Pharaoh Overlord – Zero

Stranianti, magnifici e possenti come un dio che svanisce quando scende la droga sciamanica, sciamani di un’altra dimensione in cui si sta davvero bene, o più prosaicamente uno dei migliori gruppi di psichedelia pesante del mondo.

I Pharaoh Overlord sono una bellissima anomalia, una di quelle cose che nascono in mezzo a strane frequenze, e che sono assolutamente e fortunatamente fuori dalla norma.

Innanzitutto sono un supergruppo della psichedelia e del krautrock, dato che sono formati da Jussi Lehtisalo, Janne Westerlund Tomi Leppänen, membri dei notevolissimi Circle, e poi da altri compagni di acide scorribande. La loro attività psicoattiva è cominciata nel 2000 e ha avuto numerose puntate e tutte notevoli, ma questo Zero è una delle più belle e complete. Descrivere il mondo dei finlandesi è arduo, perché bisognerebbe scrivere un altro Alice Nel Paese Delle Meraviglie, ci sono tantissime cose. Si potrebbe dire che questo è un viaggio che a volte tocca i territori della psichedelia e del kraut in quota kosmik, con una voce che è growl, e che è la parte cattiva e sudata del viaggio. Strumentalmente questi signori hanno tecnica e sapienza da vendere, e soprattutto offrono un suono unico che non è rintracciabile da nessuna altra parte, come un venditore di sogni che solo voi conoscete. Qui urge mettersi le cuffie, consumare qualche sostanza ed andare. Il disco è bellissimo, ha mille rivoli, risvolti e chicche da offrire all’ascoltatore, ed è un’esperienza unica come lo è tutto con i Pharaoh Overlord. Il nome richiama, e giustamente, la visione psichedelica della vita di Sun Ra, ovvero non siamo di questo pianeta e vogliamo andarcene, ma già che l’astronave non passa, mettiamoci a fare musica del nostro mondo. Stranianti, magnifici e possenti come un dio che svanisce quando scende la droga sciamanica, sciamani di un’altra dimensione in cui si sta davvero bene, o più prosaicamente uno dei migliori gruppi di psichedelia pesante del mondo.

Tracklist
Side A:
1. Revolution
2. Maailmanlopun ateriana
3. Meanwhile

Side B:
1. Lalibela Cannot Spell Zero
2. Satavuotiaiden Salaisuus
3. I Drove All Night by My Solar Stomp

Line-up
Jussi Lehtisalo
Janne Westerlund
Tomi Leppänen

PHARAOH OVERLORD – Facebook

Tenebra Arcana – Luna ep

Come debutto quello dei Tenebra Arcana è uno dei più impressionanti e belli degli ultimi anni, e dentro ha tante cose che gli amanti del metallo più nero apprezzeranno.

Primo lavoro in download libero degli italiani Tenebra Arcana, che escono con il loro ep Luna.

Nato nel 2018 tra Milano e Lodi, il gruppo debutta con il proprio black metal classico e con elementi sinfonici, ma fatto soprattutto di rabbia e velocità, che sono le componenti essenziali di questo suono. La voce che canta prevalentemente in chiaro, ma non disdegna qualche passaggio in growl, mette in evidenza i testi che sono da seguire con attenzione. L’impatto è notevole, e fin dal primo pezzo prende corpo un massacro senza requie, con momenti di notevole coinvolgimento dell’ascoltatore. Pur essendo un gruppo esordiente i Tenebra Arcana hanno le idee molto chiari, sono devoti al nero metallo e possiedono una notevole cultura musicale che si riverbera nella loro musica. Quest’ultima è sul black metal sinfonico classico, ma in alcune cavalcate sonore il gioco delle due chitarre evidenzia un avvicinamento più moderno al genere, ed il tutto si fonde con tenebrosa armonia. La lunghezza non eccessiva dell’ep ci fa apprezzare le ariose composizioni che sono tutte sopra i quattro minuti e mezzo, a parte la prima e l’ultima canzone. Come debutto quello dei Tenebra Arcana è uno dei più impressionanti e belli degli ultimi anni, e dentro ha tante cose che gli amanti del metallo più nero apprezzeranno. Extra Black Metal nulla salus.

Tracklist
1.Darkness fall
2.The fall
3.Tenebra Arcana
4.Luna
5.Ecate mater nocte

Line-up
Gemy – voice & keyboards
Goro – voice & guitar
Gabriel – guitar
Teone – bass
Darkror – drums

TENEBRA ARCANA – Facebook

Autori Vari – Sludge Doom And Hard Noise

Sludge Doom and Hard Noise è un riassunto delle produzioni e coproduzioni di Taxi Driver Records, il tutto concepito e guidato dall’amore per la musica, ed è inoltre uno sguardo esaustivo sulla bellezza di un certo underground italiano.

Un bellissimo sampler gratuito con il passato, il presente ed il futuro del mondo Taxi Driver, che non è solo un’etichetta discografica, ma un modo di fare e di vivere la musica.

Chiuso qualche anno fa il negozio sito nel centro storico di Genova, che era diventato il punto di riferimento per appassionati e non solo, il duo Sara e Maso ha sempre continuato a vendere on line e soprattutto non ha smesso di essere un’etichetta sempre votata al rumore e sensibile alla scena locale; inoltre Taxi Driver è anche webzine con Tomorrow Hit Today.
Questa super raccolta, in download gratuito sul loro bandcamp raccoglie moltissimi nomi, alcuni li potreste già conoscere, altri li sentirete qui per la prima volta e sarà un gran piacere. Incredibile la varietà e la qualità, troviamo molte declinazioni di generi e sottogeneri, dallo stoner allo sludge, all’elettronica alla psichedelia pesante, in un turbinio di colori e suoni. La raccolta vi regalerà grandi gioie, ci sono nomi della scena genovese come i sempre immensi CRTVTR, gli Ut e i Bells Of Ramon qui con un magnifico inedito che precede l’uscita del loro prossimo disco, e si sente che il gruppo è maturato tantissimo e potrebbe essere una delle migliori cose hard rock che Genova abbia mai concepito. Anche i Desert Rider ci regalano un assaggio di ciò che sarà il loro futuro. La raccolta dà l’idea della portata del lavoro che Taxi Driver ha portato avanti in questi anni, per non parlare di Genova Urla e degli altri concerti organizzati negli anni. Sludge Doom and Hard Noise è un riassunto delle produzioni e coproduzioni di Taxi Driver Records , il tutto concepito e guidato dall’amore per la musica, ed è inoltre uno sguardo esaustivo sulla bellezza di un certo underground italiano. La qualità è molto alta e vi verrà voglia di comprare e supportare, o anche solo di andare a vedere i concerti, perché underground vuol dire anche militanza e tutti abbiamo un compito.
Il rumore continua.

