Doom Heart Fest. II con Evadne, Tethra, Lying Figures e The Holeum

Credo che tutti convengano sul fatto che bisognerebbe erigere un monumento a chi, rischiando anche del proprio a livello economico, si lancia nell’impresa di organizzare concerti doom in Italia, visto un ritorno di pubblico quasi sempre non altezza delle aspettative e soprattutto del valore del band proposte.

A maggior ragione, personalmente, lo faccio quando la persona in questione è un amico come Alberto Carmine, con il quale condivido una passione quasi (anzi, del tutto …) patologica per il genere in questione: è proprio grazie a “Morpheus”, anima della pagina facebook Doom Heart, che è stato possibile rivedere all’opera in Italia dopo diversi anni gli spagnoli Evadne, autori con A Mother Named Death di uno dei migliori dischi degli ultimi anni in ambito death doom melodico.
Il Doom Heart Festival è arrivato dunque alla sua seconda edizione (nella prima, tenutasi l’anno scorso al Blue Saloon di Bresso, gli headliner erano stati i Marche Funebre) rilanciando a livello di presenze internazionali con la chiamata anche degli altri iberici The Holeum e dei francesi Lying Figures, e con i padroni di casa Tethra nuovamente a completare il cast.
L’onere (e l’onore) di ospitare la serata è stato questa volta The One di Cassano d’Adda, locale che si è rivelato adatto per questo target di concerti, anche grazie alle buone sonorità delle quali hanno potuto godere tutta le band.
Purtroppo il poco agevole viaggio, di questi tempi, dalla nostra Genova (dalla quale mi sono mosso assieme ad altri due partner di MetalEyes come Massimo e Alberto, e ad un appassionato di musica a 360° come Roberto) mi ha consentito di vedere solo la seconda metà dell’esibizione dei The Holeum, sotto forma di due lunghi brani davvero di grande spessore dal punto di vista esecutivo ed emotivo.
Questa band, di formazione recente ma composta da musicisti piuttosto esperti, ha finora all’attivo il solo full length Negative Abyss, uscito due anni fa e senz’altro convincente nel suo combinare la malinconia del doom con il cupo incedere del migliore post metal; il valore di quel lavoro è stato confermato anche nei venti minuti di esibizione alla quale abbiamo assistito, nel corso dei quali è emersa l’imponente presenza scenica del vocalist Pablo.
A seguire è stato il turno dei Lying Figures, band di Nancy postasi prepotentemente all’attenzione degli appassionati con il magnifico album The Abstract Escape: la proposta dei transalpini si è rivelata molto più aspra e nervosa rispetto a chi li ha preceduti e il tutto, unito ad una spasmodica intensità, ha davvero avvolto il locale di un’aura quanto mai oscura ed opprimente.
Il sound dei Lying Figures non è certo di immediata assimilazione, quindi a maggior ragione va dato loro atto d’essere stati in grado di coinvolgere anche chi, tra i presenti, probabilmente non ne conosceva la produzione: anche qui il contributo di un frontman interpretativo e versatile come Thibault si è rivelato il classico valore aggiunto.

Il compito di precedere gli headliner è toccato ad una realtà consolidata della scena nazionale come i Tethra, i quali, purtroppo, hanno dovuto affrontare diversi contrattempi sopraggiunti a ridosso della data, per cui, tra defezioni, infortuni e quant’altro hanno deciso di onorare comunque la serata pur dovendosi esibire in formazione necessariamente rimaneggiata. Questo non ha impedito a Clode e ai suoi compagni di offrire un set breve ma valido, improntato più sull’album d’esordio che non sul più recente Like Crows On The Earth. Nonostante tutto il vocalist non intende affatto mollare la presa ma, anzi, rilancia, con il reclutamento di nuovi musicisti che sembra essersi concluso con l’imminente ingresso nella line-up di nomi piuttosto noti nella scena.

A questo punto mancavano solo gli Evadne per mettere il punto esclamativo su una serata di ottima musica e i ragazzi spagnoli non hanno certo deluso le aspettative: del resto era difficile aspettarsi qualcosa di differente dagli autori di dischi magnifici come The Shortest Way e, soprattutto, A Mother Named Death.
Certo, chi vuole trovare il pelo nell’uovo ha gioco facile nel rinvenire nel suond degli Evadne diversi richiami ai maestri Swallow The Sun, ma chi pensa di anteporre la ricerca dell’originalità alla profusione di emozioni in un genere come il doom direi che ha decisamente sbagliato indirizzo.
Cioè che conta sono le canzoni, e autentiche gemme sonore come Abode of Distress, Heirs Of Sorrow e Colossal sono in grado di condurre chiunque in una sorta di deliquio emotivo che è, ovviamente, un qualcosa che non potrà mai essere prerogativa di un semplice copista.
Albert, Jose è e compari sono dei magnifici musicisti, capaci di interpretare al meglio il genere nella sua veste più melodica ed evocativa, e chi era presente sabato sera al The One lo ha potuto constatare di persona, godendo di un set dedicato quasi per intero all’ultimo lavoro, con la sola One Last Dress for One Last Journey a rappresentare il precedente full length.
Detto ciò, a livello di coinvolgimento posso dire d’aver provato sensazioni del tutto simili a quelle conseguenti ai concerti dei Saturnus o dei Clouds, e credo che questo spieghi tutto più di tante altre parole.

In definitiva, questo ennesimo sforzo organizzativo da parte di Alberto ha fornito i frutti sperati a livello qualitativo ma, purtroppo, non dal punto di vista della risposta del pubblico e tutto questo, nel bene e nel male era ampiamente prevedibile.
E’ grazie alla pervicacia che rasenta la visionarietà di persone come lui che chi ama un genere di nicchia come il doom ha la possibilità di vedere dal vivo le proprie band preferite, ma è chiaro che con questo andazzo tali opportunità rischiano di farsi sempre meno frequenti (con quale spirito i Saturnus, per esempio, tornerebbero in Italia dopo che nel loro ultimo concerto a Collegno – giusto 3 anni fa – i presenti erano a malapena una ventina?), fino a costringere gli appassionati a doversi sobbarcare qualche viaggio oltre confine; al riguardo sono curioso (o forse sarebbe meglio dire timoroso) di scoprire quel potrà essere la risposta del pubblico in occasione del concerto dei Mournful Congregation programmato il 5 dicembre a Milano.
Vi saprò dire …

Duncan Evans – Prayers for an Absentee

La vena folk di Duncan Evans si è spostata verso una forma di cantautorato ancora più evoluto, ed il risultato è Prayers for an Absentee, uno dei dischi più belli ed intensi ascoltati quest’anno.

Svestiti definitivamente i panni vittoriani di Henry Hyde Bronsdon , l’ex chitarrista degli A Forest Of Stars, Duncan Evans, punta con decisione sulla sua carriera solista, ben avviata con il full length Lodestone del 2013.

