Lethal Steel – Legion of the Night

L’atmosfera generale dell’album si mantiene su un mood piacevolmente oscuro e drammatico, ma Legion Of The Night rimane un lavoro che non andrà più in là di qualche apprezzamento tra i fans dell’heavy metal old school.

Operazione nostalgia?
Beh, direi che l’esordio sulla lunga distanza degli sevedesi Lethal Steel, ha tutti i crismi per essere considerato tale, visto che ogni nota, ed ogni dettaglio di Legion Of The night richiamano l’heavy metal old school, e di conseguenza i primi anni del decennio ottantiano.

La produzione ovattata, classica delle uscite di quei tempi, accentua le atmosfere vintage di questo lavoro, che sembra davvero ripescato in qualche baule dimenticato in soffitta dai musicisti di Stoccolma.
I brani che compongono il lavoro, formano un’opera che cerca di resuscitare lo spirito metallico di quei tempi come è di moda in questi anni, specialmente nell’underground, a volte riuscendoci, altre no, dando l’impressione di non scendere a compromessi con le nuove tecnologie, ma lasciando inevitabilmente qualcosa alla fruibilità dell’ascolto.
Non fraintendetemi, brani come Warrior, l’ottimo crescendo di Night Of The Witch, il giro sabbatiano di Into The Void Of Lucifer, che esplode in una cavalcata fusa nell’acciaio metallico, formano un trio di songs sopra le righe e la band ci aggiunge un’attitudine old school commovente, ma rimane un forte sentore di naftalina, troppo, anche per chi non disdegna i suoni provenienti dalla scuola classica.
Sono sufficientemente buone le ritmiche sassoni che appaiono in qualche brano come le conclusive Nocturnal Seductress e Demon from the Past, mentre l’atmosfera generale dell’album si mantiene su un mood piacevolmente oscuro e drammatico, ma Legion Of The Night rimane un lavoro che non andrà più in là di qualche apprezzamento tra i fans dell’heavy metal old school.
I richiami alla scuola tradizionale, tanto sfruttati dalle band odierne, non fanno che rendere immortale la nostra musica preferita, apprezzabili quando sono supportati comunque da buone produzioni e ottimo songwriting, i Lethal Steel, per scelta, ci immergono in atmosfere e suoni che non vanno oltre al 1981, se vi piace l’old school senza compromessi Legion Of The Night potrebbe fare al caso vostro, tutti gli altri passino oltre.

TRACKLIST
1. Sirius
2. Nattsvart
3. Rosier
4. Warrior
5. Night of the Witch
6. Into the Void of Lucifer
7. Nocturnal Seductress
8. Demon From the Past

LINE-UP
Viktor Gustafsson – Vocals
Johan Frick – Guitar
Jonathan Nordwall – Guitar
Christoffer Thyrhaug – Bass
Leo Ekström Sollenmo – Drums

LETHAL STEEL – Facebook

Royal Hunt – Devil’s Dozen

Il tempo passa inesorabile ma i Royal Hunt confermano la loro innata classe, continuando a sfornare musica regale, a beneficio degli gli amanti del metal più raffinato.

C’è del metal in Danimarca!!!!

Citando la famosa frase dell’Amleto, si torna a parlare della scena danese, sopra le righe quando i suoni metal si fanno classicamente progressive e classici, con la più famosa delle band nata nella terra del nord Europa.
Il gruppo del talentuoso tastierista Andrè Andersen, torna con il tredicesimo album di una carriera che ha visto il gruppo osannato negli anni novanta, tempi di vacche grasse per il genere nella vecchia Europa, dove i Royal Hunt furono sontuosi protagonisti con due capolavori come Moving Target e Paradox.
Specialmente il primo lavoro fece scoccare la scintilla amorosa fra la band e gli amanti dei suoni metallici dai richiami prog e come in questo caso ai confini dell’AOR, facendo brillare la stella del vocalist statunitense DC Cooper, alter ego del leader e maestro dei tasti d’avorio.
Subito dopo Paradox, DC Cooper lasciò la band e i Royal Hunt affidarono il microfono, prima a John West ed in seguito a Mark Boals, due assi del microfono, continuando a scrivere ottima musica, ma è pur vero che molti fans continuarono a vedere in Cooper il vero frontman del gruppo di Andersen.
Da qualche anno Cooper è tornato al suo posto e la nuova venuta del figliol prodigo, ha portato in casa Royal Hunt due nuovi album ( oltre al live Show Me How to Live del 2008), A Life to Die For del 2013 e questo nuovo lavoro, che, se non rivela clamorose novità, conferma la bravura della band, ormai consolidata, nel saper scrivere ottima musica metal dalle trame progressive, raffinate ed eleganti, che, come ormai da un po di tempo hanno rinunciato a quegli spunti AOR che fecero di Moving Target un disco praticamente perfetto, per un approccio più power, mantenendo un’atmosfera epica e sontuosa, marchio di fabbrica dello spartito di Andersen.
Inutile dire che DC impazza su tutto il lavoro, un top singer nel suo genere, melodico e personale riesce a trasformare i ghirigori di note, in arcobaleni musicali, dall’alto tasso emozionale.
Rock/metal pomposo, trascinante e raffinato, un’apoteosi di suoni tastieristici ed ottimi solos chitarristici che accompagnano i tasti d’avorio, su e giù per la scala musicale, un songwiting come al solito debordante, fanno di questa nuova opera l’ennesimo album irrinunciabile per i fans del gruppo e per chi vive di questi suoni, Devil’s Dozen mantiene alta la qualità della musica proposta da ormai più di vent’anni dal gruppo danese, sontuoso, a tratti animato da cavalcate power, pur mantenendo un’eleganza formale che è indiscutibilmente nel DNA dei Royal Hunt.
So Right So Wrong, apre le danze e si entra nel mondo dei Royal Hunt dalla porta principale, ottima partenza di un’album che mantiene le promesse via via che brani come, May You Never (Walk Alone), la stupenda e folkeggiante Riches To Rags e la sinfonicamente metallica Until The Day, mettano l’accento sulla scaletta di questo nuovo lavoro.
Il tempo passa inesorabile ma i Royal Hunt confermano la loro innata classe, continuando a sfornare musica regale, a beneficio degli gli amanti del metal più raffinato.

TRACKLIST
01. So Right So Wrong
02. May You Never (Walk Alone)
03. Heart On A Platter
04. A Tear In The Rain
05. Until The Day
06. Riches To Rags
07. Way Too Late
08. How Do You Know (bonus track)

LINE-UP
DC Cooper – voce
Andre Andersen – tastiera
Andreas Passmark – basso
Jonas Larsen – chitarra
Andreas Habo Johansson – batteria

ROYAL HUNT – Facebook

VV.AA. – Transcending Obscurity – Label Sampler Vol.1

Un’importante veduta sull’enorme lavoro che la Transcending Obscurity sta facendo per supportare al meglio il mondo metallico, specialmente in un’area dallo smisurato potenziale come quella dell’Asia meridionale.

Chi segue le pagine metal sulla nostra webzine sa che, pur portando all’attenzione dei lettori le uscite più importanti del nostro genere preferito, diamo molto spazio all’underground e, aiutati in questo dalla Transcending Obscurity di Kunal Choksi, scoprendo ottime e il più delle volte sconosciute realtà, soprattutto provenienti dai lontani e misteriosi paesi asiatici.

Quest’anno la label indiana ha ampliato i suoi orizzonti, mettendo sotto contratto anche parecchie band europee, così da diventare sempre più un punto di riferimento per gli amanti del metal/rock, a cui stanno stretti i soliti nomi, cercando tra il sottobosco musicale ottime alternative.
Esce dunque, in concomitanza con le feste natalizie, questa esauriente panoramica sui gruppi che la label ha proposto in questi ultimi dodici mesi e tutte quelle che fanno parte del roster, un regalo inaspettato ma gradito, con molte band ancora da scoprire e molte di cui abbiamo già ampiamente parlato su Iyezine.
Più di cinquanta gruppi, ognuno con la propria musica da presentare, molti davvero bravi, rappresentativi più o meno di tutti i generi che compongono l’universo della nostra musica preferita, qualcuno ormai realtà consolidata come i Rectified Spirit, presenti con il nuovo The Wasteland sulla mia playlist riassuntiva dei dieci migliori album dell’anno che va a terminare, altri spuntati come perle in un’ostrica, protagonisti di lavori bellissimi.
In questo fantastico, tortuoso ed affascinante viaggio incontrerete l’underground dei paesi asiatici, dall’India, al Pakistan con un assaggio della musica di gruppi dal notevole spessore qualitativo come gli Albatross ed il loro heavy metal progressivo, il death metal di Gaijin, Winterage e Third Sovereign, il brutal dei Biopsy, il thrash metal dei bravissimi Against Evil e Armament, l’originalissimo black metal dei devastanti Heathen Beast e del loro Trident, così come il black sinfonico ed epico dei Diabolus Arcanium e l’heavy metal dalle riminiscenze alternative dei pakistani Blackhour.
Ma la Transcending Obscurity non si è fermata sul confine del proprio paese, allungando i suoi artigli su ottime realtà europee, australiane e made in U.S.A, mettendo in mano una penna per la firma a band clamorose come i deathsters francesi Affliction Gate, i Paganizer della piovra Rogga Johansson, la one man band australiana The Furor ed i deathsters americani Fetid Zombie di Mark Riddick.
Insomma, qui viene esibita una buona fetta del meglio che l’underground estremo e classico mondiale ha offerto in questi mesi: una importante veduta sull’enorme lavoro che la Transcending Obscurity sta facendo per supportare al meglio un  mondo metallico sempre vivo e rigenerato da chi al metal ci crede veramente e che, con passione, dedizione e ottima professionalità, sta raggiungendo risultati clamorosi.
La raccolta come già detto è in free download, perciò niente scuse ed immergetevi in questa oceano di note metalliche, navigherete in acque agitate ed oscure, a tratti tranquille solo all’apparenza, ma assolutamente affascinanti … lunga vita alla Transcending Obscurity.

