Vanhelgd – Temple of Phobos

Temple Of Phobos non mancherà di affascinare gli amanti dei suoni oscuri e dalle tematiche occulte ed horror

Scivolando lentamente sul letto di acque scure ci avviciniamo al tempio di Phobos, dove ad aspettarci, sinistri e crudeli ci sono i Vanhelgd, dal 2007 sacerdoti malvagi di litanie metalliche estreme tra doom metal, black e old school death.

Tre full length alle spalle, una discografia che ha dato in pasto ai cultori del metallo più oscuro un disco ogni tre anni circa, partendo da Cult Of Lazarus fino a quest’ultimo lavoro, e con in mezzo Church of Death del 2011, Relics of Sulphur Salvation del 2014, ed un unico ep uscito nel 2010 dal titolo Praise the Serpent.
Accompagnato da una bellissima copertina raffigurante un “Caronte” che si avvicina al tempio, in classico stile doom, Temple Of Phobos non mancherà di affascinare gli amanti dei suoni oscuri e dalle tematiche occulte ed horror, grazie soprattutto ad un songwriting vario e a tratti entusiasmante per quel modo di coniugare i generi citati con grande maestria, creando così un’opera dai tratti nerissimi ma dalle sfumature cangianti.
La pesantezza del doom metal, dai riff che ricordano non poco i Paradise Lost dei primi bellissimi lavori (Gravens lovsång sembra uscita dalle sessions di Gothic), lasciano spazio a sferzate dai rimandi black e mid tempo ispirati dallo swedish death metal di primi anni novanta in un’escalation di emozioni intense, spesse come l’acqua nera come la pece del fiume che porta al sacro tempio di Phobos, mentre tra la boscaglia occhi di fuoco seguono il percorso di questo liquido letto di morte.
Enorme il lavoro delle due asce ispiratissime in tutte le loro cangianti sfumature e che come demoni, a turno, si impossessano di Mattias “Flesh” Frisk e Jimmy Johansson, coppia che non manca di imprimere il loro marchi anche dietro al microfono.
La sezione ritmica (Jonas Albrektsson al basso e Björn Andersson alle pelii) non può che assecondare il mood dell’album con cambi di tempo da una song all’altra, che mantengono un livello alto anche se la parte doom/death è quella che imprime un salto di qualità importante a tutto Temple Of Phobos.
Il death/black dell’opener Lamentation of the Mortals, la già citata e stupenda Gravens lovsång e la conclusiva Allt hopp är förbi sono i picchi qualitativi di un album bello, inquietante e che non può mancare nella discografia di chi ama questi generi e le opere dei primi anni novanta.
Inoltratevi nella foresta (l’inquietante barcaiolo vi sta già aspettando) e andate alla ricerca del tempio di Phobos, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1. Lamentation of the Mortals
2. Rebellion of the Iniquitous
3. Den klentrognes klagan
4. Temple of Phobos
5. Gravens lovsång
6. Rejoice in Apathy
7. Allt hopp är förbi

LINE-UP
Björn Andersson – Drums
Mattias “Flesh” Frisk – Guitars, Vocals
Jimmy Johansson – Guitars, Vocals
Jonas Albrektsson – Bass

VANHELGD – Facebook

Black Fucking Cancer – Black Fucking Cancer

Il black metal dei Black Fucking Cancer è molto preciso e diretto, non ci sono fronzoli ma una grande intensità è il motore primo del disco.

Black metal americano furioso ed animato da un grande e giustificato odio verso il più grande dei cancri apparso sulla Terra : l’uomo.

I Black Fucking Cancer sono un gruppo che intimidisce attraverso un black metal potente e diretto, debitore sì della vecchia scuola, ma soprattutto figlio della bravura compositiva dei tre americani. Non ci sono canzoni sbagliate in questo debutto, ma c’è un ottimo bilanciamento di melodia e di momenti meno veloci ma altrettanto. Pur apparendo caotico, il black metal dei Black Fucking Cancer è molto preciso e diretto, non ci sono fronzoli ma una grande intensità è il motore primo del disco. La via nordamericana al black metal è sempre stata di ottima qualità, ma ultimamente sta facendo davvero ottime cose, e questo disco ne è una robusta testimonianza. Debutto impressionante per capacità e potenza, i sette pezzi sono un nero crescendo sonoro che conferma la bravura della Osmose Productions nel trovare nuovi gruppi.
Questo lavoro piacerà a molti black metallers, ma soprattutto a coloro che vogliono del buon black metal diretto e potente, oscuro e magniloquente.

TRACKLIST
1. A Sigil of Burning Flesh
2. Acid Ocean
3. Blood Stained Whore
4. SinnRitualVoid
5. Wall of Corpses
6. Exit Wounds
7. Communion of the Blood Unholy

LINE-UP
T. Scythe – Proproganda Hymns
N. Tremor – Choir
J. Hammer – Choir

OSMOSE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=caX9m4e04OY

Art Of Deception – Shattered Delusions

Death metal melodico che nel suo dna porta con sé cromosomi thrash metal.

Death metal melodico che nel suo dna porta con sé cromosomi thrash metal.

Shattered Delusions, primo lavoro sulla lunga distanza di questa giovane band norvegese, al secolo Art Of Decption, non delude sicuramente per quanto riguarda l’impatto e la buona vena melodica, valorizzata da un gran lavoro alla sei corde ed animata da una sezione ritmica dallo spirito battagliero.
Il gruppo di Stavanger attivo da quattro anni, ha rilasciato un ep ed un singolo, prima della firma con Crime records ed il rilascio di Shattered Delusions, album dalla forte impronta melodica pur nella sua nature estrema, a tratti alimentato da una vena progressiva e dal songwriting sufficientemente buono.
Il quartetto si aggira furtivo tra il metal estremo degli ultimi anni , rubando di qua e di là umori ed atmosfere che passano dal thrash al death melodico, la vena progressiva e qualche sfumatura più moderna rendono l’ascolto vario, con le atmosfere tragiche ed arrembanti classiche del genere che acquistano spunti interessanti seguendo i dettami del genere suonato.
La voce grossa la fanno le due sei corde, impegnate a costruire riff e solo melodici dal taglio classico su ritmiche veloci e thrash oriented, il growl è da manuale ed il tutto non può che risultare perfetto per un lavoro improntato sull’alternanza tra old school, refrain moderni e tecnicismo progressivo.
In Shattered Delusions il gruppo norvegese non manca di alternare cavalcate veloci e trascinati a parti più elaborate confermandosi una giusta e riuscita via di mezzi tra gli Opeth, i primi Dark Tranquillity e gli At The Gates in versine progressiva e moderna.
Washing Water e gli undici minuti di Organized Chaos sono i picchi di questo buon lavoro, consigliato agli amanti del death metal melodico, ed in generale dei suoni estremi della loro terra di origine, così che Shattered Delusions merita senz’altro da parte loro un attento ascolto.

