Meteore: SKEPTIC SENSE

Gruppo di culto del techno-thrash tedesco, tra gli antesignani del prog metal più intricato e teatrale in più punti. Per quanti apprezzano Watchtower, Target, Psychotic Waltz e primissimi Sieges Even.

Pensiamo tutti sappiano cosa sia una meteora. Un corpo celeste che entrando nella nostra atmosfera si incendia a causa dell’attrito e con elevata velocità passa alla nostra vista seducendoci con la sua bellezza per poi scomparire. La meteora può passare accanto al nostro pianeta senza impattarlo mai, in alcuni casi può anche creare sconvolgimento e panico colpendolo. In senso musicale molte ne sono cadute ed a volte ancora ne cadono sul pentagramma della storia della musica. Questa rubrica vuole essere uno strumento astronomico in grado di individuarle e permetterci di analizzarle, catalogarle per capire se saranno in grado di colpirci oppure solamente sfiorarci per poi morire.

SKEPTIC SENSE

Tra le meteore del thrash più tecnologico, possiamo di certo annoverare i tedeschi Skeptic Sense. Il quintetto della Germania meridionale, con base a Meckenbeuren, nel Baden-Wurttemberg, si formò nel 1988, dalle ceneri degli Sluggard, e sin dai primi due demo, Demonstration (1990) ed Harmony of Souls (1991) mise in mostra uno stile complicatissimo, persino troppo, infarcito di tempi dispari e cambi di tempo repentini, sorretto da una tecnica a dir poco mostruosa (si ascolti al riguardo quanto fa la sezione ritmica, degna di certa fusion più rock). Gli Skeptic Sense realizzarono un solo disco, Presence of Mind, forte di otto brani, velocissimi e molto articolati, quasi senza pause. Il successo, tuttavia, non arrise loro e si sciolsero l’anno successivo. A nuocergli, furono certamente le difficoltà che la loro musica ispirava negli ascoltatori: troppo thrash per chi ascoltava il neonato metal prog e troppo progressivi per chi veniva dal thrash teutonico. Il triste destino dei pionieri che si muovono sul confine tra i generi, con intelligenza e preparazione. Un vero peccato, perché questa meteora – adesso ristampata su compact, assieme ai due nastri precedenti, dalla Divebomb (The Anthology è il titolo) – meritava un’altra e ben migliore sorte. Membri della band hanno poi militato, senza troppa fortuna, in poco note entità minori connazionali (Strike, Entente e Varix).

Tracklist
1- Structures of Interruptions
2- Harmony of Souls
3- Human Indulgence
4- Raped
5- Downfall
6- Norm Always Wins
7- Last Moments
8- Capital Punishment

Line up
Cornelius Halder – Vocals
Peter Sugg – Guitars
Stephen Thumm – Guitars
Joachim Klinkosch – Drums
Jurgen Knorble – Bass

Madness Of Sorrow – Confessions From The Graveyard

Prosegue il cammino di Muriel Saracino e della sua band nei meandri del lato oscuro ed orrorifico dell’esistenza umana, con album che ogni volta si differenziano da quelli precedenti e per questo ancora più affascinanti.

Chi segue l’underground metallico conoscerà sicuramente questa realtà gothic/horror, attiva dal 2011 e arrivata al quarto album su lunga distanza.

Muriel Saracino ed i suoi Madness Of Sorrow non hanno sbagliato un colpo, prima con Take The Children Away From The Priest, licenziato nel 2014, e poi con i due seguenti bellissimi lavori che hanno visto la band allontanarsi dai suoni gothic/dark moderni per un approccio più metallico, III: The Beast e N.W.O. The Beginning, usciti rispettivamente nel 2015 e lo scorso anno.
Questo nuovo lavoro poggia le basi sul concetto di perdita, il lutto e la morte che inevitabilmente porta a due diverse visoni, l’affrontarla da parte di chi se ne va e viverla da parte di chi rimane e deve metabolizzarla.
Esperienze comuni a tutti, che il leader mette in musica con il nuovo lavoro intitolato Confessions From The Graveyard, che vede i Madness Of Sorrow nella formazione a tre con Saracino/Murihell (voce e chitarra), affiancato da Charles A. Skull (basso) e Ixtlan (chitarre).
E Confessions From The Graveyard non manca di soddisfare i fans del gruppo e del metal dal taglio horror, anche se nella musica della band le atmosfere gotiche, ultimamente, lasciano spazio ad un metal dalle sfumature più classiche rispetto al passato.
Rimane ovviamente l’impronta di un gruppo che, dopo una manciata di lavori ha il suo marchio di fabbrica, quindi anche in quest’ultimo lavoro troverete riferimenti al dark rock e al metal di stampo mansoniano.
L’atmosfera di sofferta rabbia è amplificata da brani che già dall’accoppiata The Exiled Man/The Art Of Suffering danno sfoggio di un’urgenza metallica violenta e d’impatto, mentre Reality Scares torna su lidi più moderni e tradizionalmente Madness Of Sorrow.
The Path è il brano top dell’album, con l’elemento gotico che torna prepotentemente in un contesto nu metal, tra ultimi Death SS, Rob Zombie e Marilyn Manson, così come in No Regrets.
Ritmiche thrash/black violentano l’estrema No Words Until Midnight, mentre le atmosfere darkwave della conclusiva Creepy scrivono i titoli di coda di questo nuovo ottimo lavoro dei Madness Of Sorrow.
Prosegue dunque il cammino di Muriel Saracino e della sua band nei meandri del lato oscuro ed orrorifico dell’esistenza umana, con album che ogni volta si differenziano da quelli precedenti e per questo ancora più affascinanti.

Tracklist
1. The Exiled Man
2. The Art Of Suffering
3. Sanity
4. Reality Scares
5. The Path
6. The Garden Of Puppets
7. No Regrets
8. No words Until Midnight
9. The Consciousness Of Pain
10.Creepy

Line-up
Murihell – Vocals, Guitars
Charles A. Skull – Basse
Ixtlan – Guitars

MADNESS OF SORROW – Facebook

https://youtu.be/5K9UCobhXJ4

Sage – Anno Domini 1573

Anno Domini 1573 è un album che può farsi valere nel mondo del metal classico ed un ottimo debutto per un gruppo che non sciorina i soliti cliché sinfonici, ma esibisce sonorità epiche che evocano alzate di scudi e spade verso il cielo minaccioso.

La Croazia e la vicina Slovenia sono terre in cui la natura lascia senza fiato, sia sulla costa che nell’interno, dove splendide foreste secolari fanno parte del territorio di feudi medievali su cui si ergono castelli e roccaforti.