Rispetto a quegli esordi, la vena folk del musicista inglese si è spostata verso una forma di cantautorato ancora più evoluto, all’interno del quale si possono rinvenire le più disparate fonti di ispirazione delle quali lascio volentieri l’individuazione alla sensibilità ed alla conoscenza di ognuno, perché ogni brano di questo splendido lavoro, intitolato Prayers for an Absentee, deve essere ascoltato ed assimilato senza alcun condizionamento.
Quella di Evans è infatti una cifra stilistica personale, ed è chiaro che se personalità iconiche come quelle di Nick Cave o di Leonard Cohen possano a tratti balenare nell’immaginario di ciascun ascoltatore, ciò deriva dal fatto che nulla si crea o si distrugge, e la capacità dell’artista di spessore superiore è appunto quella di modellare e dare nuove sembianze a forme già preesistenti.
Se l’opener Bring Your Shoulder si rivela trascinante fin dal suo incipit e dal chorus (non a caso la canzone è stata scelta per girare un video) , quella vena di allegria che si tende a percepire è in realtà del tutto illusoria, visto che i testi, colti, introspettivi e profondi, vanno in tutt’altra direzione sposandosi ancora meglio con il lirismo toccante di brani come Us And Them And You And Me, I Know e Christabel, ma parliamo solo degli episodi da me prediletti in quanto più vicini ad un personale sentire; infatti Poppy Tears non è da meno grazie ad una struttura melodica di fluidità stupefacente, e le stesse Borderlands Prayer, Trembling e Time sono canzoni che da sole nobiliterebbero qualsiasi altro lavoro.
Nonostante l’impronta sia quella di un progetto solista, Duncan Evans si avvale in toto del supporto di una band vera e propria, formata da musicisti i quali ne esaltano l’ispirato songwriting che lo rende, oggi, uno dei più credibili ed efficaci artisti in grado di raccogliere il testimone da quei giganti citati in precedenza; un tale approdo, del resto, può sorprendere solo chi continua a pensare che i musicisti dal background metal siano un’indistinta accozzaglia di illetterati buzzurri.
Al di là degli steccati di genere, Prayers for an Absentee trova un suo diritto di cittadinanza al’interno di MetalEyes semplicemente perché si tratta di uno dei dischi più belli ed intensi pubblicati quest’anno, e questo basta ed avanza per raccomandarne l’ascolto a chi rovista incessantemente nel pozzo senza fondo contenente le nuove uscite, allo scopo di ricavarne qualcosa dal grande impatto emotivo.

Tracklist:
01. Bring Your Shoulder
02. Borderlands Prayer
03. Us And Them And You And Me
04. Trembling
05. Poppy Tears
06. I Know
07. Christabel
08. Time

Line-up:
Duncan Evans
Ol Jessop
Kev Reid
Phil Cullumbine
Dershna Morker

DUNCAN EVANS – Facebook

SOUND STORM

Il video di To The Stars (Rockshots Records).

Il video di To The Stars (Rockshots Records).

Symphonic epic metallers Sound Storm have just unleashed the brand new video and single of the song “TO THE STARS”.
SOUND STORM – To The Stars (Official Music Video)
The song was mixed and mastered once again by the renowned Joost Van Den Broek (Epica, Ayreon, After Forever and many more) at Sandlane Recording Facilities in The Netherlands.

This is the first official release with the new line-up made of:
Chiara Tricarico – Vocals
Andrea Racco – Vocals
Valerio Sbriglione – Lead and Rhythm Guitar
Elena Crolle – Piano, Keyboards and Arrangements
Massimiliano Flak – Bass
Rocco Mirarchi – Rhythm Guitar
Mattia Rubino – Drum

Sound Storm will be on tour in September and October alongside the mighty Haggard on the upcoming “Bards of Symphony and Metal” tour
Tue 18 Sep – Essen, Turock (GER)
Wed 19 Sep – Z7 , Pratteln (SWI)
Thu 20 Sep – Substage, Karlsruhe (GER)
Fri 21 Sep – Backstage, München (GER)
Sat 22 Sep – Hellraiser, Leipzig (GER)
Sun 23 Sep – Bi Nuu, Berlin (GER)
Mon 24 Sep – Markthalle, Hamburg (GER)
Tue 23 Oct – Szene ,Wien (AT)
Thu 25 Oct – Form Space, Cluj-Napoca (ROM)
Fri 26 Oct – Quantic, Bucharest (ROM)
Sat 27 Oct – TBA, Sofia (BUL)
Tue 30 Oct – Dom Im Berg, Graz (AT)
Wed 31 Oct – Dagda Live Club, Retorbido (ITA)

The new single “TO THE STARS” is available for download and streaming on the major digital platforms:
http://smarturl.it/SoundStorm

For further info and news:
www.sound-storm.it
facebook.com/soundstormworld
instagram.com/soundstormworld
youtube.com/powerofsoundstorm
www.rockshots.eu

Cast The Stone – Empyrean Atrophy

Il non essere proprio dei novellini fa dei Cast The Stone un esempio assolutamente credibile, lasciando che la passione per il genere unita all’esperienza produca swedish death di altissimo livello.

I deathsters statunitensi Cast The Stone sono attivi dal lontano 2002 come progetto nato dalle menti di Derek Engemann (Scour, ex-Cattle Decapitation), Mark Kloeppel (Misery Index) e Jesse Schobel (Scour).

Il loro unico lavoro Dark Winds Descending fu licenziato nel 2005 e la speranza di rivedere sul mercato estremo un altro album targato Cast The Stone si era affievolita col passare degli anni.
Invece i tre musicisti, accompagnati dall’ottimo vocalist Andrew Huskey e con Dan Swanö alla produzione, tornano con questa mezz’ora di death metal scandinavo che si rifà in toto a quanto fatto dal guru svedese con gli Edge Of Sanity nella prima parte di carriera (Unorthodox, The Spectral Sorrow).
Ovviamente, il non essere proprio dei novellini, fa dei Cast The Stone un esempio assolutamente credibile, lasciando che la passione per il genere unita all’esperienza produca swedish death di altissimo livello.
In mezz’ora scarsa ma intensa, la band americana si lascia indirizzare verso la giusta via dal maestro svedese e ne esce un granitico pezzo di metal estremo scandinavo, rigorosamente marchiato a fuoco dai primi anni novanta, estremo e melodico come nella migliore tradizione.
Ottimo e convincente il growl di Huskey, in effetti simile a quello di Swanö del periodo citato, di gran classe le parti melodiche che ricamano oscure tracce death metal come The Burning Horizon, commovente la somiglianza con i leggendari Sanity nella diretta A Plague Of Light e dura e pura la title track, swedish death di origine controllata.
La cover di JesuSatan, originariamente incisa dagli Infestdead, chiude questo ep assolutamente da archiviare come lavoro old school e genuino tributo ad un genere che continua, malgrado lo scorrere del tempo, a regalare grande musica estrema.

