Disciples Of The Void – Disciples Of The Void

Un folle assalto alla civiltà nel quale siamo immersi, un escapismo di marca satanica e puramente black metal senza requie, che lascia stupiti e vogliosi di ricominciare per un debutto come non se ne sentivano da tempo.

L’offerta attuale in campo black metal è molto ampia e variegata, questo per parlare della quantità, mentre invece se esaminiamo il lato qualitativo ci si accorge che è non è altissima.

Molti gruppi fanno black metal, nato nella selvaggia Scandinavia degli anni novanta ed arrivato fino a noi e che andrà oltre le nostre esistenze, essendo un genere molto soggettivo ma fino ad un certo punto, perché la nera grandiosità si riconosce subito. Il debutto omonimo del duo finlandese Disciples Of The Void è un gran bel disco potente, maestoso grazie a venture sympho importanti. L’incedere di Disciples Of The Void è quello del grande gruppo black metal, il passo sicuro che rivolta l’ascoltatore, quella voglia di spaccare le ossa a chi si avvicina a questo suono, l’impetuosità e il talento assoluto nel cambiare tempo in men che non si dica, andando ad occupare il gradino superiore dell’aggressione. Il misterioso duo si rifà apertamente alla seconda ondata del genere e certamente quello è il punto di partenza, ma i Disciples Of The Void vanno oltre, confezionando un assalto black e sympho a tutto tondo. Non c’è un momento di tregua o di pace e, come in una caccia infernale, il tutto si svolge in maniera veloce eppure indelebile: il muro sonoro delle chitarre, della batteria, la voce ed il resto si fondono assieme come un assalto di una cavalleria pesante maledettamente diabolica. Per quanto riguarda la musica non ci sono grosse novità od innovazioni, e non sarebbe nemmeno il posto giusto per cercarli, mentre sarebbe auspicabile che ci fosse un maggior numero di album come questo in giro. Mettere assieme impeto, tecnica e forza bruta è cosa da molti gruppi, ma aggiungere a tutto ciò una dose di ottima melodia e un’impronta totalmente personale, questa non è affatto cosa da tutti e i Disciples Of The Void ci riescono benissimo.
Un folle assalto alla civiltà nel quale siamo immersi, un escapismo di marca satanica e puramente black metal senza requie, che lascia stupiti e vogliosi di ricominciare per un debutto come non se ne sentivano da tempo.

Tracklist
01. Ad Gloriam Invictus Satana
02. Dominion
03. The Apocalypse Reign
04. Enter The Void
05. Per Aspera Ad Noctum
06. The Harvest
07. The Heirs Of Wormwood
08. Choronzon
09. Home Of The Once Brave ( Bathory Cover )

DISCIPLES OF THE VOID – Facebook

Malevolent Creation – The 13th Beast

Il massacro compiuto dalla tredicesima bestia si fa largo, senza che si faccia sentire il peso degli anni nella scena estrema, a colpi di furioso death metal nel quale le velocissime sfuriate thrash sono presenti per rendere l’atmosfera ancora più violenta.

Una costanza ed un’attitudine invidiabili così come il talento del suo leader nel proporre death metal ai massimi livelli, sono le doti principali dei Malevolent Creation, una delle band storiche del metal estremo made in Florida.

Phil Fasciana non si ferma e somatizzata la scomparsa dello storico singer Brett Hoffmann ritorna con una formazione completamente rinnovata rispetto all’ultimo lavoro (Dead Man’s Path uscito nel 2015) che vede all’opera il batterista Philip Cancilla, il bassista Josh Gibbs e il chitarrista/cantante Lee Wollenschlaeger, protagonista di una prova molto convincente in questo mastodontico nuovo lavoro intitolato The 13th Beast.
Lasciato nelle sapienti mani del guru del metal estremo Dan Swanö, che si è occupato di mixaggio e mastering, The 13th Beast è forse un nuovo inizio per i Malevolent Creation, da trent’anni un porto sicuro per i fans del genere.
Il massacro compiuto dalla tredicesima bestia si fa largo, senza che si faccia sentire il peso degli anni nella scena estrema, a colpi di furioso death metal nel quale le velocissime sfuriate thrash sono presenti per rendere l’atmosfera ancora più violenta, con i mid tempo che diventano moloch inesorabilmente travolgenti.
L’album offre un turbinio di musica estrema costituito da brani d’impatto, decisi ed inarrestabili anche quando i Malevolent Creation rallentano trasformando i brani in impietosi pachidermi musicali (Born Of Pain), spezzando solo per poco lo tsunami death/thrash di End Of Torture, Mandatory Butchery o Bleed Us Free.
Le ottime prestazioni dei nuovi arrivati, il gran lavoro di Dan Swanö in consolle, tanta esperienza e mestiere fanno di The 13th Beast un lavoro imperdibile per i fans del death metal classico.

Tracklist
1.End The Torture
2.Mandatory Butchery
3.Agony For The Chosen
4.Canvas Of Flesh
5.Born Of Pain
6.The Beast Awakened
7.Decimated
8.Bleed Us Free
9.Knife At End
10.Trapped Inside
11.Release The Soul

Line-up
Phil Fasciana – Guitars
Josh Gibbs – Bass
Philip Cancilla – Drums
Lee Wollenschlaeger – Vocals, Guitars

MALEVOLENT CREATION – Facebook

CHALICE OF SUFFERING

Il video di In the Mist of Once Was, dall’album ‘Lost Eternally’ di prossima uscita (Transcending Obscurity Records).

Il video di In the Mist of Once Was, dall’album ‘Lost Eternally’ di prossima uscita (Transcending Obscurity Records).

Taken from the upcoming CHALICE OF SUFFERING full length ‘Lost Eternally’ coming out on Transcending Obscurity Records.

