Children Of Bodom – Hexed

I Children Of Bodom sono il gruppo che ha snaturato meno il proprio sound nel corso degli anni, sperimentando solo in qualche caso, ma mantenendo inalterata la propria idea di sound, riproposta nel migliore dei modi in questo nuovo lavoro.

Per chi ha vissuto la scena melodic death scandinava degli anni novanta il ritorno sul mercato dei gruppi che hanno contribuito in maniera importante al successo ed allo sviluppo del genere è sempre motivo di curiosità, oltre che speranza di ritrovare a distanza di anni band con ancora la verve degli anni d’oro.

E’ stato così per i Soilwork, solo in parte per gli In Flames ed ora tocca ai Children Of Bodom, alfieri finlandesi di un melodic death metal che ha fatto scuola e che ancora oggi, a oltre vent’anni dalla pubblicazione del debutto Something Wild, ispira ed influenza generazioni di gruppi.
Alexi Laiho e compagni tornano a campeggiare sul lago di Bodom con il nuovo Hexed, lavoro che torna in parte alle vecchie sonorità, anche se, al decimo full length è inevitabile riconoscere suoni e sfumature che hanno caratterizzato il sound del gruppo in tutta la sua carriera.
L’opener This Road mette subito in chiaro che ci sarà da divertirsi, tra veloci fughe strumentali, potenza metal, stacchi heavy, tecnica sempre ottima ed un Laiho con qualche ruga in più ma con la carica selvaggia di un ragazzino.
Hexed non delude, ci porta a spasso per la stanza tra fuochi d’artificio metallici, melodie incastonate su muri di power/death metal che hanno e continuano a fare la storia del genere.
Bellissima Under Glass And Clover, irresistibile Hecate’s Nightmare, un piccolo capolavoro Platitudes And Barren Words, il resto si assesta su livelli medio alti per un ritorno convincente.
I Children Of Bodom sono il gruppo che ha snaturato meno il proprio sound nel corso degli anni, sperimentando solo in qualche caso, ma mantenendo inalterata la propria idea di sound, riproposta nel migliore dei modi in questo nuovo lavoro.

Tracklist
1. This Road
2. Under Grass And Clover
3. Glass Houses
4. Hecate’s Nightmare
5. Kick in a Spleen
6. Platitudes And Barren Words
7. Hexed
8. Relapse (The Nature Of My Crime)
9. Say Never Look Back
10. Soon Departed
11. Knuckleduster

Line-up
Alexi Laiho – guitar and vocals
Janne Wirman – keyboards
Daniel Freyberg – guitar
Henkka Blacksmith – bass guitar
Jaska Raatikainen – drums

CHILDREN OF BODOM – Facebook

Hiranya – Breathe Out

La band ha buone potenzialità e il sound in generale è migliorabile: la strada potrebbe essere quella giusta, rivedendo in particolare le parti in cui la band si allontana dal melodic death metal.

La proposta di questo quintetto proveniente dalla Spagna, chiamato Hiranya, si discosta dallo storico sound scandinavo per qualche sfumatura moderna che accompagna il melodic death metal di stampo Arch Enemy, mixandolo con sfumature e soluzioni melodiche care ai nostrani Lacuna Coil, con la cantante Sara che, oltre allo scream, inserisce soluzioni pulite (invero migliorabili) per personalizzare questo secondo album intitolato Breathe Out, che segue di tre anni il debutto Breathe In.

Il nuovo lavoro è stato registrato e mixato da Carlos Santos nei Sadman Studios (Amleto, Vita Imana, Toundra, Somas Cure) e masterizzato da Jens Bogren nei Fascination Street Studios in Svezia (Arch Enemy, Opeth, Soilwork, Kreator, Devin Townsend , Dark Tranquility), e si presenta quindi con tutte le carte in regola per non deludere gli appassionati del death metal melodico, che troveranno nei brani più spinti buoni motivi per dare una chance al gruppo di Madrid.
Breathe Out perde qualcosina quando la furia metallica si attenua per lasciare spazio ad atmosfere dark/rock, che spezzano la tensione creata dal sound modern/melodic death del combo senza però lasciare traccia.
Brani come Far Away, Conformism o Insanity trascinano l’album con le loro sfuriate melodic death, l’anima moderna è sempre presente, sottolineata da spunti elettronici o ritmiche che qua e là sanno di metalcore, rivelandosi la parte più convincente del sound creato dagli Hiranya.
La band ha buone potenzialità e il sound in generale è migliorabile: la strada potrebbe essere quella giusta, rivedendo in particolare le parti in cui la band si allontana dal melodic death metal.

Tracklist
1.Iemon
2.Far Away
3.Conformism
4.Transparency
5.Shot
6.Harpy
7.Insanity
8.Ángel
9.Anger
10.Oiwa
Line-up
Sara – Vocals
Johnny W. – Guitar
Dani – Guitar
Jio – Bass Guitar
Carlos Vivas – Drums

HIRANYA – Facebook

Hell’s Guardian – As Above So Below

Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tornano gli Hell’s Guardian con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Follow Your Fate, debutto licenziato nel 2014.

La band bresciana si ripresenta sul mercato con un album che in parte riconferma la propria proposta, anche se nel nuovo As Above So Below trovano più spazio sfumature orchestrali che rendono più raffinato un sound rodato e dalle influenze che guardano come sempre alle terre del nord Europa.
Il gruppo, con il nuovo bassista Claudio Cor al basso ed una manciata di ospiti che danno il loro importante contributo su alcune tracce, come Marco Pastorino (Temperance, Light & Shade), Adrienne Cowan (Seven Spires, Winds of Plauge, Light & Shade), Ark Nattlig Ulv (Ulvedharr), Fabrizio Romani (Infinity) e Mirela Isaincu, convince con un album che porta qualche novità senza stravolgere la propria idea di metal melodico ed estremo, con un lavoro che non mancherà di trovare estimatori tra gli amanti del death metal melodico così come in quelli dai gusti classicamente power.
Ottimo il lavoro chitarristico di scuola Amorphis (Blood Must Have Blood, 90 Days), l’atmosfera symphonic power è presente ma non invadente come in altre realtà
e lo stesso vale per l’epica oscurità classica del death metal melodico, che ovviamente fa la differenza aiutata da un growl possente stemperato a tratti da evocativi interventi delle voci pulite (la title track, My Guide My Hunger).
Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tracklist
1.Over The Line
2.Crystal Door
3.As Above So Below
4.Blood Must Have Blood
5.Waiting… For Nothing
6.90 Days
7.Lake Of Blood
8.Jester Smile
9.My Guide My Hunger
10.I Rise Up
11.Colorful Dreams

Line-up
Cesare Damiolini – Vocals, Guitars
Freddie Formis – Guitars
Claudio Cor – Bass
Dylan Formis – Drums

HELL’S GUARDIAN – Facebook

In-Sight – Enlightened By Shadows

Questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera.

