The Sinatra’s – Nerves

I The Sinatra’s sono in giro dal 2005 a macinare chilometri, dischi e canzoni, e ci sono sempre, come quelle macchine che non ti abbandonano mai, e questo disco lo testimonia.

I The Sinatra’s sono un gruppo che fa musica rumorosa ed emozionante, con molte influenze dalla scena dell’alternative modern metal a stelle e strisce.

Come dice già il titolo del disco, il suono che troverete è dominato dai nervi, ma c’è anche tantissima melodia, anzi la melodia qui regna su tutto. Il suono è molto radiofonico e piacevole, i The Sinatra’s ci mettono del loro, creando atmosfere molto interessanti, facendo rumore e pesanti melodie, tenendo in primo piano l’impatto dal vivo che è notevole. I The Sinatras’s sono un gruppo che fa musica per emozionare il loro pubblico, con un’azzeccata formula in bilico fra emo, metal e la melodia italiana; sono in giro dl 2005 e sono un gruppo che macina chilometri, dischi e canzoni, e ci sono sempre, come quelle macchine che non ti abbandonano mai, e questo disco lo testimonia. Note come dolce lava, una voce che ti culla e ti sculaccia quando è il caso, ed un rifacimento in pieno stile Sinatra’s di Helter Skelter dei Beatles, con tante emozioni e divertimento da parte un gruppo che si impegna e porta sempre a casa il risultato.

TRACKLIST
01. Landscapes
02. It Came From The Sand
03. Useless Perspectives
04. Nightdrive
05. Shelter
06. Black Feeder
07. Helter Skelter
08. Mare Magnum
09. Sleeping Giant
10. For The Lost

LINE-UP
Nicola Sant’Agata – Vocals
Nelson Picone – Guitar
Gennaro “Johnny” Caserta – Drums
Orazio Costello – Bass

THE SINATRA’S – Facebook

Godzilla In The Kitchen – Godzilla In The Kitchen

I tre giovani ragazzi tedeschi si lanciano senza particolari remore in un impresa dagli esiti incerti ma dalla quale escono alla fine piuttosto bene, pur non restando immuni da qualche pecca.

I Godzilla In The Kitchen, trio proveniente dall’ex Germania Est (Jena), si propongono sulla scena con un’interessante progressive strumentale, adottando una formula connotata, di norma, da diverse controindicazioni alle quali questo album d’esordio non si sottrae.

Prendendo come spunto primario una band come i Tool (e, quindi, per proprietà transitiva, i King Crimson) i tre giovani ragazzi tedeschi si lanciano senza particolari remore in un impresa dagli esiti incerti ma dalla quale escono alla fine piuttosto bene, pur non restando immuni da qualche pecca.
La mancanza della voce come sempre presenta il conto dopo qualche decina di minuti, nel corso dei quali si ha la possibilità di apprezzare le apprezzabili intuizioni dei nostri ma che, alla lunga, creano una certa assuefazione; in aggiunta, va anche segnalata una produzione non impeccabile per quanto riguarda i suoni della batteria, a mio avviso troppo secchi ed eccessivamente in primo piano rispetto a chitarra e basso.
Cercato (e trovato) il pelo nell’uovo, la prova dei Godzilla In The Kitchen (monicker strambo ma di una certa efficacia) si rivela tutt’altro che riprovevole, tra brani brevi e quindi maggiormente concisi (Broken Dance, The Fridge, Provoking As Teenage Sex), alcuni più lunghi nei quali prendono corpo pulsioni psichedeliche (Stick To Your Daily Routine) ed altri in cui emerge in maniera ben definita una vena più robusta e dinamica (Up The River) che potrebbe essere sfruttata meglio, costituendo un discreto elemento di discontinuità rispetto a buona parte del lavoro.
La sensazione è che il terzetto abbia buone potenzialità ma sia ancora leggermente acerbo sia dal punto di vista compositivo, sia da quello esecutivo, cosicché, alla lunga, certe soluzioni tendono a ripetersi, ma evidentemente si parla di imperfezioni comprensibili in un gruppo all’esordio: buona la prima, in definitiva, per i Godzilla In The Kitchen, tenendo ben presente che si può certamente fare meglio.

Tracklist:
1.Up The River
2.Broken Dance
3.The Turn
4.Elis Speech
5.Propagation Of Violence
6.Dr.Moth
7.Stick To Your Daily Routine
8.Provoking As Teenage Sex
9.The Universe Is Yours
10.The Fridge

Line-up:
Eric Patzschke – Guitars
Felix Rambach – Drums
Simon Ulm – Bass

GODZILLA IN THE KITCHEN – Facebook

Deceit Machine – Resilience

Finalmente un album moderno nel quale viene data la giusta importanza al lavoro della chitarra solista, qualità non così scontata oggigiorno, che nella musica dei Deceit Machine torna (insieme alla voce) ad essere protagonista.

Ecco ci risiamo, mi ritrovo con un’altra bomba pronta ad esplodere nei vostri padiglioni auricolari, una deflagrazione di hard rock metal, moderno e coinvolgente, cantato, suonato e prodotto come meglio non si potrebbe e che non presenta la minima pecca … a parte forse il fatto che il gruppo, essendo italiano, rischia sempre di non essere presentato e supportato a dovere.

Il quartetto in questione si chiama Deceit Machine, arriva da Milano ed il suo debutta si intitola Resilience.
L’album è stato registrato da Larsen Premoli presso i Rec Lab Studios e vede la partecipazione dietro alle pelli di Federico Paulovich dei Destrage.
Il gruppo viene presentato come un’alternative metal band e se, si pensa al metal classico, l ‘accostamento ci può stare, ma a sentir bene è forse più giusto descrivere il sound del gruppo nostrano come un hard rock moderno che alterna aggressione metallica e vincenti melodie rock, grazie soprattutto all’enorme potenziale della voce di Michela Di Mauro, così come deii vari brani che compongono Resilience.
Si diceva hard rock, pregno di groove, metallizzato da un lavoro chitarristico eccellente (Gabriele Ghezzi), con assoli che a tratti richiamano la scuola classica, per poi seviziarci con riff che sputano sangue americano, alternando feeling hard rock e potenti muri di suono alternative.
La sezione ritmica concede poche ma significative tregue (nell’elegante e raffinata Here Now), per poi bombardarci senza pietà e, mentre il cd gira nel lettore, siamo arrivati alla sesta traccia (la devastante Watchdog) e la qualità continua a rimanere altissima.
Resilience è, finalmente, un album moderno nel quale viene data la giusta importanza al lavoro della chitarra solista, qualità non così scontata oggigiorno, mentre nella musica dei Deceit Machine torna (insieme alla voce) ad essere protagonista, virtù che piacerà non poco anche agli amanti dei suoni più classicheggianti ma con l’orecchio attento ai suoni del nuovo millennio.
Un album che raccoglie una serie di hit e li spara a cannone, mentre la Di Mauro fa scintille nella splendida Absence che, con la devastante Wonderland, fa da preludio al brano più bello di Resilience, Flow ispirata a mio avviso ai primi Soundgarden, quelli ancora selvaggi e veraci del capolavoro Louder The Love.
Dunque, che vi piaccia alternative metal o modern hard rock , poco importa, l’album è davvero bello e merita la vostra attenzione: band da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
1. Shinigami
2. Garden
3. K.A.R.M.A.
4. Here Now
5. My Raven
6. Watchdog
7. Absence
8. Wonderland
9. Flow
10. Awakening

