Nerodia – Vanity Unfair

Il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di grandi intuizioni melodiche.

Tornano come una tromba d’aria che, vorticando, finisce il lavoro di distruzione sulle macerie lasciate al primo fatale passaggio, lasciando solo il caos prodotto dalla sua inesauribile furia.

Loro sono i Nerodia, quartetto romano che rilascia questo devastante secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo il primo full length Heretic Manifesto e Prelude To Misery, ep uscito tre anni fa e che avevamo già elogiato su queste pagine.
Vanity Unfair è stato affidato per il mix ed il mastering a Stefano Morabito in quel dei 16th Cellar Studio e vede come ospite Massimiliano Pagliuso dei Novembre, alle prese con un solo nella belligerante ed oltremodo scandinava The Black Line.
I nostri quattro thrash/blacksters, senza farci respirare, ci immergono nel loro mare di note estreme sempre in bilico tra il black metal scandinavo ed il thrash old school di matrice tedesca.
E’ un mare nero, dove vivono entità che nell’ombra, voraci, che attaccano senza pietà pregne di umori black’n roll ed insana attitudine evil con questo nuovo lavoro, ancora una volta valorizzato dalla tecnica sopraffina dei musicisti, tra cui spicca l’enorme piovra famelica che di nome fa David Folchitto.
I riff si susseguono, veloci e taglienti come zanne di squali tigre convincendo ancora una volta sulla perizia dei due axeman (Giulio Serpico Marini, Marco Montagna), mentre il basso di Ivan Contini segue lo tsunami di colpi inferti dal suo collega ritmico.
Brani che non scendono sotto l’atmosfera di esaltazione che dalle prime note della title track cala sull’ascoltatore, stordito dal mix letale di Darkthrone, Dissection, Kreator ed impulsi motorheadiani che brani come Pussywitch 666, Anti-Human Propaganda, Chains of Misery e No Crown For The Dead non fanno che confermare.
Siamo a livelli molto alti, la band romana non ha punti deboli, ed il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di intuizioni melodiche sopra le righe. Un acquisto obbligato.

TRACKLIST
01 Necromorphine Awakening
02 Vanity Unfair
03 The Black Line
04 Souldead
05 Pussywitch 666
06 No Crown for the Dead
07 Anti-Human Propaganda
08 Chains of Misery
09 Celebration of the Weak
10 Usque Ad Finem
11 Channeling the Dark Sound of Cosmos

LINE-UP
Giulio Serpico Marini – Vocals, Guitars
Marco Montagna – Guitars, B.Vocals
Ivan Contini – Bass
David Folchitto – Drums

NERODIA – Facebook

Revolution Within – Annihilation

Annihilation punta tutto sulla forza d’urto e non potrebbe essere altrimenti, le canzoni si succedono in un clima di efferata violenza e la band risulta compatta, una forza della natura tremendamente efficace.

Licenziano il terzo full length i Revolution Within, thrash metal band portoghese che si unisce alle truppe europee devote alla parte più moderna e groove del genere.

Nato più di dieci anni fa, il gruppo debuttò nel 2009 con Collision a cui seguì tre anni dopo Straight from Within a consolidare una formula confermata anche sul nuovo lavoro e che vede il quartetto alle prese con un thrash metal violentissimo, moderno e che non manca di far male con letali iniezioni di groove ed una predisposizione deathcore.
Quasi quaranta minuti senza prendere fiato, sopraffatti da una valanga di metal estremo che pur guardando alla parte moderna del genere rimane assolutamente senza compromessi.
Come in molte opere del genere si passeggia sulle macerie di una città distrutta, l’atmosfera che regna è di assoluta desolazione. come dopo la deflagrazione di un ordigno nucleare in un paesaggio devastato dalla furia dell’implosione.
Niente di nuovo ma dall’ottimo impatto alternando velocità e mid tempo dai rimandi core, pesantissimi e monolitici, con la voce che urla rabbiosa tutto il disagio possibile.
Annihilation punta tutto sulla forza d’urto e non potrebbe essere altrimenti, le canzoni si succedono in un clima di efferata violenza e la band risulta compatta, una forza della natura tremendamente efficace.
Grande prova delle asce che rifilano solos al limite, mentre la sezione ritmica si destreggia tra moderno groove e veloci sfuriate in un clima di torrido calore atomico.
Siamo come detto nell’area moderna del thrash metal e le influenze del gruppo portoghese si rifanno ai gruppi cardine del movimento come Machine Head, ultimi Sepultura, Killswitch Engage e Lamb Of God: dunque, se siete fans di questi gruppi e del genere descritto, Annihilation potrebbe essere l’ascolto di questa calda estate 2016.

TRACKLIST
1. Annihilation
2. A Fortress Around My Fate
3. Growing Inside
4. Countdown to…
5. Suicide Inheritance
6. From Madness to Sanity
7. Until I See the Devil Dies
8. Manhunt
9. Without a Reason for Denial
10. This Dying World

LINE-UP
Matador – Guitars
Raça – Vocals
Shaq – Drums
Adriano – Guitars
Jay – Bass

REVOLUTION WITHIN – Facebook

Vulture – Victim to the Blade

Primo demo di quattro brani per i tedeschi Vulture, votati al più puro spirito underground di matrice ottantiana.

I Vulture sono un giovane gruppo tedesco, attivo dallo scorso anno, del quale la label High Roller licenzia il primo demo di quattro brani (rigorosamente in musicassetta), per una quindicina di minuti di speed/thrash old school, debitore della scuola ottantiana.

E all’ascolto di Victime To The Blade sembra davvero di tornare ai gloriosi anni delle musicassette e delle ‘zine cartacee, produzione ed impatto sono infatti  in puro stile anni ottanta, cosi come il cantato che non fa mancare qualche sguaiato urlo in falsetto.
Ritmiche velocissime, accompagnano un’aggressione thrash senza compromessi, l’aria che si respira è di pura nostalgica riesumazione delle sonorità care ai pionieri dei generi descritti, ed un alone di stantio prevale sul sound dei nostri baldi thrashers tedeschi.
La cover di Rapid Fire dei Judas Priest chiude il lavoro, non prima di averci fatto scendere qualche lacrimuccia nostalgica con l’impatto a tutta velocità delle varie Vulture, Delivered to Die e la titletrack.
Poco per esprimere un giudizio sulla prova del gruppo, ma abbastanza per consigliare un ascolto solo a chi è un vero fan dello speed metal di matrice ottantiana, nonché assoluto cultore delle opere in musicassetta.
La domanda che mi pongo al riguardo è: ma ne esistono ancora? …

TRACKLIST

Side A
1. Vulture
2. Delivered to Die
3. Victim to the Blade
4. Rapid Fire (Judas Priest cover)

Side B
1. Vulture
2. Delivered to Die
3. Victim to the Blade
4. Rapid Fire (Judas Priest cover)

LINE-UP
M. Outlaw – Guitars
S. Genözider – Guitars, Drums
L. Steeler – Vocals
A. Axetinctör – Bass

VULTURE – Facebook

Harm – October Fire

Una bomba estrema, questo risulta October Fire, nuovo lavoro dei norvegesi Harm, un trio diabolico che al thrash aggiunge una potenza death/black metal per un risultato da tregenda musicale.

