Northrough – The Last Warrior

I Northrough sono la one man band del polistrumentista Dassiberan e The Last Warrior, primo lavoro sulla lunga distanza, è un concentrato di potenza death metal, all’ombra di mid tempo mastodontici e suggestive aperture melodiche.

In origine questo potentissimo lavoro uscì lo scorso anno in regime di autoproduzione, ma quest’anno, grazie alla collaborazione tra Narcoleptica Productions e Envenomed Music, The Last Warrior viene stampato in cd ed è pronto a procurar battaglia tra gli amanti del death metal, dalle ispirazioni epiche e viking.

I Northrough sono la one man band del polistrumentista Dassiberan e The Last Warrior, primo lavoro sulla lunga distanza, è un concentrato di potenza death metal, all’ombra di mid tempo mastodontici e suggestive aperture melodiche.
L’epicità intrinseca si tocca con mano, le chitarre sono asce che spezzano arti nel delirio della battaglia mentre il sangue scorre, rosso come il sole che si accende di color porpora prima di tramontare sull’ennesimo massacro.
Partiamo da qui per raccontare in poche righe un lavoro massiccio, ispirato dalle terre del nord e dal suo popolo e raccontato tramite un metal estremo epico e melodico, carico di epica fierezza e valorizzato da un ottimo songwriting.
Symphony Of Doom, la power ballad Sacrifice, le due parti di Ballad Of Brom, cuore sanguinante dell’ultimo guerriero, incendiano il campo di battaglia e valorizzano questo epico lavoro attraversato da umori di tragica epicità, sia quando le atmosfere si placano e i Northrough ci regalano splendide parti semiacustiche, sia quando Dassiberan urla al cielo il suo grido di battaglia.
Il growl ricorda non poco quello di Taneli Jarva, singer dei primi e più estremi Sentenced e il sound, pur prendendo ispirazione dal melodic death metal di stampo epico (Amon Amarth), risulta vario e personale, ma tutto The Last Warrior è pervaso da un’atmosfera guerresca molto suggestiva.
L’album non può certo mancare nella collezione dei fans del metal estremo di ispirazione epica e viking, unitevi all’ultimo guerriero e siate pronti alla battaglia!

Tracklist
1.From The Woods
2.Cold Endless Nights
3.Symphony Of Doom
4.Demons
5.Ballad Of Brom-Chapter 1
6.Sacrifice
7.Northern Sea
8.Ballad Of Brom-Chapter 2
9.Altar Of Ancient Gods
10.Northrough
11.Away Fom Here

Line-up
Dassiberan – Everything

NORTHROUGH – Facebook

A Tear Beyond – Humanitales

Il talento nel saper costruire brani dal forte impatto emotivo, sorprendendo l’ascoltatore ad ogni passaggio, è l’arma in più di questa splendida realtà nostrana che richiama la scuola teatrale tedesca e ci trasporta per quasi un’ora nel suo mondo oscuro.

Gli A Tear Beyond avevano impressionato non poco il sottoscritto all’indomani dell’uscita del loro secondo album, Maze Of Antipodes, licenziato tre anni fa.

Il gruppo vicentino torna con un nuovo lavoro intitolato Humanitales, un’altra spettacolare e tragica opera dal sound che racchiude gothic, dark, extreme, industrial e symphonic metal e lo elabora secondo una personale  visione.
Capitanata dal cantante ed interprete Claude Arcano, la band rispetto al lavoro precedente (il primo album Beyond, diede inizio all’avventura nel 2012) accentua in parte l’atmosfera orchestrale e cinematografica su cui si poggia il proprio universo musicale che mantiene una forte componente teatrale, in un quadro nel quale i colori mantengono le tonalità del nero.
Il talento nel saper costruire brani dal forte impatto emotivo, sorprendendo l’ascoltatore ad ogni passaggio, è l’arma in più di questa splendida realtà nostrana che richiama la scuola teatrale tedesca e ci trasporta per quasi un’ora nel suo mondo oscuro.
Humanitales coniuga come da tradizione i generi citati e ci regala una nuova manciata di splendide trame su cui il singer costruisce un’altra performance da applausi, con l’ascoltatore che, chiudendo gli occhi, si ritroverà al cospetto di un palcoscenico sul quale gli A Tear Beyond danno vita alle atmosfere di brani capolavoro come Tale, quindici minuti di nobile e tragico metallo sinfonico, gotico e concettualmente estremo nel saper unire molte anime musicali dalle tinte dark.
Devil Doll, Rammstein e Moonspell fanno parte sicuramente del bagaglio musicale del gruppo che aggiunge una sua ormai consolidata e debordante personalità in un crescendo artistico sorprendente: per gli amanti di queste sonorità un’opera imperdibile.

Tracklist
1.Humanitales
2.Frolic
3.Sentence (Forgiveness act II)
4.So Deep Out There
5.Angels Out of Grace
6.Inugami
7.Damned Paradise
8.Inadequacy
9.Tale
10.The Frozen Night (rebirth bonus)

Line-up
Claude Arcano – Vocals
Ian – Guitars
Undesc – Guitars
Cance – Bass
Phil – Keybs and Orchestra
Skano – Drums

A TEAR BEYOND – Facebook

Viperium – Antropofobia

Maturo quel tanto che basta per non lasciare nulla di facile all’ascoltatore, Antropofobia è un grido lancinante diviso in nove capitoli, una linea musicale che ci separa dal baratro.

Il sound che sul finire degli anni novanta scalzò definitivamente il grunge dal trono della musica rock ha ispirato molte più band di quelle che i suoi detrattori potessero pensare.

Il nu metal, tacciato come semplice moda, è diventato uno dei modi più convincenti per descrivere l’animo umano, sempre in lotta con i propri demoni, le proprie paura e la follia.
I Viperium provano a raccontarcelo, tramite Antropofobia, debutto licenziato dalla Volcano Records, composto da nove brani di oscuro e pesante metallo moderno ispirato alle band che fecero tremare il mercato sul finire degli anni novanta.
Korn e Deftones sono le maggiori influenze della band foggiana che ci travolge con un sound ossessivo e claustrofobico, dominato dalla sezione ritmica, massiccia ed in evidenzia, ed un cantato che sembra davvero uscire dall’anima tormentata di un uomo moderno, in conflitto perenne con le sue fobie.
Maturo quel tanto che basta per non lasciare nulla di facile all’ascoltatore, Antropofobia è un grido lancinante diviso in nove capitoli, una linea musicale che ci separa dal baratro.
I Viperium ci martellano per più di mezzora, ci investono con la forza di tracce che producono dolore come Evil Inside, Insanity (e qui Jonathan Davis si impossessa dell’anima del singer Valeriano Castelgrande) ed il singolo I’m Drug, un lacerante brano che deflagra in mille dissonanze.
Un esordio interessante per questa giovane band nostrana, assolutamente in grado di tenere botta con un album pesantissimo e per niente scontato di questi tempi.