LINE-UP
Michela Di Mauro – Vocals
Gabriele Ghezzi – Guitar
Stefano Paolillo – Bass
Davide Ferrario – Drums

DECEIT MACHINE – Facebook

Søndag – Bright Things

I Søndag hanno un suono riconoscibile, anche grazie alla presenza di due chitarre con otto corde, e quindi accordature molto ribassate che danno un tono più corposo al tutto.

Band di Piacenza che fa un rock metal di gran lunga migliore di molti analoghi e decantati gruppi di oltreoceano.

La loro prima apparizione musicale è di quest’anno, con un omonimo ep di tre tracce, promosso dal videoclip No. Il gruppo non è debuttante, poiché è stato fondato sulle ceneri degli Edema, che avevano già una discreta esperienza. Il loro suono è molto americano, attingendo alla fonte sempre viva del metal rock, ma i Søndag dalla loro hanno una composizione superiore ed molto talento, e tutto ciò fa in maniera che il disco scorra molto bene, veloce e preciso, gustoso e pulsante. Certamente a tutto ciò ha giovato la registrazione ed il missaggio di Riccardo Demarosi, valorizzato dalla masterizzazione di Alan Douches negli States, uno che ha avuto fra le mani gruppi del calibro di Converge, Swans, Mastodon ed altri. I Søndag hanno un suono riconoscibile, anche grazie alla presenza di due chitarre con otto corde, e quindi accordature molto ribassate che danno un tono più corposo al tutto. Questo accorgimento riesce a dare un tocco decisivo, perché i Søndag portano il rock metal ad un livello più alto, ascoltare per credere.
Il gruppo piacentino mette in musica la cronaca dei giorni difficili e la voglia di vederne di più luminosi, con forza e con talento.

TRACKLIST
1. Sweet
2. Back In Town
3. Polite Rebel
4. Viper
5. Wax
6. Bright Things
7. Leftover
8. Spitfire
9. Time Has Come

LINE-UP
Marcello Lega – Guitars
Riccardo Lovati – Drums
Marco Benedetti – Guitars
Riccardo Demarosi – Voice, Bass

SONDAG – Facebook

Peak – Into Your Veins

Un album da assaporare con attenzione per far vostre le atmosfere intrise di poetico disagio che i Peak riescono creano con maestria.

Tra la foschia notturna di una Torino grigia e malinconica nascono nel 2015 i Peak, quartetto alternative rock composto da quattro musicisti provenienti da diverse esperienze e generi musicali.

Riprendendo il titolo del loro debutto (Into Your Veins), nelle vene del gruppo scorre sangue infettato dal sound di Seattle, facendo assumere al corpo una posizione fetale, travolto da un mare di emozioni intimiste, tragiche e drammatiche.
Le scariche elettriche, a tratti rabbiose, non fanno che aumentare il senso di disagio interiore che si respira nei vari brani, facendone scaturire un’opera matura e molto personale.
Grunge e post grunge, troppo facile direte voi, ma non così scontato: il sound del gruppo si piazza perfettamente nel mezzo tra la prima ondata di gruppi partiti dalla piovosa Seattle e quella del post Kurt Cobain, con i mai troppo osannati Staind come ispirazione.
Into Your Veins vive di quelle atmosfere drammatiche e d’autore insite nella musica dei primi album di Mark Lanegan (Screaming Trees), mentre la potenza aumenta col in passare dei minuti prima del capitolo finale.
Non ci sono cali di tensione tra lo spartito dell’album e l’ alternanza tra parti intimiste e rabbiosi sfoghi alternative rock riempie di umori e colori sfocati la musica dei Peak.
Un disco molto sentito ed emozionale, con un paio di brani che il rock aggressivo rende  più agevoli all’ascolto (Fox 2: Anthem for a Doomed Youth e The Mole), ma che trova nel filone poetico e malinconico di matrice statunitense la sua massima ispirazione (A Life in a Breath e la title track).
Into Your Veins va assaporato con attenzione per far vostre le atmosfere intrise di poetico disagio che i Peak riescono creano con maestria.

TRACKLIST
1.Siren’s Silly Prayer
2.Into Your Veins
3.Dark Hour
4.A Life in a Breath
5.Fox 2: Anthem for a Doomed Youth
6.Waiting Over
7.White Stone
8.The Mole
9.Siren’s Silly Prayer (Acoustic)

LINE-UP
Simone Careglio – Vox & Guitar
Enrico Inri Lo Brutto – Guitar
Emanuel Tschopp – Bass
Roberto Cadoni – Drums

PEAK – Facebook
URL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

Joe Robazza – Stellarly

Joe Robazza dà la sensazione d’essere un musicista giustamente ambizioso e foriero di idee brillanti ma, all’atto pratico, il risultato che scaturisce da questa prima prova solista si rivela appena sufficiente.

Primo passo solista per Joe Robazza, chitarrista degli SpiritRow, alle prese con quello che egli stesso definisce “rock filosofico”.