OFFICIAL STORE – http://tometal.com
OFFICIAL BANDCAMP – https://chaliceofsuffering.bandcamp.com

US band CHALICE OF SUFFERING put out a remarkable debut that was very well received the world over and they’ve followed it up with what’s possibly one of the best albums in the doom/death metal style. Where this kind of style goes, it’s more about the emotions than the heaviness, and that’s where this band excels. ‘Lost Eternally’ perfectly encapsulates the grief, the stinging loneliness and its bleak outlook. It’s a well-rounded album that exudes the right feelings and it’s something that’s perfect for this time of the year, while being strangely palpable. The album plods on powerfully despite the weight, showing moments of melodic respite and even contributions from several guest musicians and vocalists to further enhance the proceedings. This is as genuine as it gets right from the underground. Delve into this heart-wrenching slab of doleful, atmospheric death/doom metal music and experience life at its cruelest.

Album line up –
John McGovern – Vocals
Will Maravelas – Guitars/Keyboards
Aaron Lanik – Drums
Nikoley Velev – Guitars/Keys/Drums (on The Hurt, Lost Eternally, Emancipation of Pain)
Neal Pruett – Bass
Kevin Murphy – Bagpipes (on In the Mist of Once Was)

Guest vocals –
Danny Woe of WOEBEGONE OBSCURED (on Emancipation of Pain)
Demonstealer of DEMONIC RESURRECTION (on Miss Me, But Let Me Go with John)
Giovanni Antonio Vigliotti of SOMNENT (on Lost Eternally with John)
Justin Buller of WOLVENGUARD/IN OBLIVION (on The Hurt)

Artwork by Ohrwurm (SLOW)

Piledriver – Rockwall

Chitarre graffianti, l’hammond che ispira atmosfere settantiane, ritmi e refrain che ricordano le una manciata di band che hanno fatto la storia dell’hard rock classico ed il gioco è fatto, niente di clamoroso invero ma assolutamente perfetto da portare in auto ed affrontare le luminose strade del sabato sera.

Quarto album e buon ritorno sul mercato per i tedeschi Piledriver, band nata come cover band degli storici Status Quo e da un po’ di anni in viaggio su strade più personali.

Ovviamente il sound dei cinque non può che essere un hard rock classico che amalgama influenze di matrice centro europea a quelle più tradizionali provenienti dal Regno Unito: un muro di rock (come suggerisce il titolo) per infiammare concerti davanti ad un buon numero di fans del genere, molto seguito in Germania.
Chitarre graffianti, l’hammond che ispira atmosfere settantiane, ritmi e refrain che ricordano le una manciata di band che hanno fatto la storia dell’hard rock classico ed il gioco è fatto, niente di clamoroso, invero, ma assolutamente perfetto da portare in auto per affrontare le luminose strade del sabato sera.
Ac/Dc, Status Quo, Bonfire, UFO e in parte Scorpions: questa è la ricetta di Rockwall ed il piatto risulta piccante il giusto per risvegliare istinti selvaggi, alimentati da questa raccolta di brani che mantiene una buona qualità per tutta la sua (lunga) durata.
L’opener Stomp, l’inno One For The Rock, la title track Rockers Rollin’ sono gli episodi migliori di questi tredici di brani che celebrano a modo loro l’hard rock classico, andando a comporre un’opera consigliata ai rockers di origine controllata.

Tracklist
1. Stomp
2. Agitators
3. One For The Rock
4. Rockwall
5. Waiting
6. Farewell
7. For Freedom And Friends
8. Julia
9. Draw The Line
10. Nazareth
11. Sparks
12. Rockers Rollin’
13. Little Latin Lover

Line-up
Michael Sommerhoff – lead and harmony vocals, guitars
Peter Wagner – guitars, lead and harmony vocals
Rudi Peeters – keyboards, harmony vocals
Marc Herrmann – bass
Hans In‘t Zandt – drums, harmony vocals

PILEDRIVER – Facebook

METEORE: DISSECT

Grande band dall’Olanda che, seppur con un solo album all’attivo, riuscì comunque ad entrare nell’Olimpo Underground del Death Metal europeo degli anni ‘90. Alcune ristampe ci permettono, ancora oggi, di poterne entrare in possesso.

Tra i prime-movers della scena Death olandese, i Dissect non ebbero le medesime fortune di connazionali del calibro di God Dethroned o Asphyx.

Peccato perché, dopo un paio di ottimi demo, uscirono nel 1993 con l’album (oramai culto per gli adepti del Death europeo) Swallow Swouming Mass per la storica olandese Cyber Music; etichetta, oggi tristemente chiusa, capace di sfornare gioielli quali Theatric Symbolysation Of Life (Agathocles), Immense Intense Suspense (Phlebotomized), ma soprattutto His Majesty At The Swamp (Varathron). Pertanto, pare incomprensibile come un album così importante non riscosse il successo dovuto, e non permise ai ragazzi di Alphen Aan Den Rijn di proseguire con la propria attività di musicisti (solo il bassista Tim Roeper pare sia ancora sulla cresta dell’onda, con gli storici Eternal Solstice e con i bravissimi Dauthuz), soprattutto pensando alla qualità delle produzioni e alla grande capacità promozionale dell’etichetta di Arnhem. Ad ogni modo, quello che ci lasciarono i quattro ragazzotti fu qualcosa di davvero importante per tutta la scena europea. L’unico album si dipana su circa 50 minuti di ottimo Death Metal, sviluppato su nove tracce brutali, d’un impatto sonoro unico, genuino, diretto come un Pendolino, che non lascia scampo. Un sound mai ostico all’ascolto, semplice si, ma mai eccessivamente banale, che solo gli anni novanta hanno – ahimè – saputo dare. Zombies, gore, sangue, guerra, morte ovunque, crogiolano dai solchi dell’album, oggi fortunatamente di nuovo reperibile grazie ad alcune ristampe, tra cui quella della famosa Xtreem.
Dopo, una pseudo-reunion ed un demo, passato del tutto inosservato (Fragments del 1997) e nulla più. C’è chi parla ancora di una possibile attività o di un insperato ritorno: chi vivrà vedrà… come ci direbbe oggi Jimmy Fontana.