TRACKLIST
1. Lunar Eclipse
2. Killing
3. Kraken’s Awakening
4. Washing Water
5. Øyekast
6. Molested by the Beast
7. Illusion of Trust
8. Evil (bitch)
9. Organized Chaos

LINE-UP
Marius Ofstad-Guitars, volcals
Sindre Wathne Johnsen-Guitars, B.vocals
Einar Petersen-Drums
Patrick Ivan Rørheim-Bass

ART OF DECEPTION – Facebook

Yarast – Tunguska 1908

Tunguska 1908 è un lavoro pienamente riuscito, all’altezza della migliore tradizione scandinava

Questa band romana attiva dal 2011 non poteva trovare monicker migliore, infatti Yarast in russo significa furia, una furia death metal che si scatenerà appena schiaccerete il tasto play del vostro lettore.

Tunguska 1908 si avvale di un originale concept fanta politico ambientato all’epoca della guerra fredda, con la Russia come assoluta dominatrice del mondo.
L’album è composto da otto brani, prodotti magistralmente da Stefano Morabito ai 16th Cellar Studios (Hour of Penance, Fleshgod Apocalypse), di death metal che rimanda alla scena scandinava, potenti furiosi e marcatamente melodici specialmente nei solos, così da essere una perfetta via di mezzo tra l’approccio classico e quello melodico del genere, a cui la penisola scandinava ha dato i natali.
L’ottima tecnica dei musicisti coinvolti fa il resto e l’album non manca di deliziare i deathsters con una serie di brani oscuri, dal taglio brutale ed epico ed attraversate da un’atmosfera di tensione dannatamente coinvolgente.
Un album che nella sua interezza appare compatto come granito, sferragliante e rabbioso, freddo come il clima delle lande sovietiche, agguerrito nelle ritmiche che alternano mid tempo a sfuriate debordanti e tagliato dalle sei corde, che come lame infieriscono con taglienti e melodici solos.
Il growl imponente del singer Matteo Boccardi accompagna il sound carico di adrenalina, con una tensione altissima, che quasi la si può toccare, e la titletrack apre le ostilità, devastante e rabbiosa, lasciando alle sfuriate ritmiche (Fabrizio Chionni al basso e Nicola Petricca alle pelli, bravissimi nei cambi di tempo della successiva Doomsky Fills Your Eyes) il compito di introdurci al sound del gruppo romano,.
Non c’è un attimo di respiro e Tabula Rasa è un massacro sonoro che rasenta il brutal, mentre su Распyтица (Rasputiza) sono le due asce le protagoniste indiscusse (David Ceccarelli e Daniele Foderaro).
Mentre Nuclear Winter è un’altra mazzata devastante, Blood Path si apre con un accordo acustico che sfocia in una tempesta di suoni estremi dal taglio leggermente progressivo, sempre splendidamente ancorato al metal scandinavo.
Deserter e Retaliation chiudono l’album all’insegna del death metal tecnico e, specialmente nel brano conclusivo, con una serie di ripartenze e solos clamorosi.
Tunguska 1908 è un lavoro pienamente riuscito, all’altezza della migliore tradizione scandinava e, se siete fans degli Hypocrisy, band a mio avviso più vicina al sound prodotto dai nostri, non potete permettervi di perdervelo.

TRACKLIST
01 – Tunguska 1908
02 – Doomsky Fills Your Eyes
03 – Tabula Rasa
04 – Распyтица (Rasputiza)
05 – Nuclear Winter
06 – Blood Path
07 – Deserter
08 – Retaliation

LINE-UP
Matteo Boccardi – Vocals
David Ceccarelli – Guitars
Daniele Foderaro – Guitars
Fabrizio Chionni- Bass
Nicola Petricca – Drums

YARAST – Facebook

Centinex – Doomsday Rituals

Altra grande prova dello storico combo svedese, altra mazzata musicale che conferma l’assoluto dominio del death metal sulla musica estrema

Un’altra lezione di come si suona death metal impartita dalla storica band svedese con questo straordinario lavoro, secondo dopo la reunion avvenuta nel 2013 e successore di Redeeming The Filth di due anni fa, rientro in pompa magna del gruppo scandinavo.

