Tim Bowness – Flowers At The Scene

Flowers At The Scene nulla aggiunge e nulla toglie al precedente lavoro ed alla discografia solista di Bowness, risultando un album destinato ad essere amato dai fans dei due artisti che lo hanno composto e probabilmente trascurato da tutti gli altri.

Torna Tim Bowness, cantante dei progsters No-Man con un nuovo album a distanza di un paio d’anni dal precedente Lost In The Ghost Of Light.

Il nuovo lavoro, scritto in coppia con Steven Wilson, vede come in passato una serie di ospiti di spicco come Peter Hammill (Van Der Graaf Generator), Andy Partridge (XTC), Kevin Godley (10cc), Colin Edwin (Porcupine Tree), Jim Matheos (Fates Warning), David Longdon (Big Big Train), il co-produttore Brian Hulse (Plenty), il trombettista australiano Ian Dixon e i batteristi Tom Atherton e Dylan Howe, tra gli altri, a valorizzare queste undici composizioni all’insegna di un rock elegante e raffinato ma che, come già nel disco precedente, fatica a lasciare il segno.
Infatti anche questo nuovo Flowers At The Scene promette tanto ma mantiene solo in parte: gli ospiti fanno parte della crema del rock progressivo mondiale, la musica si muove sinuosa e delicata, pregna di note d’autore ma senza picchi emozionali, arrivando in fondo ai suoi tre quarti d’ora senza particolari squilli.
Da due artisti come Bowness e Wilson ci si aspetterebbe qualcosa in più, invece l’album continua la strada intrapresa in precedenza, con atmosfere e sfumature pink floydiane a rappresentare i momenti più alti dell’opera (It’s The World, Ghostlike).
Flowers At The Scene nulla aggiunge e nulla toglie al precedente lavoro ed alla discografia solista di Bowness, risultando un album destinato ad essere amato dai fans dei due artisti che lo hanno composto e probabilmente trascurato da tutti gli altri.

Tracklist
1.I Go Deeper
2.The Train That Pulled Away
3.Rainmark (feat. Jim Matheos)
4.Not Married Anymore (feat. Dylan Howe)
5.Flowers At The Scene (feat. Jim Matheos)
6.It’s The World (feat. Peter Hammill, Jim Matheos, Steven Wilson)
7. Borderline (feat. Dylan Howe, David Longdon)
8.Ghostlike
9.The War On Me
10.Killing To Survive (feat. Peter Hammill)
11.What Lies Here (feat. Kevin Godley, Andy Partridge)

Line-up
Tim Bowness – vocals, backing vocals, ukulele, trumpet and guitar loops

Guests:
Brian Hulse – synth/keyboards, guitar, drum programming
Peter Hammill – guitar and vocals, backing vocals
James Matheos – guitar
Andy Partridge – guitar
Ian Dixon – trumpet
Aleksei Saks – looped trumpet
Colin Edwin – bass / double bass / fretless bass
David K Jones – bass / double bass
Tom Atherton – drums
Dylan Howe – drums
Charles Grimsdale – drums
Kevin Godley – vocals
David Longdon – backing vocals, flute, melodica
Steven Wilson – synth, additional drum programming
Alistair ‘The Curator’ Murphy – string arrangement
Fran Broady – Bridge 5 string electro-acoustic violin, octave violin

TIM BOWNESS – Facebook

Dimlight – Kingdom Of Horrors

Oscuro e drammatico, come il concept da cui si ispira, il sound di questo lavoro trova ottimi sfoghi qualitativi in una manciata di brani dalle atmosfere epico/apocalittiche.

La storia di Athanor e del suo viaggio alla ricerca di conforto e assoluzione, nei percorsi distorti e cupi di Irkala Kar, l’Underworld, prende vita tra le trame di un metal estremo che lascia spesso il comando alle sinfonie gotiche accompagnate dalla voce femminile, in una continua contesa con il growl profondo che guida l’anima estrema dei Dimlight.

Kingdom Of Horrors è il quarto album del gruppo greco, attivo dal 2006 e protagonista di molti live in compagnia delle massime espressioni del metal di questi anni come Arch Enemy, Lacuna Coil, Epica, Septic Flesh.
Ed è a queste band che i Dimlight si ispirano per portare alla luce il proprio esempio di musica, a tratti enfatica, dagli arrangiamenti orchestrali che si danno battaglia tra la possente forza del death metal, in una sorta di jam che vede impegnati i Lacuna Coil e i Septic Flesh.
Oscuro e drammatico, come il concept da cui si ispira, il sound di questo lavoro trova ottimi sfoghi qualitativi in una manciata di brani dalle atmosfere epico/apocalittiche come We, The Bones, la magniloquente Beyond The Gates Of Horror e Tower Of Silence.
L’ascolto non perde di interesse per tutta la durata dell’album, grazie agli ottimi arrangiamenti ed in particolare alla voce della cantante, che ricorda non poco quella di Cristina Scabbia, particolare che non mancherà di procurare nuovi estimatori al gruppo greco.

Tracklist
1.The Red King
2.Beryl Eyes
3.We, the Bones
4.Into the Thrice Unknown Darkness
5.Beyond the Gates of Horror
6.The Ecstasy of the Hunt
7.Tower of Silence
8.Serpent’s Pact
9.Lapis Animae
10.Bleeding Sunrise

Line-up
Mora – Vocals
Peter(a.k.a.Invoker) – Guitars,Vocals
Nick – Guitars
Jim – Drums
Marios – Lyricist
Apostolis – Orchestra Composer

DIMLIGHT – Facebook

Flageladör – Predileção Pelo Macabro

Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.

Proposta assolutamente underground quella dei Flageladör, nome che da quasi vent’anni fa parte della scena metal brasiliana.