Gli In-Sight si possono sicuramente considerare dei veterani della scena melodic death tricolore.

Il loro monicker, infatti, circola nell’underground dal 1996, anche se in continua evoluzione per quanto riguarda la line up, con un ep e tre full length all’attivo di cui l’ultimo (From The Depths) targato 2012.
Sette anni con nuovi cambi di formazione sono trascorsi prima di ritornare sulla scena con questo nuovo lavoro che vede il gruppo alle prese con un buon esempio di death metal melodico, radicato nella scena scandinava degli anni novanta, oscuro e pesante, potente e melodico, pervaso da un’aura profonda ed estrema che lo tiene legato al più cattivo death metal classico.
Enlightened by Shadows è stato registrato e mixato da Aron Corti e Mauro “Drago” Bertagna presso gli StreetRecStudio, mentre il mastering è stato affidato nientemeno che a Øystein G. Brun (Borknagar) presso i Crosound Studio.
Le premesse vengono mantenute e questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera, anche quando le chitarre placano la loro furia per creare un’atmosfera da semiballad in un crescendo di forti emozioni estreme nella bellissima Blank Horizons.
L’album, come scritto in precedenza, ricorda le produzioni di metà anni novanta, quando ancora il death metal di cui la scena svedese era maestra veniva manipolato con sonorità heavy senza perdere la propria forza espressiva: qui il genere torna a fare la voce grossa grazie agli In-Sight e a brani ispiratissimi come Confined, Dawn Of Redemption e Inner Voice.
Enlightened By Shadows testimonia di una personalità da band navigata, confermata dai molti anni passati sulla scena estrema: siamo al cospetto dunque di un album che non ha nulla da invidiare alle opere che arrivano da oltre confine e che, con i nuovi lavori di Black Therapy e Carved, rappresenta un inizio sfolgorante per quanto riguarda il death metal melodico made in Italy.

Tracklist
1.Echoes
2.Confined
3.Pit of snakes
4.Dawn of redemption
5.My own path
6.Woods of misery
7.Blank horizons
8.Inner sight (instrumental)
9.Inner voice
10.No end

Line-up
Gianluca “Mek” Melchiori – Drums
Paolo Rizzi – Guitars
Aron Corti – Guitars
Roberto “Berna” Bernasconi – Bass
Maurizio Caverzan – Vocals

IN-SIGHT – Facebook

Carved – Thanatos

Superato il già bellissimo precedente lavoro, i Carved confermano le enormi potenzialità dimostrate con un album emozionante, estremo ed elegante, imperdibile per chi ama queste sonorità.

La scena italiana in ambito metallico sta attraversando un ottimo momento e le prime uscite del nuovo anno ribadiscono il valore del metal made In Italy in tutte le sue sfumature.

Una scena che da un po’ di anni vede gli artisti collaborare tra loro in maniera più continua contribuendo ad opere già di per sé notevoli come Thanatos, ultimo lavoro dei Carved, combo ligure di cui vi avevamo parlato all’indomani dell’uscita del precedente bellissimo lavoro intitolato Kyrie Eleison, licenziato un paio di anni fa.
E’ sempre la Revalve a prendersi cura del gruppo e del suo nuovo album, che in parte si discosta dal melodic death metal più diretto e sinfonico che ne aveva caratterizzato il sound, per abbracciare ancor più quelle atmosfere progressive che ne determinano una maggiore eleganza, sommate a momenti folk metal molto suggestivi ed epici.
Una buona fetta del meglio delle voci che il metal underground tricolore possa vantare in termini di cantanti li ritroviamo in veste di ospiti nelle varie tracce che formano la tracklist di Thanatos, oltre a Simone Mularoni che ha registrato, mixato e masterizzato l’album ai Domination Studio e ha prestato la sua chitarra sul brano Skal, Federico Mecozzi alla viola e violino e Marco Mantovani al pianoforte.
Claudio Coassin, Michele Guaitoli, Roberto Tiranti, Marco Pastorino, Gabriele Gozzi, Sara Squadrani e Anna Giusto, sono gli splendidi interpreti che valorizzano il gran lavoro del gruppo, impreziosendo e rendendo varia tutta la musica che i Carved hanno creato per il nuovo album che vive, come scritto, di melodic death metal, come di prog e folk in un sali e scendi emotivo e di tensione perfettamente bilanciato da un songwriting di altissima qualità.
Quindi, oltre a brani più in linea con quanto fatto in passato (Sons Of Eagle, Spider), i Carved ci regalano brani come Elsie (An Afterlife Suite), Hagakure, La Ballata Degli Impiccati e Octopus dove oltre ai soliti Dark Tranquillity, spuntano splendidi echi di Amorphis e Borknagar a rendere Thanatos un clamoroso ritorno.
Superato il già bellissimo precedente lavoro, i Carved confermano le enormi potenzialità dimostrate con un album emozionante, estremo ed elegante, imperdibile per chi ama queste sonorità.

Tracklist
01. Sons of Eagle
02. Octopus
03. Skal
04. Path
05. Rain Servant
06. Hagakure
07. La ballata degli impiccati
08. NeveroddoreveN
09. The Time Traveller
10. Spider
11. The Gulf
12. Come with Me
13. Elsie (An Afterlife Suite)

Line-up
Lorenzo Nicoli – Bass, Vocals (backing)
Giulio Assente – Drums
Damiano Terzoni – Guitars
Alex Ross – Guitars
Cristian Guzzon – Vocals

CARVED – Facebook

Black Therapy – Echoes Of Dying Memories

La potenza del death abbinata ad un talento melodico di prim’ordine fanno di questo nuovo magnifico album un gioiello di rara intensità, paragonabile proprio alle atmosfere malinconiche e sofferte del doom ma portate in un ambito più aggressivo.