Appiccicare certe etichette, invero un po’ pretenziose, alle proprie opere può rivelarsi un boomerang, e questo è un rischio che il buon Joe corre seriamente, visto che, al di là del condivisibile intento di affrontare tematiche decisamente impegnative, il risultato finale non è del tutto convincente.
Stellarly è un breve Ep nel quale il musicista veneto prova a riversare tutte le influenze musicali di cui si è abbeverato nel corso della sua carriera e, fondamentalmente, uno dei problemi è proprio questa sua voglia di volerle condensare in poco più di un quarto d’ora.
Se Perfect Evolution si dimostra un brano piuttosto riuscito e sufficientemente lineare, pur nella sua variabilità, nelle tracce successive il sound sembra progressivamente sfilacciarsi, con l’aggravante di una prestazione vocale che lascia diverse perplessità nelle parti che vorrebbero essere più evocative (molto meglio, invece, quando la timbrica di Robazza si fa più aggressiva).
Il rock/metal alternativo contenuto in Stellarly si dirama verso molteplici direzioni ma senza dare mai la sensazione di essere frutto di un “caos organizzato”: il lavoro così vive di buoni spunti, rinvenibili in certi passaggi dal sapore orientaleggiante (che andrebbero maggiormente sfruttati vista l’abilità esecutiva del chitarrista) capaci di rendere efficaci anche alcuni momenti della conclusiva Cold Disaster. Anche la title track si avvale una buona linea melodica nel suo finale ma, come detto, l’ep si muove a strappi, mostrando momenti piuttosto opachi come il nu metal simil-Korn di And Believe, che risulta particolarmente indigesto.
Joe Robazza dà la sensazione d’essere un musicista giustamente ambizioso e foriero di idee brillanti ma, all’atto pratico, il risultato che scaturisce da questa prima prova solista si rivela appena sufficiente: per il futuro sarebbero auspicabili scelte differenti per le parti vocali ed uno sviluppo più organico dal punto di vista compositivo, perché sull’aspetto prettamente strumentale c’è poco o nulla da eccepire.
Il giudizio è pertanto interlocutorio, in attesa di future evoluzioni.

Tracklist:
1.Perfect Evolution
2.Stellarly
3.And Believe
4.Cold Disaster

JOE ROBAZZA – Facebook

Dool – Oweynagat

Non resta che attendere i Dool alla prima prova su lunga distanza: le premesse fanno presagire qualcosa di speciale.

A forza di parlare bene di tutto quanto viene sfornato con il marchio Prophecy, qualcuno potrà pensare persino che io sia al soldo del mio quasi omonimo Stefan.

In realtà, l’unico beneficio non da poco che ne traggo (e con me tutti gli appassionati di musica) è quello di imbattermi in album eccellenti da parte di realtà consolidate, oppure avere la possibilità di scoprire novità fresche e sfolgoranti come questi Dool.
Trattasi di un quintetto proveniente da Rotterdam, nel quale sono confluiti diversi musicisti già discretamente noti nella scena rock/metal dei Paesi Bassi, come la cantante Ryanne Van Dorst (Elle Bandita), il batterista Micha Haring ed il bassista Jacob Van De Zande (The Devil’s Blood) ed i chitarristi Reinier Vermeulen (The New Media) e Nick Polak (Gold).
Oweynagat è un singolo che prepara il terreno al full length programmato per l’inizio del 2017, ma basta ed avanza per far drizzare le antenne agli ascoltatori più attenti: infatti il brano, che spazia dal punk rock di cui la vocalist è portatrice, fino alla darkwave e all’alternative metal, si rivela davvero brillante per intensità e melodia, e l’interpretazione convincente della Van Dorst è supportata da un gran lavoro della band, che trova finalizzazione nello splendido crescendo chitarristico finale. Ma non finisce qui: la canzone viene riproposta subito dopo in una versione acustica (con il sottotitolo Inside The Cave Of The Cat), riuscendo ad apparire persino superiore a quella originale: le atmosfere rarefatte, un’altra prova vocale vocale magnifica ed un arrangiamento di rara eleganza spiazzano, meravigliano ed inquietano allo stesso tempo.
Non resta che attendere i Dool alla prima prova su lunga distanza: le premesse fanno presagire qualcosa di speciale.

Tracklist:
1. Oweynagat
2. Oweynagat – Inside The Cave Of The Cat

Line-up:
Ryanne van Dorst – vocals
Micha Haring – drums
Job van de Zande – bass
Reinier Vermeulen – guitar
Nick Polak – guitar

DOOL – Facebook

öOoOoOoOoOo – Samen

Un lavoro al quale l’appellativo di caleidoscopico sta persino stretto, per cui non resta che mettersi in testa le cuffie e provare a seguire, per quanto possibile, un percorso che non conosce un solo metro in rettilineo

L’iniziale colpo di genio da parte di questa band è riservato a solutori più che abili … che diamine di monicker potrà mai essere öOoOoOoOoOo, ci si chiede al primo impatto ?

Vabbé, poi dalle note biografiche scopri che una tale sfilza di O va pronunciata Chenille, che in francese significa bruco, e la lampadina improvvisamente si accende: cos’è infine öOoOoOoOoOo se non una buffa rappresentazione grafica del peloso insetto, realizzata utilizzando i caratteri disponibili sulla tastiera di un PC ?
La sensazione di avere a che fare con un a masnada di pazzoidi, sulla falsariga dei connazionali 6:33, si fa così strada ancor prima di iniziare l’ascolto, cosicché Rules Of The Show non impiega molto a far comprendere che ci si è preso addirittura per difetto: al confronto, la citata (ed immensa) band di Lille appare quasi un consesso di grigi impiegati del catasto, facendone sembrare la geniale follia un qualcosa di pericolosamente vicino alla normalità.
Gli öOoOoOoOoOo sono tra l’altro solo in due, la cantante Asphodel (attiva anche nella gothic band Penumbra e con saltuarie collaborazioni con miriadi di band, tra le quali i Carnival In Coal, il che ci aiuta a capire qualcosa in più) ed il funambolico polistrumentista Baptiste Bertrand, aiutati dal batterista Aymeric Thomas dei non meno schizoidi Pryapisme, ma in realtà sembrano in una quindicina, tra le molteplici voci e vocine proposte dalla cantante, strumenti di ogni genere che si palesano per un attimo per poi svanire nel nulla, growl minacciosi ed una percussività tentacolare.
Insomma, ce n’è abbastanza per prefigurare il classico quadro di amore od odio nei confronti del duo transalpino, per cui si tratta di decidere da quale delle due parti collocarsi: personalmente tendo ad essere, in maniera paradossale, più allergico all’avanguardismo applicato alla materia estrema mentre sono propenso a guardare favorevolmente esibizioni come queste, che sono sempre rischiosamente in bilico tra la genialità ed il ricorso al TSO.
Parlare di brani in un simile contesto è impresa ardua quanto superflua, tanto è sghembo l’andamento di un lavoro al quale l’appellativo di caleidoscopico sta persino stretto, per cui non resta che mettersi in testa le cuffie e provare a seguire, per quanto possibile, un percorso che non conosce un solo metro in rettilineo: Asphodel è una sorta di entità dai mille volti costantemente cangianti, con Diamanda Galas, Amy Lee, Edith Piaf, Bjork, Paperina (!), il Trio Lescano e chissà quante altre voci femminili evocate per un battito di ciglia o poco più.
Il sound segue questa schizofrenia inarrestabile che trova una parvenza di forma canzone nella sola Purple Tastes Like White, mentre nei restanti brani soul, gothic, symphonic metal, jazz, grind e “post tutto” si alternano e si aggrovigliano fino ad incatenare chiunque abbia voglia e pazienza di arrivare alla fine di Samen.
Già, perché a quel punto la giostra riparte, scoprendo ogni volta passaggi ignorati, perduti o che forse esistono solo nella nostra mente, vallo a sapere, fatto sta che questo lavoro degli öOoOoOoOoOo si rivela una piacevole follia che, non troppo casualmente, giunge dalla Francia e da un’etichetta come la Apathia che sembra aborrire tutto ciò che abbia una parvenza di normalità.
Ovviamente non per tutti, nemmeno per molti, sicuramente consigliato solo a chi non si arrende dopo l’ascolto delle prime stramberie …