I Centinex tornano a devastare padiglioni auricolari che gronderanno sangue, massacrati da questa mezzora di metal estremo entusiasmante confermando la buona forma dopo i lunghi anni di inattività e il conseguente ritorno, a questo punto una benedizione per i death metallers ancora innamorati dei suoni old school.
Prodotto ai Wings Studios ed accompagnato da una copertina vecchia scuola, Doomsday Rituals è il degno successore del bellissimo predecessore, nonché un album che assolutamente non sfigura con le opere storiche dei primi anni novanta, composto da una decina di bombe atomiche fatte esplodere nello stesso istante, producendo la totale distruzione del pianeta.
I Centinex non sono certo prolissi nel comporre metal estremo, i loro brani puntano la vittima e la eliminano con una raffica di death metal perfettamente bilanciato tra la tradizione scandinava e quella statunitense, compatti come una nave da guerra rifilano dieci cannonate devastanti, dalle ritmiche potenti e sempre sorrette da mid tempo che si trasformano in poderosi blast beat violentissimi.
Epico a tratti, perfetto nell’essere facilmente memorizzato complice un songwriting sopra le righe, Doomsday Rituals vive e si crogiola nelle ritmiche, punto di forza del gruppo e goduria per gli amanti del genere, pura violenza che non trascende ma acquista flavour, grazie al talento ed al mestiere di questi quattro guerrieri estremi.
La band ha un curriculum tale che parlare di influenze sarebbe sminuire l’importanza dei Centinex e della loro discografia, come detto anche Doomsday Rituals si nutre di death metal old school, niente di più, niente di meno e qui sta il bello, almeno per chi considera il death metal padre dei generi estremi ed il miglior modo per suonare musica violenta.
L’opener Flesh Passion, il capolavoro ritmico di cui è composta The Shameful Few, la carica emanata dalla veloce e devastante (la song più veloce del lotto) Sentenced to Suffer, sono solo le prime virtù che escono prepotentemente dai solchi dell’album, poi con gli ascolti la sensazione di essere al cospetto di un death metal album perfetto cresce a dismisura.
Altra grande prova dello storico combo svedese, altra mazzata musicale che conferma l’assoluto dominio del death metal sulla musica estrema.

TRACKLIST
1. Flesh Passion
2. From Intact to Broken
3. Dismemberment Supreme
4. Generation of Flies
5. The Shameful Few
6. Doomsday
7. Exist to Feed
8. Death Decay Murder
9. Sentenced to Suffer
10. Faceless

LINE-UP
Martin Schulman Bass
Kennet Englund Drums
Sverker Widgren Guitars
Alexander Högbom Vocals

CENTINEX – Facebook

Macabra – ….To The Bone

….To The Bone è un lavoro dannatamente coinvolgente, almeno per chi ama il death metal old school ispirato alle opere storiche dei primi anni novanta, per cui l’ascolto è senz’altro consigliato.

Torna a far parlare di sé Mark Riddick, factotum dei deathsters Fetid Zombie e collaboratore in un’altra decina di band, questa volta in compagnia del cantante belga Adrien “Liquifier” Weber (Alienante Damnation, Ebauche Noire, Vociferian) per un’alleanza internazionale a suon di death metal old school dal nome Macabra.

Un’idea nata nel 2011 e che ha già dato i suoi velenosi frutti: un demo, il full length Blood-Nurtured Nature, uscito nel 2011, un secondo demo dal titolo Heavier Than Your Own Coffin, ed uno split in compagnia dei Father Befouled uscito tre anni fa.
E allora avventuriamoci nelle catacombe, sotterranei rimasti nascosti per millenni dove regna il male puro, ad attenderci i due demoni, circondati dai poveri resti di una civiltà ormai dimenticata, un popolo adoratore di idoli malvagi che regnano ancora nell’oscurità, accompagnati dal metal estremo dal taglio classico del duo belga/americano.
Death metal old school, dove le ritmiche si mantengono serrate per poi rallentare in monoliti di oscuro estremismo sonoro, buoni ed atmosfericamente perfetti gli interventi dei tasti d’avorio che accentuano il sentore di mistero e maligna oscurità che attanaglia tutto il lavoro.
Il growl bestiale e profondo di Weber è tanto animalesco quanto inserito alla perfezione nelle trame dei brani così che in …To The Bone l’aria che si respira è imputridita dal marcio liquame delle ossa in putrescenza.
Intricate ragnatele tessute da aracnidi millenari, serpenti che si aggirano tra gli scheletri abbandonati nell’enorme città ossario e lunghe scale che scendono nell’abisso, questo è il regno dei Macabra, descritto da brani oscuri e terrificanti come Sadocrat, Global Brainwash Confederacy e Crucified Individual Nation cardini estremi di questo lavoro.
…To The Bone è un lavoro dannatamente coinvolgente, almeno per chi ama il death metal old school ispirato alle opere storiche dei primi anni novanta, per cui l’ascolto è senz’altro consigliato.

TRACKLIST
1. Death Speculation
2. Sadocrat
3. Oppression Delegation
4. Global Brainwash Confederacy
5. Royalties on Murder
6. Crucified Individuals Nation
7. Cannibal Black Market
8. Scars of Dignity

LINE-UP
Adrien “Liquifier” Weber – Vocals and text
Mark Riddick – Guitar, bass, drum programming, keyboard, and visuals

MACABRA – Facebook

Duality – Elektron

Un album riuscito che offre sicuramente all’ascoltatore la piacevole sensazione di essere al cospetto di un gruppo sopra la media

Death metal, jazz e musica classica, uniti ad un buon spirito progressivo: Elektron, primo lavoro di questa band italiana, si può certamente spiegare in così poche parole.

Nati nell’ormai lontano 2002 i Duality arrivano solo ora al primo lavoro sulla lunga distanza: nella loro discografia compaiono solo due mini cd. il primo demo uscito più di dieci anni fa e l’ep Chaos_Introspection, del 2011.
Si sono presi quindi il loro tempo per arrivare al traguardo del full length, ma il risultato non può che essere soddisfacente, sia per la band che per i fans del technical death metal nobilitato da partiture classiche e jazz/fusion.
Il genere, portato all’attenzione degli appassionati di musica estrema da gruppi storici come Cynic e Atheist, per certi versi ormai non sorprende più, ma non è questa la virtù principale di Elektron, che si snoda piacevolmente lungo otto brani dove la furia del death metal incontra e va a braccetto con queste differenti atmosfere, all’apparenza lontane, ma come ben sanno gli amanti di questi suoni, mai così vicini ed in armonia.
Il metal estremo del quale il gruppo fa buon uso si avvicina a soluzioni più moderne e core, la violenza sprigionata e l’ottima produzione risaltano il lavoro delle chitarre e, soprattutto, della sezione ritmica davvero sopra la media, mentre l’appropriato uso del violino e la pregevole tecnica strumentale alzano la qualità generale del disco.
Non manca, a mio parere, come in molte opere di questo tipo, una vena progressive, magari nascosta tra le pieghe delle sfumature jazz/fusion, ma presente ad un ascolto attento, facilitato dal songwriting dal buon livello del gruppo marchigiano.
La sensazione che Elektron lascia è quella di un album che, pur nella sua non facile interpretazione, specialmente per chi non è avvezzo a tali sonorità, tiene molte porte aperte per fare in modo di entrare dentro all’anima del disco senza troppa fatica; la musica scorre come l’acqua cristallina di un ruscello, senza trovare ostacoli, i vari passaggi dalle parti estreme a quelle jazzate sono perfettamente bilanciate, così come l’ottimo growl porta con sé la rabbia estrema mantenendo il mood core.
Un album da ascoltare nella sua interezza, non si riscontrano cedimenti per tutta la sua durata lasciando agli undici minuti della conclusiva Hanged On A Ray Of Light il compito di riassumere il credo musicale del gruppo italiano.
Sicuramente un album riuscito che, anche se non porta grosse novità, offre sicuramente all’ascoltatore la piacevole sensazione di essere al cospetto di una band sopra la media: il futuro ci dirà se, finalmente, i Duality troveranno quella costanza nelle uscite discografiche che diventa basilare per non essere dimenticati in fretta.

