Haissem – Demonotone

Quello di Andrey Tollock è un talento sfaccettato che merita d’essere tenuto sotto osservazione, anche in occasione di ulteriori uscite afferenti altri generi.

Andrey Tollock è un musicista ucraino piuttosto attivo in questo decennio con diversi progetti solisti come Sunset Forsaken, più orientato al death doom, e Haissem, dichiarato invece come dedito al black metal melodico.

È proprio Demonotone, l’ultima uscita (la terza) con questo monicker, che viene sottoposta alla nostra attenzione, e va detto subito che di black metal qui non se ne vede traccia, e men che meno di melodia, perché siamo invece al cospetto di un death a tratti brutale, dal buon impatto ed infiorettato dall’ottimo lavoro chitarristico del musicista di Donetsk.
Tollock si avvale di due ospiti alla voce, entrambi appartenenti alla scena estrema del Donbass, i quali si alternano efficacemente, l’uno con un growl rantolante l’altro con un aspro screaming; il risultato non è affatto male perché chi apprezza il genere potrà ascoltarne un’interpretazione senz’altro efficace e soprattutto credibile.
Dopo l’intro di prammatica le quattro tracce successive non lasciano alcuno spazio alla melodia, fatta eccezione per gli appropriati assoli offerti da Andrey, ma è in The Shadowhunt che il muro sonoro fino a quel momento eretto si incrina, grazie ad un incedere più ragionato e vario, mentre la title track è un outro delicata che mette nuovamente in evidenza l’eccellente tocco del nostro.
Se Demonotone non è un lavoro che fa sobbalzare sulla sedia per i propri contenuti, indubbiamente ha il pregio di portare all’attenzione degli appassionati di metal estremo un altro di quegli ottimi artigiani musicali, che si muovono nel sottobosco del metal underground offrendo con buona continuità album dal valore tutt’altro che trascurabile. Nello specifico quello di Andrey Tollock è un talento sfaccettato che merita d’essere tenuto sotto osservazione, anche in occasione di ulteriori uscite afferenti altri generi.

Tracklist:
1.Hornography
2.Recursion
3.Internal Void.
4.H.A.T.E. (Humans Are The Epigones)
5.Through Insomnia
6.The Shadowhunt
7.Demonotone

Line-up:
Andrey Tollock All instruments, Vocals

Guests:
Escobar (ex-Bredor) – vocals
Dmitriy Kufley (Datura, Imitation) – vocals

HAISSEM – Facebook

X-PLICIT – Like A Snake

Like A Snake è composto da una decina di esplosioni sleazy/street rock metal che vi faranno saltare come grilli, un rock’n’roll che viaggia spedito sul Sunset Boulevard illuminato come ai bei tempi: trascinante, melodico e sfacciato, insomma, una vera goduria per i tanti fans di queste sonorità.

Nel panorama underground rock/metal tricolore i suoni hard rock di matrice street/sleaze hanno sempre regalato ottimi lavori ed altrettante band, supportate da varie etichette tra cui ultimamente la coppia Sneakout Records e Burning Minds Music Group, facenti parte della famiglia Atomic Stuff.

Sempre attente alle nuove proposte riguardanti il genere che più di tutti ha marchiato a fuoco gli anni ottanta, e tornato alla ribalta con l’uscita di The Dirt, il biopic sui Motley Crüe, queste label si prendono cura degli hard rockers X-PLICIT, quartetto fondato dal chitarrista Andrea Lanza, già agli onori della cronaca rock con il progetto Skill In Veins, raggiunto da Sa Talarico (Aeternal Seprium) al basso, Giorgio Annoni (Longobardeath, Homerun) alla batteria e dal cantante Simone Zuccarini (Generation On Dope, Razzle Dazzle, Norimberga, Torque, The Wetdogs).
Like A Snake è composto da una decina di esplosioni sleazy/street rock metal che vi faranno saltare come grilli, un rock’n’roll che viaggia spedito sul Sunset Boulevard illuminato come ai bei tempi: trascinante, melodico e sfacciato, insomma, una vera goduria per i tanti fans di queste sonorità.
I musicisti coinvolti, tutti dal background vario, fanno squadra e compatti come un bolide rock’n’roll ci martellano con una potenza di fuoco niente male, e bisogna arrivare ad Angel, brano numero otto, per tirare il fiato con una ballad di matrice Extreme.
Il resto del disco è una cascata di travolgente hard rock, con tutti i crismi per non sfigurare sul palco di qualche locale nella città degli angeli: fin dalle prime battute Lanza risulta una macchina spara riff micidiale, supportato da un sound che, rimanendo ad alta tensione non lesina melodie irresistibili, tra il party scatenato delle varie Hell Is Open, The Great Show, Shake Up You Life e Free.
Parlare di influenze è superfluo, basti sapere che premendo il tasto play come d’incanto si riaccenderanno le luci del Sunset e dei suoi selvaggi party notturni.

Tracklist
01. Hell Is Open
02. The Great Show
03. You Don’t Have To Be Afraid
04. Shake Up Your Life
05. Deep Of My Soul
06. I’m Original
07. Free
08. Angel
09. Don’t Close This Bar Tonight
10. Like A Snake

Line-up
Simone Zuccarini – Vocals
Andrea Lanza – Guitars
Sa Talarico – Bass
Giorgio Annoni – Drums

X-PLICIT – Facebook

Burning Gloom – Amygdala

I Burning Gloom costruiscono un possente groove sonoro che travolge l’ascoltatore e, cosa non affatto facile, tengono molto alta la tensione per tutto il disco.

I Burning Gloom da Milano sono la nuova veste degli ex My Home On Trees, gruppo attivo dal 2012 al 2018 che ha cambiato per cominciare una nuova avventura.