Il gruppo nasce addirittura nel 1997, ma la prima uscita risale al 2004 con il debutto in versione demo, seguito da due full length, Devil del 2006 e Demonic Alliance del 2011.
Una furia distruttrice che parte da una base thrash ed incorpora elementi death e black, i generi estremi di cui il loro paese è da sempre tra i massimi esponenti; il risultato non può che essere devastante come un ciclone biblico.
Vocals che rasentano lo scream di estrazione black, ritmiche inumane, solos spaccaossa , tanta furia distruttrice e se non bastasse rallentamenti al limite del doom/death, fanno di October Fire un lavoro estremo violentissimo ed assolutamente affascinante.
Il songwriting parossistico fa di questa raccolta di brani violenti e demoniaci una chicca per gli amanti del metal estremo, una band che nel suo estremismo sonoro mette d’accordo un po’ tutti gli affezionati al male in musica.
Non un attimo di tregua, fin dall’opener Devastator gli Harm danno inizio alla carneficina e non c’è modo di fermarli, crudeli e senza pietà infieriscono sull’ascoltatore con un approccio che fa passare una qualsiasi black metal band per dei bimbetti ai primi canti imparati a scuola.
La title track, Kill The King, l’infernale Bad Omen letteralmente uccidono, riconcorrono le vittime per finirle con una violenza inumana, le trombe d’aria metalliche non lasciano che macerie al loro passaggio e l’esercito di demoni con il fuoco di Ottobre purifica la terra dalle ultime avvisaglie di umanità.
Steffan Schulze (voce e basso), Nicolay Jørni Johnsen (chitarra), Kevin Kvåle (batteria), confezionano uno dei più malvagi e terremotanti lavori in ambito estremo di questa prima metà dell’anno, non perdetelo o il fuoco vi brucerà.

TRACKLIST
1. Devastator
2. Executioner
3. Trying To Grow Wings
4. October Fire
5. Kill The King
6. Shadow And The Slave
7. Red Stone Souls
8. In These Moments
9. Bad Omen

LINE-UP
Steffan Schulze – Bass/vocals
Nicolay Jørni Johnsen – Guitars
Kevin Kvåle – Drums

HARM – Facebook

Mortal Terror – Creating Destruction

Creating Destruction è un lavoro niente male che ci consegna un gruppo da scoprire, nel caso non lo si sia già fatto.

Veterani della scena thrash metal tedesca, i Mortal Terror non sono molto conosciuti, a meno che non si sia fans accaniti del thrash metal old school, eppure la loro nascita è datata addirittura 1986, in pieno sviluppo e successo delle sonorità estreme.

Una sfilza di demo a cavallo tra gli anni ottanta ed il decennio successivo ed un primo full length licenziato nel 1994 e seguito da altri quattro lavori e due ep, trovando una discreta costanza proprio negli ultimi anni con questo nuovo album che segue We Are The Damned di “appena” sei anni.
Forse la poca produttività ha pesato sulla carriera del gruppo tedesco, fatto sta che dopo trent’anni tornano con un nuovo lavoro e Iyezine, pronta, cercherà di far luce su questi vecchi thrashers ottantiani.
Il sound della band è un buon esempio di thrash tecnico, con molte parte classiche e sfumature death metal progressive, un po’ come i primi Voivod, ma resi brutali da iniezioni slayerane, senza dimenticare la vecchia scuola, specialmente nel lavoro delle due asce, protagoniste di solos dal notevole spessore melodico e tecnico.
Voce aggressiva ma classicamente thrash old school, e ritmiche varie, fanno di Creating Destruction un ottimo lavoro: il gruppo di Kassel alterna brani dall’impatto e velocità illegali ad altri dove l’anima progressiva prende il sopravvento donando ottime parti dove gli accordi semi acustici si sprecano, le parti intimiste diventano predominanti ed un altro glorioso nome , i Metallica era Master Of Puppets, si affaccia sul sound della band.
La carica slayerana di brani come Too Old to Die Young e Death Zone, rimarcano la natura senza compromessi del combo tedescol, mentre  Speed Demon e Spit You Out accentuano quella più elaborata che alza non di poco il valore di una album buono su tutta la linea: trent’anni di esperienza si sentono, ed i musicisti risultano ottimi artigiani metallici.
Creating Destruction è un lavoro niente male che ci consegna un gruppo da scoprire, nel caso non lo si sia già fatto.

TRACKLIST
1. Funeral March (Intro)
2. Too old to die young
3. Speed Demon
4. Death Zone
5. The Beast takes Control
6. Creating Destruction
7. Violent Years
8. Spit you out
9. Mortal Terror

LINE-UP
Stefan Kunth-Vocals
Dirk Wieland-Guitars, vocals
Gerrit Geilich-Bass
Matthias Keyser-Guitars
Jürgen Grauer-Drums

 

Surtur – Descendant of Time

Riff secchi e precisi e tanta ferocia, sommata all’entusiasmo che una giovane band al primo lavoro mette alla grande sul piatto, fanno pari e patta con i piccoli difetti del caso: i ragazzi sono giovani ed hanno ampi margini di miglioramento

Che i paesi asiatici siano ormai una culla per il movimento estremo mondiale non è certo una novità, almeno per chi è abituato a spulciare le ‘zine di riferimento, attente a quello che succede in quei lontani paesi dal punto di vista musicale.

Iyezine in questi anni ha dato molto spazio alla scena, confrontandosi con realtà metalliche che nulla hanno da invidiare a quelle europee e statunitensi, in tutti i generi e sottogeneri di cui può vantare la nostra musica preferita.
Oltre all’immensa India anche gli altri paesi non mancano di gruppi di una certa importanza, specialmente a livello qualitativo, ed uno di questi è sicuramente il Bangladesh.
Thrash metal, per molti un genere obsoleto, che nell’underground però regala piccoli gioiellini di metallo incendiario, trovando appunto nel continente asiatico terreno fertile per far crescere nuove e buone realtà che al genere si ispirano.
A Dhaka, città del Bangladesh nascono nel 2012 i Surtur giovane quartetto di thrashers che debuttano lo scorso anno con Descendant of Time, ristampato quest’anno dalla Witches Brew, un ep di quattro brani ispirato al thrash metal old school di scuola tedesca ma che non rinuncia a devastare con letali dosi di death metal.
Ne esce un sound violento e senza compromessi, dato anche dal growl cattivissimo e dalle atmosfere da battaglia negli inferi che oscurano il sound dei brani.
Intro acustica, che sfocia in un mid tempo, è un attimo perché si parte a velocità furibonde con doppia cassa sparata al limite ed una tregenda metallica dall’impatto furibondo.
La titletrack risulta una tempesta estrema, ma dall’ottima Maggot Filled Brain e Demolisher, qualche rallentamento ed un minimo di melodia in più danno al sound della band una leggera varietà nel suo assalto sonoro senza compromessi.
Riff secchi e precisi e tanta fer28ocia sommata all’entusiasmo che una giovane band al primo lavoro mette alla grande sul piatto, fanno pari e patta con i piccoli difetti del caso, i ragazzi sono giovani ed hanno ampi margini di miglioramento, il genere suonato è del più classico perciò l’originalità la lasciamo in altre sedi, aspettiamo il prossimo passo per una più accurata esamina, anche per il minutaggio ridotto del lavoro in questione.

