THRESHOLD

Il video di Small Dark Lines, dall’album Legends Of The Shires in uscita a settembre (Nuclear Blast).

Le icone inglesi del progressive THRESHOLD pubblicheranno il loro nuovo album “Legends Of The Shires” l’8 settembre su Nuclear Blast. In attesa di quest’uscita, la band è orgogliosa di presentare in anteprima il nuovo fantastico video, realizzato per la canzone ‘Small Dark Lines’. Il video è stato diretto da Sitcom Soldiers LTD, che ha sviluppato un’intrigante narrazione che coinvolge persone di estrazione diversa, le quali dipingono i propri corpi per simboleggiare i rimpianti della loro vita. Dell’acqua poi cade su di loro e lava via le linee, proprio come quando si cancella una lavagna.

Per quanto riguarda la canzone e il video, Karl Groom ha commentato: “Quelli di Sitcom Soldiers hanno craeto la giusta atmosfera nel nostro video ed è stato piacevole filmarlo. Siamo riusciti a trovare alcune eccellenti comparse e le abbiamo torturate con docce gelate. È fantastico avere di nuovo Glynn nella band: in ‘Small Dark Lines’ mostra tutta la sua potenza e versatilità. Questo singolo dà un’idea di ciò che sarà presente nel doppio ‘Legends Of The Shires’ in uscita l’8 settembre 2017”.

I pre-ordini sono attivi:
http://nblast.de/ThresholdLOTSNB
http://nblast.de/ThresholdDigital

La tracklist di “Legends Of The Shires” è la seguente:

CD 1:
1. The Shire (Part 1) 2:03
2. Small Dark Lines 5:24
3. The Man Who Saw Through Time 11:51
4. Trust The Process 8:44
5. Stars And Satellites 7:20
6. On The Edge 5:20

CD 2:
7. The Shire (Part 2) 5:24
8. Snowblind 7:03
9. Subliminal Freeways 4:51
10. State Of Independence 3:37
11. Superior Machine 5:01
12. The Shire (Part 3) 1:22
13. Lost In Translation 10:20
14. Swallowed 3:54

www.thresh.net
www.facebook.com/threshold
www.nuclearblast.de/threshold

Cydemind – Erosion

I Cydemind hanno preso il meglio della musica progressiva e l’hanno fatta confluire perfettamente nel loro bellissimo lavoro: i nomi che hanno ispirato il gruppo compariranno tra le note mentre la vostra mente sarà in viaggio nel mondo di Erosion.

I canadesi Cydemind  sono l’ennesima conferma di come, spulciando nell’underground, si trovino ancora realtà interessanti e capaci di proporre musica progressiva nello stile e nella concezione, non importa se più vicina al rock o al metal.
Di per sé la musica strumentale porta inevitabilmente ad un impatto del genere, se poi invece della voce facciamo parlare un violino su un tappeto di progressive metal, contaminato da jazz e musica classica, allora c’è da sedersi comodi e partire per questo sognante viaggio musicale in compagnia del quintetto di Montrèal, attivo da una manciata d’anni e con all’attivo un ep licenziato tre anni fa dal titolo Through Mists and Ages.
Erosion è quindi il primo full lenghtth del gruppo canadese formato da cinque giovani maestri dello strumento, un lungo e bellissimo viaggio nella musica progressiva, un’ora abbondante nel corso della quale si viene tenuti stretti in un caldo abbraccio musicale dove metal, rock, e musica classica si uniscono per regalare emozioni in un susseguirsi di sorprese.
Il violino di Olivier Allard tesse tele di note mentre gli altri componenti del gruppo(Alexandre Dagenais alla batteria, Camille Delage ai tasti d’avorio, Nico Damoulianos al basso e Kevin Paquet alla chitarra) disegnano arabeschi di musica universale composta da una band in stato di grazia.
Non ricordo un album strumentale dal songwriting eccitante come Erosion, dove non ci si annoia neanche per un secondo, pur se messi alla prova da lunghe suite come Derecho (13.37) o la title track, che sfiora addirittura la mezzora.
I Cydemind hanno preso il meglio della musica progressiva e l’hanno fatta confluire perfettamente nel loro bellissimo lavoro: i nomi che hanno ispirato il gruppo compariranno tra le note mentre la vostra mente sarà in viaggio nel mondo di Erosion.

Tracklist
1.What Remains
2.Tree of Tales
3.Derecho
4.Red Tides
5.Stream Capture
6.Erosion

Line-up
Olivier Allard – Violins
Alexandre Dagenais – Drums
Camille Delage – Keyboards/Piano
Nico Damoulianos – Bass
Kevin Paquet – Guitars

CYDEMIND – Facebook

Nibiru – Qaal Babalon

Come sempre i Nibiru ci offrono un’esperienza sonora difficilmente descrivibile a parole, ma bisogna dire che in questa occasione sono andati davvero oltre, regalando una prova di valore assoluto e pressoché unica.