L’inizio di questa nuova avventura è notevole, i milanesi propongono uno stoner con voce femminile, ruvido e molto ben suonato, mai ovvio, cosa non facile in un genere trito e ritrito come questo. Rispetto all’incarnazione precedente e al suo stoner blues, qui le atmosfere diventano più tenebrose e i ritmi si fanno più serrati. Il gruppo ha affermato di essere fiero del risultato e ne hanno tutte le ragioni, dato che Amygdala è un disco estremamente godibile, prodotto molto bene e costruito ancora meglio. La voce potente e versatile di Laura si completa al meglio con uno stoner desertico molto incalzante e che non lascia tregua. La musica di Amygdala è la perfetta colonna sonora per narrare storie di disordini mentali che provengono in gran parte proprio dall’Amygdala del titolo, e che sono un po’ il nostro pane quotidiano. I Burning Gloom costruiscono un possente groove sonoro che travolge l’ascoltatore e, cosa non affatto facile, tengono molto alta la tensione per tutto il disco. Ci sono momenti in cui il gruppo crea un climax sonoro e rituale nel quale ci si perde e si sta benissimo. Con la gradita presenza come ospite nella traccia Nightmares della sempre ottima Mona Miluski dei tedeschi High Fighter, Amygdala è un album che rimane in testa, contribuendo a creare un bel disordine nei nostri cervelli, un abito sonoro che si indossa benissimo. Un disco sulle cui canzoni non si può fare skip, perché le sorprese sono dietro l’angolo in ogni momento.

Tracklist
1. The Tower I
2. The Tower II
3. Eremite
4. Modern Prometheus
5. Nightmares (feat. Mona Miluski of High Fighter)
6. Warden
7. Beyond The Wall
8. Obsessive-Compulsive Disorder

Line-up
Laura Mancini – Vocals
Marco Bertucci – Guitar
Marcello Modica – Drums
Giovanni Mastrapasqua – Bass

BURNING GLOOM – Facebook

Xaon – Solipsis

Accompagnato da un bellissimo ed alquanto evocativo artwork, Solipsis risulta un’altra opera di spettacolare metal estremo all’interno della quale vivono in perfetta armonia death melodico, gothic/dark, symphonic black, doom/death e power creando un assalto sonoro, maestoso ed epico.

Tornano gli svizzeri Xaon con il successore del già bellissimo debutto licenziato un paio di anni fa ed intitolato The Drift.

Nel frattempo la band è diventata un duo formato da Vincent Zermatten alle chitarre e Rob Carson alle orchestrazioni e al microfono (poi raggiunti dl vivo da altri cinque musicisti) e rilascia per la Mighty Music questo monumentale lavoro intitolato Solipsis.
Accompagnato da un bellissimo ed alquanto evocativo artwork, Solipsis risulta un’altra opera di spettacolare metal estremo all’interno della quale vivono in perfetta armonia death melodico, gothic/dark, symphonic black, doom/death e power creando un assalto sonoro, maestoso ed epico.
Su tutta questa tempesta di suoni ed atmosfere si staglia il vocione del singer, che alterna vari toni in una performance sugli scudi, rabbiosa, epica ed evocativa.
Dall’opener Monolith si entra nell’armageddon sonoro creato dai Xaon, una battaglia di note apocalittiche dove le orchestrazioni fanno il bello e cattivo tempo, in un sound che cambia ritmiche e sfumature, cangiante come un camaleonte ma fortemente evocativo in ogni passaggio.
Le melodie che sono la linfa di brani capolavoro come Eros o Cipher non placano la furia estrema con cui il gruppo affronta la materia in un’apoteosi di suoni che creano un sound belligerante, epico e bombastico.
Pensate a cosa potrebbero creare Emperor, Bal Sagoth, Paradise Lost, Dark Tranquillity e Septic Flesh chiusi in una stanza a jammare ed avrete un’idea di come suona questo monumentale e imperdibile lavoro.

Tracklist
1. Monolith
2. Carillon
3. Solipsis
4. Mobius
5. Eros
6. Cipher
7. Beast
8. River
9. Mask

Line-up:
Vincent Zermatten – Guitars
Rob Carson – Vocals/Orchestrations
Live Members
John Six – Bass
Jordan Kiefer – Drums
Onbra Oscouŗa – Guitars
Klin HC – Guitars
Julien Racine – Drums

XAON – Facebook

New Years Day – Unbreakable

Nel loro genere, ovvero l’incontro tra pop e metal moderno, i New Years Day sono molto bravi, con un suono molto stelle e strisce, dalla grande forza ma anche dalla grande melodia.

Nuovo album per uno dei maggiori gruppi di metal pop mondiali, i californiani New Years Day, capitanati da Amy Costello da Anaheim.

Dopo il disco precedente, Malevolence del 2015, la band ha allontanato persone molto negative che vi gravitavano intorno, hanno rinnovato la squadra e sono più forti, da qui il titolo del nuovo lavoro: Unbreakable. Il lavoro è un perfetto esempio di come si possano unire pop e metal, generando melodie molto accattivanti che vertono sulla bella voce di Amy Costello. Quest’ultima è un po’ il fulcro ed il punto di maggiore attenzione del gruppo, nel senso che intorno alla sua voce e alla sua bellezza girano i New Years Day. Il gruppo è valido, molto americano e moderno, ma senza di lei l’interesse non sarebbe certamente lo stesso. Innanzitutto possiede una voce che sa adeguarsi ai diversi registri, dal pop la metal, passando per l’elettronica, ed è brava in tutti i frangenti. Poi è molto bella e usando in maniera accattivante questa sua dote la cosa sembra funzionare. Nel loro genere, ovvero l’incontro tra pop e metal moderno, i New Years Day sono molto bravi, con un suono molto stelle e strisce, dalla grande forza ma anche dalla grande melodia: Unbreakable è un lavoro che può piacere ad un pubblico trasversale, sicuramente non a chi ama il metal estremo, ma non si può mai dire, le folgorazioni sono dietro l’angolo. Il disco è quello che vuole essere, e sicuramente in patria raggiungerà vette notevoli, specialmente nel circuito delle radio universitarie. Qui da noi è un suono che non va molto, ma tutto è possibile. Metal moderno, pop e movimento.

Tracklist
1. Come For Me
2. MissUnderstood
3. Skeletons
4. Unbreakable
5. Shut Up
6. Done With You
7. Poltergeist
8. Break My Body
9. Sorry Not Sorry
10. My Monsters
11. Nocturnal
12. I Survived

Line-up
Ash Costello – vocals
Nikki Misery – guitar
Frankie Sil – bass
Austin Ingerman – lead guitar

NEW YEARS DAY – Facebook

Opprobrium – The Fallen Entities

The Fallen Entities è un bombardamento death/thrash metal che non concede tregua, ruvido, diretto e old school, dal lavoro ritmico più vario rispetto a quello di molte altre band, ma sempre legato ad un genere che ha come base un muro sonoro massiccio e potente.

Tornano gli storici Opprobrium, band di New Orleans nata a metà anni ottanta come Incubus e trasformatasi nella devastante realtà odierna nel 1999 per volere del batterista Moyses M. Howard e del chitarrista/cantante Francis M. Howard.