TRACKLIST
1. Deceased (US) – Graphic Repulsion (Death/Thrash Metal)
2. Paganizer (Sweden) – Souls for Sale (Death Metal)
3. Affliction Gate (France) – Devising Our Own Chains (Death Metal)
4. Abyssus (Greece) – Remnants of War (Death Metal)
5. Sathanas (US) – Satan’s Cross (Death/Thrash Metal)
6. Fetid Zombie (US) – Lure of the Occult (Death Metal)
7. Norse (Australia) – Pest (Dissonant Black Metal)
8. The Furor (Australia) – Summoned Obscurity (Black/Thrash Metal)
9. Preludium (Poland) – Sins of Mankind (Spiritual Black/Death Metal)
10. Seedna (Sweden) – Downward Spiral (Live) (Atmospheric Black Metal)
11. The Whorehouse Massacre (Canada) – A.C.S.-4 (Sludge/Doom Metal)
12. The Dead (Australia) – Disturbing the Dead (Sludge/Death Metal)
13. Drug Honkey (US) – Weight of the World (Hypnotic Doom Metal)
14. Albatross (Mumbai, India) – The Empire of Albatross (Heavy Metal)
15. Third Sovereign (India) – Devolution of Mortality (Death Metal)
16. Dormant Inferno (Mumbai, India) – Deliverance (Doom Metal) 11:02
17. Insane Prophecy (Guwahati, India) – The Nihilistic Force of Fear and Ire (Black Metal)
18. Dionysus (Pakistan) – Rain (Black/Doom Metal)
19. Gaia’s Throne (Pune, India) – Crisis (Sci-fi Heavy Metal)
20. Orion (Mumbai, India) – Oh Sweet Ebullition (Progressive Death)
21. Djinn and Miskatonic (Bangalore, India) – Book of the Fallen (Doom Metal)
22. Solar Deity (Mumbai, India) – Circling the Moon (Black Metal)
23. Multinational Corporations (Pakistan) – L.P.C. (Grindcore/Crust)
24. Fragarak (Delhi, India) – Cryptic Convulsion (Technical Death Metal)
25. Halahkuh (Pune, India) – Break the Shackles (Death/Thrash Metal)
26. Wintergate (Jaipur, India) – A Wreath of Mist (Old School Death Metal)
27. Primitiv (Mumbai, India) – World War Zero (Death Metal)
28. Against Evil (Vizag, India) – War Hero (Heavy Metal)
29. Rectified Spirit (Guwahati, India) – Winter in Thine Eyes (Progressive/Heavy Metal)
30. Armament (Kolkata, India) – Gas Chamber (Thrash Metal)
31. Eccentric Pendulum (Bangalore, India) – Resisting Another Equation (Progressive Metal)
32. Biopsy (Mumbai, India) – Fractals of Derangement (Brutal Death Metal)
33. Killibrium (Mumbai, India) – Mental Illusions (Death Metal)
34. Gaijin (Mumbai, India) – Dead Planet (Technical Death Metal)
35. Heathen Beast (India) – The Carnage of Godhra (Black Metal)
36. Diabolus Arcanium (Chennai, India) – Of Fire and Ashes (Epic Black Metal)
37. Blackhour (Pakistan) – Wind of Change (Heavy Metal)
38. Zero Gravity (Indore, India) – Screaming Agony (Death Metal)
39. Toxoid (New Delhi, India) – Demon Lust (Black Metal)
40. Wired Anxiety (New Mumbai, India) – Heavily Sedated (Brutal Death Metal)
41. Elemental (Indore) – Inhuman Purge (Death Metal)
42. Falcun (Kolkata, India) – Eye of the Storm (Heavy Metal)
43. Knight (Assam, India) – The Ventriloquist (Heavy Metal)
44. Gypsy (Kolkata, India) – The Shoemaker (Heavy Metal)
45. Sceptre (Mumbai, India) – Hate Infested (Thrash Metal)
46. Exalter (Bangladesh) – Nuclear Punishment (Thrash Metal)
47. Amorphia (Kerala, India) – Leiber Code (Thrash Metal)
48. Dirge (Pune, India) – Swamp (Doom/Sludge Metal)
49. Irritum (Pakistan) – Voice in the Night (Doom Metal)
50. The Grim Mage (Bangalore, India) – Celestial Scrimmage (Doom Metal)
51. Darkrypt (Mumbai, India) – Abstract Submission (Death Metal)
52. Strangulate (Kolkata, India) – Humanity’s End
53. Godless (Hyderabad, India) – Infest (Death Metal)
54. Homicide (Bangladesh) – Hades (Brutal Death Metal)
55. Bonefvcker (Delhi, India) – Ad Infinitum (Death Metal/Grind)
56. Violent Upheaval – Ghar Wapsi (Crush the Agenda) (Grindcore)
57. The Infernal Diatribe (Kolkata, India) – Morbid Evocation (Black Metal)
58. Necrolepsy (Bangladesh) – Engorging the Stillborn (Death Metal)
59. Tyrannizer (Mumbai, India) – Bloodstain (Death/Thrash Metal)
60. Evil Conscience (Kolkata, India) – Grim Shutdown (Death Metal)
61. Ragnhild (Pune, India) – Taven Tales (Viking/Death Metal)
62. False Flag (Pune, India) – Mediacracy (Crust/Punk/Grind)
63. Dead Exaltation (Pune, India) – Fallacy (Death Metal)
64. Eclipse (Guwahati, India) – Dreams of Midnight (Power Metal)
65. Deathscent (Jaipur, India) – Brave Enough (Death/Thrash Metal)

TRANSCENDING OBSCURITY – Facebook

In Memory – LaKrima

Un’opera che mette d’accordo fans dai gusti prog con chi ama i nuovi suoni dai rimandi sinfonici guidati da bellissime sirene dall’ugola d’oro.

Perso nelle note dell’ultimo, meraviglioso lavoro dei prog metal nostrani Eldritch, ecco che faccio mia l’opera dei toscani In Memory, gruppo fondato dai fratelli Ginanneschi, dove Dario è alle prese con il drumkit e Rudj, da un po’ di anni alla corte di Terence Holler e Eugene Simone, è il chitarrista.

Non una band di giovine nascita, gli In Memory sono al terzo lavoro sulla lunga distanza di una storia iniziata a cavallo del millennio, con vari cambi nella line up e due lavori, licenziati nel lontano 2003 il primo (Intoxicating Mind) e otto anni fa il secondo (Glyptic).
Era il 2007 infatti, quando la band diede alle stampe il suo secondo lavoro, otto anni che non sono passati invano visto la qualità della musica proposta, un ottimo esempio di prog metal, molto melodico e dalle sfumature gothic, non troppo accentuate ma presenti, anche per l’ottima interpretazione della vocalist Cristiana Musella che fa per un’attimo dimenticare le ormai troppe cantanti dallo stile classico per procurare brividi rock, sentiti, emozionali, ma pur sempre rock oriented.
La musica del gruppo livornese ha nel dna il prog metal, questo è sicuro, ma lo dissemina di atmosfere dark, dall’aura intimista, che non se ne va neppure nei brani più metallici, contornando la sua proposta di sfumature grigiastre, lasciando il sound in mano agli strumenti rock e relegando le tastiere ad accompagnatrici non troppo invadenti e suonate dall’ospite Gabriele Caselli (ex Eldritch, ora negli Ensight, protagonisti del bellissimo esordio Hybrid, uscito in questi giorni).
Alternando brani di prog power metal, ad altri dove la stupenda voce della singer è protagonista emozionando non poco, galleggiando su acque ferme, ma buie, Lakrima regala attimi di musica raffinata che si confronta con cavalcate metalliche dal buon impatto, suonate con l’ottima padronanza di mezzi a disposizione dei musicisti ed un songwriting maturo ed equilibrato.
La forza dell’album è proprio quella di mantenere la stessa atmosfera sia nelle parti più ruvide, sia in quelle dall’alto potenziale melodico, che non finiscono mai di regalare spunti emozionali dal buon potenziale dark/gothic: ne esce un’opera che mette d’accordo fans dai gusti prog con chi ama i nuovi suoni dai rimandi sinfonici guidati da bellissime sirene dall’ugola d’oro.
My Strenght, The Past Of Steel, la title track, Sweet Deceiver e She sono esempi di come la musica del gruppo toscano, guardi al prog( Eldritch e DGM ), come al dark/gothic di Lacuna Coil e The Gathering, rivelandosi una gradita sorpresa ed un’altra band da sottolineare nel vasto panorama metallico nazionale.

TRACKLIST
01. Buried Alive
02. Dust
03. LaKrima
04. Inexorable
05. Beautiful Doubt
06. My Strength
07. The Past Of Steel
08. Sweet Deceiver
09. Still Alive
10. I’m So Excited
11. She
12. The Jewel Of My Life

LINE-UP
Emiliano di Rosa – Bass
Dario Ginanneschi – Drums
Rudj Ginanneschi – Guitars
Cristiana Musella – Vocals

IN MEMORY – Facebook

Instigator – Bad Future

La prova sulla lunga distanza potrebbe essere un passo più deciso, per ora questo 7′ rimane ad esclusiva dei soli fans del metal old school e delle band da cui gli Instigator traggono ispirazione.

Si aprono le porte dell’inferno e dalle viscere del girone più lontano e buio spuntano gli Instigator, autori di questi quattro brani licenziati, appunto, dalla Gates Of Hell records in edizione limitata in vinile.