Tracklist
1.Nituwe
2.Evil Inside
3.Fear
4.Despair
5.Deaf Dumb
6.Insanity
7.I’m Drug
8.Brainwash
9.Eyes Of The Devil

Line-up
Valeriano Castelgrande – Vocals
Alessandro Sarni – Drums
Antonio Quatrale – Guitars
Francesco Catalano – Guitars
Aurora Corcio – Bass

VIPERIUM – Facebook

Karseron – Nail Your God Down

Il sound rispecchia il death metal dei primi anni novanta, quello che si muoveva lento tra doom ed un tocco gotico alla Crematory, ma senza il tappeto tastieristico in uso dal gruppo tedesco.

I Karseron sono un quartetto portoghese attivo dalla prima metà degli anni novanta, ma che non ha ancora dato alle stampe un album ufficiale.

La loro discografia infatti è fatta di una manciata di demo e di una compilation, almeno fino al 2005, anno in cui la band ha uno stop di ben dodici anni prima che questo demo torni a far parlare di sè, almeno in ambito underground.
Questo ulteriore demo, che risulta una sorta di ripartenza, vede la band con la formazione a quattro composta da: Gualter (voce, chitarra e batteria), Lois (voce), Nuno (basso) e Pika (chitarra).
Nail God Down è composto da cinque brani più intro ed outro, tre inediti e altri due, For War We Ride e Evil Forces, che provengono rispettivamente dai demo Krux Krucis (2005) e Frozen Tears (1999).
Il sound rispecchia il death metal dei primi anni novanta, quello che si muoveva lento tra doom ed un tocco gotico alla Crematory, ma senza il tappeto tastieristico in uso dal gruppo tedesco, con accelerate black accompagnate da uno scream che si manifesta come quello  di un’anima dannata, un growl profondo che accentua la componente estrema del sound e tratti in cui la musica appare violenta e brutale.
Rispetto ad altri act portoghesi, come per esempio gli Heavewood, i Karseron risultano più estremi in At The Gardens of Moria e nella devastante Evil Forces, la coppia di brani che alza non poco la qualità di questo lavoro.
Hanno perso molto tempo, ma se Nail Your God Down è un nuovo inizio, allora il momento dell’agognato full length potrebbe arrivare presto, teneteli d’occhio.

Tracklist
1.Praised Be
2.Dethroned Altars
3.At The Gardens Of Moria
4.I Bleed (For You, Never Again)
5.For War We Ride
6.Evil Forces
7.Damien Dethroned

Line-up
Gualter – Vocals, Guitars, Drums
Lois – Vocals
Nuno – bass
Pika – Guitars

KARSERON – Facebook

Hungryheart – Hungryheart

La Tanzan Music ristampa una delle pietre miliari dell’hard rock melodico tricolore, il primo omonimo album degli Hungryheart, band capitanata dal duo Josh Zighetti (voce) e Mario Percudani (chitarra), uscito nel 2008, un anno fondamentale per lo sviluppo del genere nel nostro paese.

La Tanzan Music ristampa una delle pietre miliari dell’hard rock melodico tricolore, il primo omonimo album degli Hungryheart, band capitanata dal duo Josh Zighetti (voce) e Mario Percudani (chitarra), uscito nel 2008, un anno fondamentale per lo sviluppo del genere nel nostro paese.

Gli Hungryheart , attualmente al lavoro sul quarto album hanno, in questa decina d’anni, dato alle stampe altri due lavori: One Ticket to Paradise uscito nel 2010 e l’ultimo Dirty Italian Job licenziato tre anni fa, ma è indubbio che il valore artistico e temporale di Hungryheart sia rilevante nella scena melodica tricolore.
Per molti quella che diverrà la New Wave of Italian Melodic Rock ha i suoi natali proprio nel 2008 e tra le note di album come Hungryheart, uno straordinario quadro colorato di note melodiche, vivacizzato da una verve hard rock che prende ispirazione dalla scena statunitense degli anni ottanta.
La voce calda ed emozionale di Josh Zighetti e la chitarra che ricama note di raffinato rock a stelle strisce di Mario Percudani trovano la loro massima espressione in questa raccolta di brani che richiamano le atmosfere del rock duro racchiuse nel capolavori firmati Bon Jovi, Whitesnake e Danger Danger.
Inutile scrivere che Hungryheart punta dritto al cuore degli amanti del rock melodico, la band sforna una manciata di brani che vent’anni prima si sarebbero impossessati delle classifiche delle radio rock come Rock City, Stealing The Night e The Only One, con il singer, novello Jon Bon Jovi, a fare la differenza conquistando gli applausi degli appassionati.
L’album alterna brani di caldo rock melodico a frizzanti rock song losangeline (Innocent Tears), fino a toccare vette artistiche notevoli con l’hard rock tinto di blues di Hard Lovin’ Woman, brano tra Whitesnake e Led Zeppelin, sanguigno e letteralmente esplosivo.
Come scritto sopra la band italiana è al lavoro sul nuovo album, ma se vi siete persi questo bellissimo debutto, è ora di rimediare.

Tracklist
01. Rock City
02. Stealing The Night
03. River Of Soul
04. Hang On To Me
05. The Only One
06. Innocent Tears
07. Shadows
08. Hard Lovin’ Woman
09. Breath Away
10. It Takes Two
11. Gina
12. River Of Soul (2018 Revisited)
13.The Only One (2018 Acoustic Version)

Line-up
tracce #01 – #11
Josh Zighetti: voce / cori
Mario Percudani: chitarra / cori / voce su #04
Lele Meola: basso
Emilio Sobacchi: batteria tracce #12 / #13
Josh Zighetti: voce
Mario Percudani: chitarra / cori
Stefano Scola: basso Paolo Botteschi: batteria / percussioni

HUNGRYHEART – Facebook

Grave Upheaval – Untitled

Un album per pochi, un’opera nera che più che un ascolto diventa esperienza totale, un rituale di morte e profanazione della durata di quasi un’ora in cui tutto quello che avete vissuto e creduto lascia spazio alla paura.

Il duo australiano chiamato Grave Upheaval è da un po’ che circola nella scena estrema di stampo death/doom, anche se un preciso genere per descrivere la musica del misterioso duo proveniente dal Queensland è impresa quasi impossibile.