La band infatti è attiva dall’inizio del nuovo millennio e può contare su una discografia che annovera tre full length ed un buon numero di split e demo.
Predileção Pelo Macabro è quindi il quarto lavoro sulla lunga distanza per il quartetto di thrashers dal suono old school, che non delude i suoi fans e li travolge con il suo thrash metal dalle accelerazioni speed senza compromessi.
Una musica zeppa di cliché, ma che viaggia a ritmo sostenuto, tra ritmiche sparate, solos e refrain scolpiti sulle tavole della legge di questo tipo di sonorità.
La produzione in linea con quanto suonato crea un’atmosfera ottantiana, mentre l’uso della lingua madre è sicuramente l’unico tocco di originalità da attribuire alla band.
Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.
Si tratta di un album rivolto essenzialmente ai fans del genere, magari incuriositi dall’uso della lingua portoghese che non inficia assolutamente un risultato comunque poco oltre la sufficienza e nulla più.

Tracklist
1.Entre o Martelo e a Bigorna
2.Nas Minhas Veias Corre Fogo
3.Máxima Voltagem
4.Terror Pós-Atômico
5.Queimando nas Chamas do Heavy Metal
6.Micromega
7.Eternamente Cinza
8.Predileção pelo Macabro
9.O Infiel
10.M.A.F.

Line-up
Armando Exekutor – Guitars & Vocals
Hugo Golon – Drums
Alan Magno – Bass
Jean Nightbreäker – Guitars

FLAGELADOR – Facebook

Contrarian – Their Worm Never Dies

Death, Cynic, Atheist sono influenze naturali ma efficaci a valorizzare una tracklist che non perde un solo colpo, con le evoluzioni strumentali ed i passaggi prog/jazz che si alternano a possenti mazzate death metal.

Terzo lavoro sulla lunga distanza per i Contrarian, band che vede al timone George Kollias (Nightfall, Nile) in veste di batterista e cantante.

Death metal americano, progressivo ed ispirato principalmente dai Death di Chuck Schuldiner è il sound che propongono i Contrarian in questo nuovo ottimo lavoro intitolato Their Worm Never Dies.
Nel gruppo, oltre a Kollias, troviamo Ed Paulsen al basso, Brian Mason e Jim Tasikias alle chitarre e Cody McConnell alla voce a formare un combo tecnicamente ineccepibile.
L’album pur mettendo in evidenza la sua anima progressiva ed il talento dei musicisti rimane legato ad un songwriting ben delineato, in poche parole la forma canzone non è umiliata dal mero tecnicismo e l’opera mantiene quindi alta l’attenzione di chi ascolta, deliziato da sfumature progressive inserite in un contesto estremo di matrice death old school.
Death, Cynic, Atheist sono influenze naturali ma efficaci a valorizzare una tracklist che non perde un solo colpo, con le evoluzioni strumentali ed i passaggi prog/jazz che si alternano a possenti mazzate death metal.
Niente di nuovo ma molto ben fatto e suonato in Their Worm Never Dies che ha nelle trame oscure di Exorcism e in Among The Mislead gli episodi migliori.
Tracklist
1. Vaskania (The Evil Eye)
2. Exorcism
3. My Curse
4. The Petition
5. Among the Misled
6. Their Worm Never Dies
7. Whomsoever Worships the Whiteworm

Line-up
Ed Paulsen – Bass
George Kollias – Drums
Jim Tasikas – Guitars
Brian Mason – Guitars
Cody McConnell – Vocals

CONTRARIAN – Facebook

Walls Of Babylon – The Dark Embrace

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo, poi confermate con il secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo poi confermate sul secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

Di prog metal si tratta, suonato ottimamente e dalle buone intuizioni compositive espresse già da The Dark Embrace, composto da nove brani inediti più la cover degli Stratovarius, Hunting High And Low.
La band mette sul piatto grande personalità ed una sagacia compositiva che rispecchia gran parte del metallo progressivo moderno: atmosfere tese, dal piglio drammatico, ritmiche possenti e valorizzate da perfetti cambi di tempo inseriti con gusto e senza strafare, melodie a cascata e refrain dal buon appeal.
Sin dall’opener Puppet Of Lie gli Walls Of Babylon ci vanno giù pesanti e la partenza risulta travolgente con l’aiuto delle seguenti The Defeat ed Alone.
Più power rispetto a quello che si ascolterà sul suo successore, The Dark Embrace ha nelle sue trame le ispirazioni che decretano il buon risultato qualitativo della musica suonata dai nostri, con la mente che vaga tra le opere di Evergrey e Dream Theater e quella furia power che lo fa più europeo.
Bene ha fatto la Revalve a riproporlo per chi ha apprezzato il gruppo marchigiano dall’ultimo album e che non potrà sicuramente fare a meno delle varie The Emperor e Revenge Of Morpheus, picchi di questa bellissima opera progressivamente metallica.

Tracklist
1.A Puppet of Lies
2.The Defeat
3.Alone
4.The Dark Embrace
5.Honor and Sorrow
6.The Emperor
7.A New Beginning
8.Revenge of Morpheus
9.A Warm Embrace
10.Hunting High And Low

Line-up
Valerio Gaoni- Vox
Fabiano Pietrini- Guitar
Francesco Pellegrini -Lead guitar
Matteo Carovana- Bass
Marco Barbarossa- Drums

WALLS OF BABYLON – Facebook

The Worst Horse – The Illusionist

Un lavoro riuscito ed estremamente godibile per gli amanti dei suoni stoner/groove metal.

Dall’immaginario horror e dai fumetti di Dylan Dog (l’indagatore dell’incubo) nasce il concept dietro a The Illusionist, primo lavoro su lunga distanza dei rockers milanesi The Worst Horse.