Che i deathsters romani Black Therapy avessero tutte le carte in regola per diventare una delle migliori realtà nel panorama melodic death a livello europeo si era capito già dal primo album, quel Symptoms of a Common Sickness che ne diede il via, in maniera importante, alla carriera, seguito dal bellissimo ep The Final Outcome dell’anno successivo e, soprattutto, dall’ultimo lavoro, In the Embrace of Sorrow, I Smile, uscito tre anni fa e che diede loro l’occasione di accompagnare sul palco leggende del death melodico come Dark Tranquillity, Wintersun, Equilibrium ed Arch Enemy, tra gli altri.

Il nuovo anno porta un’altra splendida opera targata Black Therapy: Echoes Of Dying Memories, licenziato dalla Black Lion Records, mixato e masterizzato da Stefano Morabito presso i 16th Cellar Studio ed accompagnato dalla bellissima copertina creata da Gogo Melone (artista e leader degli Aeonian Sorrow, nonché ospite fissa negli ultimi lavori degli immensi Clouds).
Archiviati i due ospiti che impreziosiscono le due tracce finali (Asim Searah degli Wintersun, su Scars, e Sami El Kadi degli Adimiron, sulla conclusiva Ruins), passiamo a descrivere in poche righe questo monumento al melodic death metal, così emozionante da far restare senza fiato, tragico, drammatico e melanconico nei tanti passaggi strumentali in cui le chitarre sanguinano melodie suggestive.
La potenza del death abbinata ad un talento melodico di prim’ordine fanno di questo nuovo magnifico album un gioiello di rara intensità, paragonabile proprio alle atmosfere malinconiche e sofferte del doom ma portate in un ambito più aggressivo.
Sarebbe troppo facile menzionare la struggente traccia The Winter Of Your Suffering, un brano strumentale in cui il pianoforte scandisce note di una bellezza disarmante, perché Echoes Of Dying Memories è principalmente un album melodic death metal nel quale la graffiante spinta estrema del death si sposa con le melodie che le chitarre di Andrea Mataloni e Davide Celletti creano in un’apoteosi di solos che strappano carni, entrano nell’anima come coltelli nel burro, sorrette da ritmiche possenti ma mai invadenti, che dimostrano la perfetta alchimia di Lorenzo Carlini (basso) e Luca Marini (batteria).
Il cantore di queste nove perle nere è Giuseppe Di Giorgio, insieme a Carlini anima storica di questo fenomenale gruppo che si è davvero superato con Echoes Of Dying Memories, un album che già fin d’ora si può prefigurare tra quelli occuperanno le zone alte delle classifiche di fine anno, non solo per quanto riguarda il metal nazionale.

Tracklist
1. Phoenix Rising
2. Ideal
3. Echoes Of Dying Memories
4. Dreaming
5. Rejecting Me
6. The Winter Of Your Suffering
7. Burning Abyss
8. Scars (feat. Asim Searah from Wintersun)
9. Ruins (feat. Sami El Kadi from Adimiron)

Line-up
Giuseppe Di Giorgio- Vocals
Lorenzo Carlini- Bass Guitar
Andrea Mataloni- Guitar
Davide Celletti – Guitar
Luca Marini- Drums

BLACK THERAPY – Facebook

End Of Silence – Sail To The Sunset

Un’anima death metal ed una moderna che si incontrano e creano musica estrema intimista e melodica dal piglio dark: Sail To The Sunset è un lavoro molto ben bilanciato tra i due generi principali che animano lo spartito degli End Of Silence.

Ultimamente le uscite riguardanti il modern metal melodico non mi avevano entusiasmato, trattandosi di album dalle produzioni scintillanti, patinati e perfetti negli arrangiamenti, ma poveri di contenuti e dal taglio un po’ troppo adolescenziale.

Con il secondo lavoro degli svizzeri End Of Silence le cose cambiano: licenziato dalla Wormholedeath (quindi segno che il gruppo crea musica di buona qualità), Sail To The Sunset risulta un esempio di metal estremo che non manca di sconfinare nel progressive metal di nuova generazione, quello che unisce tecnica, suoni moderni e death metal melodico.
Il quartetto mantiene un’aura melanconica lungo tutto il lavoro, le armonie dark si stagliano su ritmiche che passano dal core al death, lo scream accompagnato da clean vocals mai banali fanno il resto e sin dalle prime battute il sentore di essere al cospetto di un lavoro pienamente riuscito è forte.
La title track e poi il piglio drammatico della splendida Anchor, l’atmosfera di oscura e malinconica pacatezza di Edge Of The Road che si irrobustisce in un drammatico crescendo, insieme alla devastante F@#k Off! e al death melodico di Cross The Line fanno la differenza.
Un’anima death metal ed una moderna che si incontrano e creano musica estrema intimista e melodica dal piglio dark: Sail To The Sunset è un lavoro molto ben bilanciato tra i due generi principali che animano lo spartito degli End Of Silence.

Tracklist
1. Lost And Free (Intro)
2. Sail To The Sunset
3. Anchor
4. We Are The Fallen, We Are The Warriors
5. One Of Those Days
6. Mask Of Doom (Interlude)
7. Unspoken Truth
8. Edge Of The Road
9. A Million Miles Away (2018 Edition)
10. F@#k Off!
11. Blind Hearts
12. Cross The Line
13. Save The World

Line-up
Mathias Bissig – Bass
Thomas Stalder – Drum
Dan Näpflin – Lead Guitar
Andreas Egli – Vocal + Rythm Guitar

END OF SILENCE – Facebook

Instorm – Taming The Chaos

L’album non mostra lacune e spinge forte sull’appeal melodico del genere, risultando magari derivativo in certe parti, ma pervaso in generale da una certa personalità e per questo assolutamente consigliato.

Quando ci si imbatte in una band proveniente dalla madre Russia, terra di grande rispetto per l’arte delle sette note e ancora da esplorare a fondo nel suo sempre più ricco underground metallico, le sorprese sono sempre dietro l’angolo

Gli Instorm con il loro secondo lavoro non tradiscono questa piacevole abitudine: il terzetto composto da Roman Nemtsev (voce e chitarra), Marina Nemsteva (chitarra) e Alexander Petrov (chitarra) è attivo dal 2011, con il debutto datato 2013 (Madness Inside) che fa da preludio a questo nuovo lavoro intitolato Taming The Chaos.
Il sound è un melodic death metal di scuola scandinava reso a suo modo originale da molti interventi chitarristici di stampo neoclassico ed atmosfere power/epic folk che collocano la band moscovita nel calderone dei gruppi che seguono pedissequamente il sound degli storici gruppi svedesi e finlandesi, ma con una marcia in più.
Infatti, è davvero bello questo lavoro in diversi frangenti , ricco com’è di cavalcate chitarristiche tecnicamente lodevoli, di melodie accattivanti e dai rimandi epici che creano un alone fantasy molto suggestivo.
Ascoltare per credere le spettacolari Another Reflection, Quest For Light e Lifeless, brani che uniscono in un sol colpo Children Of Bodom, Omnium Gatherum, Norther, Wintersun e sua maestà Yngwie Malmsteen.
L’album non mostra lacune e spinge forte sull’appeal melodico del genere, risultando magari derivativo in certe parti, ma pervaso in generale da una certa personalità e per questo assolutamente consigliato.

