THUNDER BRIGADE

Il video di Beat A Dead Horse, dall’album Spirit Of The Night in uscita a maggio (Bagana Records/Pirames International).

Il video di Beat A Dead Horse, dall’album Spirit Of The Night in uscita a maggio (Bagana Records/Pirames International).

Da oggi è disponibile in digital download e su tutte le piattaforme streaming Beat A Dead Horse (Bagana Records/Pirames International), il primo singolo del rock blues trio Thunder Brigade, tratto dal nuovo album “Spirit Of The Night” in uscita il prossimo 17 maggio.

Beat A Dead Horse trasuda dark blues già dalle prime note, snocciolandosi in quest’atmosfera per tutta la durata del brano. Le lyrics raccontano degli errori, degli sbagli che capita a tutti di commettere e che spesso ci si ritrova a ripetere, come in un loop, ancora e ancora. Il titolo stesso rappresenta infatti il termine anglosassone che esprime ironicamente il concetto di combattere una battaglia persa. Si tratta di quasi quattro minuti di un interessante rock blues moderno, che ci trattiene all’ascolto fino all’ultima nota.

Testo e musica provengono dalla penna dei Thunder Brigade, il singolo è prodotto dalla stessa band in collaborazione con Stefano “Orkid” Santi. È stato registrato e mixato presso i SPVN Studios di Como da Stefano “Orkid” Santi, mentre per la masterizzazione i tre musicisti si sono rivolti oltre oceano, scegliendo The Basement Recording in North Carolina -USA- di Jamie King. Il video è di Ivano Tomba.

Descrivibile come l’incontro perfetto tra il Classic Rock di Tom Petty, il Blues fangoso di Johnny Winter e a tratti la psichedelia dei Grateful Dead, la musica dei Thunder Brigade unisce le influenze e il background musicale del trio ad un approccio blues rock completamente fresco e contemporaneo.

I Thunder Brigade sono Stefano Cascioli voce e chitarra, Stefano Bigoni chitarra e lapsteel e Stefano Lecchi alla batteria e percussioni.

THUNDER BRIGADE
SPIRIT OF THE NIGHT

23 maggio – Peyote Cafè – Magenta (MI)
13 luglio – Musica Per Carlo – Desio (MB)

Asymmetric Universe – When Reality Disarticulates

When Reality Disarticulates è il biglietto da visita di questo notevole trio che agisce con il monicker Asymmetric Universe: da segnare sul taccuino perché la sensazione è che questo sia solo l’avvio di un percorso artistico molto interessante.

Per gli amanti del metal e del rock strumentale, una nuova e giovane band si affaccia sulla scena tricolore: sono i torinesi Asymmetric Universe, all’esordio autoprodotto con quattro brani racchiusi in un ep intitolato When Reality Disarticulates.

Federico Vese (Chitarra), Nicolò Vese (Basso) e Gabriele Bullita (Batteria) danno alle stampe diciannove minuti di musica progressiva contaminata da vari generi ed influenze lontanissime tra loro come il progressive metal, il jazz, la fusion e la musica orchestrale ed elettronica.
Di queste proposte, specialmente in contesti più estremi come il death metal più tecnico, ne abbiamo ascoltate un bel po’ nel corso degli anni, quindi la relativa novità della proposta, a mio parere, è messa in secondo piano da una prova di grande spessore a livello strumentale e dalla comunque ottima fruibilità all’ascolto di questi primi quattro brani; questi giovani musicisti piemontesi, infatti, dimostrano una sorprendente maturità nell’amalgamare una pregevole tecnica con una forma canzone perfettamente delineata, così da essere compresa anche da chi non è un grande estimatore della musica strumentale.
Echi crimsoniani si intrecciano con progressive e metalliche partiture care ai Dream Theater, inframezzate o legate a forti accenni jazz/fusion, tra l’opener Trees Houses Hill, la funambolica Hermenuetic Shock e gli arcobaleni di note che colorano gli spartiti di Off The Beaten Track e The Clouds Passing By.
When Reality Disarticulates è il biglietto da visita di questo notevole trio che agisce con il monicker Asymmetric Universe: da segnare sul taccuino perché la sensazione è che questo sia solo l’avvio di un percorso artistico molto interessante.

Tracklist
1.Trees Houses Hill
2.Hermenuetic Shock
3.Off The Beaten Track
4.The Clouds Passing By

Line-up
Federico Vese – Guitar
Nicolò Vese – Bass
Gabriele Bullita – Drums

ASYMMETRIC UNIVERSE – Facebook

Padus – Diva Sporca

Diva Sporca è un disco che sa di antico, di qualcosa che si muove nelle nebbie, di sguardi impauriti al cielo verso la luna nera che sta sopra di noi da millenni, è anche ricerca musicale e passione che porta oltre.

Padus è il progetto molto particolare ed originale di Matteo Zanella, un abitante del delta del Po che suona il basso in un’orchestra di musica da ballo.