Il quartetto nasce per volere del cantante David Podestà e del chitarrista Omar Bosis , a cui si aggiungono in seguito il batterista Francesco Galimberti e recentemente il bassista Riccardo Crespi.
The Illusionist racconta di una società sempre più malvagia e crudele con i deboli, mentre l’indagatore dell’incubo e l’illusionista si danno battaglia tra le trame di molte delle canzoni che competano un lavoro di hard rock che si nutre di varie ispirazioni ed influenze.
Dal blues sporcato di stoner rock, al rock duro vero e proprio, dal rock’n’roll al southern metal paludoso e viscido della scena di New Orleans, The Illusionist non manca di prendere per il colletto e sbattervi contro il muro a colpi di rock che si potenzia di iniezioni groove metal.
Sono tre quarti d’ora intensi e sanguigni quelli offerti dal gruppo milanese, le chitarre sature, la voce graffiante e bagnata da Jack Daniels d’annata si riveste di blues mentre la caccia all’illusionista si fa intensa tra le note di Tricky Spooky, il rock blues di Circles, Leather Face, il rock’nroll di Grimorium e la conclusiva It.
Registrato con l’aiuto di Gabriel Pignata al basso (Destrage) e la chitarra di Luca Princiotta (Doro Pesch, Blaze Bayley), ospite in It, l’album risulta un lavoro riuscito ed estremamente godibile per gli amanti dei suoni stoner/groove metal.

Tracklist
01. Tricky Spooky
02. 313 Pesos
03. The Illusionist
04. Circles
05. Leather Face
06. Grimorium
07. XIII
08. Blind Halley
09. Elevator To Hell
10. It

Line-up
David Podestà – Vocals
Omar Bosis – Guitars
Francesco Galimberti – Drums
Riccardo Crespi – Bass

THE WORST HORSE – Facebook

Almøst Human – XS2XTC

Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.

Attivi già dagli anni ma ritornati effettivamente in pista solo una decina d’anni fa, gli svizzeri Almøst Human debuttano sulla lunga distanza con questi ottanta minuti di metal moderno intitolati XS2XTC .

Potenza e melodie, metal e soluzioni rock fanno del sound del gruppo il classico esempio di quello che a cavallo dei due secoli veniva chiamato nu metal.
Con questo lavoro infatti entriamo nel mondo del metal moderno a stelle e strisce che fece sfracelli in quegli anni, quindi non aspettatevi soluzioni core tanto di moda oggigiorno e concentratevi sui suoni che fecero la fortuna dei gruppi americani in quel periodo.
Growl e clean vocals si dividono il compito di accompagnare una musica che poggia le sue basi sulle tastiere sempre presenti, chitarre potenti ma mai fuori rotta e melodie elettroniche, in una buona alchimia tra metal e rock.
Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.
XS2XTC parte alla grande con una manciata di brani che dall’opener System Of Beliefs mettono in mostra tanta grinta e buone melodie, poi, dopo ancora un paio di buone tracce (What Make You So Hard, Divine Comedy) perde qualche colpo, cosa abbastanza normale per un debutto che rimane comunque un ascolto piacevole per gli orfani del metal moderno di un ventennio fa.

Tracklist
1.System Of Beliefs
2.Warpigs
3.Naked Now
4.What Makes You So Hard?
5.Chemical Breakfast
6.Divine Comedy
7.Baby Glued
8.Clowned
9.Beloved Pet
10.Promised Paradies
11.In The Name(s) Of God(s)
12.Fucktory Of Illusions
13.From Womb 2 Tomb
14.Welcome 2 Neverland
Line-up

Ben Plüss – Vocals
Chris Matthey – Guitars, Vocals
Gilles Bonzon – Guitars
Jan Peyer – Bass
Olivier Perdrizat – Guitars, Vocals
Rosario Fullone – Drums

ALMOST HUMAN – Facebook

Devin Townsend – Empath

I ventitré minuti della conclusiva Singularity potrebbero valere quale sunto di tutto l’album, ma sarebbe come estrapolare da un’opera letteraria di oltre mille pagine un solo capitolo: resta solo da trovare il tempo, prealtro speso benissimo, per dedicarsi all’ascolto di questo capolavoro.

Empath è un album la cui musica potrebbe riempire le discografie di almeno dieci gruppi di generi totalmente diversi uno dall’altro.

Dopo la quantità di materiale ascoltato credo che questo sia il modo più semplice per descrivere l’ultimo capolavoro di quello che probabilmente (gusti a parte) è uno dei geni della musica moderna, un esempio fulgido di come il rock stia all’arte tanto quanto le più “nobili” forme musicali di stampo classico.
Un quadro di colori in costante mutazione, la musica che Devin Townsend ha creato per Empath non trova eguali o facili paragoni, è solo lucida follia tramutata in note che, come sempre, sorprendono ad ogni passaggio ora magniloquente, ora estremo, ora pervaso da una matrice elettronica che, girata la pagina di questo magico spartito, si trasforma in opera a tutti gli effetti.
Lo chiamano progressive, ma sinceramente la musica del canadese è lontana da qualsiasi genere specifico, essendo ormai di livello talmente superiore da rendere difficilissimo termini di paragone, per cui ci si può solo prendere un’ora abbondante della propria vita per perdersi nel mondo musicale di Townsend.
Empath è monumentale in tutto, a partire da un’infinita serie di ospiti infinita, tra i quali Mike Keneally (Frank Zappa) come direttore artistico ed altri come Morgan Ågren (Mats And Morgan, Frank Zappa, Fredrik Thordendal), Anup Sastry (Monuments, Periphery), Samus Paulicelli (Decrepit Birth, Abigail Williams), Nathan Navarro, Elliot Desagnes, Steve Vai, Chad Kroeger, Anneke Van Giersbergen, Ché Aimee Dorval, Ryan Dhale e The Elektra Women’s Choir, arrivando poi ad un cd bonus di materiale extra, per un pieno di musica che passa dal thrash, all’elettronica, dall’opera al grindcore, dal funky/jazz al symphonic metal, in un delirio artistico in realtà perfettamente studiato.
I ventitré minuti della conclusiva Singularity potrebbero valere quale sunto di tutto l’album, ma sarebbe come estrapolare da un’opera letteraria di oltre mille pagine un solo capitolo: resta solo da trovare il tempo, prealtro speso benissimo, per dedicarsi all’ascolto di questo capolavoro.

Tracklist
1. Castaway
2. Genesis
3. Spirits Will Collide
4. Evermore
5. Sprite
6. Hear Me
7. Why?
8. Borderlands
9. Requiem
10. Singularity 1) Adrift 2) I Am I 3) There Be Monsters 4) Curious Gods 5) Silicon Scientists 6) Here Comes The Sun!