La nostra vita può essere definita in molto modi, e può essere vissuta in maniere molto diverse fra loro.

Innanzitutto bisognerebbe capire cosa sia il concetto stesso di vita, che forse viene dato troppo per scontato, perché sicuri ed esigenti sul suo svolgimento tentiamo di negare l’abisso che si crea fra la nostra vita e la nostra anima, ovvero ciò che realmente siamo. Vivendo questa netta frattura i disastri sono dietro l’angolo, e le scelte che ci rimangono non sono molte. Lanciati a folle velocità in una vita che non è ciò che vorremmo, tentiamo nella maggior parte dei casi di rimanere in carreggiata, sacrificando il nostro inconscio e molto altro per avere un rinforzo di fiducia e riconoscimento dagli altri, per provare a far vedere che siamo capaci a fare qualcosa, o che siamo degni della vita, già essa stessa una menzogna. E pensiamo di esserci salvati, ma invece stiamo affondando, sempre più giù, e come in una palude più ci agitiamo più la presa diventa letale. La dannazione è dentro di noi, e questo disco dei Nibiru è un cantico della disperazione, quattro pezzi di tessuto lacerato dalla dannazione, un grido lacerante di un’anima persa, come dicono loro stessi. Il disco rappresenta cambiamenti sostanziali nella poetica dei torinesi, dato che Qaal Babalon è definito dal gruppo il seguito del loro primo disco Caosgon, uscito nel 2013 e recentemente ristampato con bonus da Argonauta Records. Caosgon era una nebbia venefica che si espandeva dalle casse degli stereo di anime incaute e dannate, composto da una psichedelia distorta e rituale, marcia e portatrice di morte. Qaal Babalon è la sublimazione di quel concetto, un avanzamento di qualità sonora e di composizione notevole per un gruppo che ad ogni ascolto e ad ogni concerto assume una forma diversa. Rimasti in tre dopo l’uscita di Steve Siatris dal gruppo, i Nibiru sono dunque concettualmente tornati alle origini, aggiungendo però molto a ciò che era stato Caosgon. Le quattro tracce sono altrettanti rituali, quattro offerte ai veri dei, dilatate e con cicli e ricicli, che attaccano l’ascoltatore alla fonte sonora. Ascoltando Qaal Babalon si può sentire un taglio netto da ciò che era stato Padmalotus, un disco davvero molto diverso da quest’ultimo, che aveva fatto intravedere un cambiamento stilistico poi rigettato con l’uscita di Siatris dal gruppo. Qaal Babalon è molto più di un disco musicale, è un riconoscimento ed un’esplorazione dei nostri abissi, una fuga da falsi valori e false maschere, per ricercare ciò che siamo veramente. L’impianto sonoro è maestoso e magnifico, i suoni sono prodotti molto bene, e la lacerazione dei Nibiru viene declinata, novità assoluta, oltre che in enochiano anche in italiano, e questo è davvero un valore aggiunto, poiché rende moltissimo in Qaal Babalon. I Nibiru hanno sempre avuto un percorso molto particolare e assolutamente di personale e qui raggiungono il loro apice, dando l’impressione sia soltanto l’inizio di qualcosa di terribilmente dannato e affascinante, dato che questo disco è davvero un salto di qualità notevole in una carriera ampiamente al di sopra della media. Come sempre i Nibiru ci offrono un’esperienza sonora difficilmente descrivibile a parole, ma bisogna dire che in questa occasione sono andati davvero oltre, regalando una prova di valore assoluto e pressoché unica.

Tracklist
1. Oroch
2. Faraon
3. Bahal Gah
4. Oxex

Line-up
Ardath – Guitars, Percussions and Vocals
Ri – Bass, Drones and Synthesizers
L.C. Chertan – Drums

NIBIRU – Facebook

Prayers of Sanity – Face of the Unknown

I Prayers Of Sanity ci investono con una tempesta di thrash metal statunitense veloce, melodico ed arrabbiato quel tanto che basta per far nascere un tornado, tra ispirazioni che vanno da un inchino agli Exodus fino ad una vera adorazione per i Testament ripuliti dalle scorie death metal.

In Portogallo non si vive di solo Cristiano Ronaldo o, metallicamente parlando, di Moonspell: oltre ad una scena black metal underground che sta facendo parlare di sé per un ritorno all’attitudine e l’impatto dei primi anni novanta, ci sono realtà valide e da non perdere in tutti i generi.