Tracklist
1.As the Dead Lie
2.The Burning Horizon
3.Standing In the Shadows
4.A Plague of Light
5.Empyrean Atrophy
6.Jesusatan (Infestdead cover)

Line-up
Andrew Huskey -vocals
Derek Engemann-bass/vocals
Jesse Schobel-drums
Mark Kloeppel-guitar/vocals

CAST THE STONE – Facebook

Electric Boys – The Ghost Ward Diaries

The Ghost Ward Diaries è un robusto e sano disco di hard rock, con buone melodie e molte canzoni che potrebbero essere tranquillamente dei singoli e, soprattutto, un disco molto divertente e ben fatto.

Gli svedesi Electric Boys sono un gruppo di hard rock, con forti radici negli anni sessanta e settanta, in giro dal lontano 1988 per separarsi nel 1994 e, quindi, riformarsi nel 2009 per riproporsi ancora molto validi come testimonia questo buona ultima uscita.

Il loro giardino è l’hard rock tendente al glam, più classico rispetto agli Hanoi Rocks con i quali condividono il chitarrista e cantante Conny Bloom e il bassista Andy Christell. In mezzo a tutto ciò i nostri non hanno perso l’attitudine hard rock e, anzi, con l’avanzare degli anni migliorano, anche se il music business è cambiato moltissimo dai tempi del loro debutto Funk-O-Metal Carpet Ride, prodotto dal celeberrimo Bob Rock, che arrivò al numero venti di Billboard e fu in heavy rotation su Mtv. Molte cose sono cambiate, ma non la qualità e la passione del combo svedese, che anche grazie ad una buona produzione produce un album che soddisferà anche i palati più fini dell’hard rock. I testi possiedono anche una discreta dose di ironia, il che rende il tutto ancora più piacevole, così come il ricorso assai gradevole alle voci e cori femminili, il tutto sempre in maniera credibile. Gli svedesi sono anche piacevoli dal vivo, come possono testimoniare i passeggeri della crociera Monsters O f Rocks, a cui i nostri hanno preso parte nel 2017, riscuotendo un ottimo successo. The Ghost Ward Diaries è un robusto e sano disco di hard rock, con buone melodie e molte canzoni che potrebbero essere tranquillamente dei singoli e, soprattutto, un disco molto divertente e ben fatto. L’hard rock di qualità è un genere che non morirà mai grazie a gruppi come gli Electric Boys.

Tracklist
01. Hangover In Hannover
02. There She Goes Again
03. You Spark My Heart
04. Love Is A Funny Feeling
05. Gone Gone Gone
06. Swampmotofrog
07. First The Money, Then The Honey
08. Rich Man, Poor Man
09. Knocked Out By Tyson
10. One Of The Fallen Angels

Line-up
Conny Bloom – Guitaris, Vocals
Andy Christell- Bassist
Franco Santunione – Guitars
Niclas Sigevall – Drums
Jolle Atlagic – Drums

ELECTRIC BOYS – Facebook

Ash Of Ashes – Down The White Waters

Album che piacerà agli amanti dei suoni folk metal, epici e black, Down The White Waters ci chiede di riservare un po’ del nostro tempo alle sue composizioni, così da ritrovarci in un altra dimensione, galleggiando in un mare di emozioni pagane ed epiche.

Cultura pagana ed heavy metal, un connubio che negli anni ha donato grande musica epica, poi attraversata da tempeste estreme arrivate dal grande nord.

Epic folk metal dai rimandi pagani è a grandi linee il sound del duo tedesco Ash Of Ashes, al debutto con Down The White Waters, lavoro degno di menzione in virtù dell’esibizione di un buon talento nel creare mid tempo epici e guerreschi in un contesto atmosferico.
Ovviamente la parte metal è di derivazione viking black, poi alleggerita da una valanga di melodie che lasciano spazio anche agli ascoltatori di generi meno estremi, grazie anche alla voce evocativa, che duetta per gran parte dell’album con quella di stampo estremo.
In Down The White Waters l’epicità si tocca con mano, l’alternanza tra parti viking black metal, folk e melodic death è l’arma con cui il duo conquista le terre nemiche, creando un’atmosfera leggendaria.
Molto belli sono i brani che riescono a far convivere tutte le anime del sound sotto la spessa coltre di epicità: la band sorprende per il songwriting di buon livello già dal primo album, con picchi come Flames Of The Horizon, Sea Of Stones e gli ultimi due movimenti prima della chiusura: le splendide The Queen’s Lament (The Lay Of Wayland) e Chambers Of Stone (The Lay Of Wayland).
Album che piacerà agli amanti dei suoni folk metal, epici e black, Down The White Waters ci chiede di riservare un po’ del nostro tempo alle sue composizioni, così da ritrovarci in un altra dimensione, galleggiando in un mare di emozioni pagane ed epiche.

Tracklist
01. Down The White Waters
02. Flames On The Horizon
03. Ash To Ash
04. Sea Of Stones
05. Springar
06. Seven Winters Long (The Lay Of Wayland)
07. In Chains (The Lay Of Wayland)
08. The Queen’s Lament (The Lay Of Wayland)
09. Chambers Of Stone (The Lay Of Wayland)
10. Outro

Line-up
Skaldir – Vocals, guitars, keyboards, bass
Morten – Lyrics, vocals

ASH OF ASHES – Facebook

REVOLUTIO

Il video di ‘The Oracle’, dall’album Vagrant in uscita a novembre (Inverse Records).

Il video di ‘The Oracle’, dall’album Vagrant in uscita a novembre (Inverse Records).

I thrasher post apocalittici REVOLUTIO hanno pubblicato un nuovo video per The Oracle. Il brano fa parte del nuovo album Vagrant, la cui uscita è prevista per il 9 Novembre su Inverse Records. Il video è disponibile a questo link: https://goo.gl/vuZg9C

Il cantante Maurizio Di Timoteo ha commentato: “Siamo entusiasti di pubblicare questo video. L’abbiamo girato in una location a dir poco apocalittica, la vecchia fabbrica della Bugatti, e ha coinvolto un cast di 20 persone inclusi attori, truccatori e comparse. E’ stata un’esperienza incredibile!”

Nel video un viaggiatore vaga in un mondo distopico consumato da una divinità ibrida uomo-macchina chiamata l’Oracolo. L’uomo, colmo di dubbi e rabbia, chiede al folle idolo le ragioni di questa distruzione. Lei gli rivela che la ragione di questa epurazione è il miglioramento dell’umanità, poiché solo attraverso la sofferenza le nostre anime possono rinascere.

Potete ascoltare The Oracle in streaming su Spotify o pre-ordinare l’album Vagrant qui di seguito: https://goo.gl/At5KGc

La band ha annunciato di essere diventato un quintetto con l’ingresso in formazione di Carlos Reyes Vergara. Vergara sostituisce Di Timoteo alla chitarra ritmica, permettendo a Di Timoteo di concentrarsi sulle voci e sulla creazione di nuovi contenuti.

