Noise Trail Immersion – Symbology Of Shelter

La musica dei Noise Trail Immersion è narrazione essa stessa, e il disco ha le bellissime stimmate del lavoro disperato e quasi perfetto, uno specchio sonico nel quale tuffarci per raggiungere un qualcosa che altrimenti è irraggiungibile.

L’intento dei Noise Trail Immersion per questo disco è assai ambizioso, infatti il gruppo italiano ha affermato che intende unire il black metal con il mathcore ed aggiungere qualcosa del post metal.

Obiettivo non da poco, ma che viene raggiunto pienamente con Symbology Of Shelter. Ascoltando questo disco si riverserà su di voi un fiume magmatico di lava incandescente, un nero incendio che tutto devasta, e dopo il suo passaggio nulla sarà come prima. La profondità del successore del bellissimo Womb del 2016, che aveva posto il gruppo sulla mappa, è molto vasta e il risultato va ben oltre rispetto agli intendimenti del gruppo. Come ogni processo portato avanti da un insieme di persone appassionate e competenti, la materia si impossessa dei creatori e prende vita propria crescendo: il risultato è una canzone di 43 minuti divisa in sette tracce, che tratta del processo interiore che è in ognuno di noi, una dura lotta che non finisce mai, ma che è anche quella che ci permette di non soccombere a noi stessi. Infatti il disco uscirà non a caso il due novembre, data altamente simbolica. Il gruppo torinese vi conduce per mano in un vortice fatto di violenza e disperazione, assenza totale di speranza, la luce c’è ma viene inghiottita dalle tenebre. Una delle tante notevoli peculiarità del gruppo torinese è la capacità di creare la tempesta perfetta della musica pesante, con momenti simili a quelli dei Converge ma andando oltre, in una sospensione spazio temporale con gli strumenti che impazziscono e noi non loro. La musica dei Noise Trail Immersion è narrazione essa stessa, e il disco ha le bellissime stimmate del lavoro disperato e quasi perfetto, uno specchio sonico nel quale tuffarci per raggiungere un qualcosa che altrimenti è irraggiungibile. Symbology Of Shelter è un album dalla grande potenza, un’evocazione del nero che è dentro di noi, ma del quale non possiamo fare a meno. La maturazione del gruppo piemontese è continua e lo sta portando a vette molto alte, dove vengono raggiunti momenti di disperata gioia e saturazione del suono.

Tracklist
1.Mirroring
2.Repulsion and Escapism I
3.Repulsion and Escapism II
4.Acrimonious
5.The Empty Earth I
6.The Empty Earth II
7.Symbology of Shelter

Line-up
Fabio – vox
Nebil – guitar
Daniele – guitar
Lorenzo – bass
Paolo – drums

NOISE TRAIL IMMERSION – Facebook

Injury – Wreckage

Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Nuovo ep per i thrashers emiliani Injury (freschi di firma per Volcano Records) sempre all’insegna di un sound diretto, veloce e hardcore style.

La band attiva da una decina d’anni, torna dunque con questo nuovo lavoro composto da cinque diretti in pieno volto intitolato Wreckage, dopo due full length (Unleash the Violence e Dominhate) ed un primo ep licenziato nell’ormai lontano 2010.
Il quartetto non concede alternative, parte sparato per non fermarsi più, ed anche questo lavoro lo vede impegnato in brani violenti e veloci definibili di matrice thrash statunitense ma in versione accelerata.
Wreckage è estremo ed assolutamente senza compromessi, con bolidi sparati verso muri dove si infrangono senza freni: questo risultano i brani che da The Brand Of Hate in poi non lasciano respirare l’ascoltatore, travolto dalla bufera musicale di Under The Sign Of Devastation o Fueled By Rage.
Come accennato Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Tracklist
1.The Brand Of Hate
2.Under The Sign Of Devastation
3.Fueled By Rage
4.Endless Decay
5.I Don’t Belong

Line-up
Alle – Vocals
Mibbe – Bass, Backing Vocals
Pollo – Drums
Simon – Lead / Rhythm Guitar

INJURY – Facebook

Vanishing Kids – Vanishing Kids

La poetica musicale dei Vanishing Kids è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore.

I Vanishing Kids sono americani e fanno un doom metal molto psichedelico e sognante, che può facilmente indurre un dolce stato di trance.