Tracklist
1. The Origin of Chaos
2. Day`Night
3. Another Reflection
4. Lethal Winter
5. Quest for the Light
6. Reach for the Sky
7. Serenity
8. Wisdom of Insanity
9. Lifeless
10. Faith Path
11. The Light

Line-up
Roman Nemstev – Guitars, Vocals
Marina Nemsteva – Guitars
Alexander Petrov – Bass

INSTORM – Facebook

In Twilight’s Embrace – Lawa

Solo mezzora scarsa, ma di qualità questo nuovo parto targato In Twilight’s Embrace, gruppo da seguire nel vasto panorama del metal estremo europeo.

Non è la prima volta che ci imbattiamo nei death/blacksters polacchi In Twilight’s Embrace, attivi da ormai quindici anni e con una più che discreta discografia alle spalle, vantando quattro full length di cui almeno un paio molto belli: The Grim Muse licenziato tre anni fa ed il precedente Vanitas uscito lo scorso anno.

La band di Poznań torna con il quinto lavoro, un’opera incentrata su un sound che, da tradizione, al death/black metal classico suonato da quelle parti aggiunge atmosfere e melodie oscure per un risultato alquanto affascinante.
Il death metal melodico dei primi lavori è ormai un ricordo, gli In Twilight’s Embrace si crollano di dosso le rimanenti sfumature scandinave che ancora apparivano nel precedente album per lasciarsi conquistare dalla parte più oscura del loro sound.
Con ben in evidenza l’idioma polacco nei titoli, Lawa risulta ancora più misantropo ed oscuro, sei brani di metal estremo oscuro, dalle melodie che tornano a tratti ad impreziosire brani come il gioiellino Ile trwa czas (How long does time last).
Solo mezzora scarsa, ma di qualità questo nuovo parto targato In Twilight’s Embrace, gruppo da seguire nel vasto panorama del metal estremo europeo.

Tracklist
1. Zaklęcie (The Spell)
2. Dziś wzywają mnie podziemia (The netherworlds beckon me today)
3. Krew (Blood)
4. Pełen czerni (Blackfilled)
5. Ile trwa czas (How long does time last)
6. Żywi nieumarli (Alive undead)

Line-up
Cyprian Łakomy – vocals
Leszek Szlenk – guitars, accordion
Marcin Rybicki – guitars
Jacek Stróżyński – bass, additional guitars
Dawid Bytnar – drums

IN TWILIGHT’S EMBRACE – Facebook

Arsis – Visitant

Un album che ha molte luci ma pure qualche ombra, comunque sicuramente riuscito dal punto di vista di chi apprezza il metal estremo tutto tecnica e velocità.

Attivi fin dall’alba del nuovo millennio gli statunitensi Arsis, tornano con un nuovo lavoro a distanza di cinque anni dal precedente Unwelcome con il sesto album della loro discografia.

Visitant, accompagnato da una copertina che fa tanto vecchia scuola (Mark Riddick), è stato registrato, mixato e masterizzato dal produttore Mark Lewis (Whitechapel, Devildriver, Cannibal Corpse), e licenziato dalla Agonia Records.
Come ormai ci ha abituato la band di Virginia Beach, il sound di questo nuovo lavoro è una death metal tecnico e melodico, molto meno moderno di quello che si potrebbe intuire dal passato del gruppo e più vicino al death metal classico, come già era successo con il precedente album.
La band del funambolico chitarrista James Malone ci regala un album altamente tecnico, improntato su ritmiche thrash/death e sui solos che a tratti sfiorano lo shredding, melodici e spettacolari, di fatto il marchio di fabbrica degli Arsis.
Visitant si specchia in queste caratteristiche, magari anche troppo, ma è indubbio che la tecnica messa in mostra dal gruppo sia di primordine, non solo quella del chitarrista e cantante ma anche dei tre musicisti che compongono il nucleo degli Arsis, Brandon Ellis alla seconda chitarra, Noah Martin al basso e Swan Priest alla batteria.
Tricking The Gods apre l’album e veniamo subito travolti da un turbinio di ritmiche forsennate, da uno scream rabbioso e dalla chitarra del leader che vomita solos indiavolati.
Il seguito segue pedissequamente queste caratteristiche, con brani che risultano ragnatele di note estreme come As Deep As Your Flesh, Funeral Might e Unto the Knife.
Gli Arsis sono una band inattaccabile per quanto riguarda la tecnica esecutiva, ma alla lunga lasciano che la loro principale virtù diventi troppo ingombrante, soffocando leggermente il songwriting.
Un album che ha molte luci ma pure qualche ombra, comunque sicuramente riuscito dal punto di vista di chi apprezza il metal estremo tutto tecnica e velocità.

Tracklist
1. Tricking The Gods
2. Hell Sworn
3. Easy Prey
4. Fathoms
5. As Deep As Your Flesh
6. A Pulse Keeping Time With The Dark
7. Funeral Might
8. Death Vow
9. Dead Is Better
10. Unto The Knife
11. His Eyes (Pseudo Echo Cover)

Line-up
James Malone – Guitar/Vocals
Brandon Ellis – Guitar
Noah Martin – Bass
Shawn Priest – Drums

ARSIS – Facebook

Give Up The Ghost – Before Heading Home

Un ep convincente, con sei brani che ci presentano un gruppo da tenere d’occhio, visti i margini di miglioramento e le strade non così scontate che potrebbero essere percorse in futuro.

Melodic death o metalcore?’