E’ da qui che probabilmente i Sage prendono spunto per la propria musica e le atmosfere che si respirano in Anno Domini 1573, ottimo primo lavoro del sestetto proveniente da Zagabria.
La band è attiva da cinque anni, ma solo ora arriva al debutto discografico, licenziato dalla Rockshots Records in questo autunno che si tinge di rosso, come il sangue dei cavalieri, trafitti dalle spade e le lance sul campo di battaglia testimone dello scontro feroce di cui l’album è colonna sonora.
Power metal, dunque ma non solo, nella musica dei Sage, dove si aggirano spiriti epic ed heavy metal di tradizione ottantiana che, con il power, formano un potente esempio di musica metal da dare in pasto ai tanti defenders sparsi per il mondo.
Anno Domini 1573 parte con la progressiva Rivers Will Be Full of Blood, che in parte dà l’idea di quello che andremo ad ascoltare nel corso dell’album ma che non è diretta come ci si attenderebbe in apertura di un lavoro del genere.
La band si rifà subito con Rebellion e da qui in poi è un susseguirsi di brani più immediati (Dragon Heart) ed altri più epici e lasciati scorrere su mid tempo heavy (Two Souls, Man Of Sorrow).
Con Join Us i Sage giocano con l’epico incedere alla Dio, influenza importante nell’economia del sound così come gli Stormwitch, il power metal tedesco e gli Astral Doors.
Anno Domini 1573 è un album che può farsi valere nel mondo del metal classico ed un ottimo debutto per un gruppo che non sciorina i soliti cliché sinfonici, ma esibisce sonorità epiche che evocano alzate di scudi e spade verso il cielo minaccioso.

Tracklist
01. Rivers Will Be Full Of Blood
02. Rebellion
03. Wolf Priest
04. Dragon Heart
05. Two Souls
06. Blacksmith’s Tale
07. Man Of Sorrow
08. Join Us
09. Treason
10. Battle
11. Heaven Open Your Gates

Line-up
Marko Karačić – Bass
Branimir Habek – Guitars, Vocals (backing)
Enio Vučeta – Guitars, Vocals (backing)
Andrej Božić – Keyboards, Vocals (backing)
Davor Bušljeta – Vocals
Goran Mikulek – Drums

SAGE – Facebook

AEVUM

Il video di “Sleeping Venus Tarantella”, dall’album “Dischronia” (Maple Metal).

Il video di “Sleeping Venus Tarantella”, dall’album “Dischronia” (Maple Metal).

AEVUM Release New Live Video “Sleeping Venus Tarantella”, Announce Next Show!

Italy, Turin based 8-member Symphonic metallers AEVUM released their outstanding new album “Dischronia” on March 17 2017, via Maple Metal Records. Today the band has unveiled a new live video for “Sleeping Venus Tarantella”, shot during the European tour with ORPHANED LAND in February/March 2018). The song is taken from the “Dischronia” album.

Formed in 2008, AEVUM‘s music is in perpetual inclination towards the union between the human being and the divine, between opposites, male and female, positive and negative, in a genre that is a bond between the neo-classical and gothic metal worlds. Aevum are known for their theatrical Live Shows, and have toured all over Europe with Haggard, Vision Divine, Blaze Bayley (ex-Iron Maiden), and performed at various Metal Festivals in Italy, since their inception in 2007. Aevum also performed at last years Metalhead Meeting Festival in Bucharest, Romania, that included such bands as Eluveitie, Delain, Dragonforce, Rotting Christ and Kreator. In February/March 2018 AEVUM toured Europe with ORPHANED LAND, in collaboration with ALPHA OMEGA Management.

The entire 2017 album, is available for free streaming on the Aevum Youtube Channel, here: https://youtu.be/tispGqeq8wQ

More information at:
BAND: https://www.aevumband.com | https://www.facebook.com/AevumOpera
MANAGEMENT: https://alphaomega-management.com | https://www.facebook.com/OfficialAlphaOmegaManagement
LABEL: http://www.maplemetalrecords.com

Druj – Chants Of Irkalla

I Druj si nutrono dell’efferatezza sonora dei loro connazionali Evoken, Nile e Incantation, macinandone gli influssi per restituire un sound cupo, dalle tonalità paurosamente ribassate e rallentato a dovere, che è un esempio perfetto da utilizzare per spiegare a qualcuno cosa sia il death doom nella sua accezione più autentica.

Abbiamo ormai fatto l’abitudine al doom e al black provenienti dai ghiacci siberiani, per cui non ci sorprende constatare che il gelo non mina la voglia di suonare tali funesti generi neppure al di là dello stretto di Bering.

I Druj provengono infatti da Anchorage, capitale dell’Alaska, e di sicuro nel loro death doom non immettono alcuna traccia di calore od empatia.
L’interpretazione è asciutta, essenziale ma non approssimativa a livello di registrazione e di esecuzione: il riferimento concettuale alla traduzione sumera non è una primizia, così come non lo sono le coordinate sonore dei Druj, ma non vengono certo meno gli ingredienti per rendere Chants Of Irkalla un lavoro godibile ovviamente per chi sia abituato ad una certa asprezza compositiva.
Ziggurat Ablaze, lunga traccia d’apertura, non lascia dubbi su quali siano i numi tutelari di questi nordamericani, i quali si nutrono dell’efferatezza sonora dei loro connazionali Evoken, Nile e Incantation, macinandone gli influssi per restituire un sound cupo, dalle tonalità paurosamente ribassate e rallentato a dovere, che è un esempio perfetto da utilizzare per spiegare a qualcuno cosa sia il death doom nella sua accezione più autentica.
Un altro brano magnifico è Invoke, dal retrogusto rituale ed attraversato da una ronzante e minacciosa melodia chitarristica, ma è il disco nel suo complesso ad esibire un sound convincente in ogni suo aspetto e con le carte in regola per farvi convergere il gradimento degli appassionati di entrambi i generi rappresentati.

Tracklist:
1.Ziggurat Ablaze
2.He Who Drinks of Namma
3.Chants of Irkalla
4.Consort of Sin
5.Invoke
6.Ashes of Immortality

Line-up:
Sean Holladay – Guitars
Connor Tetlow – Guitars
Wayne DeWilde – Bass
Adam Kimball – Drums

Komatsu – A New Horizon

Fin dalle prime note del disco si sente che A New Horizon è un’opera molto bella ed affascinante, con un groove incredibile che macina tutto e tutti.

Terzo disco per gli olandesi Komatsu, uno dei gruppi europei che coniuga meglio pesantezza e melodia, per un risultato stupefacente.

