Samuli Federley – Lifestream

Siamo lontani dai classici guitar heroes e Samuli Federley, come molti suoi colleghi della nuova generazione, punta più sulle emozioni e la sua musica se ne giova, anche se, quando le dita cominciano a scorrere sul manico della chitarra, esce prepotentemente tutta la sua bravura strumentale, rendendo il lavoro meritevole senz’altro di un ascolto.

Samuli Federley è un virtuoso chitarrista finlandese, membro dei prog metallers Reversion, che ha dato vita al suo solo project strumentale qualche anno fa.

Nel 2012 uscì il full length Quest For Remedy e oggi Federley torna con un nuovo ep di quattro brani dal titolo Lifestream, un viaggio tra la musica rock metal ispirata dalla tradizione orientale, elegante e progressiva senza esagerare con virtuosismi fine a sé stessi.
Il chitarrista originario di Helsinki alterna con sagacia raffinate sfumature progressive rock a più grintose parti metal, in un arcobaleno di colori sfumati nella terra del Sol Levante, senza dubbio la sua massima ispirazione.
L’intro Red Horizon e la seguente title track preparano il campo al cuore del mini cd, quella Guitar KungFu che risulta un susseguirsi di sorprese e voli progressivi, presi per mano dalla chitarra di Federley, bravissimo nel saper dosare l’irruenza talentuosa della chitarra metal con l’armoniosa atmosfera orientale che da anima e corpo all’opera.
Waves Of Sound continua a brillare della luce calda del sole rosso, padrone di paesaggi musicali dove progressive e tradizione popolare si alleano e guidano le mani del musicista nordico, delicate o grintose a seconda dell’umore dei brani, cangianti e vari come i colori che compongono gli splendidi quadri paesaggistici nelle lontane terre del Sol Levante.
Siamo lontani dai classici guitar heroes e Samuli Federley, come molti suoi colleghi della nuova generazione, punta più sulle emozioni e la sua musica se ne giova, anche se, quando le dita cominciano a scorrere sul manico della chitarra, esce prepotentemente tutta la sua bravura strumentale, rendendo il lavoro meritevole senz’altro di un ascolto.

Tracklist
1.Red Horizon
2.Lifestream
3.Guitar KungFu
4.Waves Of Sound

Line-up
Samuli Federley – Guitars

SAMULI FEDERLEY – Facebook

Bonehunter – Children Of The Atom

Speed metal, thrash, black e punk formano una miscela esplosiva che ha come padrini i soliti nomi di chi suona il genere, e i Bonehunter sanno come miscelare per bene questa bomba in musica, trascinando i fans in un vortice di metal ignorante, senza compromessi e blasfemo.

Trio proveniente da Oulu ed attivo dal 2011, i finlandesi Bonehunter pubblicano il terzo full length che va a rimpinguare una discografia abbondante, specialmente per quanto riguarda ep e split.

Children Of The Atom è il nuovo lavoro sulla lunga distanza, successore di Evil Triumphs Again uscito nel 2015 e del secondo massacro licenziato lo scorso anno dal titolo Sexual Panic Human Machine.
Syphilitic Satanarchist (voce e basso), Witch Rider (Guitars) e S.S Penetrator (batteria) suonano un thrash/black old school mosso da uno spirito demoniaco e punk: il loro nuovo album risulta una mazzata estrema di chiara ispirazione ottantiana, con un sound alimentato dalla confluenza di generi che ancora oggi si nutrono di anime nell’underground metallico mondiale.
Speed metal, thrash, black e punk formano una miscela esplosiva che ha come padrini i soliti nomi di chi suona il genere, e i Bonehunter sanno come miscelare per bene questa bomba in musica, trascinando i fans in un vortice di metal ignorante, senza compromessi e blasfemo.
Children Of The Atom parte sgommando e non si ferma più: il gruppo scarica mitragliate metalliche dove le ritmiche non danno tregua, l’attitudine punk risveglia sensazioni motorheadiane mentre Lucifero si crogiola tra invocazioni alla distruzione totale, alla guerra e al caos.
Tempestoso e velocissimo inno estremo, l’album gode di una produzione discreta e di dieci brani ispirati dove Venom, Slayer e Motorhead sono chiamati alle armi dai Darkthrone per dare vita ad una raccolta che vede Sex Messiah Android, la title track e Spider’s Grave quali momenti migliori di questa totale e violenta aggressione di matrice old school.

Tracklist
1.Initiate The Sequence
2.Demonic Nuclear Armament
3.Sex Messiah Android
4.Children Of The Atom
5.The Reek Of Reaper’s Scyte
6.Black Star Carcass
7.Spider’s Grave
8.Cybernetic Vampirism
9.Man Of Steel (Spiritus Mortis cover)
10.Devil Signal Burst

Line-up
Syphilitic Satanarchist – Vocals, Bass
Witch Rider – Guitars
S.S Penetrator – Drums

BONEHUNTER – Facebook

SOUTH OF NO NORTH

Il video di ‘Command (is better than f***)’, dall’EP ‘Stubborn’.

Il video di ‘Command (is better than f***)’, dall’EP ‘Stubborn’.

http://goo.gl/RYr8X5

I groove metallers SOUTH OF NO NORTH annunciano l’uscita del loro primo videoclip ufficiale per il brano ‘Command (is better than f***)’, secondo singolo estratto dall’EP d’esordio ‘Stubborn’.

La band napoletata esprime una dissacrante visione della società odierna unendo influenze sperimentali moderne ad un approcio groove metal vecchia scuola, che contraddistingue il loro sound potente e diretto.