Tracklist:
1. Aftermath
2. Meek and the Bold
3. What Breaks Inside
4. The Oracle
5. Ozymandias
6. Eclipse
7. Silver Dawn
8. Requiem
9. Daydream
10. The Great Silence

REVOLUTIO line-up:
Maurizio Di Timoteo – Voce
Luca Barbieri – Chitarra solista
Carlos Reyes Vergara – Chitarra ritmica
Francesco Querzé – Basso
Davide Pulito – Batteria

REVOLUTIO online:
http://www.facebook.com/revolutioband
http://www.instagram.com/revolutioband
http://www.vk.com/revolutioband
http://www.youtube.com/revolutioband
http://www.revolutioband.com

INVERSE RECORDS online:
https://www.inverse.fi

Malthusian – Across Deaths

Un album difficile, non aiutato da una produzione che ne soffoca il suono e troppo impegnata a risaltare i bassi, magari anche voluta ed in linea con l’assoluto mood estremo di un sound che alterna (nei momenti più intensi e riusciti) furia death/black e litanie doom.

Un vento freddo e terribile spira da nord, portando con se la musica dei death/blacksters Malthusian, gruppo estremo di Dublino che mette in musica le teorie di Thomas Malthus, sotto la spinta di un metal estremo che risulta un caos primordiale, una tempesta di suoni death metal resi ancora più estremi e caotici da sferzate black metal.

I Malthusian sono un quartetto attivo dal 2012 che ha già espresso il proprio concept con un demo ed un ep uscito tre anni fa (Below the Hengiform).
Con musica e tematiche di difficile digeribilità anche per chi non è nuovo ad ascolti estremi, Across Deaths si sviluppa su cinque brani per quaranta minuti di tsunami musicale, tra brani medio lunghi che raggiungono durate importanti come i dodici minuti abbondanti di Primal Attunement-The Gloom Epoch, cuore di questo lavoro che ci riserva una varietà nel songwriting più accentuata, con atmosfere che rallentano fino a toccare lidi doom/death.
Un album difficile, non aiutato da una produzione che ne soffoca il suono e troppo impegnata a risaltare i bassi, magari anche voluta ed in linea con l’assoluto mood estremo di un sound che alterna (nei momenti più intensi e riusciti) furia death/black e litanie doom.

Tracklist
1. Remnant Fauna
2. Across the Expanse of Nothing
3. Sublunar Hex
4. Primal Attunement – The Gloom Epoch
5. Telluric Tongues (Roaring Into the Earth)

Line-up
PG – Bass, Vocals
JK – Drums
AC – Guitars, Vocals
MB – Guitars, Vocals

MALTHUSIAN – Facebook

Dark Buddha Rising – The Black Trilogy

Per chi ama il metal psichedelico e rituale, un sottogenere apertamente esoterico e alienante, questa raccolta dei primi tre dischi dei finlandesi Dark Buddha Rising è un bellissimo regalo da parte della Svart Records.

Per chi ama il metal psichedelico e rituale, un sottogenere apertamente esoterico e alienante, questa raccolta dei primi tre dischi dei finlandesi Dark Buddha Rising è un bellissimo regalo da parte della Svart Records.

Prima di accasarsi alla stessa Svart e incidere per la Neurot, gli sciamani finnici avevano rilasciato tre doppi dischi, Ritual IX del 2008, Entheomorphosis del 2009 e Abyssolute Transfinite datato 2011, sulla loro etichetta Post -RBMM con un bassa tiratura, diventando ben presto un feticcio per i collezionisti. Ora sono disponibili rimasterizzati e con una nuova veste, in doppio vinile, cd e download digitale. Inoltre c’è anche una bellissima edizione limitata in sette vinili che oltre a contenete i succitati lp ha anche al suo interno l’introvabile demo del 2007.
Definire la loro musica è molto difficile, diventa arduo anche decidere se sia musica, poiché qui gli strumenti musicali, inclusa la voce umana, sono usati per compiete rituali che aprono la mente a dimensione diverse a quella in cui viviamo. Infiniti giri di chitarra basso e batteria, che con frequenze diverse dal normale entrano nella nostra mente e grattano via le nostre idee mentali per aprirci delle porte. Ad esempio il rituale chiamato Ennethean, dal primo disco Ritual IX, ha una frequenza talmente bassa che farà vibrare tutto il vostro corpo, membra incluse. Ovviamente questa non può essere una proposta musicale per tutti: qualche curioso potrà essere un nuovo adepto di questo grandissimo gruppo, ma chi non ha la mente aperta non entri neppure qui. I Dark Buddha Rising sono uno dei pochi gruppi al mondo, inclusi i Nibiru da Torino, che fanno davvero musica rituale, ovvero un qualcosa che ci metta in contatto con mondi diversi, dentro e fuori da noi. Le coordinate spazio temporali qui perdono di significato, si viaggia per l’universo come la pallina di un flipper, oppure molto lentamente, con il terrore di incontrare gli Antichi di Lovecraft. Magia, arcaici archetipi che si fondono dentro di noi, perché ci sono sempre stati e questa musica rituale dei finlandesi li porta fuori o ce li fa semplicemente rivivere.
Un’operazione doverosa e ben condotta dalla Svart Records per riportare a galla delle gemme che si erano perse e per espandere le nostre coscienze.

Tracklist
– Ritual IX –

1.Enneargy
2.Enneanacatl
3.Enneathan
4.Enneathan

– Entheomorphosis –

1.Transperson I
2.Transperson II
3.Transcent
4.Nog Uash’Tem

– Abyssolute Transfinite –

1.Ashtakra I
2.Ashtakra II
3.Chonyidt 45
4.Sol’Yata

Line-up
V. Ajomo
M. Neuman
P. Rämänen
J. Rämänen
J. Saarivuori

DARK BUDDHA RISING – Facebook

Fear Of Domination – Metanoia

Il risultato finale è un album come detto gradevole, ammantato di una cattiveria di facciata che copre come un sottilissimo velo contenuti nella loro sostanza ben più morbidi: certo, i dischi brutti sono diversi da Metanoia, ma anche quelli che dovrebbero migliorare la vita a chi li ascolta …

Nonostante siano apparentemente ancora molto giovani, i finlandesi Fear Of Domination sono attivi da una decina d’anni e questo ultimo Metanoia rappresenta il loro sesto full length.

