Landmvrks – Fantasy

Il disco è una prova molto matura e che esplora a fondo le tante facce del gruppo che, a seconda di cosa vuole esprimere cambia registro musicale, passando dalla potenza di un metalcore molto veloce ad un post hardcore molto melodico o da qualcosa di più hardcore a momenti di puro nu metal.

Pochi gruppi metalcore sanno essere convincenti, melodici, innovativi e soprattutto con una loro impronta originale: fra questi vi sono sicuramente i marsigliesi Landmvrks.

Nati nel 2014, hanno debuttato sulla lunga distanza nel 2016 con l’autoprodotto Hollow, che li ha portati a suonare in molti festival e con grandi nomi della scena. Questo Fantasy è la loro seconda prova la prima per la Arising Empire, la sussidiaria metalcore, punk e rock della Nuclear Blast Records. Il disco è una prova molto matura e che esplora a fondo le tante facce del gruppo che, a seconda di cosa vuole esprimere cambia registro musicale, passando dalla potenza di un metalcore molto veloce ad un post hardcore molto melodico o da qualcosa di più hardcore a momenti di puro nu metal. Tutta questa varietà non genera mai confusione, è anzi un grandissimo punto di forza, portando al suono una carica ed un particolarità molto originali. Fantasy è il disco di un gruppo giovane che però, a differenza di tanti altri gruppi metalcore, non si rivolge solo ai ragazzini ma tenta di ampliare la propria platea, riuscendovi molto bene. Tutto ciò forse perché non si tratta del canonico gruppo metalcore che fa un disco per riuscire ad entrare nella colonna sonora di qualche muscoloso film d’azione a stelle e strisce, in quanto i Landmvrks hanno fin dall’inizio un progetto musicale ben preciso in testa. Non si esclude la parte più commerciale, nel senso che questo disco è costruito per suonare bene, ma anche per essere comprato dal maggior numero di persone possibile, senza andare a ghettizzarsi. Infatti il gruppo marsigliese è conosciuto ed apprezzato anche da un pubblico diverso da quello metalcore e ascoltando Fantasy ciò lo si comprende subito. Dinamici, melodici e con una doppia cassa che regala gioie, i francesi si candidano seriamente al titolo di autori del disco metalcore dell’anno e anche in altre categorie figurano molto bene. Onestamente le opere metalcore e dintorni presenti nel catalogo della Arising Empire non sono mai sotto un certo gradino di qualità, ma questo Fantasy è al piano di sopra.

Tracklist
1. Fantasy
2. Wake Up Call
3. Scars (ft. Florestan Durand)
4. The Worst Of You And Me
5. Blistering
6. False Reality
7. Reckoning (ft. Aaron Matts)
8. Alive (ft. Camille Contreras)
9. Dead Inside
10. Kurhah
11. Disdain

Line-up
Florent Salfati – vocals
Nicolas Exposito – guitar
Rudy Purkart – bass
Nicolas Soriano – drums

LANDMVRKS – Facebook

Othismos – Separazione

La caduta è molto dolorosa e qui il dolore suppura da tutte le ferite, messo in evidenza con un black hardcore intelligente e suonato come lo hanno immaginato, con un grande lavoro in studio.

Secondo disco per questo grande gruppo di blackened hardcore punk, o semplicemente black punk come si definiscono loro, ed è forse la migliore definizione della loro musica.

Il gruppo di Montepulciano in provincia di Siena, dopo l’ottimo debutto L’Odio Necessario, arriva al secondo disco forte di una maturazione che sta raggiungendo ottimi livelli. Il percorso musicale parte dall’hardcore punk per poi mutare, alimentato da un forte e necessario odio, verso qualcosa di molto pesante e veloce, che spazia nella tradizione hardcore italiana, andando anche oltre, abbracciando momenti di new wave, ma una classificazione è davvero e per fortuna molto difficile. Una delle cose che attrae l’orecchio di chi ama certe sonorità è che ci sono momenti che devono molto al la tradizione hardcore italiana, ma più come spirito che come aderenza musicale. Il tiro degli Othismos è efficace e non lascia tregua, con canzoni cantate in italiano ed in inglese. La rabbia trasuda dai veloci passaggi musicali, con una produzione arricchita dal master fatto da Brad Boatright a Portland presso gli Audiosiege Studios, e l’aggressività e la potenza di questo disco ti danno un calcio in faccia. Come detto dal gruppo stesso, Separazione è la loro colonna sonora alla caduta della razza umana, che preannuncia una nostra auspicabile estinzione. La caduta è molto dolorosa e qui il dolore suppura da tutte le ferite, messo in evidenza con un black hardcore intelligente e suonato come lo hanno immaginato, con un grande lavoro in studio. Questo disco non appartiene a qualche genere bene preciso, ma ad una gamma di sentimenti e di emozioni, al racconto di ciò che ci accade e che succede intorno a noi, dove la morte ride e la vita è morta. Giri di basso ipnotici e che preannunciano la tempesta, chitarre che tagliano come rasoi, batteria che in doppia cassa dà il meglio e una voce che non ci permette di far finta di nulla.
La rabbia assume sempre nuove forme, in questa interminabile caduta.

Tracklist
01. Canto dell’Estinzione
02. Black Star
03. Hymn of Victory
04. Madre
05. The Fangless Beast
06. 100 Years Demise
07. The Plague
08. Tale of a Righteous Man

Line-up
Filippo “Caino” Masina – bass, vocals
Luca Migliorucci – guitars
Tommaso Dringoli – guitars, moral support
Shmulik Froilich – drums

OTHISMOS – Facebook

E.G.O.C.I.D.E. – Cheap Existentialism And Other Rhetorical Bullshits No One Wants To Hear Anymore

L’album è un diretto in pieno volto composto da quattordici mazzate, per una mezz’ora che induce ad un headbanger selvaggio, ora sviluppato lungo brani hardcore/punk, ora potenziato da violente ripartenze thrash per un sound che trova la sua collocazione naturale in sede live.