Fin dalle prime note del disco si sente che A New Horizon è un’opera molto bella ed affascinante, con un groove incredibile che macina tutto e tutti. Nel corso delle canzoni le chitarre distorte si fondono con la voce per cambiare registro più volte all’interno della stessa traccia, per una mutazione continua che si evolve in melodie molto belle. Ascoltare i Komatsu è come salire su un vinile che gira, con il movimento che ti fa perdere le coordinate e vivi il momento. Le soluzioni sonore del gruppo di Eindhoven sono molte e non sono alla portata della maggior parte dei gruppi stoner o sludge, perché i Komatsu sono differenti e lo si può notare subito. Non è un fatto esclusivamente di talento ma soprattutto di gusto e di capacità compositiva, perché le loro canzoni hanno un retrogusto psichedelico che le valorizza maggiormente. Ci si perde nel turbine sonoro del disco, che è davvero una chicca per gli amanti dei suoni stoner sludge ma non solo, perché c’è anche una forte impronta psych e fuzz. Sinceramente è difficile assegnare un genere ben preciso ad un disco del genere, certamente al suo interno si possono ravvisare gli stilemi dei grandi classici come i Black Sabbath, Queens Of The Stone Age e Kyuss, ma il tutto è rielaborato in maniera davvero molto originale e particolare. Nel panorama mastodontico dei gruppi stoner e similari, i Komatsu spiccano per bellezza e compattezza della loro musica: certo, bisogna andare a scoprirli, ma se date loro una possibilità ne verrete ampiamente ripagati.

Tracklist
1. I Got Drive
2. Prophecy
3.10-4
4. Surfing A Landslide
5. Love Screams Cruelty
6. Komatsu
7. Infected
8. A New Horizon
9. Walk A Mile
10. This Ship Has Sailed

Line-up
Mo Truijens – Guitar + Lead vocals
Mathijs Bodt – Guitar + vocals
Martijn Mansvelders – Bass + vocals
Joris Lindner – Drums + vocals

KOMATSU – Facebook

Vengeance Rising – Human Sacrifice-30 Anniversary

La Roxx Records, con questa nuova uscita, riporta alla luce un album epocale per tutto il movimento cristiano: Human Sacrifice, musicalmente parlando, risulta infatti impedibile per qualsiasi fans del thrash metal classico.

Prima come Vengeance e poi come Vengeance Rising, questa band statunitense licenziò il suo primo album, Human Sacrifice, ora ripubblicato dalla Roxx Records per il suo trentesimo anniversario.

Tra i gruppi più radicali ed estremi di tutta la scena cristiana, il quintetto californiano diede alle stampe un album thrash metal di matrice Bay Area ispirato dalle solite band della storica scena anni ottanta, uscito nel 1988 ma ancora in tempo per arrivare alle orecchie dei metalheads prima dell’invasione alternative e crossover del decennio successivo.
Nel 2010, HM ha giudicato Human Sacrifice come il miglior album di musica cristiana di tutti i tempi nella sua classifica Top 100, proprio per la sua inclinazione estrema, mentre i testi erano incentrati sulla figura del Cristo, dalla sua incarnazione alla seconda venuta.
Human Sacrifice, From The Dead, Burn, White Throne formano un compatto pezzo di granito metallico, con l’ultima traccia che spicca come miglior episodio dell’intero lavoro.
La band diede alle stampe altri tre lavori sulla lunga distanza fino al 1992, poi lo scioglimento e qualche riedizione in formato compilation fino al 1998.
La Roxx Records, con questa nuova uscita, riporta alla luce un album epocale per tutto il movimento cristiano: Human Sacrifice, musicalmente parlando, risulta infatti impedibile per qualsiasi fans del thrash metal classico.

Tracklist
1.Human Sacrifice
2.Burn
3.Mulligan’s Stew
4.Receive Him
5.I Love Hating Evil
6.Fatal Delay
7.White Throne
8.Salvation
9.From the Dead
10.Ascension
11.He Is God
12.Fill This Place with Blood
13.Beheaded

Line-up
Roger Martinez – Vocals
Larry Farkas – Guitars
Doug Thieme – Guitars
Roger Dale Martin – Bass
Glen Mancaruso – Drums

VENGEANCE RISING – Facebook

Heart Of Jordan – Heart Of Jordan

Heart Of Jordan è un album che, nel calderone dell’alternative metal moderno, riesce a strappare un sorriso, per l’effettivo impatto e per le ottime melodie che caratterizzano i vari brani.

Il debutto degli Heart of Jordan arriva sul mercato in regime di autoproduzione, ma i cinque musicisti del Michigan non avranno grosse difficoltà a trovare un label disposta a prendersi cura di questo buon esordio omonimo fondato su un mix tra alternative metal, hard rock moderno ed irruenza core.

Preceduto dal singolo Deny, l’album irrompe sul mercato underground con le carte in regola per non passare inosservato, grazie ad un buon impatto, potente e ricco di groove e ad un’attitudine melodica che accresce di molto l’appeal di questi dieci brani firmati Heart Of Jordan.
Aperto dall’incendiaria Throne Alone, l’opera scorre che è un piacere tra i cliché del genere, non brillando quindi per originalità ma lasciando comunque ottime sensazioni.
Enorme è la prova vocale del singer Preston Mailand, una iena nelle parti estreme (growl e scream) e dotato di una voce pulita davvero coinvolgente e dal mood radiofonico, assecondato da un gruppo di musicisti perfetti nel seguire le orme dei gruppi più famosi che del genere sono i portabandiera (Killswitch Engage, Bullet for my Valentine).
Echi di Soil e di altre realtà provenienti dall’alternative metal del secolo scorso fanno capolino tra i vari brani, tra i quali segnalo, oltre all’opener, la devastante No Escape, il singolo strappa consensi Deny, e Echoes Still Remain, hard rock moderno tra groove, core e melodie e perfetto esempio del credo musicale del gruppo statunitense.
Heart Of Jordan risulta così un album che, nel calderone dell’alternative metal moderno, riesce a strappare un sorriso, per l’effettivo impatto e per le ottime melodie che caratterizzano i vari brani.

Tracklist
1.Throne Alone
2.Shade
3.No Escape
4.Schizo
5.Deny
6.Eye
7.Your Vengeance
8.Deaf Ears
9.Echoes Still Remain
10.Enslaved

Line-up
Preston Mailand – Vocals
Eric TenEyck – Guitar
Elijah White – Guitar
Daniel Ray Fell Jr. – Bass
Andrew Everett – Drums
URL Facebook

HEART OF JORDAN – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL – THIS VOID INSIDE

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.00 su Witch Web Radio.
Questa volta tocca ai romani This Void Inside.