I SONN hanno commentato : ‘Command is better than fuck’ (da un antico proverbio napoletano ”O cummanna’ è meglio d’ ‘o fottere’) rappresenta la necessità dell’uomo di prevaricare, di assumere il controllo schiacciando i suoi simili. Dato che spesso le parole non bastano ad esprimere questo concetto, dovevamo mostrarvelo. E dato che beviamo, e non riusciamo ad assumere il controllo sull’alcool, questo video presenta una certa vena ironica, anche perché a nostro avviso un classico video metal in cui prenderci troppo sul serio non aveva senso di esistere.”

L’EP ‘Stubborn’ e’ stato pubblicato nel Novembre del 2017 mentre il videoclip di ‘Command (is better than f***)’ è stato prodotto dai South Of No North.

Cast: Giulio Mirabella, Roberto Tarallo, Ciro Troisi, Valerio Rosato, Rosaria Nobile, Jolanda.
Make-up : Bia Marino

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Hardcore Superstar – You Can’t Kill My Rock’N Roll

You Can’t Kill My Rock’N Roll si mantiene su livelli consoni alla fama del gruppo, arrivando alla fine senza intoppi e con una manciata di canzoni, quindi i fans del gruppo possono dormire sonni tranquilli, almeno finché il tasto play non darà nuovamente fuoco alla miccia del rock’n’roll targata Hardcore Superstar.

Turbonegro, The Hellacopters, Gluecifer, Backyard Babies e Hardcore Superstar sono solo le più importanti e seguite band, in arrivo dalla Scandinavia, che presero a spallate il mercato discografico tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo millennio a suon di rock’n’roll irriverente, esagerato, ribelle ed assolutamente travolgente.

Come sempre succede nel mondo del rock, finita la scorpacciata, andò scemando l’entusiasmo per questa nuova ondata di band che, ognuna con il proprio stile, tornava a battere le strade sporche che videro diversi anni prima gli Hanoi Rocks quali sovrani incontrastati,.
Ne è passato di tempo da quando gli Hardcore Superstar irruppero sul mercato con Bad Snakers And A Pina Colada, seguito dall’ottimo Thank You (For Letting Us Be Ourselves): un ventennio circa ed altri otto album, nove con questo dinamitardo lavoro intitolato You Can’t Kill My Rock’N Roll.
Ovvio che l’entusiasmo dei primi anni del millennio abbia lasciato al mestiere e all’esperienza il comando delle operazioni: la band di Goteborg risulta comunque una garanzia di divertimento, anche se nel corso della carriera qualche passo falso c’è stato.
Per i fans del gruppo il nuovo lavoro permette di godere degli Hardcore Superstar in una delle vesti migliori degli ultimi tempi: Jocke Berg e soci sono tornati con un songwriting ottimo e per lunga parte di You Can’t Kill My Rock’N Roll si respira aria di potenziale hit ad ogni traccia.
Prodotto dal gruppo nei pressi di Goteborg e mixato a Stoccolma da Dino Medanhodzic, l’album si presenta con l’irriverente copertina dove tre suore votate al rock fumano e bevono, magari ascoltando la band, intenta a darci dentro con Electric Rider o con i riff metal delle possenti My Sanctuary e Hit Me Where It Hurts.
It’s only rock ‘n’roll, mai frase può risultare più adatta per The Others, uno dei brani più belli dell’album, e Baboon, uno dei singoli già usciti sul mercato per alzare il livello di attesa tra i fans del gruppo.
L’album, come scritto, si mantiene su livelli consoni alla fama del gruppo, arrivando alla fine senza intoppi e con una manciata di canzoni irresistibili (da citare ancora Have Mercy On Me), quindi i fans del gruppo possono dormire sonni tranquilli, almeno finché il tasto play non darà nuovamente fuoco alla miccia del rock’n’roll targata Hardcore Superstar.

Tracklist
1.ADHD
2.Electric Rider
3.My Sanctuary
4.Hit Me Where It Hurts
5.YCKMRNR
6.The Others
7.Have Mercy On Me
8.Never Carred For Snobbery
9.Baboon
10.Bring The House Down
11.Medicine Man
12.Goodbye

Line-up
Jocke Berg – Vocals
Vic Zino – Guitars
Martin Sandvick – Bass
Adde Andreasson – Drums

HARDCORE SUPERSTAR – Facebook

Korpiklaani – Kulkija

Con questo lavoro il gruppo di Lahti ha dato un taglio di maggiore introspezione ai testi, senza per questo tralasciare le canzoni festanti e da bevuta, e una decisa virata verso il folk nella musica.

I finlandesi Korpiklaani (il clan della foresta) possono piacere o non piacere, ma sono forse il principale gruppo di folk metal mondiale, per seguito e per importanza storica, nel senso che se oggi si può parlare di folk metal è anche e soprattutto grazie a loro.

Il gruppo finnico è in giro dal 1993 sotto il nome di Shaman, e dopo il 2003 con l’attuale nome. La sua fusione di folk e metal, il tutto fatto nell’accezione più popolare e ballabile, è una formula di grande fascino e di divertimento assicurato, come si può vedere dagli affollatissimi e molto partecipati concerti. Inoltre i Korpiklaani sono un vero orgoglio nazionale, li fanno sentire anche nelle scuole, anche perché il metal in Finlandia è il genere più famoso ed amato. La loro poetica è incentrata sul folk metal, sul cantare nella propria lingua: questo è il quarto album in finlandese e sul parlare delle tradizioni della loro terra, ma più che altro del vivere e del sentire come genere umano. La loro ultima fatica Kulkija, che significa foresta, arriva a tre anni dalla precedente ed è quella più lunga, con ben quattordici canzoni che tengono incollato l’ascoltatore. Nella musica dei finnici ci sono tante cose, ma forse quella più importante è una dolcezza e una malinconia agrodolce che pervade il tutto, come una bella festa di paese dalla quale spiace davvero andare via. Per noi italiani sono un gruppo di difficile comprensione, del resto noi abbiamo Vasco Rossi al posto del clan della foresta, e non è una critica ma una semplice constatazione. Con questo lavoro il gruppo di Lahti ha dato un taglio di maggiore introspezione ai testi, senza per questo tralasciare le canzoni festanti e da bevuta, e una decisa virata verso il folk nella musica. Un disco divertente e profondo di un gruppo che regala grandi concerti, ma anche buoni dischi.