Dopo l’ep What Price For Freedom? licenziato lo scorso anno, arrivano al traguardo del primo full length gli E.G.O.C.I.D.E., fautori di un grintoso, diretto e devastante hardcore metal.

Rabbia, sudore, sangue e passione scrive la band sulla sua biografia, e di questi elementi sul nuovo lavoro (Cheap Existentialism And Other Rhetorical Bullshits No One Wants To Hear Anymore) ne troverete a vagonate, caratteristiche di un’attitudine hardcore/punk che ricorda la scena statunitense, ma che trova le sue radici anche sul territorio nazionale.
L’album è un diretto in pieno volto composto da quattordici mazzate, per una mezz’ora che induce ad un headbanging selvaggio, ora sviluppato lungo brani hardcore/punk, ora potenziato da violente ripartenze thrash per un sound che trova la sua collocazione naturale in sede live.
Ottima l’idea di alternare brani in inglese ed altri in lingua madre e perfetto il cantato, un rabbioso urlo di guerra hardcore metal volto a sottolineare ribellione e disagio.
Una buona prova che conferma le lodi ricevute dalla band bresciana con il precedente lavoro.

Tracklist
1.N.B.M. (Naked Burnt Menace)
2.Neurose
3.Nudo (Tra Le Mine Antiuomo)
4.Grigio
5.-1 = +1 / One Less Is One More
6.Melanchony
7.Steadfast
8.Take Care Of Business
9.Niente Illusioni
10.Discordia
11.Hexed & Gone
12.The Mother Of Tears
13.Endless War
14.Vivisection (Another Kind Of…)

Line-up
Alex – Vocals/Lyrics
Gab – Guitar/Choruses
Andrea – Bass/Choruses
Nico – Drums/Choruses

E.G.O.C.I.D.E. – Facebook

Siege of Power – Warning Blast

Il disco di crust punk dell’anno, un perfetto e feroce incrocio di hardcore anglo-americano e di death metal old school, eseguito da musicisti che sono autentici e noti maestri.

A volte da un progetto nato quasi per gioco o per semplice divertimento estemporaneo, può nascere bella musica.

Così è stato per Schmier dei Destruction con i suoi Panzer (già due dischi), così è per i Siege of Power, creati da musicisti americani (Chris Reifert degli Autopsy) ed olandesi (l’ex Asphyx Bob Bagchius), di chiara fama ed apprezzate qualità. I Siege of Power non fanno, peraltro, death – a parte le linee vocali, simili, nello stile, ai Morbid Angel di Abomination of Desolations (1986) – ma uno strepitoso crust-core con venti canzoni al fulmicotone, che si assestano più o meno tutte intorno ai due minuti, ad eccezione della più elaborata (e con qualche rallentamento doom) The Cold Room, sul finire del lavoro. E i suoni e lo stile sono pertanto molto anni Ottanta, ovviamente aggiornati dal quartetto in maniera attenta ed implacabile. Non vi è infatti un attimo di tregua nei solchi laser delle songs che vanno a comporre questo magistrale Storming Blast, quasi un omaggio alla tradizione di New York (leggasi Carnivore e SOD) e soprattutto anglo-britannica (i seminali Discharge ed anche gli indimenticati Amebix, dello storico capolavoro Arise, targato 1985), con opportuni inserti speed di classica matrice venomiana. Il disco è formidabile, tra i migliori dell’anno: non soltanto – si badi bene – un tributo al passato, ma un omaggio sincero quanto sentitissimo ad un approccio musicale e ad una visione della vita che non si estingueranno mai.

Tracklist
1- Conquest For What?
2- For the Pain
3- Bulldozing Skulls
4- Born Into Hate
5- Torture Lab
6- Uglification
7- Trapped and Blinded
8- Diatribe
9- Wraning Blast
10- Mushroom Cloud Altar
11- Lost and Insane
12- Bleeding For the Cause
13- Escalation ‘til Extermination
14- Privileged Prick
15- Short Fuse
16- Violence in the Air
17- It Will Never Happen
18- The Cold Room
19- Servant of Nothing
20- Mushroom Cloud Altar (bonus version)

Line-up
Chris Reifert – Vocals
Bob Bagchius – Drums
Paul Baayens – Guitars
Theo Van Eekelen – Bass

SIEGE OF POWER – Facebook

Gerda – Black Queer

Black Queer è una descrizione che proviene dall’interno di noi stessi, del cuore che spacca lo stomaco e pompa bile.

I Gerda sono un gruppo italiano fra i più originali e dirompenti degli ultimi tempi.

