chi è un ortodosso del genere, e anche a chi si avvicina per la prima volta ad un genere come il folk metal che vi regalerà molte gioie se seguite i gruppi giusti, e gli Steignyr sono sicuramente fra loro. Il loro impasto sonoro è al servizio della narrazione, con momenti molto epici e di grande presa, con un gran lavoro delle tastiere di Hyrtharia che danno un tocco speciale al tutto. Il disco è da ascoltare tutto, come se fosse la lettura di un poema epico, un ricordare qualcosa che ha sempre fatto parte di noi e che questa maledetta modernità ha sopito per troppo tempo, soprattutto quel senso di meraviglia di fronte alle cose belle che l’uomo ha sempre avuto. Un disco importante per il genere, decisamente dentro all’alveo celtico del folk metal, e una buona prova da parte di un gruppo che è una sicurezza e che è destinato a crescere ulteriormente.

Tracklist
1. Salvation Through Divinity
2. Those Who Lie
3. Black Rain
4. Calling The Immortals
5. Frost Wolf
6. Moonlight Forest
7. Arrows Of Time
8. You’ll Never Be Forgotten
9. Light Beast
10. Whisper Calling
11. Frozen In Time
12. Myths Through The Shadows Of Freedom
13. The Seven Eyes Of God

Line-up
Jön thorgrimr – Vocals and guitar
Seimdar Fjolnir – Guitars
Lena – Keyboard and vocals
Hyrtharia – Bass and vocals
Zelther – Drums

https://www.facebook.com/Steignyr

Scimmiasaki – Trionfo

A parte le definizioni, che sono sempre sclerotiche, gli Scimmiasaki sono uno di quei gruppi che fa musica malinconica e dolce al contempo, che ti riportano a gusti che sembravano dimenticati, a momenti che hanno segnato la nostra esistenza.

Gli Scimmiasaki sono un gruppo italiano che appartiene alla nuova onda dell’indie pop rock italiano, attingono da varie tradizioni, in primis quella alternativa italiana declinata verso il punk, prendono qualcosa dell’emo e fondamentalmente sono un gruppo rock altro.

A parte le definizioni, che sono sempre sclerotiche, gli Scimmiasaki sono uno di quei gruppi che fa musica malinconica e dolce al contempo, che ti riportano a gusti che sembravano dimenticati, a momenti che hanno segnato la nostra esistenza. Canzoni come Giostra sono un po’ il manifesto dei nostri anni, dove tutto è stato detto, tutto è stato fatto ma rimane qualcosa, e quel qualcosa deve essere ricercato in profondità. Trionfo è un disco che non è mai ovvio, riesce a portare avanti con dolcezza e fermezza certe istanze molto importanti. Innanzitutto non si atteggiano a fenomeni, nel senso che hanno testi diretti e semplici che gli calzano a pennello, anche la musica è sempre bilanciata e prodotta molto bene. In certi momenti si arriva addirittura in territori power pop, che sono il regno adatto per questo gruppo che è sempre piacevole e riesce ad imprimere delle belle cose nella nostra mente. Quello che si respira qui è una certa lucida serenità in mezzo al disastro che sono i nostri tempi, non ci sono tante coordinate, ma raccontare alla maniera degli Scimmiasaki significa già molto, come raccontano in Vorrei, non sono rimpianti ma desideri. Altra cosa notevole è la bellissima copertina di Riccardo Torti, disegnatore anche di Dyland Dog e di altre collane di casa Bonelli. La copertina illustra la perfetta meccanica del tiro nella pallacanestro, e sarebbe l’optimum, ma l’importante è metterla nel cesto, e difendere ovviamente. Molto buona la produzione di Andrea “Sollo” Sologni dei Gazebo Penguins, che dà un tocco molto personale al suono dei Scimmiasaki.
Un disco da sentire e da guadagnarci tempo, perché qui il tempo non è mai perso.