Discography:
Demo 1 – Demo – 1991
Presage to the Eternity – Demo – 1992
Swallow Swouming Mass – Full-length – 1993
Fragments – Demo – 1997

Line-up
Vincent Scheerman – Guitars, Vocals
Tim Roeper – Bass
Ed van Wijngaarden – Drums
C.W. Zwart – Guitars

https://www.youtube.com/watch?v=7IBnCb5nYrw

Space Aliens From Outer Space – Nebulosity

Debutto visionario e fortemente debitore alla fantascienza per questa sorta di supergruppo che non vuole sapere di rimanere ancorato alla terra.

Debutto visionario e fortemente debitore alla fantascienza per questa sorta di supergruppo che non vuole sapere di rimanere ancorato alla terra.

Come avremo modo di vedere dopo gli attori coinvolti sono molto validi e sanno ricreare ottime atmosfere. Le coordinate musicali sono varie e conducono tutte al tema del viaggio. Troviamo l’elettronica che è abbastanza onnipresente e al contempo anche strumenti suonati molto bene, lo space rock come concezione e quel viaggiare senza posa né meta. L’ottima produzione mette in risalto anche un incedere tipico delle magnifiche opus musicali di John Carpenter, perché anche i Space Aliens From Outer Space fanno sceneggiature in musica, creando sequenze di immagini che scaturiscono dalla loro musica e si uniscono alla resa visiva sul palco che è assai importante. Qui tutto è comunque al servizio della musica e della missione esplorativa che si sono dati. La loro proposta musicale è di ampio respiro e porta l’ascoltatore in galassie lontane, dove è possibile respirare un’aria molto diversa dalla nostra. Ora veniamo a scoprire gli alieni dallo spazio profondo: alla voce Paul Beauchamp, interessantissima figura di agitatore musicale, un genio che ha scelto Torino come base nonostante sia nato lontano dalle nostre desolate lande, una figura che basta da sola a dare valore al progetto. Incontriamo poi due figuri mascherati che rispondono al nome di Daniele Pagliero, già nei Frammenti, band italiana che ha toccato in maniera indelebile tanti cuori, e Francesco Mulassano. Come new entry troviamo alla batteria la letale Maria Mallol Moya, già nei Gianni Ruben Rosacroce, Lame e Natura Morta. Con questa crew il risultato è assicurato, ma i quattro sono andati ben oltre la somma dei singoli valori, confezionando un disco unico nel volare fra vari generi, trovando sempre melodie interessantissime, con un impasto sonoro psichedelico e di forte presa, dal quale non si può scappare. Molti sono i riferimenti alla migliore fantascienza, specialmente quella degli anni cinquanta e sessanta, in un’opera maestra dello spazio profondo, un gancio galattico che non vi lascerà.

Tracklist
1. Asterism
2. Trajectory
3. Entanglement
4. Propulsion
5. Into The Nebula
6. The Outer Realms
7. Particle Horizon
8. Starchase

Line-up
Paul Beauchamp
Maria Mallol Moya
Daniele Pagliero
Francesco Mulasssano

SPACE ALIENS FROM OUTER SPACE – Facebook

Deserted Fear – Drowned by Humanity

Drowned by Humanity è un album molto più melodico rispetto al suo brutale predecessore, anche se la forza immane del gruppo rimane l’alternarsi di ritmiche marziali ad una furia estrema, che si avvale questa volta di un ottimo lavoro delle chitarre alle prese in assoli in cui le melodie sono più importanti che in passato.

Tornano a distanza di un anno i tedeschi Deserted Fear con un nuovo album, il quarto, sempre per il colosso Century Media.

Attivo ormai da una dozzina d’anni, il trio proveniente dalla Turingia dopo i primi due lavori ha visto crescere le proprie aspettative, dopo essere stato preso sotto l’ala della storica label tedesca già dal precedente Dead Shores Rising, album che aveva confermato le buone impressioni suscitate dal gruppo con il suo metal estremo che voltava le spalle alla Scandinavia guardando, sempre in un’ottica old school, al death metal epico e guerresco dei Bolt Thrower.
Il nuovo lavoro continua a percorrere la strada intrapresa da Fabian Hildebrandt, Manuel Glatter e Simon Mengs e vi troviamo ben nascoste mine che al passaggio esplodono in un sound potente, marziale e melodico.
Drowned by Humanity è un album molto più melodico rispetto al suo brutale predecessore, anche se la forza immane del gruppo rimane l’alternarsi di ritmiche marziali ad una furia estrema, che si avvale questa volta di un ottimo lavoro delle chitarre alle prese in assoli in cui le melodie sono più importanti che in passato.
Prodotto da Henrik Udd (At the Gates, Miasmal) nei Friedman Studios, l’album mantiene quell’atmosfera epico/guerresca che ha fatto la fortuna del gruppo in passato, unendola ad una consistente vena melodica; i brani di cui si compone il nuovo album sono sicuramente forieri di giudizi positivi, ma ovviamente si trovano tracce che più sottolineano l’ispirazione del momento del gruppo tedesco, come An Everlasting Dawn, Welcome To Reality e Sins From The Past.
Non mancano possenti monoliti di death metal guerresco e brutale, come Scars Of Wisdom, che rendono Drowned by Humanity un lavoro riuscito ed assolutamente in grado di competere ad alti livelli con le uscite di questa prima metà dell’anno, almeno per quanto riguarda il caro vecchio death metal.

Tracklist
1. Intro
2. All Will Fall
3. An Everlasting Dawn
4. The Final Chapter
5. Reflect The Storm
6. Across The Open Sea
7. Welcome To Reality
8. Stench Of Misery
9. A Breathing Soul
10. Sins From The Past
11. Scars Of Wisdom
12. Die In Vain
13. Tear Of My Throne

Line-up
Fabian Hildebrandt – Guitars
Manuel Glatter – Guitars/ Vocals
Simon Mengs – Drums

DESERTED FEAR – Facebook

UPANISHAD

Il video di Feelings, dall’album Croosroads in uscita a marzo (Red Cat Records).