Attivi da una decina d’anni, i Grave Upheaval hanno dato alle stampe un primo lavoro sulla lunga distanza nel 2013, senza titolo e con una tracklist numerata al posto dei titoli.
Seguendo il primo capitolo, il nuovo album risulta una discesa negli inferi davvero inquietante, i due membri provenienti da Portal, Temple Nightside ed Impetuous Ritual, creano una soffocante atmosfera di morte, descritta dalla marcia lavica di un doom/death al limite, urla e growl provenienti da un abisso di sofferenza e a tratti sferzati da accelerazioni di stampo black.
Occultismo, morte, buio millenario, la paura primordiale si fa spazio in noi, mentre la nostra anima scende sempre più in basso, lascia per sempre la luce e grida la sua disperazione ed il buio perenne inesorabilmente la avvolge.
Untitled è un’opera nera che più che diventa esperienza totale, un rituale di morte e profanazione della durata di quasi un’ora in cui tutto quello che avete vissuto e creduto, lascia spazio alla paura.
E’ molto difficile giudicare un’ opera del genere, potrebbe piacervi e rimanerne affascinati, come rigettarla dopo pochi minuti: un album per pochi, anzi, pochissimi.

Tracklist
1.II-I
2.II-II
3.II-III
4.II-IV
5.II-V
6.II-VI
7.II-VII
8.II-VIII

Line-up
– Guitars, Bass, Vocals
– Drums

GRAVE UPHEAVAL – Facebook

Lost Reflection – Trapped In The Net

Ritorno con il terzo album di Fabrizio Fulco ed i suoi Lost Reflection, band hard & heavy tra tradizione britannica ed attitudine street rock.

Torna Fabrizio Fulco con i suoi Lost Reflection, band che prende il nome dalla famosa canzone dei leggendari Crimson Glory, con il terzo album licenziato dalla Hellbones Records.

La band prende vita nel 1996, ma il primo album è targato 2011, anche perché Fulco nel 2005 si trasferisce negli States per prendere il posto come bassista nei Ben Jackson Group, progetto del chitarrista dei Crimson Glory.
Il ritono in Italia coincide con la ripresa delle attività con i Lost Reflection e vengono pubblicati due lavori: Florida (2011 SG Records) e Scarecrowd (2014 SG Records).
L’hard & heavy suonato dal gruppo è però lontano da quanto fatto dalla storica band statunitense e più orientato verso un buon mix tra la tradizione britannica ed attitudine street rock.
Trapped In The Net è composto da dieci brani che si muovono tra questi due generi, dando vita ad un metal scontato ma gradevole, dalle ritmiche hard rock e da cavalcate di stampo new wave of british heavy metal.
God Of Hate, opener dell’album è un brano tra Saxon e Motley Crue, mentre Together As One ricalca gli schemi del metal losangelino di metà anni ottanta.
Questa alternanza continuerà per tutto l’album, che risulta una discreta opera di metal old school sanguigno e potente, con qualche dettaglio da perfezionare (la voce a tratti leggermente forzata), ma con un buon lavoro strumentale.
Cavalcate metalliche e hard rock stradaiolo ed irriverente come One Night In Your Bed trovano libero sfogo tra lo spartito di Trapped In The Net che vede all’opera, oltre a Fulco ( chitarra, basso e voce), Max Sorrenti (chitarra) e Max Defender Moretti (batteria).
La cover del leggendario Derek Riggs valorizza Trapped In The Net, che risulta così un buon ritorno per il musicista nostrano e la sua band.

Tracklist
1.God of Hate
2.Together as 1
3.Into The Social Network
4.Brand New Love Brand New Life
5.One Night In Your Bed
6.My Promised Land
7.Hollywood Dream
8.Master of Your Soul
9.Homeless Boy
10.No More Blood

Line-up
Fabrizio Fulco – Vocals, Guitars, Bass
Piero Sorrenti – Guitars
Max Defender Moretti – Drums
PJ (live bassist)

line up attuale
Fabrizio Fulco – Vocals, Guitars
PJ – Bass
Max Defender Moretti – Drums

LOST REFLECTION – Facebook

Hypnos – The GBG Sessions

The GBG Sessions è un album che difficilmente troverà estimatori nei seguaci del rock odierno,  rimanendo legato strettamente al decennio settantiano e a quelle band che ne hanno decretato l’assoluta importanza nella storia del rock.

Band che non lascia trapelare molte informazioni, i rockers svedesi Hypnos tornano con un album sulla lunga distanza, questo discreto esempio di hard rock vintage intitolato The GBG Sessions.

Non avevamo più notizia del gruppo da quattro anni e dal singolo The Mountain, che troviamo pure su questo album composto da otto brani dove riff su riff si accavallano e costruiscono un muro sonoro, che va dai Black Sabbath ai Thin Lizzy, passando per i Kiss e a tratti per le band che del revival settantiano hanno decretato il successo (Spiritual Beggars).
Niente di nuovo dunque, specialmente se le operazioni nostalgiche vi lasciano indifferenti, anche perché gli Hypnos fanno di tutto per confondervi, ipnotizzandovi con piccole jam psichedeliche nel bel mezzo di brano hard rock come Hands Of Evil, facendovi credere di essere nel bel mezzo degli anni settanta con il vostro armadio colmo di jeans a zampa di elefante e giubbotti con le frange.
Il quintetto, dalla sua, ci fa partecipi di un sound diretto, suonato senza troppa attenzione ai diabolici particolari tecnici odierni, ma con uno spirito rock’n’roll che non lascia dubbi sull’attitudine dei musicisti coinvolti, rockers d’altri tempi, specialmente quando il blues di Nightmares alza di molto la temperatura sulla montagna dove la band continua a jammare con la sanguigna 1800.
The GBG Sessions è un album che difficilmente troverà estimatori nei seguaci del rock odierno,  rimanendo legato strettamente al decennio settantiano e a quelle band che ne hanno decretato l’assoluta importanza nella storia del rock.

Tracklist
1.Aint No Fool
2.Border Patrol
3.Hands Of Evil
4.Nightmares
5.Looking Out
6.1800
7.The Mountain
8.Gimme! Gimme! Gimme!

Line-up
Linus
Oskar
Pontus
Anton
Hampus

HYPNOS – Facebook

Red Morris – Time

Lavoro difficile da rinchiudere tra le pareti di un solo genere e per questo affascinante e ricco di sorprese, Time conferma la bontà del progetto Red Morris che ci regala un altro piccolo gioiello musicale.

Se cercate qualcosa in più del solito album di genere e vi piacciono le sfide, arriva il secondo album del chitarrista e compositore bresciano Maurizio Parisi, alias Red Morris, accompagnato da una manciata di ottimi musicisti tra cui suo figlio Alberto al basso, Beppe Premi alle tastiere, Mirco Parisi alla tromba, Marco Carli alla batteria e Marcello Spera alla voce.

