Tra le tante band storiche decise a marcare nuovamente il territorio con un disco di inediti in questo periodo troviamo anche i Saint Vitus, nome che sta di diritto sul podio all time in ambito classic doom.
Autointitolare il disco, soprattutto se lo si è già fatto all’esordio trentacinque anni fa, può voler dire molte cose, come la chiusura del cerchio e quindi di un lungo percorso artistico oppure il simboleggiare un nuovo inizio, considerando che oltre a Dave Chandler qui alla voce possiamo nuovamente ascoltare l’altro membro fondatore Scott Reagers.
Personalmente questa è la configurazione che ho sempre preferito nei Saint Vitus, più ancora di quella comunque inattaccabile con Wino al microfono, e non è un caso che il mio album preferito sia alla fine Die Healing.
Questo ovviamente predispone ad un ascolto con occhi meno critici e molto più benevolo, ma del resto a questi arzilli sessantenni c’è ben poco da rimproverare visto che la loro interpretazione del genere è impeccabile, nonostante in più di un caso si provi ad uscire da schemi predefiniti, e il blues che sgorga da Hour Glass e il furioso punk hardcore della conclusiva Useless ne sono la più concreta testimonianza.
Chandler continua a proporre riff micidiali anche quando i brani prendono una strada più lisergica (A prelude…) e in generale l’album non delude in virtù anche di cavalcate che possono apparire scontate solo a chi conosce il doom in maniera superficiale.
Il Saint Vitus bis è quindi un album che non offusca affatto il mito ma semmai lo rafforza senza far rimpiangere più di tanto i fasti del secolo scorso.
Tracklist:
1. Remains
2. A Prelude to…
3. Bloodshed
4. 12 Years in the Tomb
6. Hour Glass
7. City Park
8. Last Breath
9. Useless
Line-up:
Dave Chandler Guitars
Scott Reagers Vocals
Henry Vasquez Drums
Pat Bruders Bass
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