Il video di Feelings, dall’album Croosroads in uscita a marzo (Red Cat Records).

Ed ecco a voi “Feelings”, primo singolo degli UPANISHAD, band prog/crossover fiorentina!
Il brano è tratto da “Crossroad”, il loro album in uscita fra febbraio/marzo per Red Cat Records.

“Feelings” è disponibile in streaming e in tutti gli store digitali mondiali.
Questo brano è stato creato in un giorno, così, a sentimento.
È un treno a vapore arrugginito che sferraglia, che col suo ritmo goffo e veloce scandisce il tempo lungo il tragitto.

CONTATTI BAND:
https://www.facebook.com/Upanishadproject
https://www.youtube.com/channel/UC1OJh8V2Ti2yQKOZ9-AJdUg
https://soundcloud.com/upanishadproject

Malamorte – Hell For All

Hell For All è un album affascinante che non può mancare tra gli ascolti di chi ama le band citate e l’heavy metal più oscuro, mistico e dalle tinte horror.

Le origini black metal dei romani Malamorte influenzano ancora il sound prettamente heavy metal di questo nuovo lavoro, così da assecondare il concept occulto, mistico ed anticristiano che anima il progetto del compositore, chitarrista e cantante L.V.

Hell For All è il terzo full length, licenziato dalla Rockshots Records, con il quale vengono proposti dieci brani di heavy metal old school, ispirato dai Mercyful Fate, dalla scena thrash/black ottantiana e dalla New Wave Of British Heavy Metal.
Ritmiche heavy/thrash, solos classici ed atmosfere oscure è quello che troverete su Hell For All, album dal tocco melodico intrigante che lo rende nobilmente classico.
Alla fine sono più estreme le tematiche che non la musica, che rimane heavy e a tratti teatrale, alternando brani graffianti e veloci a mid tempo su cui L.V. declama storie occulte ricordando non poco il King Diamond in versione Mercyful Fate.
Un album da vivere nella penombra della vostra stanza, entrando nelle atmosfere di brani che passano dall’heavy/thrash di Antichrist a quelle dark della splendida Mother; la maideniana title track apre la seconda parte dell’album dove torna prepotentemente l’influenza di King Diamond in Satan’s Slave, brano horror metal che lascia al suo passaggio odore di incenso e di Death SS.
Hell For All è un album affascinante che non può mancare tra gli ascolti di chi ama le band citate e l’heavy metal più oscuro, mistico e dalle tinte horror.

Tracklist
1.Advent
2.Antichrist
3.Warriors of Hell
4.Holy or Unholy
5.Mother
6.Hell for All
7.Son
8.The Worshipers of Evil
9.Satan’s Slave
10.God Is Nothing

Line-up
L.V. – Vocals/Guitars, music, lyrics, production, arrangements

Sk – additional guitars, Bass, Programming

MALAMORTE – Facebook

Flotsam and Jetsam – The End of Chaos

Non giudichiamo l’opera dalla cover e lasciamoci attrarre e sedurre da un disco potente,viscerale,splendidamente suonato da musicisti dotati di classe cristallina.Spettacolare ritorno per una band storica ma purtroppo sottovalutata.

La storia è nota! I Flotsam and Jetsam, di Phoenix in Arizona, sono sempre stati sottovalutati e sono rimasti un patrimonio solo per veri intenditori che seguono la vera musica fregandosene delle mode e del riscontro commerciale.

Molti li ricordano per essere stata, agli albori (Doomsday for Deceiver, 1986), la band di Jason Newsted, ex bassista dei Metallica, ma credo che pochi se li ricordino per lo straordinario valore di alcuni loro dischi, il già citato Doomsday, ma anche No Place for Disgrace del 1988. Con una carriera di assoluto valore tra alti e bassi normali nell’arco di una storia più che trentennale, rinvigorita nel 2016 con l’omonimo e ottimo Flotsam and Jetsam, la band da sempre nelle mani del vocalist Erik A.K Knutson, ritorna con un disco di alto livello, fresco, coinvolgente, ottimamente prodotto e suonato; quasi cinquanta minuti con canzoni potenti, viscerali condotte da un grande interplay tra i due chitarristi, lo storico Michael Gilbert e Michael Conley entrato nel 2016. Non ci sono filler, sono dodici brani che hanno una capacità di coinvolgere con linee melodiche mai banali, ma sempre intriganti accompagnate da un preciso lavoro di basso, suonato da Michael Spencer, rientrato nel 2014, che struttura  le tracce in progressioni inarrestabili. Le chitarre sono precise e pulite negli assoli che impreziosiscono i vari brani, che sanciscono l’unione tra trash e metal più classico, ricorrendo anche ad armonizzazioni pregevoli all’interno dei vari episodi. Ulteriore valore aggiunto è la grande capacità espressiva di Eric Knutson, che anche dopo i 50 anni dimostra di avere elasticità ed estensione notevole, variando molto l’interpretazione in ogni frangente. Assalti furiosi e intricati come in Slowly Insane accendono i sensi, ascoltare le chitarre inarrestabili è pura adrenalina, cosi come lasciarsi trasportare da visioni voivodiane nella meravigliosa Architects of Hate, dove il buon Erik si lascia andare a una interpretazione ricca di pathos. Classe cristallina e songwriting che molte band si sognano portano l’eccitazione a livelli molto alti: ogni brano possiede linee melodiche facilmente riconoscibili pur all’interno di strutture per nulla banali o scontate. Demolition Man, di cui esiste anche un video, sorprende cosi come il riff selvaggio di Unwelcome Surprise costruisce un brano teso e tagliente come una lama di rasoio. Non so cosa porterà il 2019 ma l’inizio è decisamente con il botto!