TRACKLIST
1.Prologue to Chaos
2.Descendant of Time
3.Maggot Filled Brain
4.Demolisher

LINE-UP
Riasat Azmi – Vocals
Shadman Omee -Guitars
Masnun Efaz -Bass
Rifat Rafi – Drums

SURTUR – Facebook

Thrashit – Kaiser of Evil

Poco più di una ventina di minuti per scaricare otto proiettili di thrash metal old school feroce ed aggressivo

Il vecchio e vituperato thrash metal non conosce confini ,così che nell’underground non sono solo la vecchia Europa o gli USA a regalarci nuove realtà nel genere, ma anche dalla lontana Asia non mancano nuovi adepti al sacro fuoco del thrash.

Dalla Malesia arrivano i Thrashit e Kaiser Of Evil è il loro primo lavoro sulla lunga distanza, che segue l’ep di debutto uscito due anni fa (Neckbangers).
Qualcuno dirà che il quartetto di Kuala Lumpur, formato da Jorn (chitarra e voce), Logan (batteria), Erulz(basso) e Beno (chitarra), è in ritardo di almeno una trentina d’anni, poco male per chi aprrezza il thrash più evil, grezzo ed ignorante come non mai.
Poco più di una ventina di minuti per scaricare otto proiettili di metal old school feroce ed aggressivo, prodotto discretamente e dall’ottimo impatto, tanto basta al gruppo malese per accontentare chi fra voi preferisce soluzioni in your face, d’altronde il genere è nato per far male estremizzando l’heavy metal cercando di suonarlo il più veloce possibile.
Cattivo e crudele, il sound del gruppo si avvicina alla tradizione europea, lasciando le melodie statunitensi ad altre realtà e la scelta non può che essere quella giusta visto le buone impressioni suscitate da questo estremo lotto di songs.
Speed e tharsh old school quindi, con una sezione ritmica indiavolata così come il singer sembra un Mille Petrozza indemoniato, che fa fuoco e fulmini nel già schizoide sound di brani evil come, Fallen War e la devastante triade Son Of Bastard, Thrashing And Slaughter e 666 Days In Hell.
Kaiser Of Evil può essere considerato un buon inizio per il gruppo malese, la proposta segue per intero le coordinate del genere tanto da risultare il classico disco per appassionati, dategli un ascolto non mancherà di garantirvi quasi mezzora di sana cattiveria.

TRACKLIST
1. Pressure
2. Fallen War
3. Neckbanger
4. Son of Bastard
5. Thrashing and Slaughter
6. 666 Days in Hell
7. Kaiser of Evil
8. Thrashit

LINE-UP
Jorn – Guitars, Vocals
Logan – Drums
Erulz – Bass
Beno – Guitars

THRASHIT – Facebook

Our Souls – The Beast Within

Cercate e fate vostro questo lavoro, non potete immaginare la forza bruta che sprigionano gli Our Souls finché non la proverete sulla vostra pelle.

Una mazzata terrificante, una bomba devastante, violento e senza compromessi, thrash metal dalle venature hardcore che deflagra e distrugge senza pietà, questo risulta The Beast Within, ultimo lavoro del bombardiere tedesco Our Souls.

Nata sul finire del millennio passato, questa debordante band arriva lo scorso anno al suo terzo album, giunto a noi solo ora, così senza perdere altro tempo prezioso, ve li presentiamo in tutta la loro furia distruttrice.
Debutto targato 1999 (Final Hour) e poi un ep ed un live, prima che il precedente War for Nothing del 2013 dia un po’ di continuità alla discografia del gruppo, ed infatti dopo solo due anni The Beast Within torna in tutta la sua potenza devastante a turbare i sogni dei thrash metal fans europei.
Il quintetto tedesco costruisce su una base thrash, ben bilanciata tra tradizione e sfumature più moderne, il suo muro sonoro fatto di pietre metal e cemento hardcore, ed il risultato non può che essere un’insormontabile parete di roccia metallica, sfiorata da poche ma eccezionali ventate di death metal melodico (F-E-S-R).
Con un singer (Berny) che sbraita rabbioso e risulta una furia scatenata, un lavoro ritmico che sfiora la perfezione (Michael “Gruni” Grunert alle pelli e Marcus “Linne” Lindemann al basso) e due chitarre torturate sadicamente lanciando gemiti melodici prima della morte (Florian “Flocke” Klähr e Andreas “Andti.D” Damm) il giochino perverso e violentissimo è fatto e gli Our Souls possono liberare tutta la loro attitudine hardcore su un tappeto di metallico thrash dalle palle fumanti, potente come un vulcano in eruzione, portatore di distruzione come il più violento degli uragani.
Ecco, un uragano sonoro di notevoli dimensioni che si abbatte ed infierisce senza pietà, tra velocissime cavalcate e mid tempo pesanti come incudini, un esagerato ed esaltante viaggio nella musica estrema, accompagnati da brani di una forza dirompente come la title track posta in apertura, la devastante Zombie Nation, la già citata e death oriented F-E-S-R , ed il rullo compressore Pornsuckers from Hell, un inferno hardcore sceso sulla terra.
Cercate e fate vostro questo lavoro, non potete immaginare la forza bruta che sprigionano gli Our Souls finché non la proverete sulla vostra pelle.

TRACKLIST
1. The Beast Within
2. Time Is Up
3. Zombie Nation
4. Age of Pestilence
5. I Am Alive
6. F-E-S-R
7. No Surrender
8. Pornsuckers from Hell
9. Leave Me Alone
10. Chemie der Verwesung

LINE-UP
Berny – Vocals
Flokke – Guitar
Andti – Guitar
Linne – Bass
Gruni – Drums

OUR SOULS – Facebook

Forklift Elevator – Killerself

I Forklift Elevator si sono trasformati definitivamente in una macchina da guerra e questi sei pugni nello stomaco dimostrano che la strada è quella giusta.

Tornano i Forklift Elevator con questo nuovo ep, successore di quel Borderline, debutto sulla lunga distanza, molto apprezzato dal sottoscritto per un songwriting vario che amalgamava in una mistura esplosiva, attitudine hard rock e violenza thrash metal, il tutto supportato da una dose letale di groove che avvicinava il sound al moderno metal statunitense.