Per quanto riguarda il primo lavoro dei riminesi Give Up The Ghost la verità sta nel mezzo, nel senso che il loro sound risulta personale e meritevole di attenzione, amalgamando sagacemente death melodico, gothic e metalcore.
Before Heading Home è il loro primo ep, uscito sul finire dello scorso anno e composto da sei brani, con l’apertura lasciata ad Archetype, canzone scelta come singolo e che è il sunto di quello che si ascolterà nel proseguo.
Licenziato dalla Volcano Records, l’album è stato realizzato nell’arco di due anni e si sofferma a livello lirico sul periodo che intercorre tra la fine di un viaggio ed il ritorno a casa.
Una voce femminile duetta con il growl, che conferisce un’anima gothic ai brani, mentre la band passa agevolmente tra ritmiche più tirate e di matrice death a mid tempo che si rifanno al metal più moderno: le orchestrazioni hanno la loro importanza, ma non sono invadenti così come le divagazioni folk delle splendide Zwbriwska e Voluspa, tracce che concludono ottimamente il lavoro.
Un ep convincente, con sei brani che ci presentano un gruppo da tenere d’occhio, visti i margini di miglioramento e le strade non così scontate che potrebbero essere percorse in futuro.

Tracklist
1. Archetype
2. The Longest Dive
3. The Barbaric Way
4. Ding Dong Song
5. Zwbriwska
6. Voluspa

Line-up
Christopher Mondaini – Vocals
Thomas Gualtieri – Keyboards
Michele Vasi – Guitar
William Imola – Guitar
Lodovico Venturelli – Bass
Yann Gualtieri – Drums

Rolando Ferro – Drums

GIVE UP THE GHOST – Facebook/

Soilwork – Verkligheten

I Soilwork odierni sono un gruppo che si è saputo ricostruire un’identità artistica album dopo album, pagando qualcosa sotto forma di un paio di passaggi a vuoto, ma ora libero di esprimersi nel modo più congeniale.

Nati con qualche anno di ritardo rispetto ad In Flames, Dark Tranquillity e altre icone del death metal melodico nord europeo, i Soilwork si sono ritrovati a regnare sul genere, dopo qualche piccolo passo falso ma con una costanza che li ha portati all’undicesimo lavoro sulla lunga distanza ed una discografia che si completa con live, compilation ed ep a getto continuo.

I Soilwork targati 2019 non sono più quelli dei primi quattro album, tra il 1998 ed il 2002 artefici di un’immissione di aria fresca nel genere, restando fedeli ad una formula da cui si errano ormai allontanati i loro colleghi.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, nel frattempo il leader maximum Speed Strid, ha avuto il tempo di sperimentare nuove soluzioni melodiche con gli imperdibili The Night Flight Orchestra, nuove ovviamente per chi si è sempre nutrito solo di metal estremo, ma famigliari per i reduci del pop rock settanta/ottanta.
Da qui si parte inevitabilmente per descrivere questo nuovo album intitolato Verkligheten, un’opera che farà sicuramente discutere per la sua accentuata impronta melodica che molto deve appunto al sound dei The Night Flight Orchestra, ma che rimane legato comunque ed indissolubilmente all’ormai storico genere creato nei primi anni novanta nella penisola scandinava.
Non manca la novità in sede di line up, con Bastian Thusgaard che si siede dietro al drumkit al posto dello storico Dirk Verbeuren, passato alla corte di Dave Mustaine.
Verkligheten, come avrete capito, è un album in cui le melodie di stampo hard rock diventano le assolute protagoniste, prendendo il sopravvento sull’anima death metal del gruppo; Strid, sempre più leader incontrastato, è protagonista di una prova eccezionale e questo la dice lunga su quello che troverete in queste dodici tracce, visto che il canto pulito domina sullo scream in tutto l’album.
Musicalmente la band picchia come sa, ma solo a tratti, il resto è costruito sulla dote che il cantante si porta dietro dai The Night Flight Orchestra, una virtù che porta il nuovo lavoro a risultare fresco, straordinario per quanto riguarda refrain, chorus ed arrangiamenti ed assolutamente irresistibile.
Un album che ovviamente non piacerà ai fans del sound che come una tempesta attraversa gli anni a cavallo del nuovo millennio, ma è indubbio che When The Universe Spoke, Stålfågel, Witan e The Ageless Whisper risultino tracce dal tiro micidiale e dall’appeal davvero micidiale.
I Soilwork odierni sono un gruppo che si è saputo ricostruire un’identità artistica album dopo album, pagando qualcosa sotto forma di un paio di passaggi a vuoto, ma ora libero di esprimersi nel modo più congeniale.

Tracklist
1.Verkligheten
2.Arrival
3.Bleeder Despoiler
4.Full Moon Shoals
5.The Nurturing Glance
6.When the Universe Spoke
7.Stålfågel
8.The Wolves Are Back in Town
9.Witan
10.The Ageless Whisper
11.Needles and Kin
12.You Aquiver

Line-up
Björn “Speed” Strid – Vocals
Sven Karlsson – Keyboards
Sylvain Coudret – Guitars
David Andersson – Guitars
Bastian Thusgaard – Drums

SOILWORK – Facebook

Bane – Esoteric Formulae

Quello contenuto in Esoteric Formulae è un black death melodico che non va a scombinare le gerarchie del genere ma piazza i Bane in una posizione privilegiata, almeno se si vede il tutto nella prospettiva di spiccare un balzo decisivo verso i piani superiori occupati dalle band più famose.

I Bane sono una band nata in Serbia circa a metà dello scorso decennio e, fino al precedente full length The Acausal Fire, tutti i musicisti coinvolti provenivano da quella nazione.

Il trasferimento del leader Branislav Panić a Montreal ha fatto sì che il musicista si prendesse una pausa di cinque anni prima di ritornare con un nuovo album, il terzo della sua band, intitolato Esoteric Formulae.
Per l’occasione il musicista originario di Novi Sad ha fatto quasi tutto da solo, avvalendosi della collaborazione in studio del batterista ceco Honza Kapák (Master’s Hammer), della canadese Ophélie Gingras a curare le orchestrazioni e di due ospiti come l’italiano Giulio Moschini (Hour Of Penance), alla chitarra in Wretched Feast, e del francese Amduscias (Temple Of Baal), alla voce in Into Oblivion.
L’album fa uno strano effetto al primo approccio, visto che il suo ascolto scorre decisamente bene ma alla fine si ha la sensazione di non aver ascoltato nulla di particolare se non un black death melodico e decisamente ben eseguito; poi, pian piano, i brani fanno breccia in virtù di un’intensità spesso sconosciuta a molti degli epigoni di Dissection e Behemoth, ai quali i Bane possono essere in modo lecito associati.
La bravura di Panić risiede soprattutto nel grande equilibrio che sa donare alle proprie composizioni, facendo sì che la componente estrema e quella melodica non finiscano per fagocitarsi a vicenda e anche, forse ancora di più, per aver proposto un set di vere e proprie canzoni, dieci staffilate dalla durata per lo più contenuta entro i quattro minuti, tempo entro il quale non c’è modo di perdersi in ghirigori o diluizioni di alcun genere.
Quello contenuto in Esoteric Formulae è un black death melodico che non va a scombinare le gerarchie del genere ma piazza la band e il musicista serbo in una posizione privilegiata, almeno se si vede il tutto nella prospettiva di spiccare un balzo decisivo verso i piani superiori occupati dalle band più famose; privo davvero di punti deboli, con menzione per le notevoli Wretched Feast e Burning The Remains, il lavoro va gustato dall’inizio alla fine lasciandosi trasportare da un impatto adrenalinico, utile senz’altro per liberarsi più facilmente dai postumi delle festività e dai conseguenti surplus di melassa dalla quale si è stati inevitabilmente sommersi.