MC Stasera ospiti i This Void Inside: con noi il portavoce della band, il chitarrista Frank Marrelli.
Partiamo dalla genesi della band. Vi formate nel 2003. Avete iniziato immediatamente a comporre musica originale? Quali sono le vostre precedenti esperienze nellla sfera underground?

FM Sostanzialmente Dave, che cantava nei My Sixth Shadow, ha fondato inizialmente i This Void Inside come un solo project; nel corso degli anni questo progetto si è trasformato in una vera e propria band che nel 2008 ha pubblicato il suo primo album Dust. Della formazione di quel periodo sono rimasti solo Dave e Saji (la bassista); dopo un lungo silenzio Dave ha arruolato me e Alberto alle chitarre e Simone alla batteria e abbiamo pubblicato il nuovo album, My Second Birth/My Only Death, tramite Agoge Records. Tutti noi avevamo esperienze nell’underground in ambiti legati al rock o al metal, ma sarebbe lungo elencarle tutte.

MC Il vostro genere musicale è stato definito gothic rock: ci sono band a cui fate riferimento, rappresentando per voi dei punti fermi?

FM Il compositore della band è Dave, sia a livello di testi che di musica, e posso dirti che ascolta veramente tanti gruppi diversi, da Bon Jovi ai Cradle Of Filth, passando per gli Him e i Depeche Mode, quindi penso che abbia condensato tutte le sue influenze in uno stile personale che poi per qualche motivo suona abbastanza gothic. Attualmente, forse, quello che ascolta più dark wave o gothic in senso stretto sono forse io, ma sostanzialmente tendo a contribuire a livello compositivo più in sede di arrangiamento.

MC Siete già al vostro secondo album: My Second Birth/My Only Death è uscito in digitale a luglio, e a settembre ha raggiunto il 36° posto nella chart italiana di alternative rock su iTunes.
A breve uscirà in formato fisico per la Agoge Records. Ci parlate di questo disco?

FM My Second Birth.. è stato un disco dalla lunga genesi e piuttosto lungo come durata, essendo composto da ben quattordici brani. Dave è uno scrittore molto prolifico, quindi il lavoro più duro è stato scegliere tra oltre quaranta brani per i quali aveva fatto delle demo. A termine delle registrazioni il lavoro ha subito diversi processi di missaggio e mastering. Ritengo sia un disco molto valido, soprattutto nella misura in cui credo che sia fruibile e apprezzabile anche da ascoltatori non avvezzi necessariamente all’ascolto del gothic rock o del gothic metal. Benché mantenga uno stile riconoscibile, My Second Birth… contiene diverse sfaccettature che di volta in volta possono strizzare l’occhio anche al pop e a situazioni più commerciali.

MC Com’è nata l’attuale collaborazione con la Agoge Records?

FM Avevo conosciuto Gianmarco Bellumori (il boss dell’ Agoge Records) tramite alcuni gruppi con i quali aveva lavorato in passato: a seguito di uno scambio di mail e di chiacchiere via telefono si è dimostrato interessato alla band, noi da parte nostra lo abbiamo trovato una persona ottima sia dal punto di vista professionale che umano, quindi eccoci qua.

MC Soprattutto in Italia, ci sono molte difficoltà per le le band underground ed è molto difficile affermarsi. Ci sono stati momenti che vi hanno messo a dura prova e come li avete superati? Che cosa consigliereste alle band che cercano di farsi spazio in questo panorama musicale?

FM Non ho grandi consigli, i problemi ci sono, ci sono stati e probabilmente ci saranno. Personalmente non li abbiamo superati, ma tendo a non lamentarmi in pubblico, potrei raccontare al riguardo talmente tante storie che finirei tra un anno, quindi diciamo che in maniera molto signorile preferisco tacere. Quello che posso dire o consigliare, per quel che vale, è di non accettare qualsiasi tipo di situazione pur di suonare, soprattutto dal vivo. Ritengo che una volta che inizi a suonare a qualsiasi condizione poi sia difficile tornare indietro.

MC Si parla spesso di supporto e molto di questo sostegno è dato dai fans. Che rapporto avete con il pubblico che vi segue?

FM Per fortuna abbiamo dei fans piuttosto affezionati che ci scrivono costantemente, principalmente dall’estero. Da parte nostra cerchiamo di essere sempre disponibili.

MC Quali sono i vostri progetti futuri?

FM Dovremmo partecipare ad una compilation allegata ad un libro sui Kiss di prossima pubblicazione e, a breve, registreremo anche un nuovo singolo principalmente destinato alle radio, anche questa sarà una cover della quale per ora non stiamo dando ulteriori dettagli. Io, personalmente, di recente ho collaborato alla colonna sonora di Go Home – A Casa Loro, un film horror in concorso alla Festa del Cinema di Roma, dove anche Saji recita in una piccola parte.

MC Sono previsti dei live per supportare il nuovo album? Avete delle date da riferire ai nostri ascoltatori?

FM Stiamo valutando alcune opzioni, ma come dicevo sopra, vista la nostra tendenza a non suonare ad alcune condizioni non posso darti purtroppo ulteriori dettagli.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi?

FM La maniera migliore per restare in contatto con noi è seguirci su Facebook o, in alternativa sul nostro sito, che per ovvi motivi però è meno tempestivo di FB nel comunicare eventuali novità, e su Instagram.

Sinnrs – Profound

Il nome dei Sinnrs, con un esordio di tale spessore, si rivela del tutto degno di essere affiancato a quelli delle band guida del settore.

L’esordio dei danesi Sinnrs avviene con un album che fin dal titolo appare come una dichiarazione di intenti.

Profound è, infatti, un album che di sicuro non scorre leggiadro senza lasciare taccia: il black death di matrice centro europea (il fatto che la registrazione del disco sia avvenuta presso i polacchi Hertz Studios forse non è casuale) è incisivo e asfissiante ma, allo stesso tempo, connotato da repentine aperture atmosferiche.
Un bellissimo brano come Lift My Bones si rivela emblematico in tal senso, allorché una furiosa prima parte lascia spazio ad eleganti orchestrazioni prima di ripartire verso un esemplare finale nel corso del quale le due anime si fondono alla perfezione.
I due misteriosi musicisti nordici non sono dei neofiti perché, a giudicare dalla riuscita di Profound, è quasi certo che dietro ai due nickname e alle figure incappucciate si celino musicisti già attivi da tempo nella scena: ciò che stupisce positivamente è la capacità di rendere quanto mai sferzanti le parti estreme e, allo stesso tempo, solenni e malinconiche quelle orchestrali, realizzando quello che appare più un perfetto connubio che non una dicotomia.
Il lavoro tiene agganciato l’ascoltatore fino al termine, crescendo ad ogni passaggio e regalando qualche altra perla come No Promise To Mankind: il nome dei Sinnrs, con un esordio di tale spessore, si rivela del tutto degno di essere affiancato a quelli delle band guida del settore.