Bonus CD “Tests of Manhood”:
1. The Contrarian (Demo) 2. King (Demo) 3. The Waiting Kind (Demo) 4. Empath (Demo) 5. Methuselah (Demo) 6. This Is Your Life (Demo) 7. Gulag (Demo) 8. Middle Aged Man (Demo) 9. Total Collapse (Demo) 10. Summer (Demo)

Line-up
Genesis:
Drums: Anup, Morgan & Samus
Bass: Nathan
Additional Vox: Elektra, Ché & Elliot
Additional Guitar and Keys: Mike Keneally
Spirits Will Collide:
Drums: Anup
Bass: Dev
Additional Vox: Elektra and Elliot
Evermore:
Drums: Anup
Bass: Nathan and Dev
Additional Vox: Elektra and Elliot
Sprite:
Drums: Morgan
Bass: Dev
Additional Vox: Elektra, Elliot, Josefa & Nolly
Hear Me:
Drums: Samus
Bass: Dev
Additional Vox: Anneke Van Giersbergen and Chad Kroeger
Why?:
Drums: Morgan
Bass: Nathan
Additional Vox: Elektra and Elliot
Additional Guitar and Keys: Mike Keneally
Requiem:
Vox: Elektra
Borderlands:
Drums: Anup and Morgan
Bass: Dev and Nathan
Additional Vox: Elektra, Jessica, Eric
Severinsen, Zim, Mike Keneally & Jess
Vaira
Additional Guitar and Keys: Mike
Keneally, Scott Reinson & Ryan Dahle
Singularity:
Drums: Anup, Morgan & Samus
Bass, Dev and Nathan
Additional Vox: Elektra, Anneke and
Elliot,
Whistles: Callum
Additional Guitar and Keys: Steve Vai and
Mike Keneally

DEVIN TOWNSEND – Facebook

Freddy Delirio And The Phantoms – The Cross

Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, Freddy Delirio ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.

Uno dei musicisti più importanti della scena rock/progressive e metal tricolore, storico tastierista dei leggendari Death SS e protagonista di molti altri progetti che lo hanno visto coinvolto, torna con un nuovo album di inediti.

Federico Pedichini, conosciuto come Freddy Delirio, tramite la label genovese Black Widow licenzia The Cross, cinquanta minuti di ottima musica rock divisa in undici capitoli sotto il monicker Freddy Delirio And The Phantoms.
Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, il musicista toscano ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.
Dall’opener Frozen Planets in poi questo scrigno di musica senza tempo si apre davanti a noi: le ritmiche sono da subito grintose, e l’aura metallica del brano potrebbe ingannare l’ascoltatore, caricato di energia hard & heavy anche dal secondo brano, la splendida Guardian Angel.
Ma le porte del castello posseduto si aprono con Inside The Castle, primo capolavoro di questo lavoro, un brano orchestrato su atmosfere space/horror e valorizzato da un assolo di chitarra da brividi.
Con The Circles si entra nel cuore dell’opera, un brano horror che con il successivo In The Fog disegna paesaggi grigi di bruma, illuminati dagli occhi glaciali delle fiere nascoste tra i cespugli.
L’atmosfera di The Cross, anche grazie al superbo lavoro di Delirio alle tastiere e ad assoli chitarristici che sprizzano melodie heavy come sangue da un’arteria tagliata, alterna momenti di tensione altissima con passaggi più liquidi che si avvicinano alla new wave, per poi esplodere in cavalcate prog metal (Afterlife) o dark rock (In The Forest).
La conclusiva The Ancient Monastery è anche il brano più lungo dell’album, con il quale la band si congeda con un doom/dark/rock di scuola italiana, tradizione musicale di cui è pregno The Cross, album da avere a prescindere dai generi a cui si ispira.

Tracklist
01. Frozen Planets
02. Guardian Angel
03. Inside The Castle
04. The Circles
05. In The Fog
06. The New Order
07. Afterlife
08. In The Forest
09. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

Line-up
Freddy Delirio: Vocals, keyboards, guitars, bass and drums

Special guests:
Vincent Phibes: Guitar solos and clean guitars on “In the fog”, “Cold areas” and “The ancient monastery”
Francis Thorn: Guitar solos and additional guitars on “Frozen planets”, “Guardian angel”, “Liquid neon” and “In the forest”
Lucky Balsamo: Guitar solos on “Inside the castle”, “The new order” and “The circles”
Jennifer Tavares Silveira: Female vocals
Elenaq: Female vocals
Steve Sylvester: Vocal chorus on “The new order”
Francesco Noli: Drums
Chris Delirio: Percussion

FREDDY DELIRIO – Facebook

Cil City – Jump Off The Cliff

Jump Off The Cliff è un buon lavoro da parte di una band dalle grandi potenzialità e vedremo se questo nuovo album la aiuterà a trovare nuovi fans anche fuori dai propri confini.

Non male il secondo lavoro di questo viennese chiamato Cil City, composto da tre musicisti di sesso maschile e da due tigri che corrispondono a Deniz Malatyali alla voce e Cornelia Gass al Basso.

Dopo il debutto intitolato Red Ocean, la band di Vienna torna alla carica con Jump Off The Cliff, un album composto otto brani dal sound ad ampio respiro, tagliente ed aggressivo, ma che sa essere anche alternativo nel suo esplorare il mondo dell’hard rock di estrazione europea.
L’Austria e la vicina Svizzera sono culle per queste sonorità, vere scuole dove molti gruppi soprattutto a livello underground hanno seguito le realtà storiche nate sul territorio e i Cil City si presentano sul mercato con un sound accattivante, dal buon groove ed un mix tra tradizione e sonorità più in linea con gli ultimi tempi in cui la parte alternativa ha sempre un suo spazio.
Ovviamente la voce della cantante fa la differenza, ammiccante e graffiante ad assecondare il roccioso sound di brani come la title track e She’s Rock’n’Roll o la vena più alternativa del rock sporcato di moderno funky della bellissima This Road Won’t Take Me Home.
Jump Off The Cliff è un buon lavoro da parte di una band dalle grandi potenzialità e vedremo se questo nuovo album la aiuterà a trovare nuovi fans anche fuori dai propri confini.

