Tytus – Rain After Drought

Vera macchina da guerra hard & heavy, i Tytus non fanno prigionieri e si confermano come una delle più convincenti realtà del genere.

I Tytus sono tornati e fanno male….. tanto male!

La band proveniente da Trieste, dopo aver distrutto mezzo pianeta con la micidiale detonazione provocata dal primo lavoro intitolato Rises (uscito tre anni fa), da il via ad un secondo bombardamento sonoro, questa volta licenziato dalla Fighter records ed intitolato Rain After Drought.
Rain After Drought è un concentrato di musica metallica che vede riff, solos, ritmiche potenti come un caccia torpediniere in primo piano: chitarra, basso e batteria al servizio del dio del rock, epico per certi versi, quasi eccessivo all’apparenza, ma in realtà perfetto nel suo glorificare un sound primitivo e dannatamente coinvolgente.
Se il primo album raccontava di una catastrofe legata all’avvicinamento della Terra al Sole, causato anche dalle dieci esplosioni contenute in Rises, Rain After Drought è uno tsunami biblico di metal/rock a non lasciare scampo.
Fin dall’opener Disobey veniamo travolti da queste nuove dieci tracce, tra riff mastodontici, solos taglienti e cavalcate strumentali di scuola Maiden (Rain After Drought Pt.1).
Vera macchina da guerra hard & heavy, i Tytus non fanno prigionieri e si confermano come una delle più convincenti realtà del genere.

Tracklist
1.Disobey
2.The Invisible
3.The Storm That Kill Us Hall
4.Our Time Is Now
5.The Dark Wave
6.Death Throes
7.Rain After Drought PT.1
8.Rain After Drought PT.2
9.Move On Over
10.A Desolate Shell Of A Man

Line-up
Ilija Riffmeister – Vocals & Guitars
Mark SimonHell – Guitars
Markey Moon – Bass
Frank Bardy – Drums

TYTUS – Facebook

Metal Church – Damned If You Do

In questo ultimo album le atmosfere dark sono presenti così come le accelerazioni di scuola thrash metal, e le melodie incastonate in assoli e chorus che hanno fatto scuola permettono ai Metal Church di ripresentarsi in buona forma.

I veterani Metal Church pubblicano il loro dodicesimo album e si torna così a parlare della storia del metal statunitense.

Infatti la band americana è forse la più indicata quale pioniera di un sound diventato marchio di fabbrica dell’heavy metal classico made un U.S.A., dalle tinte dark, drammatico e thrashy, ma sempre con un occhio attento alle melodie.
Diversi gruppi hanno costruito intere carriere con le regole che i Metal Church hanno definito fin dai primi anni ottanta passando alla storia metallica con lavori leggendari che, per quanto riguarda la band di Kurdt Vanderhoof, sono scritti sulle tavole della legge dell’heavy metal (The Dark, Blessing In Disguise e The Human Factor su tutti).
Dodici album non sono neppure così tanti, ma la qualità dei lavori licenziati è rimasta elevata per oltre trent’anni e i vecchietti terribili del metal classico a stelle e strisce non mancano all’appuntamento con i loro fans neppure questa volta.
Il ritorno del batterista Stet Howland dopo i gravi problemi di salute che gli impedirono di subentrare immediatamente a Jeff Plate, è la novità che si porta dietro questo nuovo lavoro, per il resto tutto funziona alla grande e Damned If You Do risulta l’ennesimo buon lavoro; potente e melodico.
In questo ultimo album le atmosfere dark sono presenti così come le accelerazioni di scuola thrash metal, e le melodie incastonate in assoli e chorus che hanno fatto scuola permettono ai Metal Church di ripresentarsi in buona forma.
L’album parte con la title track, brano che segna il percorso assolutamente ovvio e privo di sorprese di questo lavoro, alternando mid tempo, armonie pregne di oscure melodie e sfuriate metalliche sulle quali Mike Howe ruggisce e graffia da par suo.
Damned If You Do è un album che nei suoi perfetti automatismi regala canzoni di alto livello come The Black Things, Guillotine e Monkey Finger, quindi in grado di soddisfare gli amanti del gruppo e del metal classico d’oltreoceano; dal vivo i Metal Church continuano ad essere una macchina da guerra, mentre in studio si confermano come gruppo ancora lontano dalla quiescenza compositiva.

Tracklist
1. Damned If You Do
2. The Black Things
3. By The Numbers
4. Revolution Underway
5. Guillotine
6. Rot Away
7. Into The Fold
8. Monkey Finger
9. Out Of Balance
10. The War Electric

Line-up
Mike Howe – Vocals
Kurdt Vanderhoof – Guitars
Stet Howland – Drums
Steve Unger – Bass
Rick Van Zandt – Guitars

METAL CHURCH – Facebook

Death Waltz – Born To Burn

I Death Waltz guardano avanti e, pur non nascondendo ispirazioni ed influenze, licenziano un buon lavoro provando a farsi spazio nella scena underground nostrana.

I bresciani Death Waltz si definiscono semplicemente una band “metal” e fanno bene, sarebbe forse troppo lungo etichettare il sound del loro primo lavoro come melodic death, thrash, heavy metal.

Nata ormai quattro anni fa, la band lombarda arriva a licenziare il primo lavoro dopo alcuni cambi di line up e la solita gavetta in giro per i locali della provincia bresciana, prima che questo roccioso, metallico e melodico Born To Burn veda la luce e venga promosso dalla Ad Noctem Records.
Questi undici brani che formano quaranta minuti di musica, vedono la band impegnata nel proporre metal che prende ispirazione tanto dal melodic death metal, quanto dall’heavy, potenziando a tratti l’atmosfera con sferzate thrash che velocizzano le ritmiche ed estremizzano il sound.
Ne esce un lavoro piacevole, grezzo e melodico, attraversato da armonie che richiamano i Sentenced di Down, i Maiden ed in generale il thrash metal, ma che trovano una loro strada, sicuramente ancora più da personalizzare in futuro.
Born To Burn risulta quindi un buon ascolto, un tocco moderno in qualche arrangiamento non manca e dona a brani come Blood Moon, Dream e Samarra quel che basta per essere inserito nel metal del nuovo millennio.
I Death Waltz guardano avanti e, pur non nascondendo ispirazioni ed influenze, licenziano un buon lavoro provando a farsi spazio nella scena underground nostrana.

Tracklist
1.Intro
2.Juliet
3.Blood Moon
4.Beast
5.Death Waltz
6.Dream
7.This Is War
8.Samarra
9.Born to Burn
10.Riot
11.Asylum

Line-up
Jacopo “Jack” Polonioli – Drums
Mirko “J” Scarpellini – Guitars
Diego Dangolini – Bass
Stefano “Stef” Comensoli – Guitars
Alberto Scolari – Vocals

DEATH WALTZ – Facebook

Sabaton – Carolus Rex Platinum Edition

Un lavoro ispirato e bellissimo, heavy power metal orchestrale ed epico alla sua massima potenza, questo è Carolus Rex, sesto album dei Sabaton uscito nel 2012 e ristampato per l’occasione.

La storia della Svezia ha toccato il suo massimo splendore storico tra il XVII e il XVIII secolo, periodo che vide la nazione scandinava trasformarsi in una potenza imperante nelle coste del mar Baltico, dalla Finlandia fino all’Estonia e alla Livonia.