Detta così potrebbe sembrare la solita frase ad effetto, ma se cercate un effetto vero lo troverete nella loro musica, e soprattutto in questo ultimo disco, Black Queer.
Il gruppo di Jesi arriva al quinto album in un momento creativo eccezionale: questo lavoro è figlio del dolore e della dissonanza, la stessa che ci vibra in petto ogni giorno vissuto in questa società. I Gerda sono un gruppo che non offre dolcezza od un rifugio, ma ti sputa in faccia il disagio, e lo fa in maniera sublime. Tutto ciò nasce da esperienze quotidiane, e anche dalla scelta di Francesco Villotta, il fratello di Roberto chitarrista dei Gerda, e compagno di avventura nei magnifici Vel del bassista Alessio Compagnucci, e non ci sono illusioni ma tanto rumore che viene dalla rabbia e ne genera. La scena marchigiana negli anni ha partorito molte cose notevoli, tutte molto crude e oltre l’hardcore, e questo Black Queer è destinato a diventare una pietra miliare di questo cammino che non porta in nessuna direzione ma è qualcosa in questo preciso momento. Il presente lavoro vuole certamente essere facile ma è, come sempre nei Gerda, estremamente sincero e tremendamente bello. Dentro il disco ci sono tantissime cose, innanzitutto l’urgenza hardcore declinata in tante maniere diverse, e la loro peculiarità più grande, che è quell’impressione di jam continua e pesante. I ragazzi di Jesi hanno un tiro micidiale, riuniscono molte delle migliori cose dell’hc nostrano e le buttano fuori stravolte e bellissime. I due minuti e undici secondi di Figlia sono una delle espressioni più devastanti ed equilibrate che si possano sentire in Italia. Tutto Black Queer è una descrizione che proviene dall’interno di noi stessi, del cuore che spacca lo stomaco e pompa bile. La produzione è molto buona e fa rendere al meglio un gruppo che usa con disinvoltura molti registri diversi e rappresenta un unicum per traiettoria musicale.

Tracklist
1.Jeg kjorer inn i tunellen
2.Lulea, TX
3.Mare
4.Terzo regno
5.Notte
6.Hafenklang
7.Figlia
8.Theme

GERDA – Facebook

Xiba – Xiba

Il risultato finale è una mezz’ora circa di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.

Esordio per gli spagnoli Xiba con questo ep all’insegna di uno stoner essenziale e ficcante .

La band galiziana esplora il genere con un’attitudine più hardcore/punk che non psichedelica, e in questo tipo di approccio anche l’uso della lingua madre finisce per avere il suo peso.
Il risultato finale è una mezz’ora circa (inclusa una bonus track) di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.
Pur senza mostrare niente di nuovo, questo lavoro autointitolato dei Xiba lascia buone sensazioni, con i primi 3 brani (Lugh, Lua Negra e Nocturnio) più aderenti ai dettami dello stoner ed i restanti (Escravo, Vinganza e Kalaikios) che presentano sfumature maggiormente orientate a sonorità estreme, le quali evidentemente paiono far parte del background del gruppo.
Un primo passo incisivo e convincente , quindi, per questa nuova realtà iberica, in attesa di ulteriori conferme su minutaggi più consistenti.

Tracklist:
1. Lugh
2. Lua Negra
3. Nocturnio
4. Escravo
5. Vinganza
6. Kalaikios (bonus track)

Line-up:
Gabi – Bass, Vocals (backing)
Xaco – Drums
Ivi – Guitars, Vocals (backing)
Ioni – Guitars, Vocals (backing)
Hervy – Vocals (lead)

XIBA – Facebook

Sick of It All – Wake the Sleeping Dragon

Ritorno in gran spolvero da parte di una band davvero leggendaria all’interno della scena hardcore e skate punk newyorkese.

Dodicesimo album per la storica hardcore band di New York, che ancora una volta si conferma per mezzo di un grandissimo disco.

A oltre trent’anni dalla nascita – sono sorti nel 1985 – i Sick of It All rappresentano uno dei pochi elementi di continuità con la gloriosa tradizione hardcore e skate punk della Grande Mela anni Ottanta. Anche in questo nuovo lavoro il sound resta granitico, ferocissimo e pesante, non scendendo mai a compromessi. Duri e puri, nonché abili tecnicamente, gruppi come i Sick of It All non sono del resto mai stati succubi della tendenza a logiche di tipo commerciale e per ciò meritano il massimo rispetto e la più alta considerazione. Possiamo credo parlare di album della definitiva maturità, meditato ed articolato, irruento e furioso, avvincente ed ineccepibile. Insomma, l’ulteriore dimostrazione di una coerenza ed integrità estreme nell’applicare i propri principi di vita e di musica, non lontano dall’etica straight edge. Parliamo inoltre di una band che, in Our Impact Will Be Felt (2007), ha visto il tributo di Ignite, Hatebreed, Madball, Napalm Death, Pennywise, Rise Against, Sepultura, Walls of Jericho ed Unearth. I Sick of It All sono oramai un pezzo importante di storia e queste ultime canzoni lo attestano inequivocabilmente. Inoltre, ci ricordano qualcosa d’assai importante ed anzi fondamentale: senza l’hardcore – ed il loro è sempre molto metallizzato – non ci sarebbero stati né il thrash, né il death, né il grind che ne sono derivati.

Track list
1- Inner Vision
2- That Crazy White Boy Shit
3- The Snake
4- Bull’s Anthem
5- Robert Moses Was a Racist
6- Self Important Shithead
7- To the Wolves
8- Always With Us
9- Wake the Sleeping Dragon
10- 2+2
11- Beef Between Vegans
12- Hardcore Horseshoe
13- Mental Furlough
14- Deep State
15- Bad Hombres
16- Work the System
17- The New Slavery

Line up
Pete Koller – Guitars
Lou Koller – Vocals
Armand Majidi – Drums
Craig Setari – Bass

SICK OF IT ALL – Facebook

Noise Trail Immersion – Symbology Of Shelter

La musica dei Noise Trail Immersion è narrazione essa stessa, e il disco ha le bellissime stimmate del lavoro disperato e quasi perfetto, uno specchio sonico nel quale tuffarci per raggiungere un qualcosa che altrimenti è irraggiungibile.

L’intento dei Noise Trail Immersion per questo disco è assai ambizioso, infatti il gruppo italiano ha affermato che intende unire il black metal con il mathcore ed aggiungere qualcosa del post metal.