Time segue di tre anni Lady Rose, primo lavoro interamente strumentale che fece parlare non poco di Red Morris e del suo progetto gli addetti ai lavori, i quali saranno sicuramente ancora più entusiasti quando premeranno il tasto play e si immergeranno all’ascolto di quest’opera che, se vede la novità del cantato (il primo album era interamente strumentale), conferma l’alta qualità della musica proposta dal chitarrista nostrano.
Time è un condensato di musica che supera barriere fino ad oggi invalicabili, accomunando nello stesso spartito mondi musicali lontani nel tempo; progressive, hard rock settantiano, arena rock e metal del decennio successivo, il tutto viene  splendidamente tenuto legato dalla chitarra di Parisi, concettualmente shred, ma perfettamente inserita nel sound che accompagna i vari brani, uno diverso dall’altro.
Varietà è la parola d’ordine e i Red Morris riescono nell’impresa di risultare una fonte inesauribile di idee, mantenendo un filo conduttore che attraversa l’album, dalle prime note di San Sebastian passando per le splendide New York, Blessed Imelda e la spettacolare Opera, un geniale incrocio tra ritmiche soul, tromba che segue un filo di notturno jazz ed epiche atmosfere orchestrali.
L’apporto di tromba e tastiere aiutano non poco l’album nel suo apparire uno scrigno di ispirazioni, spettacolari ed efficaci le seconde che passano dal classico tocco alla Deep Purple a quello più pomposo dell’hard & heavy radiofonico degli anni ottanta.
Lavoro difficile da rinchiudere tra le pareti di un solo genere e per questo affascinante e ricco di sorprese, Time conferma la bontà del progetto Red Morris che ci regala un altro piccolo gioiello musicale.

Tracklist
1. San Sebastian
2. My Father
3. Transylvania
4. New York
5. Time
6. Money Kills
7. Blessed Imelda
8. Opera

Line-up
Red Morris – chitarra
Alberto Parisi – basso
Marco Carli – batteria
Beppe Premi – tastiera
Mirco Parisi – tromba
Marcello Spera – voce

RED MORRIS – Facebook

Lillye – Evolve

Evolve cresce con gli ascolti, sorprende subito grazie alla vocalist, poi lascia che i brani trovino la loro strada per convincere gli amanti del hard rock moderno, ai quali va l’invito di non perdersi questa sorprendente ed affascinante sirena australiana.

Si affaccia sulla scena rock mondiale la cantante Virginia Lillye e la sua band, dall’Australia alla conquista delle classifiche radiofoniche, dagli States alla vecchia Europa.

La band, che gira intorno alla figura della cantante con un passato da protagonista in storici musical come Jesus Christ Superstar, Hair, Grease e Cats, vede all’opera il bassista Christian Lauria, il chitarrista Matt Ellis e il batterista Bennet Livingstons.
Attivi dal 2012,  dopo un paio d’anni i Lillye  hanno rilasciato l’omonimo ep, hanno girato in lungo ed in largo i palchi australiani prima di firmare lo scorso anno per Eclipse Records, che licenzia Evolve, esordio sulla lunga distanza destinato a portare alla band ottimi riscontri.
Evolve è un lavoro nervoso, melodico, graffiante e vario, un concentrato di hard rock moderno e pregno di groove, composto da una serie di canzoni che una per l’altra potrebbero fare il botto, anche per una prova sorprendente di questa nuova rock woman al microfono, una tigre dotata di una voce ed un talento interpretativo fuori dal comune.
Molto simile come approccio alla bravissima Skin degli Skunk Anansie, Virginia Lillye va oltre: meno istintiva e più studiata, la sua voce risulta il quinto strumento del gruppo e i brani pur nella loro struttura semplice, si ritrovano valorizzati da decine di ricami e sfumature.
Hard rock moderno, si diceva, e già dall’opener Run la band comincia a sciorinare refrain dall’appeal altissimo, le influenze sono quelle dei migliori act statunitensi, Halestorm su tutti, ma anche Sevendust, per una predisposizione all’alternative che ovviamente non manca certo nelle nuove leve dell’hard rock e che esce prepotentemente in episodi come Chained e Better Days.
Evolve cresce con gli ascolti, sorprende subito grazie alla vocalist, poi lascia che i brani (Fire, Grass Is Greener) trovino la loro strada per convincere gli amanti del hard rock moderno, ai quali va l’invito di non perdersi questa sorprendente ed affascinante sirena australiana.

Tracklist
1.Run
2.In The End
3.Chained
4.Brittle Glass
5.Better Days
6.Fire
7.It Is What It Was
8.Take On Me
9.Grass Is Greener
10.Surrender
11.Through My Soul

Line-up
Virginia Lillye – Vocals
Christian Lauria – Bass
Matt Ellis – Guitars
Bennet Livingstons – Drums

LILLYE – Facebook

Graveshadow – Ambition’s Price

Symphonic metal d’ordinanza, senza grossi picchi ma pure senza cadute rovinose, abbastanza estremo per risultare vario nelle atmosfere che toccano parti thrash e death con discreta fluidità nel songwriting; il resto lo fa una voce femminile più rock nelle parti pulite, rispetto al solito cantato operistico, ma leggermente forzata nel growl.

Symphonic metal d’ordinanza, senza grossi picchi ma pure senza cadute rovinose, abbastanza estremo per risultare vario nelle atmosfere che toccano parti thrash e death con discreta fluidità nel songwriting; il resto lo fa una voce femminile più rock nelle parti pulite, rispetto al solito cantato operistico, ma leggermente forzata nel growl.

Sono questi pregi e difetti di Ambition’s Price, secondo lavoro sulla lunga distanza dei californiani Graveshadow, attivi dal 2012 e già sul mercato con l’ep omonimo di inizio carriera e nel 2015 con il primo album, Nocturnal Resurrection.
I Graveshadow nelle parti melodiche dimostrano buone intuizioni, specialmente nei refrain, in quelle metalliche affondano i colpi grazie ad un’ottima prova delle sezione ritmica, anche se, come detto il growl non è sicuramente il punto di forza del gruppo statunitense.
Poi tutto gira come previsto nel genere, le orchestrazioni fanno da tappeto sonoro alle varie tracce senza risultare troppo bombastiche, i brani più diretti come Hero Of Time o Liberator sono i meglio riusciti e l’ascolto prosegue senza sussulti sino alla fine.
Ambition’s Price è un lavoro di genere che rischia di passare inosservato, non perché sia brutto, ma proprio in quanto mancante di un paio di canzoni che facciano la differenza.
Le influenze sono da ricercare nel symphonic metal ma anche nel power thrash statunitense, quindi all’ascolto dell’album troverete tracce di Nightwish e Delain come di Iced Earth, non male in effetti anche se la sensazione è che il sound abbia bisogno ancora di una registrata per funzionare a dovere.
I Graveshadow sono un gruppo che, portato qualche aggiustamento e limato un paio di difetti, potrebbero ripagare gli amanti del genere, per ora arrivano alla sufficienza abbondante ma senza riuscire a convincere del tutto.