I Sabaton nel 2012 licenziarono questo bellissimo lavoro, che è stato quello di maggior successo del gruppo, alle prese con una fetta importante della storia del proprio paese.
Carolus Rex, infatti, è un lavoro incentrato sull’intervento della Svezia nella guerra dei trent’anni (1618-1648) e sul regno di re Carlo XII (1697-1718) del quale si commemorano i trecento anni dalla morte.
Un lavoro ispirato e bellissimo, heavy power metal orchestrale ed epico alla sua massima potenza, questo è Carolus Rex, di fatto il sesto album dei Sabaton ed apice di una discografia che ha regalato altri due full length dopo questo notevole lavoro, Heroes e The Last Stand, licenziati rispettivamente nel 2014 e nel 2016.
Senza entrare troppo dentro alle vicende storiche, c’è un grande album di power heavy metal da godersi con il pugno alzato e lo scudo a proteggere i colpi che i Sabaton senza pietà scaricano sull’ascoltatore, immerso in questa raccolta di racconti storici accompagnati da uno degli esempi più fulgidi di metallo glorioso, epico, orchestrale e potente.
Mid tempo e debordanti orchestrazioni ci avvolgono come in una colonna sonora di una pellicola che sulla parete fa scorrere immagini di battaglie, eroi, vincitori e vinti in un delirio epico davvero entusiasmante, con la chicca della versione svedese ad accentuare l’atmosfera di celebrazione di uno dei personaggi più importanti della storia della nazione.
Questa spettacolare versione Platinum Edition si arricchisce di quattro bonus track e viene licenziata dalla Nuclear Blast in ben cinque versioni: 2cd digi, 2LP, 3cd+2blu-ray-earbook, award edition e digital, a seconda dei gusti tutte imperdibili.

Tracklist
1. Dominium Maris Baltici
2. The Lion From the North
3. Gott Mit Uns
4. A Lifetime of War
5. 1 6 4 8
6. The Carolean’s Prayer
7. Carolus Rex
8. Killing Ground
9. Poltava
10. Long Live the King
11. Ruina Imperii
12. Twilight Of The Thundergod
13. In The Army Now
14. Feuer Frei
15. Harley From Hell

Line-up
Joakim Brodén – Vocals, Keyboard
Pär Sundström – Bass
Chris Rörland – Guitars
Tommy Johansson – Guitars
Hannes Van Dahl – Drums

SABATON – Facebook

Dungeon Wolf – Slavery Of Steel

Slavery Of Steel raggiunge la sufficienza solo per qualche spunto deciso e rabbioso, troppo poco comunque per farsi spazio nell’affollato mondo dell’underground metallico.

I tre Dungeon Wolf, capitanati dal cantante e chitarrista Deryck Heignum, provengono dalla Florida, terra tradizionalmente metallica, specialmente per quanto riguarda la parte estrema della nostra musica preferita, qui invece madre di un gruppo dedito ad un metal tradizionale tra velleità epic, qualche spunto tecnico lodevole, ma tanta approssimazione riguardo al songwriting ed alla voce del leader, che quando si affida al falsetto lascia alquanto a desiderare, un difetto non da poco in un genere nel quale l’interpretazione vocale fa la differenza.

Slavery Of Steel è composto da otto brani per una quarantina di minuti di epico metallo scolpito nella roccia, vario nelle ritmiche, tecnicamente buone, e nei solos che in alcuni casi rasentano lo shred, mettendo in risalto la bravura di Heignum con il proprio strumento, molte volte andando leggermente oltre a quello che richiede il brano.
L’album quindi non è sicuramente esente da difetti, migliorabili con il tempo, ma ad oggi purtroppo causa del poco appeal che brani comunque fortemente epici come l’opener Hidden Dreams o Worker Metal Night riescono ad avere sull’ascoltatore.
Il metal old school dei Dungeon Wolf è pervaso da una forte componente epico guerresca che ricorda Cirith Ungol e Manowar ma si presenta con un gap non indifferente già dalla buffa copertina, con un improbabile cavaliere medievale munito di spadone d’ordinanza e chitarra, ed una sbornia da far passare prima che inizi la battaglia.
Slavery Of Steel raggiunge la sufficienza solo per qualche spunto deciso e rabbioso, troppo poco comunque per farsi spazio nell’affollato mondo dell’underground metallico.

Tracklist
1. Hidden Dreams
2. Last Alive
3. Slavery or Steel
4. Borderlands
5. While the Gods Laugh
6. Dark Child
7. Worker Metal Might
8. Lord of Endless Night

Line-up
Deryck Heignum – Vocals/Guitar
Stan Martell – Bass
Austin Lane – Drums

DUNGEON WOLF – Facebook

Voices From Beyond – Black Cathedral

E’ un ottimo lavoro questo secondo album targato Voices From Beyond, band che elabora senza timori reverenziali le proprie influenze toccando le corde degli amanti di una serie di icone metal.

Partita come label rock ed alternative, la Volcano ha ampliato i suoi orizzonti entrando di prepotenza nel mondo del metal e supportando ottime realtà nazionali ed internazionali.

Tra hard rock, alternative e rock ‘n’ roll trovano spazio gruppi dalle sonorità più marcatamente metalliche, come per esempio i Voices From Beyond, al loro secondo album dopo The Gates of Madness uscito ormai otto anni fa.
Black Cathedral è il titolo di questo nuovo lavoro che sicuramente non deluderà gli amanti del metal classico anni ottanta, un concentrato potentissimo e senza compromessi di heavy, speed e thrash metal.
Il quintetto proveniente da Rimini, trascinato dall’ottimo cantante Roberto Ferri, ci presenta una raccolta di brani che alternano i tre generi citati, in un turbinio di tempeste metalliche.
Composta da una serie di brani elaborati, la track list non lascia spazio ad incertezze, il gruppo convince fin da subito lasciando alle veloci e dirette Dark Age e The Hideout Of Evil il compito di colpire l’ascoltatore con ritmiche veloci e potenti, solos taglienti e ottimi refrain.
La bellissima power ballad La Valle Della Coscienza (cantata in italiano), chiude la prima parte e l’album riparte con il thrash metal di The Edge Of Time, con i Voices Of Beyond che ci aprono le porte della nera cattedrale con il metal progressivo ed oscuro della title track.
Descending Into The Abyss è il brano più estremo del lotto, una forza della natura di matrice thrash che conduce verso la fine dell’opera rappresentata dalla ballad semiacustica The Family.
E’ un ottimo lavoro questo secondo album targato Voices From Beyond, band che elabora senza timori reverenziali le proprie influenze toccando le corde degli amanti di una serie di icone metal, che vanno dai Maiden agli Exodus, dai Metallica ai Testament e ai primi Helloween (quelli arrabbiati di Walls Of Jericho): per gli amanti del genere un ascolto vivamente consigliato.

Tracklist
1. Dark Age
2. The Hideout of evil
3. Guardian of the Laws
4. I am The Presence
5. La Valle della Coscienza
6. The Edge of Time
7. The Black Cathedral
8. Descending into The Abyss
9. Across The Mountains
10. The Family

Line-up
Roberto Ferri – Vocals
Claudio Tirincanti – Drums
Michele Vasi – Guitar
Andrea Ingenito – Guitar
Enrico Ricci – Bass

VOICES FROM BEYOND – Facebook

Scarlet Aura – Hot’N’Heavy

Melodie che si incastrano tra ritmiche potenti, accenni thrash impastati di groove e solos di stampo classico compongono le dodici nuove tracce di Hot’n’Heavy, un macigno sonoro che perde qualcosa in eleganza ma acquista in potenza ed impatto.