Tracklist
1. Neito
2. Korpikuusen kyynel
3. Aallon alla
4. Harmaja
5. Kotikonnut
6. Korppikalliota
7. Kallon malja
8. Sillanrakentaja
9. Henkselipoika
10. Pellervoinen
11. Riemu
12. Kuin korpi nukkuva
13. Juomamaa
14. Tuttu on ti

Line-up
Jonne Järvelä – vocals, acoustic guitar, mandolin, percussion, violafon –
Tuomas Rounakari – fiddle –
Cane – guitar, backing vocals –
Jarkko Aaltonen – bass –
Sami Perttula – accordion –
Matson Johansson – drums –

KORPIKLAANI – Facebook

Black Howling – Return of Primordial Stillness

Il Black Metal portoghese non tradisce mai, con una band che, attiva dal 2003, ha saputo imporsi per doti tecniche, originalità, mutevolezza e grandi capacità evolutive, in una scena concorrenziale ricchissima, dove la numerosità di attori principali, costituisce il cast del colossal musicale Lusitano.

Se ipotizzassimo di tracciare linee immaginarie sulla cartina dell’Europa, per definire le macro fasce geografiche del genere Black Metal del Vecchio Continente, potremmo (almeno) individuare tre zone: la fascia Scandinava, il Centro Europa e l’area Mediterranea.

Ed è proprio in quest’ultima che una nazione come il Portogallo, risulterebbe seconda a nessuna (probabilmente al livello di Grecia e appena sopra il Bel Paese).
Un terra antica – la Lusitania – nata in epoca preromana, popolata da abitanti affini sì agli antichi Iberi, ma con connotazioni religiose, sociali e culturali pressoché analoghe agli antichi e misteriosi Celti, precedenti abitanti di questa terra (poi cacciati dagli stessi Lusitani che ne occuparono i territori, oggi più o meno coincidenti con l’attuale Portogallo).
Antichi culti pagani e divinità di chiara origine celtica (l’impavido Cariocecus poi sincretizzato in Ares per i Greci o ancora il “buono” Endovelicus probabilmente identificabile con Apollo), perdurati nei secoli, nonostante le coercitive evangelizzazioni (spesso senza risultato) della dominazione romana e una collocazione geografica, così lontana dal resto d’Europa (quasi a voler stigmatizzare un’appartenenza ad un continente specifico e a voler far intendere di essere l’ultimo baluardo a difesa da immaginari invasori d’oltre oceano), hanno contribuito nei secoli ad avvolgere di arcano mistero questa terra meravigliosa.
In un contesto così misteriosamente e cupamente affascinante, non poteva che trovare terra fertile un genere come il Black Metal.
Moonspell (poi orientati verso lidi musicali più melodicamente gotici e doom) e poi Decayed, Sacred Sin, e successivamente Corpus Christii, Irae, Cripta Oculta, Inthyflesh, Mons Veneris (ma si potrebbe continuare per giorni) ed appunto i nostri, i Black Howling, costituiscono l’ossatura nera della terra dei navigatori.
Satanismo, occultismo (tematica molto cara “all’area Mediterranea”), folklore, ma anche distruzione, odio, pessimismo e misantropia, temi ricorrenti nei testi, rappresentando l’incipit e l’excipit (e tutto ciò che ne viene compreso) del nero grimorio lusitano.
E sono proprio queste ultime tematiche a fare da cornice al genere proposto dal duo di Lisbona, (d’altronde il depressive portoghese rappresenta un imprescindibile ramo del Black Lusitano). Costanti atmosfere funeree e tragicità onnipresente, costituiscono il core delle loro lyrics. Sonorità angoscianti e urla strazianti, presenziano ogni loro traccia. Cinque album all’attivo, moltissimi split, due ep ed alcuni demo, rappresentano la produzione di questa prolifica band. Mai una luce, mai un bagliore, nessuna traccia di ottimistiche visioni future. Solo depressione, afflizione e nere sofferenze, convergono nel loro funereo ultimo sforzo, Return of Primordial Stillness, full length uscito per la portoghese Signal Rex, della durata di circa 40 minuti, ma contenente unicamente 4 brani (due dei quali di 15 minuti circa!).
Iberia, il primo brano, è un funeral black doom agghiacciante. Quasi sei minuti che ci accompagnano inesorabilmente verso antichi rituali funebri; mai un’accelerazione, neanche un accenno di mid-tempo … solo triste lentissimo incedere di un sound che, se accolto ad occhi chiusi e assaporato in una stanza buia, rende partecipi di una straziante mortuaria marcia. Immaginari occhi proiettati verso il cielo, consapevolmente, ci lasciano intendere di essere noi il cadavere, mestamente trasportato nel feretro . Molto Sleep di Stillborn, occhiolino ai Black Sabbath di Electric Wizard, con un sottofondo melanconicamente melodico (in cui ho rivissuto in parte le emozioni di Melissa), in una cornice dolorosamente, ma maestosamente Black.
Ma sono i due pezzi successivi che ci straziano di felicità. Un galoppante Black Metal classico, ricco di melodia, adagiato su tipici tremoli ed intarsiato da uno scream lancinante ma efficace, sostiene il corpo della traccia Celestial Syntropy (Übermensch Elevated), ove non mancano momenti lenti e sinfonici, corollati da una depressione sempre latente e arricchiti da magici assoli di chitarra di A. (dotato di tecnica sopraffina), intervallati da maestosi mid-tempo, che sfumano in momenti più thrash, evidenziando la bravura dei nostri, sia in fase solista che ritmica. La potenza esercitata da basso (sempre di A.) e batteria (di P.) risultano impressionanti. Vocalizzi strazianti (P.) vengono qui sapientemente amalgamati da angoscianti cori clean, che rendono tutto il pezzo un omaggio ai solenni sintropici aspetti della natura dell’Universo. E in antitesi all’universale ordine sintropico, non poteva mancare il disordine entropico del successivo pezzo – Celestial Entropy (Emptiness Revelation) – la canzone definitiva: il momento musicale che scandisce la morte entropica del tutto, lo stato finale ove tutte le energie universali terminano. In una parafrasi musicale, il pezzo che assorbe letteralmente ogni nostra umana vitalità, sprofondandoci in un’etera depressione, costruita su apatici tempi funebri, adagiati su melodie contaminate da un sound doom anni settanta, che collima, verso il minuto 6” circa, con un momento (seppur breve) di divino di metal settantiano, dove le apparizioni dei Black Sabbath, ci inebriano di cupa decadenza e di drammatica occulta sofferenza.
Una ripresa black veloce, il ritorno Heavy Doom e la melodica disforia musicale, accompagnano i lancinanti vocalizzi del lamento di A. sino al termine di una canzone, che più che un brano, è un inno alla fine dell’esistenza, dell’Universo, del Cosmo intero.
C’è ancora tempo per un momento strumentale (Cosmic Oblivion, interamente a cura di A.) che sancisce la morte definitiva del Cosmo. Qui, un delizioso arpeggio, sonorità elettroniche affini a rumorismi quasi sci-fi, instillano fluidi psichedelici nelle nostre vene che, adagiandoci su un letto di morte, ci cullano grazie ad echi e risonanze floydiane, rendendo meno dolorosa la fine del Tutto.
Gloria in excelsis Deo, in onore di un Dio della Musica, che mai come in questo album ha ispirato il duo Lusitano. Da non perdere.