Tracklist
1.Doorway To Heaven
2.Widow And The raven
3.Ambition’s Price
4.Hero Of Time
5.The Gates
6.The Unspoken
7.Return To Me
8.Call Of The Frostwolves – I. Slave
9.Call Of The Frostwolves – II. Liberator
10.Call Of The Frostwolves – III. Warchief
11.Eden Ablaze

Line-up
Heather Michele – Vocals
Will Walker – R.Guitars
Aaron Robitsch – L.Guitars
Roman Anderson – Drums
Ben Armstrong – Bass

GRAVESHADOW – Facebook

Desounder – Desounder

I Desounder sono una band a cui non mancano tecnica, una cantante che fa la differenza ed un sound che non si accontenta di seguire i soliti binari per cercare nuove strade ma senza paura di guardarsi indietro.

Che l’Andromeda Relix sia sinonimo di qualità non è certo una novità, infatti la label nostrana riesce sempre a sorprenderci con uscite varie e di alto livello, passando di genere in genere con la naturalezza di chi la materia la conosce molto bene.

Ecco che l’ultimo gioiellino marchiato dal logo dell’etichetta arriva puntuale a MetalEyes, presentandoci così i Desounder (ex Rider’s Bone), quartetto di Verona nato nel 2013 e al debutto con questo bellissimo album omonimo composto da undici brani davvero brillanti.
Il lavoro contiene hard rock aperto a non poche contaminazioni, tra spunti moderni e tradizionali, con il blues ed il soul a fare il bello e cattivo tempo e la voce splendidamente “nera” della singer Eleonora Nory Mantovani a svegliarci dal torpore e ad accompagnarci tra le trame del disco.
Basterebbe Dear John, terza traccia dell’album per mettere d’accordo chi nel rock cerca qualcosa in più, come le sfumature jazz/soul con quei fiati che duettano con la splendida voce della cantante, spettacolare anche su Pain, altro brano fuori dai soliti schemi obbligati dell’hard rock moderno.
Il bello di Desounder è la varietà di stili con la quale il gruppo ci tiene incollati alle cuffie e così si passa dalla semi ballad grunge I Take My Time, che ricorda gli Stone Temple Pilots di Core, all’alternative metal di Prisoner, al riff southern della letale King Of Nothing.
Un’ottima produzione fa il resto e questo primo lavoro ci consegna un gruppo notevole, a cui non mancano tecnica, una cantante che fa la differenza ed un sound che non si accontenta di seguire i soliti binari per cercare nuove strade ma senza paura di guardarsi indietro.

Tracklist
1. Reverse (intro)
2. Man From The Moon
3. Dear John
4. Pain
5. I Take My Time
6. Prisoner
7. The King’s Entrance
8. King Of Nothing
9. The Void Of Absence
10. Save Our Souls
11. You Fall Again

Line-up
Eleonora Nory Mantovani – Vocals
Nicolò La Torre – Guitars
Matteo Valle – Bass
Martino Pighi – Drums

DESOUNDER – Facebook

Kronomatopea – Time It’s Time

Time It’s Time è un’opera impegnativa che per oltre un’ora vi terrà incollati alle cuffie, tra raffinati passaggi di musica classica, cavalcate metalliche, solos neoclassici e quell’epicità che affiora quando i due stili musicali si incontrano.

Kronomatopea è il progetto symphonic power metal del musicista e compositore classico Francesco Sammartano, appassionato di metal tanto da coniugare in maniera efficace le due anime musicali in questo bellissimo primo album, aiutato dal cantante Marco Scorletti (ex Astral Domine) e da altri importanti ospiti.

Time It’s Time è un’opera impegnativa che per oltre un’ora vi terrà incollati alle cuffie, tra raffinati passaggi di musica classica, cavalcate metalliche, solos neoclassici e quell’epicità che affiora quando i due stili musicali si incontrano.
Non si può non rimanere affascinati da un lavoro come Time It’s Time , sicuramente un must per gli amanti del genere, qui davvero coccolati dalle composizioni di Sammartano.
Le influenze che affiorano all’ascolto delle perle sinfoniche chiuse nello scrigno dal compositore nostrano vanno ricercate tra le icone del metal più nobile come Malmsteen (primo amore metallico di Sammartano), Angra, Stratovarius e i nostri Rhapsody, quindi non è l’originalità che troverete tra le note di Time It’s Time, ma musica fuori dal tempo, spettacolare, a tratti dal taglio cinematografico quando le orchestrazioni rimangono le uniche protagoniste dello spartito, prima che deliziose note classiche o ripartenze metalliche aggiungano eleganza o verve al sound.
A Way To Follow, The Song Of Light, Not For Glory e l’apoteosi neoclassic/power/symphonic/epic metal di Valkyrie’s Land portano l’opera dei Kronomatopea a livelli altissimi per un debutto, una vera sorpresa per chi ama gli effetti della sacra alleanza tra musica classica ed heavy metal.
Sembra che i Kronomatopea siano già al lavoro sulla seconda opera, nel frattempo godetevi questo bellissimo quadro musicale dal titolo Time It’s Time.

Tracklist
1.Overture
2.Time, It’s Time
3.A Way To Follow
4.A Break From The Line
5.The Song Of Light
6.Not For Glory
7.The Cycle Of The Life
8.Lighting
9.Valkyrie’s Land
10.Vissi D’arte
11.Tears And Memories

Line-up
Francesco Sammartano – All instruments
Marco Scorletti – Vocals

Riccardo Barbiera – Drums (on tracks: 1,2,3,5,6,8,11)
Gianluca Labella – Drums (on tracks: 8,9)
Simona Guaiana – vocals on tracks: 5,10)
Alessandro Flores – vocals (on track: 6)
Marco Scorletti – vocals (on tracks: 2,8,9)
Raffaele Albanese – vocals (on tracks: 3,8)
Mirko La Porta – lead violin (on tracks: 2,3)
Andrea De Paoli – Harpsichord (on track: 5)

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Ostura – The Room

Gli strumenti tradizionali e classici guidano la musica verso territori inesplorati e la forza del metal, come tempeste di sabbia nel deserto, si unisce alle orchestrazioni ed alle atmosfere suggestive di cui è composto The Room per un risultato sbalorditivo, avvicinandosi alla perfetta sintesi di quanto abbiamo ascoltato in questi anni in campo sinfonico e metallico.