Tracklist:
1. Rules Of The Show
2. Fucking Freaking Futile Freddy
3. Meow Meow Frrru
4. No Guts = No Masters
5. Bark City (A Glimpse Of Something)
6. Purple Tastes Like White
7. I Hope You Sleep Well
8. Well-oiled Machine
9. Chairleg Thesis
10. Fumigène
11. LVI
12. Hemn Be Rho Die Samen

Line-up:
Asphodel – Vocals, lyrics
Baptiste Bertrand – Guitars, Bass, Vocals,Programming
Aymeric Thomas (session) – Drums

Guests:
Germain Aubert on #11
Raphaël Verguin on #4 #5 #11
Adrien Cailleteau on #7 #8

öOoOoOoOoOo – Facebook

Metharia – Questo è Il Tempo

Un lavoro di rock alternativo che non fa mancare ruvida energia metallica, oltre ad un gustoso mood elettronico che rende la proposta fresca ed al passo coi tempi.

Napoli, città dove la musica è di casa, è conosciuta in tutto il mondo per la tradizione della sua canzone melodica, virtù popolare di gente che il ritmo lo ha nel sangue.

Ma, sotto le melodie che profumano dei vicoli e delle storie di questo straordinario popolo, batte forte un cuore rock’n’roll con una scena che ogni anno ci regala splendide realtà, pescando da molti dei generi cardine della nostra musica preferita.
Una scena alternative che, negli anni novanta, ha portato non poche band agli onori delle cronache (su tutti gli storici 99 Posse) è ora patria di molte realtà rock/metal affacciatesi con forza negli ultimi anni sulla scena nazionale.
La Volcano Records & Promotions, etichetta nata proprio nel capoluogo campano e attiva a livello nazionale ed europeo nel supportare l’hard & heavy, firma il nuovo lavoro della storica band dei Metharia, gruppo attivo dal 1999 con una storia alle spalle fatta di molte soddisfazioni, forzati stop e cambi di line up che ne hanno frenato la carriera ma certamente non la voglia di suonare rock.
Tornano dunque, a sei anni di distanza dall’ep Ockulta Informazione, con Questo è Il Tempo, un lavoro di rock alternativo che non fa mancare ruvida energia metallica, oltre ad un gustoso mood elettronico che rende la proposta fresca ed al passo coi tempi, pur non facendo mistero delle proprie ispirazioni.
Cantato ottimamente in italiano, l’album offre un panorama esaustivo sulla scena rock degli ultimi tempi: la band parte da una forte base alternative, con dosi di Litfiba che scorrono nelle vene del quartetto nostrano, ma rielaborate con un gusto internazionale.
Tra le trame del disco il metal moderno non manca immettere groove tra gli attimi più energici, l’atmosfera si mantiene grigia, quasi dark, con rimandi alla scena new wave ottantiana, specialmente quando liquidi tappeti elettro- rock divengono fondamenta al sound, ed il resto lo fa una produzione di alto livello, perfetta nel sottolineare i molti dettagli nella musica dal combo napoletano.
I brani si mantengono su un ottimo standard, l’alternarsi dei colori nell’atmosfera dell’album tiene alta l’attenzione, con picchi di grondante rock/metal alternativo come l’opener Roghi Di Idee, Echi e Frequenze, Non Esiste Un Motivo e la splendida Karma, senza dimenticare la splendida cover di Impressioni Di Settembre, storico brano della sempre mai abbastanza lodata Premiata Forneria Marconi.
Per i Metharia un ottimo ritorno che dovrebbe essere nelle corde di chi ama il rock alternativo e dei metallari dotati di sufficiente apertura mentale.

TRACKLIST
1. Roghi di idee
2. Universi distanti
3. Echi e frequenze
4. Un’ultima volta
5. Non esiste un motivo
6. Karma
7. Frammenti
8. Scie chimiche
9. Luce senz’anima
10. Figlio della terra
11. Impressioni di settembre
12. Nephilim

LINE-UP
Raul Volani – Bass Guitar, Vocals
Giuseppe Arena – Guitars
Ciro Cirillo – Bass Guitar
Alessandro Romano – Drums

METHARIA – Facebook

Killin’ Baudelaire – It Tastes Like Sugar

Ora sta a voi lasciarvi ammaliare musicalmente dalle Killin’ Baudelaire, aspettando nuovi sviluppi e godendovi questo ottimo It Tastes Like Sugar.

Quattro brani bastano per entrare nei cuori dei giovani ascoltatori cresciuti ad alternative rock ?
Ascoltando questo primo ep delle Killin’ Baudelaire direi di si.