E proprio il basso come strumento è messo al centro di questa singolare opera, specialmente il basso distorto, che diventa in pratica un gruppo musicale a sé stante. Matteo Zanella è uno di quei musicisti totali e straripanti, ha la musica nel cervello e la crea in maniera ricercata ed originale. Scrive e suona tutto lui, e come genere siamo dalla parti di un doom che si incrocia con il dark ambient, ma molto forte è la connotazione teatrale del tutto, infatti le canzoni sono vere e proprie storie sceneggiate. Di solito gli strumenti impiegati sono il basso distorto per l’appunto, un organo a canne ed una batteria campionata, ma ci sono anche il vento, i tuoni ed incombe la figura del Po, questo fiume misterioso che attraversa terre antiche e difficili da decifrare. Matteo non si ferma però qui, e dato che ha anche la passione per la pittura, ha disegnato anche l’ermetica copertina del lavoro musicale. Diva Sporca è un viaggio nelle tenebre, nell’occulto e nella disperazione umana, nella vera e propria sporcizia del mistero umano, e anche in una natura che per noi è cattiva, ma semplicemente è se stessa, è l’uomo che inventa categorie di pensiero altrimenti inesistenti. Il disco è una continua sorpresa, il cantato è in italiano ed è molto incisivo, e contribuisce in maniera notevole a contribuire alla cifra stilistica del disco. La tecnica di Matteo è notevole, ma non è quella al centro del suo suono, bensì è al suo servizio. Diva Sporca è un disco che sa di antico, di qualcosa che si muove nelle nebbie, di sguardi impauriti al cielo verso la luna nera che sta sopra di noi da millenni, è anche ricerca musicale e passione che porta oltre. Ci sono anche brani sperimentali come Elocubrazione che fanno perdere le proprie attuali coordinate e conducono molto lontani, in quello stato particolare di trance leggera che solo certa musica può indurre. Si consiglia anche di seguire la pagina facebook di Padus, poiché Zanella vi posta i notevoli quadri ispirati ai pezzi del progetto.
Un disco unicamente tenebroso, un lavoro molto compiuto di un musicista che sa essere e dire molte cose differenti.

Tracklist
1 – Diva Sporca
2 – La luna nera
3 – Elocubrazione
4 – La peste
5 – La strada per l’oblio

PADUS – Facebook

Fallen – When The Light Went Out

When The Light Went Out racchiude poco più di quaranta minuti di musica che sono nutrimento per l’anima, il pretesto ideale per fermarsi un attimo e guardare dentro sé stessi senza alcun condizionamento esterno.

Ritorna ancora una volta Lorenzo Bracaloni con il suo progetto Fallen, tramite il quale ci delizia con una certa regolarità.

Anche se a un ascolto distratto la musica ambient sembra non offrire molte variazioni sul tema in realtà, è proprio ascoltando le ultime uscite a nome Fallen che si possono cogliere le sfumature che contraddistinguono i diversi album. Se, infatti, Glimpses risentiva della sua composizione durante le ore notturne e Tout Est Silencieux rispecchiava la brumosa immagine di copertina, questo ultimo When The Light Went Out tende ad evocare sensazioni meno crepuscolari e più nitide.
L’approccio del musicista toscano è come sempre ispirato a capisaldi artistici come Eno e Glass ma il tocco in più nei suoi lavori è fornito da un substrato melodico capace di raccogliere in maniera più rapida l’attenzione dell’ascoltatore.
Il resto lo fa poi la sensibilità compositiva di Bracaloni, che prende corpo attraverso sonorità cristalline, sempre punteggiate da tenui ma ben percepibili linee melodiche.
When The Light Went Out è un lavoro introspettivo ma allo stesso tempo tutt’altro che pacato in ogni suo frangente: se è un senso di pace quello che aleggia sostanzialmente lungo queste sei tracce, non mancano improvvisi sbalzi corrispondenti al turbamento di fondo che alberga nelle nostre anime e, in tal senso, un brano come Wandering Spirits Looking To Rest è abbastanza esemplificativo.
Il tocco pianistico essenziale ma elegante si intreccia con il resto della strumentazione, con i suoni e i rumori ambientali (meno presenti comunque rispetto a precedenti lavori), creando un nuovo gioiello sonoro targato Fallen: Lorenzo riesce conferire alla musica ambient una dimensione più fruibile senza che il tutto ne risenta a livello di profondità e questo è, appunto, la chiave di volta che ne rende l’operato appetibile anche a chi è avvezzo a sonorità ben differenti.
La limpidezza della title track e l’inquietudine evocata dalla conclusiva Peaceful Words Mean Everything rappresentano due delle principali sfumature riscontrabili tra le note di When The Light Went Out, opera che racchiude poco più di quaranta minuti di musica che sono nutrimento per l’anima, il pretesto ideale per fermarsi un attimo e guardare dentro sé stessi senza alcun condizionamento esterno.

Tracklist:
01 Cloudy Rooms, Oxygen and Miracles
02 When the Light went Out
03 Diamond Eyes through Darkness
04 Wandering Spirits looking to Rest
05 If your Dreams Ache
06 Peaceful Words mean Everything

Line-up:
Fallen – Piano, Organ, Electric Piano, Guitars, Synthesizers and Field Recordings (squares, traffic, television, radio, abandoned places)

FALLEN – Facebook

Grand Magus – Wolf God

Wolf God si inserisce in una discografia con pochi eguali a livello qualitativo e, considerando che siamo arrivati all’album numero nove per i Grand Magus, tanto di cappello.