Tracklist
1.Iberia
2.Celestial Syntropy (Übermensch Elevated)
3.Celestial Entropy (Emptiness Revelation)
4.Cosmic Oblivion

Line-up
A. – Guitars, Bass
P. – Vocals, Drums

BLACK HOWLING – Facebook

NOSOUND RELEASE PARTY/VINCENT CAVANAGH (ANATHEMA) DJ set/UNALEI, 26 OTTOBRE 2018, WISHLIST CLUB, ROMA

La Dark Veil Productions è orgogliosa di presentare il prossimo 26 Ottobre presso il Wishlist Club di Roma il release party dei Nosound. La band capitolina guidata da Giancarlo Erra, da anni nome di punta della prestigiosa Kscope, sta per pubblicare il suo nuovo studio album dal titolo “Allow Yourself” e lo presenterà in anteprima al pubblico romano, che beneficerà inoltre di una Signing Session con gli Artisti e del sorteggio di Vip Pass che consentiranno l’accesso speciale al soundcheck ed al backstage. Il Wishlist ospiterà inoltre una esposizione delle fotografie astronomiche di Giancarlo Erra che hanno spesso arricchito i booklets degli album Nosound. Ma non è tutto! La serata sarà ulteriormente impreziosita dalla featuring di un artista che non ha bisogno di presentazioni: Vincent Cavanagh, membro fondatore degli Anathema. La già esistente e bella collaborazione artistica fra gli amici Giancarlo e Vincent ha visto come atto naturale l’invito rivolto all’artista di Liverpool a partecipare alla serata. Vincent ci sarà per alcune sorprese che chi verrà scoprirà e, evento nell’evento, regalerà al pubblico uno speciale DJ set composto di brani da lui stesso selezionati. Ad aprire, l’esibizione in acustico di Unalei, promettente progetto post-rock del talentuoso polistrumentista romano Federico Sanna giunto all’imminente pubblicazione del suo terzo album.

EVENTO FB
https://www.facebook.com/events/672240716496454/

Dakhma – Hamkar Atonement

Questo disco è un’espressione del metal estremo, una della sue facce migliori, nella quale molti generi si incontrano per fare un qualcosa che va oltre la musica e si incontra con la ricerca filosofica e spirituale.

Gli svizzeri Dakhma sono uno di quei pochi gruppi al mondo che fanno per davvero musica rituale, ovvero usano la musica nel suo senso primordiale, quello di accompagnamento ad un rito, un qualcosa che secondo certi codici cambia la realtà intima dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda.