Le quattro bellissime (ma non solo) musiciste, debuttano con addosso gli occhi puntati degli addetti ai lavori: il loro It Tastes Like Sugar sta creando molte aspettative, assolutamente ben riposte visto il potenziale altissimo dei brani racchiusi nell’ep.
Prodotta da Titta Morganti, la band si destreggia tra la materia alternative con ottima padronanza del sound ed un buon uso dei ferri del mestiere: è un rock che non manca di graffiare, partendo da lontano e assumendo l’indole stradaiola infarcita di soluzione metalliche, ma nel suo viaggio lungo il nuovo millennio si riveste di soluzioni alternative, rendendosi appetibile a più palati, ed esaltandosi con melodie catchy, refrain ruffiani e tanto appeal.
In verità le tracce inedite sono tre (Summertime Sadness è la cover di un brano di Lana Del Rey) e letteralmente fanno faville con chorus perfettamente incastonati nel rock che si incendia di liquido metallico, ritmi che lasciano al groove il comando delle operazioni e chitarre che non lasciano dubbi sulla voglia di lasciare il segno del quartetto.
Aggiungete un monicker originale, un titolo che lascia alla fantasia di ognuno di noi la giusta interpretazione su un argomento delicato come l’amore (“è‘ un gioco di parole che lega immediatamente all’immagine, ma che secondariamente vuole riferirsi al concetto dell’Amore. Un Amore che si supponga sappia di zucchero, ma che come ogni umana manifestazione, possiede anche un lato oscuro…”), ed il gioco è fatto.
Ora sta a voi lasciarvi ammaliare (musicalmente) dalle Killin’ Baudelaire, aspettando nuovi sviluppi e godendovi questo ottimo It Tastes Like Sugar.

TRACKLIST
1. Wasted
2. The Way She Wants
3. Summertime Sadness (Lana Del Rey Cover)
4. Riddle

LINE-UP
Gloria Signoria – Vocals and Bass
Martina Nixe Riva – Guitar
Francesca Bernasconi – Guitar
Martina Cleo Ungarelli – Drums and Vocals

KILLIN’ BAUDELAIRE – Facebook

Marillion – FEAR [Fuck Everyone And Run]

Forse bisogna essere davvero “alternative” per apprezzarlo e il déjà vu si avverte, ma FEAR richiede ancora una volta di superare il passato e qualsiasi analisi asettica per (ri)trovare il piacere dell’ascolto e delle emozioni che sa destare.

Recensire un album dei Marillion rappresenta un compito arduo per il sottoscritto, questo perché non ascolto la band britannica dai tempi di Fugazi (1984) e Misplaced Childhood (1985).

Ma questa volta mi tocca e così da qualche giorno non faccio altro che ascoltare ripetutamente la nuova fatica dei nostri. Ormai divenuti più un gruppo di Alternative che di Rock Progressivo, aprono con i quasi 17 minuti di El Dorado, suite in cinque parti e, per quanto io cerchi di rifuggire i paragoni di qualsiasi natura, nella mia testa cominciano a girare alcune paroline: l’ho già sentito dai … Pink Floyd? Contemplo le emozioni e la risultante è permeante malinconia, un presentimento che qualcosa di sconvolgente stia per succedere. La voce di Steve Hogarth interpreta le lente progressioni su più registri e altezze (non riesco ad apprezzare il suo utilizzo del falsetto), per un brano comunque molto sentito. L’intensità si allenta con la più ordinaria Living In Fear ma si riparte con i 19 minuti di The Leavers. Intro nella quiete con un seducente giro di tastiere che apre a melodie orecchiabili ed il parlato/cantato di H su base Pop-Wave, il pezzo (anch’esso in cinque parti) evolve piacevolmente, ben strutturato e arrangiato con le onnipresenti e sapienti tastiere che ne sottolineano costantemente la trama. La calma e profondamente melodica White Paper, quasi impalpabile, porta avanti l’umore generale dell’album con lenta pacatezza, elegantemente sostenuta prima dalle tastiere di Mark Kelly e poi dalle vocals di H che finalmente dipana le sue naturali capacità. La toccante e bellissima The New Kings nei suoi 17 minuti, composta di quattro parti, pare voglia farci riflettere sulla crisi socio-politica ed economica in atto e sull’ingiustizia creata dagli esseri umani. We are the new Kings / Here on the corporation’s top floor / If you cross us we’ll buy you and you can retire / Your children set up for life / Think about it… / Greed is good… […] We are the new kings / I’ll tell you a tale / We’re too big to fall / We’re too big to fail. Degno di cotanto nome il finale Progressivo ed elettrico (era ora!) con Trewavas, Mosley e Rothery uniti in un brano riuscito sotto ogni punto di vista.
Forse bisogna essere davvero alternative per apprezzarlo e il déjà vu si avverte, ma FEAR richiede ancora una volta di superare il passato e qualsiasi analisi asettica per (ri)trovare il piacere dell’ascolto e delle emozioni che sa destare.

TRACKLIST
1. El Dorado
2. Living In Fear
3. The Leavers
4. White Paper
5. The New Kings

LINE-UP
Steve Hogarth – Vocals
Steve Rothery – Guitars
Mark Kelly – Keyboards
Pete Trewavas – Bass
Ian Mosley – Drums

MARILLION – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=Xiwtl-ljUI0

Saturna – Saturna

Un gran bel disco per un gruppo che raramente sbaglia, ma che con questo disco omonimo si supera.

I Saturna sono un gruppo di Barcellona che sono stati toccati dalla mano degli dei del rock pesante.

Formati nel 2010 dal bassista Rod per sviluppare insieme a degli amici delle idee musicali, i Saturna sono presto diventati uno dei migliori gruppi musicali di psichedelia rock pesante sulla piazza. La loro musica è un misto di doom, heavy rock e psichedelia, molto suadente e fisica, si sente la musica che occupa un volume, e come dice il loro nome, qui ci sono i dettami dei riti dionisiaci, ci si volge verso Saturno con tutto ciò che comporta. Questo loro terzo disco è forse quello più completo, il suono è sempre sulle stesse coordinate, ma si sente che il loro modo di comporre è cambiato, migliorando ulteriormente. Ascoltando i Saturna ci si immerge in una modernità che certo deve molto alle cose passate, ma che innova con una sapiente personalizzazione del verbo pesante. Le loro canzono sono riti musicali, costruiti con il sentimento della California anni settanta, anzi i Saturna suonano molto meglio di tante band di quel periodo o dei loro epigoni attuali. Le atmosfere sono molteplici e diverse, dal pezzo duro e lungo alla trasmigrazione psichedelica delle anime, ad un certo retrogusto grunge che fa davvero piacere ascoltare. In certi frangenti le tastiere disegnano figure davvero belle, come in Leave It All, canzone davvero notevole e forse la migliore di tutto il disco.
Un gran bel disco per un gruppo che raramente sbaglia, ma che con questo disco omonimo si supera.