Fondato da Jason Hartman (Jex Thoth) e Nikki Drohomyreky alla voce nei primi anni duemila, il gruppo ha fortemente risentito degli ascolti che i due hanno fatto in giovinezza, probabilmente tutti di grande valore visto il risultato finale.
Ascoltando questo nuovo lavoro, il primo da cinque anni a questa parte, si viene subito introdotti in una dimensione che non è quella quotidiana, bensì un qualcosa che muta sempre tenendo come sottofondo un sogno che si dipana lentamente, senza fretta, per spiegare le sue ali e volare. Dal 2013 è poi entrato nel gruppo Jerry Sofran, uno degli eroi dell’undeground del Midwest degli States con gruppi come Lethal Heathen e Mirrored Image, che ha dato un importante arricchimento al gruppo. Con questa formazione i Vanishing Kids sono al loro massimo, e questo disco ne è la bellissima dimostrazione. La loro poetica musicale è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore. Questa operazione non ha però nulla di violento o di coercitivo, mettere questo disco è come entrare nella tana del Bianconiglio, dove la realtà è felicemente distorta, non è paradisiaca ma è sicuramente lisergica. Il cantato è di rara bellezza, e tutto il resto del gruppo ha le idee molto chiare, sa sempre cosa fare e lo mette in pratica benissimo. Il suono è molto particolare, di una grandissima forza evocativa dai tratti immediatamente riconoscibili. I Vanishing Kids sono uno dei migliori gruppi di psichedelia altra che potete incontrare ed ascoltare, in quanto hanno anche una piccola percentuale di grunge che spiazza piacevolmente rendendo ogni canzone bellissima. Un disco prezioso per provare a sognare ancora attraverso la musica.

Tracklist
1 Creation
2 Heavy Dreamer
3 Without A Sun
4 Mockingbird
5 Eyes of Secrets
6 Reaper
7 Rainbows
8 Magnetic Magenta Blue

Line-up
Nikki Drohomyreky- Vocals, Organ, Synths, Percussion
Jason Hartman- Guitar
Jerry Sofran- Bass
Hart Allan Miller- Drums

VANISHING KIDS – Facebook

Mule Skinner – Airstrike

Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Anche nel grindcore, come negli altri generi estremi, le contaminazioni hanno imbastardito il sound originale, portando il genere verso nuovi lidi senza farne venire meno la prerogativa d’essere uno degli esempi più estremi della musica moderna.

Ovviamente non mancano band che, dopo tanti anni, continuano a proporre con attitudine, personalità e senza compromessi i dettami di un sound che va oltre la musica per abbracciare tematiche sociali e politiche.
Un suono che, come la spazzatura lasciata per giorni sulle strade dei quartieri poveri delle metropoli, viene disprezzato dai benpensanti, ominidi travestiti da persone oneste in un mondo che ha perso il controllo.
I grinders statunitensi Mule Skinner tornano per F.O.A.D. Records con il secondo lavoro di una carriera che partì addirittura nel 1987, ma che in trent’anni ha regalato solo un demo, due ep ed il full length Abuse, licenziato nel lontano 1996.
Quindi si può sicuramente parlare di un ritorno auspicato dagli amanti del genere (anche se l’ep Crushing Breakdown è di quattro anni fa) che conferma i Mule Skinner come band grindcore classica, dal sound stilisticamente conservatore ma pregno di provocatoria denuncia, dall’impatto devastante ed un’attitudine mai doma.
I tredici brani, senza tregua, ci investono con tutta la loro rabbiosa aggressione in quota primi Napalm Death e Terrorizer, ma mantenendo ben salde le coordinate stilistiche e riuscendo a donare ad ogni singolo brano una sua precisa identità.
Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Tracklist
1.Suicide Vest
2.Airstrike
3.Bone & Debris
4.Chocking Agent
5.Bred to Destroy
6.Sovereignty
7.Firing Squads
8.Battle Worshiper
9.Among Sheep
10.Faith in Blood
11.Backbone
12.Tactical Control
13.Fuse

Line-up
Tony Salisbury – Bass
Todd Capiton – Drums
Michael Howes – Guitars
Ryan Ashmore – Vocals

MULE SKINNER – Facebook

Necandi Homines – Black Hole

Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Raramente il titolo di un album si rivela più calzante al contenuto musicale di questo Black Hole, ep dei marchigiani Necandi Homines, intezionati a scaraventare l’ascoltatore in una voragine esistenziale dai confini indefiniti.

La band è reduce dall’ottimo full length Da’at, dello scorso anno, ma il nuovo patrocinio fornito dalla collaborazione tra due etichette come Third I Rex e Toten Schwan sembra aver acuito la vena sperimentale e psichedelica che già era visibilmente impressa in un black doom del tutto sui generis.
I tre brani contenuti in Black Hole mostrano altrettante sfaccettature dei Necandi Homines, dal cupo e inquieto incedere dall’impronta doom del primo, al più nervoso ed estremo snodarsi del secondo, riconducibile ad un black metal pur sempre di natura aliena, per arrivare al lungo e micidiale mantra dell’ultimo episodio, nel quale voci salmodianti si rincorrono poggiandosi su un tappeto psichedelico/rituale in grado di scavare solchi profondi.
Un lavoro come Black Hole è l’esemplificazione di quanto dovrebbe essere lo sperimentalismo in campo estremo, ovvero non un rumorismo sconnesso e fine a sé stesso, ma un susseguirsi di momenti e di intenzioni che scardinano quanto fatto in precedenza, fungendo allo stesso tempo da puntello per ciò che verrà dopo.
Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Tracklist:
1. .
2. ..
3. …

Line-up:
Discissus – Vocals
Oxide – Bass
Hagen – Drums
Apsychos – Guitars

NECANDI HOMINES – Facebook

Through The Clouds – Blinded Minds

Un album nato sotto la bandiera della varietà stilistica, passando agevolmente dal metal più classico, al power, all’ hard rock melodico, fino a sonorità riconducibili al Seattle sound.