La band svedese autrice di un solo demo nell’ormai lontano 2010, ci scaraventa nel suo mondo, tra horror e sci-fi, ed il 7′ in questione, dall’assoluto impatto old school, lascia intravedere buone potenzialità, anche se la produzione è un po troppo vintage.
Old school senza compromessi, un heavy metal dai tratti speed tra voci cartavetrate, falsetti che richiamano il re diamante e tutto il metal horror/satanico direttamente dagli anni ottanta.
Il gruppo sa creare atmosfere soffocanti e i brani, dall’opener Anabolic, sono circondati da un’aurea diabolica e blasfema che a tratti risulta suggestiva, manca però un riff che entri in testa, una linea melodica che faccia alzare l’orecchio, specialmente nelle prime due songs, la già citata Anabolic e Inseminoid.
Le cose migliorano con la seconda parte, che vede il gruppo alle prese con Black Magic e Undetectable, la prima vede un metal veloce, alla primi Slayer/Venom, con uno stacco a metà brano ed una voce teatrale dal buon effetto, che da varietà alla song, mentre la seconda è il classico brano tra Venom e new wave of british heavy metal, questa volta con un ottimo riff portante e dal mood che torna su argomenti fanta/horror.
Dopo cinque anni dal primo demo, direi che la band non ha lasciato intravedere grossi passi avanti, le influenze sono tutte nell’old school di matrice ottantiana, anche se qualche spunto lascia intravedere buone discrete potenzialità.
La prova sulla lunga distanza potrebbe essere un passo più deciso, per ora questo 7′ rimane ad esclusiva dei soli fans del metal old school e delle band da cui gli Instigator traggono ispirazione.

TRACKLIST
Side A
1. Anabolic
2. Inseminoid
Side B
3. Black Magic
4. Undetectable

LINE-UP
Persecutioner – Bass
Transgressor – Drums
D. Retaliator – Guitars
D. Slaughter – Guitars
Hiroshima – Vocals

GATES OF HELL – Facebook

The Order Of Chaos – Apocalypse Moon

Prendete l’heavy metal, quello adrenalinico e powerizzato di Painkiller dei Judas Priest o dei primi bellissimi lavori dei Primal Fear, aggiungetevi sfumature street cattivissime, ed avrete un sunto del sound di questo devastante Apocalypse Moon.

Prendete l’heavy metal, quello adrenalinico e powerizzato di Painkiller dei Judas Priest o dei primi bellissimi lavori dei primal Fear, aggiungetevi sfumature street cattivissime, ed avrete un sunto del sound di questo devastante Apocalypse Moon.

Se poi a spaccarvi i padiglioni auricolari ci pensa una gentil donzella dall’ugola stratosferica per attitudine, impatto e cattiveria, il risultato non può che essere esplosivo.
Il gruppo si chiama The Order Of Chaos e di rumore ne fanno davvero tanto con il nuovo lavoro, il terzo sulla lunga distanza, dopo il debutto omonimo del 2009 e Burn These Dreams del 2011, che precede l’ep Sexwitch (2012), prima che Apocalypse Moon esploda in tutta la sua furia metallica in questo 2015.
Amanda “The Wench” Kiernan, una bellissima strega dotata di una voce che più metal, nel vero senso del termine, non si può e che letteralmente deflagra dagli altoparlanti del mio povero impianto è la ciliegina sulla torta, per un lavoro dal sound che è una bellezza, sopratutto per chi ama il metal classico, anche se di vintage qui neanche l’ombra.
La band spara dodici cartucce ad altezza d’uomo, senza fare prigionieri, con ritmiche d’assalto (Tim Prevost alle pelli e Barrett Klesko al basso) e chitarre lanciate su e giù per scale suonate come se non ci fosse un domani dalla coppia John Simon Fallon e John Saturley e l’inizio è di quelli che stenderebbero un bisonte impazzito al primo colpo, con un terzetto di brani figli del prete di giuda ( The Anthem of Pain, Death After Life, Indoctrination).
Con lo scorrere dei brani, il sound, pur mantenendo inalterata la carica heavy, viene sfiorato da una leggera brezza street, i solos si infiammano e la vocalist accenna qualche passaggio pulito ( Evil Surrounds Me, Survival of the Richest) ma con l’arrivo della title track, si torna a glorificare l’heavy metal, facendo piazza pulita degli ormai rimasugli di dubbi sul valore di questo lavoro.
Cinquantadue minuti, zero ballad, tanto per chiarire di che pasta è fatta la band canadese, che non ne vuol sapere di abbassare volumi e toni di questo attacco frontale, portato con determinazione ed assoluta precisione ai bassi fondi dei true metallers in giro per il mondo così che Sexwitch (Skid Row), Deceiver e la conclusiva The Devil That You Know, mettono l’ombrellino al dinamitardo cocktail preparato dai The Order Of Chaos.
Album che letteralmente spacca, suonato alla grande e cantato meglio, Apocalypse Moon è assolutamente obbligatorio per chiunque si professi un amante dell’heavy metal.

TRACKLIST
1. The Anthem of Pain
2. Death After Life
3. Indoctrination
4. Downfall
5. Evil Surrounds Me
6. Survival of the Richest
7. Apocalypse Moon
8. The Venom
9. Sexwitch
10. Victim of Circumstance
11. Deceiver
12. The Devil That You Know

LINE-UP
John Simon Fallon Guitars (lead)
Tim Prevost Drums
Amanda Kiernan Vocals
John Saturley Guitars (rhythm)
Barrett Klesko -Bass

THE ORDER OF CHAOS – Facebook

Starblind – Dying Son

Gli Starblind sono sicuramente un surrogato utile per non soffrire di nostalgia tra un lavoro e l’altro della più popolare vergine del mondo metallico

Il conte Dracula, personaggio nato dalla mente di Bram Stoker è uno dei miti che più hanno ispirato le bands metal, dal classico all’estremo, ma il temuto e affascinante vampiro, nella realtà era un nobile rumeno conosciuto come Vlad l’impalatore, crudele e terribile sovrano che per difendere i propri confini, non esitò ad impalare i prigionieri, come monito per le orde di nemici che minacciavano l’invasione del suo regno, come raffigurato sulla copertina del secondo lavoro degli svedesi Starblind.

La giovane band di Stoccolma, nata appena due anni fa e che vede al microfono l’ex batterista degli Steel Attack Mike Stark (molto bravo anche dietro al microfono), va a rimpolpare le truppe che formano l’esercito metallico colpevoli del ritorno in auge dei suoni classici ottantiani e della new wave of british heavy metal.
Successore del debutto Darkest Horrors, uscito lo scorso anno per la Soulspell Records, la band fresca di firma con la Pure Steel, continua sulla falsa riga del primo lavoro, un sound che trae ispirazione dalla vergine di ferro, tanto che alcuni passaggi sembrano uscire dagli strumenti di Steve Harris e soci, su cui il gruppo svedese aggiunge qualche parte più power oriented, quel che basta per rendere il suono leggermente in linea con il metal classico moderno.
Vero è che gli Iron Maiden fanno il bello e cattivo tempo nel songwriting del gruppo, forse un po troppo, anche se i brani non sono male e i musicisti del gruppo i loro strumenti li sanno usare alla grande.
Dying Son rimane un buon prodotto, l’heavy metal ottantiano suonato dalla band è quello che ha fatto innamorare miglioni di fans in tutto il mondo, su questo non ci piove e tra i brani almeno un paio sono davvero belli e coinvolgenti ( il crescendo di Firestone e la conclusiva The Land of Seven Rivers Beyond the Sea, undici minuti di delirio metallico epico e maideniano), ma la troppa somiglianza con la band britannica fa perdere qualche punto a questo lavoro, che chiaramente pecca in personalità.
Se siete fans del suono maideniano, gli Starblind sono sicuramente un surrogato utile per non soffrire di nostalgia tra un lavoro e l’altro della più popolare vergine del mondo metallico, altrimenti passate oltre, anche se fatico a credere che ci siano in giro metallers a cui non piace l’Harris sound.
Mai come questa volta vi saluto con un UP THE IRONS !

TRACKLIST
1. A Dying Son
2. Blood Red Skies
3. Firestone
4. The Man Of The Crowd
5. The Lighthouse
6. Sacrifice
7. Room 101
8. The Land Of Seven Rivers Beyond The Sea

LINE-UP
Mike Stark – vocals
Daniel Tillberg – bass
Zakarias Wikner – drums
Björn Rosenblad – lead guitars
Johan Jonasson – lead guitars

STARBLIND – Facebook

Ensight – Hybrid

Possono ricordare molte band e nessuna gli Ensight, ma il loro lavoro farà la gioia di chi è attento a quello che ha da offrirci la nostra scena, che si arricchisce di un’altra ottima realtà.

Nel 2011 questa band pisana si fece conoscere nella scena metallica nostrana per un ep omonimo, uscito autoprodotto per rompere il ghiaccio ed avere la possibilità di cominciare a girare per i palchi dello stivale e far conoscere la propria splendida musica.