Tracklist
1.PETROLIO – Eating Lights Slowly
2.CAMBRIAN – Hooded Mantanaut
3.BELLS OF RAMON – Long Way To Loose
4.HUMULUS – The Great Hunt
5.DESERT RIDER – Pilgrim Of Chaos
6.UT – Panda Love
7.MOCK THE MANKIND – A Great Depression
8.HIBAGON – Orogenesis
9.NUDIST – Bloody Waters
10.CRTVTR – Sol Guerrilla
11.IDLEGOD – Idlegod
12.LLEROY – Primate
13.ORION – Lucid Dreams
14.THE LAND OF THE SNOW – States Of Longing
15.SONIC WOLVES – Wolfwitch
16.ROSARIO – To Peak And Pine

TAXI DRIVER RECORDS – Facebook

Solaris – L’ Orizzonte Degli Eventi

Ristampa del primo lavoro dei romagnoli Solaris che fanno uno stoner rock desertico in italiano, votato all’occulto e alla metafisica.

Ristampa del primo lavoro dei romagnoli Solaris che fanno uno stoner rock desertico in italiano, votato all’occulto e alla metafisica.

Il suono che ci propongono i ragazzi romagnoli è un qualcosa che nasce nello stoner ma soprattutto nell’innovativa tradizione di gruppi italiani come i Timoria ed i Ritmo Tribale, anche se il tutto è profondamente frutto del gruppo. I Solaris sono anche un’ottima sintesi di quanto di meglio ci sia stato negli ultimi venti anni in un certo sottobosco musicale italiano. Questo ep è stato appunto ristampato in un’edizione limitata di 200 copie, grazie al buon successo avuto nella prima edizione. L’ascolto infatti è molto piacevole, il suono è ipnotico ed incalzante, come se fosse un trip lisergico in mezzo ad una terra molto calda, e il cantato in italiano valorizza enormemente il tutto. I testi parlano di storie viste attraverso un velo mitico, ma anche una lontananza molto vicina, e hanno bisogno della loro musica per essere capiti. A livello compositivo il lavoro è notevole, e e lo si sente in ogni frangente, e la musica si sposa benissimo con le parole. I Solaris non sono affatto un gruppo comune, questo ep lo grida ed è un’altra prova che a cercarlo abbiamo un underground unico in Italia, solo che a volte è più facile cercare altri prodotti in giro di minore qualità. Dentro questo ep c’è anche tanto sentimento, tanta voglia di vedere il leviatano per capire fino in fondo, senza fermarsi ad apparenze digitali. C’è un gusto di antico in questo disco, di pagano e di forte come l’odore dei boschi. Ascoltateli e fatevi un’idea, non vi stancherete di questo ep.

Tracklist
1.Luna
2.Nottetempo
3.Erode
4.Leviatano
5.Specchio

Line-up
Alberto Casadei
Paride Placuzzi
Lorenzo Bartoli
Alan Casali

SOLARIS – Facebook

Dopethrone – Transcanadian Anger

Un trionfo in download gratuito di stoner sludge marcio e di inni alla droga e alla violenza, insomma un bellissimo inferno.

Un trionfo in download gratuito di stoner sludge marcio e di inni alla droga e alla violenza, insomma un bellissimo inferno.

Tornano i canadesi Dopethrone, un gruppo che ha sempre regalato gioie a chi ama un certo suono vizioso, che di solito si accompagna a vite altrettanto viziose. Abusi sonori e abusi di sostanze sono sempre andati a braccetto, ma raramente se ne parla con l’ironia che hanno i Dopethrone, come si può vedere anche nel bellissimo video di Killdozer, rilasciato prima del disco contribuendo ad alzarne di molto l’attesa. Transcanadian Anger è musicalmente un disco dei Dopethrone al cento per cento, i nostri sono in formissima e migliorano quanto ci hanno sempre proposto. Il suono è sempre distorto con le chitarre che grattano, la voce è quella di un tossico al suo ultimo delirio, a metà tra growl e raschio, la batteria ed il basso incidono la nostra pelle con suoni inauditi. Una delle maggiori peculiarità della band canadese è quella di riuscire a costruire un groove mostruoso portando l’ascoltatore al centro di una palude che non lascia scampo. Ascoltando appunto Killdozer, che fa parte della loro scuderia di pezzi veloci, non si può non venire catturati da questo incessante giro di chitarre basso e batterie, che si muove senza mai fermarsi. Inoltre i Dopethrone hanno un timbro musicale molto personale e ben riconoscibile anche all’interno di un genere che comprende un numero elevato di band. Questo ultimo disco, distribuito in download libero, ma anche disponibile in formato fisico su cd e vinile della Totem Cat Records, non sposta di una virgola un discorso musicale intrapreso da anni e portato avanti con grande coerenza, ma lo migliora e lo porta ad un livello ulteriore. Nel bandcamp del gruppo potrete trovare tutti i dischi in download gratuito, e questa è una scelta importante per una realtà della portata dei Dopethrone, perché hanno capito l’evolversi dell’industria musicale mettendo la musica al centro, e guadagnando grazie a chi va ai loro grandi concerti, con una proposta sempre  di ottima qualità. Un disco marcio, pesante e divertente come sanno fare solo questi canadesi.