La band nordica è formata da ben otto elementi (con due vocalist) e questo sicuramente favorisce la costruzione di un sound piuttosto saturo, specialmente nei passaggi più robusti che sono l’espressione meglio riuscita di un sound che si muove tra un pizzico di industrial e pulsioni gothic/elettroniche che vanno a confluire in una forma di modern metal piuttosto ammiccante.
Fatte le debite premesse, non si può non rimarcare il fatto che il prodotto dei Fear Of Domination sia sicuramente ricco di un certo appeal commerciale, aspetto che è il suo pregio ma, soprattutto, il suo limite visto che, alla lunga, anche dopo diversi ascolti, rimane ben poco se non l’impressione d’aver ascoltato un album ben costruito, a tratti divertente, ma che in una fascia di ascoltatori più adulta faticherà a ricavarsi una seconda od una terza chance di passaggio nel lettore.
La sensazione è che la band provi a sondare un po’ tutte le strade del metallo più abbordabile, sia con brani che richiamano gruppi come i Deathstars ( Sick and Beautiful, We Dominate), sia proponendo ritmi più ragionati e suadenti in quota Evanescence (Shame, Ruin) sfruttando la vena della brava vocalist Sara Strömmer, ma in definitiva creando un coacervo sonoro che richiama a tratti i più nobili Linkin Park così come l’impalpabile ed adolescenziale metalcore in voga di questi tempi.
Il risultato finale è un album come detto gradevole, ammantato di una cattiveria di facciata che copre come un sottilissimo velo contenuti nella loro sostanza ben più morbidi: certo, i dischi brutti sono diversi da Metanoia, ma anche quelli che dovrebbero migliorare la vita a chi li ascolta …

Tracklist:
1. Dance with the Devil
2. Obsession
3. Face of Pain
4. Sick and Beautiful
5. Shame
6. Lie
7. We Dominate
8. The Last Call
9. Mindshifter
10. Ruin

Line-up:
Saku Solin – Vocals
Lauri Ojanen – Bass
Jan-Erik Kari – Guitars
Johannes Niemi – Lead guitars
Vesa Ahlroth – Drums
Lasse Raelahti – Keyboards
Sara Strömmer – Vocals
Miikki Kunttu – Percussions, stage monkey

FEAR OF DOMINATION – Facebook

Deathcall – Eternal Darkness

Prodotto assolutamente underground e di interesse per i fans accaniti del genere, Eternal Darkness supera abbondantemente la sufficienza e porta così all’attenzione il giovane gruppo di Dunedin.

Le vie del death metal sono infinite e ci portano in Nuova Zelanda per fare la conoscenza dei Deathcall, quartetto di Dunedin con un ep omonimo licenziato nel 2016 e questo full length uscito lo scorso anno dal titolo Eternal Darkness.

Accompagnato da una copertina che ispira fantasie doom, l’album risulta invece un esempio discreto di death metal old school, un macigno estremo che di cimiteriale ha il growl, oscuro e cavernoso (la copertina raffigura una gentil donzella seduta su di una tomba con tanto di teschio tra le mani) e poi tira dritto verso lidi estremi dove velocità e potenza la fanno da padrone.
Qualche accenno di groove nelle ritmiche e tanto death metal ispirato ai primi anni novanta, macabro e composto da una serie di brani che non lasciano soluzioni diverse se non qualche mid tempo a variare una proposta che se convince nei primi brani (l’opener Modified ed Enslaved), alla lunga perde in freschezza, faticando leggermente in dirittura d’arrivo.
Un peccato che si perdona al gruppo neozelandese, comunque da premiare per l’onda d’urto creata da tracce in cui il growl brutale ed animalesco del singer Dean Anderton (anche alla chitarra) ricorda come fonti di ispirazione Macabre e Morbid Angel.
Prodotto assolutamente underground e di interesse per i fans accaniti del genere, Eternal Darkness supera abbondantemente la sufficienza e porta così all’attenzione il giovane gruppo di Dunedin.

Tracklist
1.Modified
2.Imbecile
3.Enslaved
4.Halls Of Assumption
5.Burning hatred
6.Blood And Steel
7.Control
8.Cauldron Of Conspiracy
9.Repercussions
10.Eternal darkness
11.The Widow
12.Wargames

Line-up
Euan anderton – Bass
Shayne Roos – Drums
John Parker – Guitars
Dean Anderton – Vocals, Guitars

DEATHCALL – Facebook

Pantheist – Seeking Infinity

Un grande ritorno: l’attesa non è stata vana e il leader Kostas ci riporta alle radici del suo personale funeral facendoci immergere in zone della nostra anima completamente prive di luce.

Sette lunghi anni ci separano dall’ultimo segnale mandato dalla creatura di Kostas Panagiotu, dall’ultimo controverso e forse non completamente a fuoco album omonimo del 2011.

Ora Kostas, che è stato impegnato in molteplici progetti nel frattempo (Toward Atlantis Light, Aphonic Threnody e Clouds tra gli altri), forte dell’appoggio di nuovi musicisti, tra cui Daniel Neagoe (Eye of Solitude, Clouds e mille altri) “on drums”, ci dona un’ora di musica dal forte e antico fascino. Cover estremamente suggestiva cosi come il titolo, Seeking Infinity l’opera ci riporta alle radici del loro funeral doom incorporando al meglio le derive atmosferiche e progressive presenti nei due precedenti lavori del 2008 (Journey through the lands unknown) e del 2011 (Pantheist). Già nel 2016 Kostas aveva iniziato a lavorare sulla attuale opera, pubblicando un EP di futuristic space doom, Chapters (ora sold out), per autofinanziarsi e scrivendo un racconto, Events, che rappresenta il concept del nuovo album: il professore Losaline viaggia nel tempo cercando di capire come mai l’umanità corra verso l’autodistruzione e trovando, come unica risposta, la totale irresponsabilità del genere umano che non trae mai insegnamento dai propri errori. L’opera è assolutamente ispirata, con un interplay tra pianoforte, tastiere e chitarre che raggiunge livelli notevoli, ricordandoci l’unicità del suono della band, nata in Belgio ma ora londinese; brani lunghi, ricchi di suggestioni e atmosfere dilanianti fin dall’opener Control & fire, dove un intenso suono di basso ci accompagna lungo undici minuti incantevoli. Per 500 B.C to 30 A.D- The Enlightened Ones esiste anche un video assolutamente consigliato, per immergervi in un funeral dal sapore antico e misterioso; il piano cesella le melodie, mentre l’atmosfera si appesantisce, portandoci in spazi doom vigorosi e tesi  e ricordandoci che ”you can run but you can’t hide from the quiet flow of time and the dark tentacles of fate push you towards your destiny“. Storia a sé stante sono i sei abbondanti minuti di 1453: An Empire Crumbles in cui la narrazione della caduta di Costantinopoli, ultimo baluardo dell’ Impero Romano d’ Oriente, è condotta su un base d’organo creata ad hoc per celebrare un antico rituale; un brano che, pur usando ingredienti diversi, raggiunge livelli atmosferici superbi. Le ultime due tracce, per un totale di circa ventisette minuti, nella loro maestosità doom sublimano un’opera nella quale l’ incessante dialogo tra piano e chitarre ci conduce in luoghi dove si distilla la forma più pura di funeral doom e la solitudine e la disperazione accompagnano le gesta di ogni uomo. Un grande ritorno, la lunga attesa non è stata vana.