La Roxx Records licenzia il debutto del duo brasiliano Through The Clouds, formato da Tiago De Souza (Hand Of Fire, Perpetual Paranoia) e Paulo Lima (Vintage Machine, Rockclass).

Divisi tra la California ed il Brasile, i due musicisti rilasciano questo ottimo lavoro dal titolo Blinded Minds, un album nato sotto la bandiera della varietà stilistica, passando agevolmente dal metal più classico, al power, all’ hard rock melodico, fino a sonorità riconducibili al Seattle sound.
Blinded Minds funziona molto bene, con i due musicisti a loro agio con ogni stile usato per comporre brani interessanti, assolutamente imprevedibili, specialmente ad un primo ascolto nel corso del quale veniamo sballottati dal power dell’opener Crossfire all’hard & heavy di scuola Jorn della title track.
Make You Choice è un massiccio brano hard rock valorizzato da tastiere che riportano all’aor di scuola ottantiana, così come la ballad Lost, mentre Unforgiven è un classico brano metallico di scuola Dio, attraversato da ritmiche thrash nel refrain e, infine, Wondering risulta una ballad di frontiera, tra Bon Jovi e Pearl Jam.
Gli Alice In Chains appaiono e scompaiono tra le armonie chitarristiche dei vari brani, valorizzando un lavoro libero di attraversare decenni di musica metal/rock senza barriere, uno sconfinato spartito musicale dagli anni ottanta ai giorni nostri.
I Through The Clouds hanno dato vita ad un lavoro molto coinvolgente, composto da belle canzoni e ovviamente consigliato a chi apprezza i generi citati senza pregiudizio alcuno.

Tracklist
1. Crossfire
2. Blinded Minds
3. Make Your Choice
4. Better Way
5. Lost
6. Unforgiven
7. Hard Times
8. Wondering
9. Blinded Minds (Reprise)

Line-up
Tiago De Souza
Paulo Lima

THROUGH THE CLOUDS – Facebook

Asylum – 3-3-88

Oltre ad essere un documento storico, questa raccolta inedita, che ha girato per anni in forma di mp3 fra i collezionisti più accaniti, è un ottimo disco e soprattutto una validissima introduzione a ciò che poi saranno gli Unorthodox.

Ritorna uno dei dischi fondamentali della storia del doom metal del Maryland, una delle scene più feconde ed influenti per questo lento e devastante sottogenere del metal.

Gli Asylum nacquero negli anni ottanta, e da questo gruppo nacquero poi gli Unorthodox, un altro grande gruppo di quello stato, ed infatti l’ultima traccia di questo lavoro ha proprio quel nome. Questo lavoro non vide mai la luce, ed è composto da canzoni e demo mai pubblicati. Lo stile è quello del doom del Maryland in fase di formazione, nel senso che è ancora forte l’influenza dell’heavy metal sul gruppo, e si potrebbe affermare che sia un metal non ancora doom, ma con al suo interno un nucleo di composizione differente dall’heavy canonico, che risente fortemente anche della tradizione americana. Colpisce anche la bravura tecnica della band, di molto superiore alla media di quel periodo, e ciò si riflette anche sulla composizione dei pezzi. Ascoltando il disco si può percepire molto bene il cambiamento stilistico degli Asylum, che avanza sempre di più verso una forma maggiormente dilatata del suono, acquistando anche maggiore pesantezza, e valicando spesso i confini della psichedelia, con un suono davvero in stile Maryland. Oltre ad essere un documento storico, questa raccolta inedita, che ha girato per anni in forma di mp3 fra i collezionisti più accaniti, è un ottimo disco e soprattutto una validissima introduzione a ciò che poi saranno gli Unorthodox, un gruppo fondamentale per una certa scena doom, che intitolerà il suo disco di esordio proprio Asylum. Il loro talento qui esce con prepotenza, senza lasciare nulla di intentato, e ci troviamo di fronte ad una notevole opera recuperata con grande merito dalla Shadow Kingdom Records.

Tracklist
1. World In Trouble
2. Mystified
3. Time Bomb
4. Road To Ruin
5. Psyche World
6. Forgotten Image
7. Nowhere
8. Funk 69
9. Indecision
10. Unorthodox

Chapter V: F10 – Pathogenesis

Pathogenesis si candida come uno dei migliori lavori dell’anno in campo black metal, e non sorprende più il fatto che provenga dall’inesauribile fucina ucraina.