Tracklist:
01. Nihil
02. To Derive Eden’s Flame
03. The Storm of I
04. Lift My Bones
05. Renowned Praetorians
06. No Promise to Mankind
07. It Calls Me
08. Et Sic Incipit
09. Watch Her Soul Burn
10. Commemorate None

Line-up:
Nero: Guitar, Vocals, Orchestrals
Maestus: Drums

SINNRS – Facebook

Noise Trail Immersion – Symbology Of Shelter

La musica dei Noise Trail Immersion è narrazione essa stessa, e il disco ha le bellissime stimmate del lavoro disperato e quasi perfetto, uno specchio sonico nel quale tuffarci per raggiungere un qualcosa che altrimenti è irraggiungibile.

L’intento dei Noise Trail Immersion per questo disco è assai ambizioso, infatti il gruppo italiano ha affermato che intende unire il black metal con il mathcore ed aggiungere qualcosa del post metal.

Obiettivo non da poco, ma che viene raggiunto pienamente con Symbology Of Shelter. Ascoltando questo disco si riverserà su di voi un fiume magmatico di lava incandescente, un nero incendio che tutto devasta, e dopo il suo passaggio nulla sarà come prima. La profondità del successore del bellissimo Womb del 2016, che aveva posto il gruppo sulla mappa, è molto vasta e il risultato va ben oltre rispetto agli intendimenti del gruppo. Come ogni processo portato avanti da un insieme di persone appassionate e competenti, la materia si impossessa dei creatori e prende vita propria crescendo: il risultato è una canzone di 43 minuti divisa in sette tracce, che tratta del processo interiore che è in ognuno di noi, una dura lotta che non finisce mai, ma che è anche quella che ci permette di non soccombere a noi stessi. Infatti il disco uscirà non a caso il due novembre, data altamente simbolica. Il gruppo torinese vi conduce per mano in un vortice fatto di violenza e disperazione, assenza totale di speranza, la luce c’è ma viene inghiottita dalle tenebre. Una delle tante notevoli peculiarità del gruppo torinese è la capacità di creare la tempesta perfetta della musica pesante, con momenti simili a quelli dei Converge ma andando oltre, in una sospensione spazio temporale con gli strumenti che impazziscono e noi non loro. La musica dei Noise Trail Immersion è narrazione essa stessa, e il disco ha le bellissime stimmate del lavoro disperato e quasi perfetto, uno specchio sonico nel quale tuffarci per raggiungere un qualcosa che altrimenti è irraggiungibile. Symbology Of Shelter è un album dalla grande potenza, un’evocazione del nero che è dentro di noi, ma del quale non possiamo fare a meno. La maturazione del gruppo piemontese è continua e lo sta portando a vette molto alte, dove vengono raggiunti momenti di disperata gioia e saturazione del suono.

Tracklist
1.Mirroring
2.Repulsion and Escapism I
3.Repulsion and Escapism II
4.Acrimonious
5.The Empty Earth I
6.The Empty Earth II
7.Symbology of Shelter

Line-up
Fabio – vox
Nebil – guitar
Daniele – guitar
Lorenzo – bass
Paolo – drums

NOISE TRAIL IMMERSION – Facebook

NEUROMANT

Il video di Useless, dall’album in uscita nel 2019 per Sliptrick Records.

Il video di Useless, dall’album in uscita nel 2019 per Sliptrick Records.

NEUROMANT Announce Dates With God Is An Astronaut And New Promo Video
Electro alternative rock group Neuromant have announced 2 shows in November with the always great God Is An Astronaut. The band have also released the first music from their (as yet untitled) forthcoming album, due out on Sliptrick Records early next year. The track is entitled Useless, a brooding, pulsating introduction to their sound.

Dates with God Is An Astronaut:
20.11 | Fest Republic Club | L’viv, UKR
21.11 | Atlas | Kiev, UKR

Neuromant – Useless (Promo Video)
Directed by Tommaso Montagnoli (Dromo Studio)
Recorded and mixed by Urban Recordings

Concept: “Useless is a criticism of the music market saturated with both influential and non-influential characters, it is a critique of the static nature of the musical world that stagnates in the mechanism that it has created. The term “Useless” refers to the uselessness of the path that most artists now perform, breaking into the market quickly and leaving the scene as quickly, without having, in the middle, contributed minimally to an artistic enrichment, if not purely cheap.”

History: “The track was written entirely by us, it was a very laborious and controversial writing, we tried to come into conflict with ourselves to achieve this result. The piece is full of irony because, from the writing, it contradicts our “musical ideal” of “alternativity”: the text is provocative and alienating, but it rests on an almost “standard” musical base, falling into rhythmic patterns and melodic commons and that make it before a song, a paradox. It is the “simplest” piece of our album, but despite this it is the piece that has spent more time writing.”

Neuromant are:
Diego Narcisi – Vocals/Guitar
Davide Narcisi – Keyboards
Riccardo Pinchi – Bass

Band links:
Official Website
Facebook
You Tube
Instagram

Injury – Wreckage

Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Nuovo ep per i thrashers emiliani Injury (freschi di firma per Volcano Records) sempre all’insegna di un sound diretto, veloce e hardcore style.

La band attiva da una decina d’anni, torna dunque con questo nuovo lavoro composto da cinque diretti in pieno volto intitolato Wreckage, dopo due full length (Unleash the Violence e Dominhate) ed un primo ep licenziato nell’ormai lontano 2010.
Il quartetto non concede alternative, parte sparato per non fermarsi più, ed anche questo lavoro lo vede impegnato in brani violenti e veloci definibili di matrice thrash statunitense ma in versione accelerata.
Wreckage è estremo ed assolutamente senza compromessi, con bolidi sparati verso muri dove si infrangono senza freni: questo risultano i brani che da The Brand Of Hate in poi non lasciano respirare l’ascoltatore, travolto dalla bufera musicale di Under The Sign Of Devastation o Fueled By Rage.
Come accennato Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Tracklist
1.The Brand Of Hate
2.Under The Sign Of Devastation
3.Fueled By Rage
4.Endless Decay
5.I Don’t Belong

Line-up
Alle – Vocals
Mibbe – Bass, Backing Vocals
Pollo – Drums
Simon – Lead / Rhythm Guitar

INJURY – Facebook

Vanishing Kids – Vanishing Kids

La poetica musicale dei Vanishing Kids è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore.