Il ritorno dei Grand Magus si intitola Wolf God, atteso dai fans e dagli addetti ai lavori come una delle più importanti uscita dell’anno, almeno per quanto riguarda l’anima più epica del metal odierno.

Perché, parliamoci chiaro: il trio svedese con le sonorità doom/stoner di inizio carriera non ha più nulla a che spartire, perché la band è quanto di più heavy metal si possa trovare in giro oggigiorno, una potentissima e travolgente macchina da riff, scolpiti sulle montagne e cresciuti tra le foreste dove regna il dio lupo.
Ovvio che i mid tempo su cui è strutturato gran parte dell’album porta inevitabilmente a qualche passaggio più rallentato ed evocativo, ma i Grand Magus continuano nel loro dinamismo compositivo che ha caratterizzato l’ultimo periodo, con picchi epici che ne fanno i sovrani del genere (Dawn Of Fire).
La produzione cristallina e potente esalta le caratteristiche dei brani, ed una tracklist impeccabile rende Wolf God un’altra montagna metallica targata Grand Magus: epica, dalle linee melodiche perfettamente inserite in un contesto metallico possente, in cui la voce di Janne JB Christoffersson sembra nata per questo sound.
La virtù maggiore della proposta dei Grand Magus è proprio quella di risultare personale e riconoscibile in un genere tradizionale come l’heavy epic metal, grazie a quel tocco che viene dal passato remoto dei musicisti coinvolti (va ricordato che JB Christoffersson e Ludwig Witt hanno militato negli Spiritual Beggars).
La band svedese si conferma tra i sovrani del genere e rimane poco da scrivere davanti a brani di una forza metallica sovrumana come Wolf God, A Hall Clad In Gold, l’epica To Live and Die in Solitude e la distruttiva e motorheadiana He Sent Them All to Hel: anche Wolf God si inserisce in una discografia con pochi eguali a livello qualitativo e, considerando che siamo arrivati all’album numero nove, tanto di cappello.

Tracklist
01. Gold and Glory
02. Wolf God
03. A Hall Clad in Gold
04. Brother of the Storm
05. Dawn of Fire
06. Spear Thrower
07. To Live and Die in Solitude
08. Glory to the Brave
09. He Sent Them All to Hel
10. Untamed

Line-up
Janne JB Christoffersson – Vocals, Guitars
Mats Fox Hedén Skinner – Bass
Ludwig Witt – Drums

GRAND MAGUS – Facebook

Myrath – Shehili

Di un album come Shehili resta sempre ben in evidenza la sua natura metallica, una potente tempesta di sabbia musicale che travolge senza trovare ostacoli, esaltata da raffinate sinfonie che passano agevolmente dal classico symphonic prog metal al sound intriso della tradizione musicale araba.

Parlare di Shehili in poche righe non è assolutamente facile a causa della quantità debordante di musica dalla quale si viene travolti che rende questo quinto e ultimo lavoro dei tunisini Myrath un capolavoro di progressive/power/folk metal.

Shehili è il nome di un vento che soffia nel Sahara, e che, insieme ad antiche leggende, porta con sé questi nuovi dodici brani firmati da una band unica, protagonista di un sound che oltre al power/progressivo di Kamelot e Dream Theater si profuma di antiche pozioni e fragranti essenze provenienti dal deserto, affascinante luogo di leggende e misteri che antichi popoli si tramandano da millenni.
L’ascolto dell’album si rivela così un’emozione unica, tra percussioni tribali, strumenti del folklore tunisino, ritmiche power/prog e songwriting impeccabile: un’esperienza da non perdere per chi ama la musica ed il suo universo senza barriere, quando al comando c’è la bellezza dell’arte, qui portata alla sublimazione da un sound dai mille risvolti e dettagli che si presentano davanti a noi fin dalle prime note dell’intro Asl, foriera di rossi tramonti sulla sabbia del deserto, prima che Born To Survive ci spalanchi del tutto le porte di questa sontuosa opera metal.
Di un album come Shehili resta comunque ben in evidenza la sua natura metallica, una potente tempesta di sabbia musicale che travolge senza trovare ostacoli, esaltata da raffinate sinfonie che passano agevolmente dal classico symphonic prog metal al sound intriso della tradizione musicale araba.
Il singolo Dance, la successiva Wicked Dice, brano dall’appeal eccezionale, la sinfonica ed orientaleggiante Lili Twil, Mersal e la conclusiva title track risplendono nella notte del deserto come le più fulgide delle stelle in questo firmamento musicale chiamato Myrath.

Tracklist
01.Asl (Intro)
02.Born To Survive
03.You’ve Lost Yourself
04.Dance
05.Wicked Dice
06.Monster In My Closet
07.Lili Twil
08.No Holding Back
09.Stardust
10.Mersal
11.Darkness Arise
12.Shehili

Line-up
Anis Jouini – Bass
Malek Ben Arbia – Guitars
Elyes Bouchoucha – Keyboards, Vocals (backing)
Zaher Zorgati – Vocals
Morgan Berthet – Drums

MYRATH – Facebook

Brant Bjork – Jacoozzi

Jacoozzi è un insieme di tracce inedite registrate in una session del 2010 e mai pubblicate in nessun disco solista di Brant Bjork, l’ex batterista dei Kyuss, da anni soggetto di un’ottima carriera solista.