Killerself porta con sé importanti novità in seno alla band: intanto il buon Stefano Segato ha lasciato la sei corde in mano al nuovo arrivato, Uros Obradovic e ha preso posto dietro al microfono sostituendo il precedente vocalist (Enrico M. Martin), mentre il sound del gruppo ha abbandonato le atmosfere hard rock per tuffarsi nel groove metal irrobustito da abbondanti dosi di thrash metal moderno.
Prodotto ottimamente da Oscar Burato agli Atomic Stuff Recording Studios con l’aiuto di Mirco “SD” Maniero, Killersef letteralmente esplode in una valanga di sonorità moderne, violentissime e trascinanti, sei brani più intro che non lasciano spazio a facili melodie, ma aggrediscono con scariche metalliche, vere esplosioni di nitroglicerina, con una carica devastante.
Enorme il lavoro del vocalist, un animale ferito che urla, sbraita ma che dalla sua ha un carisma notevole e viene supportato dall’assalto sonoro che il gruppo confeziona come un pacco sospetto, pronto ad esplodere.
Nessuna ballad, oggi i Forklift Elevator si sono trasformati definitivamente in una macchina da guerra e questi sei pugni nello stomaco dimostrano che la strada è quella giusta.
Ritmiche irresistibili che passano da mid tempo potentissimi, a veloci ripartenze per poi sincoparsi, ricordando i Disturbed, mentre le sei corde tengono il sound ben incollato alle strade violente del thrash metal, che a tratti si insaporisce dell’aria salina della Bay Area e compongono questo massacro sonoro che non ha punti deboli.
Ed è per questo che Killerself è da sparasi tutto di un fiato, esaltandosi non poco alla tempesta di note che fuoriesce da Life Denied, The 8th Sin e dalla mostruosa I Executor.
Pantera, Disturbed, Soil, Exodus e Lamb Of God, la musica del gruppo padovano è un perfetto cocktail di questi ingredienti che vanno a formare un metal moderno dall’impatto devastante, aspettiamoci grandi cose, siamo solo all’inizio.

TRACKLIST
1. Life Denied
2. Bagger 288
3. The 8th Sin
4. Deception
5. Black Hole
6. I Executor
7. Hidden Side

LINE-UP
Stefano Segato – Lead Vocals
Uros Obradovic – Lead Guitar
Mirco Maniero – Rhythm Guitar
Marco Daga – Bass
Andrea Segato – Drums

FORKLIFT ELEVATOR – Facebook

Terrorway – The Second

The Second non mancherà di trovare nuovi estimatori al sound dei Terrorway, confermando il gruppo nostrano come una realtà consolidata dei suoni estremi dal taglio moderno

Nella scena italiana l’alto livello raggiunto dai gruppi dediti ai suoni metal/rock non fa più notizia, ogni genere può fare affidamento su un nugolo di artisti di tutto rispetto autori negli ultimi tempi di album che possono tranquillamente competere con i lavori dei gruppi stranieri.

Il confine tra le scene che pullulano nel nostro paese e quelle europee, a mio avviso non esiste più, cancellato appunto da questa invasione di opere dal taglio sempre più internazionale.
Un altro ottimo esempio risulta The Second, secondo lavoro sulla lunga distanza dei thrashers Terrorway, gruppo sardo in attività dal 2009 e con un ep (Absolute del 2010) ed un full length (il precedente Blackwaters uscito tre anni fa) alle spalle.
Thrash metal moderno potenziato da una cascata di groove, ritmiche violente, tanto metallo moderno ma anche atmosfericamente ben confezionato da una tragicità rabbiosa che coinvolge non poco.
Registrato presso i V-Studio di Cagliari e mixato e masterizzato da Jacob Olsen (Hatesphere, Moonspell, Born From Pain), The Second è un pesantissimo monolite di metal moderno, la band partita come realtà ispirata alle gesta di Meshuggah e Strapping Young Load, ha cercato in questo lavoro di prendere la propria strada e direi che senz’altro non ha fallito l’intento, mantenendo nei brani più violenti le caratteristiche peculiari del thrash/groove metal moderno, ma inserendo ottimi brani dove ricercate atmosfere intimiste ed oscure e drammatiche sfumature cyber variano e personalizzano il sound di The Second.
Metal estremo che chiamare adulto non è poi così lontano da quello che il gruppo ha cercato di esprimere, e brani come il capolavoro On The Edge, la death oriented Columns o la devastante accoppiata di modern thrash metal composta da Trails Of Ashes e The Wanderer, dimostrano su quante armi possono contare i Terrorway.
Grande il lavoro tecnico dietro ai ferri del mestiere con la sezione ritmica sugli scudi (Giovanni Serra al Basso e Cosma Secchi alle pelli) una sei corde che grida (bellissimi i lancinanti interventi solisti di Ivan Fois su T.F.B.T.M. altro brano top del disco) e Andrea Orrù che dietro al microfono sfodera una prestazione perfetta.
Da brividi i quasi tre minuti di Lights Turn Black che sfumano nella conclusiva Threshold Of Pain, un oscuro paesaggio di morte e distruzione, prima descritto da un’atmosferica base cyber/dark, poi violentata da frustate di thrash metal industrialoide ed altamente schizzato.
The Second non mancherà di trovare nuovi estimatori al sound dei Terrorway, confermando il gruppo nostrano come una realtà consolidata dei suoni estremi dal taglio moderno, come detto in apertura non solo sul suolo italico.

TRACKLIST
1. Under the Light of a Broken Down
2. Eye of the Sun
3. Torment
4. On the Edge
5. T.F.B.T.M. (The Face Behind the Mask)
6. Enter the Columns
7. Columns
8. Trails of Ashes
9. The Wanderer
10. Lights Turn Black
11. Threshold of Pain

LINE-UP
Cosma Secchi – Drums
Giovanni Serra – Bass
Ivan Fois – Guitars
Andrea Orrù – Vocals

TERRORWAY – Facebook

Bat – Wings of Chains

I Bat sono una macchina da guerra che picchia durissimo, con un metal hardcore che non lascia scampo, incessante e furioso, con una fortissima base nell’hardcore americano anni ottanta.

La definizione di supergruppo è spesso fuorviante, perché addendi validi non portano sempre ad un valido risultato. Non è il caso di questo disco dei Bat.

I componenti dei Bat sono Ryan Waste al basso e voce dai Municipal Waste, il chitarrista Nick Poulos, che ha suonato con Waste nei Volture, e poi alla batteria troviamo Felix Griffin, che ha suonato negli anni ottanta nei D.R.I.
Questo trio dopo il demo Primitive Age, arriva al disco d’esordio con Wings Of Chains, che è un’enciclopedia di come si suona thrash, speed metal, con una solida base di hardcore. I Bat sono una macchina da guerra che picchia durissimo, con un metal hardcore che non lascia scampo, incessante e furioso, con una fortissima base nell’hardcore americano anni ottanta, che era fortemente influenzato dal metal. Il cerchio si chiude in questo disco, dove il minimo comune denominatore è la rabbia: Wings Of Chains scorre benissimo, estendendosi persino allo speed metal anni ottanta, e mostra chiaramente quanto siano legati fra loro generi all’apparenza lontani. Negli ultimi tempi, anche e soprattutto grazie a gruppi come i Municipal Waste, il metal hardcore è tornato alla ribalta, anche se non era mai andato via. Ci sono molti gruppi che lo fanno con piglio maggiormente festaiolo, i Bat sono più incazzati e vecchia scuola, e sono validissimi.
Teste che roteano, ossa rotte e voli dal palco.