Con i Chapter V: F10 ritroviamo all’opera uno dei migliori musicisti ucraini, ovvero Astaroth Merc, colui che sta dietro i magnifici Raventale.

Questa volta il nostro agisce in coppia con il vocalist Howler, uno che tiene decisamente fede al proprio nickname in quanto autore di una prova all’insegna di un parossismo vocale che ben si accompagna ad un black metal che non lascia respiro, pur senza smarrire una precisa idea melodica.
Il concept che sta dietro all’operato dei Chapter V: F10 non è dissimile, per certi versi, da quello che rese noti i Carcass, con liriche in lingua madre incentrate sulla malattia vista, però, quasi come un elemento purificatore di un’umanità la cui putrefazione si estrinseca soprattutto dal punto di vista morale.
Come con i maestri inglesi in Necroticism …, in Pathogenesis troviamo inseriti tra i brani principali diversi frammenti campionati di conversazioni che, pur nella loro incomprensibilità per noi occidentali, non fanno certo presagire argomenti piacevoli.
Fulcro del lavoro sono comunque, dal punto di vista musicale, i quattro ordigni sonori intitolati Pathogenesis As Grace, Wrong Alien Endorphin, Nuclear Dogma AN602 e Helvetestoner, brani spettacolari per potenza, impatto, esecuzione e fluidità. Il lavoro chitarristico di Astaroth Merc è quanto di meglio si possa ascoltare nel genere: le sue doti, già mese ampiamente in evidenza con il più cadenzato black doom dei Raventale, qui assumono sembianze sferzanti, emblema di quei micidiali agenti patogeni capaci di spazzare via in un attimo ciò che resta di quel disordinato formicaio chiamato umanità.
Il black metal, nell’interpretazione dei Chapter V: F10, non è ovviamente una novità assoluta ma possiede una freschezza ed una capacitò di coinvolgimento raramente riscontrabili: Pathogenesis si candida come uno dei migliori lavori dell’anno nel genere, e non sorprende più il fatto che provenga dall’inesauribile fucina ucraina.

Tracklist:
01 – Pathogenesis As Grace / Патогенезис Как Блаженство
02 – Xenomorph Synthesis / Синтез Ксеноморфа
03 – Wrong Alien Endorphin / Инородный Ложный Эндорфин
04 – Blame To Human Beings / Обвинение Человечества
05 – Nuclear Dogma AN602 / Ядерная Догма АН602
06 – Mephistopheles Discipline / Трактат Мефистофеля
07 – Helvetestoner / Helvetestoner
08 – Error Circulation / Круговорот Погрешностей

Line-up:
Astaroth Merc
Howler

CHAPTER V: F10 – Facebook

Voidhaven – Voidhaven

Questa prima uscita dei Voidhaven ci regala una nuova band con i cromosomi doom al collocati al posto giusto per offrirci, nel prossimo futuro, un’interpretazione del genere qualitativamente all’altezza di questo graditissimo primo assaggio.

Prima uscita omonima con questo ep per i tedeschi Voidhaven, band che annovera tra le sue fila due membri degli Ophis (Simon Schorneck e Philipp Kruppa)

Con tali premesse, unite al fatto che poi gran parte della band ha un passato anche nei Crimson Swan, nome meno noto ma pur sempre gravitante nella cerchia del doom, il sound offerto è ovviamente ben orientato verso una direzione malinconica seppure piuttosto melodica, grazie anche al ricorso consistente alle clean vocals.

I due brani in scaletta, che si attestano attorno ai dieci minuti di durata, si rivelano sufficientemente probanti riguardo alle potenzialità di questa nuova band, e non è certo un caso se la Solitude se ne è già assicurata le prestazioni.
I Voidhaven raggiungono un ideale equilibrio tra il funeral melodico degli Ophis ed il gothic doom dei Crimson Swan, andandosi ad attestare su territori contigui a Swallow The Sun ed Evadne, in virtù di un sound per lo più dolente ed atmosferico, sporcato solo di tanto in tanto da qualche ruvidezza rappresentata da riff più robusti e dall’uso del growl.
Troviamo così una The Floating Grave nel complesso più suadente mentre, a seguire, Beyond the Bounds of Sleep mostra tratti più drammatici, anche se il cantato pulito normalmente si snoda come avviene nelle band citate, andando a coincidere con i passaggi più intensi dal punto di vista emotivo.
Ne consegue che questa prima uscita dei Voidhaven ci regala una nuova band con i cromosomi doom al collocati al posto giusto per offrirci, nel prossimo futuro, un’interpretazione del genere qualitativamente all’altezza di questo graditissimo primo assaggio.

Tracklist:
1. The Floating Grave
2. Beyond the Bounds of Sleep

Line-up:
Jakob Bass, Vocals (backing)
Martin Drums
Marcos Lege Keyboards
Simon Schorneck Guitars, Vocals
Phil Guitars

VOIDHAVEN – Facebook

Gourmand – Blossoming From The Grave

Con una forza ed una potenza impressionanti al servizio di un sound dalle partiture mai banali, in Blossoming From The Grave vivono in perfetta simbiosi l’anima progressiva e quella estrema.