The Fallen Entities è il sesto lavoro sulla lunga distanza, un bombardamento death/thrash metal che non concede tregua, ruvido, diretto e old school, dal lavoro ritmico più vario rispetto a quello di molte altre band, ma sempre legato ad un genere che fa del muro sonoro massiccio e potente la base per brani che pescano a pari misura dal thrash anni ottanta (Slayer) e dal death metal di scuola statunitense dei primi anni del decennio successivo.
Niente di nuovo rispetto a quanto fatto in passato dal duo dunque, ma è indubbio che l’impatto di brani come le telluriche Creation That Affect o la title track, brano top dell’album con la lunga e a suo modo progressiva Throughout The Centuries.
Lavoro rivolto ai fans del death/thrash più ignorante e violento, The Fallen Entities è un macigno estremo potentissimo e senza compromessi.

Tracklist
1. Dark Days, Dark Times
2. Creations That Affect
3. Wicked Mysterious Events
4. The Fallen Entities
5. Throughout The Centuries
6. Turmoil Under The Sun
7. In Danger
8. Obstructive Behaviour

Line-up
Moyses M. Howard – Drums
Francis M. Howard – Guitars, Vocals

OPPROBRIUM – Facebook

Sidechain – Sidechain

In questo lavoro c’è un po’ tutto quello che il rock ha regalato a cavallo dei due secoli, che il gruppo marchigiano fa suo e con sagacia lo amalgama in una ricetta musicale vincente e matura.

Altro nome di cui risentiremo parlare in futuro è quello dei marchigiani Sidechain.

La band, dopo gli iniziali aggiustamenti nella line up, trova l’assetto definitivo nel quartetto composto da Simone Tedeschi alla voce, Matteo Nardinocchi alla chitarra, Mario Bianchini al basso e Danilo Innocenti alla batteria.
L’ep omonimo licenziato tramite la Volcano Records presenta cinque brani molto interessanti, poco inclini a facili melodie ed incentrati sulla parte più metallica e progressiva del rock alternativo degli anni novanta.
Chi si aspetta una manciata di canzoni dal ritornello carino, magari dal taglio post grunge ed in linea con il sound radiofonico alla Nickelback, verrà invece travolto da un sound potente, che non manca di pesanti note stoner e valorizzato da un grande lavoro ritmico dai rimandi progressivi.
In questo lavoro c’è un po’ tutto quello che il rock ha regalato a cavallo dei due secoli, che il gruppo marchigiano fa suo e con sagacia lo amalgama in una ricetta musicale vincente e matura.
Si parte dal metal al moderno rock progressivo, attraverso l’alternative rock tra lo spartito dell’opener My Master, di Horrible Tentacle e soprattutto della conclusiva Flame, brano simbolo del sound Sidechain, tra Tool, Alice In Chains ed Alter Bridge.
Cinque ottimi brani (l’ep si completa con Wars Today e Last Redemption Of My Soul) che ci presentano una band avviata a dire la sua nella scena underground rock odierna.

Tracklist
1. My Master
2. Horrible Tentacle
3. Wars Today
4. Last Redemption of My Soul
5. Flame

Line-up
Simone Tedeschi – Vocals
Matteo Nardinocchi – Drums
Mauro Bianchini – Bass
Danilo Innocenti – Drums

SIDECHAIN – Facebook

KILLIN’ BAUDELAIRE

Il video di Don’t Give a Fuck.

Il video di Don’t Give a Fuck.

Da oggi è disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming Don’t Give a Fuck (Bagana Records/Pirames International), il nuovo singolo dell’alternative metal band tutta al femminile Killin’ Baudelaire, tratto dall’album in uscita nei prossimi mesi. Su YouTube il video.

Don’t Give a Fuck racconta di come a volte credere di non potere uscire dalle cattive abitudini sia solo una prigione mentale. È la storia immaginata di una persona che, per uno strano scherzo del destino, si ritrova a rivivere di nuovo un giorno della propria vita in cui ha commesso un errore. Ma si rende presto conto di averlo compiuto di nuovo. E di nuovo. Perché il punto è: non è quello che fai, ma è quello che sei. La consapevolezza e la volontà di migliorarsi sono la chiave di qualsiasi progresso. Il video è ad opera, come tutti i precedenti, di Tommy Antonini.

Don’t Give a Fuck vede come autrici del testo Martina Ungarelli e Martina Riva, mentre la musica è di Titta Morganti (Mellowtoy). Il brano è stato registrato presso 33HZ Studio da Francesco Altare, mixato e masterizzato da Riccardo Parenti presso Elephant Mastering.

Le Killin’ Baudelaire sono Martina Ungarelli alla voce, Martina Riva chitarra e backing vocals, Alice Pandini basso e backing vocals, Elisa Montin alla batteria.

www.facebook.com/killinbaudelaire

www.instagram.com/killinbaudelaire

BIOGRAFIA
4 ragazze, 1 band che sta per uscire con nuovo disco. Diretto, senza compromessi, più duro che mai. Le Killin’ Baudelaire hanno suonato nei più prestigiosi festival in tutta Italia, come iDays Festival 2017, assieme a grandi nomi internazionali tra cui Linkin Park e Blink-182, si sono esibite diverse volte in Inghilterra, Austria, Germania, Svizzera e Francia e hanno partecipato all’ultima edizione del Nova Rock il 15 giugno 2018, che ha visto headliner Avenged Sevenfold e Prodigy.

Laang 冷 – “Haiyáng 海洋

Háiyáng è un lavoro a suo modo sorprendente che ritengo meriti la chance dell’ascolto da parte degli appassionati del black meno canonico e dalle provenienze esotiche.

Diverse sono le particolarità che rendono degno di un ascolto questo esordio marchiato Laang.