Tracklist
01.Giardini
02.Tutto Bene
03.Giostra
04.Denti
05.Il Pianto
06.Trionfo
07.Castello
08.Caro Mio
09.Merda
10.Vorrei

Line-up
GIACOMO voce e chitarra
PEPPE chitarra e voce
NIKI basso
SANTIAN batteria

https://www.facebook.com/scimmiasaki/

Exm93 – Urban Far West

Urban Far West è una prova di black metal diretto e classico, con i testi in italiano che funzionano meglio di quelli in inglese, per un disco che parla di argomenti che nel black metal sono sempre stati trattati.

Ogni tanto la vita riserva delle piacevoli sorprese: ricordate i milanesi Mortuarium, gruppo di black metal attivo dal 1993 al 1998 ?

Se li ricordate, bene, sennò vi siete persi un bel gruppo di black metal, ma potete rimediare con gli Exm93, che sono proprio gli ex Mortuarium, (ri)formatisi nel 2001e ora fuori con il loro terzo disco sulla lunga distanza. Spesso sono stati accostati alla frangia nazista del black metal, in rete ci sono foto di loro che sono a braccio teso, e sono sempre stati un gruppo abbastanza discusso riguardo a quel motivo, ma loro sostengono di suonare metallo nero italiano e questo lo fanno molto bene. Dal punto di vista stilistico gli Exm93 esibiscono un black metal in stile prima e seconda ondata, molto semplice ma di grande effetto, e come trio funzionano davvero bene. Il loro approccio è un qualcosa che può piacere a chi è fanatico del black metal, ma anche a chi ci vi si avvicina e vuol sentire qualcosa di molto raw e con testi diretti. Ecco, i testi sono al cento per cento black metal e, senza fronzoli, parlano di sangue, combattimento e guerra a questa società. Politicamente non sono di sicuro corretti, ma il discorso del politicamente corretto è qualcosa di assai scivoloso, perché se questa è una democrazia allora siamo messi male, ma poi, la democrazia è il vero rimedio a tutto ?
Urban Far West è in definitiva una prova di black metal diretto e classico, con i testi in italiano che funzionano meglio di quelli in inglese, per un disco che parla di argomenti che nel black metal sono sempre stati trattati.
A livello personale, politicamente non condivido nulla di ciò che dicono gli Exm93, ma non sono nemmeno un giudice che deve decidere cosa dobbiate o non dobbiate sentire, per cui ascoltate il disco, leggete i testi e fatevi un’idea con la vostra testa, che è sempre la cosa migliore.

Tracklist
1. The Calling
2. Age of Illusion
3. Blood Calls Blood
4. Princeps Militiae Coelestis
5. EXM93 Regime
6. Wolves Warchant
7. Apribottiglie E Pistole
8. Shadows of Past
9. Army of Obscurity
10. Dead in Cross (The Forgotten King)
11. At the Hell’s Doo

Line-up
Umbra Lugubris – Vocals, Guitars
Eris – Bass
Malum Tenebris – Drums

https://www.facebook.com/EXM93-222168767836820/

Stone Machine Electric – Darkness Dimensions Disillusion

Un disco che è l’esatto opposto di commerciabilità, con il suo tracciato onirico e di musica senza fissa dimora che regala notevole piacere all’ascoltatore.

Gli Stone Machine Electric sono un duo texano dall’approccio poco convenzionale alla musica, creando sonorità molto eteree che portano l’ascoltatore molto in alto.

I due sono qui al nono lavoro in studio, dando prova di una gioiosa bulimia musicale che li porta a giocare con gli strumenti e a trovare sempre nuove melodie, molto minimali ma assai ricche di chitarra e batteria. Come è facile da notare frequentando i lidi della musica alternativa, i duo chitarra e batteria abbondano, specialmente in ambito heavy blues, ma quelli validi non sono molti. Gli Stone Machine Electric risiedono decisamente nei gruppi validi, avendo un tocco che tocca molti generi senza mai andare a fossilizzarsi, ricercando sempre la distorsione perfetta, il giro di chitarra e batteria che ti piove addosso, in quelle jam che si spostano veloci come nuvole ventose in cielo, senza mai lasciare il tempo di trovare una coordinata musicale e di genere. Fughe, stop e riprese, il tutto per un lavoro intenso che non lascia mai nulla al caso, creativo e stimolante senza essere onanistico come altre produzioni di questo genere. Il tutto è irrobustito da una dose costante di psichedelia pesante che potenzia l’opera dei Stone Machine Electric. Un disco che è l’esatto opposto di commerciabilità, con il suo tracciato onirico e di musica senza fissa dimora che regala notevole piacere all’ascoltatore. La loro produzione è fitta, e questo episodio non è forse il migliore, ma è sicuramente una summa molto precisa di cosa sia questa band texana.