Tracklist:
1.Invocation Of The Nameless One
2.The Calling Of The Eleven Angles
3.Beneath The Black Earth
4.Bringer Of Pandimensional Disorder
5.Wretched Feast” (feat. Giulio from Hour Of Penance)
6.Into Oblivion” (feat. Amduscias from Temple Of Baal)
7.Burning The Remains
8.Reign In Chaos
9.Acosmic Forces Of The Nightside
10.Wrathful Reflections

Line-up:
Branislav Panić – Vocals, Guitars, Bass, Keyboards

Guests:
Honza Kapák – Drums
Giulio Moschini – Guitars (lead) (track 5)
Amduscias – Vocals (additional) (track 6)
Ophélie Gingras – Orchestrations

BANE – Facebook

Weight Of Emptiness – Anfractuous Moments for Redemption

Gli Weight Of Emptiness sapranno guidarvi nella loro musica schivando i pericoli del già sentito con una prova personale e che dà spazio ad una buona scrittura nella quale la tecnica viene utilizzata per valorizzare un lotto di brani oscuri e melodici, estremi e progressivi.

In ritardo di qualche mese sulla data di uscita vi presentiamo questa notevole realtà estrema proveniente dal Cile, gli Weight Of Emptiness.

Il quintetto proveniente da Santiago arriva al debutto sulla lunga distanza con Anfractuous Moments for Redemption, album composto da sette tracce più intro ed outro di melodic death metal tecnico e progressivo, con qualche rallentamento doom qua e là a rendere il tutto molto suggestivo, alternando così parti più orientate al death metal di stampo melodico ed europeo, nelle quali il gruppo mette in campo tutta le sue doti strumentali, ad altre invece in cui atmosfere oscure spostano gli equilibri verso un più emozionante doom/death.
Nel complesso Anfractuous Moments for Redemption funziona, i brani si mantengono tutti su una qualità abbastanza alta tanto da consigliare il lavoro agli amanti del death melodico e progressivo, elemento quest’ultimo che valorizza brani come Behind The Mask, The Silence e la lunga Inner Chaos, sunto di nove minuti di quello che avrete ascoltato sull’album, posto prima dell’outro.
Gli Weight Of Emptiness sapranno guidarvi nella loro musica schivando i pericoli del già sentito con una prova personale e che dà spazio ad una buona scrittura nella quale la tecnica viene utilizzata per valorizzare un lotto di brani oscuri e melodici, estremi e progressivi.

Tracklist
1.Anfractuous (Intro)
2.Behind the Masks
3.Unbreakable
4.The Silence
5.Holy Death
6.Cancer
7.Weight of Emptiness
8.Inner Chaos
9.Redemption (Outro)

Line-up
Alejandro Ruiz – Vocals
Juan Acevedo – Guitar
Alejandro Bravo – Guitar
Manuel Villarroel – Bass
Mauricio Basso – Drums

Guest musicians:
Eduardo P. Ocampo – Synths on “Anfractuous” & “Redemption”
Jorge Pinochet – Additional Vocals on “The Silence”
Juan Daniel Barrera – Additional Vocals on “Weight Of Emptiness”

WEIGHT OF EMPTINESS – Facebook

Bölthorn – Across The Human Path

Buttarsi nell’agone viking death metal non è cosa affatto facile, in questo caso lo si fa con molta qualità e bravura, riuscendo sempre a cogliere il punto. Across The Human Path è una delle migliori cose uscite in Italia in questo genere, e non solo.

In questo gran revival vichingo degli ultimi anni, fra serie tv e gruppi metal che si rifanno a questa epopea, arrivano da Parma come un colpo di Mjölnir i Bölthorn, semplicemente il miglior gruppo italiano di viking melodic death metal in circolazione.

Le influenze sono chiare e ci portano dalle parti degli asgardiani Amon Amarth, con quella mistura particolare di death metal melodico con influenze viking. La bellezza di Across The Human Path sta proprio nel groove incessante, nella capacità di creare una certa atmosfera, che non è solo derivativa, ma che porta in sé qualcosa di innovativo e di antico al tempo stesso. Il suono di questi parmensi non è inedito, ma lo fanno ad un livello molto superiore rispetto alla maggior parte dei gruppi del genere o sottogenere. Si parte con un’ottima produzione che fa risaltare la loro preparazione tecnica e la sapienza compositiva: i Bölthorn creano un pathos particolare, un sentire che ricorda i migliori dischi del genere, quel ritrovarsi fianco a fianco nella neve con i guerrieri durante una battaglia, o guardare il mare dagli scogli di un fiordo immaginando cosa ci possa essere al di là delle onde. In alcuni momenti l’assalto melodic death metal diventa struggente, compenetrando quella malinconia che ha contraddistinto i vichinghi, quella profonda conoscenza della vita che porta ad affrontarla a viso aperto, difficoltà per difficoltà, giorno per giorno. Il cantato è in growl, ma è molto chiaro e rende molto bene, il gruppo è preparato , preciso e con un’impronta personale e ben definita. Le canzoni sono quasi tutte di ampio respiro per sviluppare al meglio le profonde trame sonore. I Bölthorn nascono dalla volontà di Ivan (già nei Dust, Dream’s Echo ed Ironcross Project) di creare un progetto inizialmente da studio: Rob degli Angerfish e Drake dei Ny Mind si trovano subito in sintonia con lui e quindi il tutto avanza fino alla registrazione del disco presso l’Audicore Studio di Fontevivo in provincia di Parma. Il risultato è un lavoro mai scontato, ben suonato e ottimamente composto, che emoziona e che piacerà molto a chi ama queste sonorità e questo immaginario, ma anche molto fruibile per chi non le conoscesse ancora. Buttarsi nell’agone viking death metal non è cosa affatto facile, in questo caso lo si fa con molta qualità e bravura, riuscendo sempre a cogliere il punto. Across The Human Path è una delle migliori cose uscite in Italia in questo genere, e non solo.