TRACKLIST
1.Tired to fight
2.All has been great
3.Birds in cages
4.Five fools
5.Routine
6.Leave it all
7.Unsolved
8.Disease
9.A place for our soul

LINE-UP
Rod: Bass
Oscar: Guitar
Jimi: Vocals / Guitar.
Enric: Drums

SATURNA – Facebook

Lacrimas Profundere – Hope Is Here

Gli undici brani offerti dai Lacrimas Profundere vanno a comporre tre quarti d’ora di musica eccellente ed impeccabile per esecuzione e produzione

Quelli diversamente giovani, tra i frequentatori di questa webzine, ricorderanno senz’altro i Lacrimas Profundere come una giovane e promettente band che, negli anni novanta, provò con un certo successo a mettersi in scia delle migliori band del settore gothic death doom.

Il tempo è passato e le sonorità espresse efficacemente con album quali La Naissance d’un Rêve e Memorandum sono state via via abbandonate, per approdare ad un più rassicurante ma altrettanto valido alternative rock che mantiene comunque un ben definito dna oscuro.
Quello preso oggi in esame è l’undicesimo full length della band tedesca, capace di muoversi con destrezza tra umori che si dipanano a cavallo tra Antimatter e Katatonia, con una maggiore propensione però ad aperture più ariose.
Hope is Here è una collezione di brani dal buonissimo valore complessivo, in grado di non far rimpiangere i tempi andati ma, semmai, di rivestire di abiti più ricercati una malinconia che rappresenta pur sempre la base sulla quale poggi il sound dei Lacrimas Profundere.
Della line-up originaria è rimasto solo quello che è sempre stato il vero motore dei bavaresi, il chitarrista Oliver Schmid, il quale oggi si circonda di musicisti più giovani come la coppia ritmica formata dai fratelli Clemens e Christop Schepperle e dal vocalist Rob Vitacca, in possesso di una timbrica calda che ben si addice alle soffici atmosfere proposte, oltre che dal più esperto chitarrista Tony Berger.
Gli undici brani offerti dai Lacrimas Profundere vanno a comporre tre quarti d’ora di musica eccellente ed impeccabile per esecuzione e produzione; gli estimatori della prima ora della band forse faticheranno a digerire un evidente alleggerimento del sound, ma brani davvero ottimi come The Worship of Counting Down, Hope Is Here e Timbre, tanto per citarne solo alcuni, possiedono la caratura necessaria per mettere tutti d’accordo.

Tracklist:
1. The Worship of Counting Down
2. My Halo Ground
3. Hope Is Here
4. Aramis
5. A Million Miles
6. No Man’s Land
7. Pageant
8. You, My North
9. Awake
10. The Path of Broken Homes
11. Timbre
12. Black Moon

Line-up:
Oliver Nikolas Schmid – Guitars
Tony Berger – Guitars
Rob Vitacca – Vocals
Clemens Schepperle – Bass
Christop Schepperle – Drums

LACRIMAS PROFUNDERE – Facebook

Circle – Meronia

Meronia è un disco davvero grande e bellissimo, dove ci si può perdere nelle mille soluzioni sonore dei Circle, che producono un gran caleidoscopio sonoro.

La missione principale della gloriosa Svart Records è di portare alla luce i tesori nascosti dell’underground finlandese, e Meronia dei Circle è uno dei più lucenti.

Questa ristampa del disco del 1994 vede la luce in un doppio vinile con bonus track e in un cd. Originariamente editi da Bad Vugum, un’etichetta finlandese con un interessante catalogo, i Circle sono un gruppo di una piccola città della Finlandia, Pori, origine condivisa con i Deep Turtle, che li proposero all’etichetta. I Circle fanno tutto quello che facevano le vostre band preferite degli anni novanta ed anche di più. Noise, shoegaze, improvvisazione, in una mirabile commistione sonora di America e Gran Bretagna. Meronia è un disco davvero grande e bellissimo, dove ci si può perdere nelle mille soluzioni sonore dei Circle, che producono un gran caleidoscopio sonoro. Il disco all’epoca fu apprezzato moltissimo sia dal sottobosco che dal mainstream e segnò un’importante evoluzione dell’underground finlandese. Fuori dalla patria ebbe meno eco, e questa è una sfortuna perché è un disco eccezionale, che non è consigliato solo agli amanti del suono anni novanta, ma anche a tutti quelli che cercano cose solide e nuove, perché ancora adesso Meronia è molto avanti rispetto alla media attuale. I Circle ci accompagnano per mano in una lunga escursione sul pianeta Meronia, e ciò provoca dipendenza e voglia di ascoltarlo cambiando l’ordine delle tracce, sentendo in ripetizione una traccia, un rumore, una nota che pare essere l’architrave del tutto. Tutte le canzoni potrebbero essere un singolo e due o tre canzoni prese a caso sarebbero degli ottimi 7”. Ogni pezzo ha dentro almeno uno o due generi diversi. Meronia è certamente figlio di un clima musicale difficilmente ripetibile, dove le commistioni diventavano naturali e si faceva il tutto con molta naturalezza e voglia di divertirsi. Il disco è davvero bello, intenso e fortunatamente lungo. I Circle son ancora in attività e fanno sempre grande musica, ma Meronia è oltre la grande musica, è Meronia.

TRACKLIST
1.Ed-Visio
2.Curwen
3.Wherever Particular People Congregate
4.Meronia
5.DNA
6.Hypto
6.Nude
7. Colere
8.Staalo
9.Kyberia
10.Gravion
11.Ferrous
12.Scoop
13.Merid
14.Espirites

LINE-UP
J. Jääskeläinen – guitar
P. Jääskeläinen – guitar
J. Lehtisalo – bass, vocals
M. Rättö – keyboards, vocals
T. Leppänen – drums
J. Westerlund – guitar, vocals

CIRCLE – Facebook

Atomikylä – Keräily

Si sentono abbastanza distintamente gli impianti sonori dei Dark Buddha Rising o degli Oranssi Pazuzu, poiché le loro radici sono lì, e possiamo perfino spingerci a dire che Keräily sia un disco di psichedelia rituale e che sarebbe la somma perfetta dei due dischi, ma c’è molto di più.

A Tampere, in Finlandia, ci deve essere qualcosa nell’aria o nelle droghe che fa sì che tanti suoi cittadini suonino psichedelia pesante come gli Oranssi Pazuzu o psichedelia rituale come i Dark Buddha Rising.