Tracklist
1.Sum of Man
2.SAND
3.Circle
4.Purgatory
Line-up
Dub – Guitar/Vocals
Kitchens – Drums/Vocals/Theremin

https://www.facebook.com/StoneMachineElectric/

This Gift Is A Curse – A Throne Of Ash

I The Gift Is A Curse sono una band che ha creato una propria linea sonora che qui tocca il suo apice, ma è fantastico il tutto, la totalità di un disco superiore che è un vero e proprio rito per aprire porte per altre dimensioni, ma che su questa terra è un magnifico disco di black metal.

I This Gift Is A Curse sono semplicemente uno dei migliori gruppi europei di black metal, e questo album ne è la nera testimonianza.

Dal 2012 questi svedesi di Stoccolma hanno pubblicato tre dischi incluso questo, la loro maturazione è stata costante e li ha portati ad altri livelli. La loro proposta è un black metal che ha un incedere maestoso, con moltissimi riff delle due chitarre che si incrociano e con un andamento che ricorda quello dell’hardcore caotico, un magma che porta tenebre e pesca moltissimo nella sapienza occulta. Fin dalla copertina di Throne Of Ash si può capire che il gruppo svedese, soprattutto il cantante e fondatore Jonas A. Holmberg, possiede profonde conoscenze occulte e che le riversa tutte nella musica. Nessuna canzone dei loro tre dischi nasce per caso e questa intervista al cantante è illuminante in proposito : https://distortedsoundmag.com/interview-jonas-a-holmberg-this-gift-is-a-curse
Come al solito è la musica a spiegare meglio di tutto ciò che si intende fare, e il loro progetto è assai maestoso, essendo un black metal che va oltre gli steccati del genere per arrivare ad un sound che non comprende solo questa dimensione. Fino ad ora questo ultimo lavoro è la loro frontiera, ma il gruppo della capitale svedese andrà ben oltre. Fra le tante peculiarità c’è quella di sviluppare un’intensità inusitata e molto alta, con canzoni che avviluppano l’ascoltatore e non lo lasciano, grazie anche ad un impasto melodico molto ben costruito. Questo disco è un viaggio nell’oscurità a vari livelli e chi ha una certa conoscenza esoterica coglierà molte cose, ma anche chi è digiuno di occultismo avrà un bel quadro nero da gustarsi. Inoltre il gruppo ha questo approccio hardcore che rende il tutto ancora più violento ed intenso. I This Gift Is A Curse hanno anche il dono della chiarezza, ovvero la musica è prodotta benissimo, il cantato è molto chiaro e ci si gusta ogni singola cosa. A Throne Of Ash cresce ad ogni ascolto, a mano a mano che si sentono le canzoni acquisisce maggior peso e il risultato è che questa opera di splendido black metal non ci lascia le orecchie. I The Gift Is A Curse sono una band che ha creato una propria linea sonora che qui tocca il suo apice, ma è fantastico il tutto, la totalità di un disco superiore che è un vero e proprio rito per aprire porte per altre dimensioni, ma che su questa terra è un magnifico disco di black metal.

Tracklist
1.Haema
2.Blood is my Harvest
3.Thresholds
4.Gate Dweller
5.Monuments for Dead Gods
6.Wolvking
7.I Am Katharsis
8.In Your Black Halo
9.Wormwood Star

Line-up
P. Andersson – guitar, vocals
D. Deravian: guitar, vocals
L. Gunnarsson: bass, vocals
J. A. Holmberg: vocals
J. Nordlund: drums

https://www.facebook.com/thisgiftisacurse/