TRACKLIST
1. Six Years Locked Clock
2. Azure
3. Chaos_Introspection
4. Along the Crack
5. Motions
6. Plead for Vulnerability
7. Hybrid Regression
8. Hanged on a Ray of Light

LINE-UP
Tiziano Paolini – Bass
Dario Fradeani – Drums
Diego Bellagamba – Guitars
Giuseppe Cardamone – Vocals, Guitars, Violin

DUALITY – Facebook

Vainaja – Verenvalaja

Death metal di marca doom al servizio della narrazione di una strana storia tutta finlandese. L’opera dei Vainaja si basa tutta sulla vita e i libri di Wilheim Waenaa, una mistica figura del folklore finlandese.

Death metal di marca doom al servizio della narrazione di una strana storia tutta finlandese.

L’opera dei Vainaja si basa tutta sulla vita e i libri di Wilheim Waenaa, una mistica figura del folklore finlandese. Da quel poco che si sa di questo personaggio apprendiamo che era la figura principale dietro al culto rurale di Vainaja, un’entità che terrorizzava i contadini e non solo loro.
Questo culto nacque e prosperò principalmente nel diciottesimo secolo, e rappresenta un unicum, visto le sue peculiarità. Il credo che venerava Vainaja era incentrato sulla blasfemia, sui sacrifici umani e sulla guerra agli infedeli tra le altre cose. E fin qui nulla di strano. Verenvalaja è l’unico scritto conservato e tramandatoci di Waenaa, e parla di una resurrezione, anzi meglio di una morte e successiva reincarnazione in una creatura maligna. I capitoli del libro sono sei come le canzoni del disco. I Vainaja fanno death metal di matrice doom, con uno strano incedere, lento ma inesorabile, e totalmente originale.
Ci sono anche echi di post metal per rendere la miscela esplosiva. I testi in finlandese non aiutano la comprensione, ma state certi che i Vainaja si fanno capire benissimo con la musica. La Svart contribuisce come al solito a portare alla ribalta particolarità tutte finlandesi come questo disco e questa storia. Le atmosfere malate e strane dei Vainaja ci portano in un posto brutale ed estremo, e le cose si svolgono alla velocità del sangue.
Un disco nuovo per un gruppo che va ben oltre la musica.

TRACKLIST
1.Risti
2.Sielu
3.Usva
4.Valaja
5.Kultti
6.Kehto

LINE-UP
Wilhelm – sermons
Aukusti – gravedigging
Kristian – cantoring

VAINAJA – Facebook

Evil Reborn – Throne of Insanity

Album da ascoltare e valutare nella sua interezza, il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo venezuelano raggiunge la promozione senza fatica, ed è consigliato agli amanti del genere.

Si torna in Sudamerica, precisamente in Venezuela, per incontrare gli Evil Reborn, giovane quintetto che per Satanath Records licenzia il suo primo full length, questo devastante e ben fatto Throne of Insanity.

Il gruppo, attivo da quattro anni ha alle spalle un ep d’esordio, uscito tre anni fa (Bendita Malevolencia) che gli valse il Premio Melomaniac come miglior ep del 2013, dunque una realtà assolutamente ben vista nella scena underground del suo paese.
In effetti Throne Of Insanity conferma la buona proposta dei ragazzi di Maturín, il loro death metal old school è quanto di più evil e feroce si possa desiderare, non uscendo dai confini classici del genere, con buona padronanza dei ferri del mestiere e soprattutto un ottimo uso delle vocals estreme che si alternano sul massacro sonoro proposto tra profondo growl ed efferato scream.
Una mezzoretta di potenza death allo stato puro, senza andare troppo per il sottile, ma sicuramente divertendo il fan del genere, con blast beat a manetta, dosi di potenti mid tempo, ed impatto folgorante.
Palla lunga e pedalare, gli Evil Reborn non lavorano di fino ma ci travolgono con il loro death debitore della vecchia scuola tra Bay Area e coste nordiche, la produzione rende sufficientemente giustizia ai brani ed il tutto funziona a dovere senza sorprendere più di tanto.
Unico difetto, infatti, risulta un songwriting leggermente monocorde, per molti una virtù, così che Throne Of Insanity ne esce come un monolite pesantissimo di metallo estremo, che non mancherà di far alzare le orecchie dei true deathsters in giro per il pianeta.
Album da ascoltare e valutare nella sua interezza, il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo venezuelano raggiunge la promozione senza fatica, ed è consigliato agli amanti del genere.

TRACKLIST
1. Black Dahlia
2. Evil Reborn
3. Adicción visceral
4. Possessed Angels
5. A Morbid Encounter
6. Destroying the Trinity
7. Throne of Insanity
8. Night Killer
9. Bendita malevolencia

LINE-UP
Victor Chaparro – Vocals
Jorge Medina – Guitar
Alfredo Herrera – Guitar
Jesús Maneiro – Bass
José Maneiro – Drums

EVIL REBORN – Facebook

Rotten Casket – Emerged From Beyond

L’ineluttabilità di una fine sanguinosa trova qui la sua catarsi, con un death metal di altissimo livello e veramente underground.