Il nome Dakhma vuol dire Torre del Silenzio nella religione zoroastriana: erano torri con uno spazio circolare dove venivano posti i cadaveri per essere mangiati dagli animai selvatici, in una sorta di circolo naturale e perfetto. Il gruppo svizzero fa un death ritual con forti tinte black, in un perfetto bilanciamento di musiche diverse che hanno tutte un loro momento ben specifico. L’argomento principale della loro poetica è la religione zoroastriana che è di davvero difficile spiegazione, anche se ha tratti in comune con quella più diffusa alle nostre latitudini. Per molti anni fu il culto più diffuso in Medio Oriente, e ancora adesso annovera un buon numero di seguaci, tanto per intenderci Freddie Mercury era uno zoroastriano convinto, certo non sulla stessa linea dei Dakhma. Il gruppo di Zurigo è una delle migliori espressioni del death metal totalmente underground contemporaneo, riuscendo benissimo in tutto ciò che vogliono fare. Le loro canzoni sono tutte di ampio respiro, perché lo sviluppo è il fulcro di tutto, anche quando fanno pezzi prettamente death riescono a non ripetersi mai ed hanno un tiro micidiale. Ancor meglio sono poi i pezzi maggiormente votati al ritual, e capita anche che i due brani si mescolino per creare un’atmosfera credibile e molto intensa. Questo disco è un’espressione del metal estremo, una della sue facce migliori, nella quale molti generi si incontrano per fare un qualcosa che va oltre la musica e si incontra con la ricerca filosofica e spirituale. Si rimane stupiti di fronte a tanta potenza e capacità creativa, e soprattutto questo è un disco che riesce ad essere estremo senza assumere pose assurde e senza lanciarsi in esperimenti poco piacevoli. I Dakhma fanno inoltre parte dell’Helunco, aka Helvetc Underground Commitee: come si può leggere sul sito del comitato “… H.U.C. is dedicated to the advancement of grotesque, vile, depraved and putrid audio torment originating from Switzerland …” e lì dentro ci sono gruppi molto interessanti come i Lykaheon e i Despotic Terror Kommando.

Tracklist
1. The Glorious Fall of Ohrmazd (Hail Death, Triumphant)
2. Akhoman (Spill The Blood)
3. Varun (Of Unnatural Lust)
4. Nanghait (Born Of Fire)
5. Spendarmad (Holy Devotion)
6. Gannag Menog (Foul Death, Triumphant)
7. …Of Great Prophets

Line-up
Kerberos – Howls of Druj and Rites of Purification
H.A.T.T. – Thunderstorm of Daeva

DAKHMA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=PRgddctB3-s – Traduci questa pagina

Ashen Fields – Ashen Fields

Inutile fare paragoni con il passato, gli Ashen Fields sono in tutto e per tutto una nuova realtà che si muove sempre nel panorama estremo melodico, ma con un’attenzione particolare per gli arrangiamenti sinfonici ed epici.

Un paio di anni fa, la Genova metallica regalava uno degli esordi più incisivi in campo estremo di quell’anno almeno per quanto riguarda la scena underground tricolore, Fearytales dei genovesi Path Of Sorrow.

La band, dopo molti concerti e tanti complimenti, si separa da tre dei suoi componenti, i chitarristi Davide e Jacopo ed il batterista Alessandro e, di fatto, nel 2017 nascono gli Ashen Fields.
I tre musicisti vengono in seguito raggiunti dal cantante Julio e dal bassista Fabio con i quali registrano i tre brani che vanno a formare questo ep omonimo.
Inutile fare paragoni con il passato, gli Ashen Fields sono in tutto e per tutto una nuova realtà che si muove sempre nel panorama estremo melodico, ma con un’attenzione particolare per gli arrangiamenti sinfonici ed epici, unendo al melodic death metal di matrice scandinava soluzioni symphonic power, in un crescendo di atmosfere epiche e suggestive.
Moonlit Ashes è uno strumentale, che funge da intro ai due brani seguenti, con il quale band riempie di aspettative l’ascoltatore grazie ad orchestrazioni dal sapore cinematografico, prima di entrare nel vivo della proposta con The Darkness That I Command, traccia che evidenzia l’importanza della parte sinfonica nel sound di un quintetto che si muove a suo agio tra soluzioni melodic death e power.
E’ splendida The Gods’ Vessel, epica, magniloquente, efficace sia nella parti orchestrali che in quelle metalliche, con una parte atmosferica che ne eleva tremendamente il tasso suggestivo, prima di accelerare e chiudere al meglio questo primo lavoro targato Ashen Fields.
Tracce di Amon Amarth, Omnium Gatherum, ultimi Nightwish nelle parti orchestrali, ma anche dei leggendari Bal Sagoth, si intravedono nel sound del gruppo genovese, una nuova realtà estrema da seguire con attenzione.

Tracklist
1.Moonlit Ashes
2.The Darkness That I Command
3.The Gods’ Vessel

Line-up
Davide – Guitars
Jacopo – Guitars
Alessandro – Drums
Julio – Vocals
Fabio – Bass

ASHEN FIELDS – Facebook

The Loudest Silence – Aesthetic Illusion

Aesthetic Illusion ha le carte in regola per risultare un buon prodotto, anche se a tratti è evidente che al gruppo manca un po’ di personalità in più per non sembrare solo un clone dei gruppi di punta del gothic metal mondiale.

Il symphonic metal sta vivendo una fase di stasi fisiologica, dopo i fasti e la conseguente caduta patita da tutti quei generi che hanno vissuto una buona popolarità in periodi più o meno recenti.

Paesi Bassi, Scandinavia, centro Europa e Italia sono segnati sul mappamondo metallico come le terre dove più si è sviluppato negli anni questo tipo di sonorità, con i paesi dell’est che ultimamente possono vantare realtà molto interessanti.
I The Loudest Silence arrivano da Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, sono attivi dal 2010 ma arrivano al debutto solo oggi con Aesthetic Illusion, ambizioso lavoro che segue minuziosamente le coordinate del genere.
Symphonic metal d’ordinanza dunque, cantato a modo da una musa che di nome fa Taida Nazraic , con Mark Jansen degli Epica a fare da padrino ed un songwriting piacevole che conferisce un’aura sufficientemente affascinante per i tanti fans del genere.
Aesthetic Illusion ha dunque le carte in regola per risultare un buon prodotto, anche se a tratti è evidente che al gruppo manca un po’ di personalità in più per non sembrare solo un clone dei vari Nightwish, Within Temptation e primi Epica (quelli degli ultimi lavori sono inarrivabili per chiunque).
Un’ora di musica gotico sinfonica, quindi, tra potenza metal, atmosfere cinematografiche e sfumature dark/operistiche che la prestazione della cantante cerca di rendere il più elegante possibile, mentre la band si perde volentieri in lunghe tracce che hanno nei dodici minuti di Gallery Of Wonders il riassunto compositivo di Aesthetic Illusion.
I The Loudest Silence sono un buon gruppo di genere, ancora un po’ acerbo e non molto personale, ma con ampi margini di miglioramento auspicabili già fin dal prossimo album.