1. Planet Meth
2. Wrong Sabbath
3. Killdozer
4. Scuzzgasm
5. Tweak Jabber
6. Snort Dagger
7. Kingbilly Kush
8. Miserabilist

Line-up
Drums : Shawn
Guit -Vox : Vince
Bass : Vyk

DOPETHRONE – Facebook

Hot Box – White Trash

Se cercate un bel disco di rapcore nu metal, divertente, diretto e che garantisca molti ascolti avete trovato il titolo giusto.

Il nu metal è un genere strano, che è comparso quasi dal nulla, anche se i suoi prodromi ci sono da tempo: sembra morto ma riesce sempre a rispuntare da qualche parte, seppure non in ambito mainstream.

Questa volta il nu metal, o forse meglio rapcore in questo caso, ci porta in Israele, paese che musicalmente riserva molte sorprese e gli Hot Box sono sicuramente una di queste. Il loro sound è sinuoso, bello potente e deciso, con dei bei giri funky, che aprono la strada a chitarre in puro stile rapcore. I ragazzi cominciano a fare musica nel 2012 nelle città di Arad e Be’er Sheva, facendosi presto un nome nell’underground isrealiano che è molto vivo e ha una grande passione per l’hip hop. Ascoltando White Trash ci si accorge subito che questi israeliani hanno un flow ed un passo molto diverso rispetto alla maggioranza dei gruppi rapcore. La loro musica sembra rimbalzare, con un groove continuo ed incessante, guidati da un basso davvero potente e che struttura tutta le loro composizioni. I pezzi di questo ep sono un ottimo biglietto di visita per questo gruppo che diverte moltissimo e che ha un suono davvero interessante. Dispiace che questo sia solo un ep, ma ripensandoci meglio così perché un lavoro ristretto come questo è ancora più dirompente. Gli Hot Box hanno molte soluzioni sonore e possiedono anche un’attitudine hardcore politicamente scorretta che è un ulteriore valore aggiunto. Se cercate un bel disco di rapcore nu metal, divertente, diretto e che garantisca molti ascolti avete trovato il titolo giusto. I ragazzi israeliani riescono a cambiare registro con facilità e sono sempre in controllo e soprattutto fanno musica con il cuore, e il loro è un cuore grande. Con un disco così la sconfitta non esiste.

Tracklist
1.Intro (sketch – not mixed)
2.Rap Guillotine
3.Big Bag Johnny
4.ShellShock
5.Ugh!
6.Use a friend

Line-up
Dave AKA Cise2 – Vocals
Eddie AKA Flippa – Guitars
Elick AKA SixPack – Bass
Danny AKA Skinny – Drums

HOT BOX – Facebook

Northwoods – Wasteland

Le principali ispirazioni del gruppo perugino sono da ricercarsi nei Converge, nei Botch, negli Snapcase ed in tutti quei gruppi che fanno un hardcore moderno.

Hardcore distopico e caotico da Perugia, violenza ed incubi.

I Northwoods sono un trio al loro debutto discografico che materializza ciò che potrebbe diventare la nostra bella vita nell’emisfero giusto. Città radioattive, caos e morte che viene sia dal cielo che dalla terra, usando un hardcore mutato per raccontare il tutto. Le principali ispirazioni del gruppo perugino sono da ricercarsi nei Converge, nei Botch, negli Snapcase ed in tutti quei gruppi che fanno un hardcore moderno. Wasteland è il frutto della passione per questi suoni, unito ad una buona capacità compositiva, accompagnata ad una propensione alla scrittura di testi molto vividi. Ascoltando i perugini abbiamo un sacco di cambi di tempo, gli strumenti spesso non vanno insieme e la rabbia monta per spirali, insieme alla consapevolezza che siano carne da macello, comandati da chi può, e invece noi non possiamo. La speranza giustamente non abita da queste parti, bisogna riconoscere che l’uomo è il lupo di se stesso, e qui troviamo descrizioni di cose come la City 40 in Russia, dove i cittadini venivano riempiti di ogni ben di dio, ma in cambio venivano esposti a fortissime radiazioni per studiarne gli effetti. Queste cose non possono che venire descritte con questa musica, con questo elettrico vivere sull’orlo dell’abisso, caos ed hardcore. Inoltre i tre perugini lo fanno molto bene. L’unico difetto è che in alcuni passaggi sono un po’ troppo derivativi, mentre nelle cose più loro sono davvero notevoli. Un esordio che lascia il segno, ascoltatelo e fatevi domande, il futuro è terrificante.

Tracklist
1.Ground Zero
2.Moebius
3.City 40
4.Asylum
5.Strenght Path
6.Future Is A Shadow Line
7.Detachment
8.The Witness

Line-up
Alvaro Diamanti – Guitars/Vocals
Federico Mazzoli – Bass
Andrea Gentili – Drums

NORTHWOODS – Facebook

Ghost – Prequelle

I Ghost sono gli Abba dei tempi moderni, fanno musica teatrale o teatro musicale, sono la quintessenza del pop di qualità, proprio come i connazionali lo furono anni fa.

I Ghost sono gli Abba dei tempi moderni, fanno musica teatrale o teatro musicale. Sono la quintessenza del pop, proprio come i connazionali lo furono anni fa.