TRACKLIST
1.Bloodhounds
2.Code Rude
3.Master of the Skies
4.Primitive Age
5.Condemner
6.Ritual Fool
7.Wings of Chains
8.Total Wreckage
9.Rule of the Beast
10.You Die
11.Cruel Discipline
12.Bat

LINE-UP
Ryan Waste – Bass, Vocals.
Nick Poulos – Guitar.
Felix Griffin – Drums.

BAT – Facebook

Hammercult – Legends Never Die

Legends Never Die, oltre ad essere un omaggio del gruppo ad una manciata di artisti entrati di diritto nella storia della nostra musica preferita, è anche un buon modo per saggiare lo stato di forma del gruppo israeliano in attesa dell’arrivo sul mercato del prossimo full length

Un treno in corsa a forte velocità che entra in una stazione e si schianta in un binario morto, la musica suonata dal gruppo israeliano fa pensare proprio a questo.

Gli Hammercult licenziano questo ep il cui titolo è tutto un programma, Legends Never Die: in questo caso si parla ovviamente di leggende del metal, visto che gran parte dei brani inclusi nel cd sono cover di artisti che hanno fatto la storia del metal estremo e non solo, suonate alla Hammercult, perciò speed/thrash alla velocità della luce, estremo e dannatamente coinvolgente.
Gruppo nato a Tel Aviv ma con base in Germania, gli Hammercult nascono nel 2010 e in sei anni licenziano due ep e ben tre full length, l’ultimo dello scorso anno dal titolo Built For War.
Battere il ferro finché è caldo si dice, ed il gruppo esce con questo lavoro che fa da spartiacque tra l’ultimo lavoro ed il prossimo album e l’operazione non mancherà di soddisfare gli amanti del metal estremo di estrazione thrash, violentissimo e senza compromessi.
I primi cinque brani sono cover, suonate alla grande dal gruppo, in una versione se possibile ancora più devastante delle originali, specialmente per quanto riguarda Motorhead (il super classico Ace Of Spades) e Slayer (Evil Has No Boundaries).
Ma non ci si ferma qui e variano la proposta e le leggende da cui pescare, così ci troviamo al cospetto di massacranti versioni come Fast As A Shark degli inossidabili Accept, Soldiers Of Hell dei pirati Running Wild e No Rules dello scomparso prematuramente GG Allin.
I tre brani presenti confermano gli Hammercult come una iperbolica macchina estrema che pesca dallo speed/thrash e dal death metal amalgamandolo con una dose di epicità che ne fanno una una realtà apprezzabile non solo dai thrashers ma da molti seguaci del metallo estremo.
Una forte impronta guerriera, ritmiche velocissime, tanta epicità ed un vocalist dall’impronta death (il buon Yakir Shochat ricorda a più riprese il bambino di Bodom Alexi Laiho) riempiono le orecchie di fiero metallo a cavallo della furia distruttrice di Rise of the Hammer (da Built For War), la devastante Steelcrusher (titletrack dell’omonimo album) e Let the Angels Burn (dal primo lavoro Anthems of the Damned).
Legends Never Die, oltre ad essere un omaggio del gruppo ad una manciata di artisti entrati di diritto nella storia della nostra musica preferita, è anche un buon modo per saggiare lo stato di forma del gruppo israeliano in attesa dell’arrivo sul mercato del prossimo full length.

TRACKLIST
1. Fast as a Shark (Accept cover)
2. Ace of Spades (Motorhead cover)
3. Soldiers of Hell (Running Wild cover)
4. No Rules (GG Allin cover)
5. Evil Has No Boundaries (Slayer cover)
6. Rise of the Hammer
7. Steelcrusher
8. Let the Angels Burn

LINE-UP
Yakir Shochat-Vocals
Guy Ben David-Guitar
Arie Arvanovich-Guitar
Elad Manor-Bass
Maayan Henik-Drums

HAMMERCULT – Facebook

Deceased – Fearless Undead Machines

La Transcending Obscurity riporta all’attenzione degli amanti del thrash metal Fearless Undead Machine, capolavoro dei thrashers statunitensi Deceased, uscito originariamente per la storica label Relapse nell’ormai lontano 1997.

Molti non vedono di buon occhio le varie riedizioni e ristampe di album classici ed in parte anche il sottoscritto nutre dei forti dubbi su queste operazioni, specialmente se riguardano gruppi famosi e fatte solo per spillare qualche euro ai fans accaniti.

Discorso che cambia radicalmente se vengono presi in considerazione album storici di quei gruppi di genere, magari poco conosciuti se non ai più attenti alle uscite underground.
La Transcending Obscurity riporta all’attenzione degli amanti del thrash metal Fearless Undead Machine, capolavoro dei thrashers statunitensi Deceased, uscito originariamente per la storica label Relapse nell’ormai lontano 1997.
Capitanata dal singer King Fowley, la band proveniente dalla Virginia iniziò la sua attività nella metà degli anni ottanta e la sua discografia si compone di un gran numero di lavori, tra cui compilation ep e demo, ma non mancano ottimi album (sei in totale) di cui Fearless Undead Machine risulta il terzo, successore del debutto Luck of the Corpse del 1991 e The Blueprints for Madness uscito nel 1995.
Una band dalla storia travagliata, specialmente per i problemi di salute che hanno attanagliato il leader (prima un infarto e successivamente gravi problemi polmonari) ma che ha mantenuto una buona qualità sui propri lavori di cui questo disco, come detto, ne è la massima espressione.
Un’opera di quasi settanta minuti incentrata su suoni estremi di ispirazione thrash/death non è cosa da poco, specialmente se il livello di attenzione rimane altissimo ed il songwriting non cede un solo attimo, creando un bombardamento sonoro di dimensioni enormi.
Thrash metal, spunti più estremi riconducibili al death made in bay area ed elementi classici di estrazione heavy, sono le peculiarità del sound di cui si compone l’album, un vero e devastante esempio di metallo, belligerante, travolgente ed irresistibile per ogni fan dell’headbanger che si rispetti.
Sodom, primi Voivod ed i sempre presenti Slayer sono le band cardine del sound proposto dai nostri guerrieri della Virginia, ma l’heavy metal è ben presente nei brani del disco, non dimentichiamo che gli anni ottanta non erano poi così lontani (U.S. metal) e la metà del decennio successivo vedeva tornare in auge un po’ di quelle melodie classiche portate alla cronaca dal successo di band come per esempio gli Iced Earth di Jon Schaffer (restando in terra statunitense).
The Silent Creature, opener del disco, la title track, la devastante Night Of The Deceased, la voivodiana e progressiva Mysterious Research e la conclusiva Destiny fanno da sunto a questa ora abbondante di metallo incandescente ed oscuro, perfetto non solo per thrashers e deathsters ma anche per chi ama l’heavy metal classico più robusto.
Se non conoscete questo lavoro, non perdete tempo e fatelo vostro, mai ristampa fu più preziosa.