I Vanishing Kids sono americani e fanno un doom metal molto psichedelico e sognante, che può facilmente indurre un dolce stato di trance.

Fondato da Jason Hartman (Jex Thoth) e Nikki Drohomyreky alla voce nei primi anni duemila, il gruppo ha fortemente risentito degli ascolti che i due hanno fatto in giovinezza, probabilmente tutti di grande valore visto il risultato finale.
Ascoltando questo nuovo lavoro, il primo da cinque anni a questa parte, si viene subito introdotti in una dimensione che non è quella quotidiana, bensì un qualcosa che muta sempre tenendo come sottofondo un sogno che si dipana lentamente, senza fretta, per spiegare le sue ali e volare. Dal 2013 è poi entrato nel gruppo Jerry Sofran, uno degli eroi dell’undeground del Midwest degli States con gruppi come Lethal Heathen e Mirrored Image, che ha dato un importante arricchimento al gruppo. Con questa formazione i Vanishing Kids sono al loro massimo, e questo disco ne è la bellissima dimostrazione. La loro poetica musicale è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore. Questa operazione non ha però nulla di violento o di coercitivo, mettere questo disco è come entrare nella tana del Bianconiglio, dove la realtà è felicemente distorta, non è paradisiaca ma è sicuramente lisergica. Il cantato è di rara bellezza, e tutto il resto del gruppo ha le idee molto chiare, sa sempre cosa fare e lo mette in pratica benissimo. Il suono è molto particolare, di una grandissima forza evocativa dai tratti immediatamente riconoscibili. I Vanishing Kids sono uno dei migliori gruppi di psichedelia altra che potete incontrare ed ascoltare, in quanto hanno anche una piccola percentuale di grunge che spiazza piacevolmente rendendo ogni canzone bellissima. Un disco prezioso per provare a sognare ancora attraverso la musica.

Tracklist
1 Creation
2 Heavy Dreamer
3 Without A Sun
4 Mockingbird
5 Eyes of Secrets
6 Reaper
7 Rainbows
8 Magnetic Magenta Blue

Line-up
Nikki Drohomyreky- Vocals, Organ, Synths, Percussion
Jason Hartman- Guitar
Jerry Sofran- Bass
Hart Allan Miller- Drums

VANISHING KIDS – Facebook

KALIDIA

Il lyric video di “Black Sails”, dall’album “The Frozen Throne” in uscita a novembre (Inner Wound Recordings).

Il lyric video di “Black Sails”, dall’album “The Frozen Throne” in uscita a novembre (Inner Wound Recordings).

The Italian melodic power metal band KALIDIA just released a lyric video for “Black Sails”, the second single from their new album “The Frozen Throne”.

“The Frozen Throne” will be released on November 23rd via Inner Wound Recordings. The album will be available on CD, digital and as an exclusive black wooden box edition, limited to 250 hand-numbered copies.

Inspired by classic power metal bands like Rhapsody of Fire, Hammerfall and Stratovarius as well as new bands like Beast In Black, Kalidia have created an uplifting melodic power metal album with the roots in classic power metal with a modern and fresh touch.

“The Frozen Throne” was produced, recorded and mixed by Lars Rettkowitz [Freedom Call], mastered by Achim Köhler [Primal Fear, Amon Amarth, Brainstorm] and the cover artwork was created by Stan W. Decker [Vanden Plas, Primal Fear].

Led by the charismatic vocalist Nicoletta Rosellini and with a really strong album behind them, Kalidia are ready to show the metal scene that they are a force to be reckoned with!

Link to the music video for “Frozen Throne”: https://youtu.be/ABM7YmBOMyM

“The Frozen Throne” track listing
01. Frozen Throne
02. Circe’s Spell
03. Black Sails
04. Orpheus
05. To The Darkness I Belong
06. Myth Of Masada
07. Midnight’s Chant
08. Go Beyond
09. Amethyst
10. Lotus
11. Queen Of The Forsaken

Kalidia tour dates
Nov 16: Hard Rock Café – Firenze (IT)
Nov 24: Arci Tom – Mantova (IT)
Dec 08: Crazy Bull – Genova (IT)
Dec 29: The One – Cassano D’Adda/Milano (IT)

“The Frozen Throne” artwork: http://www.innerwound.com/promo/kalidia_artwork.jpg

Kalidia online
Facebook: https://www.facebook.com/kalidiaofficial
Website: http://www.kalidia.com

Inner Wound Recordings online
Website: http://www.innerwound.com
Facebook: http://www.facebook.com/innerwoundrecordings

Mule Skinner – Airstrike

Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Anche nel grindcore, come negli altri generi estremi, le contaminazioni hanno imbastardito il sound originale, portando il genere verso nuovi lidi senza farne venire meno la prerogativa d’essere uno degli esempi più estremi della musica moderna.

Ovviamente non mancano band che, dopo tanti anni, continuano a proporre con attitudine, personalità e senza compromessi i dettami di un sound che va oltre la musica per abbracciare tematiche sociali e politiche.
Un suono che, come la spazzatura lasciata per giorni sulle strade dei quartieri poveri delle metropoli, viene disprezzato dai benpensanti, ominidi travestiti da persone oneste in un mondo che ha perso il controllo.
I grinders statunitensi Mule Skinner tornano per F.O.A.D. Records con il secondo lavoro di una carriera che partì addirittura nel 1987, ma che in trent’anni ha regalato solo un demo, due ep ed il full length Abuse, licenziato nel lontano 1996.
Quindi si può sicuramente parlare di un ritorno auspicato dagli amanti del genere (anche se l’ep Crushing Breakdown è di quattro anni fa) che conferma i Mule Skinner come band grindcore classica, dal sound stilisticamente conservatore ma pregno di provocatoria denuncia, dall’impatto devastante ed un’attitudine mai doma.
I tredici brani, senza tregua, ci investono con tutta la loro rabbiosa aggressione in quota primi Napalm Death e Terrorizer, ma mantenendo ben salde le coordinate stilistiche e riuscendo a donare ad ogni singolo brano una sua precisa identità.
Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Tracklist
1.Suicide Vest
2.Airstrike
3.Bone & Debris
4.Chocking Agent
5.Bred to Destroy
6.Sovereignty
7.Firing Squads
8.Battle Worshiper
9.Among Sheep
10.Faith in Blood
11.Backbone
12.Tactical Control
13.Fuse

Line-up
Tony Salisbury – Bass
Todd Capiton – Drums
Michael Howes – Guitars
Ryan Ashmore – Vocals

MULE SKINNER – Facebook

Infernal Forces Festival – Live Music Club 27/10/8

Il report della prima edizione dell’Infernal Forces, festival dedicato appositamente all’estremo tenutosi sabato 27 ottobre 2018 a Trezzo sull’Adda, nella bellissima e collaudata location del Live Club.