Gli Atomikylä sono un’unione di alcuni dei membri di questi due grandi gruppi, unione nata dalla divisone di uno spazio prove comune, il Wastement, un nome un programma. Lo scopo di questo gruppo è la liberazione della nostra mente e del nostro corpo attraverso il suono, per mezzo di una psichedelia brutale e sognante allo stesso tempo. I tre pezzi di questo disco sono tre esplorazioni, tre viaggi astrali, dove il nostro corpo arriva a vedere se stesso dall’alto. Le canzoni sono progressive, nel senso che sono serpenti che crescono e vanno a cercare un posto al sole su pietre roventi. La musica qui viene teorizzata ed eseguita come fuga dalla normalità, sia morale che dei sensi, per cercare di liberarsi annientandosi nel suono e nella sua fisicità neuronica. Il disco è una meraviglia continua, un liberi tutti che giova moltissimo alla composizione davvero psichedelica. Non ci sono influenze, non ci sono pressioni, vi è solo il creare. Si sentono abbastanza distintamente gli impianti sonori dei Dark Buddha Rising o degli Oranssi Pazuzu, poiché le loro radici sono lì, e possiamo perfino spingerci a dire che Keräily sia un disco di psichedelia rituale e che sarebbe la somma perfetta dei due dischi, ma c’è molto di più. Qui la ripetizione sonica diventa mantra per accedere ad un piano sonoro superiore, cambiando il proprio stato da materiale ad immateriali, issandoci su forme mentali alterate, oltre la terra la meta. Di questo percorso non abbiamo né la meta né la direzione, ma solo il piacere della scoperta, esplosioni durante la calma, mutazioni sonore. Il nome del gruppo deriva da un campo base abbandonato di operai per la costruzione di una centrale atomica negli anni ottanta. Presto questo luogo chiamato Atomikylä divenne la patria degli sbandati e dei drogati, una repubblica degli emarginati, dove la legge non entrava e nemmeno usciva, per poi essere distrutto pochi anni orsono. Emarginazione mentale, fuga dal normale che porta a una quasi volontaria e comprensibilissima autoesclusione che si sublima in questa musica, bella, tremenda e confusa.

TRACKLIST
1.Katkos
2.Risteily
3.Pakoputki

LINE-UP
V. Ajomo – Guitar, Vocals
T. Hietamäki – Bass
J. Rämänen – Drums
J. Vanhanen – Guitars, Vocals

ATOMIKYLA – Facebook

Bells Of Ramon – Jamie Lee

I Bells Of Ramon rialsciano un sette raffinato, ben suonato e ben prodotto che lascia ben sperare per il futuro disco.

Dopo un po’ di attesa e vari concerti positivi, ecco uscire il 7″ che precede il debutto dei Bells Of Ramon previsto per l’autunno del 2016.

I Bells Of Ramon sono un gruppo genovese che suona uno stoner molto influenzato dall’hard rock, ma anche viceversa va bene, ovvero hard rock influenzato dallo stoner. Il loro suono è composto molto attentamente e nulla viene lasciato al caso. Il primo pezzo, Jamie Lee, ha un incedere elegante e sinuoso, con un suono molto stelle e strisce, riuscendo ad essere originale e particolare anche in un ambito dove non è facile. Ascoltando questi due pezzi si può sentire anche un forte sapore di grunge, perché a noi di una certa età è rimasto in testa, e non c’è nulla da fare. I Bells Of Ramon rilasciano un sette raffinato, ben suonato e ben prodotto che lascia sperare il meglio per il futuro disco.

TRACKLIST
Side A – Jamie Lee
Side B – Smoke Stung

LINE-UP
Luca Baldini- Voice, Guitar
Fabio Leonelli – Guitar
Sandro Carraro – Bass
Martino Sarolli – Drums

BELLS OF RAMON – Facebook

Head Of The Demon – Sathanas Trismegistos

Gli svedesi Head Of The Demon sono un gruppo che porta avanti tematiche occulte attraverso la musica, e bada alla sostanza con un hard rock doom molto bello.

Gli svedesi Head Of The Demon sono un gruppo che porta avanti tematiche occulte attraverso la musica, e bada alla sostanza con un hard rock doom molto bello.

Le oscure vibrazioni scorrono liete e danno una nera energia. Molti gruppi fanno questo genere ultimamente e sono anche con gli Head Of The Demon siamo davvero a cavallo della tigre. Non devono comunicare copiosamente, infatti le canzoni sono 6, ma si carpisce molto bene il tutto. La fretta qui è aliena, e come in una trasmutazione alchemica si va dalla materia allo spirito, e viceversa, sempre rimanendo in ambito assai black. Il gruppo si cela dietro una fitta coltre di mistero e fa bene, perché lasciano parlare i fatti ovvero la musica. Questo lavoro è la logica evoluzione dell’omonimo debutto del 2012, che descriveva adeguatamente la direzione intrapresa dal gruppo svedese. 09c’è materiale per chi vuole ricercare seriamente una via alternativa per spiegare molte cose e molti accadimenti altresì inspiegabili attraverso i normali canoni.
E soprattutto troviamo ottima musica, composta e suonata molto bene davvero.
Ci sono cose oscure che ci guardano e cose oscure che si ascoltano.

TRACKLIST
1. Nox, Est, Lux
2. Armilus Rides… Again!
3. Sathanas Trismegistos
4. Zurvan’s Ordeal
5. Maleficium
6. L.L.L

LINE-UP
José – Bass
Konstantin – Guitars, Bass
Johannes – Guitars, Vocals
Thomas – Percussion

HEAD OF THE DEMON – Facebook

Psychedelic Witchcraft – The Vision

The Vision è quello che dice il titolo, ovvero una bella visione di un tempo andato e di sensazioni dimenticate ma estremamente piacevoli.

Secondo disco per l’emergente Virginia Monti che cambia band ed etichetta per il suo nuovo disco.

I Psychedelic Witchcraft sono un gruppo giovane fondato nel marzo 2015 che, con la vecchia line up, aveva pubblicato per la Taxi Driver il 10″ di esordio Black Magic Man, che era andato presto esaurito, ed è anche un pezzo da collezione poiché vi era la playlist sbagliata. Il nuovo lavoro per Soulseller Records mette maggiormente in risalto l’aspetto settantiano del gruppo, che riesce a riportare molto bene un certo clima musicale che si muoveva fra hippy ed occultismo, senza estremizzare come i Coven, e con solide basi musicali. Virginia ha una voce ed un eclettismo canoro che le permette di spaziare molto bene fra i vari registri, ed il resto del gruppo è notevole. I Psychedelic Witchcraft ci portano in un mondo dove si luce e tenebre si fondono e la ricerca è costante, senza mai rimanere fermi. The Vision è quello che dice il titolo, ovvero una bella visione di un tempo andato e di sensazioni dimenticate ma estremamente piacevoli. In un settore dove ci sono molti dischi simili, questo spicca per solidità e per l’avere una Virginia Monti che fa la differenza. Addentratevi in un’oscura luce e in sottili piaceri.