Obiettivo non da poco, ma che viene raggiunto pienamente con Symbology Of Shelter. Ascoltando questo disco si riverserà su di voi un fiume magmatico di lava incandescente, un nero incendio che tutto devasta, e dopo il suo passaggio nulla sarà come prima. La profondità del successore del bellissimo Womb del 2016, che aveva posto il gruppo sulla mappa, è molto vasta e il risultato va ben oltre rispetto agli intendimenti del gruppo. Come ogni processo portato avanti da un insieme di persone appassionate e competenti, la materia si impossessa dei creatori e prende vita propria crescendo: il risultato è una canzone di 43 minuti divisa in sette tracce, che tratta del processo interiore che è in ognuno di noi, una dura lotta che non finisce mai, ma che è anche quella che ci permette di non soccombere a noi stessi. Infatti il disco uscirà non a caso il due novembre, data altamente simbolica. Il gruppo torinese vi conduce per mano in un vortice fatto di violenza e disperazione, assenza totale di speranza, la luce c’è ma viene inghiottita dalle tenebre. Una delle tante notevoli peculiarità del gruppo torinese è la capacità di creare la tempesta perfetta della musica pesante, con momenti simili a quelli dei Converge ma andando oltre, in una sospensione spazio temporale con gli strumenti che impazziscono e noi non loro. La musica dei Noise Trail Immersion è narrazione essa stessa, e il disco ha le bellissime stimmate del lavoro disperato e quasi perfetto, uno specchio sonico nel quale tuffarci per raggiungere un qualcosa che altrimenti è irraggiungibile. Symbology Of Shelter è un album dalla grande potenza, un’evocazione del nero che è dentro di noi, ma del quale non possiamo fare a meno. La maturazione del gruppo piemontese è continua e lo sta portando a vette molto alte, dove vengono raggiunti momenti di disperata gioia e saturazione del suono.

Tracklist
1.Mirroring
2.Repulsion and Escapism I
3.Repulsion and Escapism II
4.Acrimonious
5.The Empty Earth I
6.The Empty Earth II
7.Symbology of Shelter

Line-up
Fabio – vox
Nebil – guitar
Daniele – guitar
Lorenzo – bass
Paolo – drums

NOISE TRAIL IMMERSION – Facebook

Terror – Total Retaliation

Difficilmente in questo genere si raggiungono le altezze dei Terror, che nel loro suono sono profondamente americani e fanno musica per suonare dal vivo, perché ascoltando il disco ti rendi conto di quanto bene funzionerà davanti ad un pubblico che sarà un magma incandescente pronto a bruciare tutto.

Dal 2002 i losangelini Terror hanno cominciato la loro scala alla montagna dell’hardcore e da qualche anno ne hanno raggiunto la vetta, tenendola molto bene grazie a lavori come questo.

Total Retaliation è la loro nuova uscita su Nuclear Blast Records e ha tutte le caratteristiche che li hanno resi famosi ed amati: hardcore americano violento e ruggente con molte somiglianze con il metal ed il crossover degli anni migliori, una grandissima intensità e tanta cattiveria. Questa volta alla produzione troviamo il chitarrista degli ottimi Fit For An Autopsy, Will Putney, che dà al suono dei Terror una maggiore modernità, rendendo il tutto ancora più potente, a volte ai confini del beatdown. Non ci sono compromessi in questo album, i tempi sono serrati ed incalzanti, e questo loro settimo disco suona benissimo e li proietta ad un livello superiore. Chi ascolta hardcore lo fa perché questo suono ha una violenza positiva, o negativa se la si fraintende, che permette di vivere le brutture del mondo a testa alta, e qui c’è tutto ciò. Non è aggressività fine a se stessa, ma è un qualcosa che lega le persone, porta dei valori attraverso dei suoni rabbiosi ma sempre in veste positiva. Total Retaliation è una classica opera di hardcore americano ma ha effettivamente qualcosa in più sia in termini di suono che di composizione. In un genere così inflazionato non è facile avere la propria impronta ben riconoscibile, i Terror la hanno e hanno addirittura aperto nuove strade nell’hardcore con il loro suono, venendo presto riconosciuti come uno dei migliori gruppi del genere. Difficilmente in questo genere si raggiungono le altezze dei Terror, che nel loro suono sono profondamente americani e fanno musica per suonare dal vivo, perché ascoltando il disco ti rendi conto di quanto bene funzionerà davanti ad un pubblico che sarà un magma incandescente pronto a bruciare tutto. Grande spirito e grande musica per un disco di hardcore di qualità superiore.

Tracklist
1. This World Never Wanted Me
2. Mental Demolition
3. Get Off My Back
4. One More Enemy
5. Break The Lock
6. In Spite Of These Times
7. Total Retaliation
8. Post Armageddon Interlude
9. Spirit of Sacrifice
10. I Don’t Know You
11. Behind The Bars
12. Suffer The Edge Of The Lies
13. Resistant To The Changes

Line-up
Scott Vogel – Vocals
Nick Jett – Drums
Jordan Posner – Guitar
Martin Stewart – Guitar
David Wood – Bass

TERROR – Facebook

The Flesh – Dweller

Ventidue minuti di note che creano un mondo (quello dei The Flesh) di totale annientamento psichico, disturbante ed estremo come i generi da cui trae abominevole energia per arrivare inesorabilmente alla fine.

All’ascolto di Dweller non si può non constatare l’attitudine estrema degli olandesi The Flesh, tale da far impallidire una buona fetta delle band ascoltate negli ultimi tempi sotto la voce hardcore/punk.