Una devastante proposta estrema e progressiva in arrivo dagli States e precisamente dal Kansas, firmata da questo ottimo quintetto chiamato Gourmand.

Il secondo album del gruppo, intitolato Blossoming Of The Grave, segue le coordinate del primo lavoro uscito lo scorso anno (The Inquisitionist) permettendogli di affacciarsi con ancora più impeto sulla scena estrema.
Il death metal old school di ispirazione statunitense viene rielaborato in chiave progressiva senza perdere impatto, con una serie di brani diretti, a tratti impreziositi da atmosfere pacate, per poi ripartire come bolidi in corse all’ultima nota, grazie anche ad una tecnica invidiabile dei musicisti presenti.
Con una forza ed una potenza impressionanti al servizio di un sound dalle partiture mai banali, in Blossoming From The Grave vivono in perfetta simbiosi l’anima progressiva e quella estrema in brani spettacolari come Between Vessel and Body, Siren’s Song e The Price Of Cosciousness. I Gourmand sorprendono, la vena melodica si sostituisce alla parte più violenta lasciando spazio ad aperture ariose e a strumentali che sono ben più di semplici riempitivi bensì brani importanti per l’economia dell’album, come per esempio la splendida Redemption.
Il sound di Blossoming From The Grave trae linfa dal death metal tecnico e progressivo, tra Death, Suffocation e Between The Buried And Me, con sprazzi atmosferici che ricordano gli Opeth: queste influenze si tramutano in un affascinante e convincente mosaico di metal estremo suonato da un gruppo di notevole abilità tecnico compositiva.

Tracklist
1. Blossoming From The Grave
2. A Message In Wax
3. Between Vessel and Body
4. Metamorphosis
5. Redemption
6. Siren’s Song
7. Perpetual Sickness
8. The Price of Consciousness
9. Empathy Gap (Ft. Justin Payne of Unmerciful)
10. The First of My Name

Line-up
Luke Adams – Vocals/Cello
Ben Harvey – Bass/Keys/Backing vocals
Scott Prewitt – Guitar
Danny Loomis – Guitar/Backing vocals
Trevor Hall – Drums

GOURMAND – Facebook

Necrotombs – Embalmed With Rotten Flesh

Si parla di alieni e di temi horror e gore attraverso un metal estremo che varia le sue sfumature, passando dal death metal classico di matrice statunitense al doom/death, fino a toccare lidi brutal in un’orgia si sonorità estreme da buon impatto.

I Necrotombs sono la creatura del polistrumentista nostrano Christian “Xerberus” Contran, con un passato nei Rapist e negli Stigmhate.

Questo ferocissimo esempio di death metal old school si intitola Embalmed With Rotten Flesh ed è il secondo lavoro dopo l’esordio dello scorso anno intitolato 37th Parallel.
Si parla di alieni e di temi horror e gore attraverso un metal estremo che varia le sue sfumature, passando dal death metal classico di matrice statunitense al doom/death, fino a toccare lidi brutal in un’orgia si sonorità estreme da buon impatto.
Xerberus la materia la conosce bene e ci fa dono di una raccolta di brani putridi, vere sinfonie brutali di marca death metal, che alternano scorribande ritmiche a lente marce con il fango alle caviglie, brulicante di vermi che affiorano dai resti umani di cavie da laboratorio.
L’atmosfera creata dal musicista nostrano conduce quindi oltre l’oceano Atlantico, e i brani che compongono Embalmed with Rotten Flesh sono vari ed ispirati da un songwriting che sorprende, passando dagli Obituary, ai Morbid Angel, dai Cannibal Corpse ai Suffocation, con disinvoltura e sagacia senza perdere mai il filo di un discorso che ha nell’impatto e nelle atmosfere macabre la propria forza.
Sono tante le tracce che meritano un plauso, dall’opener Strangled With Guts (Obituary oriented) al doom/death della prima parte della title track fino alla brutale Born From a Corpse.
Embalmed With Rotten Flesh, pt.2 è un gioiellino strumentale con parti oscure e dark, picco compositivo di questo ottimo lavoro che non lascerà sicuramente indifferenti i deathsters dai gusti classici.

Tracklist
1.Strangled with Guts
2.Dissolved in Acid
3.Putrefied
4.Embalmed with Rotten Flesh, Pt. 1
5.Emptiness of Solitude
6.Born from a Corpse
7.Embalmed with Rotten Flesh, Pt. 2
8.Forced to Die
9.Frozen to Be Eaten

Line-up
Xerberus – Everything

NECROTOMBS – Facebook

Pestilence – Dysentery

Un nastro che è una pietra miliare: l’alba del death metal nell’Europa continentale.

Un po’ di storia. I primi dischi death metal escono in Florida tra il 1987 e il 1988.