Arriva finalmente il primo full length ma, questa volta, accompagnato dalla firma per la Revalve, etichetta nostrana tra le più autorevoli quando si parla di metal underground.
Per chi sente nominare il gruppo per la prima volta, è bene ricordare i talenti che sono dietro al progetto, iniziando dai musicisti che questa band l’hanno creata; Gabriele Caselli (Domine e Eldritch) e Raffahell Dridge (Eldritch), con l’aiuto di Alessio Consani (Eldritch), Dimitri Meloni alla sei corde e lo splendido vocalist Antonio Cannoletta.
Eldritch e Domine, praticamente una buona fetta del meglio che la nostra nazione ha saputo offrire in ambito metallico, gruppi storici e di qualità superiore, conosciuti e rispettati sopratutto all’estero, ed il risultato non poteva che essere clamoroso.
Prog metal di altissimo livello, un songwriting che sa quando e come far male, o dove deve frenare, per rendere la propia proposta ad altissima gradazione melodica, costruendo e disfacendo a suo piacimento, volando alto e lasciandosi cadere in picchiata in un mondo, quello del progressive metallico che se non ci si guarda alle spalle, si rischia di essere aggrediti dall’autocompiacimento e dal troppo specchiarsi nella mera tecnica che in Hybrid si trova comunque in abbondanza.
Il gruppo, dall’alto della sua esperienza, ci rifila As The World Falls Down, posta in chiusura, dodici minuti ed un po’ di symphonic/power/prog metal da standing ovation, un bel biglietto da visita e la chiave per entrare, dalla porta principale, nel loro mondo dove aggressività e melodia sono perfettamente amalgamate per donare musica eterna.
Inutile enfatizzare le prove dei musicisti, ma un plauso va al singer davvero bravo nell’assecondare i vari passaggi, atmosfere e cambi di tempo repentini di cui la musica del gruppo è colma.
Picchiano alla grande e lo sanno fare bene gli Ensight, l’adrenalina scorre a fiumi, a tratti epico ed elegante, il metal dei nostri ha una forza che smuove montagne e le songs dall’alta gradazione metallica non fanno che alzare la tensione e l’attenzione dell’ascoltatore, travolto da cotanto vento tempestoso ( The Pain Society).
Words And Dust, posta a metà album ci da solo il tempo di riprendere le forze, la sua rilassata compostezza da modo di prendere respiro prima che la musica del combo torni ad investirci, una buriana di suoni tecnici ed aggressivi e che con Bloodstained trovano la loro consacrazione.
Possono ricordare molte band e nessuna gli Ensight, ma il loro lavoro farà la gioia di chi è attento a quello che ha da offrirci la nostra scena, che si arricchisce di un’altra ottima realtà.

Alberto Centenari

Si fa largo dirompente nell’ascolto, questa prima fatica discografica dei nostrani Ensight; il sound power/progressive pulito, lirico, massiccio eppure siderale si dipana impreziosito da lyrics futuristiche che compongono un concept fantascientifico uscito diretto dalla bibliografia di Kurt Vonnegut.
Le 9 tracce che compongono questo Hybrid si snodano con un perfetto sentiero logico-musicale, in poco meno di un’ora di metal molto tecnico ma senza mai eccedere negli scomodi meandri dell’autoreferenzialità: chitarre potenti, lucide, chirurgiche ma bilanciate; una sezione sinfonica carica e intrecciata da tastiere ben calibrate che esaltano la voce di Cannoletta.
La storia dei componenti di questo quintetto è chiara e parla di radici ben salde nei classici della scena power/progressive italiana, annoverando al suo interno Gabriele Caselli (Ex-Eldritch, Ex-Domine) e Raffahell Dridge (Eldritch), il che non rappresentando a priori una certezza per la riuscita di un nuovo progetto, in questo caso rivela accenni ad un “savoir-faire”derivato anche grazie all’esperienza di band affermate e capitali per il suond metal nostrano.
Hybrid è un buon disco: massiccio, equilibrato, al cui ascolto non si può non pensare ad influenza storiche quali Dream Theater e Symphony X, ma anche Secret Sphere e, a tratti, a sfuriate thrash in cui le chitarre prendono direzioni musicali inaspettate intrecciandosi con le tastiere, che sperimentano ambienti digitali e disturbanti propri di certi momenti dei Fear Factory.
Bella prova quella degli Ensight, che negli Eden Studio supportati da Alessio Lucatti e Olaf Thorsen hanno registrato francamente un bell’album, sapientemente mixato da un Simone Mularoni il cui lavoro in postproduzione si percepisce chiaramente senza essere invadente.
Gli Ensight segnano una nuova tappa nel loro percorso musicale e proseguono il loro buon lavoro, restiamo in attesa di conoscerne l’evoluzione.

Elio Genzo Balbo

TRACKLIST
1. Downfall
2. Godfreak
3. The Pain Society
4. Hybrid
5. Words and Dust
6. Bloodstained
7. Falling from Above
8. Until the End
9. As the World Falls Down

LINE-UP
Alessio Consani – Bass
Raffahell Dridge – Drums
Dimitri Meloni – Guitars
Gabriele Caselli – Piano, Keyboards
Antonio Cannoletta – Vocals

ENSIGHT – Facebook

Blackslash – Sinister Lightning

Dal buio della foresta nera,torna a ruggire una creatura nata e forgiata nel sacro fuoco dell’heavy metal

Dal buio della foresta nera, una creatura nata e forgiata nel sacro fuoco dell’heavy metal old school, torna a ruggire con il secondo full length, riuscito esempio del più classico, epico e fiero metallo ottanta style.

I Blackslash sono un gruppo di giovani metallers tedeschi, attivi dal 2007, con un esordio sulla lunga distanza datato 2013 ( Separate but Equal ) e due lavori minori.
Sinister Lightning, accompagnato da un artwork in puro stile fantasy guerresco, possiede tutti i crismi del metal classico ottantiano, rimanda alla new wave of british heavy metal, senza risultare un’operazione nostalgia.
La produzione cristallina e l’ottimo songwriting risvegliano il guerriero che è in noi, signore della guerra, dio dall’armatura d’acciaio, eroe di battaglie con maghi e truppe giunte dai confini del mondo, protagonisti di epici scontri , con lo sferragliare di lame pronte ad affondare le punte nelle carni di soldati dalla forza disumana.
Il sound affonda nel metal più classico, le influenze si sposano tanto con la vergine di ferro, come con gli Warlord e gli Stormwitch, ma quello che salta all’orecchio è la qualità dei brani proposti, che, nella loro ignoranza metallica sono tutti di ottima qualità.
Perché il gruppo rallenti il ritmo bisogna aspettare Made Of Steel, penultima song, per il resto si va alla grande tra crescendo maideniani e ritmiche surriscaldate da una fierezza metallica mai doma e l’album ne giova risultando un susseguirsi di esaltanti brani, dove il buon Clemens Haas sfodera una prestazione tutta grinta al microfono, dotato com’è di un tono pulito ma maschio e di una buona estensione vocale, che gli permette di guidare la sua truppa composta dalle infuocate asce di Christian Haas e Daniel Hölderle, il basso martellante di Alec Trojan e la batteria torturata da David Hofmeier.
Non un chorus che non sia perfetto per urlare all’infuocato cielo sopra il campo di battaglia, Sinister Lightning è un ottimo album da ascoltare e riascoltare, senza stancarsi un attimo delle atmosfere old school di brani che ancora bruciano del fuoco in cui sono stati forgiati e di cui Lucifer’s Reign, la cavalcata maideniana Edge Of The World, la trascinante Rock’N’Roll e la sassone Wild And Free sono le songs che più hanno alimentato la fiamma metallica nel sottoscritto.
Davvero un gran bel disco questo Sinister Lightining, era dai tempi dello storico debutto degli Hammerfall che un album del genere non mi esaltava così … e ho detto tutto!

TRACKLIST
1. Empire Rising
2. Lucifer’s Reign
3. Stellar Master
4. Edge of the World
5. Rock ‘n’ Roll
6. Steel Stallions
7. Wild and Free
8. Made of Steel
9. Don’t Touch Me

LINE-UP
David Hofmeier – Drums
Daniel Hölderle – Guitars
Christian Haas -Guitars (lead)
Clemens Haas – Vocals
Alec Trojan – Bass

BLACKSLASH – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=0rN8lHCe-Mk

Jameson Raid – Uninvited Guests

Uninvited Guests è un album d’altri tempi, una buona rivisitazione della NWOBHM da parte di chi l’ha vissuta sulla propria pelle

La Pure Steel è diventata una delle label di riferimento per il metal classico e old school, non mancando un appuntamento con i nuovi lavori di band storiche del panorama metallico internazionale underground, delizia per i vecchi metallers e scuola per chi, ancora giovane, vuole assaporare le atmosfere del vecchio ma più che vivo heavy metal.

Uninvited Guests è il nuovo lavoro dei britannici Jameson Raid, gruppo storico della scena metallica, conosciuta da tutti come new wave of british heavy metal.
Fondati addirittura a metà anni settanta, il gruppo è tornato in pista nel 2010 con una compilation, dopo essere stata ferma per quasi trent’anni, da quel Electric Sun del 1982, demo che di fatto fu l’ultima release della band prima del lungo silenzio.
Il vocalist Terry Dark, unico superstite della formazione originale, ha preso in mano le redini del gruppo e dopo qualche lavoro di rodaggio (il singolo Truth and Heresy e l’ep 9 Reasons usciti lo scorso anno) ha dato al gruppo quella che, di fatto è la prima uscita sulla lunga distanza in così tanti anni di attività.
L’album è un buon esempio di hard & heavy vecchia scuola, composto da un lotto di brani grintosi e melodici, strutturati sui suoni graffianti della chitarra, ritmiche che si rifanno alla musica dura degli anni ottanta, e tanta attitudine old school.
Qualche piccolo passaggio a vuoto, ma almeno una manciata di canzoni sopra la media, fanno di Uninvited Guests un sano tuffo nel mondo dell’hard & heavy britannico, vintage sicuramente, ma ben bilanciato tra aggressività e melodie, interpretato con eleganza dal singer che ha mantenuto intatta la carismatica voce ( vicina a quella di Biff dei Saxon) e ben suonato dai nuovi musicisti che accompagnano lo storico vocalist, Dave Rothan alla sei corde, Peter Green al basso e Lars Wickett alle pelli.
Riff di scuola Saxon e primi Judas Priest e ritmiche secche alla Accept, sono le peculiarità di songs dal dna ottantiano come l’opener Mr. Sunset, la title track, l’inno Metal People, l’oscura semiballad Red Moon e Reasons.
Uninvited Guests è un album d’altri tempi, una buona rivisitazione della NWOBHM da chi l’ha vissuta sulla propria pelle, per i metallers dai gusti old school un ascolto è consigliato.