Tornano sul mercato gli Scarlet Aura, band rumena capitanata dalla singer Aura Danciulescu, bellissima e grintosa vocalist che, lontano dalle sirene power gothic metal sfoggia una voce da vera pantera metallica.

Il debutto Falling Sky aveva ben impressionato presentando un gruppo con la propria personalità e pronto per accompagnare in tour la divina Tarja Turunen.
Il nuovo album conferma il valore del quartetto di Bucarest, rivelandosi più metallico rispetto al suo predecessore, licenziato dalla band in concomitanza con il primo libro scritto dalla Danciulescu, The Book of Scarlet- Ignition.
Questa volta la band picchia da par suo, l’hard rock è a metà strada tra quello tradizionale e quello moderno pendendo più verso il secondo aspetto, e i brani risultano pregni di groove, aggressivi e metallici così come più arrabbiata è la voce della singer.
Melodie che si incastrano tra ritmiche potenti, accenni thrash impastati di groove e solos di stampo classico compongono le dodici nuove tracce di Hot’n’Heavy, un macigno sonoro che perde qualcosa in eleganza ma acquista in potenza ed impatto.
La bella vocalist torna in parte alle melodie del primo album sulle note ottantiane di Glimpse In The Mirror, Silver City e nella ballad Light Be My Guide, mentre il resto dell’album, come già descritto, calca la mano sull’aggressività regalando momenti di hard & heavy duro come l’acciaio in Hail To You, o nel macigno che sono la title track e Let’s Go Fucking Wild.
Ritorno assolutamente degno dei complimenti ricevuti per il primo lavoro, Hot’n’Heavy non deluderà gli amanti del rock duro.

Tracklist
1.The future becomes our past
2.Hail to you
3.In the name of my pain
4.Hot’n’heavy
5.Fallin’ to pieces
6.Glimpse in the mirror
7.You bite me I bite you back
8.Hate is evanescent, violence is forever
9.Silver city
10.Light be my guide
11.Let’s go fuckin’ Wild

Line-up
Aura Danciulescu – Lead Vocals
Mihai Thor Danciulescu – Lead Guitars and Vocals
Rene Nistor – Bass Guitar
Sorin Ristea – Drums

SCARLET AURA – Facebook

Accept – Symphonic Terror

Anche gli inossidabili Accept hanno ceduto alle lusinghe del supporto orchestrale: l’esperimento è senz’altro riuscito, con gli strumenti classici a donare quel tocco di raffinata epicità al sound di una delle più importanti metal band nate nel vecchio continente.

Negli anni settanta le grandi band, dal successo dei Deep Purple con Made in Japan in poi, presero l’abitudine di immortalare il loro album di maggior successo o un’intera carriera con l’uscita di un live nella terra del Sol Levante, moda che fecero propria i anche gruppi metal degli anni ottanta.

Di questi tempi è il Wacken Open Air il festival in cui le band fotografano il loro momento magico o l’evento, se possibile con il supporto dell’orchestra.
Tanti ormai sono i gruppi che hanno sfruttato l’immensa distesa di appassionati che, ogni agosto, si danno appuntamento vicino al paesino più famoso della storia del metal, nel 2017 è stata la volta degli storici ed arcigni Accept, dieci anni dopo la reunion.
Symphonic Terror – Live At Wacken 2017 vede il gruppo di Wolf Hoffmann alle prese con i suoi maggiori successi con un concerto che suddiviso in tre parti.
Nella prima la band esegue una manciata di brani tratti da due classici intramontabili come Restless And Wild e Final Journey, accompagnati da altri presi dall’ultimo lavoro intitolato The Rise Of Chaos.
Nella seconda parte il palco è tutto per Wolf Hoffman che, accompagnato dalla sola chitarra e dall’orchestra filarmonica esegue dei brani presi dal suo lavoro solista (Headbangers Symphony), sicuramente affascinante nel contesto di Wacken, ma è con la terza parte che i cuori dei fans si incendiano.
La band torna al completo ed uno dopo l’altro dà in pasto al pubblico quegli inni che hanno fatto la storia della band e del metal, da Princess Of The Dawn a Fast As The Shark, passando per le leggendarie Metal Heart e Balls To The Walls.
E così anche gli inossidabili Accept hanno ceduto alle lusinghe del supporto orchestrale: l’esperimento è senz’altro riuscito, con gli strumenti classici a donare quel tocco di raffinata epicità al sound di una delle più importanti metal band nate nel vecchio continente.
Licenziato dalla Nuclear Blast in vari supporti, Symphonic Terror si rivela quindi la celebrazione di uno dei gruppi più amati nella sempre suggestiva atmosfera del Wacken Open Air.

Tracklist
Part 1: Accept
01. Die By The Sword
02. Restless And Wild
03. Koolaid
04. Pandemic
05. Final Journey

Part 2: Headbanger’s Symphony
06. Night On Bald Mountain
07. Scherzo
08. Romeo And Juliet
09. Pathétique
10. Double Cello Concerto in G Minor
11. Symphony No. 40 in G Minor

Part 3: Accept with Orchestra
12. Princess Of The Dawn
13. Stalingrad
14. Dark Side Of My Heart
15. Breaker
16. Shadow Soldiers
17. Dying Breed
18. Fast As A Shark
19. Metal Heart
20. Teutonic Terror
21. Balls To The Wall

Line-up
Mark Tornillo – Vocals
Wolf Hoffmann – Guitar
Peter Baltes – Bass
Uwe Lulis – Guitar
Christopher Williams – Drums

ACCEPT – Facebook

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook

Them – Manor Of The Se7en Gables

Manor Of The Se7en Gables risulta un ottimo lavoro che questa volta è consigliato non solo agli amanti del re diamante ma più in generale ai fans dell’heavy/power statunitense.

Sulle potenzialità elevate di questa band ci avevamo creduto già dal precedente lavoro, il debutto Sweet Hollow, licenziato un paio di anni fa e che presentava musicisti di provata esperienza alle prese con un sound che risultava un efficace tributo a King Diamond.

D’altronde con un monicker come Them ed un cantante come Troy Norr che viaggia sulle stesse tonalità del leggendario singer danese, era assolutamente in linea con le attese l’ascolto di un album valido ma derivativo.
Sono passati due anni e la band torna con un nuovo lavoro intitolato Manor Of The Se7en Gables, un concept che rivede non poco le carte in tavola, lasciando sorpreso chi credeva in un altro album tributo.
Invece il nuovo lavoro dei Them è uno splendido esempio di power/heavy metal americano, chiaramente ispirato dal mondo musicale e visivo di King Diamond ma molto più personale, tanto che solo al singolo Witchfinder si può attribuire una accentuata somiglianza con la musica di uno dei personaggi più influenti del metal, anche per l’uso del falsetto, mentre il resto dell’opera è frutto di un approccio sicuramente più personale.
I Them suonano horror metal teatrale e dai risvolti inquietanti, quindi rimangono quelle atmosfere oscure e terrificanti ispirate ad album come Them, Abigail e compagnia, ma è innegabile che Troy Norr e compagni si siano superati regalando ai fans del genere un gioiellino metallico, nel quale si passa dal thrash/speed metal al power, alternando canzoni potenti, dirette e trascinanti e dalle linee melodiche esaltanti, a cupi ed oscuri scenari di metallico terrore, il tutto curato in ogni dettaglio.
Quasi un’ora di durata non è certamente poco, eppure i Them riescono a tenere l’ascoltatore inchiodato alla poltrona con una serie di ottimi brani che hanno nelle bellissime Circuitois, Refuge In The Manor, The Secret Stairs e Maleficium i picchi dell’intero lavoro.
Manor Of The Se7en Gables risulta un ottimo lavoro che questa volta è consigliato non solo agli amanti del Re Diamante ma più in generale ai fans dell’heavy/power statunitense.