La band olandese, composta da membri di Herder, Vervohed e Blood Diamond, trascende dai generi e si impone come decadente ed alcolico disfacimento mentale e fisico, un bombardamento di lucida pazzia che unisce in un sound corrosivo hardcore, crust, stoner malatissimo e black metal.
Ne esce un mostro cerebrale, un sound che trascina in un vortice di autolesionismo fagocitando pustole di menti malate e vomitandole insieme ai residui di fegato e organi impregnati di whiskey.
La voce di Jelle Kunst è un urlo di dolore sopra un tappeto di musica torturata da ritmiche sludge e black metal, come se nelle varie Black Rain o Siren’s Call, Darkthrone e Motorhead si riunissero per una jam crust/hardcore.
Lunga discesa nell’inferno del decadimento, Dweller non lascia speranze, il suo violento incedere non dà tregua, mentre Kunst vomita ormai senza freni perversione e livore.
Ventidue minuti di note che creano un mondo (quello dei The Flesh) di totale annientamento psichico, disturbante ed estremo come i generi da cui trae abominevole energia per arrivare inesorabilmente alla fine.

Tracklist
1.Tot In Den treure
2.Black Rain
3.Siren’s Call
4.Dweller (In The Dark)
5.Salax
6.Thrones In The Sky
7.A Knife To The Conformist
8.Fire Red Gaze

Line-up
Jelle Kust – Vocals
Sven Post – Guitars
Jeroen Vrielink – Bass
Tom Nickolson – Drums

THE FLESH – Facebook

R.A.I.V.A. – R.A.I.V.A.

Il disco si inserisce nella tradizione hardcore punk della penisola iberica, ed infatti il gruppo lusitano in qualche passaggio ricorda i Soziedad Alkoholika, con quella chitarra distorta che si accompagna ad una sezione ritmica ben cadenzata e con la voce bella ruvida e potente.

Esordio discografico per questo gruppo hardcore punk dalla sfumature metal che si chiama R.A.I.V.A. e di cui non si sa granché.

Il disco si inserisce nella tradizione hardcore punk della penisola iberica, ed infatti il gruppo lusitano in qualche passaggio ricorda i Soziedad Alkoholika, con quella chitarra distorta che si accompagna ad una sezione ritmica ben cadenzata e con la voce bella ruvida e potente. Le liriche sono di rabbia piena, infatti in portoghese Raiva vuol dire rabbia e qui ce n’è davvero tanta. Il Portogallo è un paese che è stato colpito duramente dalla crisi scatenata da lor signori ma, a differenza dell’Italia e della Grecia, è forse quello che si è ripreso meglio, soprattutto a livello politico, riprendendo a lottare invece di odiare il più debole. Tutto ciò si riflette nella musica e nelle parole del gruppo, che riesce a caricare molto l’ascoltatore, e a proporre una musica dura e con buoni contenuti. Ci sono stacchi, stop and go, sfuriate e momenti di maggiore melodia, e tutto è bene bilanciato con una grande fedeltà alla scuola portoghese, che non lascia molto spazio ai fronzoli e dà molta importanza alla sostanza. Raiva non è forse un disco originale, ma era da tempo che non si ascoltava un qualcosa che va nel passato musicale per attualizzarlo e proporre una nuova formula. Il disco si fa ascoltare molto bene e ha anche dei momenti prettamente metal, ora con un pizzico di Iron Maiden, ora con assoli come i gruppi metal iberici che sono ben bilanciati in questo aspetto. Un lavoro che viene da persone giustamente rabbiose per altre che li sanno ascoltare: musicalmente è una sorpresa e soprattutto non è scontato.

Tracklist
1. O Bom Aluno
2. A Vida é dos Que Acreditam
3. Eu Não Vivo, Eu Sobrevivo
4. Sou o Resultado Desse Mal Profundo
5. Filho da Maldade
6. Partidos & Quebrados
7. Ponham as Cartas na Mesa
8. Medo de Falhar
9. Pago Impostos com a Vida
10. A Revolta do Mundo
11. O Mais FRaco Não Tem Nada
12. Raiva Dessa Raiva
13. O Herdeiro da Parada

Line-up
Ricardo Mendonça – Guitar
Renato Lourenço – Bass
Ricardo Pinto – Drums
Fernando Girão – Vocals

ETHEREAL SOUND WORKS – Facebook

Shenanigans – Muta In Potenza

Muta In Potenza è un disco che si lega al passato ma che è fortemente proiettato al futuro, contiene una lucida analisi di ciò che siamo e di quello che c’è in giro, ma è anche uno sfogo come è sempre stato l’hardcore thrash, sudore e valori.

Ci sono poche cose più belle e senza speranza nella vita di un disco di hardcore thrash cantato in italiano.

Il debutto dei parmigiani Shenanigans è un fulgido esempio di quanto scritto sopra, nel solco della grande tradizione dell’hardcore italiano e con fortissime venature thrash metal che arricchiscono il tutto. Il disco, seppure sia un debutto, è un lavoro maturo e puntuale, i ragazzi hanno le idee molto chiare e producono un lavoro come si faceva negli anni ottanta, ovvero protesta e analisi del sociale attraverso un linguaggio musicale che può sembrare disperazione ma che invece è un’altissima forma di realismo descrittivo: i giri di chitarra, il basso incessante e la batteria che picchia impetuosa, e quella splendida voce che canta in italiano facendoti arrivare subito e sottopelle il significato, anche quello più profondo. I testi sono molto interessanti e fanno capire che gli Shenanigans sono un gruppo che non si ferma alla superficie delle cose, ma che va ben oltre provando a capire i meccanismi di quella che chiamiamo società civile. Dal lato musicale la loro miscela musicale è un gran bel misto di hardcore punk classico italiano, con una forte aggiunta di thrash metal che rafforza il tutto. Muta In Potenza è un disco che si lega al passato ma che è fortemente proiettato al futuro, contiene una lucida analisi di ciò che siamo e di quello che c’è in giro, ma è anche uno sfogo come è sempre stato l’hardcore thrash, sudore e valori. Da tempo in Italia e non solo, mancava un disco così, veloce e profondo, anche se la scena underground hardcore punk thrash in Italia gode di ottima salute, e gli Shenanigans ne rappresentano una via possibile. Un disco che regalerà molti ascolti, dai quali ogni volta si scopre qualcosa di nuovo.