TRACKLIST
1. Mr. Sunset
2. Uninvited Guests
3. Metal People
4. Breaking Point
5. Red Moon
6. Roll on Tomorrow
7. SS Idol Tearz
8. Maze of Rats
9. Haunted
10. Reasons
11. Truth & Heresy

LINE-UP
Terry Dark – vocals
Dave Rothan – lead guitars
Peter Green – bass
Lars Wickett – drums

JAMESON RAID – Facebook

Within Silence – Gallery Of Life

Gallery Of Life di fatto è un buon disco di genere, certo siamo in anni di carestia per il power metal, il disco se fosse uscito una quindicina d’anni fa avrebbe fatto parlare molto di sé, purtroppo di questi tempi certe sonorità hanno perso fascino tra gran parte dei fans e degli addetti ai lavori.

Negli ultimi tempi una pioggia torrenziale di power metal è caduta sulla mia scrivania, grazie sopratutto al gran lavoro della Ulterium Records, etichetta specializzata nel melodic power e nel metal classico, con un buon fiuto per band dalle evidenti potenzialità.

Ed è così che si passa con disinvoltura a descrivere album estremi, tra diavoli e violenza tout court, a gruppi che fanno della religione cristiana lo spunto per i loro testi come i Within Silence.
Poco male, anzi, aver a che fare con i due rovesci della medaglia metallica varia e rende affascinante il lavoro del recensore, che non giudica ma descrive le varie atmosfere e chiaramente la musica contenuta nelle opere che ascolta.
Il gruppo proveniente dalla Slovacchia arriva al debutto con Gallery Of Life, album di arioso e positivo power metal melodico sulla scia dei gruppi scandinavi, dunque niente di nuovo, ma ascoltando il disco ci si trova di fronte una buona band, che prende spunto dalle opere dei vari Stratovarius e Sonata Arctica, per avvicinarsi a tratti agli Hammerfall nei brani tirati e più classici, dove le tastiere lasciano alle chitarre il compito di trascinarci in mezzo ad uragani metallici dalle ottime atmosfere epiche.
Il gruppo ha tutto per non sfigurare nel panorama metallico dalle reminiscenze classiche: un buon cantante (Martin Klein), una coppia d’asce agguerrita (Richard Germanus e Martin Cico) ed una sezione ritmica che cavalca purosangue lanciati in lunghe cavalcate di epico e nobile power metal (Filip Andel al basso e Peter Gacik alle pelli).
E’ pur vero che l’album difetta in personalità, le songs seguono perfettamente i cliché del genere, ma siamo al debutto e se il gruppo perde qualcosa per colpa di un songwriting che segue i binari dove corrono le band storiche, acquista punti per una raccolta di brani prodotti benissimo e ben suonati, melodicissimi e di facile assimilazione.
Ottime The Last Droop Of Doom dove le due asce sono protagoniste di un gran lavoro ai solos e Love Is Blind ed Anger and Sorrow, cavalcate power metal, epiche, veloci e inarrestabili.
Gallery Of Life di fatto è un buon disco di genere, certo siamo in anni di carestia per il power metal, il disco se fosse uscito una quindicina d’anni fa avrebbe fatto parlare molto di sé, purtroppo di questi tempi certe sonorità hanno perso fascino tra gran parte dei fans e degli addetti ai lavori.
Rimane l’underground a scaldare i cuori dei defenders sparsi per il globo…..pugno al cielo e gloria al signore.

TRACKLIST
1. Intro
2. Silent Desire
3. Emptiness of Night
4. Elegy of Doom
5. The Last Drop of Blood
6. Love is Blind
7. Anger and Sorrow
8. Judgement Day
9. The World of Slavery
10. Road to the Paradise
11. Outro

LINE-UP
Martin Klein – Vocals
Richard Germanus – Guitars, Vocals
Martin Cico – Guitars
Filip Andel – Bass
Peter Gacik – Drums

WITHIN SILENCE – Facebook

Eldritch – Underlying Issues

L’ennesimo capolavoro di una band unica, che sicuramente ha raccolto molto meno di quello che, in termini di qualità, ha dato alla nostra musica

Era la primavera di quest’anno, quando la band di Terence Holler e Eugene Simone calarono a Genova in quel dell’Angelo Azzurro nel giro di date a supporto del bellissimo Tasting The Tears, ultima splendida opera di una delle band più importanti nel panorama metal nazionale degli ultimi vent’anni.

Il cantante, con tanto di stampelle a causa di un infortunio, diede spettacolo così come i suoi compagni per un concerto degno della fama del gruppo, ma purtroppo davanti a pochi intimi.
La solita storia dell’Italia metallara, a grandi gruppi seguono pochi adepti, specialmente dal vivo e se si esce fuori dalla solita Lombardia, così che Terence non si sprecò in critiche taglienti un po’ a tutta la scena e la sensazione del sottoscritto fu di rabbia e frustrazione, comune a quella espressa dal singer italo americano.
Rabbia e frustazione, sentimenti ed emozioni di cui il nuovo lavoro è pregno, sempre nel segno degli Eldritch, ed allora sfuriate metalliche di thrash moderno, esagerate parti di tastiera, tra melodie e fughe incalzanti, sezione ritmica che travolge, sei corde che urlano o ammaliano in arpeggi che nella loro complessità entrano in noi come il caldo vento meridionale e linee vocali che ancora una volta rimettono in fila i singer di genere come farebbe un bambino con i suoi soldatini.
Underlying Issues è tutto qui, o meglio, è quello che il povero recensore carpisce nella moltitudine di suoni, emozioni, atmosfere e sfumature che la band toscana immette nella sua splendida musica.
Molto più duro del precedente lavoro, il nuovo album presenta un gruppo che, dopo venticinque anni di carriera ed una decina di dischi alle spalle, riesce nella non facile impresa di risultare fresca, determinata, convincente nel portare avanti il proprio sound, senza scendere a compromessi ed elargendo lezione di metal dal taglio prog, moderno, a tratti violento, ma stupefacente nel regalare melodie che valorizzano tutto il mondo musicale creato, anche in questo lavoro.
Un anno è passato da Tasting The Tears, neanche troppo, anzi pochissimo al giorno d’oggi, eppure la band non scende sotto una media altisonante, che ne dimostra il talento disumano, una macchina perfetta per creare musica metallica, nobile ed elegante anche quando le sei corde di Rudj Ginanneschi e Eugene Simone violentano lo spartito o la sezione ritmica (Raffahell Dridge alle pelli e Alessio Consani al Basso) scambiano i propri strumenti per martelli pneumatici, spaccando tutto con una forza ed una tecnica disarmante.
Canzoni: qualunque sia la loro forma, i refrain da memorizzare, le melodie che ipnotizzano sono sempre li, nascoste da questo mare in burrasca che butta sulla costa onde di note fiaremente progressive pur nella loro violenza e ci costringono, ancora una volta, a battere le mani a questi splendidi musicisti.
Prodotto benissimo, così che il suono arrivi potentissimo e pulito, Underlying Issues vive di undici composizioni che hanno nelle parti più furiose il loro punto di forza, ed allora lasciatevi travolgere da Changing Blood, Danger Zone, All And More, The Face I Wear, The Light e la conclusiva, devastante Slowmotion K Us.
Nel mezzo, meraviglie prog metal che contribuiscono a fare del nuovo album l’ennesimo capolavoro di una band unica, che sicuramente ha raccolto molto meno di quello che, in termini di qualità, ha dato alla nostra musica preferita, eppure ancora qui a dispensare arte a chi, ancora una volta, da molti anni di essa si nutre.

TRACKLIST
1.Changing Blood
2.Danger Zone
3.Broken
4.All and More
5.The Face I Wear
6.To the Moon and Back
7.Bringers of Hate
8.The Light
9.Piece of Clarity
10.Before I Die
11.Slowmotion K Us

LINE-UP
Eugene Simone – Guitars
Terence Holler – Vocals
Raffahell Dridge – Drums
Rudj Ginanneschi – Guitars
Alessio Consani – Bass

ELDRITCH – Facebook

Worldview – The Chosen Few

Un lavoro che non dovrebbe deludere gli amanti del metal melodico dai tratti power, l’album si guadagna un voto positivo per l’indubbia capacità dei Worldview nel saper creare ottime linee melodiche e brani dal buon feeling.

Giunti all’esordio sulla lunga distanza, gli americani Worldview, aiutati da una manciata di musicisti su cui spicca Oz Fox degli Stryper, confezionano un lavoro di power metal statunitense, ma dalle molte atmosfere europee, raffinato, mai troppo potente ma dal buon gusto melodico.

La band californiana ha nell’ugola del vocalist Rey Parra, il suo asso nella manica, che asseconda con un songwriting ispirato, magari non originalissimo ma molto piacevole.
Atmosfere orientaleggianti(Mortality), drammatiche parti power/prog tipiche del metal d’oltreoceano, ed un gusto per le melodie nobilitate da una vena prog danno al disco un tono adulto e fanno di The Chosen Few un buon esordio, anche se le influenze compaiono a tratti ben visibili tra i solchi del disco, da ricercare specialmente nei Kamelot di Roy Khan.
Niente di male, l’album scorre mantenendo questi clichè, la band difficilmente corre,le ritmiche si mantengono cadenzate, marciando al suono tenuto da tastiere dal mood progressivo.
Quando la luce metallica si accende, ne escono power song dal taglio epico come Prisioner Of Pain, ottima song che non disdegna tasti d’avorio dal taglio settantiano e chorus che rimandano all’hard & heavy di ottantiana memoria.
I musicisti ci sanno fare non poco con gli strumenti, le tastiere disegnano arabeschi progressivi su eleganti parti ritmiche, mentre la chitarra si rende protagonista di solos ben incastonati nelle varie parti dell’album.
Quando l’hard rock melodico prende il sopravvento, sempre arricchito da orchestrazioni di natura prog ecco che i danesi Royal Hunt fanno capolino nella bellissima Two Wonders.
Affidato alle mani di Bill Metoyer (W.A.S.P, Slayer) The Chosen Few gode di un ottimo suono, che esce pulito e cristallino, cosi da raffinare ulteriormente le songs proposte dal gruppo di Los Angels.
Un lavoro che non dovrebbe deludere gli amanti del metal melodico, dai tratti power, l’album si guadagna un voto positivo per l’indubbia capacità dei Worldview nel saper creare ottime linee melodiche e brani dal buon feeling.
Lo spiegamento di forze, sia alla consolle, che negli ospiti che appaiono con un loro contributo nei vari brani dell’album, non sono stati sprecati e The Chosen few risulta un’ottima opera prima per la band losangelina.