TRACKLIST
1.The Silent Creature
2. Contamination
3. Fearless Undead Machines
4. From the Ground They Came
5. Night of the Deceased
6. Graphic Repulsion
7. Mysterious Research
8. Beyond Science
9. Unhuman Drama
10. The Psychic
11. Destiny

LINE-UP
Mike Smith – Guitars
King Fowley – Vocals, Drums
Les Snyder – Bass
Mark Adams – Guitars

DECEASED – Facebook

Mortal Peril – The Legacy of War

The Legacy Of War è un buon lavoro, sicuramente consigliato agli amanti del thrash old school

Secondo lavoro per i thrashers tedeschi Mortal Peril, band fondata dal batterista Jonas Linnartz e dal bassista/cantante Jan Radermacher nel 2010 e raggiunti due anni dopo da Pete Rode e Mr. Greene che formano la coppia di asce in forza alla band.

The Legacy Of War è il successore del primo lavoro sulla lunga distanza, Walking on Hellish Trails uscito lo scorso anno, rigorosamente autoprodotto.
Il gruppo di Colonia a discapito delle origini, propone un thrash metal old school molto più statunitense che europeo, le linee melodiche sempre ben presenti ed una buona alternanza tra parti veloci e mid tempo, danno una sufficiente varietà al sound di The Legacy Of War che risulta nella sua chiara ispirazione alla vecchia scuola un album ben fatto.
Un ascolto interessante nel quale viene data molta importanza alle melodie, sottolineate dai solos delle sei corde a tratti ispirate al metal classico, mentre la voce è perfettamente inquadrata nella tradizione thrash metal del nuovo continente.
Non perdono tempo i Mortal Peril, e Generation Hate apre le ostilità con un thrash metal serrato e aggressivo risultando una cavalcata di genere congeniata a dovere.
Gladiator cambia leggermente registro e si attesta su un mid tempo granitico, dove il gruppo inserisce una serie di solos melodici ed heavy e la song così risulta una delle migliori di tutto il lavoro, bissata dalle ottime Air Attack che conquista con azzeccate frenate e ripartenze velocissime, War In Hell aperta da un giro di chitarra acustico in stile four horsemen, e la conclusiva title track, brano furioso valorizzato dal sempre ottimo lavoro chitarristico in un crescendo metallico di buona presa.
The Legacy Of War è un buon lavoro, sicuramente consigliato agli amanti del thrash old school, il sound è un valido compromesso tra Metallica, Exodus, Death Angel ed una vena heavy metal che affiora negli ottimi assoli che lo caratterizzano.

TRACKLIST
1. Generation Hate
2. Gladiator
3. Psychotic
4. Air Attack
5. War Is Hell
6. Seed of Hell
7. Creeping Apocalypse
8. Machete
9. Legacy of War

LINE-UP
Jan Radermacher – Bass,Vocals
Jonas Linnartz – Drums
Mr. Greene – Guitar
Pete Rode – Guitar

MORTAL PERIL – Facebook

Unhoped – Sonic Violence

Sonic Violence si rivela un album imperdibile per gli amanti del vecchio e glorioso thrash metal, ancora vergine ed immune da influenze moderne e più cool.

Thrash metal old school, violento senza fronzoli ma suonato benissimo da una band con gli attributi e a cui non mancano impatto ed attitudine.

Sonic Violence è la seconda prova sulla lunga distanza dei finnici Unhoped, thrash metal band di Varkaus attiva dal 2007 e con alle spalle, oltre ad un ep del 2010 il primo full length dal titolo Die Harder.
Il loro sound rispecchia tutti i cliché del genere, velocità e violenza a tratti alternata da mid tempo di più ampio respiro, tutto nella norma non fosse per un songwriting d’assalto, il gran lavoro dei musicisti coinvolti e un’impatto pari ad una cometa in caduta libera sul pianeta terra.
I due axeman (K. Laanto e A. Paasu) si rincorrono sullo spartito con ritmiche e solos devastanti, basso e batteria non si fanno lasciare indietro e mettono la quinta, viaggiando a velocità iperboliche (S. Parviainen al basso e M. Huisko alle pelli), mentre J. Luostarinen si dimostra singer che col genere va a braccetto senza timori reverenziali verso gli storici vocalist del genere, risultando un’animale rabbioso e personale.
Sonic Violence parte alla grande e non si ferma più, i brani si danno il cambio per distruggere i padiglioni auricolari dei fans, senza lasciare un attimo che l’atmosfera si riempia di noia.
Tra i solchi di vere bombe sonore come l’opener Whole World Gone to Hell, la title track, l’enorme prova di forza che risulta Human Disgrace, la lunga No Man’s Land, troverete sicuramente di che crogiolarvi tra il meglio del thrash metal, vecchia scuola certo ma spettacolarizzato da una produzione perfetta e i richiami ai vari Slayer, Death Angel ed Exodus, che escono prepotentemente dal sound di questa macchina da guerra chiamata Unhoped.
Sonic Violence si rivela così un album imperdibile per gli amanti del vecchio e glorioso thrash metal, ancora vergine ed immune da influenze moderne e più cool.

TRACKLIST
1. Whole World Gone to Hell
2. Assimilation
3. Sonic Violence
4. Human Disgrace
5. No Man’s Land
6. Warhead Sunrise
7. The Naked and the Dead
8. Club Of Swines
9. Pies & Friends

LINE-UP
K.Laanto-Guitar
A.Paasu-Guitar
J.Luostarinen-Vocals
S.Parviainen-Bass
M.Huisko-Drums

UNHOPED – Facebook

Front – Iron Overkill

I Front fanno la guerra con il loro metal, che deve molto anche a gruppi come i Marduk. La loro alta velocità viene da lontano, proviene dal basso di Lemmy dei Motorhead, e dal black metal scandinavo tutto.

Death black metal di guerra e violenza, con i Motorhead nel motore.

I Front sono una nuova formazione nel panorama finlandese, ma in realtà i suoi componenti hanno militato in gruppi importanti dell’underground finnico, come Sacrilegious Impalement, Evil Angel, e Neutron Hammer, fra gli altri.
La nascita del gruppo data 2015, come la sua prima uscita su Iron Bonehead, con il nome di Demo 2015. I Front fanno la guerra con il loro metal, che deve molto anche a gruppi come i Marduk. La loro alta velocità viene da lontano, proviene dal basso di Lemmy dei Motorhead, e dal black metal scandinavo tutto. La produzione moderatamente lo fi rende molto bene il suono ruvido ed il senso di minaccia incombente che i Front vogliono trasmettere. Anche il loro outfit è molto metal anni ottanta. L’assalto sonoro di Iron Overkill è una della cose più notevoli sentite nel mondo metal quest’anno. La carica di questo disco è altissima, come l’intensità con la quale suonano, che non è scevra da un nichilismo punk hardcore che è comunque presente in certi sottogeneri del metal. Malvagità e guerra sono due cose che vanno di pari passo, e la crudeltà può essere raccontata in molti modi, ma questo dei Front è forse il migliore, perché il carrarmato deve travolgerti per farti capire.