Jacoozzi è un insieme di tracce inedite registrate in una session del 2010 e mai pubblicate in nessun disco solista di Brant Bjork, l’ex batterista dei Kyuss, da anni protagonista di un’ottima carriera solista.

Queste canzoni furono messe su cassetta, ma non videro mai la luce. Ecco quindi la pubblicazione dopo l’ultimo disco solista Mankind Woman. I pezzi sono vere e proprie jam, dove Brant ed amici si divertono e ci divertono con pezzi che si sa quando iniziano ma non quando e come finiscano. Il caldo suono analogico è l’habitat adatto per questi pezzi che si inseriscono nella tradizione del desert rock, della psichedelia stoneriana, ma sono molto più minimali rispetto alla normale e conosciuta produzione di Brant. Innanzitutto c’è una grande presenza del funk e del blues, infatti questo disco potrebbe benissimo essere uscito nei tardi anni settanta e nessuno potrebbe averne da eccepire. Le composizioni sono quasi tutte di ampio respiro e regalano molti spunti soprattutto grazie alla bulimica capacità compositiva dell’ex membro dei Kyuss che si conferma un grande autore. In questo album, o meglio in questo concentrato di jam, hanno un grande spazio le percussioni che sono sempre inserite in maniera adeguata e piacevole, regalando un ottimo effetto. Certamente Jacoozzi non concorre ad essere il disco migliore della carriera di Bjork ma è un qualcosa di interessante che ci mostra un lato diverso di un musicista fra i più interessanti della sua leva. Le distorsioni sono presenti in minor misura rispetto ai suoi altri lavori, ma è sempre percepibile la grande attenzione per le linee ritmiche e per la progressione delle canzoni. Un disco interessante che piacerà sia ai fans hardcore di Brant Bjork sia a chi vuole viaggiarsela un po’.

Tracklist
1. Can’t Out Run The Sun
2. Guerrilla Funk
3. Mexico City Blues
4. Five Hundred Thousand Dollars
5. Black & White Wonderland
6. Oui
7. Mixed Nuts
8. Lost Pin Race
9. Polarized
10. Do You Love The World?

BRANT BJORK – Facebook

Empty Chalice – Mother Destruction

La musica di Empty Chalice è un qualcosa che si insinua nelle coscienze restando a lungo silente, per poi manifestarsi all’improvviso ravvivando le nostre inquietudini.

Se la musica ambient è, nell’immaginario collettivo, l’esibizione di sonorità volte ad accompagnare in modo discreto e comunque mai invasivo le diverse fasi di una giornata o di una specifica attività, in realtà ne esistono diverse varianti che sono tutt’altro che cullanti o consolatorie, ed uno degli artefici principali di questo filone in Italia è Antonine A. (Antonio Airoldi), il quale con il suo progetto denominato Empty Chalice prende le mosse dalle grandi opere pubblicate nel secolo scorso dalla mitica label svedese Cold Meat Industry.

Dopo aver parlato lo scorso anno di Ondine’s Curse, lavoro uscito per l’etichetta Ho.Gravi.Malattie, con Mother Destruction bisogna fare un passo indietro a livello temporale visto che, nonostante la recente pubblicazione da parte della Toten Schwan Records, la composizione dei brani risale al 2017 ed è quindi successiva ad Emerging Is Submerging.
E’ proprio a questo album che va in qualche modo ricollegata quest’ultima opera targata Empty Chalice, che a livello concettuale viene dedicata a chi ha perso la strada ed è costretto a vagare per lungo tempo prima di ritrovare la strada di casa.
Un certo elemento di discontinuità è fornito dalla presenza di contributi vocali sotto forma di parti recitate (in particolare quella di Thyme Nord dei Rare Form in Treblinka’s Snow) che divengono esse stesse strumenti abilmente manipolati da Antonjne A.
La dark ambient, nell’interpretazione di Empty Chalice (che si avvale anche dei contributi di altri costruttori di suoni non omologati come Rare Form, Ashtoreth e Kurgan Hors) non trova mai alcuno sfogo melodico, tramutandosi nel rumore di fondo che accompagna sensazioni spesso intrise di dolore o di angoscia ma, proprio in Mother Destruction, anche di tenui bagliori di speranza rispetto alla possibilità di ritrovare la via maestra, come avviene nella title track posta non a caso in chiusura del lavoro.
Chi ha imparato a conoscere da tempo l’opera di Airoldi non può quindi stupirsi della sua capacità di proporre sonorità che, pur non essendo provviste di una convenzionale linea melodica (anche se la drammatica Rest In Pain si avvicina a tratti alla reiterata linearità di certa ambient doom), sono in grado di attrarre fatalmente l’attenzione dell’ascoltatore, trasportandolo in una sorta di mondo parallelo nel quale i suoni non sono quelli che ascoltiamo nella vita di tutti i giorni, ma si palesano come una sorta di minaccioso rumore di fondo di un’umanità che ha molto da nascondere e altrettanto da farsi perdonare.
Se Treblinka è probabilmente il luogo dove si è raggiunto uno dei picchi di aberrazione della storia dell’umanità, almeno in epoca moderna, non resta che risorgere dalle fiamme (Qva Resvrget Ex Favilla) per riprendere un cammino doloroso ma non del tutto privo di speranza (forse meglio identificabile con un più animalesco istinto di sopravvivenza), unico appiglio al quale aggrapparsi per continuare la nostra quotidiana peregrinazione.
Se il funeral doom ha la funzione di esacerbare il dolore fino al raggiungimento di una sorta di catarsi, la dark/death ambient non lacera l’anima ma la corrode lentamente, lasciando un senso di disorientamento, molto somigliante a ciò che si prova quando si ha hanno cattivi presentimenti senza che ciò venga provocato da fatti oggettivi; la musica di Empty Chalice è un qualcosa che si insinua nelle coscienze restando a lungo silente, per poi manifestarsi all’improvviso ravvivando le nostre inquietudini.