Tracklist
01. Residuum
02. Circuitous
03. Refuge in the Manor
04. Witchfinder
05. A Scullery Maid
06. Ravna
07. As the Sage Burns
08. The Secret Stairs
09. Peine Forte Et Dure
10. Maleficium
11. Seven Gables to Ash
12. Punishment By Fire

Line-up
Troy “KK Fossor” Norr – Vocals
Markus Johansson – Guitars
Markus Ullrich – Guitars
Richie Seibel – Keyboards
Alexander Palma – Bass
Angel Cotte – Drums

THEM – Facebook

Virgin Steele – Seven Devils Moonshine

Un’opera per fans accaniti che può risultare dispersiva anche per l’ascoltatore più attento: la musica di cui Seven Devils Moonshine si compone è ovviamente di alto livello anche se le cose migliori vengono dalle cover e dai molti brani rifatti per l’occasione.

Da dove cominciare per descrivere un monumentale lavoro come Seven Devils Moonshine, ultima fatica dei Virgin Steele?

Un cofanetto di cinque cd tra inediti, cover e un paio di ristampe non sono cosa da poco in tempi in cui se un album si avvicina ai sessanta minuti di durata viene considerato prolisso, quindi tanto di cappello a David DeFeis per il suo andare contro le logiche di mercato e alla SPV per averlo assecondato, anche se a ben vedere Seven Devils Moonshine, proprio per la sua mole, rimane un’ opera ad uso e consumo dei soli fans dello storico gruppo statunitense.
I cinque cd comprendono le ristampe di Hymns To Victory e The Book Of Burning, lavori usciti rispettivamente nel 2001 e 2002 ed altri tre che vedono la band alle prese con nuove tracce, versioni aggiornate di brani classici ed una serie di cover che potrebbero far storcere il naso a molti epic metallers.
Il primo cd è di fatto un album nuovo di zecca, nel quale l’impronta epico orchestrale del gruppo mantiene una sua forte connotazione riservando momenti di metal melodico sopra le righe, con un DeFeis assolutamente sul pezzo.
Oltre all’epico incedere dell’opener Seven Dead Within ed alla suite Feral, troviamo la versione orchestrale di Bonedust (da Visions Of Eden) e la cover di Wicked Game di Chris Isaak.
Il secondo e terzo cd rappresentano la parte più sperimentale di questa immensa raccolta, con una serie di medley e versioni orchestrali di brani classici.
Le cover sono la parte più interessante, con affascinanti medley di brani pescati dalla storia del rock e non solo, in cui la band intraprende un viaggio temporale che va dagli anni sessanta attraverso i due decenni successivi, fermandosi non poco nei primi anni novanta in quel di Seattle.
The Doors, Led Zeppelin, ZZ Top, Traffic, Alice In Chains, Mother Love Bone, Eddie James ‘Son’ House e Howlin’ Wolf , sono una parte degli artisti citati dalla band, che lascia agli ultimi due cd le ristampe di Hymns To Victory The Book Of Burning.
Qui si conclude questo monumentale lavoro, un’opera per fans accaniti che a mio avviso risulta dispersiva anche per l’ascoltatore più attento: la musica di cui Seven Devils Moonshine si compone è ovviamente di alto livello anche se le cose migliori vengono dalle cover e dai molti brani rifatti per l’occasione.

Tracklist
CD 1 ‘Ghost Harvest (The Spectral Vintage Sessions)’ Vintage 1 – Black Wine For Mourning (new album)
01. Seven Dead Within
02. Green Dusk Blues
03. Psychic Slaughter
04. Bonedust (Orchestral Version)
05. Hearts On Fire
06. Child Of The Morning Star
07. Murder In High-Gloss Relief
08. Feral
09. Justine
10. Princess Amy
11. Wicked Game
Clouds Of Oblivion Medley (Tracks 12 & 13)
12. Little Wing
13. The Gods Don’t Remember…

CD 2 ‘Ghost Harvest (The Spectral Vintage Sessions)’ Vintage 2 – Red Wine For Warning (new album)
01. The Evil In Her Eyes (Piano & Vocal Version)
02. Feelin’ Alright
03. Sister Moon
Summertime Darkness Suite (Tracks 4, 5, & 6)
04. Sweating Into Dawn
05. Summertime
06. Black Leaves Swirl Down My Street
07. Rip Off
The Gods Are Hungry Triptych (Tracks 8, 9, & 10)
08. The Gods Are Hungry Poem
09. The Poisoned Wound
10. The Birth Of Beauty
11. Profession Of Violence…
12. Rock Steady
13. Nutshell
14. Slow & Easy “Intro”
15. Jesus Just Left Chicago

Late Night Barroom Hoodoo Medley (Tracks 16, 17, 18, & 19)
16. Soul Kitchen
17. When The Music’s Over
18. Crawling King Snake
19. When The Music’s Over “Reprise”
20. Imhullu

The Drained White Suite (Tracks 21, 22, & 23)
21. After Dark
22. Wake The Dead
23. The Graveyard Dance
24. The Triple Goddess
25. Twilight Of The Gods (Live Acoustic Rehearsal Version)
26. Transfiguration (Live Acoustic Rehearsal Version)

CD 3 ‘Gothic Voodoo Anthems’ (new album)
01. I Will Come For You (Orchestral Version)
02. Queen Of The Dead (Orchestral Version)
03. The Orpheus Taboo (Orchestral Version)
04. Kingdom Of The Fearless (The Destruction Of Troy) (Orchestral Version)
05. The Black Light Bacchanalia (Orchestral Version)
06. Zeus Ascendant
07. By The Hammer Of Zeus (And The Wrecking Ball Of Thor) (Orchestral Version)

The Gothic Voodoo Suite (Tracks 8, 9 & 10)
08. Rumanian Folk Dance No. 3 “Pe Loc”
09. Delirium “Excerpt”
10. Snakeskin Voodoo Man (Orchestral Version)
11. The Enchanter

The Fire & Ice Medley (Tracks 12, 13 & 14)
12. Bone China
13. No Quarter
14. Bone China “Reprise”

Passion In The French Quarter Medley (Tracks 15 & 16)
15. Chloe Dancer
16. Gentle Groove
17. Darkness-Darkness
18. Death Letter Blues
19. Spoonful

CD 4 ‘Hymns To Victory’ (re-release)
01. Flames Of Thy Power (From Blood They Rise)
02. Through The Ring Of Fire
03. Invictus
04. Crown Of Glory (Unscarred) (In Fury Mix)
05. Kingdom Of The Fearless (The Destruction Of Troy)
06. The Spirit Of Steele (Acoustic Version)
07. A Symphony Of Steele (Battle Mix)
08. The Burning Of Rome (Cry For Pompeii)
09. I Will Come For You
10. Dust From The Burning & Amaranth (Orchestral Versions) (Bonus Tracks)
11. Noble Savage (Long Lost Early Mix)
12. Mists Of Avalon
13. Emalaith

CD 5 “The Book Of Burning” (Re-Release)
01. Conjurtion Of The Watcher
02. Don’t Say Goodbye (Tonight)
03. Rain Of Fire
04. Annihilation
05. Hellfire Woman
06. Children Of The Storm
07. The Chosen Ones
08. The Succubus
09. Minuet In G Minor
10. The Redeemer
11. I Am The One
12. Hot And Wild
13. Birth Through Fire
14. Guardians Of The Flame
15. The Final Days
16. A Cry In The Night
17. Queen Of The Dead (Nordic Twilight Version) (Bonus Track)

Line-up
David DeFeis – Vocals, Keyboards, Orchestration
Edward Pursino – Guitars
Joshua Block – Bass, Guitars
Matt McKasty – Drums

VIRGIN STEELE – Facebook

https://youtu.be/A7l5lkAh-Is

RED B. – Night’s Callin’

Night’s Callin’ è un’opera senza tempo come senza tempo è un genere come l’hard’n’heavy classico quando è composto da belle canzoni suonate e, soprattutto, cantate alla grande da un’artista di spessore come Red Bertoldini.