L’Europa risponde con la concomitante scuola svedese (i cui primi album, a partire dallo storico Left Hand Path degli Entombed, escono dal 1990 in poi) e – cronologicamente addirittura prima, sia pure di poco – con i Pestilence di Consuming Impulse (Roadrunner, 1989). In precedenza, la band olandese aveva dato alle stampe il suo esordio (Malleus Maleficarum nel 1988, un concept sulla caccia alle streghe e sul libro tardo-quattrocentesco che l’aveva avviata). All’origine di tutto vi era un demo davvero di culto, Dysentery, inciso naturalmente su cassetta nel 1987 dai Pestilence: qui, con testi che anticipano gli Autopsy e i Defecation, assistiamo a una primissima commistione – che rimane pressoché unica sul continente europeo – di speed-thrash (nello stile degli Slayer di Show No Mercy) e del nuovo genere inventato dai Death, in America. I quattro pezzi di Dysentery sono stati successivamente ristampati, insieme al secondo demo Penance, su CD dalla Vic Records nell’ottobre del 2015.

Track list
1- Against the Innocent
2- Delirical Life
3- Traitor’s Gate
4- Throne of Death

Line up
Patrick Mameli – Vocals / Guitars / Bass
Randy Meinhard – Guitars
Marco Foddis – Drums

https://www.youtube.com/watch?v=6hJYy7L9akU

1987 – Autoprodotto

Soulfly – Ritual

Come una squadra con un certo palmares le cadute contano doppio, e sebbene la loro carriera sia sempre stata su buoni livelli era il momento di una riscossa, e Ritual è proprio il disco giusto.

Ritual, il nuovo lavoro dei Soulfly, cattura il gruppo capitanato da Max Cavalera nel momento migliore degli ultimi anni.

I Soulfly sono una band che non deve innovare nulla, ma che in compenso hanno il durissimo compito di essere sempre all’altezza del loro blasone e della loro fama. Come una squadra con un certo palmares le cadute contano doppio, e sebbene la loro carriera sia sempre stata su buoni livelli era il momento di una riscossa, e Ritual è proprio il disco giusto. L’aggressività musicale sale di livello e si torna ai Soulfly più veraci, con una produzione che riesce a valorizzare il tutto. Il suono cambia leggermente soprattutto nel maggior respiro delle canzoni, che sono più ampie e con elementi diversi al loro interno, sviluppando maggiormente la composizione rispetto agli episodi precedenti. Una delle maggiori peculiarità è Zyon Cavalera alla batteria: il figlio di Max è davvero un batterista interessante e molto intenso, forse non ancora del livello e della ricchezza musicale dello zio Igor, ma ci stiamo avvicinando.
L’ultima fatica di Max e compagnia ha un suono molto incattivito che attinge pienamente dalle radici metal del gruppo, mentre i temi trattati sono quelli di sempre, ma declinati in maniera maggiormente oscura e marcatamente horror. La scelta del titolo, Ritual, calza a pennello perché come dice lo stesso Max, il metal è un rituale che ha i suoi tempi e i suoi modi, e questo disco è un rituale della famiglia Soulfly, che include chi sta sopra e sotto il palco. Max è in forma come non lo era da tempo, ed il resto del gruppo lo segue molto bene per un risultato che rende Ritual uno degli album migliori dei Soulfly.
Intensità, velocità, cattiveria, incisività, e capacità di far divertire e pensare con il metal, questi sono i Soulfly e tutto ciò è dentro Ritual.

Tracklist
1. “Ritual”
2. “Dead Behind the Eyes” (featuring Randy Blythe)
3. “The Summoning”
4. “Evil Empowered”
5. “Under Rapture” (featuring Ross Dolan)
6. “Demonized”
7. “Blood on the Street”
8. “Bite the Bullet”
9. “Feedback!”
10. “Soulfly XI” (instrumental)

Line-up
Max Cavalera – Vocals and Rhythm Guitar
Marc Rizzo – Lead Guitar
Mike Leon – Bass Guitar
Zyon Cavalera – Drums

SOULFLY – Facebook

Marrasmieli – Marrasmieli

Buona la prima, quindi, per competenza, intensità ed impatto, anche se il giudizio nei confronti dei Marrasmieli resta inevitabilmente sospeso in attesa di un’uscita più probante a livello quantitativo.

Il fatto che ci si occupi della prima uscita dei Marrasmieli, nonostante si tratti di un singolo, è motivato da due aspetti fondamentali, ovvero la lunghezza complessiva del lavoro che raggiunge i venti minuti, durata buona anche per un ep, oltre al fatto che l’etichetta che ne cura l’uscita è la Naturmacht, quanto basta perché il tutto sia meritevole d’attenzione.