I Rotten Casket hanno la forza, la potenza e la credibilità dei migliori gruppi death metal dell’underground.

Questi olandesi fanno un death metal marcio, e tirato, con forti rimandi al death metal svedese degli anni novanta ottanta. Le distorsioni delle chitarre ci portano in una fredda caverna dove avvengono cose spaventose e molto veloci. La batteria cade senza remore, e l’ascoltatore prova freddo, molto freddo, con la voce di Willem che ci tiene per mano e con un coltello puntato alla schiena. I Rotten Casket hanno un tiro che appartiene solo ai gruppi più capaci, con un impasto sonoro potente e graffiante. Questo cd contiene le loro produzioni in cassetta andate esaurite negli anni e ora remixate, e ora suonano ancora più potenti. L’ineluttabilità di una fine sanguinosa trova qui la sua catarsi, con un death metal di altissimo livello e veramente underground. I membri dei Rotten Casket hanno fatto una lunga gavetta nel sottobosco metallico olandese e ora ne raccolgono meritatamente i frutti. Gli ascoltatori di death metal saranno felicissimi di ascoltare questo disco, che è una vera chicca.

TRACKLIST
1.Morbid Transgressions
2.Glorious Gruesome Murder Manifestations
3.Unknown Graves
4.In Search Of The Perfect Skin
5.Culpable Homicide
6.Emerged From Beyond

LINE-UP
Niels – Drums
Willem – Vocals
Iwan – Guitar
Frank – Guitar
Arjan – Bass

ROTTEN CASKET – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=sxPqwtiqxGg

Nocturnal Hollow – Deathless and Fleshless

Terzo disco per questo gruppo venezuelano ed il loro death metal potente e debitore della scena scandinava degli anni novanta, con un tocco di death metal a stelle e strisce.

Terzo disco per questo gruppo venezuelano ed il loro death metal potente e debitore della scena scandinava degli anni novanta, con un tocco di death metal a stelle e strisce.

I Nocturnal Hollow sono tutto ciò che fa la gioia di un fan del death metal : potenza, velocità e profondità. Il death metal è un genere che all’apparenza sembra tutto uguale, invece ha infinite sfumature. I Nocturnal Hollow ne accolgono molte all’interno della loro musica, con una costante potenza e precisione. In alcuni momenti il disco diventa davvero entusiasmante e ti porta a muovere fortemente la testa su e giù. I Nocturnal Hollow con questo disco meritano di entrare definitivamente nell’Olimpo del genere, perché ne hanno tutte le qualità.
La masterizzazione dell’ottimo Dan Swanö aggiunge ulteriore pregio a questo lavoro, che non ha molti difetti. I Nocturnal Hollow combattono con durezza ed intensità, dando lustro alla death metal vecchia scuola, sottogenere che non conosce fine né scadimenti. La potenza fluisce sottoterra, per poi sbucarti in faccia quando meno te lo aspetti.
E ora fatevi ammazzare.

TRACKLIST
1.Necromantial Sin
2.Devilish Blood
3.The Crypt
4.As Blood Flows
5.The Incantation of Astaroth

LINE-UP
Jr Escalante – guitars/vocals
George Knive – drums
Leo Rios – bass

NOCTURNAL HOLLOW – Facebook

Heretique – De Non Existentia Dei

Non solo metal estremo ma molti inserti atmosferici di un’intensità sopra le righe che formano un lavoro vario e coinvolgente, in cui si respira insana malignità

Il death metal dalle reminiscenze black e dai contenuti fortemente anticristiani e guerreschi è molto diffuso nell’est europeo, tanto da considerare alcune delle band provenienti da quei paesi ( specialmente dalle terre polacche)tra ii maestri indiscussi di questa corrente estrema.

Con gli storici Behemoth a tirare le fila di questo esercito del male, non sono poche le realtà estreme che in ambito underground si sono imposte all’attenzione degli addetti ai lavori, forti di una proposta senza compromessi che amalgama con risultati devastanti il death metal old school, soffocante e pregno di potenza monolitica, con la furia iconoclasta del famigerato black metal.
De Non Existentia Dei ne è un buon esempio, secondo lavoro sulla lunga distanza di questi sacerdoti neri, al secolo Heretique, che, nella cattedrale alzata all’oscuro signore, svolgono le loro blasfeme liturgie.
Attivo da quasi dieci anni, il gruppo polacco aveva già lasciato ai famelici posteri un primo lavoro dal titolo Ore Veritatis uscito quattro anni fa.
Le campane della cattedrale di ossa sono tornate a battere il loro funebri rintocchi ed il nuovo lavoro conferma la totale brutalità oscura della musica creata dal combo, death metal feroce, reso delirante e terrorizzante da spunti black e doom, nero inno al maligno e totale mancanza di umana pietà.
Non solo metal estremo ma molti inserti atmosferici di un’intensità sopra le righe che formano un lavoro vario e coinvolgente, in cui si respira insana malignità tra brani disturbanti e malefici.
Un ottimo lavoro chitarristico, sia nelle parti estreme che nei momenti di spettrali armonie acustiche, un massacro la prova della sezione ritmica, ed un cantato che alterna growl brutale a schizoidi parti in scream non fanno che alzare il mood estremo e diabolico di questo lavoro, valorizzato da ottimi brani come Sweet Stench of Rotting Human Flesh, Dimension e Spiritus Antichristi.
Behemoth e Morbid Angel sono i gruppi a cui la band fa riferimento, creando un armageddon di note luciferine dall’alto potenziale satanico.
Se siete amanti del genere l’album è altamente consigliato, puro male in musica.