Torna a ruggire uno dei personaggi storici del metal tricolore, Red Bertoldini, batterista e cantante dei Dark Lord (è dello scorso anno la reunion) e di un’altra manciata di gruppi, con un nuovo album solista sotto il monicker di RED B.

Night’s Callin’ è il suo terzo lavoro, dopo Red Bertoldini, uscito nel 2014 e Just Another Hero dell’anno successivo: qui il vocalist veneto è accompagnato da tre ottimi musicisti come Tony T. alla batteria, Edo alla chitarra e Gilberto Ilardi al basso.
Night’s Callin’ risulta un graffiante esempio di hard & heavy classico, con le sue radici ben piantate tra gli anni ottanta ed il decennio precedente, con il cantante che non accusa minimamente il passare degli anni e ruggisce da par suo su brani potenti ed agguerriti come Fallin’ Through The Sky ed Everybody, avvio esplosivo di questo ottimo lavoro.
Sfumature southern accompagnano il singer sulle ballad I’ve Been Killing e The End, mentre la conclusiva A Man In The Mirror ricorda la Blindman degli Whitesnake del classico Ready An’ Willing.
Il resto dell’album varia tra scelte stilistiche orientate verso l’hard & heavy ottantiano (Into The Street e la title track) ed altre in cui un’anima blues si impadronisce della bellissima Bad Woman, brano che sembra uscito dalla tracklist dell’unico ed irripetibile album frutto della collaborazione tra David Coverdale e Jimmy Page.
Night’s Callin’ è un’opera senza tempo come senza tempo è un genere come l’hard’n’heavy classico quando è composto da belle canzoni suonate e, soprattutto, cantate alla grande da un’artista di spessore come Red Bertoldini.

Tracklist
1.Fallin’ Though The Sky
2.Everybody
3.I’ve Been Killing
4.Into The Street (Intro)
5.Into The Street
6.Night’s Callin’
7.Lookin’ Stars From The Sea
8.The End
9.Bad Woman
10.A Man In The Mirror

Line-up
Red Bertoldini – Lead Vocal
Tony T. – Drums
Edo – Guitars
Gilberto Ilardi – Bass

RED B. – Facebook

Marius Danielsen – Legend Of Valley Doom-Part 2

Settanta minuti immersi nel mondo epico fantasy creato da Danielsen, per quella che ad oggi è una delle più riuscite opere del genere e che, sul finire degli anni novanta avrebbe sicuramente trovato più gloria: una considerazione che non sminuisce certo il valore artistico di Legend Of Valley Doom-Part 2.

L’Oscuro Lord sconfisse Valley Doom e King Thorgan cadde in battaglia. I Doomiani della Valle sono costretti così a fuggire verso i loro alleati ad ovest, nel regno di Eunomia.
Spetta al Re Guerriero guidare il popolo di Valley Doom verso la salvezza e, insieme King Eunotrian e Arigo the Wise hanno bisogno di trovare un modo per sconfiggere il Signore Oscuro.

La Crime Records licenzia il secondo capitolo della saga fantasy Legend Of Valley Doom, creata dal musicista cantante e compositore norvegese Marius Danielsen, un passato nei Darkest Sins ed un presente a giocarsela con Tobias Sammet ed i suoi Avantasia a chi farà sognare di più gli amanti delle power metal opera.
Legend Of Valley Doom-Part 2 non si discosta né dal primo capitolo né dalle tante opere che qualche anno fa invasero il mercato metallico classico sulla scia dei primi bellissimi lavori di Avantasia, Rhapsody e quello che rimane il maggior responsabile di questa invasione, Land Of The Free, capolavoro inarrivabile dei Gamma Ray.
Epico, piacevolmente orchestrale senza essere ridondante e valorizzato da una serie una quantità di ospiti infinita, l’opera non cambierà sicuramente le sorti della musica ma rimane un bellissimo esempio di power metal che prende ispirazione dalle varie scuole europee, legato indissolubilmente a coordinate stilistiche che conosciamo benissimo.
Si diceva degli ospiti: a parte gli amici e colleghi dei Darkest Sins, già presenti nel primo capitolo, c’è veramente di che stropicciarsi occhi e orecchie per la qualità e la quantità di talenti impegnati a valorizzare gli undici brani dell’album (vi rimando quindi ai dettagli in calce all’articolo), un esercito di musicisti e cantanti chiamati a raccontare le vicende di questo secondo capitolo.
Settanta minuti immersi nel mondo epico fantasy creato da Danielsen, per quella che ad oggi è una delle più riuscite opere del genere e che, sul finire degli anni novanta avrebbe sicuramente trovato più gloria: una considerazione che non sminuisce certo il valore artistico di Legend Of Valley Doom-Part 2.

Tracklist
1. King Thorgan’s Hymn
2. Rise of the Dark Empire
3. Gates of Eunomia
4. Tower of Knowledge
5. Visions of the Night
6. Crystal Mountains
7. By the Dragon’s Breath
8. Under the Silver Moon
9. Angel of Light
10. Princess Lariana’s Forest
11. Temple of the Ancient God
12. We Stand Together
13. Tower of Knowledge (Vinny Appice Version / CD-BONUSTRACK)
14. Crystal Mountains (Vinny Appice Version / VINYL-BONUSTRACK)

Line-up
Vocals:
Michael Kiske (Helloween, Avantasia, Unisonic)
Tim Ripper Owens (ex-Judas Priest)
Blaze Bayley (ex-Iron Maiden, Wolvesbane)
Olaf Hayer (ex-Luca Turilli, Symphonity)
Michele Luppi (Whitesnake, ex-Vision Divine)
Daniel Heiman (ex-Lost Horizon, Harmony)
Mark Boals (ex-Yngwie Malmsteen)
Alessio Garavello (ex-Power Quest, A New Tomorrow)
Mathias Blad (Falconer)
Jan Thore Grefstad (Highland Glory, Saint Deamon)
Diego Valdez (Helker, Iron Mask)
Raphael Mendes (Urizen)
Per Johansson (Ureas)
Kai Somby (Intrigue)
Simon Byron (Sunset)
Anniken Rasmussen (Darkest Sins)
Peter Danielsen (Darkest Sins)
Marius Danielsen (Darkest Sins)

Bass:
Jari Kainulainen (ex-Stratovarius, Masterplan)
Magnus Rosén (ex-HammerFall)
Barend Courbois (Blind Guardian)
Jonas Kuhlberg (Cain’s Offering)
Giorgio Novarino (ex-Bejelit)
Rick Martin (Beecake)