Tracklist
1. Eye of the Universe
2. Control and Fire
3. 500 B.C. to 30 A.D. – The Enlightened Ones
4. 1453: An Empire Crumbles
5. Emergence
6. Seeking Infinity, Reaching Eternity

Line-up
Kostas Panagiotou – Vocals, Keyboards
Aleksej Obradović – Bass
Frank Allain – Guitars
Daniel Neagoe – Drums

PANTHEIST – Facebook

Man With A Mission – Chasing The Horizon

Musica che passa, lascia poco o nulla di sé e scompare, tradita da chi promette senza mantenere, prodotta e creata per meravigliare e divertire, ma alla quale manca l’anima.

In Giappone il metal ed il rock hanno sempre trovato un rifugio sicuro, quando le cose (commercialmente parlando) si mettevano male, specialmente per quanto riguarda l’altalenante popolarità che ha caratterizzato in tutti questi anni il metal classico e l’hard rock.

Lo stesso si può dire del nu metal e del rock alternativo più commerciale, almeno ascoltando questo Chasing The Horizon, ultimo album dei Man With A Mission.
Nata nel 2010 e nascosta da maschere raffiguranti il lupo, la band arriva al sesto full length di una discografia composta da numerosi ep, due raccolte e una lista importante di singoli in soli otto anni.
Nu metal, elettronica da discoteca futurista e rock alternativo, vengono manipolati dal quintetto che aggiunge rap, parti techno ed una sfrontata attitudine dance per divertire i ragazzotti persi tra le luci delle sale da ballo di una Tokio hi-tech.
Quello che ne esce è un sound che nulla ha dello spirito di cui si tratta sulle pagine di MetalEyes: le note industriali sono lontane, il metal con una lente di ingrandimento lo si scorge in qualche riff, all’ombra di una cascata di ritmi ballabili, stordenti, sicuramente cool, ma che non si avvicinano a toccare la benché minima corda emozionale.
Musica che passa, lascia poco o nulla di sé e scompare, tradita da chi promette senza mantenere, prodotta e creata per meravigliare e divertire, ma alla quale manca l’anima.
Quattordici brani per quasi un’ora di musica, confezionata perfettamente per i minori di quattordici anni e nulla più: il rock violentato da scariche elettroniche, pericoloso ed estremo, nato nei sobborghi delle metropoli o figlio della musica elettronica degli anni ottanta, non è contemplato da questi lupacchiotti dagli occhi a mandorla, passiamo oltre.

Tracklist
1.2045
2.Broken People
3.Winding Road
4.Hey Now
5.Please Forgive Me
6.Take Me Under
7.Freak It!Featuring – 東京スカパラダイスオーケストラ*
8.Break The Contradiction
9.My Hero
10.Dead End In Tokyo
11.Chasing The Horizon
12.Find You
13.Dog Days
14.Sleepwalkers

Line-up
Tokyo Tanaka – Vocal
Jean-Ken Johnny – Guitar, Vocal, Rap
Kamikaze Boy -Bass, Chorus
Spear Rib – Drums
DJ Santa Monica – Djs, Sampling

MAN WITH A MISSION – Facebook

BURNING WITCHES

Il lyric video di ‘Executed’, dall’album “Hexenhammer” in uscita a novembre (Nuclear Blast).

Il lyric video di ‘Executed’, dall’album “Hexenhammer” in uscita a novembre (Nuclear Blast).

Le Burning Witches non sono solo l’export più piccante della Repubblica Alpina, ma le cinque ragazze svizzere sono anche le più elettrizzanti nuove arrivate nella scena heavy metal old school degli ultimi anni, a livello internazionale!

Il nuovo album “Hexenhammer” sarà pubblicato il 9 novembre su Nuclear Blast.

In occasione del lancio dei pre-ordini del disco, la band pubblica il primo singolo ‘Executed’, accompagnato da un lyric video.

La band dichiara:
“Siamo molto orgogliose di mostrarvi il nostro primo lyric video per la canzone Executed’. È un brano davvero potente e veloce che racconta la storia della ‘ultima strega’ svizzera Anna Göldi e della sua tormentata esistenza. Si tratta di una vicenda vera e tragica che si adatta al tema dell’album ‘Hexenhammer’!”.

Chi pre-ordina “Hexenhammer” in digitale riceverà immediatamente ‘Executed’: http://nblast.de/BWExecuted

I pre-ordini di “Hexenhammer” in formato fisico sono attivi qui: http://nblast.de/BWHexenhammer

La tracklist di “Hexenhammer” è la seguente:
01. The Witch Circle
02. Executed
03. Lords Of War
04. Open Your Mind
05. Don’t Cry My Tears
06. Maiden Of Steel
07. Dungeon Of Infamy
08. Dead Ender
09. Hexenhammer
10. Possession
11. Maneater
12. Holy Diver
Bonus:
13. Self Sacrifice
14. Don’t Cry My Tears (acoustic)

L’album è stato prodotto al Little Creek Studio con lo stesso team del predecessore: V.O. Pulver (PRO-PAIN, DESTRUCTION, NERVOSA, PÄNZER) e la leggenda dei DESTRUCTION, Schmier, che ha aiutato e dato consigli come caro amico della band. Il risultato è un brillante album heavy metal, che toglierà il fiato agli headbangers di tutto il mondo.

La copertina è stata creata dall’acclamato artista ungherese Gyula, che ha curato anche gli artwork di gruppi quali DESTRUCTION, ANNIHLATOR, GRAVE DIGGER, STRATOVARIUS, TANKARD e molti altri.

BURNING WITCHES date:

30.08. CH Lucerne – Schüür (w/ NERVOSA, IRONY OF FATE)
01.09. A Satteins – Hard N’ Heavy

“Metal Storm Tour 2018”
con GONOREAS
05.10. E Madrid – Boveda
06.10. E Vitoria-Gasteiz – Urban Rock Concept
07.10. E Barcelona – Sala Bóveda
08.10. E Valencia – Paberse Club
09.10. E Puertollano (Ciudad Real) – Krater Rock City
10.10. E Zaragoza – Carpa Rock Interpeñas

14. – 21.10. E Mallorca – Full Metal Holiday

Album-Release-Show:
09.11. CH Brugg – Salzhaus
10.11. D – Mannheim – MS Connexion Complex **NUOVO**

“The Tour Of The Living Dead”
con GRAVE DIGGER – presentato da Rock Hard (D)
11.01. D Hanover – MusikZentrum
12.01. D Andernach – JUZ Live Club
13.01. CH Pratteln – Z7
14.01. D Munich – Backstage
15.01. D Aschaffenburg – Colos-Saal
16.01. D Saarbrücken – Garage
17.01. D Bochum – Zeche
18.01. D Glauchau – Alte Spinnerei
19.01. D Neuruppin – Kulturhaus
20.01. NL Rotterdam – Baroeg
22.01. D Hamburg – Martkhalle
23.01. D Berlin – Lido
24.01. D Bamberg – Live-Club
25.01. D Regensburg-Obertraubling – Airport-Eventhall
26.01. D Memmingen – Kaminwerk
27.01. D Ludwigsburg – Rockfabrik
28.01. F Paris – Petit Bain
29.01. UK London – Camden Underworld
30.01. B Vosselaar – Biebob
31.01. F TBA
01.02. E Bilbao – Santana 27
02.02. E Madrid – Sala Mon Live
03.02. E Barcelona – Razzmatazz 2