Tracklist
1. Intro
2. Sentinel
3. For Honor
4. Thor
5. Curse of Time
6. Warriors
7. Midgaard
8. The Lair of the Beast
9. The Kaleidoscope

Line-up
Ironcross – Composer, Guitar, Bass and Drum
Drake – Vocals
Röb – Composer, Guitar

BOLTHORN – Facebook

Death Waltz – Born To Burn

I Death Waltz guardano avanti e, pur non nascondendo ispirazioni ed influenze, licenziano un buon lavoro provando a farsi spazio nella scena underground nostrana.

I bresciani Death Waltz si definiscono semplicemente una band “metal” e fanno bene, sarebbe forse troppo lungo etichettare il sound del loro primo lavoro come melodic death, thrash, heavy metal.

Nata ormai quattro anni fa, la band lombarda arriva a licenziare il primo lavoro dopo alcuni cambi di line up e la solita gavetta in giro per i locali della provincia bresciana, prima che questo roccioso, metallico e melodico Born To Burn veda la luce e venga promosso dalla Ad Noctem Records.
Questi undici brani che formano quaranta minuti di musica, vedono la band impegnata nel proporre metal che prende ispirazione tanto dal melodic death metal, quanto dall’heavy, potenziando a tratti l’atmosfera con sferzate thrash che velocizzano le ritmiche ed estremizzano il sound.
Ne esce un lavoro piacevole, grezzo e melodico, attraversato da armonie che richiamano i Sentenced di Down, i Maiden ed in generale il thrash metal, ma che trovano una loro strada, sicuramente ancora più da personalizzare in futuro.
Born To Burn risulta quindi un buon ascolto, un tocco moderno in qualche arrangiamento non manca e dona a brani come Blood Moon, Dream e Samarra quel che basta per essere inserito nel metal del nuovo millennio.
I Death Waltz guardano avanti e, pur non nascondendo ispirazioni ed influenze, licenziano un buon lavoro provando a farsi spazio nella scena underground nostrana.

Tracklist
1.Intro
2.Juliet
3.Blood Moon
4.Beast
5.Death Waltz
6.Dream
7.This Is War
8.Samarra
9.Born to Burn
10.Riot
11.Asylum

Line-up
Jacopo “Jack” Polonioli – Drums
Mirko “J” Scarpellini – Guitars
Diego Dangolini – Bass
Stefano “Stef” Comensoli – Guitars
Alberto Scolari – Vocals

DEATH WALTZ – Facebook

R.O.T. – Revolution Of Two

Revolution Of Two risulta quindi uno splendido esempio di metal estremo, melodico e progressivo, meritevole di attenzione anche perché suonato ottimamente da un duo dalle potenzialità enormi.

Nell’underground metallico non mancano certo le soprese, piccole gemme sonore che ci arrivano da ogni parte del mondo e che abbracciano generi e sonorità della più disparate.

I R.O.T. sono un duo di musicisti provenienti da Cassino, unitisi dopo varie esperienze lo scorso anno con lo scopo di suonare death metal melodico e progressivo.
Louis Littlebrain (Luigi Cervellini) e Eddy Scissorshand (Edoardo Merlino) debuttano con il primo full length intitolato Revolution Of Two, autoprodotto e uscito per la per la loro etichetta indipendente EFTM Records.
L’album è composto da otto brani più intro per tre quarti d’ora di death melodico ottimamente suonato dal duo che, con una sviluppata personalità, elabora il genere alla sua maniera unendo nel proprio sound diversi spunti ed ispirazioni e creando un sound deviato da iniezioni di moderne trame progressive.
Ritmiche thrash, un lavoro chitarristico dai rimandi classici, l’uso della doppia voce e qualche accenno di modernità, fanno di Revolution Of Two un ibrido di musica estrema e melodica che racchiude ispirazioni provenienti da Soilwork, Devin Townsend, Voivod, In Flames e valorizzate da notevoli ricami progressivi che non solo mettono in risalto la tecnica esecutiva del duo, ma creano cangianti atmosfere che arricchiscono non poco il songwriting.
La sensazionale partenza, con la diretta e spettacolare Diamond Souls che esplode in tutta la sua forza prorompente dopo l’intro, è solo l’inizio di un viaggio tra la musica creata dai R.O.T. che vede il suo apice tra le note della cangiante The 4th Reactor, The Angel’s Cry e nella conclusiva Aut-Aut.
Revolution Of Two risulta quindi uno splendido esempio di metal estremo, melodico e progressivo, meritevole di attenzione anche perché suonato ottimamente da un duo dalle potenzialità enormi.

Tracklist
1.After All…
2.Diamond Souls
3.Hyper Thymesia
4.The 4th Reactor
5.Rebirth
6.Angel’s Cry
7.Ethereal Dimension
8.Apatite
9.Aut Aut

Line-up
Eddy Scissorshand – Bass, Vocals
Louis LittleBrain – Guitars, Keyboards

Worth – The Essence Of Life

The Essence Of Life arriva alla sufficienza per le buone intuizioni melodiche e gli interventi della voce pulita, sicuramente più convincente di quella estrema: un aspetto, quest’ultimo, sul quale le Worth devono necessariamente lavorare in futuro.

Le Worth sono un gruppo di ragazze attive dal 2014 nella zona di Barcellona all’esordio con The Essence Of Life, full length dal sound che si ispira al death metal melodico di matrice scandinava.

I Sentenced sono l’influenza massima delle Worth, anche se magari il sound delle musiciste iberiche è meno gotico e più incentrato su un metal/hard rock di sicura presa a livello strumentale, mentre la prestazione vocale in growl lascia molto a desiderare.
Peccato, perché l’album è piacevolmente melodico, le armonie chitarristiche si accompagnano con le tastiere che imprimono la loro anima dark su brani che, con un cantato, più incisivo avrebbero sicuramente aumentato di molto l’appeal sull’ascoltatore.
Il singolo Parting Ways, Last Recall, The Return, il mid tempo possente di Dead Mind (Chapter III) sono gli episodi migliori di un debutto con qualche luce e l’ombra di un growl forzato e poco incisivo.
The Essence Of Life arriva alla sufficienza per le buone intuizioni melodiche e gli interventi della voce pulita, sicuramente più convincente di quella estrema: un aspetto, quest’ultimo, sul quale le Worth devono necessariamente lavorare in futuro.