Intanto la provenienza geografica, anche se quella di Taiwan non è in assoluto una primizia in ambito black, ma resta comunque un qualcosa di inconsueto; oltre a questo Yáng Tāohái, il musicista che da solo ha curato questo progetto, pubblicando Háiyáng diverso tempo dopo essersi risvegliato dal coma in seguito ad un incidente stradale, ha deciso di descrivere quello stato di anticamera della morte che a suo dire ha vissuto mentre era in quello stato.
Non si può giurare che il tutto sia vero o si tratti di un puro artificio compositivo, fatto sta fatto che l’album si snoda all’insegna di un black metal sinfonico, benché molto sui generis, ricco di passaggi emotivamente rimarchevoli, inframezzati da altri di matrice puramente ambient.
In effetti ciò che colpisce del lavoro è la capacità del musicista asiatico di conferire una certa originalità alla sua proposta, proprio perché l’adesione solo parziale agli schemi del genere risente della provenienza da una scena decisamente lontana (non solo geograficamente) da quelle più conosciute: il risultato è una serie di brani dal buon impatto melodico ma effettivamente dal contenuto piuttosto vario ed evocativo, grazie anche all’apporto del pianoforte che in più di un caso si sostituisce ad un più algido synth.
Particolare è l’uso della voce che non è un consueto screaming di matrice black ma un qualcosa di più sgraziato (accentuato in tal senso da una lingua madre il cui adattamento al metal è tutto da verificare) che sembra, però, ben adattarsi al contesto drammatico che il nostro vuole evocare, la cui punta viene a mio avviso toccata con le notevoli progressioni di un brano davvero particolare come Cāngliáng.
Háiyáng è un lavoro a suo modo sorprendente che ritengo meriti la chance dell’ascolto da parte degli appassionati del black meno canonico e dalle provenienze esotiche.

Tracklist:
1. Chāoyuè Dìyù 超越地狱
2. Shēnyuān 深淵
3. Hilàng 海浪
4. Cāngliáng 蒼涼
5. Yān 淹
6. Jī 羇
7. Yun Miè 殒灭
8. Zǐdàn Kǒng 子弹孔

Line-up:
杨涛海 (Yáng Tāohai)

LAANG – Facebook

Lost In Pain – Gold Hunters

La band suona un heavy thrash old school che tradisce ispirazioni americane, quindi dal grande impatto, ben prodotto, veloce e basato su un lavoro strumentale di buona fattura.

Dal Lussemburgo arrivano i Lost In Pain, realtà di tutto rispetto dell’underground metallico europeo, arrivati con questo nuovo album al terzo su lunga distanza dopo il debutto omonimo del 2011 ed il precedente Plague Inc. licenziato nel 2015.

La band suona un heavy thrash old school che tradisce ispirazioni americane, quindi dal grande impatto, ben prodotto, veloce e basato su un lavoro strumentale di buona fattura.
I primi Metallica sono probabilmente la band che più si avvicina al sound del quartetto di Niedercorn, composto da Hugo Centeno (voce e chitarra), Dario Raguso (chitarra), Luca Daresta (batteria) e Nathalie Haas (basso), che partono a manetta con la title track e arrivano al traguardo passando per devastanti accelerazioni, groove e mid tempo pesantissimi.
La loro attitudine old school è mitigata da una produzione in linea con quanto proposto oggigiorno, punto a favore dei Lost In Pain che risultano tradizionalisti nel sound ma sul pezzo in quanto a scelte in sala d’incisione.
Accenni a qualche sfumatura estrema a livello d’impatto fanno il resto e brani possenti come Rebellious Protesters o A Word risultano delle potenti mazzate heavy/thrash, così come funzionano le melodie metalliche della semi ballad in crescendo God Of Destruction.
In conclusione Gold Hunters è un album diretto, potente e ben suonato, assolutamente consigliato agli amanti del thrash metal di matrice statunitense.

Tracklist
1.Gold Hunters
2.Mining for Salvation
3.Revolt
4.Rebellious Protesters
5.Burnout
6.A Word
7.God of Destruction
8.The Great Illusion

Line-up
Hugo Centeno – Vocals / Lead Guitar
Dario Raguso – Guitar / B.Vocals
Luca Daresta – Drums
Nathalie Haas – Bass / B. Vocals

LOST IN PAIN – Facebook

Order 1968 – Tears In The Snow

Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Ristampa della cassetta Tears In The Snow di Order 1968, rimasterizzata da Giovanni Indorato al Ctìyber Ghetto Studio.

Order 1968 è stato uno dei primi progetti di uno dei maggiori nomi della musica elettronica in chiave ambient ed industrial in Italia, da parte di quel Claudio Dondo che, dopo l’esperienza con Order 1968 andrà a fondare i fondamentali Runes Order, che invitiamo caldamente a scoprire o riscoprire. La cassetta uscì originariamente nel 1991, registrata nello studio casalingo di Claudio, che era anche l’unico membro del progetto, e pubblicato sull’etichetta da lui fondata, Hate Productions. La cassetta fu originariamente ristampata in 200 copie sotto il nome Runes Order dalla Oktagon Records, con lo stesso audio ed un artwork differente. Annapurna Productions ha ristampato il tutto rimasterizzandolo e con le copertine originali. Dondo è sempre un produttore geniale e notevole, in nuce qui c’è quello che poi farà con i Runes Order, ma soprattutto troviamo una concezione totale e rituale del mezzo musicale. Non è musica fatta per intrattenere, per consolare o per dare risposte, qui ci sono tenebre, domande e tormenti, ma il fatto è che sono fra le atmosfere migliori mai prodotte in Italia. Molto lontano dalle luci della musica di successo ed anche dalla musica delle pose finto alternative, c’è un universo dove ci sono persone che fanno musica per passione e per giocare con i loro demoni, e Claudio Dondo è un eminente esponente di codesta schiatta. Tears In The Snow non lo si ascolta, è il disco stesso che si insinua dentro di noi, percorre le nostre vene e torna nel cervello per celebrare il rituale della nostra estrema caducità, messa mirabilmente in sonoro qui. Tears In Snow è sia un lavoro seminale che una cosa a sé stante, un altro tenebroso episodio della carriera di Claudio, una parabola pressoché unica in Italia e che è apprezzata da chi sa e vuole farlo. Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Tracklist
1. Intro(duction)
2. Sturm
3. A Minute In The Snow
4. The Runes
5. The White Empire
6. The Key Of Pride
7. Watching The New Dawn
8. Nocturne
9. No Surrender!!!
10. A Minute In The Wind
11. Buried Blades
12. Le Bianche Valli Del Silenzio
13. Chi Ride Muore!

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO

Il video di “L’imprevisto”, dall’album “Transiberiana” (InsideOut).

Il video di “L’imprevisto”, dall’album “Transiberiana” (InsideOut).

Il BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, la leggendaria prog band italiana, pubblica oggi su Inside Out Music / Sony Music Group il nuovo album “Transiberiana”, il primo album di inediti in 25 anni.
Per celebrarne l’uscita la band presenta oggi il video dell’ultimo singolo “L’imprevisto”.