Tracklist
1. Prisoner of Time
2. Control
3. Recover
4. Prepare for Chaos
5. Slowly Insane
6. Architects of Hate
7. Demolition Man
8. Unwelcome Surprise
9. Snake Eye
10. Survive
11. Good or Bad
12. The End

Line-up
Michael Gilbert – Guitars
Eric A.K. – Vocals
Michael Spencer – Bass
Steve Conley – Guitars
Ken Mary – Drums

FLOTSAM AND JETSAM – Facebook

Crying Steel – Steel Alive

Un’uscita imperdibile targata Jolly Roger: in doppio cd il primo ep omonimo dei Crying Steel e l’album On The Prowl, entrambi rimasterizzati, con l’aggiunta delle rispettive versioni live.

Un’altra uscita da non perdere per tutti gli amanti dell’heavy metal classico battente bandiera tricolore da parte della instancabile Jolly Roger, sempre attenta a proporre succulente ristampe di quei gruppi che hanno fatto la storia della nostra musica preferita su e giù per lo stivale.

Tocca a i Crying Steel, tornati in forma smagliante lo scorso anno con l’album Stay Steel ed ora tributati dalla label nostrana con questo doppio cd che prevede sul primo le versioni rimasterizzate dell’ep omonimo, uscito originariamente nel 1985, e del primo full length On The Prowl, licenziato dalla band due anni dopo, mentre sul secondo si trovano le versioni live dei due lavori.
Siamo al cospetto di uno dei migliori esempi di heavy metal tradizionale che la nostra scena abbia regalato negli anni d’oro, anche se all’epoca fare metal in Italia era un’impresa ardua anche per gruppi del valore del quintetto bolognese.
I Crying Steel alternavano graffianti brani alla Judas Priest ad altri più melodici, presentando una scaletta vari e perfetta per quegli anni, con gli acuti del singer Luca Bonzagni a non far rimpiangere gli illustri colleghi stranieri ed una formazione compatta che oltre ai due membri fondatori Alberto Simonini (chitarra) e Angelo Franchini (basso) era completata da Luca Ferri (batteria) e Franco Nipoti (chitarra).
Grande heavy metal dunque, nel quale non mancano, oltre ai Priest, echi dei Motorhead e di quelle band che allora facevano la fortuna di quella New Wave Of British Heavy Metal che trovava nei Crying Steel un’appendice tricolore di tutto rispetto.
Erano ovviamente più acerbi i brani tratti dall’ep, mentre On The Prowl vedeva il gruppo fare passi da gigante, sfornando un album gagliardo e melodico composto da una tracklist impeccabile.
No One’s Crying, le melodie di Changing The Direction, l’irresistibile cavalcata The Song of the Evening e la tellurica Thunderdogs sono le tracce simbolo di questo pezzo di metallo forgiato dai Crying Steel.
Il secondo cd ci mostra le capacità del gruppo in sede live, un’ulteriore prova dell’importanza e della grandezza di questa leggendaria band nostrana ed un motivo in più per non perdere questa apprezzabile ristampa.

Tracklist
Cd 1
1.Ivory Stages (Ep)
2.You Have Changed (Ep)
3.Hero (Ep)
4.Where the Rainbow Dies (Ep)
5.Runnin’ Like a Wolf (Ep)
6.No One’s Crying (On the Prowl)
7.Changing the Direction (On the Prowl)
8.Struggling Along (On the Prowl)
9.Fly Away (On the Prowl)
10.Upright Smile (On the Prowl)
11.The Song of Evening (On the Prowl)
12.Alone Again (On the Prowl)
13.Thundergods (On the Prowl)
14.Shining (On the Prowl)

Cd 2
15.Ivory Stages (Live)
16.Hero (Live)
17.Where the Rainbow Dies (Live)
18.You Have Changed (Live)
19.Running Like a Wolf (Live)
20.No One’s Crying (Live)
21.Changing the Direction (Live)
22.Struggling Along (Live)
23.Fly Away (Live)
24.Upright Smile (Live)
25.Alone Again (Live)
26.The Song of Evening (Live)
27.Shining (Live)
28.Thundergods (Live)

Line-up
Luca Bonzagni – Vocals
Franco Nipoti – Guitars
Alberto Simonini – Guitars
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums

Formazione attuale
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums
Franco Nipoti – Guitars
JJ Frati – Guitars
Mirko Bacchilega – Vocals

CRYING STEEL – Facebook

Ghostheart Nebula – Reveries

I Ghostheart Nebula riescono a far proprie le diverse sfumature del genere convogliandole in un sound che mette sempre in primo piano l’impatto emotivo, e questo è esattamente ciò che chiede chi si approccia a queste sonorità.

I Ghostheart Nebula son il più gradito quanto inatteso regalo per gli appassionati del death doom melodico italiano.

Come ho già avuto occasione di affermare più volte, mentre per quanto riguarda il doom nella sua veste più classica nel nostro paese la scena è decisamente fiorente, le band di assoluto livello appartenenti al versante più estremo del genere (funeral o death doom che sia) sono decisamente di meno.
L’ep Reveries ci consegna quindi una nuova entusiasmante realtà nata dall’incontro tra tre musicisti lombardi (Nick Magister, Maurizio Caverzan e Bolthorn) le cui band di provenienza non rimandano in maniera scontata all’ambito doom; forse anche per questo l’approccio al genere del trio è quanto di più fresco ed emozionante ci sia stato dato modo di ascoltare ultimamente.
Pur immettendo nel tutto alcune sfumature riconducibili al post metal, i Ghostheart Nebula non si perdono in divagazioni di sorta ed esibiscono, senza particolari mediazioni, un carico di emotività travolgente dalla prima all’ultima nota del lavoro; eventuali dubbi sull’esito dell’opera vengono fatti svanire dall’opener Dissolved che, dopo una delicata introduzione, esplode letteralmente con tutto il suo fardello di malinconia e disperazione, con un Maurizio Carverzan che non indugia in clean vocals ma esibisce un growl lacerante.
Elegy Of The Fall ha un impatto meno immediato ma è pervasa da un diffuso senso melodico, con reminiscenze dei Valkiria, una delle band che nell’ambito del genere nel nostro paese possono essere definite storiche: qui si possono apprezzare le doti di Nick Magister come chitarrista e quelle di Bolthorn, il cui basso è tutt’altro che un semplice elemento di contorno nell’economia del sound.
A.R.T.E. (Always Remember Those Eyes) è invece, a mio avviso, il picco emozionale del lavoro, con le sue sonorità struggenti che occupano il proscenio in alternanza a rarefatti passaggi pianistici e morbide linee di chitarra, trovando un possibile termine di paragone con i recenti lavori dei Clouds; si parla quindi di assoluta eccellenza in campo melodic death doom, e ogni minimo dubbio viene spazzato via dall’ultima gemma intitolata Denialist, nella quale trova spazio la limpida voce dell’ospite Therese Tofting, la cui apparizione equivale ad un barlume di soffusa speranza incastonato nel drammatico incedere di un’altra canzona stupenda.
I Ghostheart Nebula riescono a far proprie le diverse sfumature del genere convogliandole in un sound che mette sempre in primo piano l’impatto emotivo, e questo è esattamente ciò che chiede chi si approccia a queste sonorità: Reveries è un’opera che al primo colpo si mette in scia delle migliori band del settore e ci si augura, a questo punto, che non resti l’abbagliante manifestazione di un progetto estemporaneo ma che costituisca, semmai, il primo passo di una band di grande spessore in grado anche di portare anche dal vivo la propria splendida musica.