Le BURNING WITCHES sono:
Seraina | voce
Romana | chitarra
Sonia | chitarra
Jay | basso
Lala | batteria

Altre info:
www.facebook.com/burningwitches666

www.nuclearblast.de/burningwitches

Apophis – Virulent Host

Virulent Host è un’opera di death metal melodico a cui non manca nulla se non la voce, di cui non si sente comunque la mancanza grazie al talento di Cibich nel saper far parlare la sua chitarra, assoluta protagonista nei vari episodi che si susseguono, emozionanti e trascinanti lungo tutta la sua durata.

Ci eravamo occupati degli Apophis lo scorso anno in occasione dell’uscita del primo lavoro, Under A Godless Moon.

Dietro a questo oscuro monicker (Apophis è il dio serpente, divinità che incarna il male e le tenebre nelle credenze dell’antico Egitto) si cela il polistrumentista australiano Aidan Cibich, talentuoso musicista e songwriter che con Virulent Host conferma le ottime impressione suscitate con l’album precedente.
Questo nuovo lavoro è un’opera mastodontica, con più di un’ora di death metal melodico strumentale che non lascia scampo, il dosaggio perfetto di una tecnica strumentale assolutamente ragguardevole, ma concentrata sulla forma canzone: dodici brani medio lunghi, un’attitudine progressiva ben marcata ed una raccolta di brani strutturati come cavalcate metalliche dalle melodie che passano con disinvoltura ad atmosfere epiche, bellissimi intermezzi acustici grazie ad un lavoro chitarristico curato nei minimi dettagli, fanno di Virulent Host un album affascinante, da ascoltare con la dovuta calma ma comunque adatto anche a chi non è in confidenza con gli album strumentali.
In ultima analisi, Virulent Host è un’opera di death metal melodico a cui non manca nulla se non la voce, di cui non si sente comunque la mancanza grazie al talento di Cibich nel saper far parlare la sua chitarra, assoluta protagonista nei vari episodi che si susseguono, emozionanti e trascinanti lungo tutta la sua durata.
Appunto, non fatevi spaventare dalla lunga durata di Virulent Host, il musicista australiano ha creato una raccolta di brani che hanno il pregio di non stancare affatto, tra accelerazioni metalliche, cavalcate in crescendo e trame atmosferiche, ora acustiche, ora levigate da sfumature tastieristiche.
La straordinaria Engulfing Tranquility, Memory Cove e la conclusiva e progressiva Wherein Wolves Die sono tra le più splendenti perle strumentali di questo bellissimo lavoro, assolutamente da non perdere.

Tracklist
1.Sunlight Drowns In Apathy
2.Virulent Host
3.Cyclothymic
4.Beyond Fathomless Depths
5.Memory Cove
6.Seas Of Fervent Wings
7.The Widowmakers 06:06
8.Calignosity
9.Engulfing Tranquility
10.Abandoned Kingdom From The Sky
11.Demons Of Derailment
12.Wherein Wolves Die

Line-up
Aidan Cibich – All instruments

APOPHIS – Facebook

Hence – Hence

Licenziato dalla Volcano Records, questo omonimo ep di debutto si compone di cinque brani che si rifanno ai generi descritti, con quel tocco attuale che si traduce in una potenza controllata lasciata libera di esprimersi in un contesto indie rock raffinato.

Il mondo del rock alternativo è più vasto di quello che si può credere superficialmente, essendo capace di superare confini musicali all’apparenza irraggiungibili.

Dal rock duro al crossover, dall’indie al noise, passando dal post dark e dalla new wave, per non dimenticare le ultime tendenze progressive, il rock ha molte strade per esprimersi, ed una di queste porta nella provincia di Reggio Emilia da dove provengono gli Hence.
Attivo prima come Wheresmyplanet, il trio composto da Francesco Giro (batteria), Filippo Bonacini (chitarra) e Matteo Iotti (basso) ha unito le forze con il tastierista Edoardo Vandelli creando questa nuova realtà musicale che si muove nel mondo del rock alternativo con il passo elegante del post rock e della new wave.
Licenziato dalla Volcano Records, questo omonimo ep di debutto si compone di cinque brani che si rifanno ai generi descritti, con quel tocco attuale che si traduce in una potenza controllata lasciata libera di esprimersi in un contesto indie rock raffinato.
Seguendo le note alternative, a tratti liquide e sfumate di elettronica che compongono piacevoli brani come Castaway, l’indie rock dell’opener From a Star to AnotherOne o della conclusiva Untitled, ci si ritrova nel mondo colorato di tenui colori rock del gruppo emiliano, in parte graffiato da chitarre più robuste, o valorizzato dal pop/rock del gioiellino Letters From The End Of The World, brano emozionante nel suo crescendo emotivo nel quale non viene smarrita un’oncia dell’innata eleganza compositiva degli Hence, gruppo decisamente consigliato agli amanti dei suoni indie rock ed alternativi.

Tracklist
Edoardo Vandelli – Keyboards, Synth, Lead Vocals
Filippo Bonacini – Guitar, Backing Vocals
Matteo Iotti – Bass Guitar, Backing Vocals
Francesco Giro – Drums, Pads

Line-up
1.From a Star to AnotherOne
2.I’ve Been Looking Inside of Me
3.Letters from the End of the World
4.Castaway
5.Untitled

HENCE – Facebook

Daagh – Daagh

Il disco suona come dovrebbe suonare un album di black metal classico ed è nettamente al di sopra della media del genere.

Black metal norvegese suonato da un uomo solo nel solco della tradizione norvegese.