Tracklist
1.Jump Off The Cliff
2.She’s Rock ‘n’ Roll
3.Shout It Out
4.This Road Won’t Take Me Home
5.Freedom
6.Fears In My head
7.Changes
8.#8

Line-up
Deniz Malatyali – Vocals
Hal West – Guitar
Erny Hofbauer – Guitar
Cornelia Gass – Bass
Bernhard Sattra – Drums

CIL CITY – Facebook

Wounds – Light Eater

Gli Wounds seguono la scia di Psycroptic e Decapitated, nel loro sound non si rinviene nulla di progressivo, bensì un massacro di matrice death metal suonato con perizia tecnica ed impatto tremendo.

Debutto interessante per questo quartetto statunitense, impegnato in un technical death metal feroce, massacrante ma dalle discrete intuizioni compositive.

Gli Wounds (ex Wounof Ruin) risultano attivi addirittura dal 2006, ma arrivano solo ora al debutto discografico con questi cinque brani racchiusi in Light Eater, ep licenziato dalla Everlasting Spew Records.
Technical death metal di scuola americana è quello che si trova tra le trame di questo mini cd, venti minuti di virtuosismi ritmici e chitarristici, perennemente estremizzati e tenuti ad una andatura media pericolosamente elevata.
Da Explosion Of Interstellar Terror in poi la band ci travolge senza soluzione di continuità: i virtuosismi strumentali sono il fiore all’occhiello di Light Eater, specialmente per chi ama il death metal più tecnico che nella title track ed in Fractured appare quanto mai diretto e devastante.
Il gruppo di Chicago segue la scia di Psycroptic e Decapitated, nel suo sound non si rinviene nulla di progressivo, bensì un massacro di matrice death metal suonato con perizia tecnica ed impatto tremendo.

Tracklist
1.Explosion Of Interstellar Terror
2.Light Eater
3.Metamorphosis
4.Fractured
5.As Undead Awakening

Line-up
Cornelius Hanus – Vocals
Rick Mora – Guitars
Franco Caballero – Bass
Nate Burgard – Drums

WOUNDS – Facebook

Of Hatred Spawn – Of Hatred Spawn

Mezz’ora basta ed avanza al gruppo canadese per presentarsi al pubblico estremo mondiale con un lavoro convincente, suonato e prodotto con tutti i crismi per non rimanere ignorato dagli amanti del death metal statunitense.

Ottimo debutto per questi guerrieri del death metal old school, tecnico e brutale provenienti dal Canada e chiamati Of Hatred Spawn.

La band nasce per volere dei fratelli Tartaglia, Remy, chitarrista ed ex Unbidden e J.J, batterista e già con Skull Fist, Operus e Final Trigger, a cui si sono aggiunti il bassista Oscar Rangel (ex Annihilator) ed il cantante Matt Collacott.
Questo primo album omonimo, licenziato dalla Boonsdale Records, ci presenta un gruppo notevole per tecnica esecutiva ed approccio, e che gli Of Hatred Spawn non siano dei novellini lo si capisce ad ogni nota di questo bombardamento sonoro senza soluzione di continuità, tra cambi di tempo, fulminanti blast beat, chitarre torturate senza pietà ed un cantante capace di variare toni senza intaccare la sua resa assolutamente devastante.
Un death metal ancorato nella tradizione a stelle e strisce, con la pesantezza immane dei Morbid Angel, la brutale potenza dei Cannibal Corpse e l’armageddon creato dai Deicide, crea un fronte di bassa pressione estrema, vere tempeste elettriche che si sviluppano monumentali tra le trame di Global Dehumanization, della formidabile Plaga (autentico picco di questo lavoro) e della conclusiva, devastante God Of Wrath.
Mezz’ora basta ed avanza al gruppo canadese per presentarsi al pubblico estremo mondiale con un lavoro convincente, suonato e prodotto con tutti i crismi per non rimanere ignorato dagli amanti del death metal statunitense.

Tracklist
1.Overture
2. Global Dehumanization
3.Nest Of Vipers
4.Severed Limb Convulsion
5.Plaga
6.Nocturnal Swarm
7.God Of Wrath
Line-up
Remy Tartaglia – Guitars
JJ Tartaglia – Drums
Oscar Rangel – Bass
Matt Collacott – Vocals

OF HATRED SPAWN – Facebook

Aria – The Curse Of The Seas

I brani di Curse Of The Seas vanno a comporre un notevole esempio di metal in cui NWOBMH, power, thrash e sfumature vicine al prog formano un sound convincente ed estremamente vario.

Attivi addirittura dalla metà degli anni ottanta e giunti al tredicesimo album, tornano dopo quattro anni gli Aria, praticamente sconosciuti se non dai fans più attenti in Occidente, ma un’istituzione nella loro Russia, nei paesi dell’est ed in Asia.

Il perché la band non abbia mai trovato terreno fertile nel centro ed ovest Europa potrebbe derivare dall’uso incondizionato della loro lingua, fatto sta che a livello musicale gli Aria ci sanno fare eccome, dando l’impressione a chi ascolta d’essere al cospetto di un gruppo navigato, dall’esperienza e storia che non ha nulla da invidiare a chi ha fatto la storia dell’heavy metal.
Sembra però che, dopo tanti anni, gli Aria abbiano deciso di oltrepassare i confini virtuali della nostra musica preferita, lasciando il nuovo lavoro nelle mani del produttore Roy Z (Helloween, Judas Priest e Bruce Dickinson) e a Maor Appelbaum (Faith No More, Malmsteen, Rob Halford, Yes) il compito di masterizzare il tutto.
Accompagnati da testi che se non formano un concept vero e proprio risultano un viaggio omerico, tra mature riflessioni sulla vita viste dalla parte dell’uomo, di Dio e di oggetti inanimati, i brani di Curse Of The Seas vanno a comporre un notevole esempio di metal in cui NWOBMH, power, thrash e sfumature vicine al prog formano un sound convincente ed estremamente vario.
La lingua è forse l’unico ostacolo da superare per chi si avvicina alla musica del gruppo russo, trattandosi come il tedesco di un idioma forse più adatto a sonorità moderne, anche se la bravura del singer Mikhail Jitnyakov ne limita la poca fruibilità.
Il resto lo fanno una serie di brani splendidi, che alternano cavalcate heavy metal dalle ritmiche power, e mid tempo metallici nei quali le emozioni non mancano di certo.
I brani dalla durata medio lunga hanno in Varyag, nella ballata Hard To Be God, Alive e nei dodici minuti della conclusiva title track i momenti salienti di questo monumentale lavoro.
La Russia, così come tutta l’area ex-sovietica, continua a riservare gradite sorprese agli amanti della buona musica e gli Aria ne sono uno dei migliori esempi.