Tracklist
1. Illusion Aeternus
2. Redemption
3. Two Faced Ghost
4. Wood Nymph
5. Acheron
6. The Loudest Silence
7. Soul Reflection
8. Theatre Of The Absurd
9. Wake Up In My Dream
10. Gallery Of Wonders
11. The Loudest Silence (Through The Glowing Door)

Line-up
Taida Nazraic – Vocals
Denijal Catovic – Keyboards
Mirza Coric – Guitars
Džemal Bijedic – Bass, Vocals
Damir Sinanovic – Bumbar – Drums

THE LOUDEST SILENCE – Facebook

When Venus Weeps

Il video di “Spotlight”.

Il video di “Spotlight”.

“Spotlight” è l’ultimo singolo della band Post-Hardcore lombarda “When Venus Weeps”.
Pubblicato in data 8 settembre su tutte le piattaforme digitali, “Spotlight” è una reinterpretazione del celebre brano del dj e produttore Marshmello in collaborazione con il defunto rapper Lil Peep.
La band ha realizzato un videoclip a Milano per presentarci questa versione caratterizzata da sonorità emozionali e metalcore.

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Aeolian – Silent Witness

Silent Witness sorprende per come gli Aeolian riescano, nella loro ferocia, a mantenere un tasso melodico elevatissimo, pregno di orgogliosa e suggestiva epicità.

Questo straordinario esempio di death metal melodico di matrice scandinava arriva dalla Spagna.

Ebbene sì, anche il sottoscritto per un attimo ha avuto il dubbio che il debutto degli Aeolian, fosse un album perso nel tempo e ritrovato in qualche gelida foresta della penisola scandinava, magari lasciato ai posteri da una delle band nate in quelle terre, prima che il successo portasse in parte via l’atmosfera leggendaria che regnava sui lavori creati nei primi anni novanta.
Invece gli Aeolian sono spagnoli, addirittura originari dell’arcipelago delle Baleari e precisamente di palma di Maiorca, ma il tepore dei venti mediterranei non ha frenato la voglia di metal estremo di origine nordica del quintetto che, con questo magniloquente, melodico ed epico lavoro brucia la concorrenza, almeno per quanto riguarda gli esordi di questo 2018.
Silent Witness è un album magnifico, un’autentica tempesta sonora di death/black melodico, che ricorda quello di una manciata di band storiche, a giudicare dal sound esibito in questi dodici spettacoilari brani: Dark Tranquillity, Naglfar, Dissection, Primi In Flames, Amorphis e Amon Amarth, il festival melodic death per eccellenza riassunto in un unico devastante esempio di metal dalla bellezza che lascia senza fiato.
Silent Witness sorprende per come il gruppo riesca, nella sua ferocia, a mantenere un tasso melodico elevatissimo, pregno di orgogliosa e suggestiva epicità, ben rappresentata dai fuochi pirotecnici che si stagliano nel cielo al suono delle varie tracce tra cui citiamo Chimera, Return Of The Wolf King e Going To Extinction, ma che sono in toto meritevoli di un plauso.
Un album sorprendente e bellissimo, nel genere il debutto più convincente dell’anno.

Tracklist
1.Immensity
2.The End of Ice
3.Chimera
4.My Stripes in Sadness
5.Return of the Wolf King
6.Going to Extinction
7.Elysium
8.Wardens of the Sea
9.The Awakening
10.Black Storm
11.Witness
12.Oryx

Line-up
Daniel Perez – Vocals
Raúl Morán – Guitars
Gabi Escalas – Guitars
Toni Mainez – Bass
Alberto Barrientos – Drums

AEOLIAN – Facebook

Karmian – Surgere et Cadere

Con il proprio death metal duro e puro, offerto accantonando inutili orpelli, i Karmian ci danno dentro come in una sorta di sanguinaria battaglia a suon di metal estremo.

Lo swedish death viene rappresentato al meglio nel debutto sulla lunga distanza dei Karmian, band originaria di Modena attiva addirittura dal 2005 con il monicker di When the Storm Broke, cambiato in quello attuale dopo una serie di vicissitudini riguardanti i tanti cambi di line up e relative ripartenze.

Il primo scossone del gruppo con l’attuale nome risale all’ep Ways Of Death, licenziato dalla band nel 2012, poi ancora cinque anni prima che questo primo lavoro sulla lunga distanza veda la luce.
Surgere Et Cadere è un concept su di un popolo di origine celtica, i Boii, scesi nel nord Italia invadendo la Pianura Padana e conquistando Bologna nel 390 ac, per essere poi sconfitti dall’impero romano dopo eroiche battaglie.
La band racconta queste vicende con il suo death metal di matrice scandinava nel quale, ovviamente, prevale un’atmosfera epica e battagliera, conquistando con il suo approccio senza compromessi.
Con il proprio death metal duro e puro, offerto accantonando inutili orpelli, i Karmian ci danno dentro come in una sorta di sanguinaria battaglia a suon di metal estremo, tra ripartenze furiose, ottimi accenni melodici ed un impatto che ricorda band che con il genere hanno familiarità (Ex Deo).
Il sound di genere non concede alcun tipo di novità o variante, lasciando che sia la tradizione l’ispirazione maggiore di brani convincenti come The Burn, Shadow The Eagle o le notevoli Druids In The Forest e Mutina Capta Est, un crescendo drammatico e degno finale di un album promosso per impatto, attitudine e padronanza dei propri mezzi.