Sgombriamo subito il campo dalla voce che è sempre girata fin dal loro primo disco, ovvero che siano i nuovi Mercyful Fate: con i danesi non hanno da spartire e lo si può benissimo ascoltare qui. La strada intrapresa è quella che abbiamo sentito in Meliora, rock pop con connotazioni molto a stelle e strisce; rispetto ai lavori passati Prequelle ha un respiro operistico, perché ci sono anche pezzi strumentali che danno un valore diverso al tutto. Le canzoni catturano molto bene l’attenzione dell’ascoltatore, e come nei dischi passati quasi tutti i pezzi sono delle potenziali hit. Una recensione dei Ghost non è fatta per convincere chi non li ama, perché essi rimarranno fermi sulle loro posizioni, ma è uno sprone ad ascoltarli senza preconcetti. L’aura satanica rimane, ma è più che altro un colpo di teatro, anche se i testi sono interessanti come sempre e trattano dell’uomo e della sua vita carnale e spirituale, di una parabola che non si esaurisce in terra, ma è un qualcosa che supera la nostra vita. Un’altra peculiarità molto importante dei Ghost è il riuscire a dare un sapore ottocentesco, un tocco di feuilleton ad un rock pop che si ispira molto alle atmosfere dell’ultimo ottocento e del primo novecento. Le capacità compositive del gruppo svedese crescono disco dopo disco, e dove non arriva l’ispirazione c’è il mestiere ad aiutarli. Una delle novità è qualche composizione dal sapore prog, soprattutto grazie al gran lavoro delle tastiere, come in Miasma, una piccola suite di poco più di cinque minuti che ci mostra un lato nascosto del pianeta Ghost, e che potrebbe avere sviluppi molto interessanti, anche perché nell’ultima parte del pezzo parte un assolo di sassofono davvero sorprendente e molto adeguato. Alcuni ritornelli possono essere considerati troppo radiofonici, ma questo è pop di alta qualità ed è musica che non può essere criptica, ma deve raggiungere le persone; non scordiamoci che, a parte forse il primo album, i Ghost scrivono musica per essere suonata dal vivo. Prequelle è un lavoro più profondo di Meliora, possiede la solita forza del gruppo svedese, ma anche sostanziali novità, e cosa più importante, è un lavoro di grande qualità.

Tracklist
1. Ashes
2. Rats
3. Faith
4. See The Light
5. Miasma
6. Dance Macabre
7. Pro Memoria
8. Witch Image
9. Helvetesfönster
10. Life Eternal

GHOST – Facebook

Coroner – No More Color

A detta di molti il successivo Mental Vortex è stato il migliore disco dei Coroner ed è quasi sicuramente vero, ma No More Color è l’espressione massima degli inizi della band, nella quale viene espressa davvero tutta la grandezza di un thrash diverso e bellissimo.

I primi tre introvabili e costosissimi album dei Coroner sono finalmente stati rimasterizzati e ristampati dalla Century Media Records.

Gli svizzeri sono stati e sono tuttora un gruppo fondamentale, ma la storia non è stata né lineare né facile. No More Color è il terzo disco del 1989, e testimonia ciò che sono sempre stati i Coroner: un gruppo bravissimo e fuori posto. Per la media di fine anni ottanta erano una band troppo difficile per l’ascoltatore medio del thrash metal, ma se si ascolta nel 2018 questo disco, ogni trenta secondi vi verrà da dire che avete già sentito da qualche parte questo passaggio, e anche che questo bridge non è sconosciuto. Thrash molto tecnico, ma non per questo meno traboccante di passione, quello dei Coroner è stato l’asfalto posato su una strada che moltissimi hanno percorso dopo di loro. Non poteva essere di meno per un gruppo di roadies dei connazionali Celtic Frost. In No More Color ci sono momenti di autentico entusiasmo, linee melodiche di altissimo livello, e soprattutto una composizione stellare. Effettivamente per il 1989 era forse troppo, ed infatti i nostri nel 1993 incisero l’ultimo disco Grin, preceduto da Mental Vortex e chiusero per il momento la loro avventura. Nel 2010 fecero un reunion tour, e ora sono in pausa. Cosa lasciano i Coroner ? Tantissimo, basta ascoltarli e capirete perché ci sono persone che li nominano e si illuminano loro gli occhi. In poche parole, qui c’è la tecnica, la passione e la tensione musicale che uno ama nel metal, ecco questo dei Coroner è uno dei migliori metal possibili. La rimasterizzazione, in verità abbastanza scarsa, porta a galla in maniera ancora più marcata la pulizia e la bellezza dei paesaggi sonori di questi svizzeri. Una delle cose più belle dei Coroner è che non cercano scorciatoie, non fanno i furbi, ma lavorano duramente e cercano sempre vie nuove per esprimere il loro talento e l’ascoltatore. A detta di molti il successivo Mental Vortex è stato il loro miglior disco ed è probabilmente vero, ma No More Color è l’espressione massima degli inizi della band, nella quale viene espressa davvero tutta la grandezza di un thrash diverso e bellissimo.

Tracklist
1. Die By My Hand
2. No Need To Be Human
3. Read My Scars
4. D.O.A.
5. Mistress of Deception
6. Tunnel of Pain
7. Why It Hurts
8. Last Entertainment

Line-up
Tommy T. Baron – Guitars
Marquis Marky – Drums, Vocals (backing), Lyrics
Ron Royce – Bass, Vocals

CORONER – Facebook

Six Circles – New Belief

Lo stile musicale dei Six Circles è unico, riceve ispirazione da molti generi, dalla psichedelia al blues, dal rock anni sessanta più lascivo a musica adatta per riti fra strani tappeti.

Duo d’eccezione, composto da Sara Montenerro dei grandissimi Messa e anche nei Restos Humanos, e Giorgio Trombino, uno che fa ottima musica negli Haemophagus, Assumption, Elevators to the Grateful Sky e Furious Georgie.

Insieme hanno messo su i Six Circles per produrre questo New Belief, che è uno splendido viaggio lisergico per diversi mondi mentali grazie ad un suono vintage ma rielaborato molto bene. Lo stile musicale dei Six Circles è unico, riceve ispirazione da molti generi, dalla psichedelia al blues, dal rock anni sessanta più lascivo a musica adatta per riti fra strani tappeti. Sara possiede un modo di cantare che proietta direttamente la nostra mente in un posto molto lontano, dove si sta certamente meglio che nella nostra attuale sistemazione. New Belief sembra un manifesto di una religione sorta nella California degli anni sessanta, dove si predica una spiritualità legata alla carnalità, una consapevolezza che la vita è sogno e bisogna viverla così. L’incedere del disco svela molte sorprese, ma è soprattutto la coscienza alterata che provoca la peculiarità maggiore del disco. Là dove molti imitano, Sara e Giorgio ti prendono dolcemente per mano, con un talento mai in discussione, riuscendo a fare un disco che piacerà a molti. Non manca una parte importante di acid folk che rende il tutto ancora più bello. L’album è stato registrato fra Padova e Palermo in tre mesi, per un risultato davvero buono.