Guitars:
Bruce Kulick (ex-KISS)
Matias Kupiainen (Stratovarius)
Jennifer Batten (ex-Michael Jackson)
Tom Naumann (Primal Fear)
Tracy G (ex-Dio)
Jens Ludwig (Edguy)
Jimmy Hedlund (Falconer)
Timo Somers (Delain)
Olivier Lapauze (Heavenly)
Luca Princiotta (Doro)
Andy Midgley (Neonfly)
Mike Campese
Billy Johnston (Beecake)
Sigurd Kårstad (Darkest Sins)
Marius Danielsen (Darkest Sins)

Keyboards:
Peter Danielsen (Darkest Sins)
Steve Williams (Power Quest)

Drums:
Stian Kristoffersen (Pagan’s Mind)
Vinny Appice (ex-Dio, ex-Black Sabbath) – On bonus tracks
Choirs:
Marius Danielsen (Darkest Sins)
Peter Danielsen (Darkest Sins)
Jan Thore Grefstad (Highland Glory, Saint Deamon)
Anniken Rasmussen (Darkest Sins)
Alessio Perardi (Airborn)

MARIUS DANIELSEN – Facebook

Fifth Angel – The Third Secret

Bellissimo e colmo di quel pathos che permea i grandi album, The Third Secret risulta uno dei ritorni più riusciti degli ultimi tempi.

Quando si parla di metal classico di matrice statunitense spesso ci si dimentica dei Fifth Angel, band nata nella prima metà degli anni ottanta nello stato di Washington ed autrice di due pietre miliari dell’heavy metal di quel periodo: il debutto omonimo del 1985 e Time Will Tell, licenziato nel 1989 e fin qui ultimo parto del gruppo.

Parliamo quindi di storia dell’US Metal, con la band che poteva contare su due bellissimi lavori che non avevano nulla da invidiare alle opere dei più famosi Metal Church, Crimson Glory e Queensryche.
Purtroppo la carriera del gruppo si interruppe dopo l’uscita del secondo lavoro e, a parte qualche esibizione dal vivo, la speranza di vedere un album targato Fifth Angel fare bella mostra di sé nelle vetrine dei negozi di settore (ormai pressoché virtuali) era praticamente nulla.
Ed invece, con non poca sorpresa di fans e addetti ai lavori, la Nuclear Blast licenzia The Third Secret, terzo full length del gruppo dopo quasi trent’anni, un album aspettato e desiderato dagli amanti dei suoni classici.
La band che si presenta in questo metallico 2018 è composta per tre quarti da quella che registrò Time Will Tell con Ken Mary alla batteria, John Macko al basso e Kendall Bechtel alla chitarra e voce, visto che lo storico singer Ted Pilot non è più della partita.
Il quinto angelo non fa prigionieri e, spada lucente in pugno, scaglia fendenti di heavy power metal mietendo vittime, una giustizia divinamente metallica che, se risulta ben salda nella tradizione statunitense, ha nell’heavy metal epico e portentoso di Ronnie James Dio una delle sue massime ispirazioni, grazie soprattutto alla straordinaria prestazione di Bechtel dietro al microfono.
Con tali premesse The Third Secret non può che uscire vincitore da questa sfida che vede i Fifth Angel contro il tempo che inesorabilmente passa ma che, questa volta, non inficia la riuscita di un lavoro che risulta fresco ed esaltante, un album classico nella più pura definizione del genere.
La tracklist non lascia scampo con una serie di brani scolpiti nella storia dell’heavy metal, dal piglio epico e drammatico, mid tempo che lasciano a chitarra e voce il palcoscenico tra solos che sono lampi nel cielo e acuti che squarciano montagne come nella spettacolare title track, nella maideniana Queen Of Thieves o nella potentissima This Is War.
Bellissimo e colmo di quel pathos che permea i grandi album, The Third Secret risulta uno dei ritorni più riusciti degli ultimi tempi.

Tracklist
1. Stars Are Falling
2. We Will Rise
3. Queen Of Thieves
4. Dust To Dust
5. Can You Hear Me
6. This Is War
7. Fatima
8. Third Secret
9. Shame On You
10. Hearts Of Stone

Line-up
Kendall Bechtel – Guitar & Lead Vocals
John Macko – Bass
Ken Mary – Drums & Backing Vocals

FIFTH ANGEL – Facebook

The Wizards – Rise Of The Serpent

Lo spirito del rock duro, quello classico ed ispirato dall’occulto e che crebbe nell’underground tra gli anni sessanta e settanta, è ben vivo in questa band proveniente da Bilbao, i The Wizards.

Lo spirito del rock duro, quello classico ed ispirato dall’occulto e che crebbe nell’underground tra gli anni sessanta e settanta, è ben vivo in questa band proveniente da Bilbao, i The Wizards.

Sotto l’etichetta hard rock, infatti, si cela una famigerata congrega di guerrieri/sacerdoti in conflitto contro la modernità a colpi di rock ‘n’ roll, o se preferite di un buon mix tra hard rock, doom rock ed heavy metal.
La band è attiva dal 2013 e questo granitico e tellurico lavoro intitolato Rise Of The Serpent è il terzo su lunga distanza, un altare costruito dal gruppo per i suoi sacrifici al dio del rock, una lastra di marmoreo metallo sulla quale il sangue cola e i rettili sguazzano, mentre Apocalyptic Weapons dà il via al sabba.
Influenze che sono scritte sullo spartito di questa raccolta di brani assolutamente vintage e che attraversano tre decenni e oltre, arrivano sotto forma di hard rock, di questi tempi chiamato old school ma che ha in “classico” l’aggettivo più corretto.
La band opera in un contesto che alterna hard & heavy, doom rock e un accenno a quel psych rock in voga in passato ed ora tornato a ricamare il sound dei gruppi che, di fatto, hanno riportato all’attenzione dei rocker mondiali il genere.
Age Of Man, brano diretto e rock’n’roll, è la classica ciliegina sulla torta confezionata per i rocker con i jeans a zampa di elefante nascosti nell’armadio e gli album di Black Sabbath, Led Zeppelin, Molly Hatchet, Saxon, Iron Maiden e Cathedral in bella mostra vicino al giradischi.
Rise Of The Serpent si fa apprezzare per una carica ed una passione da parte che rapisce, prova ne siano brani trascinanti come Circle Of Time ed Aftermath, nei quali la poca originalità non inficia la voglia di prendere a capocciate il muro di casa, presi dall’entusiasmo contagioso dei The Wizards, possenti e duri come l’acciaio.

Tracklist
1. Apocalyptic Weapons
2. Destiny
3. Circle of Time
4. Distorted Mirrors
5. Age of Man
6. Strings Synchronise
7. Aftermath
8. VOID (Vision of Inner Death)

Line-up
Sir Ian Mason – Vocals
George Dee – Guitar
Phil The Pain – Guitar
Baraka Boy – Bass
Dave O. Spare – Drums

THE WIZARDS – Facebook

Absolva – Defiance

Ristampa in vinile di Definace ultimo lavoro dei Metallers Absolva uscito lo scorso anno e che vede all’opera tre membri della band di Blaze Bayley ed uno degli Iced Earth.

Per gli amanti del vinile, tornato a riempire gli scaffali dei negozi di musica, la Rocksector Records stampa il quarto album dei britannici Absolva, uscito lo scorso anno ed intitolato Defiance.