Sabato 27 ottobre 2018, a Trezzo sull’Adda, nella bellissima e collaudata location del Live Club, si è svolta la prima edizione dell’Infernal Forces, festival dedicato appositamente all’estremo. I cancelli sono stati aperti poco dopo le due.

Ricchissimo il merchandising presente e nutritissimo, e di elevata qualità, l’elenco delle otto band che hanno reso indimenticabile la giornata e la serata. Fuori la pioggia incessante, dentro la grande musica.
I primi a salire sul palco sono stati i tedeschi The Spirit, ottimo gruppo di black-death, volutamente scelto dai co-headliners Hypocrisy e Kataklysm per la tournée. Il combo germanico, con all’attivo il validissimo esordio Sounds From the Vortex su Nuclear Blast, non ha purtroppo avuto quel pubblico che avrebbe meritato (alle 14,30 la platea era ancora da riempire), ma ha eseguito una performance impeccabile e molto professionale, con una scelta di brani dal debutto eseguiti con una sicurezza già alquanto pronunciata, che fa ben sperare in vista di quello che poi sarà – ci auguriamo presto – il secondo lavoro.

Una breve pausa – come anche in seguito, ovviamente, tra un act e l’altro – e si sono presentati gli storici Distruzione. Vera grande cult-band (sono nati nel 1990), seguitissima da uno zoccolo duro di fans scatenati, gli emiliani hanno sfoderato una prestazione decisamente muscolare, con una scelta di pezzi da pressoché tutti i loro lavori, primariamente dallo storico Endogena (1996) e dall’ultimo e notevole disco omonimo. Dal vivo, il loro thrash-death ha rivelato tutta la propria attitudine di tipo hardcore-punk, in stile Sepultura-Cavalera Conspiracy, come a volerci ricordare che l’extreme metal non è nato per fare atmosfera, ma per portare a grande velocità violenza, morte – casino, ha voluto, coerentemente, rammentare il singer – e appunto distruzione. Un set davvero incandescente, caldo e rumoroso.

Gli Antropofagus si sono confermati una stella di prima grandezza del nostro panorama musicale. I musicisti liguri hanno oramai compiuto – e la loro esibizione ne è stata una brillante conferma – la transizione definitiva dal death-grind a tinte gore dei primi anni (ne hanno ben 21 sulle spalle) ad un brutal efficacissimo e chirurgico, velocissimo e marziale, supportato da una una tecnica veramente fuori dal comune, in linea con le nuove leve del genere pubblicate in America da Unique Leader. Se fossero statunitensi, avrebbero probabilmente altri riconoscimenti.

Altro cambio di scena, altra grande band italiana: i romani Hour of Penance. Autori di svariati ed eccellenti dischi – fenomenali gli ultimi due, Cast the First Stone e Regicide – i laziali hanno sfoderato una prestazione davvero maiuscola, tutta all’insegna d’un brutal death tecnico ed eseguito in maniera formidabile. Anche per loro si può giustamente parlare di una caratura artistica a tutti gli effetti internazionale, come il set ha attestato in maniera inequivocabile e ammirevole.

La seconda parte della giornata – intanto, fuori si è fatta sera – si è aperta cogli Enthroned. I belgi hanno confermato tutto il proprio valore. Lo storico (attivo da un quarto di secolo) quintetto di Bruxelles è stato il primo gruppo di puro black metal della giornata ad esibirsi e non ha certo deluso le aspettative (anzi), con una performance maligna e cattivissima che ha rinunciato del tutto alle aperture sinfoniche, per abbeverarsi alla fonte del BM primigenio di scuola nordeuropea, freddo ed evocativo.

A ruota sono venuti gli Impaled Nazarene, grandiosi e pieni di energia. Unici al mondo nella loro originale e personalissima commistione di black metal, crust punk e grindcore, sempre orgogliosi di essere finlandesi, hanno eseguito per intero il loro capolavoro Suomi Finland Perkele con una carica a dir poco impressionante, non senza divertirsi e divertire il pubblico, oltre a una scelta di altri loro brani storici (ricordiamoci che sono in pista da oltre ventotto anni, sempre coerenti con sé stessi). Il loro è stato un set di grind-metal alla velocità della luce, tra provocazione e squarci melodici con un sostrato punkeggiante che dal vivo emerge e si fa strada prepotentemente, molto più che in studio e con un impatto granitico. Mika Luttinen, neanche a dirlo, si è dimostrato ancora una volta frontman incredibile. L’Udo Dirckschneider dell’estremo. E gli Impaled Nazarene hanno lasciato intendere, tra le loro note, di essere stati – forse inconsapevolmente, ma le etichette sono del resto venute dopo – i padri fondatori di ciò che oggi si chiama war metal. Questo dicono in fondo i loro show.

L’emozione di assistere allo show di Mr. Tägtgren, la voglia di poter presenziare all’esibizione degli Hypocrisy ci conduce intanto quasi alla pazzia; la spasmodica attesa di veder ascendere (perché Loro non salgono sui palchi, ascendono) la band di Peter e soci provoca tachicardia e fibrillazioni…
Ore 22.10: avviene il miracolo. Salgono sul palco, scatenando applausi, esaltanti cori, scene di delirio di massa e ogni qualsivoglia sorta di solenne celebrazione, i Signori del Death Svedese.
La presenza scenica è all’altezza: i nostri irrompono nel nostro campo visivo, attraverso l’arte comunicativa di un vero showman, quale è Tägtgren. Gesti e movenze ci appaiono come pura estensione spontanea della voce e degli strumenti. Un suono pulito, terso come una fresca, limpida giornata primaverile. La potenza e la ferocia compositiva espressa dai nostri, saggiamente guidate da un ingegno musicale non comune, raggiunge apici stratosferici. Competenze strumentali, interpersonali e sistemiche, tra cui la grande abilità di dialogare col pubblico, non solo grazie alla voce, ma anche a gesti, posa e movimento, trasformano un semplice show in un affresco sociale della scena Death moderna, dove attori e spettatori agiscono univocamente, quasi fossero un’entità singola e non – come, spessissimo, accade – i differenti astanti di un evento musicale. La scelta di uno show Best of, cuore pulsante dell’attuale Death… is just the beginning tour 2018 (in onore della famosissima serie di compilation della Nuclear Blast, a cui i Nostri hanno sempre aderito, sin dal Volume II), sicuramente determinata dalla mancanza di un nuovo album, non ha fatto che enfatizzare il legame tra gli Hypocrysy e i loro fan, enunciando pubblicamente l’amore reciproco. Trenta anni esatti di carriera (ricordiamo che i nostri nacquero nel 1988 come Seditious, solo project di Peter), sciorinati con sapiente cura dei dettagli, in poco più di un’ora di musica (da Penetralia sino ad Osculum Obscenum, da Abducted a Virus e a Catch 22, e così via) ci hanno donato ricordi memorabili e scaldato i nostri cuori, nella spasmodica attesa del nuovo album, promesso (e quindi segnato col sangue), recentemente dallo stesso Tägtgren.