TRACKLIST
1. Chimera
2. Sweet Stench of Rotting Human Flesh
3. De Non Existentia Dei
4. Dying in Hate
5. Following Through
6. Dimension
7. Czarna polewka
8. From the Black Soil
9. Unknown Whispers
10. Spiritus Antichristi
11. The Raven
12. End of Transmission

LINE-UP
Wojciech “Zyzio/Wojtas” Zyrdoń – Bass
Grzegorz “Igor” Piszczek – Drums
Piotr “Peter” Odrobina – Guitars
Grzegorz “Celej” Celejewski – Guitars, Vocals
Marek “Strzyga” Szubert – Vocals

HERETIQUE – Facebook

Witch Vomit – A Scream from the Tomb Below

Un metal estremo oscuro e devastante, arricchito di rallentamenti in pieno doom/death come il genere richiede

Dalla scena di Portland (Oregon), covo di realtà estreme che si nutrono di blasfemo death metal (Torture Rack, Symptom, Ritual Necromancy, Triumvir Foul), escono dalla loro tana con il primo lavoro sulla lunga distanza gli Witch Vomit, trio di deathsters attivo dal 2012.

Il vomito della strega, nome che dice tanto sulla maligna e morbosa proposta del gruppo statunitense, confeziona un piccolo gioiellino di death metal old school che richiama con le sue urla colme di odio la scena scandinava dei primi anni novanta, imbastardendolo con fulminanti iniezioni di scuola statunitense.
Trenta minuti nell’antro della strega, posseduta da demoni che hanno attraversato millenni e sono arrivati a noi carichi di odio morte e blasfemie.
Un metal estremo oscuro e devastante, arricchito di rallentamenti in pieno doom/death come il genere richiede, una mazzata infernale consigliata senza riserve agli amanti del death metal scandinavo.
La strega vomita schifosi rigurgiti provenienti dalle fredde lande del nord, li rende potentissimi infarcendo le ritmiche di death guerresco e qualche accenno al brutal, ed il tutto risulta pregno di splendide atmosfere malefiche.
Ed è così che tra i solchi delle varie ed abominevoli Ripped from the Crypt, The Tomb, Torn From Life vivono le demoniache presenze che dal passato sono riemerse in questo inno al male chiamato A Scream from the Tomb Below.
Nihilist, Entombed, Asphyx e Grave, Incantation e Autopsy sono vomitati dalla strega prima che prenda le nostre anime.
Prodotto a meraviglia così da far risaltare tutta la putrida e soffocante atmosfera di morte e dannazione, l’album è un classico esempio di come un disco indubbiamente derivativo possa alla fine rivelarsi del tutto soddisfacente.
Siamo immersi nel death metal vecchia scuola e ci anneghiamo volentieri.

TRACKLIST
1. Ripped from the Crypt
2. Screams from Purgatory
3. The Tomb
4. Below the Dirt
5. Witch Cunt
6. Primal Rite of Death
7. Torn from Life
8. Twisted Altar of Sin

LINE-UP
Filth – Drums
Tempter – Guitars, Vocals
J.G. – Bass

WITCH VOMIT – Facebook

Lustravi – Cult Of The Blackened Veil

I Lustravi omaggiano Satana e le sue legioni di demoni con un black metal rituale e molto sporco, davvero vicino a certe punte death che si sono viste sotto il sole della Florida.

Da Panama City in Florida, i Lustravi spargono per il mondo un blackened metal molto marcio e veloce, di ottima fattura e molto potente.

I Lustravi omaggiano Satana e le sue legioni di demoni con un black metal rituale e molto sporco, davvero vicino a certe punte death che si sono viste sotto il sole della Florida. Oltre a questa influenza il black metal dei Lustravi si rivela essere molto personale e d originale. I ragazzi non puntano molto sulla velocità, bensì sul pathos dell’esecuzione, con molti stacchi potenti e calibrati, e pezzi composti molto bene, con una ricercatezza sonora difficile da trovare altrove.
Il tutto è composto e suonato per omaggiare le tenebre, e la voce di Morgan Weller è molto particolare e adattissima allo scopo. Le loro canzoni sono cavalcate nella notte, sono coltelli che si abbassano su giovani vergini, sono offerte e richieste al nero signore. I Lustravi sono un gruppo che un black metal tutto loro, veramente underground e notevole.
Cadete nell’oscurità.

TRACKLIST
1.In Nomine Cultus (Intro)
2.Evil Incarnate
3.The Nineteenth Key
4.Salute To The Angels
5.Et Plebs Tua Laebitur In Te (Interlude)
6.Dona Nobis Chaum
7.The Rites Of The Goatchrist
8.Dreams Haunt My Sleep
9.O, Sanctifier
10.Terminus Est Aetas (Outro)
11.Sabrina

LINE-UP
Morgan Weller – Bass/Vocals.
Geoffrey McWhorter – Guitar.
Cory Keister – Drums.
Zachary Lee Cook – Guitar.

LUSTRAVI – Facebook

Sarcoptes – Songs And Dances Of Death

Il disco è una buona prova di black death, ma sinceramente è molto nella media, certamente compatto e soddisfacente, ma privo di talentuose fughe in avanti.

Duo proveniente da Sacramento, in Killafornia, è nato nel 2008, ma ha pubblicato l’ep di esordio solo nel 2013 con Thanatos.

Il duo californiano fa un black metal di ispirazione scandinava, con una forte dose di thrash e death di matrice vecchia scuola. Il suono del duo è molto compatto e molto dedito ai grandi nomi del male provenienti dal Nord Europa, in più i Sarcoptes coniugano molto bene cavalcate sympho con pezzi balck death molto convincenti. Il disco è una buona prova di black death, ma sinceramente è molto nella media, certamente compatto e soddisfacente, ma privo di talentuose fughe in avanti. I crismi ci sono tutti, i Sarcoptes sanno suonare e sanno dove vogliono andare, per cui la solidità c’è. Manca un guizzo, ma questo disco farà la gioia di molti black metaller e si pone nella tradizione a stelle e strisce del genere.