Tracklist
1.New Belief Begins
2.Blue Is The Colour
3.Come, Reap
4.Time Of Erosion
5.The Prism
6.Sins You Hide
7.Late To Awake
8.Take Me To Your Desert
9.Lavender Wells

Line-up
Sara Montenegro – voce e tamburello
Giorgio Trombino – chitarre acustiche ed elettriche, basso, batteria, piano, harmonium, synth, armonica, percussioni

SIX CIRCLES – Facebook

The Damned – Evil Spirits

Evil Spirits è comunque una buona prova per un gruppo che difficilmente sbaglia disco, anche se i vecchi Damned erano tutt’altra cosa.

Nuovo capitolo di una delle carriere più lunghe e tenaci della storia del punk rock.

Secondo molti i The Damned furono i primi a pubblicare un singolo ed un disco punk rock nonché i primi ad andare in tour negli States. Come si può facilmente intuire la questione è più complicata, ma questa non è la sede adatta per dirimerla. I The Damned sono stati invece sicuramente il primo gruppo punk rock ad introdurre forti elementi gothic nella loro opera. Evil Spirits è la loro prima apparizione su disco dal 2008, quando pubblicarono So, Who’ S Paranoid, e ha visto la luce grazie alla raccolta fondi dei fans: si tratta di un lavoro pop gothic, molto inglese nella sua essenza, ovvero con melodie e atmosfere quasi alla Smiths e con il cantato di Vanian che è, come sempre, una delle cose migliori dei Damned. Il confronto con i dischi passati è impossibile da fare, perché i Damned prima erano un’altra cosa, e comunque anche questo disco è qualitativamente buono. Un po’ come per l’ultimo disco dei The Adicts, i suoni fin troppo curati e i volumi contenuti non riescono a rendere quella magia degli anni passati, anche se l’intelaiatura è presente. Il disco è scorrevole, l’organo di Monty Oxymoron fa un grandissimo lavoro, anzi è forse l’attore protagonista, però si sente che i The Damned portano a casa il risultato perché sono un gruppo che ha molto talento e mestiere, che contrappongono alla mancanza di idee. E allora si buttano sulla melodia, che certamente non è mai mancata, e grazie a questa si salvano. Ci sono canzoni migliori delle altre, e forse se la durata media delle stesse fosse minore il discorso sarebbe più compatto. Evil Spirits è comunque una buona prova, per un gruppo che difficilmente sbaglia disco, anche se, come detto,  i vecchi Damned erano tutt’altra cosa.

Tracklist
01. Standing On The Edge Of Tomorrow
02. Devil In Disguise
03. We’re So Nice
04. Look Left
05. Evil Spirits
06. Shadow Evocation
07. Sonar Deceit
08. Procrastination
09. Daily Liar
10. I Don’t Care

Line-up
David Vanian – Vocals
Captain Sensible – Guitar
Monty Oxy Moron – Keyboard
Pinch – Drums
Paul Gray – Bass

THE DAMNED – Facerbook

Kyterion – Inferno II

Black metal di alto livello in italiano vernacolare del XIII secolo, questa in una frase è l’essenza dei bolognesi Kyterion, ma c’è tantissimo d’altro.

Black metal di alto livello in italiano vernacolare del XIII secolo, questa in una frase è l’essenza dei bolognesi Kyterion, ma c’è tantissimo d’altro. Inferno II è il loro secondo album ed un disco da sentire e risentire.

Il loro black metal è vicino ai classici del metal, ed è fatto per dare il maggior risalto possibile alle parole che si sposano con la musica, appunto non si tratta di u nsieme di pose, o una gara a fare le cose nella maniera più lo fi possibile, bensì un progetto ambizioso che coglie nel segno. L’uso dell’italiano popolare del XII secolo ci fa immergere in un’atmosfera medioevale davvero particolare. Il latino era il linguaggio usato dalle istituzioni mentre questo italiano, non ancora consapevole di essere tale, era la lingua del popolo, sporca ma molto espressiva. Il disco è incentrato sulla prima cantica dell’Inferno dantesco, quella di Cerbero tanto per intenderci. Il risultato è un lavoro molto godibile e potente, dove l’irruenza del black non offusca mai le notevoli linee melodiche. Il quasi perfetto bilanciamento fra melodia e potenza è il segreto di questo gruppo che è fra i migliori della scena black italiana e non solo. Inferno II è un disco che va oltre la musica, esplora usando il black metal e l’antico italiano parti della nostra psiche, sia personale che comune. Come spesso accade per il black, esso riesce là dove tanti generi e opere umane hanno fallito : arrivare in profondità creando un pathos altresì introvabile altrove. I Kyterion, poi, sono un gruppo molto talentuoso e molto particolare, per cui il tutto aumenta di valore, arrivando a toccare punti molto alti. Inferno II è un disco che si fa ascoltare e riascoltare, regalando sempre molta soddisfazione. Sarebbe molto bello che altri gruppi seguissero la strada aperta dai bolognesi, esplorando il magnifico italiano vernacolare antico, perché se si ascolta questo disco si intuiscono le grandissime potenzialità di questo linguaggio.

Tracklist
1.Mal Nati
2.Onde La Rena S’Accendea
3.Dite
4.Pena Molesta
5.Cerbero Il Gran Vermo
6.Cocito
7.Dolenti Ne La Ghiaccia
8.Rabbiosi Falsador
9.Vallon Tondo
10.Li ‘Ndivini
11.Terribile Stipa

KYTERION – Facebook

Super Trutux – Trilogia dell’Halibut

Usando l’hardcore melodico i Super Trutux ci portano in profondità dentro i gangli che hanno causato la degenerazione nostra e della società, e ci rendono partecipi del nostro dolore.