Tracklist
1.Muta Impotenza
2.Cammini Disgregati
3.Io Non Esisto
4.Bambino Soldato
5.Assenza Di Eroi
6.Dioscuri
7.Alfa 3
8.Senza Pace Senza Amore

Line-up
Macina – voce
Panco – chitarra
Berto – basso
Tom – batteria

SHENANIGANS – Facebook

Perpetuum Mobile – Paradoxa Emblemata

La mancanza di informazioni raggiunge lo scopo di far concentrare l’ascoltatore sulla musica e sulla forte mistica dell’opera, un qualcosa di antico fatto con codici moderni, perché questa è musica occulta che mostra cose che altrimenti non potremmo vedere.

Perpetuum Mobile è un misterioso gruppo (o solista, non è dato sapere ma non importa granché) che produce questo disco basato sul libro di illustrazioni Paradoxa Emblemata di Dionysius Andreas Freher, un mistico cristiano tedesco del diciassettesimo secolo con base a Londra, vera capitale dell’occulto.

Il libro si compone di 153 immagini astratte, emblemi e geroglifici di cui non si sa molto.
Freher era fortemente influenzato dall’opera di Jakob Böhme un mistico luterano tedesco dichiarato eretico dalla chiesa germanica. Detto così sembra una cosa complicata ma se approfondite vi troverete di fronte ad una mistica e ad una filosofia affascinanti ed affatto convenzionali. Su questo libro la sfuggente entità dedita al black metal hardcore ha incentrato questo disco, che mette in musica delle figure scelte dal libro di Freher, fondamentalmente uno scritto alchemico. La musica qui contenuta è un micidiale attacco con la voce praticamente sempre in growl, mentre il gruppo ha una forte identità black dal ritmo hardcore, che poi è uno dei codici sorgente del nero metallo, sia della prima che della seconda ondata. I brani non durano giustamente più di 2 minuti, e rendono molto bene con testi che parlano di occulto in maniera competente, come se fosse un rituale. La mancanza di informazioni raggiunge lo scopo di far concentrare l’ascoltatore sulla musica e sulla forte mistica dell’opera, un qualcosa di antico fatto con codici moderni, perché questa è musica occulta che mostra cose che altrimenti non potremmo vedere. Come sempre, quando si parla di black metal e dintorni, non è roba per tutti e non lo vuole affatto essere, anzi. Il disco uscirà a breve per la Xenoglossy Productions, un’etichetta realmente underground e con ottimi lavori nel proprio catalogo.

Tracklist
1.Perpetuum Mobile
2.Unum Immobile / Cuncta Moventur
3.Point, Center, Circumference
4.Out of One
5.Seven Are One
6.Abyssal Nothing
7.Great Conjunction
8.Thee Not
9.Generation of Fire
10.Pro Merito Binarius excluditur

For Different Ways – About Life And Choices

Per trovare nuovi ed interessanti gruppi hardcore non bisogna andare molto lontano, in Italia ve ne sono di ottimi come i sardi For Different Ways, qui al debutto con il primo ep About Life And Choices.

Per trovare nuovi ed interessanti gruppi hardcore non bisogna andare molto lontano, in Italia ve ne sono di ottimi come i sardi For Different Ways, qui al debutto con il primo ep About Life And Choices.

Questi ragazzi di Serramanna fanno un gran bel melodic hardcore, confermando la Sardegna come uno dei migliori posti per il genere con gruppi come Last Breath e tanti altri pop punk e melodic hardcore. Il perché sta in questo breve ep, dove tutto è al proprio posto e combacia perfettamente. Il suono dei For Different Ways è molto americano, ha una gande melodia ed è al contempo molto influenzato dall’hardcore, per una miscela molto buona. Il pathos è alto per tutti i brani del disco, i quali funzioneranno molto bene dal vivo, poiché oltre ad essere intensi sono studiati per essere cantati e sudati sotto al palco. In queste piccole grandi opere di provincia risiede sempre un’ottima qualità, come dimostrano questi ragazzi che usano l’hardcore melodico come codice musicale per esprimersi, là dove sarebbe facile stare zitti e forse avere più scuse per farlo che in una metropoli; invece ci si vede e si fa musica con il cuore, certamente la tecnica non è eccelsa, ma qui conta il sentimento e la voglia. Il gruppo sardo è capace sia tecnicamente che a livello compositivo, soffre solo di una produzione non del tutto all’altezza, perché con suoni leggermente migliori questo ep sarebbe ancora meglio di ciò che già è. Da sentire per chi vuole ascoltare musica fatta con il cuore e che fa ancora sognare, nonostante da sognare in effetti ci sia ben poco.

Tracklist
1.Intro
2.Crisis
3.Black Heaven
4.Hard Times
5.Listless

Line-up
Giacomo – Vocals
Carlo – Guitar, Vocals
Matteo – Guitar, Vocals
Emanuele – Bass, Vocals
Mauro – Drums, vocals

FOR DIFFERENT WAYS – Facebook

Barren Womb – Old Money / New Lows

I Barren Womb ci sanno decisamente fare, con una musica corrosiva, altamente fantasiosa e con un’urgenza hardcore, come un’onda che ti travolge e che ti lascia diverso.

Coppie musicali, specialmente nel panorama alternativo se ne sono viste molte, arrivando ad essere quasi una moda, con esiti a volte buoni a volte meno.