Ce ne sarebbe in realtà un terzo, ma quello lo si può scoprire solo a posteriori, cioè la bontà oggettiva dell’operato di questo trio finlandese, capace di disimpegnarsi abilmente con un pagan black ricco di buon gusto melodico e compositivo.
La traccia autointitolata presenta in maniera esemplare questi aspetti , senza accentuare certi elementi folk che si palesano invece nella più lunga e diretta What Nature Fears, nella quale i nostri sconfinano a tratti nei territori di competenza dei Finntroll, anche se si percepisce sempre un’impronta più marcatamente estrema rispetto ai profeti dell’’humppa metal.
Buona la prima, quindi, per competenza, intensità ed impatto, anche se il giudizio nei confronti dei Marrasmieli resta inevitabilmente sospeso in attesa di un’uscita più probante a livello quantitativo.

Tracklist:
1. Marrasmieli
2. What Nature Fears

Line-up:
Nattvind – vocals & drums
Zannibal – guitars
Maelgor – bass

MARRASMIELI – Facebook

Switchblade Jesus/Fuzz Evil – Second Coming Of Evil: Chapter 7

Second Coming Of Evil: Chapter 7 risulta è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda lo stoner/sludge, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità

Uscito qualche tempo fa, questo split, come suggerisce il titolo, è il settimo capitolo dell’interessante iniziativa della Ripple Music, che consiste nel portare in superficie ottime band underground con questo tipo di uscite curate nei minimi dettagli.

Il settimo sigillo della label presenta due notevoli band statunitensi, i pesantissimi texani Switchblade Jesus e gli heavy/rocker dell’Arizona Fuzz Evil.
Il trio proveniente dal Texas risulta attivo dal 2010, con il debutto omonimo risalente al 2013: i tre brani presenti in questo split risultano altrettante mazzate heavy/stoner/sludge rock, attraversate da un’aura psichedelica ed un’attitudine vintage che ci riporta negli anni settanta.
Snake And Lion è un brano hard rock che si muove tra pesantezza sludge, blues acido e psych rock travolgente, mentre la seguente Wet Lungs, si apre con un cameo country per poi lasciare spazio ad un riff in crescendo, monolitico e cadenzato.
Heavy Is The Mountain è un perdersi nel deserto affrontando il caldo letale, un trip psichedelico, un incubo stoner/sludge rock che lascia spazio al rock’nroll dei Fuzz Evil.
Altro trio, la band proveniente dall’Arizona mostra un impatto più rock, con uno stoner desert urgente e diretto dal quale scaturiscono quattro scariche di adrenalina dalle quale fanno capolino gli Stooges.
Anche per i Fuzz Evil il mood è settantiano, grazie ad un rock vintage drogato da iniezioni letali di stoner rock che unisce in una jam psychedelica Stooges e Kyuss: una manciata di tracce per convincere l’ascoltatore travolto dalla forza dei loro colleghi texani ed ora ringalluzzito dall’onda desert rock’n’roll di Better Off Alon, Grave And Cupids, If You Know e la più marcia e strippata Flighty Woman.
Second Coming Of Evil: Chapter 7 è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda il genere, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se si è amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.(Switchblade Jesus) Snakes And Lions
2.(Switchblade Jesus) Wet Lungs
3.(Switchblade Jesus) Heavy Is The Mountain
4.(Fuzz Evil) Better Off Alone
5.(Fuzz Evil) Grave And Cupids
6.(Fuzz Evil) If You Know
7.(Fuzz Evil) Flighty Woman

Line-up
Switchblade Jesus :
Jon Elizondo – Drums
Eric Calvert – Guitars
Chris Black – Bass

Fuzz Evil :
Wayne Rudell – Vocals, Guitars
Joseph Rudell – Vocals, Bass
Orgo Martinez – Drums

SWITCHBLADE JESUS – Facebook

Arcane Tales – Legacy Of The Gods

Gli Arcane Tales sono la versione musicale dei racconti scritti di Luigi Soranno, scrittore e polistrumentista veronese giunto al quarto full length della sua one man band.

Gli Arcane Tales sono la versione musicale dei racconti scritti di Luigi Soranno, scrittore e polistrumentista veronese giunto al quarto full length della sua one man band.

Soranno costruisce la degna colonna sonora ai suoi racconti fantasy, suonando tutti gli strumenti e dedicandosi con ottimi risultati al microfono, creando una serie di brani di epico e sinfonico power metal.
Un altro bellissimo concept conferma il talento di questo artista nostrano, che tutto solo come un guerriero errante dà vita ad un’opera che poco ha da invidiare ai nomi che più riecheggiano nella nostra mente all’ascolto di Legacy Of The Gods.
Rhapsody e compagnia di cavalieri senza macchia e paura sono ovviamente le ispirazioni primarie per la musica degli Arcane Tales, anche se le atmosfere sono più oscure ed il symphonic power metal di brani come la title track o il piccolo devastante capolavoro The Angel Of Death è più estremo, specialmente nelle ritmiche che risultano veloci e potenti come un attacco a sorpresa di un gruppo guerriero ad un sperduto villaggio.
Soranno dimostra di possedere più di un talento oltre alla bravura come quale di opere di genere e scrittore, alzando la qualità di un songwriting che non trova ostacoli o cedimenti.
Se proprio si vuol trovare un difetto, la produzione non risulta all’altezza della musica composta, dettaglio perdonabile e superato dalla di gran lunga dalla bellezza di queste nove composizioni.
Chi non conosce gli Arcane Tales si avvicini senza timore a quest’opera di power metal sinfonico che, se risulta debitrice nei confronti dei Rhapsody, riesce a coinvolgere non poco.