Tracklist:
1.Unholy Light
2.Treblinka’s Snow
3.Qva Resvrget Ex Favilla
4.Rest in Pain
5.Mother Destruction

Line-up:
Antonine A.

EMPTY CHALICE – Facebook

HORSE POWER OVERLOAD

Il video di “Breathing” (Artesonika Records).

Il video di “Breathing” (Artesonika Records).

Gli Horse Power Overload sono una band heavy-metal italiana, formatasi nel trevigiano nel 2009, e attualmente composta da Carlo Novello, Alessio Tricarico, Marco Gusso ed Alessio del Maschio.

Nel 2013 esce l’omonimo EP “Horse Power Overload” e, dopo qualche cambio di line up, si arriva alla formazione attuale con cui la band entra in studio per registrare il primo album, in uscita nel 2019.

Le influenze della band uniscono Godsmack, Black Label Society, Killswitch Engage, Stone Sour, Alter Bridge e in generale il miglior metal moderno americano.

Il primo singolo del nuovo corso della band si intitola “Breathing”, pubblicato per Artesonika Records.

Line up:
Carlo Novello (Voce)
Alessio Tricarico (Chitarra)
Alessio del Maschio (Basso)
Marco Gusso (Batteria)

Jesus Chrüsler Supercar – Holy Chrüst – Horn Alley Live Session

Nuovo ep dei rockers svedesi Jesus Chrüsler Supercar, alle prese con quattro cover di brani storici di Bob Dylan, Danzig, Motorhead ed MC5.

Una bomba rock ‘n’ roll è questo nuovo ep (supportato da un documentario che vede la band registrare i brani in studio) degli svedesi Jesus Chrüsler Supercar, band di Stoccolma attiva dal 2011.

Il quartetto si nutre di death metal e di rock’n’roll, tra Entombed, Motorhead e The Hellacopters, e sforna quattro cover che, adattate allo stile del gruppo, risultano in pratica altrettante nuove mazzate che si incastrano nei denti come asce nel tronco di un albero.
Il sound schizzato, drogato, dal groove micidiale, fa la differenza oltre a rendere questi classici del rock delle vere esplosioni death’ n’ roll.
Si parte con Love Sick classico di Bob Dylan trasformato in un mid tempo pesantissimo che lascia un retrogusto stoner, così come Coming Down è spavalda e rocciosa come il suo originale creatore, Glenn Danzig.
Overkill segue la sottile linea bianca del santo patrono del rock’n’roll Lemmy, mentre Ramblin’ Rose è uno spettacolare tributo ai seminali MC5 suonato alla maniera dei Jesus Chrüsler Supercar.
Il risultato è un ep nato per divertirsi e far divertire e che raggiunge con disinvoltura l’obiettivo, in attesa di un nuovo lavoro sulla lunga distanza.

Tracklist
1.Love Sick
2.Coming Down
3.Overkill
4.Ramblin’Rose

Line-up
Robban Bergeskans
Tobbe Engdahl
Pär Jaktholm
Nicke Forsberg

JESUS CHRUSLER SUPERCAR – Facebook

Sirgaus – La Bales de Canon

Mattia Gosetti ed i suoi Sirgaus hanno dato vita ad un’altra imperdibile opera, avvincente e da seguire fino alla fine come se si trattasse di un’epica pellicola cinematografica.

A questo punto diventa molto difficile considerare i Sirgaus una semplice rock band: il suo leader e compositore a distanza di un anno circa torna con un’altra opera ispirata alla storia del suo paese (Cibiana), del bellunese e della storica repubblica di Venezia.