La Trilogia dell’Halibut è una raccolta che ri-aggrega in una unica opera i tre video-album Halibut Sociale, Halibut Ambientale e Halibut Individuale, realizzati dai Super Trutux nel periodo tra il 2010 e il 2017.

L’ intenzione dei Super Trutux è quella di concepire un’opera totale, con musica e video che vanno di pari passo dall’atto creativo a quello dell’esposizione. I tre dischi si possono gustare ora nella loro interezza e di seguito, e lo sguardo d’insieme accresce il valore dell’opera. I tre video album formano un corpus unico, un’opera unica nel suo genere ed ambiziosamente proletaria, nel senso che rappresentano un lavoro dal basso che illustra magistralmente meccanismi che regolano le nostre vite e che ci schiacciano ogni giorno. Usando l’hardcore melodico i Super Trutux ci portano in profondità dentro i gangli che hanno causato la degenerazione nostra e della società, e ci rendono partecipi del nostro dolore. La musica potrebbe essere addirittura definita come hardcore melodico progressivo, che mette nella giusta tensione psicologica per andare avanti in questo abisso. Il primo dei tre dischi, Halibut Sociale, descrive come funziona l’economia nel nostro mondo, e qui ci sono i prodromi della distruzione, che è come un circolo vizioso, perché per vivere perpetriamo un capitalismo davvero inumano, che porta poi al secondo disco della serie. Il secondo episodio è l’Halibut Ambientale, seconda tappa della nostra degenerazione, e parla sia dell’abbrutimento ambientale, sia dell’ambiente sociale, che dell’ambiente dentro e fuori da noi. Come nel primo disco la voce narrante, che è giustamente inquietante ed incalzante, ci porta per il labirinto. Il tutto è davvero ben calibrato e con ottimi risvolti, induce a pensare, e pensare fa sempre bene. Arriviamo quindi al terzo ed ultimo atto dell’opera, l’Halibut Individuale. Quest’ultimo è il risultato degli altri due Halibut, ovvero una psicosi generata da una continua esposizione ad un ambiente negativo, che frammenta l’anima e l’essere umano, e lo porta a fratturasi dentro. La Trilogia dell’Halibut è qualcosa di unico, sia per la profondità, sia come riuscita. Non è solo un disco, non è solo un video, è molto altro e va oltre. Si entra nei nervi della società nella quale sopravviviamo e nemmeno sempre. Un disco che spiega più di molti libri la nostra vita, inevitabilmente persa nell’halibut.

Tracklist
01 – Halibut della società del malessere
02 – La società del malessere
03 – Halibut della tecnologia
04 – La tecnologia
05 – Halibut di Adam Smith
06 – Adam Smith
07 – Halibut del monetarismo
08 – Monetarismo
09 – Halibut della fiducia, dell’etica e del decoro
10 – Fiducia, etica e decoro
11 – Halibut della carenza e della scarsità
12 – Carenza e scarsità
13 – Halibut dell’utopia del benessere sociale
14 – Utopia del benessere sociale
15 – Il cerchio aperto
16 – Gli stimoli ambientali devianti
17 – Una idea molto fuorviante
18 – Buddha
19 – L’inverno della fame olandese
20 – La predisposizione
21 – La teoria della fase zero
22 – Il ricordo del proprio passato
23 – Le conseguenze negative dell’ambiente
24 – La metamorfosi
25 – Il cerchio chiuso
26 – L’orlo del precipizio
27 – L’inizio delle emicranie
28 – Il sovraccarico mentale
29 – Il caos nel cervello
30 – Il graduale spegnimento interiore
31 – Il conflitto con l’io
32 – L’insonnia
33 – Il disagio
34 – I tentativi di guarigione
35 – Il fallimento dei tentativi di guarigione
36 – La voce nella testa
37 – L’ossessione
38 – La resa

Line-up
Bennetts: Batteria
Drino: Basso
Folsi: Chitarra

SUPER TRUTUX – Facebook

Mefitica – Vessazione Cronica

La rabbia non tracima, in alcuni casi c’è sempre, basta osservare le nostre vite e ci sono due scelte: ti incazzi e ascolti i Mefitica o pieghi la testa.

La rabbia non tracima, in alcuni casi c’è sempre, basta osservare le nostre vite e ci sono due scelte: ti incazzi e ascolti i Mefitica o pieghi la testa.

I Mefitica mettono la loro rabbia in musica, ed è un bel massacro.
Le coordinate musicali sono quelle del grindcore crust in italiano, cosa di cui abbiamo una delle poche tradizioni di cui andare fieri. Il gruppo della provincia romana, che partorisce sempre un bella rabbia dall’hc al crust passando per l’oi, si è formato con due quarti dei defunti Adirata e con l’aggiunta di un terzo elemento. Con Vessazione Cronica sono alla seconda prova sulla lunga distanza e si pongono fra i gruppi più interessanti nell’ambito crust grind italiano. Nel loro suono la tradizione hc italiana è molto presente, infatti in molti momenti si rimembrano gruppi del passato come i Wretched, brandendo una nera bandiera di ribellione. Musicalmente sono molto variegati e hanno diverse soluzioni sonore, tutte funzionali al loro disegno musicale. Il disagio qui ci viene sbattuto in faccia e Vessazione Cronica è un disco da far sentire a chi spera ancora che la fine non sia stata decisa tempo fa, o che chiusi nella nostra macchina possiamo salvarci dalla falciatrice che c’è là fuori. Più che critica sociale possiamo trovare in questi testi uno squartamento dell’essere umano, dove si recidono certezze mostrandoci per ciò che siamo : merdine piuttosto modeste sul pavimento della storia. Il cantato maschile e femminile, che si alternano, generano un ottimo effetto e si può dire che il disco sia una delle migliori produzioni italiane degli ultimi tempi.