L’album è disponibile a questo link nei formati Limited Edition Mediabook CD con booklet di 44 pagine, Gatefold 2LP+CD+LP Booklet e in digitale.

Di seguito il commento di Vittorio Nocenzi: “Ad un certo momento, il freddo siberiano è così intenso che il ghiaccio copre tutto il binario. Quindi diventa pericoloso andare avanti, si potrebbe deragliare. Ed allora il treno si ferma, nel deserto della tundra. Fa freddo e i viaggiatori cominciano ad aver paura. Fuori si intravedono delle luci, potrebbe essere un villaggio. Allora cominciano a pensare di scendere dal treno per andare a chiedere aiuto. Il freddo aumenta. È la metafora delle cose imprevedibili che cambia nel corso della nostra esistenza, la paura davanti a quello che noi conosciamo è sempre la prima arma di difesa. Invece gli imprevisti possono anche regalarci inattese positive sorprese,
Se solo fossimo più disponibili ad affrontare la diversità, l’inusuale: ogni imprevisto può costruire nuove scoperte e nuove certezze se lo affrontiamo con coraggio e determinazione. – L’imprevisto è solo l’occasione per cambiare. Non aver paura è la strada nuova che si apre-.
Fra i suoni che caratterizzano questo brano in particolare la “slide guitar” di Filippo, esprime tutto lo struggimento di rimpianto che stanno nella paura che assale i viaggiatori davanti al – nulla che ha affogato i nostri giorni-”

Tracklist di “Transiberiana”:

1. Stelle sulla terra (6:06)
2. L’imprevisto (3:29)
3. La discesa dal treno (6:16)
4. L’assalto dei lupi (5:35)
5. Campi di Fragole (3:36)
6. Lo sciamano (4:01)
7. Eterna Transiberiana (6:20)
8. I ruderi del gulag (6:06)
9. Lasciando alle spalle (1:47)
10. Il grande bianco (6:33)
11. Oceano: Strade di sale (3:39)

Disponibile il commento di Vittorio Nocenzi, leader del Banco, in merito al sign con Inside Out Music: “Sono entusiasta di poter collaborare con Inside Out dopo aver lavorato così duramente sul nuovo album. Mi riempie di gioia e soddisfazione dato che sono stato davvero ispirato sin dall’inizio! Per troppi anni, la band si è dedicata solo alle esibizioni dal vivo, era ora che tornassimo a comporre, suonare e produrre nuovo materiale! Scegliendo il concetto di “Transiberiana” per questo nuovo lavoro, vorrei sottolineare due aspetti principali: in primo luogo la nuova formazione del Banco composta da grandi musicisti e grandi persone; in secondo luogo, la presenza dei miei due figli nel progetto, Michelangelo ha collaborato alla stesura dell’album e Mario Valerio si è occupato della strategia di marketing e comunicazione ad esso correlata. Questi due elementi sono stati i migliori doni che potessi mai avere! E questa è una motivazione in più, se mai è necessario, per fare del mio meglio e per raggiungere gli obiettivi del Banco. Posso solo augurare ai fan di godere di questo incredibile progetto, e non vedo l’ora di vederli dal vivo quando andremo a suonare l’album assieme ai brani classici del Banco in tutto il mondo, con Filippo Marcheggiani (chitarra solista), Nicola Di Già (chitarra ritmica), Fabio Moresco (batteria), Marco Capozi (basso), il nostro cantante Tony D’Alessio e io!”

L’ultimo album del Banco del Mutuo Soccorso “13” risale al 1994. Dopo tutti questi anni e dopo la perdita di due membri fondatori il Banco è tornato per confermare la propria importanza nel panorama progressive internazionale.

Il Banco del Mutuo Soccorso è nato a Roma nel 1969. “Transiberiana” non è solo il nuovo album del Banco del Mutuo Soccorso ma il riflesso di tutta la carriera e di ciò che è la band al giorno d’oggi.

Il BANCO DEL MUTUO SOCCORSO è:
Vittorio Nocenzi (piano, tastiera e voce)
Filippo Marcheggiani (chitarra)
Nicola Di Già (chitarra ritmica)
Marco Capozi (basso)
Fabio Moresco (batteria)
Tony D’Alessio (voce)

DRUDKH – A Few Lines in Archaic Ukrainian

Ottima raccolta della Season of Mist Underground Activists che include tutti i brani dei tre split usciti a cavallo tra il 2016 e il 2017 dei Drudkh. Una buona occasione per assaporare anche quelle canzoni che, per le tirature limitate degli split stessi, potrebbero risultare non pervenute, ad irreparabile danno dei nostri padiglioni auricolari.

I Drudkh di certo non necessitano di troppe presentazioni.