Tracklist
1. Divine Fire Burns Within
2. Breaking The Hard Chains Of Destiny
3. Legacy Of The Gods
4. Pathway To A Forbidden Place
5. Inside The Arcane Reign
6. The Angel Of Death
7. Between These Silent Shores
8. Axes And Hammers
9. Magic Horizons At Nightfall

Line-up
Luigi Soranno – Voice, guitars, ritmic & orchestral section programming

ARCANE TALES – Facebook

Chaos Over Cosmos – The Unknown Voyage

The Unknown Voyage ha nelle note del synth la sua arma migliore, protagoniste di atmosfere futuriste e psichedeliche, anche se la tradizione metal/rock è ben in evidenza.

Sicuramente da considerare come una band metal prog, arrivano al debutto i Chaos Over Cosmos, duo polacco/spagnolo formato da Rafal Bowman (chitarra, synth e programming) e Javier Calderon (voce).

The Unknown Voyage, album che troverete gratuitamente sul web, è un bellissimo lavoro che racchiude in sé una manciata di generi in un’unica proposta, assolutamente progressiva, melodica ma che non nasconde una vena estrema di matrice scandinava.
I Chaos Over Cosmos miscelano in un cocktail metallico prog metal, melodic death e power confezionando quattro lunghe jam di cui tre superano i dieci minuti e solo l’opener A Hidden Path (che funge da intro) rimane confinata in un minutaggio di tre minuti.
Il concept del viaggio spaziale influisce non poco sull’aura psichedelica che aleggia sui brani, da Amour of The Stars (Xenogears), alla settantiana They Will Fall, lungo brano cadenzato che ricorda i Black Sabbath era Dio, dall’incedere evocativo ed epico che si trasforma in un brano heavy veloce e progressivo.
The Compass è il brano più progressivo del lotto, il viaggio del duo continua toccando rive musicali che ricordano gli Edge Of Sanity di Crimson, mentre la conclusiva They Sky Remembered My Name torna su lidi prettamente prog metal dal tagli psichedelico.
Buon ascolto per gli amanti dei suoni progressivi moderni, The Unknown Voyage ha nelle note del synth la sua arma migliore, protagoniste di atmosfere futuriste e psichedeliche, anche se la tradizione metal/rock è ben in evidenza, specialmente nella monumentale They Will Fall.

Tracklist
01. A Hidden Path
02. Armour of the Stars (Xenogears)
03. They Will Fall
04. The Compass
05. The Sky Remembered My Name

Line-up
Rafal Bowman – Guitars, Synth, Programming
Javier Calderon – Vocals

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Steingrab – Jahre nach der Pest

Il tipo di black metal offerto si rivela adatto particolarmente a chi preferisce quelle atmosfere cupe e malinconiche che Mahr non lesina affatto, facendone alla fine un solido punto di forza del suo lavoro.

Terzo full length per Steingrab, il progetto solista del tedesco Mahr (Stephan Krämer).

Jahre nach der Pest offre tre quarti d’ora (a mio avviso la durata ideale per qualsiasi opera musicale) di buon black metal atmosferico, con il valore aggiunto di una nient’affatto scontata varietà compositiva.
Il musicista di Darmstadt mette in luce la propria dimestichezza con il genere, il che gli consente di spaziare fluidamente tra diverse sfaccettature, con predilezione per ariose melodie da un lato e certe propensioni depressive dall’altro; si passa così con buona fluidità da uno stile tipicamente tedesco, solenne e al contempo teatrale (Falscher Frühling e la title track sono tracce emblematiche in tal senso) a richiami più ortodossi alla tradizione scandinava.
Jahre nach der Pest è davvero un buon lavoro, sufficientemente curato sotto tutti gli aspetti per non trovarsi a rimpiangere d’aver impiegato il proprio tempo per ascoltarlo; indubbiamente il tipo di black metal offerto si rivela adatto particolarmente a chi preferisce quelle atmosfere cupe e malinconiche che Mahr non lesina affatto, facendone alla fine un solido punto di forza del suo lavoro.

Tracklist:
1. Präludium
2. Dämon
3. Rachewalzer
4. Das trübe Glas
5. Fort von hier
6. Falscher Frühling
7. Der trübe See
8. Mondfinsternis
9. Jahre nach der Pest
10. Walzer toter Zukunft
11. Verlorene Engel

Line-up:
Mahr – Everything

STEINGRAB – Facebook