TRACKLIST
1. Defiance
2. Legion Front
3. I Am Death
4. Wargods Unbound
5. Kypck
6. Tribunal of Terror
7. Cold Gravel Grave
8. Heathen Resistance

LINE-UP
Revenant – Drums, Vocals.
Von Bastard – Guitars, Bass, Vocals.
Kaosbringer – Vocals.

FRONT – Facebook

From The Depths – From The Depths

La loro proposta era un death metal con tracce di thrash e uno strano incedere hardcore.

Edizione in vinile del debutto di un gruppo che altrimenti andrebbe dimenticato.

Nati nella fertile scena metal di Cleveland dei primi anni novanta, i From The Depths sono stati attivi tra il 1994 e il 2000. La loro proposta era un death metal con tracce di thrash ed uno strano incedere hardcore. Molto veloci e marci, i From The Depths sono stati uno dei migliori gruppi di quegli anni. Uscito originariamente su Unisound, questo disco ben rappresentava quanto di innovativo aveva da offrire il death metal di marca americana. Alla voce vi era Jim Konya, una leggenda della scena metal, sfortunatamente deceduto a settembre del 2015. La sua voce dava un’impronta speciale la gruppo, e questo lo si può sentire benissimo nel disco. Il suono è davvero particolare e caratteristico di quell’epoca, che è stata il periodo d’oro di un certo death metal, quello più legato alla contaminazione. I From The Depths sono un gruppo originale ed unico, ed il loro death metal è uno dei migliori mai esportati dal suolo americano. L’atmosfera che riescono a creare coinvolge e gasa l’ascoltatore, dato che possiamo riconoscere all’interno di essa molti degli elementi che portano ad amare il death metal.
Essendo fuori catalogo da molto tempo, l’operazione di recupero della Hells Headbangers è doppiamente meritevole, poiché oltre a riportare a galla un disco notevole, ne fa un’ottima edizione, con un bel ricordo di Jim Konya.

TRACKLIST
1.Dawn of the Crimson Harvest
2.And They Shall Rise Again
3.It Lurks
4.Autumn Colored Day
5.The Wraths of the Other Realms
6.From the Depths
7.Intro – Into Mystery and Beyond
8.The Magic of the October Moons
9.The War of the Captive Spirits
10.Fuck That Witch
11.Curse of the Scarecrow
12.Bring Forth the Detractor
13.Apparitions of Myself
14.Outro – The Echoes of Distant Dreams

LINE-UP
Jim Konya – Vocals
Wayne Richards – Bass
Rob Newlin – Drums
Matt Sorg -Guitars
Duane Morris – Guitars, Vocals

HELLS HEADNBANGERS – Facebook

Deathstorm – Blood Beneath the Crypts

I Deathstorm il loro mestiere lo sanno fare bene, attitudine ed impatto non mancano, così come una buona produzione che dell’album ne valorizza il sound.

Conosciuto fino al 2010 come Damage, questo gruppo austriaco ha trovato un nuovo monicker ed una buona continuità di uscite discografiche e, oggi, sotto l’ala della High Roller Records licenzia il suo secondo lavoro sulla lunga distanza.

Dal primo ep nel 2011 a cui sono seguiti altri due lavori minori (un split ed il precedente The Gallows EP dello scorso anno) la band di Graz ha dato alle stampe il primo full length, As Death Awakes, un concentrato di thrash metal teutonico dai rimandi old school.
Ovviamente il nuovo lavoro non cambia di una virgola la strada intrapresa dal quartetto, suonare il più veloce e truculento possibile, così come hanno fatto per anni i nomi storici del genere.
La triade Sodom-Kreator-Destruction ispira le note estreme che fuoriescono dal sound dei Deathstorm, un discreto esempio di thrash metal old school, feroce e senza compromessi.
Un assalto senza soluzione di continuità questo Blood Beneath The Crypts, una trentina di minuti cavalcando lo stallone estremo che corre velocissimo travolgendo ogni cosa al suo passaggio.
Pochi mid tempo, quindi, e tanta furia, sono le peculiarità dell’album, chiaro che il genere è quello e l’ascolto è consigliato ai soli amanti del vecchio thrash metal europeo, sensazione confermata da brani dall’impatto frontale devastante come l’opener Deathblow, Murder of a Faceless Victim, la splendida e potentissima I Conquer e la conclusiva I Saw the Devil.
I Deathstorm il loro mestiere lo sanno fare bene, attitudine ed impatto non mancano, così come una buona produzione che dell’album ne valorizza il sound.
Se siete fans dei suoni old school e della scuola europea cresciuta negli anni ottanta, Blood Beneath The Crypts è senza dubbio un ascolto consigliato.

TRACKLIST
1. Deathblow
2. Splendid Mutilation
3. Murder of a Faceless Victim
4. Immortalized Sinner
5. I Conquer
6. Enter the Void / Dunwich
7. Verdunkeln
8. I Saw the Devil

LINE-UP
Mac – Bass, Vocals
Ferl – Guitars (lead)
Steindl – Guitars (rhythm)
Mani – Drums

DEATHSTORM – Facebook/a>

Destruction – Under Attack

I gruppi storici, di solito, vivono di luce riflessa emanata dalle opere che li hanno resi famosi, non il gruppo tedesco che con Under Attack scrive una delle sue pagine più importanti

Quante volte abbiamo nominato la famosa sacra triade del thrash metal teutonico, Sodom-Kreator-Destruction, per descrivere le opere di giovani metallari alle prese con il sound che queste icone del metal estremo hanno reso immortale ?