Mainstream della scena Black Metal europea, gli ucraini di Kharkiv hanno all’attivo ben 11 full-length, più alcuni ep e tre split (il più famoso quello con gli storici blackster norvegesi Hades Almighty del 2016, uscito per Dark Essence) ed un paio di compilation, Eastern Frontier in Flames del 2014 e, appunto, questa nuovissima A Few Lines In Archaic Ukranian, entrambe uscite con titolo in cirillico (come del resto accade per tutta la loro produzione) per la Season of Mist Underground Activists (la sorella minore della major francese). La scelta per queste due compilation, ad onor del vero è stata azzeccatissima. Invece che produrre il solito Best Of, che potrebbe anche annoiare il fan che già possiede tutta la loro discografia, si è deciso, per la prima, di includere oltre che alle due bonus tracks presenti sulla versione in edizione limitata di Microcosmos del 2009, anche 5 cover (tra cui l’immortale Indiánská píseň hrůzy dei cechi Master’s Hammer, del 1995), mentre, per l’oggetto della nostra recensione, ci è stata data la possibilità di apprezzare tutte le canzoni presenti nei tre split, per la felicità di chi, a quel tempo, non riuscì ad accaparrarseli. Partiamo quindi per gradi, proprio dalla prima traccia, Golden Horse (tratta appunto dallo split con gli Hades Almighty); tiratissimo Black, che racchiude nei suoi quasi nove minuti, tutta l’essenza della brutalità e dell’aggressività che i Nostri sono capaci di esprimere, sempre e comunque in bilico tra una violenza inaudita ma ordinata, e una gestione quasi perfetta degli intervalli mid, che si intrecciano amabilmente con la loro epica cadenza , armoniosamente ordita su una base di keyboards che donano al loro sound una melodia mai scontata, pacchianamente commerciale e ruffiana. Così come in Fiery Serpent (il secondo brano presente sempre nel famoso split e, come per Golden Horse, ispirato allo scrittore ucraino Volodymyr Svidzins’kyi, perseguitato ed ucciso dal regime di Stalin, nel 1941), epica traccia che rimanda ad antiche guerre, potente ed imperiosa, che sublima i nostri padiglioni auricolari, grazie a remote melodie (favoloso anche l’arpeggio a metà traccia) che, in un crescendo multicolore di policromatiche sfumature sonore, rendono il brano una vera e propria cavalcata (la parte centrale strumentale è da capogiro) fastosa, inarrestabile, di un imponenza solenne, quasi maiestatica. Il tutto termina con un altro meraviglioso arpeggio che ci assopisce leggermente; ma, immersi ancora in fantasticherie cavalleresche, veniamo brutalmente riportati alla realtà con l’ingresso di His Twenty-Fourth Spring (dallo split con i Grift svedesi, brano dedicato al famoso poeta ucraino Bohdan-Ihor Antonych, deceduto prematuramente all’età di soli 28 anni). Una partenza impressionante, scream, drumming e chitarre si rincorrono a perdifiato, per poi interrompersi dopo i primi 2 minuti, momento in cui la traccia si spezza in due. Subentra l’atmosferica melodia dei Nostri, marziale e solenne, e la canzone si apre, in un favoloso caleidoscopio di sonorità che sanno molto di classico Heavy Metal, e profumano tanto di Viking scandinavo. Sempre dal medesimo split, Autumn in Sepia (per il filosofo tedesco-lituano Mike Johansen, che per anni ha combattuto contro la tirannia sovietica, e ne è diventato vittima nel 1937), zanzaroso intramontabile Black Metal, abbastanza classico, piacevolissimo per gli insert di keyboards che aggiungono un pizzico di morbidezza ad un brano ruvido (ma non grezzo), feroce (ma non caotico), tipico (ma non scontato).
All Shades of Silence (estrapolata dallo split con la one-man band svizzera di Ambient Black, Paysage d’Hiver e fortemente legata al pensiero di Yevhen Pluzhnyk, deceduto in un gulag nel 1936) di ombre (shades) ne ha molte, tale è l’oscurità che trasuda da ogni singola nota, ma è il silenzio che a metà canzone la fa da padrone, interrompendo la traccia, separandola nettamente in due, quasi a creare una canzone nella canzone, grazie ad un tenebroso synth dungeon che preannuncia un maestoso strumentale momento che ci conduce al termine del brano, evidenziando che la mostruosa tecnica di questi non più proprio ragazzini, in quasi 17 anni, è cresciuta costantemente, inequivocabilmente, divenendo inarrestabile, soprattutto se comparata ai grezzi esordi di Forgotten Legends (2003).
L’ultimo brano The Night Walks Towards Her Throne, e seconda traccia dello split con lo svizzero, arricchisce ulteriormente la compilation grazie alle melodie di una keyboard a sei mani (sì perché, eccezion fatta per Roman Saenko, chitarra e basso, tutti gli altri componenti suonano come secondo strumento le tastiere) e al suo Black Metal decisamente scandinavo che, se è vero che nulla aggiunge a quanto sopra detto, nulla toglie ad una uscita che, come raccolta, vale il prezzo pagato per acquistare uno qualsiasi tra i loro full-length.

Tracklist:
1. Золотий кінь (Golden Horse)
2. Вогняний змій (Fiery Serpent)
3. Його двадцять четверта весна (His Twenty-Fourth Spring)
4. Осінь в сепії (Autumn in Sepia)
5. Всі відтінки тиші (All Shades of Silence)
6. Ніч крокує до свого трону (The Night Walks Towards Her Throne)

Line-up:
Roman Saenko – Guitars, Bass
Thurios – Vocals, Keyboards
Krechet – Bass, Keyboards
Vlad – Drums, Keyboards

DRUDKH – Facebook

Hidden Lapse – Butterflies

Con Butterflies l’asticella della qualità si è alzata non di poco, a conferma delle enormi potenzialità degli Hidden Lapse.

La vena melodica e progressiva dei nostrani Hidden Lapse non si è ovviamente esaurita con Redemption, lavoro uscito un paio di anni fa, e la band torna a scrivere un’altra pagina della sua storia con questo nuovo album, intitolato Butterflies e licenziato ancora dalla Rockshots Records.

Questo nuovo lavoro conferma tutte le buone parole spese per l’album precedente, risultando leggermente più metallico ma sempre elegante e sinuoso, valorizzato da melodie splendidamente incastonate in un sound che a tratti risulta di una forza d’urto devastante.
La band è ancora più compatta e sfoggia, oltre alla notevole interpretazione della cantante Alessia Marchigiani e al gran lavoro del chitarrista Marco Ricco, una sezione ritmica potentissima, più presente e potente rispetto al passato e tecnicamente ineccepibile.
Romina Pantanetti al basso e Alessio Monacelli alla batteria sono l’arma in più di Butterflies, anche se, come scritto in precedenza, la sensazione di essere al cospetto di un gruppo compatto è forte come dimostrano i nove brani.
Butterflies parte deciso, Dead Jester è un opener power progressiva devastante, la splendida voce della singer ricama linee melodiche su un sound che ricorda i Dream Theater più metallici dell’ultimo Distance Over Time.
The Letter 0 si avvicina più ai maestri Symphony X, brano che risulta un piccolo capolavoro prog metal con la track list che non inciampa, regalando qualche spunto elettronico come nel precedente album (Glitchers) e corre dritta verso il traguardo, tra qualche accenno alla scena tricolore (Vision Divine) e bordate di power metal tecnico da applausi (Grim Poet, Cruel Enigma).
Con Butterflies l’asticella della qualità si è alzata non di poco, a conferma delle enormi potenzialità degli Hidden Lapse.

Tracklist
1. Dead Jester
2. Third
3. The Letter 0
4. Stone Mask
5. Glitchers
6. Grim Poet
7. Sleeping Beauty Syndrome
8. Cruel Enigma
9. Dust
10. Silent Sacrifice (rearmed) – Bonus Track

Line-up
Alessia Marchigiani – Vocals
Marco Ricco – Guitars and Vocals
Romina Pantanetti – Bass
Alessio Monacelli – Drums

HIDDEN LAPSE – Facebook

Brutofuzz – Every Drop

A parte le definizioni che lasciano sempre davvero il tempo che trovano, e forse anche meno, i Brutofuzz sono un gruppo come pochi, diretto, potente e molto particolare.