• Autore
Alberto Centenari

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• ETICHETTA

TRACKLIST
01. Mortality
02. Illusions of Love
03. Back in Time
04. The Mirror
05. Why?
06. Prisoner of Pain
07. Two Wonders
08. Walk Through Fire
09. The Chosen Few

LINE-UP
Johnny Gonzales – Drums, Percussion
Todd Libby – Bass guitar, Keyboards
George Rene Ochoa – Guitars, Keyboards, Background Vocals
Rey Parra – Lead Vocals

Special guests
Oz Fox [Stryper] – Lead guitar on “Back in Time” (2nd lead)
Les Carlsen [Bloodgood] – Bridge vocals on “The Chosen Few”
Larry Farkas [ex. Vengeance Rising] – Lead guitar on “Prisoner of Pain” (1st lead)
Jimmy P Brown II [Deliverance] – BGV on “The Mirror” (2nd and 3rd chorus)
Ronson Webster – Keyboards, Background Vocals
Armand Melnbardis [Rob Rock] – Piano on “The Chosen Few”, Violin on “Back in Time”
Niki Bente – Female vocals on “The Chosen Few”

WORLDVIEW – Facebook

Circle II Circle – Reign Of Darkness

raccolta, aspettando una reunion che non sembra così lontana, dopo la spettacolare esibizione al Wacken e le dichiarazioni dei protagonisti.

E dopo Chris Caffery, rieccomi qui alle prese con un altro membro della famiglia Savatage : Zachary Stevens ed i suoi Circle II Circle.

Non sono poi così distanti i primi passi del gruppo americano che esordì dopo lo spilt dei Savatage nel 2003, con il bellissimo Watching In Silence, eppure siamo già al settimo lavoro, non pochi di questi tempi e sempre dotati di un’appeal ed una qualità di alto livello.
Ho sempre considerato Stevens un grande vocalist, potente ed espressivo, magari un po’ sottovalutato, ma importantissimo nello sviluppo del sound, nella seconda parte di carriera
della band del Mountain King, quella sinfonica e progressiva, la sua voce ben si adattava alla musica del gruppo statunitense, anche quando, come negli ultimi lavori, duettava con il redivivo Oliva, tornato a guidare la band dal capolavoro Dead Winter Dead.
I Circle II Circle, specialmente nei primi lavori, si erano allontanati da quel tipo di sound per un approccio più in your face, diventando album dopo album, una delle migliori heavy/power band d’oltreoceano, almeno per quanto riguarda il metal classico.
Da un po di anni Zack è tornato a fare l’occhiolino alla band madre, specialmente negli arrangiamenti e nell’uso di splendide orchestrazioni e già il precedente e notevole Seasons Will
Fall, raggiungeva picchi qualitativi che si avvicinavano non poco all’oscura e drammatica magniloquenza dei Savatage.
Reign Of Darkness riesce ad essere un’ottima via di mezzo, alternando stupende parti pianistiche ed ottime orchestrazioni, a cavalcate metalliche di power/U.S metal, come solo chi ha vissuto al fianco della famiglia Oliva può permettersi di suonare a livelli così alti.
Band formata come sempre da musicisti dall’alto spessore tecnico, con l’accento sull’ottima performance del tastierista Henning Wanner, ed una raccolta di songs che, in meno di cinquanta minuti soddisfano tutti i fans, sempre attenti ad ogni uscita che riguarda i protagonisti che gravitano intorno al mito Savatage.
Così già dall’intro orchestrale e all’opener Victim Of The Night, il salto nel power metal statunitense, impreziosito da nobili aperture pianistiche e bordate di U.S. metal classico è
assicurato: la sezione ritmica potente e durissima si scontra con bellissime parti classiche, col tono teatrale e drammatico marchio di fabbrica del gruppo, ed una manciata di brani sopra la media come Untold Dreams, Ghost Of The Devil (la più vicina al marchio Savatage di tutto il lotto), Deep Within e Sinister Love.
Stevens come al solito incanta: drammatico, passionale e profondo, la sua interpretazione è sempre una spanna sopra alla media dei vocalist del genere, riuscendo a dare un’anima ad ogni brano che dalla sua voce prende respiro, si nutre e vive tra luce e buio.
Reign Of Darkness risulta così un altro cd da includere nella vostra raccolta, aspettando una reunion che non sembra così lontana, dopo la spettacolare esibizione al Wacken e le dichiarazioni dei protagonisti, nel frattempo godiamoci questo ottimo lavoro.

TRACKLIST
01. Over-Underture
02. Victim Of The Night
03. Untold Dreams
04. It’s All Over
05. One More Day
06. Ghost Of The Devil
07. Somewhere
08. Deep Within
09. Taken Away
10. Sinister Love

LINE-UP
Zak Stevens – Lead Vocals
Mitch Stewart – Bass/Vocals
Christian Wentz- Guitars/Vocals
Bill Hudson – Guitars/Vocals
Henning Wanner – Keyboards/ Vocals
Marcelo Moreira – Drums

CIRCLE II CIRCLE – Facebook

Black Inside – A Possession Story

Passato, presente e futuro dell’heavy metal passano da album come questo bellissimo “A Possession Story” dei nostrani Black Inside.

Questo bellissimo album mi da lo spunto per fare una considerazione sull’attuale stato di salute dell’heavy metal nel nostro paese: chiaro che, se prendiamo come punto di riferimento e paragone gli anni d’oro (decennio ottantiano), a livello di popolarità non c’è confronto, quelli erano tempi in cui il metal era normalmente in classifica e le band storiche, aiutate da ogni tipo di media, potevano contare addirittura su articoli apparsi su quotidiani e settimanali non proprio di settore (qualcuno si ricorda i Maiden su Sorrisi e Canzoni TV … ?).

I tempi sono cambiati, le tv sono sempre meno libere e chi avrebbe la possibilità di dare una mano al metal, continua a far girare un certo tipo di rock più impegnato politicamente, lasciando al genere, a mio parere il più anarchico di tutti, le briciole.
Peccato, anche perché mai come in questo periodo il metal gode di ottima salute, rigenerato da etichette che non mollano, alla faccia della crisi, ed immettono sul mercato gioielli di musica dura che, aldilà delle influenze più o meno riscontrabili, riescono nella non facile impresa di piacere, travolgere, emozionare.
A distanza di pochissimo tempo dal bellissimo album dei Negacy, ecco che un’altra band mi conquista con un lavoro che poggia le sue fondamenta sul metal classico ma che, invece di risultare il classico lavoro old school, si rivela vario, fresco e moderno pur richiamando il sound dei nostri eroi.
Questa volta si scende al sud, nella bellissima Napoli per incontrare i Black Inside e parlarvi del loro ultimo lavoro dal titolo A Possession Story.
Il gruppo campano nasce nel 2009 e nel 2011 esordisce con l’ep “Servants of the Servants”, seguito dal primo full length “The Weigher of Souls” del 2013, che li ha portati a dividere il palco con Blaze (“che ci faccio io nei Maiden”) Bailey e i Phantom X.
Due anni sono passati, (un lasso di tempo che sta diventando una costante per la band) ed eccoli tornare alla grande con questo bellissimo lavoro di metallo classico, per inciso hard & heavy incendiario, dal songwriting clamoroso ma soprattutto, come detto prima, vario.
Infatti A Possession Story è un susseguirsi di bellissime canzoni, tra l’heavy metal epico e progressivo di certi capolavori della vergine di ferro (The Siege OF Jerusalem), richiami al metal statunitense dei grandiosi Iced Earth (Man Is A Wolf to Men), affreschi di hard rock sabbathiano (Jeffrey), stoner metal grondante lava (I’m Not Like You), travolgente hard & heavy (la conclusiva Pharmassacre) e ballads drammatiche da applausi (la title track), che formano insieme alle altre canzoni un tuffo nel miglior esempio di quello che è oggi l’heavy metal: un genere che guarda al passato con più di un piede nel presente e nel futuro della musica , ed è proprio grazie a dischi come questo che risulta immortale.
Non bastasse ci si aggiungono le prove dei musicisti che, guidati dalla personalità debordante del singer Luigi Martino, sciorinano una prestazione eccezionale in ogni passaggio dell’album, aiutati da una produzione perfetta per il genere, non troppo cristallina per risultare patinata, ma assolutamente sanguigna.
Chi mi conosce per ciò che scrivo si IYE, sa che il mio amore per l’heavy metal è incondizionato causa le troppe primavere, ormai, passate in compagnia della musica dura per eccellenza, ma vi assicuro che album come A Possession Story fanno tornare il sorriso a questo inguaribile vecchietto …

Tracklist:
01. Man is a Wolf to Men
02. The Siege of Jerusalem
03. Black Inside
04. I’m Not like You
05. King of the Moon
06. Too Dark to See
07. A Possession Story
08. Forsaking Song
09. Jeffrey
10. Pharmassacre

Line-up:
Luigi Martino – Lead Vocals
Brian Russo – Guitars
Eduardo Iannaccone – Guitars
Vincenzo La Tegola – Bass Guitar
Enzo Arato – Drums

BLACK INSIDE – Facebook

WHISPERZ – Intervista

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei romani Whisperz.

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei romani Whisperz.

whisperz

iye Intanto congratulazioni per l’avvenuto accesso alla compilation: ci raccontate in breve la storia della band?