Certo che ci vuole del coraggio per affermare che quello che esce oggi in ambito rock/metal non sia all’altezza delle opere passate, specialmente quando ci si finge sordi e si ignorano lavori di livello altissimo come The Room, ultima fatica e capolavoro della progressive symphonic metal band libanese Ostura.

Il gruppo, formato nel 2009 ed arrivato al secondo album dopo il debutto Ashes of the Reborn, licenziato nel 2012, è formato da cinque musicisti che si fanno accompagnare in questa nuova avventura musicale da una serie di ospiti internazionali di assoluta garanzia di qualità come Arjen Anthony Lucassen, Marco Sfogli e Ozgur Abbak alla chitarra, Michael Mills alla voce, Thomas Lang alla batteria, Dan Veall al basso,  Yamane Al Hage e Jokine Solban al violino, Nobuko Miyazaki al flauto, Mohannad Nassr all’oud e Roger Smith al violoncello, ai quali si aggiungono due orchestre, la City of Prague Philharmonic Orchestra e la The Lebanese Filmscoring Ensemble.
Un mastodontico lavoro di oltre settanta minuti di musica progressiva che ingloba qualsiasi tipo di spirazione arrivi ai musicisti, dal power metal alla musica orientale, dal symphonic metal all’industrial, in un susseguirsi di sorprese pescate dal cilindro musicale del gruppo come farebbe un prestigiatore per intrattenere gli astanti, rapiti dall’eleganza dei movimenti in un clima di magia.
The Room ha un taglio cinematografico, un suono bombastico e pieno, un approccio progressivo senza assomigliare troppo ad alcuna band, ma che se vogliamo si avvicina più alle colonne sonore e per l’approccio vario ed originale alle ultime produzioni dei Pyogenesis, però in un ambito molto più sinfonico.
Gli strumenti tradizionali e classici guidano la musica verso territori inesplorati e la forza del metal, come tempeste di sabbia nel deserto, si unisce alle orchestrazioni ed alle atmosfere suggestive di cui è composto The Room per un risultato sbalorditivo, avvicinandosi alla perfetta sintesi di quanto abbiamo ascoltato in questi anni in campo sinfonico e metallico.
Le sfumature prese dalla musica tradizionale e gli elementi progressivi aggiungono ulteriore poesia ed atmosfere suggestive a momenti di una bellezza straordinaria, come i dodici minuti di Duality o le trame classiche di Let There Be o della spettacolare The Sourge.
Cori epici, sontuose parti orchestrali, metal tra forza power e ricami progressivi, musica elettronica e folk, in questo lavoro c’è di tutto e di più, perfettamente plasmato in un unico sound, e per quanto mi riguarda sarà difficile fare meglio nel genere per quest’anno.

Tracklist
1.The Room
2.Escape
3.Beyond (The New World)
4.Let There Be
5.Erosion
6.Only One
7.Mourning Light
8.Deathless
9.Darker Shade of Black
10.The Surge
11.Duality
12.Exit the Room?

Line-up
Elia Monsef – Vocals, Production, Media
Danny Bou-Maroun – Keyboards, Orchestration, Production
Youmna Jreissati – Vocals
Alain Ibrahim – Guitars
Alex Abi Chaker – Drums (Live)

OSTURA – Facebook

Memoriam – The Silent Vigil

The Silent Vigil si rivela un album di maniera, un esempio di death metal old school senza compromessi, con un’anima che guarda ai defunti Bolt Thrower con un po’ di nostalgia.

Bolt Thrower e Napalm Death su tutti, e poi Benediction, Anaal Nathrakh e Cerebral Fix: basterebbero questi nomi per fare dei Memoriam l’ennesimo super gruppo di stampo death metal.

In effetti la band Karl Willetts, voce di uno dei più grandi gruppi death metal provenienti dal regno unito, possiede dalle potenzialità enormi, alla luce del curriculum dei suoi protagonisti, anche se questo nuovo album alterna brani più riusciti a troppe cadute di tono.
Attivi da un paio d’anni ed attesi come la manna nel deserto dai fans dei Bolt Thrower, i Memoriam hanno strappato applausi e qualche critica positiva con il primo full length For The Fallen, per tornare dopo un anno con un nuovo lavoro che ne conferma la proposta senza infamia e senza lode.
The Silent Vigil si rivela un album di maniera, un esempio di death metal old school senza compromessi, con un’anima che guarda ai defunti Bolt Thrower con un po’ di nostalgia; il lavoro non vive del tutto di luce riflessa, ma stenta ad avere una sua precisa connotazione, con una serie di brani che stancamente si trascinano alla fine senza picchi in un mero esercizio di stile.
Magari due album in un paio d’anni potevano essere riassunti in un unico lavoro, fatto sta che i Memoriam questa volta faticano a convincere e The Silent Vigil lascia un po’ di amaro in bocca; l’estate sta arrivando e la band avrà di che rifarsi in sede live, dove l’esperienza e qualche gemma pescata dalla sontuosa discografia dei Bolt Thrower potrà fare sicuramente la differenza.

Tracklist
1. Soulless Parasite
2. Nothing Remains
3. From the Flames
4. The Silent Vigil
5. Bleed The Same
6. As Bridges Burn
7. The New Dark Ages
8. No Known Grave
9. Weaponised Fear

Line-up
Karl Willets – Vocals
Frank Healy – Bass
Scott Fairfax – Guitar
Andy Whale – Drums

MEMORIAM – Facebook

Roadskills – Mind’s Collision

Mind’s Collision è un ascolto consigliato, al massimo del volume e con il piede a tavoletta sul pedale dell’acceleratore, l’unico rischio è l’autovelox che non manca di certo sulle nostre strade, stay rock!

La Volcano Records estende la sua lava per tutto il territorio nazionale e non sfuggono alla presa infuocata neppure i Roadskills, quartetto di rockers torinesi al debutto con questa mezz’oretta di hard & heavy dal titolo Mind’s Collision.