In molti generi musicali basterebbe questa scarna descrizione per far capire ai più di cosa stiamo parlando, invece nel black metal questo è solo il punto di partenza di un viaggio.
L’ep di esordio di Daagh è un bellissimo trattato di circa trentacinque minuti su come si possa fare ancora del grande black metal nel solco del true norwegian black metal, a partire dalla copertina per arrivare alle note musicali. Dall’inizio alla fine di questo disco si è trascinati nel freddo inverno nordico, dove tutto è ghiacciato, e proprio lì arde il fuoco del black. Le chitarre distorte che trovano lo spazio per magnifiche melodie malate, la batteria che cala incessante come una scure vendicatrice, la voce che appare lontana come potrebbe essere in una tempesta di neve, e quell’incedere che ha fatto amare a tante persone il verbo del black metal. A ragion veduta è stato detto tante volte che questo non è giustamente un genere per tutti, e l’ep di Daagh ne è la prova. Chi ama il nero metallo qui potrà trovare l’armonia del caos che solo questa musica sa regalare, invece chi non lo apprezza vi ascolterà solo una cacofonia. Daagh usa al meglio la tradizione norvegese per produrre un album molto ortodosso e pieno di ottime idee, con alcuni spunti geniali. Il disco suona come dovrebbe suonare un album di black metal classico ed è nettamente al di sopra della media del genere. Ci si immerge totalmente in questo muro del suono, in questa veemenza nichilista e di richiamo verso un passato che era sicuramente più sincero di questo attuale presente. Uno dei punti a favore di Daagh è il sapiente uso delle tastiere, che creano grandi atmosfere aggiungendo maggior valore al disco. Un grande ep che esce per la polacca Wolfspell Records, un’eccellente etichetta di black metal underground, che farà uscire ottime cose in concomitanza con il solstizio autunnale.

Tracklist
1.I
2.II
3.III
4.IV
5.V

DAAGH – Facebook

Mørketida – Panphage Mysticism

Nessun imbellettamento sonoro, ma solo nera sostanza è quanto ci viene mirabilmente offerto grazie al misantropico sentire dei Mørketida, capaci di afferrare saldamente il testimone da chi definì le coordinate del black diverse centinaia di chilometri più ad ovest.

Dopo un demo risalente ormai a sei anni fa, si rifanno vivi i finlandesi Mørketida con una prova magnifica, capace di rievocare i fast del black metal nelle sue sembianze più pure ed originali.

Quella del duo finnico è una fuga all’indietro che trova il suo naturale approdo nella rievocazione delle pulsioni primordiali del genere, sia a livello stilistico che di rivestimento sonoro; l’operazione non è affatto, però, una superflua e nostalgica riproposizione di un qualcosa di trito e ritrito, ma un’adesione totale, nello spirito e nella forma, ai suoni che agitarono il Nordeuropa e la scena metal all’inizio degli anni ’90.
Pervicacemente lontani da ogni bagliore modernista, Nagafir Devraha e Sol Schwarz regalano un album che potrà essere apprezzato in toto solo da chi ama il genere nella sua essenza più pura: Panphage Mysticism esprime un black metal ruvido, essenziale ma nel contempo contrassegnato da un melodico e malinconico incedere.
I tre brani centrali, Serpent’s Grail, Throne of Unseen e la title track, dovrebbero essere usati in ipotetici libri di testo per spiegare ai più giovani quali siano le reali coordinate sonore del genere, ma se questo potrebbe far apparire l’operato dei Mørketida una semplice quanto riuscita operazione di copiatura ci si sbaglia: un simile lavoro sicuramente non sarebbe mai uscito se non fossero esistiti prima i vari Darkthrone, Burzum e compagnia, ma il lavoro viene restituito con una forza espressiva ed una credibilità tale da farlo apparire al 100% farina del sacco dei due finlandesi.
Nessun imbellettamento sonoro, ma solo nera sostanza è quanto ci viene mirabilmente offerto grazie al misantropico sentire dei Mørketida, capaci di afferrare saldamente il testimone da chi definì le coordinate del black diverse centinaia di chilometri più ad ovest.

Tracklist:
1. Intro
2. Invoking the Seventh Moon
3. Witchcraft
4. Serpent’s Grail
5. Throne of Unseen
6. Panphage Mysticism
7. Temple of Prevailing Darkness
8. Outro

Line-up:
Nagafir Devraha – Drums, Synths, Vocals
Sol Schwarz – Guitars, Bass

MORKETIDA – Facebook

LACUNA COIL

Il video di “Blood, Tears, Dust”, dal DVD “The 119 Show – Live In London” in uscita a novembre (Century Media Records).

Il video di “Blood, Tears, Dust”, dal DVD “The 119 Show – Live In London” in uscita a novembre (Century Media Records).

Dopo l’annuncio della release del nuovo live DVD “The 119 Show – Live In London”, disponibile a partire dal 9 novembre 2018 su Century Media Records, i LACUNA COIL hanno reso disponibile il primo video, “Blood, Tears, Dust”. Con questa uscita la band milanese festeggia i 20 anni di carriera.

Disponibile trailer, artwork e tracklist di “The 119 Show – Live In London”:

1. A Current Obsession
2. 1.19
3. My Wings
4. End Of Time
5. Blood, Tears, Dust
6. Swamped
7. The Army Inside
8. Veins Of Glass
9. One Cold Day
10. The House Of Shame
11. When A Dead Man Walks
12. Tight Rope
13. Soul Into Hades
14. Hyperfast
15. I Like It
16. Heaven’s A Lie
17. Senzafine
18. Closer
19. Comalies
20. Our Truth
21. Falling
22. Wide Awake
23. I Forgive (But I Won’t Forget Your Name)
24. Enjoy The Silence
25. Nothing Stands In Our Way.

Quella di Londra è stata una performance realmente incredibile, accompagnata dal gruppo circense Incandescence, e costellata non solo dai successi di una carriera ormai ventennale, ma anche da molti brani mai eseguiti prima dal vivo. Finalmente tutti i fan avranno la possibilità di vivere (o rivivere!) una serata storica.

La band racconta: “Quello che è successo all’O2 Forum Kentish Town a Londra il 19 gennaio è stato davvero magico. Un’esperienza che vivi una volta nella vita, sia come persona, sia come band. Il lavoro che c’è stato dietro, la tensione prima di salire sul palco, l’intensità della performance, l’energia del pubblico, sembrava tutto completamente nuovo per noi. Andava oltre tutto quello che avevamo vissuto fino a quel momento. Non si è trattato di un semplice show. È stato un evento, una festa di compleanno, la celebrazione di un anniversario e, prima di ogni altra cosa, un immenso ringraziamento a tutti quelli che ci hanno accompagnato in questo viaggio. E adesso, con la pubblicazione di ‘The 119 Show – Live in London’ abbiamo la possibilità di condividere la magia anche con quei fan che purtroppo non erano riusciti a partecipare alla nostra festa” – Lacuna Coil, luglio 2018.

I Lacuna Coil chiuderanno proprio a Milano il loro “119 SHOW TOUR” in una location intima (Santeria Social Club).
Sarà un modo per ringraziare i loro fan italiani per questi vent’anni di supporto, disponibili i biglietti.

I primi mesi del 2018, inoltre, hanno visto Cristina Scabbia nell’inatteso ruolo di Coach di The Voice of Italy. I Lacuna Coil sono stati recentemente premiati come “Best Live Band” ai prestigiosissimi Metal Hammer Golden Gods Awards di Londra. Il MEI, Meeting Annuale degli Indipendenti, ha annunciato che darà loro uno speciale riconoscimento per i vent’anni di carriera, consegnandolo di persona il 29 settembre a Faenza (Ravenna).

Lacuna Coil online:
http://lacunacoil.com/
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