Il duo in questione si chiama Barren Womb, è per metà finlandese e per metà norvegese e fa un tipo di musica che mescola noise, folk americano, blues distorto ed acido e tante altre cose. L’immaginario è fortemente americano, nel senso che si parte dalla lezione dei The White Stripes e simili per quanto riguarda la musica, mentre per quanto riguarda il visivo il tutto è davvero made in USA, anche se fra una certa Scandinavia e l’ovest a stelle e strisce non c’è molta differenza. Dentro al loro suono si può trovare anche la lezione rimasticata e sputata fuori di alcuni hardcore di un po’ di anni fa, soprattutto per l’andamento delle canzoni mai lineare, con tanti bellissimi spigoli che ti esplodono in faccia. I Barren Womb ci sanno decisamente fare, con una musica corrosiva, altamente fantasiosa e con un’urgenza hardcore, come un’onda che ti travolge e che ti lascia diverso. La ricerca musicale del duo è molto accurata, facendo compiere un viaggio fatto da musica mai ovvia con un suono sempre in movimento, come un magma ribollente ed interessante, in cui non si può fare a meno di guardare dentro. Come detto sopra molti sono i gruppi simili ai Barren Womb, ma la varietà del duo finnico/norvegese è peculiare. Chitarre distorte, canto fatto con le budella, quelle vere, e tanta abrasività per andare avanti in un Far West quotidiano che ormai ha superato la distopia.

Tracklist
1.Crook Look
2.Mystery Meat
3.Theory of Anything
4.Slumlord Millionaire
5.Cave Dweller
6.Drive-Thru Liquor Store
7.Mad 187 Skills
8.Russian Handkerchie

Line-up
Timo Silvola – Vocals, Drums
Tony Gonzalez – Vocals, Guitars

BARREN WOMB – Facebook

Autoblastindog – Pornophorno

PornoPhorno è un disco grind hardcore molto free e quasi jazz, che taglia in profondità la carne grassa e dopata di questa inutile realtà, piena zeppa di orpelli del nulla.

Questo disco ha la migliore intro del mondo, ovvero Cicciolina aka Ilona Staller che illustra il suo programma elettorale che dice, tra l’altro,”di lottare con tutte le nostre forze contro la criminalità organizzata, ma facciamolo con tutto il nostro amore”.

E dopo questo inizio geniale c’è un disco molto bello e che come fa spessissimo il grindcore/hardcore centra benissimo il punto, meglio di tanti trattati e super cazzole varie che scrive il vostro guru di fiducia. Gli Autoblastindog sono di Grosseto e dintorni e hanno capito benissimo come va il Belpaese, dove le macchine volano giù dai viadotti e si parla di progresso, e Dio ci guarda sempre bonario per un buon 5 x mille o quel che cazzo è. Questo è il loro secondo disco, il primo si chiama Batracomiomachia e lo potete trovare in download libero sul loro bandcamp, anche se è doveroso donare dei fondi a questi ragazzi assetati. A parte le facezie, questo disco è uno scrigno che contiene tanti tesori, ogni canzone a partire dai titoli geniali ha in sé qualcosa di fantastico ed entusiasmante, perché questa realtà quotidiana è talmente sconfortante che quando te la sbattono in faccia alla maniera del gruppo toscano ti viene fin da ridere, mentre tutto intorno caga sangue.
PornoPhorno è un disco grind hardcore molto free e quasi jazz (si dice così quando si va a cazzo però si sa dove si vuole andare, o almeno lo si sapeva), che taglia in profondità la carne grassa e dopata di questa inutile realtà, piena zeppa di orpelli del nulla. L’album non è solo pars distruens ma anche è anche dare testate contro il muro a ritmo di chitarre distorte e batterie impetuose, che è poi un gran bel destino. Uno dei migliori dischi del cosiddetto underground italiano, in cui ogni secondo è da ascoltare nell’attesa di diventare anziani e cacarsi addosso in piena libertà.

Tracklist
1.La morte di Eraclito
2.Italia’s got Amen
3.Stairway to ENEL
4.M’asciuga
5….e il Sommo decadde
6.Luddismo mon amour
7.Selfie=Sega
8.L’attore Porno
9.Gli oscuri segreti di Eternia
10.Tattakkialkazzo
11.#soppartito
12.Diffusa illegalità e confusione religiosa
13.Vulvevolvendo
14.S.C.C. (Sodomia CULturale cOllettiva)

Line-up
Guerra – Berci, fiatella ed effetti ganzi
Andrea – Chitarre sbagliate
Isacco – Bassi a manetta
Ale – Batterismi ingannevoli

AUTOBLASTINGDOG – Facebook

The Secret – Lux Tenebris

Una band unica che usa tantissimi riferimenti culturali diversi fra loro e porta la musica pesante su un altro livello, ben sopra le nostre teste e ben al di sotto dei nostri piedi.

Torna dopo sei anni di silenzio discografico uno dei migliori gruppi che abbiamo in Italia, i triestini The Secret, sempre su Southern Lord.