I Whisperz nascono nel lontano 2004 dall’incontro di Marco (basso), Leonardo (chitarra) e Max (chitarra), con l’intenzione di creare un gruppo che racchiudesse nel proprio genere la musica che più amiamo, senza scadere in gruppi fotocopia, cercando invece di dare vita ad un progetto originale senza stravolgere però la cultura musicale di partenza.
Da allora i cambi di formazione sono stati numerosi, ma questi hanno lasciato nella nostra storia un pezzo di ciascun musicista con i quali abbiamo avuto la fortuna di suonare, arricchendo la nostra esperienza e rinnovando ogni volta la nostra musica.

iye Cosa vi ha spinto a partecipare al contest indetto dalla Underground Metal Alliance?

Ci ha spinto la voglia e la necessità di far conoscere la nostra musica al maggior numero di persone possibili, contest come questo possono essere una buona possibilità per avvicinarsi a gruppi fino a quel momento sconosciuti ma con tante cose da dire.

iye Oltre a quelli più immediati, legati alla partecipazione a questa iniziativa, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati nell’immediato futuro?

Dopo l’uscita del nostro primo album e la promozione dello stesso (che come vedete ancora continua) stiamo lavorando sul del materiale nuovo per il nostro prossimo lavoro. La stesura è a buon punto, e speriamo di riuscire ad entrare in studio quanto prima.

iye Quali sono per voi le band ed i musicisti di riferimento e per quali nomi, attualmente, varrebbe la pena oggi di fare un sacrificio per assistere ad un concerto?

Nel nostro gruppo si possono trovare le influenze più eterogenee che partono dalla NWOBHM fino a gruppi più moderni. Sicuramente tra queste band ci sono dei mostri sacri che ci mettono d’accordo tutti, come gli Iron Maiden o i Metallica, ma questi, come dicevo, non sono che un fattor comune tra le nostre personali culture musicali.

iye Suonare metal in Italia è un’impresa che porta con sé il suo bel coefficiente di difficoltà; tracciando un consuntivo di quanto fatto finora, siete soddisfatti dei riscontri ottenuti dalla band?

Siamo soddisfatti per quanto possibile nell’attuale panorama metal del nostro paese. Dall’uscita del nostro primo album i riscontri positivi non sono mancati, alcuni addirittura lusinghieri; i nostri live vedono tra il pubblico diversi fan, anche i passaggi radiofonici hanno sortito effetti positivi. Tutto questo però ricordandosi quanto dicevi, ovvero occorre scontrarsi in continuazione con non poche difficoltà e solo la perseveranza e la forte passione ci ha portato a raccogliere dei frutti a livello di soddisfazione personale.

iye Per quanto riguarda invece l’attività dal vivo, anche voi avete incontrato le stesse difficoltà nel trovare date e location disponibili che molti evidenziano? Ci sarà, comunque, la possibilità di vedervi all’opera su qualche palco nel corso dell’estate?

Purtroppo chi conosce il nostro ambiente non può che trovare queste difficoltà. Spesso i live nel nostro genere sono relegati ad un numero limitato di location, che a forza di cose diventano dei luoghi di aggregazione per gli amanti del metal, ma che così facendo purtroppo limitano una a diffusione più ampia del genere. Avere più spazi e più manifestazioni nei quali esibirsi stimolerebbe sicuramente la curiosità di un pubblico più vasto.
Abbiamo avuta una stagione intensa di eventi live, e l’intenzione per il momento è quella di concentrarsi sul secondo album, anche se non escludo qualche sorpresa dal vivo per l’estate. Terremo comunque informati chi ci segue tramite i nostri canali internet.

iye Per finire, vi lasciamo lo spazio per fornire ai nostri lettori almeno un buon motivo per avvicinarsi alla vostra musica.

Intanto vogliamo ringraziare chi ci segue e chi mette nell’underground metal lo stesso entusiasmo che mettiamo noi nel produrre la nostra musica.
Invitiamo chi non ci conosce ad essere curiosi … ed a dedicarci qualche minuto per ascoltare la nostra musica. Siamo sicuri che troveranno il nostro lavoro per niente banale e per nulla di scontato. Un metal suonato con passione ed originalità.

WHISPERZ – Facebook

SERIAL VICE – Intervista

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei pugliesi Serial Vice.

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei pugliesi Serial Vice.

serialvice

iye Intanto congratulazioni per l’avvenuto accesso alla compilation: ci raccontate in breve la storia della band?

Grazie, ne siamo onorati. I Serial Vice prendono ufficialmente vita nel 2013 da un’idea (tipica quanto intramontabile, attorno al tavolino di un pub) di Alessandro (batteria) e Andrea (chitarra), cui presto si aggiunge Matteo (chitarra). Insieme al quarto fondatore, Danilo (basso e voce), avviano da subito la produzione dei propri brani e l’attività live, e quando a metà del 2014 Danilo lascia la band, vi subentrano Stefano (basso) e James (voce). Il consolidarsi di questa formazione apporta un lieve irrobustimento del genere e un ampliamento delle influenze musicali. Lo scorso gennaio, poi, entrano finalmente in studio registrando quello che sarà il loro album d’esordio, Nightmares Come True.

iye Cosa vi ha spinto a partecipare al contest indetto dalla Underground Metal Alliance?

La necessità era quella di immettersi in nuovi circuiti, perciò conoscere altre band che come noi agiscono “nell’ombra”, e farci a nostra volta conoscere. È un ottimo modo per collegare le varie scene locali o regionali, utilizzando al meglio le risorse messe a disposizione dal web. Inoltre, conoscendo alcuni dei nomi dei componenti dell’UMA e vista la stima nutrita verso di loro ed il loro operato, non potevamo che essere entusiasti all’idea di una possibile collaborazione!

iye Oltre a quelli più immediati, legati alla partecipazione a questa iniziativa, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati nell’immediato futuro?

Prima di tutto siamo intenzionati a portare avanti il lavoro iniziato con le registrazioni del nostro primo album, raggiungendo quindi la certezza dei mezzi per poterlo pubblicare. Contestualmente, speriamo di ottenere sempre maggiori opportunità di suonare e poterci far apprezzare, possibilmente senza limiti territoriali.

iye Quali sono per voi le band ed i musicisti di riferimento e per quali nomi, attualmente, varrebbe la pena oggi di fare un sacrificio per assistere ad un concerto?

Rispondiamo con un esempio: alcuni membri della band hanno di recente affrontato piccoli sacrifici per assistere a Metallica, AC/DC, Black Sabbath, Iron Maiden, e ci sarebbe piaciuto andare a vedere gli Angel Witch. A ogni modo nessuna risposta può essere esaustiva, numerose sono le band per cui varrebbe ogni pena. E anche i nostri gusti, come di conseguenza le influenze, sono svariati. Si può dire che ci siamo (volutamente o meno) riferiti molto a Maiden, Judas Priest, Saxon e gran parte della NWOBHM, ma anche ad altri gruppi appartenenti ad altri sottogeneri come thrash, power, doom o hair.

iye Suonare metal in Italia è un’impresa che porta con sé il suo bel coefficiente di difficoltà; tracciando un consuntivo di quanto fatto finora, siete soddisfatti dei riscontri ottenuti dalla band?

Condividendo appieno la premessa, direi che, dopo una piccola serie di live nella nostra area, vissuti sia da ospiti che da organizzatori, siamo sia soddisfatti che vogliosi di ottenere ulteriori e sinceri consensi, nella consapevolezza che il lavoro per migliorarsi deve essere inarrestabile, come si conviene ad ogni band!

iye Per quanto riguarda invece l’attività dal vivo, anche voi avete incontrato le stesse difficoltà nel trovare date e location disponibili che molti evidenziano? Ci sarà, comunque, la possibilità di vedervi all’opera su qualche palco nel corso dell’estate?

Sicuramente è così, spesso si fatica a fissare date o, perlomeno, ad estendere il proprio raggio d’azione rispetto a date e location resesi già disponibili. Tuttavia noi non tendiamo a denunciare questo dato, ma più semplicemente lo constatiamo per poi continuare a mantenere e ricercare dei contatti. Ci auguriamo che le difficoltà di cui parliamo si evolvano in agevolazioni, per consentire a qualunque operatore della musica, senza tralasciare lo spettatore, di godersi ogni spettacolo e di fruire di un panorama in continua espansione.
Per quel che ci riguarda, prenderemo parte nel mese di giugno alla VI edizione di un festival che si tiene nel basso Salento. Le ulteriori date estive sono al momento “work in progress”.

iye Per finire, vi lasciamo lo spazio per fornire ai nostri lettori almeno un buon motivo per avvicinarsi alla vostra musica.

I Serial Vice si propongono di rispolverare e soprattutto rinfrescare vecchie sonorità, aprire ancora un varco tra passato e modernità, modellare a martellate un sempre rovente Heavy Metal!

SERIAL VICE – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=k7wuglmcGJ8

MARY BRAIN – Intervista

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei modenesi Mary Brain.

Proseguiamo con la serie delle interviste alle band che sono state incluse nella compilation UMA 2015: oggi è il turno dei modenesi Mary Brain.

marybrain

iye Intanto congratulazioni per l’avvenuto accesso alla compilation: ci raccontate in breve la storia della band?

Grazie mille e grazie anche per averci offerto questo spazio! I Mary Brain nascono nel 2005 come cover band, ma iniziano presto a comporre pezzi propri. Nel 2009 registrano il primo promo-EP Pay for your sins presso i Morphing Studio di Cristiano Santini a Bologna. Il sound ancora grezzo è caratterizzato dalla fusione di metal classico e hard rock. Nel 2011 registrano il primo full-lenght Regression of human existence sempre presso i Morphing Studio, con Cristiano Santini anche nelle vesti di co-produttore. Il sound diventa più thrash e più prog al tempo stesso, senza rinunciare alla melodia. L’album che doveva originariamente uscire per un’etichetta italiana viene però rilasciato autoprodotto solo nel 2013 a causa di forti dissapori con la label. L’album viene recensito dalle maggiori riviste e web-zine del settore, diventano demo del mese su Metal Maniac di Aprile 2013.

iye Cosa vi ha spinto a partecipare al contest indetto dalla Underground Metal Alliance?