TRACKLIST
1. A Creature
2. Witches Arise
3. Demon Liar
4. Wicked Ways
5. The Night
6. The Only One That
7. War
8. Different
9. Magic Hour Blues

LINE-UP
Virginia Monti – Vocals
Riccardo Giuffrè – Bass
Jacopo Fallai – Guitar
Daniela Parella – Drums

PSYCHEDELIC WITCHCRAFT – Facebook

Tombeto Centrale – Il Silenzio della Collina

Se amate i suoni alternativi degli ultimi ventanni non potete ignorare questo lavoro.

Un’altra ottima band si affaccia sulla scena alternativa nostrana, i lucchesi Tombeto Centrale.

Il trio toscano, vincitore del Qua’rock contest, entrano nel roster della label di Gabriele Bellini, non prima di aver condiviso il palco con ottime realtà del rock/metal nazionale come Quintorigo, Zen Circus e Rebeldevil.
Il Silenzio della Collina è il loro primo lavoro, un album irruento, molto vario e piacevolmente metallico, là dove il gruppo lascia le redini del sound così che la propria musica possa esplodere in un crossover che riprende l’ultimo ventennio di rock, plasmandolo e facendolo proprio.
Luca Giannotti (chitarra e voce), con Riccardo Franchi alla batteria e Luca Franchi al basso, creano questo sound nervoso e adrenalinico, amalgamandolo a reminiscenze psichedeliche e nutrendosi di tensione rabbiosa ma positiva, nei brani che più spingono sull’acceleratore.
Rigorosamente cantato in italiano e supportato da testi ispirati, disperati ed a tratti intimisti, Il Silenzio della Collina, non lascia molte indicazioni sulla strada intrapresa dal gruppo, che varia atmosfere e sfumature ad ogni brano, regalandoci una raccolta d canzoni che alternano rock elettrizzato da cascate di watt, a più dolci ed armoniose ballate.
Ne sentirete delle belle inoltrandovi nel mondo dei Tombeto Centrale, dal crossover metal dei Jane’s Addiction, al grunge dei Nirvana, fino ai ritmi nervosi dei Red Hot Chili Peppers, ed al prog moderno, psichedelico ed alternativo dei Tool, ma il cantato in lingua madre ed un entusiasmo che conquista anche l’ascoltatore più intransigente, fanno dell’album un ottimo prodotto, fresco e maturo.
Se amate i suoni alternativi degli ultimi vent’anni non potete ignorare questo lavoro che ha nelle bellissime Social Network, Il Venditore di Tappeti e Viandante, i picchi qualitativi di una raccolta di canzoni davvero ispirate.
Assolutamente buona la prima.

TRACKLIST
1.Fa# economico
2.Social network
3.Fiori, Serpenti
4.Il venditore di tappeti
5.Mr. beaver
6.Desiderio semplice
7.Viandante (sul mare di nebbia)
8.L’altra
9.Scrooge MD
10.Il silenzio della collina

LINE-UP
Luca Giannotti-chitarra e voce
Riccardo Franchi-batteria
Luca Franchi-basso

TOMBETO CENTRALE – Facebook

VV.AA. – Thirteeen: An Ethereal Sound Works Compilation

Thirteen è la compilation che celebra i tredici anni di attività della label portoghese Ethereal Sound Works, nel cui roster sono comprese band lusitane dedite ai generi più disparati, ma tutte accomunate da una notevole qualità di fondo e da altrettanta verve creativa.

Thirteen è la compilation che celebra i tredici anni di attività della label portoghese Ethereal Sound Works, nel cui roster sono comprese band lusitane dedite ai generi più disparati, ma tutte accomunate da una notevole qualità di fondo e da altrettanta verve creativa.

Sono ben 19 i brani contenuti in questa raccolta piuttosto esaustiva con la quale il buon Gonçalo esibisce i suoi gioielli, anche quelli più preziosi ma, purtroppo, non più attivi come i Vertigo Steps.
Così, in questo caleidoscopio di suoni ed umori, troviamo il metal con il death dei Rotem e il power/thrash degli Hourswill, il rock alternativo di Secret Symmetry, Painted Black, Dream Circus e Artic Fire, il punk di The Levities, Chapa Zero e Punk Sinatra, il dark di And The We Fall, Rainy Days Factory e My Deception, l’indie dei The Melancholic Youth Of Jesus, il folk dei Xicara , la sperimentazione pura dei Fadomorse e l’ ambient degli Under The Pipe e dei Soundscapism Inc., quest’ultimo fresco progetto di Bruno A., successivo allo split dei Vertigo Steps, qui rappresentati dalla splendida Silentground.
L’eclettismo è il vero marchio di fabbrica della ESW, grazie alla quale abbiamo la possibilità di constatare come in Portogallo si produca tanta musica di qualità, in più di un caso oggetto delle nostre recensioni (che possono essere lette nella sezione sottostante denominata articoli correlati).
Non ci sono solo i Moospell o il fado, quindi, a rappresentare il fatturato musicale lusitano, e questa compilation offre una ghiotta possibilità di farsi un’idea più precisa di quel movimento, portando alla luce diverse realtà oltremodo stimolanti.

Tracklist:
1.Secret Symmetry – Disarray And Silver Skies
2.Vertigo Steps – Silentground
3.Painted Black – Quarto Vazio
4.Hourswill – Atrocity Throne
5.My Deception – Daylight Deception
6.Dream Circus – Ticking
7.Rotem – The Pain
8.The Levities – Split Lip
9.Chapa Zero – Vai Lá Vai
10.Punk Sinatra – Nunca Há Paciência
11.Under The Pipe – No Need Words
12.Artic Fire – Running
13.The Melancholic Youth Of Jesus – Insensivity
14.And Then We Fall – Ancient Ruins
15.Rainy Days Factory – Deep Dive
16.Fadomorse – Deicídio
17.Xícara – Cantiga (Deixa-te Estar na Minha Vida)
18.Dark Wings Syndrome – In My Crystal Cage (2015)
19.Soundscapism Inc. – Planetary Dirt

ETHEREAL SOUND WORKS – Facebook