Come abitudine di molte delle giovani band dedite ai suoni hard rock, anche la band piemontese amalgama ispirazioni old school a più potenti influenze moderne, così da non risultare solo un’onesta band dai suoni vintage, ma provando a portare il rock duro dai rimandi settantiani nel nuovo millennio.
Con al microfono la grintosa cantante Sophia, Francesco alla chitarra, Alessio alla batteria ed Alex al basso, i Roadskills con Mind’s Collision propongono il loro personale credo in fatto di rock duro, graffiante e dal groove che potenzia il tutto, con accenni a colori psichedelici e iniezioni di blues nascoste da un muro di watt che non si placa, neppure quando le atmosfere si dilatano nelle trame di Paranoid, un crescendo di intenso metal/rock oscuro e rituale, brano che risulta il cuore dell’album, posto tra le travolgenti That’s Not Alice e la veloce ed irruente Solitary Wolf.
Una partenza convincente per i Roadskills, bravi nel saper coniugare le due anime del proprio sound senza perdere la bussola e mantenendo un approccio tradizionale ma neppure troppo nostalgico, soprattutto agli occhi dei giovani rockers.
Mind’s Collision è un ascolto consigliato, al massimo del volume e con il piede a tavoletta sul pedale dell’acceleratore, l’unico rischio è l’autovelox che non manca di certo sulle nostre strade, stay rock!

Tracklist
1.Devil Makes Details
2.Tell Me Witch
3.4th November
4.That’s Not Alice
5.Paranoid
6.Solitary Wolf
7.Look Like a Beast
8.Why Don’t You Answer?
9.Hard to Understand

Line-up
Sophia – Vocals
Francesco – Lead Guitar
Alessio – Drum
Alex – Bass

ROADSKILLS – Facebook

Strana Officina – Non Finirà Mai / The Faith

Per i collezionisti e amanti della Strana Officina, la Jolly Roger ha in serbo per questa uscita diversi formati tra cui un vinile grigio limitato alle prime cento copie, vinile classico, cd e digitale: quindi non avete scuse, la storia vi aspetta.

La Jolly Roger Records, in attesa del nuovo lavoro di inediti, pubblica due raccolte marchiate Strana Officina, probabilmente la band italiana più rispettata ed amata dai fans dell’hard & heavy duro e puro.

La leggendaria e tragica storia del gruppo la conosciamo un po’ tutti: la storia della Strana Officina inizia nel 1983 con l’esordio omonimo cantato in italiano, seguito da due lavori dal taglio più internazionale dato dall’idioma inglese nel cantato: The Ritual e Rock ‘n’ Roll Prisoners.
La carriera della “Strana” però si ferma tragicamente nel 1993, quando un incidente stradale si porta via l’anima del gruppo, Fabio e Roberto Cappanera, rispettivamente il chitarrista e il batterista, nonché fondatori del gruppo con l’aiuto del bassista Enzo Mascolo.Difatto la Strana Officina non esiste più, almeno fino al 2006, anno in cui Rolando e Dario Cappanera, tornano sul palco con il monicker originale, accompagnati da Enzo Mascolo e dal singer Bud Ancillotti.
Non Finirà Mai è una raccolta di brani scritti da Rolando e Dario nel 1995, contiene le versioni demo di quattro brani cantati in italiano, più le versioni riarrangiate e risuonate nel 2017.
E’ palese l’atmosfera pesante ed oscura che aleggia sui brani, ma anche la voglia di non mollare e con orgoglio portare avanti il sogno della famiglia Cappanera, il tutto riassunto nella canzone manifesto Non Finirà Mai, che dà il titolo all’album.
I brani sono tutti cantati in italiano, perfetti esempi della tradizione hard & heavy che il gruppo ha portato sui palchi e sulla quale ha costruito la sua reputazione.
The Faith è una raccolta uscita originariamente nel 2006, contiene quasi tutti i brani che andavano a comporre i primi tre lavori del gruppo, rivalutati dal sapiente lavoro in studio di Antonello Saviozzi.
Una compilation completa che racchiude tutti i classici della Strana, dalle graffianti Metal Brigade e The Kiss Of Death, alla cadenzata e potente The Ritual, dalla suggestiva Black Moon, brano dal taglio epico che ricorda i Black Sabbath era Tony Martin , alla bellissima ballad Autostrada Dei Sogni, fino alle mai incise all’epoca dell’uscita, ma proposte abitualmente dal vivo, Profumo Di Puttana ed Officina.
Per i collezionisti e amanti della Strana Officina, la Jolly Roger ha in serbo per questa uscita diversi formati tra cui un vinile grigio limitato alle prime cento copie, vinile classico, cd e digitale: quindi non avete scuse, la storia vi aspetta.

Tracklist
Non Finirà Mai :
Non finirà mai (2017)
Bimbo (2017)
Ricordo Di Lei (2017)
Vittima (2017)
Non Finirà mai (1995)
Bimbo (1995)
Amore e Fuoco (1995)
Vittima (1995)

The Faith :
1.King Troll
2.Metal Brigade
3.The Ritual
4.Rock N Roll Prisoners
5.Falling Star
6.Gamblin’ Man
7.Black Moon
8.War Games
9.Don’t Cry
10.The Kiss of Death
11.Burning Wings
12.Unknown Soldier
13.Profumo di Puttana
14.Autostrada dei Sogni
15.Officina

Line-up
Fabio Cappanera – Guitars
Roberto Cappaner – Drums
Daniele”Bud”Ancillotti – Vox
Enzo Mascolo – Bass
Marcello Masi – Guitars
Rolando Cappanera – Drums
Dario Cappanera – Guitars

STRANA OFFICINA – Facebook

https://youtu.be/EceEiWTBNSc

Bleed From Within – Era

Era si presenta come un lavoro duro come la roccia, il sound bilancia potentissimi mid tempo ad accelerate tipiche di certo thrash metal targato 2018, tra rabbiose frustate estreme e melodie ben inserite nella struttura del sound senza perdere un grammo in impatto e violenza.

Che gli scozzesi Bleed From Within non fossero più dei novellini si capiva dall’anno di inizio attività (2005) e dalla discografia che contava tre full length più una manciata di lavori minori, prima che Era arrivasse tramite la Century Media a portare un po’ di freschezza ad un genere prigioniero dei suoi cliché ed in crisi qualitativa ormai da qualche tempo.

Non che l’album, atteso dai fans cinque lunghi anni, brilli di chissà quale novità stilistica particolare, ma dalla sua la band ha un talento non comune nell’amalgamare aggressività e melodia in un unico devastante sound.
D’altronde i Bleed From Within hanno un passato da gruppo deathcore e la frangia più estrema del death metal moderno continua fortunatamente ad ispirare la band scozzese.
Era si presenta come un lavoro duro come la roccia, il sound bilancia potentissimi mid tempo ad accelerate tipiche di certo thrash metal targato 2018, tra rabbiose frustate estreme e melodie ben inserite nella struttura del sound senza perdere un grammo in impatto e violenza.
Afterlife, la vibrante Shiver, il tornado Bed Of Snake, elevano il gruppo ad ottimi mestieranti del genere suonato, come scritto senza tocchi originali di sorta ma suonato con il cuore e senza le ruffianerie che indeboliscono l’atmosfera delle opere odierne, impegnate più a convincere l’ascoltatore di essere al cospetto della new sensation del momento che far male come conviene e come riesce quel piccolo gioiellino di I am Oblivion, Pt.II.
Scott Kennedy e soci continuano il loro percorso con la naturalezza di chi è convinto dei propri mezzi ed è in possesso della giusta attitudine, risultando un gruppo con un sound personale, e soprattutto onesto.
Era è un buon lavoro che gli amanti del genere non dovrebbero ignorare, sono troppo pochi i lampi metalcore sul mercato odierno per trascurare un album come l’ultimo lavoro dei Bleed From Within.