TRACKLIST
1.The Veil Of Disillusion
2.The Sexton’s Spade
3.The Fall Of Constantinople
4.When Stars Hide Their Fires
5.Barbarossa
6.Within The Labyrinth Mind

LINE-UP
Sean Z. – Guitar, Bass, Keyboards
Gar – Vocals, Drums

SARCOPTES – Facebook

Shed The Skin – Harrowing Faith

Gli Shed The Skin sono una forza della natura, concreti, potenti, trascinanti e senza pietà, nel più puro stile death.

Cleveland, nonostante si pensi che sia la città americana più brutta, o forse proprio per questo, ha una delle migliori scene metal americane, specialmente per quanto riguarda il death metal, e questo disco ne è la conferma.

Gli Shed The Skin sono un gruppo formato da veterani della scena di Cleveland come Kyle Severn alla batteria già negli Incantation, Matt Sog dei Ringworm alla chitarra, Ed Stephens dai Vindicator la basso.
Il loro stile è un death metal violento e preciso, molto simile a quello che si suonava negli anni novanta, con la differenza della maggiore consapevolezza dei propri mezzi ed una produzione più adeguata. I loro testi parlano di satanismo, religione e soprattutto blasfemia, sia metafisica che sonora. Il disco nel suo complesso è ottimamente bilanciato, con parti maggiormente cattive e pezzi più vicino al doom, con inserti anche thrash, perché comunque il thrash metal fa parte del dna del death. Il gruppo è nato dalla volontà di Kyle e Matt, che si incontrarono al tributo per Tom Rojack, dei Blood Of Christ, un altro grande gruppo death di Cleveland. Visto che si trovarono bene insieme, i due pensarono di mettere su un gruppo ed ecco qui gli Shed The Skin. Dopo vari cambi di formazione si sono stabilizzati e quello che teniamo fra le mani è il loro debutto, davvero notevole.
Gli Shed The Skin sono una forza della natura, concreti, potenti, trascinanti e senza pietà, nel più puro stile death.

TRACKLIST
1.Plasmic Flames
2.Daimonic Adytum
3.Harrowing Faith
4.Putrid and Pious
5.Unbound Revenant
6.Warband Under the Baphomet
7.CSUM
8.Alpha and Omega
9.Cambion
10.Inhuman Accretion
11.Innermost Sanctuary
12.Execration Divine

LINE-UP
Ed Stephens – Bass
Kyle Severn – Drums
Matt Sorg – Guitars
Brian Boston -Keyboards
Ash Thomas – Vocals, Guitars

SHED THE SKIN – Facebook

From The Depths – From The Depths

La loro proposta era un death metal con tracce di thrash e uno strano incedere hardcore.

Edizione in vinile del debutto di un gruppo che altrimenti andrebbe dimenticato.

Nati nella fertile scena metal di Cleveland dei primi anni novanta, i From The Depths sono stati attivi tra il 1994 e il 2000. La loro proposta era un death metal con tracce di thrash ed uno strano incedere hardcore. Molto veloci e marci, i From The Depths sono stati uno dei migliori gruppi di quegli anni. Uscito originariamente su Unisound, questo disco ben rappresentava quanto di innovativo aveva da offrire il death metal di marca americana. Alla voce vi era Jim Konya, una leggenda della scena metal, sfortunatamente deceduto a settembre del 2015. La sua voce dava un’impronta speciale la gruppo, e questo lo si può sentire benissimo nel disco. Il suono è davvero particolare e caratteristico di quell’epoca, che è stata il periodo d’oro di un certo death metal, quello più legato alla contaminazione. I From The Depths sono un gruppo originale ed unico, ed il loro death metal è uno dei migliori mai esportati dal suolo americano. L’atmosfera che riescono a creare coinvolge e gasa l’ascoltatore, dato che possiamo riconoscere all’interno di essa molti degli elementi che portano ad amare il death metal.
Essendo fuori catalogo da molto tempo, l’operazione di recupero della Hells Headbangers è doppiamente meritevole, poiché oltre a riportare a galla un disco notevole, ne fa un’ottima edizione, con un bel ricordo di Jim Konya.

TRACKLIST
1.Dawn of the Crimson Harvest
2.And They Shall Rise Again
3.It Lurks
4.Autumn Colored Day
5.The Wraths of the Other Realms
6.From the Depths
7.Intro – Into Mystery and Beyond
8.The Magic of the October Moons
9.The War of the Captive Spirits
10.Fuck That Witch
11.Curse of the Scarecrow
12.Bring Forth the Detractor
13.Apparitions of Myself
14.Outro – The Echoes of Distant Dreams

LINE-UP
Jim Konya – Vocals
Wayne Richards – Bass
Rob Newlin – Drums
Matt Sorg -Guitars
Duane Morris – Guitars, Vocals

HELLS HEADNBANGERS – Facebook

Grimness – A Decade Of Disgust

Ristampa celebrativa del primo album dei Grimness.

Ristampa celebrativa del primo album di questa band romana di black death metal.

La loro prima uscita discogafica fu nel 2002 con l’ep autoprodotto Dogma, poi fu la volta di Increase Humanity Disgust, che è stato ristampato ora con l’ep Dogma dentro, un nuovo artwork, una versione live di una canzone e un altro inedito tratto dalle registrazioni di Trust in Decay. Questo debutto è un grandissimo album di black death, di grande potenza, ottima tecnica e melodia. Per fare un paragone improprio, tutti vorrebbero ascoltare un nuovo album dei Satyricon che suonasse prprio così. In questi anni i Grimness hanno suonato molto e prodotto un altro grande disco, ma il loro primo album a mio avviso è davvero di un altro livello, e perderselo in questa nuova edizione sarebbe un vero peccato. A Decade Of Disgust è un lavoro che testimonia un momento magico per il genere, come di un gusto che si è un po’ perso, ovvero quello di saper fondere due ma anche tre generi insieme senza perdere la propria originalità e nemmeno il senso di ciò che si vuole esprimere.
Questo è un grande disco di un gruppo che merita molto per ciò che ha seminato, soprattutto dentro le nostre orecchie.