Tracklist
01. Race For Glory
02. Varyag
03. Lucifer
04. Hard To be God
05. Let it Be
06. Lust Run
07. Alive
08. Kill the Dragon
09. Smoke Without Fire
10. From Sunset To Sunrise
11. Curse of the Seas

Line-up
Vitaly Dubinin – Bass, Back vocal
Mikhail Jitnyakov – Lead vocal
Vladimir Holstinin – Guitar
Sergey Popov – Guitar
Maxim Udalov – Drums

ARIA – Facebook

Steorrah – The Alstadt Abyss

The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità dove progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.

Di questi tempi il termine progressive ha assunto una miriade di significati ed il genere si è trasformato in un lungo fiume musicale nutrito da centinaia di affluenti lungo il suo corso.

Ormai questo storico temine è usato come il prezzemolo e i fans tradizionali si sono dovuti adattare alle tante anime di un genere sviluppatosi in modo inaspettato dopo anni di stasi e conservatorismo.
Gli Steorrah, band tedesca con due album ed un live già licenziati, tornano con questo ennesimo esempio di come il progressive rock ed il metal alleandosi abbiano regalato ottima musica, cercando di instaurare legami con altri generi e dando la possibilità, grazie soprattutto al tanto bistrattato (dai fans storici del prog) metal estremo di abbattere confini che anni fa erano invalicabili.
The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità nel quale progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.
Saturnalia For Posterity e gli undici minuti della cangiante Where My Vessel Dwells, insieme alla conclusiva e seattantiana title track, ci presentano un gruppo che non ha paura di navigare sul fiume musicale di cui si parlava, esplorando isolette doom e dissonanze post rock, nel lungo corso da affrontare prima che i Steorrah scrivano la parola fine ad un album intrigante e ben congeniato.
La tecnica, al servizio di brani già di per sé, labirintici non intacca la fluidità dell’ascolto che si fa interessante ad ogni passaggio.

Tracklist
1.The Silver Apples Of The Moon
2.Sea Foam Empyrean
3.Saturnalia For Posterity
4.Wolves & Seagulls
5.Where My Vessel Dwells
6.Spheroid Nine
7.The Altstadt Abyss

Line-up
Andreas März – Vocals, Electric & Acoustic Guitars
Christian Schmidt – Drums & Piano
Nicolao Dos Santos – Electric Guitars & Backing Vocals
Raoul Zillani – Bass Guitars & Backing Vocals

STEORRAH – Facebook

Dire Peril – The Extraterrestrial Compendium

The Extraterrestrial Compendium risulta un ottimo ascolto, risultando una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia, consigliati agli amanti di Iced earth e Blind Guardian e in generale agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Per gli amanti del power/thrash metal arriva dagli States questo ottimo lavoro, il primo del duo formato dal chitarrista e bassista Jason Ashcraft e dal vocalist John Yelland con il monicker Dire Peril ed intitolato The Extraterrestrial Compendium.

Come suggeriscono il titolo e l’artwork, l’album è un concept fantascientifico che si sviluppa attraverso un power metal di matrice americana, potenziato da bordate thrash ma pervaso da una vena melodica che ne contraddistingue il piacevole ascolto.
Attivi come band da sei anni, i Dire Peril hanno dato alle stampe una manciata di ep e singoli prima di licenziare questa possente opera, composta da una dozzina di brani per oltre un’ora di metal classico, impreziosito da ritmiche schiacciasassi, un grande lavoro chitarristico, una buona prestazione vocale e buone canzoni.
Il genere è quello che ha fatto la fortuna degli Iced Earth, qui rivisitato in chiave power, quindi più “europeo” rispetto alla band di Jon Schaffer e con soluzioni corali che ricordano i Blind Guardian.
Paragoni scomodi? Non direi, anche perché i Dire Peril hanno fatto un gran bel disco, cercando di mantenere un buon livello nel corso dell’intero album che, pur sviluppandosi su di un minutaggio importante, si lascia ascoltare con attenzione.
Non c’è nulla di particolarmente originale tra le trame dei vari brani che, dall’opener Yautja (Hunter Culture), passando per Enemy-Mine, la thrashy Total Recall, il crescendo di Blood In The Ice e la splendida “Iced Guardian” Always-Right-Here, ci travolgono di suoni ben conosciuti ma ottimamente eseguiti dal duo.
The Extraterrestrial Compendium è un ottimo ascolto, rivelandosi una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia e consigliati agli amanti dei gruppi citati e, in generale, agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Tracklist
1.Yautja (Hunter Culture)
2.Planet Preservation
3.Enemy Mine
4.The Visitor
5.Total Recall
6.Queen of the Galaxy
7.Roughnecks
8.Blood in the Ice
9.Heart of the Furyan
10.Altair IV: The Forbidden Planet
11.Always Right Here
12.Journey Beyond the Stars

Line-up
Jason Ashcraft – Guitars, Songwriting
John Yelland – Vocals, Lyrics

DIRE PERIL – Facebook

Flashback Of Anger – Shades

I Flashback Of Anger sono la band dal sound più tedesco che mi sia capitato di ascoltare in questo ultimo periodo tra quelle battente bandiera tricolore, e hanno dato vita ad un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni melodic power.