Tracklist
1. Clarity
2. Crown of Misery
3. Cast Down
4. Afterlife
5. Shiver
6. Bed of Snakes
7. I am Oblivion, Pt. II
8. Alone in the Sun
9. Gatekeeper
10. Ruina
11. Alive

Line-up
Scott Kennedy – Vocals
Ali Richardson – Drums
Craig “Goonzi” Gowans – Guitar
Steven Jones – Guitar
Davie Provan – Bass

BLEED FROM WITHIN – Facebook

Cochise – Swans And Lions

Grunge e hard rock oscuro, attraversato da una demoniaca anima blues, questo troverete tra le trame di Swans And Lions e delle sue dodici tracce, che hanno bisogno di qualche attenzione in più rispetto al rock moderno e groove di moda oggi, ma che regalano buoni spunti, specialmente quando il sound si sposta deciso sul versante gotico/alternativo dei Danzig.

Dalla piovosa Seattle a Białystok in Polonia la strada è lunga: si attraversano oceani e catene montuose, pianure e laghi prima che il freddo opprimente dell’est europeo ci entri nelle ossa e l’unico rimedio sia la cascata di vodka e grappa che aggroviglia le budella dando un po’ di tepore alle nostre povere membra.

Eppure anche verso est si suona hard rock di ispirazione statunitense, magari fuori dai soliti circuiti ma perfettamente in grado di soddisfare gli amanti dei rock anni novanta.
I Cochise, monicker che più americano di così non si può, in verità è dal 2004 che suonano rock duro, e nel 2010 hanno dato alle stampe il primo album, Still Alive ed una cover di Danzig apparsa sulla compilation Tribute to Danzig: The Dark Side Of The Blues.
Arriviamo al 2018 attraverso altri tre lavori prima che Swans And Lions, licenziato dalla MetalMind Productions, si imponga come un ottimo lavoro di rock americano, tra grunge ed influenze alternative.
Il quartetto di rocker polacchi dimostra che l’esperienza nel circuito underground è tanta e fa la differenza, i brani mantengono un approccio pesante, il groove è presente ma non così fondamentale come nelle molte realtà odierne.
Il singer Paweł Małaszyński risulta una convincente via di mezzo tra Glenn Danzig e Layne Staley e, di conseguenza, il sound si specchia in quello dei due gruppi di appartenenza dei due singer citati.
Grunge e hard rock oscuro, attraversato da una demoniaca anima blues, questo troverete tra le trame di Swans And Lions e delle sue dodici tracce, che hanno bisogno di qualche attenzione in più rispetto al rock moderno e groove di moda oggi, ma che regalano buoni spunti, specialmente quando il sound si sposta deciso sul versante gotico/alternativo dei Danzig.
Cori pellerossa (Beautiful Destroyers, …And Lions), atmosfere che imprigionano Alice in catene (Crystal), rock che si specchia nelle pozze formatesi con la pioggia di Seattle ( Tick Tack Toe, Storn) formano un buon esempio di rock duro ispirato all’ultimo decennio del secolo scorso e confermano i Cochise come una buona alternativa alle realtà provenienti dai soliti circuiti musicali.

Tracklist
1.16
2.Crystal
3.Newerland
4.Tick Tack Toe
5.Beautiful Destroyers
6.Pain Of God
7.Winter
8.Control
9.Storn
10.Swans…
11. …And Lions
12. Secrets

Line-up
Paweł Małaszyński – vocal
Wojtek Napora – guitar
Radek Jasiński – bass guitar
Adam Galewski – drums

COCHISE – Facebook

Charlotte In Cage – Times Of Anger

L’album coinvolge con la sua altalena tra i generi e le ispirazioni che hanno portato le Charlotte In Cage alla realizzazione di questa raccolta di brani, sicuramente consigliati agli amanti dei suoni alternativi ma che potrebbero risultare soddisfacenti anche a chi è abituato a musica più estrema.

Non è poi così semplice convogliare in un unico sound alternative metal, atmosfere gothic e reminiscenze post grunge, perché la sfida potrebbe risultare più difficile del previsto ed il flop è dietro l’angolo.

Le Charlotte In Cage, gruppo nostrano tutto al femminile, in arrivo con il debutto Times of Anger su Sliptrick Records, ci sono riuscite creando un proprio suono che accoglie tra le sue trame di tutto un po’ da questi generi, con puntate nel metal estremo dettate dal growl che appare come un’anima nera quando la tensione sale alta e rabbiosa.
La band, nata a Salerno tre anni fa, ha già avuto diversi avvicendamenti nella line up che ad oggi vede Marianna Forino (chitarra), Susanna Angelino (basso e responsabile del growl) e Annalisa Barra alla batteria.
L’album parte alla grande con due brani che affondano le radici nel metal/rock degli anni novanta: Liar e I Hate Myself sono la perfetta sintesi di quello che le Charlotte In Cage suonano, accomunando sotto lo stesso tetto stilistico Hole, Nymphs, Kittie e Sentenced.
Times of Anger vive in questo labile equilibrio di stili con tutta l’attitudine da riot girl delle musiciste campane, cantrici delle problematiche delle donne con una raccolta di brani che non lasciano trasparire cali di tensione, anche quando i suoni si fanno più pacati e vicini all’alternative gothic rock (Dionysus).
Con la sua intensa mezz’ora scarsa di durata, l’album coinvolge con la sua altalena tra i generi e le ispirazioni che hanno portato le Charlotte In Cage alla realizzazione di questa raccolta di brani, sicuramente consigliati agli amanti dei suoni alternativi ma che potrebbero risultare soddisfacenti anche a chi è abituato a musica più estrema.

Tracklist
01. Liar
02. I Hate Myself
03. Yours Faithfully
04. Dionysus
05. 13 Years Old
06. Times Of Anger
07. Monster I Became
08. The Plastic Beast

Line-up
Marianna Forino – guitar
Susanna Angelino – bass/back vocals
Annalisa Barra – drums
Antonella Della Monica – Vocals

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