Ormai da considerarsi un cantastorie moderno, Gosetti racconta attraverso la sua musica le vicende di un giovane fabbro partito da Cibiana (paese che, con le sue numerose miniere di ferro, forni e officine è uno dei maggiori produttori di palle di cannone) con il suo carico da consegnare nei più importanti scali della repubblica.
Inizia così un’epica avventura che porterà il protagonista a Tripoli dove s’innamorerà di una schiava, per poi dopo due anni partire insieme a lei verso Cipro dove un terribile assedio tiene sotto scacco la città di Famagosta, difesa da Marcantonio Bragadin.
I due amanti avranno il compito di avvisare Venezia dell’invasione che, in seguito, formata una lega santa sconfiggerà la flotta di Alì Pascià nel golfo di Patrasso, nella corso della sanguinosa battaglia di Lepanto.
La musica che accompagna questo avvincente racconto risulta più sinfonica rispetto all’ultimo lavoro, rivelandosi ricca di atmosfere che profumano degli aromi esotici dei luoghi degli avvenimenti, tra mare e terra.
Al fianco di Gosetti troviamo come sempre la cantante e consorte Sonia Da Col, il chitarrista Silvano Toscani, Diego Gosetti ai cori e Valeriano De Zordo alla voce, per più di un’ora tra rock, metal sinfonico e folk d’autore, con il marchio Sirgaus ben in evidenza, sinonimo di musica mai banale e di testi curatissimi che si abbinano ai suoni senza forzature, creando un altro binomio perfetto.
Come scritto sono le sfumature epiche ad emergere in La Bales de Canon e in brani intensi come Con Il Veneto Nel Nostro Cuore, la splendida ed esotica Cipro 1570, L’Assedio DI Famagosta e le cinematografiche La Lega Santa, La Battaglia Delle Echinadi e La Vittoria di Lepanto, trittico che rappresenta il picco qualitativo di questo nuovo album.
Mattia Gosetti ed i suoi Sirgaus hanno dato vita ad un’altra imperdibile opera, avvincente e da seguire fino alla fine come se si trattasse di un’epica pellicola cinematografica.

Tracklist
01.Cronache di un serenissimo passato
02.Con il Veneto nel nostro Cuore
03.Oea
04.Crea il tuo destino
05.La bales de canon
06.Cipro 1570
07.L’assedio di Famagosta
08.Discesa nella vita
09.La Lega Santa
10.La battaglia delle Echinadi
11.La vittoria di Lepanto
12.Acqua libera
13.Sotto i spighe de Roan

Line-up
Mattia Gosetti – Basso, voce, synth, programming
Sonia Da Col – Voceù
Silvano Toscani – Chitarra
Diego Gosetti – Cori

Valeriano De Zordo – Voce, interprete nel concept di Marcantonio Bragadin, politico veneziano del XVI secolo.

SIRGAUS – Facebook

ELYSIUM

Il lyric video di “Turn Around”, dall’album “Labyrinth of Fallen Angels” in uscita a maggio (Lion Music Ltd).

Il lyric video di “Turn Around”, dall’album “Labyrinth of Fallen Angels” in uscita a maggio (Lion Music Ltd).

La Lion Music Ltd è orgogliosa di annunciare la data di pubblicazione del debut album della band Elysium dal titolo “Labyrinth of Fallen Angels” per il 23 maggio.

La label e la band rendono nota la cover dell’album e ci presentano il primo lyric video estratto dal titolo “Turn Around”.

Elysium line up
Daphne Nisi – vox, background vocals
Marco Monetini – bass
Christian Arlechino – violin
Flavio Lovisa – drums
Simone Moratto – guitar
Marco Sinopoli – keys & orchestra

Web – https://elysium8.webnode.it/

Youtube – https://www.youtube.com/channel/UCVKF7wbSElJsW90yH6qTkNQ

Facebook – https://www.facebook.com/elysium–1437500159821922/

Twitter – https://twitter.com/elysiumband1

Instagram – https://www.instagram.com/elysium.band.ghotic

Gorguts – From Wisdom to Hate

Riedizione, davvero benemerita, di un grande disco della basilare cult band del death metal made in
Canada.

Quando si parla dei Gorguts si parla di Storia, quella con la esse maiuscola.

La fondamentale band canadese è sempre stata apprezzatissima dalla critica ma non ha finora trovato, presso il pubblico, il riconoscimento che certamente merita. Il suo approccio anticonvenzionale al death metal, in questo
senso, può essere stato un’involontaria arma a doppio taglio. Come che sia, la Punishment 18 fa ora uscire l’attesa ristampa del classico From Wisdom to Hate (grande titolo), che il quartetto originario del Quebec, attivo dal 1989, pubblicò, nel 2001, per la Season of Mist, tre anni dopo il capolavoro Obscura, di cui veniva portato avanti il taglio sperimentale e progressivo, tecnicissimo e feroce nel medesimo tempo. Con gli otto brani dell’album, tra i quali spiccano le sinistre orchestrazioni della quarta traccia (Unearthing the Past), i Gorguts confermavano la loro personalissima proposta, fatta di accelerazioni brutali e molto hardcore, alternate a rallentamenti doom: quasi un’opera mirante a realizzare una deframmentazione sonora dei canoni death, con un alone oscuro, se non tetro, che va a contraddistinguere la totalità delle composizioni. Verrebbe da dire che se i King Crimson avessero mai inciso un lavoro di death metal, forse questo sarebbe stato From Wisdom to Hate. L’anno dopo la stampa del disco, nel 2002, il batterista Steve MacDonald si suicidò e la band temporaneamente si sciolse, per poi riformarsi in occasione del bellissimo Colored Sands (2013), l’atto della rinascita artistica di un gruppo storico e seminale.