Un trio di ragazzi come noi non più giovanissimi, che fanno un ottimo noise rock distorto e dalla notevole creatività, con ogni canzone che racchiude elementi notevoli.

Questo ep porta con sé una storia particolare, dato che originariamente era nato come lavoro strumentale a nome Sun@9 e intitolato Italian Breakfast, e che un’etichetta americana di nome M.W.A.I.A. voleva pubblicare a nome Brutofuzz. Ciò diede l’occasione al gruppo di riarrangiare i pezzi per metterci la voce, e bisogna dire che il risultato è molto buono, e pure che gli americani ci avevano visto lungo. Il gruppo era rimasto inattivo dal 2014 al 2017 per gravi problemi di salute di uno dei ragazzi, problema fortunatamente risolto, e torna con questo ep che gli garantisce un bel posto al sole. Ci sono tante cose qui dentro, dal noise allo stoner, a partenze alla Rage Against The Machine quando meno te lo aspetti e tanto altro, ma soprattutto una maniera di fare musica mai ovvia e scontata. Si sente molto chiaro lo spirito di Les Claypool, ovvero tecnica musicale, lavoro in saletta e suonare senza escludere un labor limae successivo. Every Drop è un flusso di coscienza musicale, un correre e saltare senza mai fermarsi, rinnovando una tradizione italiana del tutto particolare, che si potrebbe riassumere con free rock molto rumoroso. A parte le definizioni che lasciano sempre davvero il tempo che trovano, e forse anche meno, i Brutofuzz sono un gruppo come pochi, diretto, potente e molto particolare. Purtroppo sono stati tre anni fuori dai giochi, ma questo ep servirà a riportarli nella mischia perché tirano colpi non da poco. Prima della loro pausa forzata (che denota anche dei valori perché piuttosto si ferma tutto se un membro della famiglia ha dei problemi) si stavano creando il loro meritato e giusto spazio sia su disco che dal vivo, ma ora sono tornati meglio di prima.

Tracklist
1. Toy Man
2. Celebrate
3. Orgasmic Cosmo
4. Mask Of Hate
5. Burning On My Skin

Line-up
Luca “barbadrum” Stocco – batteria
Federico “brutobass” Leo – basso
Federico “fuzzfaith” Lorigiola – chitarra

BRUTOFUZZ – Facebook

Embrional – Evil Dead

Gli Embrional manipolano la materia a loro piacimento, creando una valanga di riff forgiati negli oscuri abissi dell’inferno, tra tempi veloci ed altri più rallentati, maligni come demoni intenti a portare il verbo oscuro sulla terra.

Sono passati quattro anni da quando gli Embrional fecero la loro maligna apparizione su quelle che erano pagine metal di Iyezine con quell’oscuro massacro sonoro dal titolo The Devil Inside, e il diavolo pare proprio che continui ad ispirare alla band polacca musica estrema malefica e putrescente.

Il gruppo torna con questo ottimo lavoro intitolato Evil Dead, composto da otto brani di death metal oscuro e diabolico, dai tratti black ed accostabile ai soliti Behemoth.
Gli Embrional manipolano la materia a loro piacimento, creando una valanga di riff forgiati negli oscuri abissi dell’inferno, tra tempi veloci ed altri più rallentati, maligni come demoni intenti a portare il verbo oscuro sulla terra.
Dall’opener Ending Up On The Gallows in poi è un susseguirsi di atmosfere oscure e possessive, un crescendo di odio e malvagità che trova nell’oppressiva Lords Of Skull, nella violenta e veloce Day Of Damnation e nella conclusiva Damned By Dogmas il culmine di tensione di questo nuovo lavoro degli Embrional, altro ordigno sonoro appannaggio degli amanti del death metal di scuola est europea.

Tracklist
1.Ending up on the Gallow
2.Vileness…
3.Inhuman Lusts
4.Lord of Skulls
5.Day of Damnation
6.Endless Curse
7.Abomination
8.Damned by Dogmas

Line-up
Armagog – Bass
Skullripper – Guitars, Vocals
Młody – Drums
Tomasz Nowok – Guitars

EMBRIONAL – Facebook

CLOCKWORK

Il video di Closer (FreeMood Promotion / Tanzan).

Il video di Closer (FreeMood Promotion / Tanzan).

https://www.youtube.com/watch?

Underground Symphony è orgogliosa di annunciare la presenza dei Clockwork alla compilation per celebrare il 25° anniversario della label. Il nuovo progetto fondato dal tastierista e compositore Lorenzo Masiero, vede la partecipazione di due componenti dei Dark Horizon, il chitarrista e produttore Daniele Mandelli (Tragodia, Forgotten Tomb, Adramelch) ed il batterista Gianluca Capelli, oltre a quattro voci, due maschili e due femminili. Il gruppo, autore di un symphonic metal sulla scia di Avantasia e Kamelot, parteciperà alla compilation con il primo singolo “Closer”, in uscita digitale per FreeMood Promotion / Tanzan e di cui è stato girato un videoclip.

Di seguito la line-up completa
Lorenzo Masiero: tastiere
Daniele Mandelli: chitarra
Gianluca Capelli: batteria
Luigi Riccio: basso
Francesca Trevisan: voce
Rossella Moscatello: voce
Paolo Taurino: voce
Fabio Brunetti: voce

Legacy Of Silence – Our Forests Sing

In virtù di un buon songwriting la band offre agli ascoltatori un lavoro vario, incentrato sul magico suono del flauto, ma dalle atmosfere che passano agevolmente dal fiabesco all’epico, fino a più robuste e combattive impennate death metal.

La Volcano Records ci sorprende ancora una volta, licenziando il debutto dei Legacy Of Silence, band folk/death metal di Torino.