Terzo album per i Flashback Of Anger, band toscana attiva dal 2003 e sotto contratto per una label tedesca che di questi suoni se ne intende, la IceWarrior Records.

L’album, uscito a dicembre dello scorso anno, si intitola Shades ed arriva a confermare l’ottima forma della scena power/progressive tricolore e la bravura del quartetto, protagonista di un lavoro piacevole e ricco di melodie dall’appeal altissimo.
Guidato dal singer Alessio Gori, anche tastierista e quinto importante elemento dei Gamma Ray di Kay Hansen nell’Hellish Rock Tour 2007/08, il gruppo dà alle stampe un album che non conosce battute d’arresto, ispirato ovviamente dalle icone del genere, ma con una sua forte connotazione.
Non stiamo parlando di una band alle prime armi, i Flashback Of Anger hanno esperienza da vendere, sia musicale che di vita e si riflette su di un sound potente e melodico, perfetto nel bilanciare la possente carica del power metal a sfumature pregne di raffinati passaggi e refrain che ricordano l’hard rock melodico ed il prog metal, anche se in generale l’atmosfera dei brani rimane ben salda nel miglior power metal della scuola di Amburgo. Pur non allontanandosi dalle coordinate stilistiche di Edguy, Helloween e Gamma Ray, i Flashback Of Anger convincono per un talento melodico sopra la media e, partendo dall’opener Ripped Off e passando per Numbers e Band Of Brothers non c’è nota che non abbia un forte appeal su chi ascolta.
I Flashback Of Anger sono la band dal sound più tedesco che mi sia capitato di ascoltare in questo ultimo periodo tra quelle battente bandiera tricolore, e hanno dato vita ad un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni melodic power.

Tracklist
1.Ripped Off
2.Numbers
3.Loaded Guns in Guitar Cases
4.Band of brothers
5.Holdout
6.Edge of dreams
7.Dawn of life
8.Lonely Road
9.Tropical Paradise
10.Marvels of the World

Line-up
Alessio Gori – Voice, Keyboards
Gianmarco Lotti – Guitars
Marco Moroni – Bass
Lorenzo Innocenti – Drums

FLASHBACK OF ANGER – Facebook

Lullwater – Voodoo

I Lullwater rifilano una serie di brani che ben si collocano tra la prima metà degli anni novanta nell’era post Kurt Cobain, così da risultare ruvidi, potenti ma, allo stesso tempo melodici quel tanto che basterebbe per non fare prigionieri, se solo si potesse tornare indietro di almeno vent’anni.

Grunge, alternative rock, hard rock, quel poco di influenze southern tanto per ribadire la totale devozione al rock americano, et voilà, il gioco è fatto, ed anche molto bene.

Senza cercare di sembrare originali a tutti i costi, i greci Lullwater licenziano un lavoro ispiratissimo, il quarto della loro discografia iniziata una decina di anni fa e si confermano un gruppo da seguire per gli amanti del rock di ispirazione statunitense nato e sviluppatosi negli anni novanta.
Con la band greca non si va troppo a ritroso con le influenze, il sound si ferma ai primi anni novanta riportando ai maggiori gruppi usciti da Seattle in quel periodo, ed entrando nel nuovo millennio con gli esponenti del cosiddetto post grunge.
Il quarto album della band ellenica, intitolato Voodoo, è stato registrato nei Marigny Studios di New Orleans, prodotto dallo svedese Jakob Herrmann in collaborazione con Justin Davis e presenta una serie di brani grintosi e pregni di groove.
Capitanati dal chitarrista e cantante John Strickland, i Lullwater rifilano una serie di brani che ben si collocano tra la prima metà degli anni novanta nell’era post Kurt Cobain, così da risultare ruvidi, potenti ma, allo stesso tempo melodici quel tanto che basterebbe per non fare prigionieri, se solo si potesse tornare indietro di almeno vent’anni.
Di questi tempi invece ci si accontenta di sorprendere in positivo i fans e gli addetti ai lavori con brani che uniscono Peral Jam, Nirvana e Soundgarden a Nickelback e Theory Of a Madmen, creando un alchimia perfetta tra due generazioni di rock alternativo.
Si fa ascoltare che è un piacere Voodoo e bisogna arrivare al penultimo brano (Yellow Bird) per un accenno di semi ballad, mentre il resto risulta una raccolta di tracce dal sound energico come Dark Divided, Similar Skin, Godlike e Fight Of Your Life.
Un album da ascoltare mentre si guida su strade bagnate dalla rugiada della notte oppure arroventate dal caldo sole del giorno, con lo sguardo verso il confine ed il piede a tavoletta.

Tracklist
1.Curtain Call
2.Dark Divided
3.Empty Chamber
4.Similar Skin
5.This Life
6.Godlike
7.Buzzards
8.Fight Of Your Life
9.Into The Sun
10.Yellow Bird
11.Suffer Not

Line-up
John Strickland – Rhythm Guitar & Lead Vocals
Daniel Binnie – Lead Guitar
Roy ‘Ray’ Beatty – Basso e vocalizzi
Joseph Wilson – Drums & Vocals

LULLWATER – Facebook

Alive – Lookin’ For A Future

Una decina di brani che non deludono per chi il genere lo ama a dispetto dei tanti anni passati, delle mode e di una vita trascorsa nell’underground in attesa che i riflettori si riaccendano e che si torni a ruggire come ai tempi d’oro di Motley Crue, Extreme e Mr.Big.

La Volcano Records licenzia in poco tempo due ottimi lavori che ripercorrono le strade di quel metal/rock che fece sprigionare delle autentiche eruzioni rock’n’roll dalle strade della Los Angels anni ottanta.