Esaltante chiusura in bellezza con i canadesi Kataklysm, forti del loro ultimo lavoro, Meditations – dal quale sono state estratte molte songs, con, in più, i classici del repertorio – e gruppo di assoluta prima classe, esaltante e grandioso, nella sua capacità (più unica che rara) di unire brutal americano (e in effetti la performance è stata realmente devastante, oltre che tecnicamente ineccepibile) e il più melodico death di matrice svedese. Il cantante, originario del nostro paese, non ha mancato mai di esprimere tutto il suo sincero amore per la nostra terra, alla quale è sentimentalmente legato dall’età di sedici anni. Per tutta la durata dell’esibizione – che i collaboratori presenti di MetalEyes hanno potuto comodamente seguire, ospiti allo stand dei gentilissimi ragazzi della Punishment 18 Records – si è rivolto in italiano al pubblico, coinvolgendolo e mostrando una naturale carica di simpatia. La sua frase finale – “noi siamo insieme in un mondo solo nostro, che nessuno ci può toccare” – resta il suggello, non solamente del concerto dei Kataklysm e di un indimenticabile evento, ma di tutto un movimento musicale. Perché la musica è la colonna sonora della nostra vita.

Dazagthot – Michele Massari

Necandi Homines – Black Hole

Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Raramente il titolo di un album si rivela più calzante al contenuto musicale di questo Black Hole, ep dei marchigiani Necandi Homines, intezionati a scaraventare l’ascoltatore in una voragine esistenziale dai confini indefiniti.

La band è reduce dall’ottimo full length Da’at, dello scorso anno, ma il nuovo patrocinio fornito dalla collaborazione tra due etichette come Third I Rex e Toten Schwan sembra aver acuito la vena sperimentale e psichedelica che già era visibilmente impressa in un black doom del tutto sui generis.
I tre brani contenuti in Black Hole mostrano altrettante sfaccettature dei Necandi Homines, dal cupo e inquieto incedere dall’impronta doom del primo, al più nervoso ed estremo snodarsi del secondo, riconducibile ad un black metal pur sempre di natura aliena, per arrivare al lungo e micidiale mantra dell’ultimo episodio, nel quale voci salmodianti si rincorrono poggiandosi su un tappeto psichedelico/rituale in grado di scavare solchi profondi.
Un lavoro come Black Hole è l’esemplificazione di quanto dovrebbe essere lo sperimentalismo in campo estremo, ovvero non un rumorismo sconnesso e fine a sé stesso, ma un susseguirsi di momenti e di intenzioni che scardinano quanto fatto in precedenza, fungendo allo stesso tempo da puntello per ciò che verrà dopo.
Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Tracklist:
1. .
2. ..
3. …

Line-up:
Discissus – Vocals
Oxide – Bass
Hagen – Drums
Apsychos – Guitars

NECANDI HOMINES – Facebook

Through The Clouds – Blinded Minds

Un album nato sotto la bandiera della varietà stilistica, passando agevolmente dal metal più classico, al power, all’ hard rock melodico, fino a sonorità riconducibili al Seattle sound.

La Roxx Records licenzia il debutto del duo brasiliano Through The Clouds, formato da Tiago De Souza (Hand Of Fire, Perpetual Paranoia) e Paulo Lima (Vintage Machine, Rockclass).

Divisi tra la California ed il Brasile, i due musicisti rilasciano questo ottimo lavoro dal titolo Blinded Minds, un album nato sotto la bandiera della varietà stilistica, passando agevolmente dal metal più classico, al power, all’ hard rock melodico, fino a sonorità riconducibili al Seattle sound.
Blinded Minds funziona molto bene, con i due musicisti a loro agio con ogni stile usato per comporre brani interessanti, assolutamente imprevedibili, specialmente ad un primo ascolto nel corso del quale veniamo sballottati dal power dell’opener Crossfire all’hard & heavy di scuola Jorn della title track.
Make You Choice è un massiccio brano hard rock valorizzato da tastiere che riportano all’aor di scuola ottantiana, così come la ballad Lost, mentre Unforgiven è un classico brano metallico di scuola Dio, attraversato da ritmiche thrash nel refrain e, infine, Wondering risulta una ballad di frontiera, tra Bon Jovi e Pearl Jam.
Gli Alice In Chains appaiono e scompaiono tra le armonie chitarristiche dei vari brani, valorizzando un lavoro libero di attraversare decenni di musica metal/rock senza barriere, uno sconfinato spartito musicale dagli anni ottanta ai giorni nostri.
I Through The Clouds hanno dato vita ad un lavoro molto coinvolgente, composto da belle canzoni e ovviamente consigliato a chi apprezza i generi citati senza pregiudizio alcuno.

Tracklist
1. Crossfire
2. Blinded Minds
3. Make Your Choice
4. Better Way
5. Lost
6. Unforgiven
7. Hard Times
8. Wondering
9. Blinded Minds (Reprise)

Line-up
Tiago De Souza
Paulo Lima

THROUGH THE CLOUDS – Facebook

DEADLY CARNAGE

Il video di Ifene, dall’album Through The Void, Above The Suns (ATMF).

Il video di Ifene, dall’album Through The Void, Above The Suns (ATMF).

Gli italiani Deadly Carnage (Post-Black / Doom) hanno pubblicato il video ufficiale di “Ifene” uno dei brani del loro ultimo album “Through the Void, Above the Suns” appena ristampato in formato doppio vinile per Snow Wave Records. Il video è stato interamente realizzato in animazione e rappresenta il concept dell’album nella sua interezza; un viaggio nel cosmo tra creazione e distruzione, materia e vuoto.

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