Il disco uscirà per la Subscrition Serie per il ventennale di quella che è una delle etichette più importanti nel panorama della musica pesante. I The Secret sono stati tre anni senza parlare fra di loro e solo nel 2015 sono ricominciate le operazioni per dare alla luce materiale nuovo: Lux Tenebris è il frutto di tutto ciò. Non si riparte dall’ultimo disco, ovvero Agnus Dei, siamo già oltre, il suono è ulteriormente migliorato, continuando quella perenne mutazione che solo i grandi gruppi compiono incessantemente nella loro parabola musicale. L’impatto è devastante, come e più di prima, un concentrato di furia hardcore, black metal e un qualcosa che solo loro hanno. I The Secret ti annientano, ti fanno chiaramente capire che siamo delle nullità se ci consideriamo essere umani, e dobbiamo osservare principalmente ciò che sta intorno al nostro traguardo finale: la morte. Il disco parla del sepolcro, della luce delle tenebre, dell’inizio del nostro vero viaggio, e del caos che è oltre la nostra percezione fisica. Lux Tenebris ti ipnotizza e ti porta dentro un vortice che non ti lascia scappare, come se la sapienza ancestrale e moderna dell’uomo sulla morte fosse concentrata in tre splendide creazioni che chiamare canzoni è davvero riduttivo. Il combo friulano è qualcosa di assolutamente unico ed irripetibile, un archetipo che fa musica moderna, ma in realtà è molto antica e viene dal nostro stesso io. Il sapiente uso di saper bilanciare sfuriate in stile black scandinavo per poi aprire la melodia e far scoppiare visioni nella testa dell’ascoltatore, ecco forse questo è il migliore fra i tanti pregi di questo gruppo, come si può ascoltare chiaramente nella finale Cupio Dissolvi che è un compendio di cosa siano i The Secret. Una band unica che usa tantissimi riferimenti culturali diversi fra loro e porta la musica pesante su un altro livello, ben sopra le nostre teste e ben al di sotto dei nostri piedi. Un’opera che si pone fra le migliori sul lunghissimo discorso umano intorno alla morte, che non è una fine, ma nemmeno un inizio.

Tracklist
1. Vertigo
2. The Sorrowful Void
3. Cupio Dissolvi

Line-up
Michael Bertoldini – Guitar
Marco Coslovich – Vocals
Lorenzo Gulminelli – Bass Guitar
Tommaso Corte – Drums

THE SECRET – Facebook

The Mild – Coffin Tree

Una scarica di adrenalina hardcore, resa ancora più estrema da un’anima grind, spogliata da inutili orpelli e rivestita di attitudine stoner per una jam assurda tra gli Entombed di Wolverine Blues e i Corrosion of Conformity del sottovalutato IX, il tutto proveniente da un’umida cantina veneta.

Quando si preme il tasto play si viene investiti da una scarica di adrenalina hardcore, resa ancora più estrema da un’anima grind, urgente e senza compromessi, spogliata da inutili orpelli e rivestita di attitudine stoner per una jam assurda tra gli Entombed di Wolverine Blues e i Corrosion of Conformity del sottovalutato IX, il tutto proveniente da un’umida cantina veneta.

Ovviamente i The Mild ci aggiungono un’attitudine underground ancora più accentuata, per mezzora di calci e pugni in pieno volto, rabbiosi e devastanti; la band carica il fucile di micidiali pallettoni che, fin dall’opener The Lord Has Fallen, provocano enormi crateri.
Il loro modo di esprimersi è volutamente scorretto, diretto e brutale, i riff di cui si compongono i brani sono torturati ed alternano il classico mood stoner, potente e rallentato da attimi di sludge/doom a ferali e veloci esempi di metal estremo tra hardcore e grind.
Il bello è che Coffin Tree, nel suo essere estremamente underground, si fa ascoltare che è un piacere, quindi non allarmatevi se il vostro ultimo dito rimasto ancora intatto premerà di nuovo quel maledetto tasto, perché la voglia di farsi male supera il dolore inferto dai colpi che, impietosi, si abbattono al suono di Forced Detention, Undeserving Entities e The Complaint Daily Press.
I The Mild picchiano come dei fabbri intenti a lavorare una lega indistruttibile di metal estremo: il fuoco arde ed il liquido incandescente provoca reazioni stoner/hardcore/grind metal potentissime e devastanti, e in più pare che dal vivo siano assolutamente letali …

Tracklist
1.The Lord Has Fallen
2.Slow Decay
3.Forced Detention
4.The Letter
5.Human Roots
6.Undeserving Entities
7.Against You
8.Endless Misunderstanding
9.Catharsis
10.The Complaint Daily Press

Line-up
Alessandro Cossu – Drums
Andrea Alfier – Bass Guitar
Vanny Piccoli – Guitar/Vocals

THE MILD – Facebook

Sanctrum – Walk With Vermin

Questi cinque brani confermano la forza del quintetto scandinavo che, in attesa del terzo full length, ci bombarda letteralmente con chirurgica rabbia e crudeltà, violenza e disperazione.

Torna a fare danni devastanti l’atomica musicale chiamata Sanctrum, realtà thrash/hardcore lanciata da Uppsala in quel di Svezia, questa volta in formato ep, tanto per non dimenticare il gusto distruttivo di Irfan Cancar e compagni.

Cinque sono i brani raccolti in Walk With Vermin, mini cd licenziato dalla Big Balls Productions e che torna far parlare di questa letale macchina da guerra dall’impatto sopra la media.
Tre anni fa Rot aveva fatto sanguinare i padiglioni auricolari dei fans del metal estremo di estrazione thrash, moderno e potenziato da un’attitudine hardcore dirompente; ora questi cinque brani confermano la forza del quintetto scandinavo che, in attesa del terzo full length, ci bombarda letteralmente con chirurgica rabbia e crudeltà, violenza e disperazione, partendo dall’opener The Decent e continuando il massacro da dove si era interrotto nel precedente lavoro.
Carcan è la solita belva ferita, uno dei singer più dirompenti sui quali il genere può contare, mentre i brani si susseguono violenti, estremi, senza rinunciare ad un tocco di melodia in più, ma pur sempre in un contesto crudo e devastante.
Walk With Vermin non concede tregua e ritorna a far risplendere il detonatore sul missile terra aria firmato Sanctrum: se l’album è solo un antipasto per il più succulento e letale full length ci sarà da mettersi al riparo, si salvi chi può.

Tracklist
1.The Descent
2.Prevarication
3.Abomination
4.To The End
5.Let It Fall

Line-up
Irfan Cancar – Vocals
Viktor Arfwedson – Guitars
Emil Anter – Bass
Oskar Odelbo – Drums
Alex Tollin – Guitars

SANCTRUM – Facebook