Tracklist:
1. Dissolved
2. Elegy Of The Fall
3. A.R.T.E. (Always Remember Those Eyes)
4. Denialist (feat. Therese Tofting)

Line-up:
Maurizio Caverzan: voce
Nick Magister: chitarra, synths, programmazione
Bolthorn: basso

GHOSTHEART NEBULA – Facebook

Riccardo Tonoli

Il video di “City of Emeralds”, dall’album omonimo.

Il video di “City of Emeralds”, dall’album omonimo.

Riccardo Tonoli presenta il videoclip di “City of Emeralds”, brano che dà il titolo al suo primo lavoro solista.

Il nuovo videoclip, diretto da Michele Sirigu (G Studio Entertainment), vede Riccardo e la sua chitarra al centro dei luoghi del Lago di Garda, tra montagne, boschi e gallerie.

Un video suggestivo in cui spiccano le capacità chitarristiche di Tonoli, già conosciute per il lavoro con la band Tragodia nella quale milita dal 2007 con quattro album all’attivo tra cui il recente “Before The Fall” (Revalve Records).

La chitarra è dunque la vera protagonista capace sia di agguantare con forza i propri spazi che di lasciare momenti di respiro.

Il titolo del brano fa riferimento alla Città di Smeraldo del Mago di Oz, uno dei racconti che hanno ispirato il chitarrista nella scrittura delle musiche; infatti gran parte del disco rimanda al mondo delle fiabe, in cui fantasia e sentimento possono viaggiare separandosi da tutto quello che è il mondo reale, dando vita ad avventure e situazioni completamente nuove.

Così,esattamente come nel viaggio fantastico di Dorothy, ‘City of emeralds’ fa si che tramite la musica si possa raggiungere qualsiasi destinazione andando oltre i limiti, riuscendo a vivere l’immaginario e rendendo reale l’impossibile.

L’album, prodotto da Daniele Mandelli (Forgotten Tomb, Dark Horizon, Tragodia, ecc.), verrà pubblicato il prossimo 7 Febbraio attraverso Heavy Loads/Freemood, etichette del gruppo Tanzan Music.

ARTISTI di Riferimento

John Petrucci, Yngwie Malmsteen, Jeff Loomis, Kiko Loureiro, Steve Vai.

Biografia
Le straordinarie doti chitarristiche di Riccardo Tonoli sono state una colonna portante del progressivo, potente e ‘thrashy’ sound della band Tragodia sin dal 2007. Assimilando da adolescente le tecniche classiche apprese dall’ascolto di leggende come Yngwie Malmsteen e John Petrucci, e fondendole al proprio stile, sempre melodico e meravigliosamente irrequieto, Riccardo ha scolpito la sua nicchia e ha creato un approccio immediatamente riconoscibile tra i chitarristi moderni.
Riccardo è attivo dal 1998, suonando in varie band come Bladhe, D-Vines, Hand of Glory, e ha collaborato con gruppi molto apprezzati come To Cast a Shadow (Norvegia), Gravøl (Norvegia), Take me Out (Italia) e Dark Horizon (Italia).
Attualmente è il chitarrista principale dei Tragodia, posizione che ricopre dal 2007,contribuendo in maniera consistente all’attività della band sia come interprete che come autore versatile e prolifico.
Dopo aver completato il songwriting per il suo primo lavoro da solista nel 2014, Riccardo è entrato in studio per registrare il suo primo full lenght album strumentale ‘City Of Emeralds’, prodotto a fianco del noto sound engineer Daniele Mandelli (Forgotten Tomb,Dark Horizon, Tragodia, tra gli altri) presso gli Elfo Studio (Piacenza, IT) e Tanzan Music studio (Lodi, IT).

Spearhead – Pacifism Is Cowardice

Pacifism Is Cowardice è un’opera estrema di buona qualità ed impatto, pur essendo destinata a rimanere confinata nell’underground metallico a uso e consumo degli amanti del genere.

La guerra diviene fonte inesauribile di ispirazione sia per i testi che per la musica, assolutamente estrema e violentissima, un death metal che alleandosi con il black affronta con crudeltà inaudita la battaglia trasformandola in una carneficina.