Ci ha spinto la volontà di trovare un canale serio e adeguato per farci conoscere maggiormente con una proposta ben fatta e curata, com’è la UMA compilation che ringraziamo per dedicare le proprie energie alla causa del metal underground italiano.

iye Oltre a quelli più immediati, legati alla partecipazione a questa iniziativa, quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati nell’immediato futuro?

Gli obiettivi del prossimo futuro sono di trovare possibilità per suonare live, che negli ultimi anni sono sempre più carenti, e trovare un’etichetta che sia disposta a pubblicare il nostro prossimo album, di cui stiamo completando la stesura dei brani, e che possa darci un supporto ed una promozione adeguati per poter far conoscere la nostra musica al più vasto pubblico possibile.

iye Quali sono per voi le band ed i musicisti di riferimento e per quali nomi, attualmente, varrebbe la pena oggi di fare un sacrificio per assistere ad un concerto?

Purtroppo ti devo dire che non vediamo band nuove per cui valga la pena rispetto ai nomi “storici”. Per noi i live migliori rimangono quelli di KISS, AC/DC, Iron Maiden, Black Sabbath, Metallica, Megadeth, Testament, ecc., almeno finché riusciranno a suonare! Finiti questi il prossimo live act da seguire saranno sicuramente i Mary Brain!!!

iye Suonare metal in Italia è un’impresa che porta con sé il suo bel coefficiente di difficoltà; tracciando un consuntivo di quanto fatto finora, siete soddisfatti dei riscontri ottenuti dalla band?

Noi suoniamo metal da quando abbiamo 16 anni (quindi ormai sono quasi 20 anni!) e l’abbiamo fatto sempre e solo per passione e per poter esprimere i nostri stati d’animo e le nostre emozioni. Abbiamo sempre continuato a registrare musica nostra perché troviamo soddisfazione nel farlo, costruendo un percorso musicale coerente con noi stessi e la nostra vita. Siamo quindi molto soddisfatti e andremo avanti così perché il metal è la nostra vita e senza non riusciremmo a sopravvivere, siamo più carichi adesso di quando abbiamo iniziato 10 anni fa!

iye Per quanto riguarda invece l’attività dal vivo, anche voi avete incontrato le stesse difficoltà nel trovare date e location disponibili che molti evidenziano? Ci sarà, comunque, la possibilità di vedervi all’opera su qualche palco nel corso dell’estate?

Certo, anche noi abbiamo trovato molte difficoltà soprattutto negli ultimi anni da quando abbiamo deciso di ridurre notevolmente il numero di cover e di proporre quasi esclusivamente pezzi nostri. Ormai i locali fanno riferimento solo alle agenzie di booking ed è sempre più difficile trovare gli spazi dove esibirsi. Purtroppo quest’estate non ci vedrete su nessun palco, speriamo di avere qualche possibilità nella stagione invernale.

iye Per finire, vi lasciamo lo spazio per fornire ai nostri lettori almeno un buon motivo per avvicinarsi alla vostra musica.

Il primo buon motivo è che ogni vero metallaro che si rispetti è sempre alla ricerca di nuove band e nuove proposte musicali e noi siamo una di queste.
Il secondo motivo è che pensiamo che la nostra musica sia un ottimo mix di tutto quello che il metal ha espresso negli anni: classic, hard rock, thrash, prog, tutto amalgamato con potenza e melodia. Datevi la possibilità di un ascolto, non ve ne pentirete! Horns up!!!

MARY BRAIN – Facebook

Heavylution – Children Of Hate

Children Of Hate è un ascolto obbligato per ogni defender che si rispetti e alza l’asticella della qualità delle uscite nel campo del metal classico in questo incendiario 2015

Dall’underground più profondo del metal classico europeo, continuano a proporsi band dalle indubbie qualità: arrivano di soppiatto, dai più svariati paesi dall’estremo ovest all’est, da nord a sud, tutte con la loro musica forgiata nel metallo ottantiano, straordinari eredi di un genere entrato a dispetto di molti nelle storia della musica moderna.

Gli Heavylution sono una band transalpina nata quasi una decina di anni fa ormai, Children Of Hate è il primo full length, arrivato come un lampo nella notte dopo che la band aveva già licenziato un demo e l’ep “The Architect” nel 2011.
Quattro anni non sono passati invano, ed il gruppo di Saint-Etienne si presenta nel nuovo anno con quest’opera di fiero metallo, tra l’heavy metal tradizionale e il power, oscuro, dalle sfumature epiche e melodie a iosa.
Ritmiche power e crescendo metallici fanno da struttura ad una raccolta di brani, ben fatti, suonati bene e dall’ottima resa, non spiccatamente vintage, ma con una modernità di fondo data dall’ottimo lavoro, fatto in studio.
I brani escono così potenti e melodici, con due o tre perle (la title track, Spirit Never Die e The Exodus) in un lotto dalla buona qualità, richiamando più di una band storica tra metal ottantiano e power estrapolato dalla seconda metà del decennio successivo.
Nel genere le qualità del singer fanno mille, ed allora ecco che la band piazza Paul Eyssette dietro al microfono, aggressivo, sanguigno, accostabile all’ultimo Dickinson, anche alla sei corde in compagnia di Thibault Maurin e Olivier Dupont.
Tanto dispiego di asce non è un caso, Children Of Hate ha nel lavoro delle chitarre il suo punto di forza: melodiche, pungenti, graffianti e affiatate, sono il fiore all’occhiello di questo lavoro, senza nulla togliere alla buona sezione ritmica composta da Laurent Descours alle pelli e Nicolas Savoca al basso.
Iron Maiden,Judas Priest, Iced Earth, qualche sprazzo di power teutonico e tanta fierezza metallica, fanno di Children Of Hate un ascolto obbligato per ogni defender che si rispetti, alzando l’asticella della qualità delle uscite nel campo del metal classico in questo incendiario 2015: lunga vita all’underground.

Tracklist:
1.The Call
2.Children of Hate
3.Obsession
4.Spirit Never Dies
5.Burn Out
6.Mind Avulsion
7.The Eye Will Control
8.The Exodus
9.Balls of Steel
10.Future is on Your Side
11.Fight for Changes

Line-up:
Laurent Descours – Drums
Olivier Dupont – Guitars
Paul Eyssette – Vocals, Guitars
Nicolas Savoca – Bass
Thibault Maurin – Guitars

HEAVYLUTION – Facebook

Salems Lott – Salems Lott

Buon Ep per la band californiana che si rivela una bella sorpresa ed un ottimo ascolto per gli amanti dei gruppi che fecero fuoco e fiamme negli anni ’80

Los Angeles, California: tra le sfuriate estreme, il metalcore imperante e l’alternative rock, che in America è pane per adolescenti, c’è chi continua a portare alta e fiera la bandiera del metal ottantiano, tra glam, street e metal teatrale, infarcito di richiami alle band leggendarie del metal statunitense come Wasp e Lizzy Borden, senza dimenticare chi questo genere lo ha inventato, Alice Cooper, sempre troppo poco osannato per quello che poi, nella sua lunga carriera, ha regalato alla nostra musica preferita.

Questo ottimo Ep omonimo porta la firma dei Salems Lott, band nata nel 2013 ad Hollywood: quattro musicisti dal look variopinto, tra glam e horror/punk, che fregandosene delle mode si gettano nel calderone della scena metal della città degli angeli con il loro Visible Sonic Shock, molto teatrale in sede live ma comunque ottimo anche musicalmente.
Tutto il mondo Salems Lott gira intorno al cantante e chitarrista Monroe Black, dall’approccio aggressivo al microfono (la sua voce a tratti rimanda al thrash) e bravissimo con la sei corde, che spettacolarizza brani, dall’ottimo impatto, aiutato dall’altro bravissimo axeman Jett e aggiungendo alle influenze descritte ritmiche veloci, a tratti furiose, dove la voce al vetriolo avvicina non poco la band allo speed/thrash.
Tra riff esplosivi, solos da guitar hero, melodie ben inserite in un contesto che mantiene sempre altissima la tensione, l’assalto metallico del gruppo rimane per tutta la durata dell’album di ottima fattura; Wings Of Duress e No Choice To Love, danno il benvenuto nel mondo dei Salems Lott, anche se Smoke And Mirrors fa balzare sulla sedia: le velocità aumenta, l’anthem richiama generi più estremi e le due chitarre piazzano assoli taglienti come una lama alla gola.
Si torna a rocckare tra lustrini e pailettes con Black Magic, anche se sempre in un contesto oscuro, per arrivare alla canzone più smaccatamente thrash del lotto, S.S. (Sonic Shock), che aggredisce alla grande, mettendo in luce la sezione ritmica indiavolata composta da Kay al basso e Tony F. Corpse alle pelli.
Buon Ep per la band californiana che si rivela una bella sorpresa ed un ottimo ascolto per gli amanti dei gruppi che fecero fuoco e fiamme negli anni ’80: il sottoscritto consiglia l’ascolto anche ai thrashers di larghe vedute, che troveranno di che crogiolarsi tra le tracce di Salems Lott.

Tracklist:
1. Wings of Duress
2. No Choice to Love
3. Smoke and Mirrors
4. Atlas
5. Black Magic
6. S.S. (Sonic Shock)
7. Twilight Traverse

Line-up:
Monroe Black – Lead Vocals, Lead Guitar
Jett – Lead Guitar, Vocals
Kay – Lead Bass, Vocals
Tony F. Corpse – Drums

SALEMS LOTT – Facebook