Il gruppo, attivo dal 2014, dopo vari cambi nella line up, un ep ed una manciata di singoli pubblicati arriva all’esordio su lunga distanza, un’opera curata nei minimi dettagli intitolata Our Forests Sing.
Ispirato dai luoghi montani della loro terra, il concept dell’album ruota intorno alla natura, alla sua forza e all’influenza che ha su chi ancora riesce a viverci in simbiosi, ed il sound non può che essere un death metal melodico, di matrice nord europea e dalla forte componente folk.
Ormai il genere non fa più notizia, ma in virtù di un buon songwriting la band offre agli ascoltatori un lavoro vario, incentrato sul magico suono del flauto, ma dalle atmosfere che passano agevolmente dal fiabesco all’epico, fino a più robuste e combattive impennate death metal.
Our Forests Sing, le foreste cantano, intonando note d’altri tempi e con Witchwood si entra nel mondo dei Legacy Of Silence, fatto di rispettoso silenzio davanti alla maestosità dei luoghi dove le varie Bloodhunt o Misfortune ci accompagnano, mentre le ritmiche salgono, il growl si inspessisce e l’atmosfera si contorna di un’aura austera ed epica nello spartito di Heresy e Nightfall.
Le band di riferimento sono quelle ormai classiche del genere, con la componente estrema di matrice Amon Amarth ad irrobustire il suono dell’epico silenzio di cui si fanno portavoce i Legacy of Silence.

Tracklist
1.Witchwood
2.Bloodhunt
3.Misfortune
4.Torment
5.Heresy
6.Inquisition
7.J.A.W.S.
8.Nightfall
9.Rebirth

Line-up
Alberto Ferreri – Batteria
Luca Capurso – Flauto
Gianluca Mondo – Chitarra Main e Voce
Mark Greyowl – Voce Leader
Simone Macchia – Chitarra Leader
Alberto Ferrero – Basso

LEGACY OF SILENCE – Facebook

Dauþuz – Monvmentvm

Al grido “Gluck Auf!”il duo teutonico ci assale con un black metal veemente, passionale e dal forte afflato epico, un terzo disco in quattro anni che non perde in furia ed emozioni.

Connubio felice quello tra la Naturmacht e il duo tedesco Dauþuz che, attivo solo dal 2016, ha già fatto uscire tre full length e un ep tutti votati alla creazione di un personale sound, figlio del Black Metal più raw, viscerale, passionale ma capace di impulsi epici da pelle d’oca.

Ispirazione bruciante per Aragonyth (tutti gli strumenti) e Syderyth (vocals e liriche), che non va a scapito della qualità costante nelle opere e assolutamente non mancante nell’ ultimo nato Monvmentvm, dove nell’arco di cinquanta minuti si palesa arte nera di prima qualità. Caratteristica principale che li distingue da molti altri act, è il trattare nelle liriche, tutte purtroppo in tedesco, storie di minatori e miniere nella Germania e nell’Europa lungo i secoli, alcune storie sono fittizie ma molte altre sono squarci di vita vissuta. A loro non interessano i “soliti” temi satanisti tipici del genere, ma preferiscono occuparsi di argomenti di sicuro non comuni, ma dal fascino genuino. Al grido di “Gluck Auf! “(augurio di buona sorte scambiato tra i minatori e scritto all’ingresso di molte miniere) il duo ci scaglia direttamente sul volto un black metal veemente, torrenziale, inarrestabile dotato di una carica a cui è difficile resistere, accompagnato da uno scream lacerante e disperato, mentre le chitarre in tremolo picking creano atmosfere epiche e antiche che profumano di folk e nostalgia. Nei rari momenti, i tre strumentali, in cui la veemenza si attenua, la band si dedica alla creazione di oasi madrigalesche con un cuore di cristallina bellezza, dal sapore medievale ricordando gli Ulver di Kveldssanger.Quando la furia riprende il sopravvento, si è letteralmente trascinati su alte vette emozionali fino dall’ opener Schwarzes Wasser che tramortisce con i suoi cambi di tempo e l’atmosfera fortemente epica, del resto sempre presente in ogni nota. Si è catapultati in un’ atmosfera fuori dal tempo durante l’ascolto di tutti i brani, si è piacevolmente immersi in un mondo dove valori come la forza, la dignità e la lealtà hanno ancora un alto e reale valore. Per chi già li conosce sarà un grande conferma e, per chi volesse accostarsi alla loro arte, l’ascolto della lunga title track sarà un buon viatico per innalzare il proprio cuore nero verso orizzonti di adamantina bellezza; le melodie chitarristiche e il finale su note pianistiche struggono ogni senso.

Tracklist
1. Schwarzes Wasser
2. Der Bergschmied
3. Hornstein
4. Knochengrube
5. Kupferglanz
6. Mæna Dauþuz
7. Himmelseisen
8. Monvmentvm

Line-up
Aragonyth S. – All instruments
Syderyth G. – Vocals, Lyrics, Guitars (acoustic)

Dauþuz – Facebook

Lord Vicar – The Black Powder

I Lord Vicar non inventano nulla, suonando un genere circoscritto, ma lo fanno con una forza espressiva ed una qualità sopra la media che li rendono una delle massime espressioni del classic doom attuale.

Nati dalle ceneri dei Reverend Bizarre, i Lord Vicar proseguono il loro viaggio nel doom metal più classico con il il quarto lavoro su lunga distanza, questo nuovissimo e monolitico The Black Powder.

Registrato ai Noise for Fiction Studio di Turku in Finlandia, con il produttore Joona Lukala, ed accompagnato come tradizione da uno splendido artwork, l’album, partendo proprio dalla copertina si rivela un’opera d’arte, un bellissimo esempio di musica del destino dai rimandi classici, ma dotato di una forza ed un’eleganza straordinarie.
La band finlandese torna dunque con più di un’ora di sound pesante, monolitico, pregno di melanconiche melodie e dalla forza prorompente, alternate ad atmosfere in cui il metal lascia spazio a momenti musicali di stampo progressivo, accennati tra un dark sound che improvvisamente esplode in parti grondanti watt.
I nove brani partono dai diciassette minuti di Sulphur, Charcoal and Saltpetre, brano posto in apertura che non lascia spazio a dubbi su quello che si troverà tra le note delle varie Descent (brano che ricorda non poco gli statunitensi Revelation), la più vigorosa The Temple in the Bedrock e la conclusiva e travolgente A Second Chance, top song di questo ottimo lavoro.
I Lord Vicar non inventano nulla, suonando un genere circoscritto, ma lo fanno con una forza espressiva ed una qualità sopra la media che li rendono una delle massime espressioni del classic doom attuale.

Tracklist
1.Sulphur, Charcoal and Saltpetre
2.Descent
3.World Encircled
4.Levitation
5.The Temple in the Bedrock
6.Black Lines
7.Impact
8.Nightmare
9.A Second Chance

Line-up
Gareth Millsted – Drums
Kimi Kärki – Guitars
Chritus – Vocals
Rich Jones – Bass

LORD VICAR – Facebook

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