Vain Vipers ed Alive sono due facce della stessa medaglia, simili ma allo stesso tempo differenti nell’ispirarsi alla scena di metà anni ottanta: più glam i primi, duri come l’acciaio i rockers romani, debuttanti per la label napoletana con questo Lookin’ For A Future.
Hard & heavy dunque, tagliente come le lame di un rasoio, pregno di ovvia attitudine rock’n’roll e perfetto nel saper unire grezzo rock duro e melodie ruffiane che farebbero tremare le gambe ad un orco.
I cinque musicisti della capitale ci vanno giù duro, ci invitano al loro party tra chitarre dall’attitudine metallica e sfumature che richiamano il rock americano di matrice hard blues in un contesto heavy, valorizzato dal grande e sagace uso delle melodie.
Ballad come Stand Up o la conclusiva In My Night ci ricordano che il genere non è solo fuoco e fiamme, mentre le varie Hated If, I Don’t Follow e Our last Time regalano chorus orecchiabili, in un contesto hard & heavy.
Una decina di brani che non deludono per chi il genere lo ama a dispetto dei tanti anni passati, delle mode e di una vita trascorsa nell’underground in attesa che i riflettori si riaccendano e che si torni a ruggire come ai tempi d’oro di Motley Crue, Extreme e Mr.Big.

Tracklist
1.Hated If
2.Don’t Follow
3.Money&Control
4.Leave Me
5.Stand Up
6.Lookin’ For a Future
7.Our Last Time
8.Stay Around
9.N0
10.In My Nights

Line-up
Marco Patrocchi – Vocals
Giuseppe Ricciolino – Guitars
Mattia Tibuzzi – Bass
Dario Di Pasquale – Drums
Simone Aversano – Guitars

ALIVE – Facebook

Fallujah – Undying Light

Un lavoro sicuramente in grado di riconciliare parzialmente con un genere che negli ultimi tempi ha offerto la solita minestra, fatta di tecnica esasperata e poca lucidità compositiva, a parte qualche eccezione tra cui aggiungiamo Undying Light.

Il technical death metal è un genere molte volte di difficile comprensione se non si è musicisti o amanti dei virtuosismi, aldilà di una forma canzone molte volte penalizzata da labirintiche e cervellotiche corse a rincorrere la perfezione tecnica.

In questo periodo l’alternanza di lavori più o meno riusciti ha portato il genere ad essere manipolato con cautela dagli ascoltatori e dagli addetti ai lavori, sempre in dubbio se premiare la mera tecnica o l’importantissimo lato compositivo.
Per gli statunitensi Fallujah, tornati dopo tre anni dal precedente lavoro, l’abilità tecnica risulta al servizio di brani con una loro precisa connotazione, legati al metal estremo moderno in modo indissolubile, tra scorie deathcore e progressive.
La band californiana tecnicamente è fuori categoria, ma non esagera mai con inutili fronzoli circensi, cercando atmosfere e sfumature che possano lasciare una traccia sulla strada presa a livello compositivo.
Grande lavoro ritmico, atmosfere animate da un velo psichedelico e voce scream di stampo core: i Fallujah partono da questi tre punti fermi costruendoci intorno ricami progressivi e digressioni estreme come nell’opener Glass House, in Dopamine e tra le atmosfere di The Ocean Above.
Un lavoro sicuramente in grado di riconciliare parzialmente con un genere che negli ultimi tempi ha offerto la solita minestra, fatta di tecnica esasperata e poca lucidità compositiva, a parte qualche eccezione tra le quali aggiungiamo appunto Undying Light.

Tracklist
1. Glass House
2. Last Light
3. Ultraviolet
4. Dopamine
5. The Ocean Above
6. Hollow
7. Sanctuary
8. Eyes Like The Sun
9. Distant And Cold

Line-up
Antonio Palermo – Vocals
Scott Carstairs – Guitars & vocals
Robert Morey – Bass
Andrew Baird – Drums

FALLUJAH – Facebook

Hex A.D. – Netherworld Triumphant

Netherworld Triumphant risulta quindi un ritorno altamente riuscito da parte della band norvegese, altra ottima band dalle sonorità vintage in arrivo da quel paradiso musicale che è la penisola scandinava, almeno per quanto riguarda le sonorità rock e metal.

Terzo full length per i rockers norvegesi Hex A.D., quartetto che fa delle sonorità vintage la sua prerogativa.

La band norvegese asseconda la tradizione scandinava per i suoni hard rock di matrice settantiana, li potenzia con mid tempo di ispirazione doom classica e li personalizza con atmosfere progressive, per un risultato che va oltre le aspettative, almeno per chi ancora non si era imbattuto nei suoi lavori.
Netherworld Triumphant è dunque un album che soddisferà non poco gli amanti del rock pesante di matrice classica, un mix perfetto di Deep Purple, Uriah Heep e primi King Crimson, votati alla musica del destino.
Himmelskare funge da intro prima che il gruppo capitanato dal vocalist e chitarrista Rick Hagan cominci a disegnare su uno spartito vintage tappeti di musica maggiormente progressiva, nelle due parti della title track che formano dieci minuti abbondanti di rock duro di ottima qualità.
L’uso dell’hammond conferisce quel tocco lordiano ai brani che risultano il punto di forza del sound firmato dagli Hex A.D., i quali continuano a macinare grande rock con il doom sabbathiano della pesantissima Warchild, brano potente ed evocativo perfetto per chi ama in egual misura Black Sabbath ed Uriah Heep.
Sette brani per cinquanta minuti calati alla perfezione in una musica che, se prende ispirazioni ed influenze dalle band storiche citate, si avvale di un buon songwriting che non lascia indifferenti.
La lunga Ladders To Fire chiude alla grande questo nuovo lavoro con i suoi tredici minuti di sunto compositivo, tra lenti passaggi doom, hard rock e slanci progressive.
Netherworld Triumphant risulta quindi un ritorno altamente riuscito da parte della band norvegese, altra ottima band dalle sonorità vintage in arrivo da quel paradiso musicale che è la penisola scandinava, almeno per quanto riguarda le sonorità rock e metal.

Tracklist
1. Himmelskare
2. Skeleton Key Skeleton Hand
3. Netherworld Triumphant pt. I
4. Netherworld Triumphant pt. II
5. WarChild
6. Boars On Spears
7. Ladders To Fire

Line-up
Rick Hagan – Vocal, guitar
Mags Johansen – Organ, mellotron, keyboard
‘Arry Gogstad – Bass
Matt Hagan – Drums

HEX A.D. – Facebook