La band di Manchester, attiva dal 2012, è composta da tre membri del gruppo di Blaze Bayley e uno degli Iced Earth, quindi se non possiamo parlare di super gruppo poco ci manca.
La band ha nei due fratelli Appleton (Luke e Chris) il carburante necessario per far viaggiare spedito il suo heavy metal che se si rispecchia nella tradizione anglosassone, lasciando oscuri spiragli al classico sound statunitense.
Defiance risulta il classico lavoro old school, molto curato in fase di produzione e arrangiamenti, quindi perfettamente calato in questo nuovo secolo, composto da una dozzina di brani potenti e dotati di refrain impeccabili, solos tonanti e vari nell’alternare veloci brani heavy/power e mid tempo oscuri e dal piglio epico.
Ovviamente l’appartenenza a due band importanti come Iced Earth e quella dell’ex Iron Maiden, portano inevitabilmente il sound di Defiance verso queste due direzioni, con l’aggiunta di sfumature derivanti da Iron Maiden e Saxon.
Con tali premesse l’album gira che è una meraviglia, con Chris Appleton che si rivela un buon vocalist di genere e tutta la band che, compatta, ci riserva una prestazione gagliarda.
Ma la cosa più importante è di certo il songwriting e l’album non delude, tenendo botta per tutta la sua durata con un paio di picchi assoluti come Rise Again e Midnight Screams, potenti, veloci e melodiche heavy metal songs che rispecchiano in tutto e per tutto quanto scritto.
L’uscita in vinile rende ancora più appetibile questo ultimo lavoro degli Absolva, una piacevole sorpresa per gli amanti dell’heavy metal classico che si erano persi l’uscita lo scorso anno.

Tracklist
1. Life on the Edge
2. Defiance
3. Rise Again
4. Fistful of Hate
5. Never Be the Same
6. Alarms
7. Connections
8. Midnight Screams
9. Life and Death
10. Eclipse
11. Who Dares Wins
12. Reflection

Line-up
Chris Appleton – Lead vocals and lead guitar
Luke Appleton – Rhythm guitar and backing vocals
Martin McNee – Drums
Karl Schramm – Bass and backing vocals

ABSOLVA – Facebook

Athrox – Through The Mirror

La band, dotata di una personalità debordante, ci travolge con la sua raffinata e drammatica potenza, i brani si susseguono, storie e problematiche di tutti i giorni vengono raccontate attraverso uno specchio, mentre la musica segue la narrazione tra spettacolari e cangianti momenti di metal dall’alta potenze espressiva.

Dopo due anni dal bellissimo esordio Are You Alive?, puntualmente recensito da MetalEyes, tornano tramite Revalve Records gli Athrox, band toscana che suona heavy/thrash metal dai molti ricami progressivi e dalle ispirazioni che trovano le proprie radici nel nobile e raffinato metallo statunitense.

La band, fondata dal chitarrista Sandro Seravalle e del batterista Alessandro Brandi quattro anni fa, alza il tiro con questo secondo lavoro dal titolo Through the Mirror, registrato, mixato e masterizzato presso gli studio Outer Sound Studio di Giuseppe Orlando, presentandoci dieci perle metalliche che alternano atmosfere drammatiche, sferzate di rabbioso thrash metal e splendidi momenti di raffinata musica dure progressiva.
Assolutamente all’altezza è la prova dei musicisti su cui si staglia la voce del cantante Giancarlo Picchianti, migliorato in modo esponenziale rispetto alla comunque ottima performance sul primo lavoro, che risultava più classicamente heavy rispetto a questo secondo gioiellino heavy/thrash/prog metal.
La band, dotata di una personalità debordante, ci travolge con la sua raffinata e drammatica potenza, i brani si susseguono, storie e problematiche di tutti i giorni vengono raccontate attraverso uno specchio, mentre la musica segue la narrazione tra spettacolari e cangianti momenti di metal dall’alta potenze espressiva.
Gli Athrox si fanno preferire quando l’irruenza thrash prende il comando delle operazioni, mantenendo comunque un tocco progressivo che non inficia l’ascolto anche di chi, senza tanti fronzoli, preferisce in impatto diretto (Ashes Of Warsaw, Decide Or Die), anche se l’album risulta vario ed assolutamente difficile da catalogare in un solo genere.
Meritano una menzione la progressiva opener Waters Of The Acheron, la potente Sadness n’ Tears e la conclusiva Fallen Apart, ma è l’ascolto in toto di questo lavoro che vi porterà a segnarvi la band toscana come uno dei gruppi più convincenti di questo ultimo periodo dell’anno in corso.

Tracklist
1.Waters of the Acheron
2.Ashes of Warsaw
3.Empty Soul
4.Through the Mirror
5.Imagine the Day
6.Decide or Die
7.Sadness n’ Tears
8.Fragments
9.Dreams of Freedom
10.Fallen Apart

Line-up
Giancarlo “IAN” Picchianti – Lead Vocals
Sandro “SYRO” Seravalle – Guitars
Francesco “FRANK” Capitoni – Guitars
Andrea “LOBO” Capitani – Bass Guitars
Alessandro “AROON” Brandi – Drums

ATHROV – Facebook

Northward – Northward

Northward è un progetto che merita un futuro alla luce dell’eccellente qualità messa in mostra in ogni dettaglio: questo lavoro sarà sicuramente apprezzato dagli amanti dell’hard & heavy, grazie al suo piglio energico, graffiante e splendidamente melodico.

Nel mondo del metal e del rock è accaduto spesso: due talenti si incontrano, magari ad un festival, e scoprono di avere delle affinità, specialmente nei gusti musicali, e così decidere di provare a scrivere qualcosa è un attimo, mentre è molto più difficile trovare il tempo di concretizzare progetti e idee.

E’ quello che è successo una decina di anni fa, quando Floor Jansen, attuale sirena dei Nightwish, e Jorn Viggo Lofstad dei Pagan’s Mind e songwriter di spessore (Jorn), conosciutisi all’epoca dietro le quinte del Progpower USA Festival, decisero di avviare una collaborazione che ha dato vita solo oggi a questo bellissimo lavoro che prende il nome del progetto, Northward.
Ben dieci anni sono passati prima che queste undici canzoni fossero imprigionate sul dischetto ottico, undici tributi all’hard rock classico che, se vede le sue radici ben piantate nella tradizione settantiana, non dimentica il terremoto alternative statunitense né l’approccio al rock duro tipico delle fredde terre del nord.
Ne esce un album che alterna potenza e melodia, leggermente più moderno ma non lontano dal sound del re scandinavo (per quanto riguarda il genere) Jorn Lande: d’altronde Lofstad ha collaborato non poco con il cantante norvegese, e il tutto si rivela un bene visto che tra le varie ispirazioni il Lande solista è quella che più marchia a fuoco il sound di Northward.
Morty Black (TNT), Stian Kristoffersen, Django Nilsen, Ronnie Tegner (Pagan’s Mind) e la sorella della Jansen, Irene, sono gli ospiti che aiutano il duo a rendere questo progetto un album per cui vale la pena spaccare il salvadanaio e correre al negozio di fiducia, pregno di potenza melodica come pochi, a tratti pervaso da un groove micidiale e cantato da Floor come se il suo passato e presente nel metal sinfonico (oltre ai Nightwish non dimentichiamoci i notevoli e ormai defunti After Forever) non esistesse, risultando una vera tigre e dimostrando un eclettismo straordinario.
I brani da annotare sul taccuino corrispondono di fatto all’intera tracklist, ma è pur vero che il singolo While Love Died, la bellissima e accattivante Storm In Glass, la seguente Driftings Islands, l’esaltante Big Boy e la potentissima Let Me Out fanno ancor più la differenza.
Northward è un progetto che merita un futuro alla luce dell’eccellente qualità messa in mostra in ogni dettaglio: questo lavoro sarà sicuramente apprezzato dagli amanti dell’hard & heavy, grazie al suo piglio energico, graffiante e splendidamente melodico.