Tracklist
1.They Burn
2.Conquering The Plain
3.Shadows Of The Eagle
4.The Gaul
5.The Alliance
6.Total War
7.Druids In The Forest
8.Sacred Selva
9.Mutina Capta Est

Line-up
Andrea Bertolazzi – Vocals
Andrea Baraldi – Lead Guitar
Mauro Leone – Guitar
Nicholas Badiali – Drums
Gabriele Gabrieli – Bass

KARMIAN – Facebook

SEVENTH GENOCIDE

Il music video di “Sleepless”, dall’album “SVNTH” in uscita ad ottobre (Third I Rex/Toten Schwan Records).

Il music video di “Sleepless”, dall’album “SVNTH” in uscita ad ottobre (Third I Rex/Toten Schwan Records).

Dopo l’incredibile ultimo LP “Towar Akina”, ed un breve tour europeo alcuni mesi fa, i romani Seventh Genocide tornano a far parlare di sé con il loro nuovo disco intitolato “SVNTH”! Il primo brano tratto da questo nuovo lavoro è “Sleepless”, traccia che ha raccolto numerosi consensi ed é stata recentemente pubblicata tramite il sito statunitense No Clean Singing.
In occasione della pubblicazione di questo nuovo brano la band, in collaborazione con Third I Rex e Toten Schwan Records, ha dato il via ad un piccolo sorteggio che mette in palio copia del nuovo disco per i tre fortunati vincitori ma anche uno streaming integrale del nuovo disco per chiunque condivida sui social media il primo singolo/video inserendo il tag #SVNTH entro il giorno 7 di ottobre.
Il nuovo album sarà pubblicato in formato fisico a fine ottobre!

Esoteric – The Pernicious Enigma [re-issue]

The Pernicious Enigma è uno dei migliori album funeral doom mai pubblicati e, nello specifico, quello che poco più di vent’anni fa collocò d’imperio gli Esoteric ai vertici del movimento.

Prosegue la meritoria opera di ristampa delle opere degli Esoteric da parte della Aesthetic Death.

Se l’anno scorso avevamo potuto riapprezzare Esoteric Emotions – The Death of Ignorance, il demo d’esordio della creatura di Greg Chandler, con The Pernicious Enigma si fa un ulteriore passo avanti.
Il perché è presto spiegato e non deriva solo dalla rilevanza del lavoro in questione, ma anche dal fatto che il tutto è stato oggetto di un restyling sonoro da parte dello stesso Chandler, del quale è universalmente riconosciuta la maestria anche dietro al mixer.
Chiaramente tutto risulta più facile quando l’oggetto dell’operazione è uno dei migliori album funeral doom mai pubblicati e, nello specifico, quello che poco più di vent’anni fa collocò d’imperio la band inglese ai vertici del movimento.
Chi conosce già i contenuti di The Pernicious Enigma ma non ne possedesse la copia originale, con questa re-issue può prendere i classici due piccioni con un fava, mentre se, invece, qualche appassionato se ne fosse perso fino ad oggi i contenuti, si sappia che l’interpretazione chandleriana del genere è a suo modo unica, collocandosi in maniera equilibrata tra le asprezze estremiste in stile Disembowelment e l’approccio più melodico atmosferico di gran parte della scuola scandinava.
Dopo l’ascolto di due brani capolavoro come Creation e Dominion of Slaves è trascorsa già mezz’ora ma resta ancora da goderne tre volte tanto; questo doppio album, infatti, oltre a tracce opprimenti e dolenti offerte con la solita maestria, esibisce anche la vis sperimentale di NOXBC9701040 e la repentina sfuriata death di At War with the Race, prima di chiudere con lo struggente finale di Passing Through Matter.
La riedizione di The Pernicious Enigma non può che essere accolta con entusiasmo da parte dei numerosi estimatori degli Esoteric ma, d’altra parte, rischia di acuire ancor più il senso di attesa per nuovo materiale inedito che si protrae ormai dalla fine del 2011, quando Greg Chandler regalò agli appassionati di funeral l’ultimo full length Paragon Of Dissonance.

Tracklist:
Disc 1
1. Creation (Through Destruction)
2. Dominion of Slaves
3. Allegiance
4. NOXBC9701040
Disc 2
1. Sinistrous
2. At War with the Race
3. A Worthless Dream
4. Stygian Narcosis
5. Passing Through Matter

Line-up:
Gordon Bicknell – Guitars, Keyboards, Samples
Greg Chandler – Vocals, Keyboards
Bryan Beck – Bass
Simon Phillips – Guitars, Samples
Steve Peters – Guitars

Anthony Brewer – Drums (tracks 1-3, 7, 9)

ESOTERIC – Facebook

Deicide – Overtures of Blasphemy

Dodicesimo album della storica death metal band floridiana, più brutale e tecnica che mai, a cinque anni di distanta dall’ultimo disco.

Tornano a farsi sentire i Deicide, ad un lustro di distanza da In the Minds of Evil, mentre tutto il loro catalogo 1990-2001 è ora in corso di riedizione e mentre sta per essere finalmente ristampato anche quanto fatto dagli Amon, nella loro poco nota ma interessante storia parallela.