TRACKLIST
1-Introspection of the engine
2-Dimension Evil
3-Katharsis in Vain
4-Slay the Demiurge
5-From the cosmic chaos
6-Nihil addiction
7-Blood calls blood
8-N.d.e
9-Outroofthebody
10-A new version of reality
11-Evil in men
12-At night’s dawn
13-River of the damned
14-Punishment
15-Proud to be damned

LINE-UP
Valerio Di Lella – vocals and guitars.
Jonah Padella – drums.
Andrea Chiodetti- guitars.
Giulio Moschini- bass.

GRIMNESS – Facebook

Epidemia – Leprocomio

Dalle viscere di Quito tornano ad infettare i nostri padiglioni auricolare con il virus nauseabondo e mortale del death metal i terrificanti Epidemia

Dalle viscere di Quito, capitale dell’Ecuador, tornano ad infettare i nostri padiglioni auricolare con il virus nauseabondo e mortale del death metal i terrificanti Epidemia, band attiva già dai primi anni del nuovo millennio.

Dieci anni sono passati dal primo album, Mutilador de cuerpos uscito nel 2006, poi solo un paio di demo ed una compilation fino al concepimento di questo nuovo e brutale assalto sonoro dal suggestivo e quanto mai malsano titolo di Leprocomio.
Uno zombie che si nutre delle carni piagate dei malati terminali di una malattia terribile, una clinica degli orrori dove l’inferno è di casa ed il death metal old school dai rimandi brutal fa da colonna sonora al banchetto a base di arti smembrati, vesciche putrefatte e sangue marcio, questo è, se volete il concept di questa band estrema che spacca come non mai.
Un sound oscuro e tremebondo, velocità e mid tempo, un growl animalesco e chitarre che sanguinano sotto l’emorragia che si manifesta, causata dal maltrattamento subito dai due axeman sudamericani.
Il quintetto non si fa pregare, recupera tutta la sua dirompente forza e ci massacra con questo tsunami di metal estremo, debitore dei nomi storici del death, ma dall’assoluta compattezza, dall’enorme impatto e da un’attitudine che non sfigura di certo al cospetto di act più famosi.
Trentacinque minuti di tempesta metallica, compatta come un monolite di insana violenza, questo è Leprocomio che la Satanath Records immette sul mercato confermandosi label attenta alle realtà estreme in giro per il globo.
Massiccio e brutale, il sound del gruppo si avvicina per impatto alle meraviglie estreme di gruppi come Cannibal Corpse, Dying Fetus e Suffocation; inutile menzionarvi un brano rispetto ad un altro, immergetevi in questo armageddon di suoni e brutalità clamorosamente splatter, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1. Leprocomio
2. Retribución homicida
3. Redención del engendro
4. Miseria introspectiva
5. Agonistes en el inframundo
6. Cadáveres poseídos
7. Necroticismo
8. Existencia repulsiva

LINE-UP
Daniel Villareal – Drums
Adrian Salazar – Vocals
Daniel Murillo – Bass
Juan Carlos Cahuasquí – Guitars
Roberto Amores – Guitars (lead)

EPIDEMIA – Facebook

Gorgosaur – Lurking Among Corpses

Un album che è da considerare come una pietra preziosa, un massacro coinvolgente e dannatamente perfetto nel suo riecheggiare il sound padre di tutto quello che di estremo in musica è sceso dalle terre del nord.

In terra scandinava si suona death come si faceva nei primi anni novanta, l’underground accoglie questi figli dimenticati del metal estremo e li nutre di odio e violenza.

In Svezia nasce questo devastante duo, attivo dalle parti della capitale da due annetti, ora alle prese con il primo album dopo aver dato alle stampe un demo.
Åsa Hagström alla chitarra e Martin Schönherr alle pelli si dividono il microfono e licenziano per la Memento Mori Lurking Among Corpses, ottimo esempio di death metal scandinavo, marcio e devastante, un gioiellino old school talmente ben fatto da risultare clamoroso.
Trenta minuti in compagnia di riff, ritmiche ed atmosfere che riportano agli anni d’oro del genere, valorizzati da un songwriting ispirato ed dalla prova del duo.
E se il batterista al microfono ci sa fare tanto da non sfigurare con i singer storici, la polistrumentista è una strega inviperita, dalla voce dannata e maledetta, protagonista malefica soprattutto con la sei corde che rifila riffoni senza soluzione di continuità.
Dopo un’intro pianistica veniamo scaraventati in pieno delirio scandinavian old school death metal, le catacombe davanti a noi non sono ancora il peggio che dovremmo affrontare, e neppure i resti scarnificati e ammuffiti dimenticati dal tempo non scalfiscono l’ipnotica atmosfera di violenza e terrore che brani dal tiro micidiale come Terror Incarnate o Body Snatchers riescono a rievocare.
L’alternanza tra il growl del batterista e le grida di puro odio della Hagström, coronano un lavoro strumentale spettacolare, con le pelli pestate alla velocità della luce, classici passaggi da sfuriate, rallentamenti e mid tempo irresistibili (Pyromaniac Narrations).
In Lurking Among Corpses passa come un vento gelido che accompagna spiriti maligni e anime perdute nella dannazione eterna una buona fetta del death metal scandinavo, puro ed incontaminato metallo estremo concentrato in una manciata di songs clamorose come The Antropophagus, Burial Of Rats e quelle già citate.
Un album che è da considerare come una pietra preziosa, un massacro coinvolgente e dannatamente perfetto nel suo riecheggiare il sound padre di tutto quello che di estremo in musica è sceso dalle terre del nord.

TRACKLIST
1. Basement Funeral Hymn
2. Terror Incarnate
3. In Darkness They Come Crawling
4. Body Snatchers
5. Pyromaniac Narrations
6. Lurking Among Corpses
7. Gashes and Demise
8. The Antropophagus
9. Burial of Rats
10. Death Is Psychosomatic

LINE-UP
Åsa Hagström – Guitars, Bass, Vocals, Piano
Martin Schönherr – Vocals, Drums

GORGOSAUR – Facebook