Track list
1- Inverted
2- Behave Through Mythos
3- From Wisdom to Hate
4- The Quest For Equilibrium
5- Unearthing the Past
6- Elusive Treasures
7- Das Martyrium Des…
8- Testimonial Ruins

Line up
Steve Cloutier – Bass
Steve MacDonald – Drums
Luc Lemay – Guitars / Vocals
Daniel Mongrain – Guitars

GORGUTS – Facebook

Static Tension – Ashes To Animation

Ashes To Animation è un buon lavoro, anche se fuori tempo massimo, perchè la band sa come muoversi tra le note che hanno fatto la fortuna dei gruppi citati, amalgamando il classic rock dei Led Zeppelin con il metal dei Black Sabbath e le note provenienti dalla scena grunge e dai suoi massimi esponenti.

Esordio sulla lunga distanza per questo quartetto proveniente da Cincinnati, ma che nei primi anni novanta avrebbe potuto trovare casa in quel di Seattle.

Infatti gli Static Tension suonano hard rock che prende ispirazioni dagli anni settanta, salta tutto il decennio successivo e ritrova vigore tra la pioggia incessante che bagna la città nello stato di Washington.
Un buon lavoro questo Ashes To Animation, che negli anni di maggior successo della scena grunge sarebbe stato sentito e risentito più volte, inserito tra quelli delle grandi firme e di chi ci provava e poi spariva nel nulla, con tutti i cliché al posto giusto per solleticare i fans di Soundgarden, Pearl Jam e Alice In Chains.
Di suo la band dell’Ohio ci mette tanto rock vecchia scuola, riff sabbathiani e a tratti qualche ritmica più intricata che prende le sembianze di jam in cui troviamo schegge di blues rock e progressive, come in Serpentine e In Spite.
Ashes To Animation è un buon lavoro, anche se fuori tempo massimo, perché la band sa come muoversi tra le note che hanno fatto la fortuna dei gruppi citati, amalgamando il classic rock dei Led Zeppelin con il metal dei Black Sabbath e le note provenienti dalla scena grunge e dai suoi massimi esponenti.
Il problema è che un lavoro del genere probabilmente passerà inosservato ai più, mentre venticinque anni fa avrebbe fatto scrivere fiumi di parole sulle riviste di settore.

Tracklist
1.Kindling
2.Bury My Body
3.No Return
4.In Spite
5.Absence
6.Got To Give
7.serpentine
8.Blank Silhouette
9.Where’s The Air?
10.Bloody Shadow

Line-up
Rob Rom – Vocals
Greg Blachman – Guitar, Vocals
Brian Spurrier – Bass
Anthony Sager – Drums, Percussion

STATIC TENSION – Facebook

Shuffle – Won’t They Fade?

Won’t They Fade? è un album che ha bisogno però di orecchie allenate all’ascolto di generi diversi tra loro per essere apprezzato, pena il rischio di apparire un minestrone fine a sé stesso: a voi l’ardua sentenza…

Secondo lavoro sulla lunga distanza per gli Shuffle, quintetto transalpino che ha già all’attivo un ep di debutto licenziato nel 2012 (Desert Burst), ed il primo full length datato 2015 (Upon The Hill).

Il gruppo cerca di uscire dai soliti cliché del metal moderno creando un sound vario ed alternativo, partendo da una base post rock e progressiva e ristrutturandola con iniezioni neanche troppo velate di metal alternativo, post rock e nu metal.
Ne esce un lavoro vario con i brani che si differenziano uno dall’altro uscendo dai confini di un genere preciso, a volte forzando un po’ troppo nel variare a tutti i costi la formula.
Gli Shuffle convincono di più quando l’anima progressiva prende il sopravvento e ne escono brani potenti ed a loro modo estremi, con uno scream dai rimandi core che violenta l’elegante spartito di cui può vantarsi questo lavoro.
Won’t They Fade? risulta così un ascolto piacevolmente vario nel suo mescolare input e generi di cui si compone il metal/rock degli ultimi anni, passando per brani come Paranoia Of The Soul, brano che dal nu metal in stile P.O.D. ed Hed PE passa agevolmente all’alternative progressivo di band come A Perfect Circle e Porcupine Tree.
Won’t They Fade? è un album che ha bisogno però di orecchie allenate all’ascolto di generi diversi tra loro per essere apprezzato, pena il rischio di apparire un minestrone fine a sé stesso: a voi l’ardua sentenza.

Tracklist
1. Spoil The Ground
2. Switch To The Otherside
3. Checkmate Fool
4. Faded Chalk Lines
5. Oh Glop D’Eternitat
6. Paranoia Of The Soul
7. Behind Ur Screen
8. Wintertide
9. Virtual Hero

Line-up
Jordan – Lead Voice, Guitars
Sullivane – Keyboards, Backing Vocals
Jonathan – Bass, Backing Vocals
Antoine – Samples, Backing Vocals, Percussions
Grantoine – Drums, Percussions

SHUFFLE – Facebook

Distorsonic – Twisted Playgrounds

Non è un disco fruibile in maniera tradizionale, né lo vuole essere, è un deciso andare avanti, nove jam, di cui una con parti cantate, con mille ritmi e percorsi diversi, in un’oscillazione perpetua e ricercata compiuta da due musicisti che sono di un altro livello, soprattutto in quanto a sensibilità.

Musica spaziale che genera nuovi suoni e generi attraverso le allucinazioni di un basso che fa orchestra a sé ed una batteria.