Tracklist
1.Iride di cripta
2.Sangue di latte
3.Ossessione perpetua
4.Vessazione cronica
5.Miasmi
6.Lo spreco
7.Cleptocrazia
8.Il contagio
9.Mefitica
10.Coltan
11.Suicidium
12.Rivivi il male
13.Senza ritorno

Line-up
Antonio Camomilla: Basso & Growl
Ireful Pam : Chitarra e Scream Isterico
Fast Fondi: Batteria & Cori

MEFITICA – Facebook

Mata – Atam

Non è musica facile e non lo vuole essere, ma è davvero affascinante e colpisce nel segno, traccia dopo traccia, andando a pescare il meglio del vero underground italiano, e rielaborandolo in maniera del tutto nuova ed originale, come un big bang di morte e cellule sporche.

Maschere, rumore, ansia, facendo cadere il velo delle nostre piccole incertezze. Siamo certi che sia meglio raccontare che tutto è tranquillo e dobbiamo pensare positivo e restare sereni?

Non sarebbe forse meglio liberare il rumore e sbattere la testa contro il muro della nostra quotidiana e continua marcia di avvicinamento alla morte? I Mata ci offrono come sonici Morpheus una pillola blu o rossa, sta a noi scegliere. Se scegliete di ascoltare Atam allora aspettatevi di tutto, non-musica, noise saturante, frasi molto precise come automi in Westworld, una poetica da megalopoli del 2300. Dalla provincia italiana arrivano questi alieni musicali che fanno un qualcosa che spazza via il mainstream ma soprattutto il finto alternativo. Non ci sono pose o stilemi, ma dittatura del rumore e orgasmi di macchine e strumenti, ultimi rantoli e vagiti delle future bestie. Non è musica facile e non lo vuole essere, ma è davvero affascinante e colpisce nel segno, traccia dopo traccia, andando a pescare il meglio del vero underground italiano, e rielaborandolo in maniera del tutto nuova ed originale, come un big bang di morte e cellule sporche. Il cantato in italiano è un valore aggiunto per una visione musicale che è di valore, e che soprattutto non vuole essere la solita zona di comfort anche quando si proclama alternativa. Qui ci sono aggressioni sonore ed imboscate sonore, ruggiti di demoni maledetti e poesie di chimica bellezza. I Mata sono un progetto parallelo dei Nevroshockingiochi, e hanno fatto questo lavoro concepito in quattro movimenti musicali di catarsi e merda in faccia. Non si sente spesso un qualcosa di così forte e nemmeno di così strutturato, che passa dal glitch all’idm, dal noise all’ambient.
Benvenuti nel nostro futuro, siete pregati di non staccare la siringa dal braccio.

Tracklist
Zero Uno – Movimento Uno
Zero Due – Movimento Due
Zero Tre – Movimento Tre
Zero Quattro – Movimento Quattro

Line-up
Massimo Marini
Mauro Mezzabotta
Emanuele Sagripanti
Alessandro Bracalente

MATA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=HMLTiat_Tyw

Descrizione Breve

Burn The Priest – Legion: XX

Legion: XX non è assolutamente un’operazione dettata dalla sete di soldi, ma è un tentativo riuscitissimo di dare una nuova accezione ad un suono che non è mai morto e che scorre sempre sotterraneo.

Album devastante di cover da parte dei Burn The Priest, ovvero i Lamb Of God con il loro primo nome scelto quando si formarono nel lontano inverno del 1994, quattro anni dopo che si erano conosciuti, escluso il cantante Randy Blithe, alla Virginia Commonwealth University.

In seguito assumeranno il monicker di Lamb Of God, facendo la storia del metal. Qui i nostri vanno alle radici del loro suono, mostrandoci le passioni musicali e la bravura nell’interpretarle, spaziando dal groove metal all’hardcore, arricchendo e rendendo migliore, ed in alcuni casi non era affatto facile, le canzoni che hanno scelto. Ad esempio un pezzo che rende benissimo l’intento del disco è Kerosene dei Big Black, che anche grazie al video di Zev Deans è un po’ il manifesto dell’intera operazione. Il video si ispira al film punk Suburbia ed è la perfetta descrizione di cosa voglia dire vivere nei sobborghi e nella provincia, solo che a sentire certa musica poi ti escono i Burn The Priest e, quindi i Lamb Of God, che non è affatto un brutto risultato. Il disco che ci propongono i Burn The Priest è molto bello e farà la gioia di quei non pochi a cui manca quel suono tra hardcore, noise e metal che tante gioie aveva regalato negli anni novanta e duemila, ma non disperate, qui ne avrete a piene mani. Ovviamente il talento e la caratura superiore dei Burn The Priest fanno la differenza e le cover acquistano vita propria, basti pensare al primo pezzo, Inherit The Earth degli Accused, qui in una versione killer, o a One Voice degli Agnostic Front ancora più veloce cattiva ed incazzata. Album come questo appaiono ogni tanto nel mare standard della musica attuale, e sono calci e pugni. Legion: XX non è assolutamente un’operazione dettata dalla sete di soldi, ma è un tentativo riuscitissimo di dare una nuova accezione ad un suono che non è mai morto e che scorre sempre sotterraneo. E questo disco conferma che gruppo immenso siano i Lamb Of God, incredibili ad ogni latitudine. Se comprate il vinile, la bonus track è In The Meantime degli Helmet, e non dico altro. I Lamb Of God saranno in tour con gli Slayer nel loro giro di addio, con altri gruppi, tanto per completare il massacro.