Tracklist
01. The Essence of Life
02. Last Recall
03. Lake of Time (Chapter IV)
04. The Return
05. Dead Mind (Chapter III)
06. Resign Their Fate
07. Into the Abyss (Chapter II)
08. She
09. Parting Ways
10. Stormy Tale (Chapter I)

Line-up
Anna Nadal – Drums
Francesca Missori – Bass
Gloria Falgueras – Guitars, Backing Vocals
Marta Monistrol – Guitars
Cri Jill – Vocals

WORTH – Facebook

The Moor – Jupiter’s Immigrants

L’album offre un progressive metal estremo e meravigliosamente moderno, un continuo susseguirsi di emozioni estreme come attitudine, sia quando il death metal si fa spazio tra lo spartito, sia quando le melodie hanno la meglio, mantenendo però un’atmosfera di evocativa tensione.

I The Moor licenziano dopo sei lunghi anni il loro secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Jupiter’s Immigrants, un album bellissimo ed emozionante dal taglio moderno e progressivo, estremo e melodico.

Guardando sempre a nord e alla penisola scandinava, la band veneta si è costruita una reputazione soprattutto oltre confine, ed anche questo nuovo lavoro risulta un’opera dal taglio internazionale, dal sound al lavoro dietro la consolle, per finire con gli illustri ospiti che hanno dato il loro contributo come special guest.
Mixato da Fredrik Nördstrom (In Flames, Powerwolf), accompagnato dalla copertina creata da Niklas Sundin (Dark tranquillity, Arch Enemy) e con la presenza di Michael Stanne nella title track e Niklas Isfeldt dei Dream Evil nella conclusiva Dark Ruler, Jupiter’s Immigrants letteralmente deflagra risultando un fiume in piena di note progressivamente metalliche, emozionanti e dirette, durissime e melodiche, rabbiose e struggenti.
L’album offre un progressive metal estremo e meravigliosamente moderno, un continuo susseguirsi di emozioni estreme come attitudine, sia quando il death metal si fa spazio tra lo spartito, sia quando le melodie hanno la meglio, mantenendo però un’atmosfera di evocativa tensione: una raccolta di brani che non lascia spazio ad alcun cedimento coinvolgendo in ogni singola parte l’ascoltatore, travolto dalla piena di questo fiume musicale.
Ottimo anche l’uso delle voci, splendide ed emozionanti quelle pulite, decise e perfettamente inserite nel contesto delle varie tracce quelle estreme: questo ottimo lavoro ha la sua patria musicale nella penisola scandinava, quindi avvicinatevi alle varie Lead The Difference, The Profiteer, Enthroned ed Odin Vs Jesus con la consapevolezza di essere al cospetto di una band nata in Italia ma adottata dalla scena nordica: Dark Tranquillity, Amorphis, Leprous, Soilwork, In Flames vengono idealmente racchiusi nello stesso spettacolare sound, fornendo un risultato davvero imperdibile.

Tracklist
1.Lead the Difference
2.Jupiter’s Immigrants
3.The Profiteer
4.Thousand Miles Away
5.Enthroned
6.Inception
7.Odin vs Jesus
8.The Alarmist
9.Dark Ruler

Line-up
Enrico Longhin – Vocals, Guitars
Andrea Livieri – Guitars
Massimo Cocchetto – Bass
Alberto Businari – Drums

THE MOOR – Facebook

From Ashes Reborn – Existence Exiled

Il sound offerto è quanto di più classico ci si possa attendere: il quintetto torna alla fonte del melodic death, quindi ci si possono dimenticare partiture folk, prog o ispirate ai suoni del nuovo continente, al limite la band inserisce qualche accelerazione thrash, ma l’atmosfera che si respira è quella degli storici esordi dei primi anni novanta che diedero il via alla propagazione di queste sonorità.

Il melodic death metal di matrice scandinava continua a regalare ottimi lavori per i fans che, fin dai primi anni novanta, sono rimasti legati a questo sottogenere.

Sono passati ormai quasi trent’anni da quando le icone scandinave muovevano i primi passi, idolatrate dagli addetti ai lavori come nuova frontiera del metal e seguite dagli amanti dei suoni estremi, tra un lavoro di death metal classico e uno divorato dalla fiamma nera del black metal.
Nel corso degli anni il melodic death metal ha fagocitato più di un genere e ha dato i natali a gruppi che lo hanno portato in lidi progressivi e folk, senza dimenticare la strada moderna presa e seguita da molti colleghi degli In Flames.
Questa giovane band tedesca chiamata From Ashes Reborn debutta con Existence Exiled, una mezzora di death melodico prodotta in collaborazione con Markus Stock (Empyrium, The Vision Bleak, Sun of the Sleepless) e registrata ai Klangschmiede Studio.
Il sound offerto è quanto di più classico ci si possa attendere: il quintetto torna alla fonte del melodic death, quindi ci si possono dimenticare partiture folk, prog o ispirate ai suoni del nuovo continente, al limite la band inserisce qualche accelerazione thrash, ma l’atmosfera che si respira in brani come Fight For The Light, The Essence Of Emptiness o la title track, è quella degli storici esordi dei primi anni novanta che diedero il via alla propagazione di queste sonorità.
E’ brava la band a risparmiarci clean vocals tanto di moda oggigiorno, aggredendoci invece con brani strutturati sul gran lavoro delle chitarre dall’anima classica, con solos e ritmiche che mantengono una velocità di crociera da ritiro immediato della patente.
Fortunatamente non si viaggia con mezzi a quattro o due ruote, ma con il lettore sempre pronto a spingerci indietro nel tempo, mentre Skydancer dei Dark Tranquillity, A Velvet Creation degli Eucharist o Lunar Strain degli In Flames, come per magia cominciano a brillare di una luce intensa in mezzo alla raccolta di cd in bella mostra vicino al vostro stereo.

Tracklist
01.The Onerous Truth
02.Fight For The Light
03.Follow The Rising
04.The Essence Of Emptiness
05.Infected
06.Existence Exiled
07.Homicidal Rampage
08.The Splendid Path

Line-up
Ronni – Vocals
Dirk – Lead & solo guitar
Sebastian – Rhythm guitar & backing vocals
Tobias – Bass
Thomas – Drums

FROM ASHES REBORN – Facebook