Oltre all’alternative rock e metal, generi di cui ho parlato un po’ di tempo fa, il metal classico é ben presente nel dna dei metallers lusitani, con il thrash si palesa con il terzo album del terzetto Prayers Of Sanity.
La band, nata nel 2007, torna dopo cinque anni licenziando questa bomba sonora dal titolo Face of the Unknown, con una formazione a tre dopo la dipartita di due quinti della formazione con Tião alle prese con chitarra e voce, Carlos al basso e Artur alle pelli.
Il gruppo proveniente da Lagos non le manda certo a dire e ci investe con una tempesta di thrash metal statunitense veloce, melodico ed arrabbiato quel tanto che basta per far nascere un tornado, tra ispirazioni che vanno da un inchino agli Exodus fino ad una vera adorazione per i Testament ripuliti dalle scorie death metal.
Ne esce mezzora di fiammeggiante metallo, thrash nella più pura concezione del termine, almeno se si guarda alla scuola americana, con una serie di brani che, dalla title track che fa da opener passano per il massacro perpetuato da Unturned e Someday.
Leggendo qua e là mi è capitato di imbattermi in una diatriba dei soliti possessori della verità sulle preferenze tra thrash americano ed europeo: bene, i due fratellini metallici sono figli di un unico padre e, quando vengono suonati con l’impatto e la passione di cui è ricco questo lavoro, diventano imprescindibili nella storia del metal mondiale, lo confermano i Prayers Of Sanity.

TRACKLIST
1. Face of the Unknown
2. Dead Alive
3. Past, Present, None
4. Unturned
5. In Between
6. March Forward
7. Someday
8. Betrayer
9. Nothing

LINE-UP
Artur – Drums
Carlos -Bass
Tião – Vocals, Guitars

PRAYESR OF SANITY – Facebook

Mindkult – Lucifer’s Dream

Tra stoner doom, shoegaze, tanta psichedelia ed un pizzico di blues stonato, il sogno di Lucifero potrebbe trasformarsi in incubo se non si è pronti a rinunciare in partenza a suoni puliti, voci stentoree o aggressive, percussioni lanciate a folli velocità e virtuosismi assortiti.

Lucifer’s Dream è essenzialmente l’opposto di quanto ci si attende di ascoltare da un album metal in quest’epoca.

Suoni puliti, voci stentoree o aggressive, percussioni lanciate a folli velocità e virtuosismi assortiti: ecco, di tutto questo nel primo full length marchiato Mindkult non se ne troverà la minima traccia.
Il progetto solista del musicista della Virginia che si fa chiamare Fowst è una sorta di bolla spazio temporale, che è un po’ come camminare in una città del futuro sovrastati dai grattacieli e, svoltando l’angolo, ritrovarsi di fronte ad una collina sovrastata da un castello medioevale e dal suo borgo: in Lucifer’s Dream viene offerto uno stoner psichedelico che pare trascinarsi come un pigro serpente, mentre una voce piacevolmente stonata come quella di un J Mascis appena appena rinvigorito ci racconta le sue orrorifiche visioni.
Un sound sporco, ma dannatamente autentico, ed un approccio che più naif di così non si potrebbe ci riconduce nelle sue parti più psichedeliche a certi antieroi ottantiani come Nick Saloman (The Bevis Frond) tenendo sempre conto, però, che i Mindkult sono un progetto stoner doom, e quindi parliamo di un qualcosa che all’epoca non era ancora stato codificato.
Tutto ciò serve per dare un’idea di massima, perché, nonostante dalle mie descrizioni possa sembrare che in quest’album non ci sia nulla che vada, in realtà è esattamente il contrario: proprio il suo incedere sghembo, quasi indolente, avulso da ogni idea di perfezione formale, avvolge e stordisce costringendo l’ascoltatore ad una specie di sortilegio per il quale si ritrova ad amare un disco che, istintivamente, avrebbe usato magari a mo’ di frisbee.
Tra stoner doom, shoegaze, tanta psichedelia ed un pizzico di blues stonato, il sogno di Lucifero potrebbe trasformarsi in incubo per chi ricerca nella musica tutte le caratteristiche che ho elencato nelle righe iniziali. Al contrario, brani come Drink My Blood, Infernals e la title track si insinueranno nella testa continuando a riecheggiare a lungo pericolosamente.
Nelle note di accompagnamento all’album vengono citati nomi come Black Sabbath, The Cure, Hooded Menace, Altar Of Betergeuze, Windhand, Uncle Acid e Ghost: chi conosce tutte queste band, dopo aver ascoltato Lucifer’s Dream può divertirsi a fare il giochino del vero o falso, resta il fatto che il buon Fowst ha trovato una via stilistica ed espressiva che, al di là degli inevitabili rimandi, appare a suo modo decisamente personale.

Tracklist:
1. Drink My Blood
2. Nightmares
3. Behold the Wraith
4. Infernals
5. Howling Witch
6. Lucifer’s Dream

Line up:
Fowst – Everything

MINDKULT – Facebook