Una scuola quella tedesca che, diversamente da quella statunitense, ha sempre viaggiato su territori estremi, amalgamando il thrash con lo speed e lasciando all’aggressione tout court il compito di spezzare colli ai metallari da almeno una trentina d’anni.
Under Attack è l’ultimo figlio dello spirito santo della sacra triade, i Destruction di Schmier, un razzo impazzito lanciato per distruggere pianeti, un meteorite di metallo devastante che si abbatte sulla terra ed appunto distrugge ogni cosa.
Possiamo sicuramente sorvolare su accenni alla storia di questa storica band, se non conoscete il trio di Lorrach non potete considerarvi veri metallari, ed il fatto che questo nuovo lavoro non si discosti di una virgola dai precedenti lavori risulta solo un dettaglio.
Il thrash metal teutonico di cui il gruppo è maestro non richiede idee originali o grosse novità, per essere apprezzato dagli ascoltatori serve un songwriting sopra la media, un impatto devastante e tanto mestiere, e la band non difetta di alcuna di queste virtù, confezionando un album che semplicemente è legge per chiunque ami il genere.
Un gruppo che non conosce il passare degli anni, questi sono i Destruction del 2016, ed il nuovo album spara dieci missili terra aria, di thrash metal veloci come la luce, accompagnati dal drummer granitico Vaaver, dalla sei corde che trafigge con solos che sono schegge impazzite che cadono sul pianeta e dalla voce inconfondibile di uno Schmier, signore e padrone di un certo modo di concepire il metal d’assalto.
Un assalto appunto che inizia e termina senza un caduta di tono, nemmeno un minuto da poter considerare un riempitivo, mentre i testi che accompagnano questa famigerata decina di songs, dimostrano come questi inesauribili thrashers sono sul pezzo rispetto alle problematiche di questo inizio millennio (terrorismo, corruzione e cyberbullismo).
Compatto, oscuro, bestiale, una battaglia senza tregua, questo è Under Attack, aperto dalla bellissima title track e colmo di pregiati pezzi di thrash old school perfettamente a suo agio in questi anni di modern metal, come Pathogenic o Dethroned, due bolidi metallici che senza freni travolgono, precisi e perfetti nel regalare violenza musicale, o presi per la gola dalla perfezione di Conductor Of The Void e Generation Nevermore, picchi qualitativi di questo mostruoso lavoro.
I gruppi storici, di solito, vivono di luce riflessa emanata dalle opere che li hanno resi famosi, non il gruppo tedesco che con Under Attack scrive una delle sue pagine più importanti, confermandosi, e non poteva essere altrimenti, come gruppo guida del thrash metal europeo.

TRACKLIST
1. Under Attack
2. Generation Nevermore
3. Dethroned
4. Getting Used to the Evil
5. Pathogenic
6. Elegant Pigs
7. Second to None
8. Stand Up for What You Deliver
9. Conductor of the Void
10. Stigmatized

LINE-UP
Schmier – Basso, Voce
Mike – Chitarra
Vaaver – Batteria

DESTRUCTION – Facebook

SUBLIMINAL CRUSHER

iye Quattordici anni di attività e quattro full length: raccontatevi ai lettori della nostra webzine.

Jerico: Subliminal Crusher è il nome di un progetto iniziato nel 2002, da me e Rawdeath, come side project degli altri nostri S.R.L., band di heavy/thrash con testi in italiano attiva dal 1992. I “SubCrush”, sono infatti nati proprio per estendere le tipiche sonorità prog-melodiche degli S.R.L., ed hanno da subito preso connotati death melodici, unici ma affini alle bands da cui al tempo io e Rod eravamo principalmente ispirati (The Haunted, At the Gates, Darkane, Pantera, Testament, etc..) .

iye Darketype, il nuovo lavoro, può essere considerato un ottimo esempio di death metal melodico con chiare influenze thrash, siete d’accordo?

Emiliano: Certamente. come detto sopra da nonno J. le influenze del gruppo sono chiare e, essendo i gusti musicali dei membri del gruppo abbastanza omogenei, non si fatica ad evincerle. L’intenzione del disco verte spesso su sonorità thrash, seppur rimanendo con una chiara base filo-scandinava, già presente in altri lavori, ma stiamo già pensando di dare una linea più death ai prossimi lavori.

iye La melodia riveste un ruolo molto importante nel vostro sound, trovando sfogo in molti solos di estrazione classica: il metal classico fa parte del vostro background?

Jerico: Le melodie sono il giusto equilibrio tra le componenti che a mio avviso compongono una tipica struttura nei brani dei Subliminal Crusher. E’ come quando si cerca di ottenere uno scatto fotografico che riassuma il giusto messaggio, ecco … la melodia è il momenti della messa a fuoco di questa immagine.

iye Come si lavora alla creazione di un album in casa Subliminal Crusher?

Jerico: Fortunatamente, le attuali tecnologie consentono di condividere le idee di tutti in poco tempo. Partendo da questi primi riff, ci si vede in sala prove e si sviluppa il pezzo nella sua forma completa. C’è da dire che l’arrangiamento di un tipico brano SubCrush non impiega mai poco tempo, ma una volta completato siamo sicuri di aver ottenuto il massimo del risultato secondo in nostri canoni.
Emiliano: Questa era per me, e anche per Marco, la prima esperienza nel contribuire alla creazione di un album e posso dire che si lavora con grande entusiasmo e impegno da parte di ogni membro (penso in particolare a Lorenzo che si è fatto carico del lavoro di registrazione, mixing e mastering). Va detto che i nostri membri più anziani (Jerico e Rodolfo) hanno giocato un ruolo fondamentale negli arrangiamenti, noi altri, alle prime armi, non saremmo probabilmente stati in grado di far rendere in modo così efficace i pezzi.

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iye Come ho scritto in sede di recensione, negli ultimi anni le band di genere hanno spostato il tiro verso sonorità più core, perdendo quasi del tutto gli elementi classici che caratterizzavano il sound di metà anni novanta; voi fate parte di quei gruppi che non si sono fatti influenzare dalle nuove tendenze continuando ad avere un approccio”vecchia scuola”, ma quali sono i gruppi che più hanno influenzato il vostro sound?

Jerico: Di certo i SubCrush non hanno mai suonato quello che gli altri si aspettavano ma sempre e solo quello che in quel momento rappresentava la nostra musicalità. Siamo passati anche noi da periodi più thrash a momenti più death, ma in generale, penso che siamo sempre rimasti coerenti al nostro moniker.

iye Nel corso della vostra carriera avete diviso il palco con gruppi a dir poco fondamentali per lo sviluppo del metal estremo come Entombed, The Haunted, Darkane e Sadus: quanto è importante per voi suonare dal vivo?

Jerico: Ogni concerto è una nuova sfida, dalla ideazione della scaletta alla preparazione in sala prove per la stessa, ma ogni volta è una soddisfazione stare sul palco insieme agli altri componenti del gruppo e condividere ogni emozione scaturita da ogni singola nota.

iye La scena italiana negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale a livello qualitativo: per voi che siete in giro da un po di anni, quali sono le differenze sostanziali tra la scena odierna e quella dei primi anni del nuovo millennio?

Jerico: La scena italiana pullula di band valide, sia dal punto di vista tecnico che delle idee; sicuramente l’attitudine delle band si è modificata nel tempo, ma credo che questo sia inevitabile. Forse quello che manca di più alla scena oggigiorno, rispetto a venti anni fa, è la curiosità nella ricerca di gruppi, suoni e relative “leggende”. Con internet oggi tutto è alla portata di tutti, e questo va sicuramente a discapito dell’immaginazione, che a mio modo di vedere è parte integrante del piacere musicale.

iye Siamo ai saluti, vi lascio spazio per farci conoscere i prossimi passi della band e vi ringrazio a nome dei lettori di Iyezine.

Jerico: Tutto quello che di importante gira intorno alla band è quasi subito postato nei nostri socials (fb in primis). Rimanete in contatto con noi su Facebook

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