Il nuovo disco della creatura del malefico Glenn Benton conferma, di fatto, in termini di sonorità la svolta impressa dopo Legion (1992): grande velocità, blast beats, scenari musicali (e lirici) estremi, produzione stellare e la conferma di quante e quali doti tecniche servano per suonare brutal death, soprattutto oggi. Basta ascoltare, al riguardo, songs come l’opener One With Satan, All That Is Evil, Seal the Tomb Below, il singolo Excommunicated o Crawled From the Shadows. Ma anche la seconda parte del CD, forte di brani quali Anointed in Blood, Defying the Sacred e Flesh Power Dominion non appare di certo da meno. Tutto è molto e volutamente old school – come nel caso degli Slayer, dei Cannibal Corpse, e dei ritrovati Morbid Angel – e la cosa non dispiace affatto. Senza dubbio, qualcuno potrà affermare che senza variazioni questo genere può risultare tedioso e ripetitivo, oppure che questo nuovo disco non aggiunge nulla di nuovo a quanto sinora fatto dai Deicide. In realtà, la band americana dimostra una volta di più integrità e coerenza artistiche. Che cosa si vuole che facciano? Che virino, di colpo, verso altri lidi? Che si rimettano in discussione, a ventotto anni dall’esordio? Sarebbe, a mio avviso, del tutto assurdo. I Deicide continuano a fare quello che meglio sanno fare, da sempre. Ed è per tale motivo che il loro pubblico li ama. Ricordiamo che quando i Morbid Angel si sono spostati verso un sound più industrial, con il controverso e discusso Illud Divinum Insanus, hanno finito soltanto per scontentare tutti: i vecchi fans si sono sentiti traditi e l’attenzione da chi ascolta generi (e suoni) più moderni non è arrivata. Anche per questo i Morbid Angel sono tornati alle origini, con il loro ultimo lavoro. Sono anche queste le ragioni che magari devono avere spinto i Deicide a confermare il loro profilo, sotto ogni punto di vista. Questo è il brutal death metal, di maestri che hanno fatto la storia, ed altro non ha senso chiedere o aspettarsi.

Tracklist
1- One With Satan
2- Crawled From the Shadows
3- Seal the Tomb Below
4- Compliments of Christ
5- All That Is Evil
6- Excommunicated
7- Anointed in Blood
8- Crucified Soul of Salvation
9- Defying the Sacred
10- Consumed By Hatred
11- Flesh, Power, Dominion
12- Destined to Blasphemy

Line up
Glenn Benton – Bass, Vocals
Steve Asheim – Drums
Kevin Quirion – Guitars
Mark English – Guitars

DEICIDE – Facebook

OPETH

Il video dal vivo di ‘Demon Of The Fall’, dall’album “Garden of the Titans: Live at Red Rocks Amphitheater” in uscita a novembre (Moderbolaget Records / Nuclear Blast).

Il video dal vivo di ‘Demon Of The Fall’, dall’album “Garden of the Titans: Live at Red Rocks Amphitheater” in uscita a novembre (Moderbolaget Records / Nuclear Blast).

Le leggende svedesi del progressive metal OPETH pubblicheranno “Garden of the Titans: Live at Red Rocks Amphitheater” il 2 novembre su Moderbolaget Records / Nuclear Blast Entertainment. Questo storico evento è stato catturato su DVD, Blu-Ray e vinile, durante la loro esibizione tenutasi l’11 maggio 2017 al Red Rocks Amphitheatre di Denver, CO. Sia il DVD che il Blu-ray includeranno un CD audio.

La band svela il secondo video tratto dal concerto, l’epica ‘Demon Of The Fall’.
Il singolo può essere ascoltato o scaricato qui: http://nblast.de/OpethDemonOfTheFall

I pre-ordini sono attivi qui http://nuclearblast.com/opeth-gardenofthetitans oppure sullo store della band https://www.omerch.eu/shop/opeth

Prima dell’album, il 19 ottobre, gli OPETH pubblicheranno in edizione limitata il vinile 10” ‘Ghost Of Perdition (Live)’ nei seguenti formati:
10″ pink sparkle in sleeve (limitato a 700)
10″ violet sparkle in sleeve (esclusiva NB mailorder, limitato a 300)
10″ toffee in sleeve (esclusiva US NB mailorder, limitato a 250)
10″ summer bronze in sleeve (esclusiva US NB mailorder, limitato a 250)
I vinili possono essere pre-ordinati a questo indirizzo oppure sullo store della band
Il Lato A contiene la versione dal vivo del classici ‘Ghost Of Perdition (live)’, mentre ‘Sorceress (live)’ è sul Lato B.

Di recente la band è stata confermata headliner all’Inferno Metal Festival 2019:
18. – 21.04. N Oslo – Inferno Metal Festival

Perenne forza inarrestabile grazie alla loro unicità in mezzo a un mare povero di inventiva, gli OPETH hanno dato fuoco al libro delle regole e hanno intrapreso un cammino unico di progressione ed esplorazione per oltre 25 anni. Senza conformarsi né mostrare alcun desiderio di essere limitati a un singolo genere, gli OPETH, molto semplicemente, hanno una tradizione radicata nel tempo, capaci di far esplodere le nostre menti con classe e lungimiranza. Dopo tutti questi anni, niente e tutto è cambiato ancora una volta con il loro album più recente, “Sorceress”.

“Sorceress” è stato pubblicato a settembre 2016. Per la prima uscita targata Nuclear Blast attraverso l’etichetta personale degli OPETH Moderbolaget Records, il gruppo è tornato ai Rockfield Studios in Galles, dove sono nati lavori imprescindibili di QUEEN, RUSH e JUDAS PRIEST, e dove gli svedesi avevano già registrato “Pale Communion” nel 2014 con Tom Dalgety.

www.opeth.com
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