Stiamo parlando dei britannici Spearhead, band estrema attiva da più di dieci anni e con tre album all’attivo, prima che Pacifism Is Cowardice torni dopo un lungo silenzio a far parlare del gruppo.
Sono passati sette anni infatti dall’ultimo lavoro (Theomachia) ma la band non ha perso nulla dell’impatto che l’ha sempre contraddistinta, in virtù un sound dalla forza soprannaturale, oscuro e violentissimo, a tratti pregno di una solenne epicità estrema che lo rende un macigno di musica guerresca.
Il death metal del quartetto si ispira alla scuola statunitense, con rallentamenti ed atmosfere tipiche del Bay Area Sound per poi colpire senza pietà con tempeste di black metal che non fanno prigionieri.
La bravura del gruppo sta nel non farsi trascinare troppo dal caos sprigionato dalla battaglia, facendo in modo che le tracce abbiano una loro precisa connotazione e le atmosfere siano ben delineate in un ascolto che si fa feroce ma interessante nel seguire la band nei suoi assalti.
Ottimi i solos che nei momenti di potenza oscura e controllata si rivolgono agli amanti del death floridiano, per poi lasciare spazio ad un massacro di matrice black metal in brani come Of Sun and Steel, Degeneration Genocide e Khan.
Pacifism Is Cowardice risulta quindi un’opera estrema di buona qualità ed impatto, pur essendo destinata a rimanere confinata nell’underground metallico a uso e consumo degli amanti del genere.

Tracklist
1. Duellorum
2. Of Sun and Steel
3. Ajativada
4. Wolves of the Krypteia, We
5. Violence Revolt Ruination
6. Hyperanthropos
7. Degeneration Genocide
8. The Elysian Ideal
9. A Monarch to Rats
10. Khan
11. Aion (Two Keys and a Lion’s Face)
12. Aftermath

Line-up
Barghest – Bass, Vocals
Invictus – Guitars
Typhon – Drums
Praetorian – Lead Guitars

SPEARHEAD – Facebook

Ahnengrab – Schattenseiten

Un’opera che parte dal black metal e arriva in molti posti diversi, una rivelazione per chi non li conoscesse ancora, e una grande riconferma per chi li segue da tempo.

I tedeschi Ahnengrab sono al loro terzo disco, la direzione è quella del pagan black metal, con una forte dose di atmospheric e molta melodia.

La miscela musicale di questa band è molto difficile da trovare declinata in questa maniera. Il loro punto di partenza è un black pagano, ma c’è tantissima melodia e soprattutto uno sviluppo assai inusuale delle canzoni, molto al di sopra della media dei gruppi coinvolti nel genere. La questione centrale non è però tanto la qualità quanto la diversità di questo gruppo. I testi in tedesco rendono ancora più corposa ed originale la loro proposta. Ascoltando il disco si viene guidati dal sentimento e non da creazioni musicali artificiose. Ci sono grandi cavalcate che hanno insito il cuore dell’heavy power, momenti di grandioso headbanging, i classici massacri in crescendo del black metal, le stimmate del pagan e anche dei tocchi di folk. Insomma, ci sono moltissime cose per un lavoro che sa emozionare e lascia l’ascoltatore con la voglia di sentirlo ancora. I gruppi come Ahnengrab sono sempre più rari, poiché fluttuano in diversi mondi musicali e si assumono l’alto rischio di non piacere a chi si limita ad un solo genere, privandosi del piacere che può dare un disco come questo. Tutto qui è metal, si usano vari registri per arrivare a narrare storie in una certa maniera, quel modo assai caro a chi legge una webzine come questa, che potrà trovare in Schattenseiten un’autentica rivelazione. Ogni canzone fa genere e storia a sé, poiché racconta una storia diversa e le storie sono come gli uomini, ognuno è differente, è ciò che è. Un’opera che parte dal black metal e arriva in molti posti diversi, una rivelazione per chi non li conoscesse ancora e una grande riconferma per chi li segue da tempo. Sapienza compositiva superiore, grande resa e un suono fuori dal comune.

Tracklist
01. Aurora
02. Katharsis
03. K-37c
04. Phoenicis
05. Rad der Zeit
06. Herbstbeginn
07. Urknall
08. Des Weltenend’ Melancholie
09. …When Paths Separate
10. Sternenmeer

Line-up
Christoph H. – Guitar
Tom W. – Drums
Tom J. – Bass
Tibor C. – Guitar
Christoph “Fenris” L. – vocals

AHNENGRAB – Facebook

Morte Incandescente – …Somos o Fogo do teu Inferno

…Somos o Fogo do teu Inferno è un altro tassello della lunga storia di una band avulsa da ogni idea di schema commerciale, volta esclusivamente ad offrire il proprio black metal abrasivo e genuino.

I Morte Incandescente sono una delle realtà più longeve della fenomenale scena black metal portoghese.

In questi ultimi anni abbiano parlato di diverse band provenienti dalla terra lusitana, tutte capaci di interpretare il genere con una forza ed una convinzione degna di suoi esordi in terra scandinava.
Il duo della capitale, composto da musicisti attivi in numerose altre band, offre poco più di un quarto d’ora di black primordiale racchiuso nel sempre più diffuso ed apprezzato formato in cassetta a cura della War Arts Productions.
Il suono dei Morte Incandescente è grezzo, diretto, privo sostanzialmente di accenni melodici e di contraffazioni, e l’uso della lingua madre tende ancor più l’idea d’essere al cospetto di una band che trova la sua ragione d’essere nelle radici della sua terra e in quelle del genere.
Ma non è solo furia cieca quella che i nostri riversano sul’ascoltatore, perché nei primi due ottimi brani, Penumbra da Realidade e Abandonado, i ritmi sono parossistici solo a sprazzi e in seguito viene trovato il tempo per un episodio sghembo e grottesco come Poema em Branco e la sfuriata punkeggiante di Canção do Caixão.
…Somos o Fogo do teu Inferno è un altro tassello della lunga storia di una band avulsa da ogni idea di schema commerciale, volta esclusivamente ad offrire il proprio black metal abrasivo e genuino.

01 – Penumbra da Realidade
02 – Abandonado
03 – Poema em Branco
04 – Canção do Caixão

Line-up:
Vulturius – Vocals, Bass, Guitars
Nocturnus Horrendus – Vocals, Guitars, Bass, Drums

MORTE INCANDESCENTE – Facebook

Deathrite – Nightmares Reign

Il sound del quintetto di Dresda è uno scarno e primordiale death metal spogliato da inutili orpelli, prodotto ispirandosi alla vecchia scuola e violentato da iniezioni grind e death n’roll.