Tracklist
1. While Love Died
2. Get What You Give
3. Storm In A Glass
4. Drifting Islands
5. Paragon
6. Let Me Out
7. Big Boy
8. Timebomb
9. Bridle Passion
10. I Need
11. Northward

Line-up
Floor Jansen – Vocals
Jorn Viggo Lofstad – Guitars

NORTHWARD – Facebook

Terror Tales – A Tribute To Death SS

Trentacinque band, ognuna alle prese con un pezzo di storia dell’heavy metal dalle tinte horror, ognuna mettendo a disposizione la propria visione al servizio di brani che non avrebbero bisogno di presentazione per qualità e valore, anche simbolico.

A poca distanza dall’uscita di Rock’n’Roll Armageddon, ultimo e bellissimo lavoro della più importante e leggendaria metal band italiana, si torna a parlare di Steve Sylvester e dei suoi Death SS con questo mastodontico tributo organizzato e voluto dalla Black Widow Records, label genovese che già aveva fatto gli onori al gruppo diciotto anni fa con Beyond The Realm Of Death SS, licenziato in cd e in doppio vinile.

Questa volta la storica etichetta, in accordo con Sylvester, è andata oltre coinvolgendo trentacinque band, ognuna alle prese con un pezzo di storia dell’heavy metal dalle tinte horror, ognuna mettendo a disposizione la propria visione al servizio di brani che non avrebbero bisogno di presentazione per qualità e valore, anche simbolico.
La Black Widow ha fatto le cose in grande, mantenendo fede alla sua reputazione di label dalle uscite di altissimo livello, licenziando Terror Tales – A Tribute To Death SS in tre diverse versioni: una in triplo cd, un’altra in quadruplo vinile, oltre a un’edizione limitata a 66 copie con copertina di velluto.
La storia di questo mito musicale viene raccontata attraverso trentacinque ottime cover, suonate per l’occasione da band nazionali ed internazionali: un buon numero di artisti da anni sulla scena underground metal/rock, ma anche giovani e talentuosi gruppi che negli ultimi tempi si sono fatti conoscere con ottimi lavori.
I Death SS sono rispettati ed amati aldilà del genere suonato, essendo una band che ha fatto proprie tendenze classiche e nuovi suoni che nel corso degli anni hanno contribuito ad arricchire la musica rock, ed è per questo che in Terror Tales troverete realtà anche distanti tra loro come concezione musicale.
L’opera, monumentale per dimensioni, non ha oggettivamente punti deboli, con le band che a loro modo hanno tutte eseguito uno splendido lavoro, meritando un plauso, da quelle internazionali come Watain, Mortiis (in compagnia dei nostrani Mugshots), Slap Guru e Vampyromorpha, a quelle italiane, con la partecipazione di Dark Quarterer, Doomraiser, Trevor And The Wolves, Il Segno Del Comando, Nibiru, Shadow Of Steel, Varego e Witches Of Doom (tanto per ribadire la varietà di band e di stili che troverete in questo tributo).
Per gli amanti dei Death SS, ma non solo, Terror Tales si rivela la riuscita glorificazione di un gruppo leggendario nonché un modo per tastare il polso ad una scena decisamente in salute come quella del metal/rock odierno.

Tracklist
CD 1
1- SIGH feat. STEVE SYLVESTER – Violet Ouverture
2- DENIAL OF GOD – Terror
3- WATAIN – Chains of Death
4- EVIL SPIRIT – Horrible Eyes
5- ANAEL – Black Mummy
6- DARK QUARTERER- Scarlet Woman
7- VAREGO – Cursed Mama
8- DOOMRAISER – The Night of the Witch
9- THE MUGSHOTS feat. MORTIIS – In the Darkness
10- BULLDOZER – Murder Angel
11- BLEEDING FIST – Black and Violet
12- DEATHLESS LEGACY – Baphomet

CD 2
13- L’IMPERO DELLE OMBRE – Vampire
14- BLACK OATH – The Seventh Seal
15- ALBERT BELL’S SACRO SANCTUS – The Shrine in the Gloom
16- FORGOTTEN TOMB – Where Have You Gone?
17- NOKTURNAL MORTUM – Family Vault
18- NORTHWINDS – Lilith
19- HELL OBELISCO – Death
20- TREVOR AND THE WOLVES – Panic
21- IL SEGNO DEL COMANDO – Another Life
22- VAMPYROMORPHA- Agreement With the Devil
23- BLUE DAWN – Zombie

CD 3
24- HALL OF GLASS – Devil’s Graal
25- NIBIRU – Schizophrenic
26- KALEDON – Let the Sabbath Begin
27- SHADOWS OF STEEL – Heavy Demons
28- PROCESSION – The Darkest Night
29- DAMNATION GALLERY – Cannibal Queen
30- EPITAPH – The Bones and The Grave
31- VOID MOON – Dionysus
32- WITCHES OF DOOM – Kings of Evil
33- MEGATHERIUM – Ogre’s Lullaby
34- SLAP GURU – Profanation
35- SPACE GOD RITUAL – Black Mummy

BLACK WIDOW – Facebook

Slaegt – The Wheel

Un disco ispirato e oscuro ma oltremodo pervaso da melodie classiche, con un gran lavoro chitarristico (l’anima heavy) e ritmico (quella black), The Wheel è sicuramente influenzato dalla scena ottantiana ma risulta abbastanza personale per non sprofondare nelle sabbie mobili del già sentito.

Gli Slaegt propongono un buon ibrido composto da sonorità heavy ed impatto black metal, creando un sound in cui le due anime si scontrano per la supremazia di una sull’altra senza che però ci sia realmente un vincitore.

L’idea è buona, ovviamente il sound appartiene a quel filone old school che si rifà al metal anni ottanta, anche se la band danese lascia ad altri il thrash alla Slayer di tanti colleghi e ci investe con il suo black metal valorizzato da chitarre heavy classiche.
Gli Slaegt sono attivi dal 2011 e questo The Wheel è il terzo lavoro sulla lunga distanza, successore di Domus Mysterium, licenziato lo scorso anno, quindi la band è in una buona fase creativa confermata da questi sette lunghi brani.
Ritmiche black, scream cattivo e chitarre disegnano solos metallici di buona fattura, tracce medio lunghe si rivelano cavalcate epiche come da tradizione hard & heavy, ispirate alla new wave of british heavy metal, mentre il demone black si impossessa dell’anima travagliata del sound di brani come Masician, Citrina e la conclusiva title track.
Un disco ispirato e oscuro ma oltremodo pervaso da melodie classiche, con un gran lavoro chitarristico (l’anima heavy) e ritmico (quella black), The Wheel è sicuramente influenzato dalla scena ottantiana ma risulta abbastanza personale per non sprofondare nelle sabbie mobili del già sentito.

Tracklist
1. Being Born (Is Going Blind)
2. Masician
3. Perfume and Steel
4. Citrinitas
5. V.W.A.
6. Gauntlet of Lovers
7. The Wheel

Line-up
Oskar J. Frederiksen: Lead vocals and rhythm guitar
Anders M. Jørgensen: Lead guitar
Olle Bergholz: Bass guitar and backing vocals
Adam ‘CC’ Nielsen: Drums

SLAEGT – Facebook