Tracklist
01. Inherit The Earth (originally performed by THE ACCUSED)
02. Honey Bucket (originally performed by MELVINS)
03. Kerosene (originally performed by BIG BLACK)
04. Kill Yourself (originally performed by S.O.D.)
05. I Against I (originally performed by BAD BRAINS)
06. Axis Rot (originally performed by SLIANG LAOS)
07. Jesus Built My Hotrod (originally performed by MINISTRY)
08. One Voice (originally performed by AGNOSTIC FRONT)
09. Dine Alone (originally performed by QUICKSAND)
10. We Gotta Know (originally performed by CRO-MAGS)
Bonus Track (LP only!):
11. In The Meantime (originally performed by HELMET)

BURN THE PRIEST – Facebook

Labyrinthus Noctis – Opting For The Quasi-Steady State Cosmology

Il gruppo milanese fa un disco che commuove e che, come accadeva in alcuni concept prog degli anni settanta, porta l’ascoltatore lontanissimo, ponendo la maggiore distanza possibile fra lui e la Terra, luogo di eterno dolore.

Disco esoterico di gothic prog metal, una magia per ricordarci che non apparteniamo a questa terra, e che questa terra non è la nostra casa, ma siamo fatti per andare oltre, molto oltre, forse verso Marte che è il protagonista di questa terza prova dei milanesi Labyrinthus Noctis, un gruppo che difficilmente sbaglia un disco.

La novità più grossa è l’entrata in formazione della dotatissima cantante Ivy che porta la band ad un livello superiore. Il disco è un viaggio esoterico oltre il nostro pianeta ospitante, verso il pianeta rosso, e ovviamente ciò vale anche per ciò che sta dentro di noi. Il concept è diviso in tre diversi movimenti, e tutti assieme concorrono a descrivere un viaggio cosmico verso e dentro Marte. Quest’ultimo pianeta è una delle mete più anelate dalla razza umana, una delle ultime Thule, un confine anche angusto per le dimensioni dell’universo, ma un passo enorme e forse impossibile per noi umani. Il gruppo milanese ha sempre fuso nel suo stile musicale diversi generi con grande sapienza e gusto, ma qui si supera. Opting For The Quasi-Steady State Cosmology è un disco di gothic prog doom, uno spartito terrestre per musica celestiale, e l’andamento è praticamente cinematografico, come se la musica descrivesse i fotogrammi di un film inquietante ed inquieto, dove tutto si muove, e il moderno si sfasa per copulare con l’estremamente antico, in una fusione che genera diversi multiversi, descritti mirabilmente dai Labyrinthus Noctis. Il gruppo milanese fa un disco che commuove e che, come accadeva in alcuni concept prog degli anni settanta, porta l’ascoltatore lontanissimo, ponendo la maggiore distanza possibile fra lui e la Terra, luogo di eterno dolore. Un gran bel disco che assicura tanti ascolti e molti sospiri di cuore. Il disco si conclude con la cover di Padre Davvero di Mia Martini, una canzone che parla davvero al cuore, che si lega a Marte e che qui è interpretata magistralmente.

Tracklist
Chapter One: DISCUSSION AND CONTROVERSIES IN THE LIGHT OF FURTHER X-RAY
OBSERVATIONS
1. Reaching The Last Scattering Surface
2. Cygnus X-1 (con Chiara Tricarico alla voce)
3. Melancholia
4. Negentropy
Chapter Two: DARK ENERGY EQUATION-OF-STATE (EOS) AND ITS APPLICATIONS
5. Lament Of Melusine
6. Linear A
7. Kosmonaut Vladimir Komarov
8. Amborella Trichopoda
Chapter Three : FROM HYPERSPACE TO MULTI MESSENGER ASTRONOMY
9. Noctis Labyrinthus
10. Hydrocarbon Lakes
11. Kiss The Scorpion, or The Ballad Of Lilith And Mars
12. Wings Of Honneamise
13. Padre Davvero

Line-up
Moreno: Guitars
Ark: Keyboards, Theremin, Effects
Aeb: Drums
Sin: Bass, Backing Vocals
Ivy: Lead Vocals

LABYRINTHUS NOCTIS – Facebook

Satori Junk – The Golden Dwarf

Il lavoro denota un notevole miglioramento rispetto al già valido primo disco del 2015, perché qui siamo proprio su un altro livello, con i Satori Junk che mostrano una maggiore consapevolezza dei loro mezzi proponendo una formula arricchita.

Seconda prova sulla lunga distanza per i Satori Junk, gruppo milanese di doom psichedelico e stoner, i quali con questo lavoro si migliorano non poco, proponendosi come uno dei gruppi italiani più interessanti nell’ambito.

Fin dalla bellissima intro recitata si intuisce che sarà una lunga discesa verso gli abissi che abbiamo creato e che culliamo nelle nostre teste. Partendo dallo stile che hanno sempre portato avanti, ovvero musica pesante con tastiere aliene, i Satori Junk rendono maggiormente pesante il loro suono e anche più acido, per lunghe cavalcate sotto piogge sporche, corse sotto relitti di imperi troppo grandi per cadere, e ancora attraverso volti sfigurati da nuove droghe. Quando poi spunta il theremin, la magia dei Satori Junk è ormai compiuta e siete catturati, così ascolterete il disco più e più volte, perché ha un fascino magnetico e maledetto, come tutte le cose veramente belle e gustose. Le canzoni sono tutte di ampio respiro e si fanno apprezzare per la loro tenebrosità ed acidità. Ciò che fa risaltare i Satori Junk rispetto agli altri gruppi è questa commistione di tastiere quasi space rock con un suono corrosivamente lento, in una miscela difficilmente rintracciabile in altri lidi. Come detto tutto il lavoro denota un notevole miglioramento rispetto al già valido primo disco del 2015, perché qui siamo proprio su un altro livello, con i Satori Junk che mostrano una maggiore consapevolezza dei loro mezzi proponendo una formula arricchita. Chiude il disco un’incendiaria e acidissima cover di Light My Fire dei Doors, ma il vero godimento è prima.

Tracklist
1.Intro
2.All Gods Die
3.Cosmic Prison
4.Blood Red Shrine
5.Death Dog
6.The Golden Dwarf
7.Light My Fire (The Doors cover)

Line-up
Luke Von Fuzz – Vocals, Synth, Keys, Theremin, Flute
Chris – Guitars, Analog Synth, Sequencer
Lory Grinder – Bass
Max – Drums

SATORI JUNK – Facebook