I tedeschi Deathrite, nome conosciuto dell’underground estremo centroeuropeo, approdano alla corte della Century Media e licenziano il quarto album in carriera dopo un trio di lavori usciti tra il 2011 ed il 2015, tra i quali Revelation of Chaos è sicuramente il più conosciuto.

Il sound del quintetto di Dresda è uno scarno e primordiale death metal spogliato da inutili orpelli, prodotto ispirandosi alla vecchia scuola e violentato da iniezioni grind e death n’roll.
Ne esce un’opera che non scalfisce la reputazione dei Deathrite, rimanendo legata ad un’attitudine underground per nulla ammorbidita dalla firma con la prestigiosa label.
Nightmares Reign quindi è un lavoro non da tutti, o almeno non per chi si aspetta il classico album estremo, prodotto alla perfezione e valorizzato da una vena melodica, in quanto tra le trame cucite dal gruppo si viene colpiti da tremendi uno due death/thrash old school e mandati al tappeto da rallentamenti potenti e distorti, in un clima death/crust n’ roll senza compromessi.
Sono i Darkthrone la band che più si avvicina al modo di comunicare del gruppo tedesco, padri indiscussi dell’anima più rock del metal estremo e fonte di ispirazione primaria di chi si erge a paladino del genere.
Nightmares Reign è un lavoro che risulta indicato ai soli fans di queste sonorità e a chi predilige l’anima più underground ed old school del metal estremo.

Tracklist
1. When Nightmares Reign
2. Appetite For Murder
3. Invoke Nocturnal Light
4. Demon Soul
5. Devils Poison
6. Bloodlust
7. Obscure Shades
8. Temptation Calls

Line-up
Tony Heinrich – Vocals
Andy Heinrich – Guitar
Tom Michalik – Guitar
Anton Hoyer – Bass
Stefan Heinz – Drums

DEATHRITE – Facebook

W.A.B.

Il video di “Police Attack”, dall’album “… and kill the worms”

Il video di “Police Attack”, dall’album “… and kill the worms”

W.A.B. is are a Brutal-Punk duo from Galicia, Spain with influences such as Discharge, GG Allin, Motörhead or Celtic Frost.

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6th Counted Murder – Individual

Cinquanta minuti in compagnia dei 6th Counted Murder valgono l’acquisto di questo bellissimo secondo lavoro che, agognato, aspettato e voluto dalla band e dai suoi fans, rappresenta una conferma ed un ulteriore passo avanti.

Era l’autunno del 2013 quando una serie di omicidi seriali portarono il terrore nell’underground metallico milanese, terrorizzato da un assassino che con crudele ferocia uccideva le sue vittime a colpi di thrash/death metal dalle trame heavy e da un approccio melodico stupefacente per un debutto.

Dieci brani, dieci capitoli che mettevano in luce l’ottima preparazione tecnica dei musicisti coinvolti, un songwriting assolutamente maturo ed un impatto che non lasciava dubbi sulla voglia di far male dei 6th Counted Murder.
Dopo diciotto mesi di silenzio, dovuti all’abbandono del cantante, e l’arrivo del bravissimo Simone Dalamar Paga dietro al microfono, la band con i quattro pazzi assassini seriali (Gianluca D’andria alla batteria, Alessandro Ferraris al basso e la coppia di chitarre taglienti come lame nel buio composta da Marzio Corona e Andrea P. Moretti) al proprio posto, ha ricominciato a colpire con quell’arma micidiale che è il loro sound.
Dopo la firma con la piovra Sliptrick Records (label che si sta accaparrando il meglio del metal uscito negli ultimi anni a livello underground nel nostro paese) il gruppo milanese licenzia finalmente il secondo album intitolato Individual.
Registrato negli studi della band e poi affidato alle sapienti mani di Simone Mularoni per mix e mastering, avvenuti ai Domination Studios, Individual non deluderà chi in questi anni ha aspettato con pazienza il ritorno del serial killer, una mente malata, deviata e dedita all’uso di droghe che, in un delirio di onnipotenza, compie i più brutali ed assurdi delitti, fino all’induzione al suicidio di massa aiutato da una sua vittima manipolata (la prescelta).
L’album parte con due brani di una potenza devastante, Individual Born e Syncopate, che richiamano i Testament più estremi: schegge impazzite di death metal su strutture ritmiche di matrice thrash investono l’ascoltatore, ma è con il singolo Scent Of Despair che si torna a quel melodic death metal ricco di sfumature heavy che aveva fatto la fortuna dell’esordio.
Il nuovo cantante si muove su toni estremi variando molto la sua performance, passando dal classico growl allo scream, fino ad evocative e sentite parti in clean, mentre i suoi complici fanno capire d’essere tornati ancora più convincenti ed arrabbiati di prima.
Near Death Experience è un saliscendi su spartiti estremi, con urla terrificanti che ccompagnano un sound dalla violenza progressiva, tra solos che sparano melodie classiche con una facilità disarmante.
Ancora grande metal con She, brano che si potrebbe definire un mid tempo non fosse per le ritmiche intricate, che lasciano spazio ad atmosfere melanconiche a metà brano, mentre con Brutal Engaged Abuse si torna al thrash, prima che il trio composto da Cloud Nine, Apocalypse In Human Features e House Of Lies concluda questo mostruoso lavoro.
Cinquanta minuti in compagnia dei 6th Counted Murder valgono l’acquisto di questo bellissimo secondo lavoro che, agognato, aspettato e voluto dalla band e dai suoi fans, rappresenta una conferma ed un ulteriore passo avanti.

Tracklist
1.Individual Born
2.Syncopate
3.Scent Of Despair
4.Near Death Experience
5.Berserk
6.She
7.Brutal Engaged abuse
8.Cloud Nine
9. Apocalypse in Human Features
10.House Of Lies

Line-up
Andrea P.Moretti – Guitars
Marzio Corona – Guitars
Alessandro Ferraris – Bass
Gianluca D’Andria – Drums
Simone Dalamar Paga – Vocals

6TH COUNTED MURDER – Facebook