Il basso è quello di Maurizio Iorio, già con Molteni, ha ha cominciato il progetto Distorsonic già negli anni novanta e questo è il terzo episodio discografico. Il disco è una vera e propria esperienza sciamanica e psichedelica, non c’è un genere bene preciso, ma una continua generazione e rigenerazione di suoni vivi, suoni morti o ancora non nati. La direzione è quella di una jam, di un andare in qualsiasi caso senza mai fermarsi, ci sono così tante linee di basso da scrivere e da distorcere, e la batteria è un cuore malato collegato ad un cervello fuso, medium per vedere oltre. Oltre ad una totale mancanza di etichette, cosa già di per sé assai notevole, ci sono molte cose nuove ed un modo totalmente differente di approcciarsi alla materia musicale. Il basso di Maurizio Iorio è un elemento che fa storia a sé, dato che vive di vita propria, non fa accompagnamento o tiene il ritmo, bensì indica la via verso una nuova linea melodica. Lo strumento di Maurizio compie la funzione vera e propria di un oggetto che serve per esprimere qualcosa che altrimenti non verrebbe espresso. Inoltre la batteria di Stefano Balcone è un altro strumento perfetto per questo viaggio, anch’essa fa gruppo a sé stante e si compenetra perfettamente con il basso di Maurizio. Twisted Playgrounds illustra storie molto antiche ma anche moderne, suona di sangue e vite sull’asfalto, di sofferenza e di gioia, morte e vita, in un continuo rigenerarsi come se fosse un lungo giro di basso. Non è un disco fruibile in maniera tradizionale, né lo vuole essere, è un deciso andare avanti, nove jam, di cui una con parti cantate, con mille ritmi e percorsi diversi, in un’oscillazione perpetua e ricercata compiuta da due musicisti che sono di un altro livello, soprattutto in quanto a sensibilità. Non è sperimentazione, bensì un’altra dimensione musicale.

Tracklist
1. Space Underdogs From Hell
2. Subterranea
3. Messing Around With a Baritone
4. Headhunting the Headhunters
5. Secchezza delle fauci
6. Heavy Satori
7. Fisheye Speedfreak
8. Caronte
9. Tofranihl

Line-up
Maurizio Iorio – Basso
Stefano Falcone – Batteria

DISTORSONIC – Facebook

Equaleft – We Defy

Un album riuscito, anche in presenza delle spigolose ed intricate vie della tecnica, che il gruppo dimostra a tratti di saper maneggiare senza stancare l’ascoltatore, il cui ascolto è consigliato agli amanti del thrash moderno e del death core tecnico e progressivo.

Quelli della Raising Legend Records continuano a proporci ottime realtà nate specialmente nel loro paese, il Portogallo.

E’ il momento degli Equaleft, band proveniente da Oporto e fautori di un thrash metal moderno pregno di groove e molto tecnico, con passaggi progressivi al limite del djent.
Il quintetto, attivo dal 2004, arriva con We Defy al secondo lavoro sulla lunga distanza, cinque anni dopo il precedente Adapt & Survive ed un ep uscito una decina d’anni fa.
We Defy alterna momenti ipertecnici ad altri più lineari che poi sono il punto di forza di un album che non cede proprio grazie a questi chiaroscuri che impediscono all’ascoltatore di rimanere imbrigliato nelle tele di brani come la title track, uno di quelli che più si avvicinano al djent.
Quando gli Equaleft decidono di picchiare decisi e diretti, il thrash/groove metal moderno prende il sopravvento, rallentato da macigni sonori in cui il growl di matrice deathcore è un grido abissale.
Da questo lato Mindset è uno dei brani più riusciti dell’intero lavoro, così come la devastante Strive e la progressiva Fragments.
Un album riuscito, anche in presenza delle spigolose ed intricate vie della tecnica, che il gruppo dimostra a tratti di saper maneggiare senza stancare l’ascoltatore, il cui ascolto è consigliato agli amanti del thrash moderno e del death core tecnico e progressivo.

Tracklist
1.Before Sunrise
2. Once Upon a Failure (ft. André Ribeiro from Sullen and Sollar – guitar solo)
3. We Defy
4. Mindset
5. Endless
6. Strive
7. Overcoming
8. Fragments
9. Realign (ft. Nuno Cramês “Veggy” – guitar solo)
10. Disconnected
11. Uncover the Masks (ft. José Pedro Gonçalinho – saxophone)

Line-up
Miguel “Inglês“ – Vocals
Bernardo “Malone“ – Guitar
Miguel Martins – Guitar
Marco Duarte – Drums
André Matos – Bass

EQUALEFT – Facebook

HELLRAISER

Il lyric video di “Fairy Veil”, dall’album “Heritage” in uscita a maggio (Underground Symphony).

Il lyric video di “Fairy Veil”, dall’album “Heritage” in uscita a maggio (Underground Symphony).

Underground Symphony è orgogliosa di annunciare il lyric video di “Fairy Veil”, primo singolo tratto da “Heritage”, secondo album della power metal band Hellraiser. Il testo della canzone è ispirato a un’antica storia giapponese.

Il Lyric video è stato realizzato da Jahn Vision Art.
“Heritage” Uscirà sotto Underground Symphony il 25 maggio 2019.

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