Zenit – Black Paper

Senza mai portare la mera tecnica a soffocare il songwriting, gli Zenit danno prova di una già buona maturità artistica in un genere troppe volte afflitto da un abuso della tecnica strumentale fine a sé stessa.

Time To Kill Records pubblica il nuovo album degli Zenit, band nostrana attiva dal 2013 che propone un buon metal estremo di matrice djent e progressive.

Black Paper è composto da otto brani registrati nella capitale ai Kick Recording Studio dal noto produttore Marco Mastrobuono, già al lavoro con Coffin Birth, Hour Of Penance e Fleshgod Apocalypse, per una mezz’ora circa di metal moderno e tecnicamente inattaccabile, dalle trame progressive che non risultano troppo intricate lasciando che ogni brano scorra fluido e potente.
L’uso della doppia voce non sempre convince nella parte pulita, e conseguentemente gli Zenit si fanno preferire nei tanti momenti più estremi delle varie tracce, dall’opener che prende il titolo dal nome del gruppo, passando per la successiva Wraith, la notevole Crow’s Perch e la title track.
Prodotto egregiamente, l’album vive sull’altalena tra le parti estreme ed atmosferiche e liquide sfumature in cui il rock e l’elettronica creano bolle di ossigeno musicale all’interno delle quali ripararsi dalle imminenti esplosioni estreme.
Senza mai portare la mera tecnica a soffocare il songwriting, gli Zenit danno prova di una già buona maturità artistica in un genere troppe volte afflitto da un abuso della tecnica strumentale fine a sé stessa.

Tracklist
01. Zenit
02. Wraith
03. Above and Below
04. Crow’s Perch
05. King Of Lies
06. The Prophecy
07. Black Paper
08. Nadir

Line-up
Federico Fracassi – Vocals
Andrea Pedruzzi – Bass & Growls
Simone Prudenzi – Guitars
Daniele Carlo – Drums

ZENIT – Facebook

Tourniquet – Gazing At Medusa

Un suono drammatico ed ispirato, dalle trame progressive ma dall’impatto estremamente potente, rende questo ultimo lavoro dei Tourniquet un enorme pezzo di granitico metallo, supportato dal potenziale dei musicisti coinvolti.

Quando si parla di metal cristiano non ci si può certo dimenticare dei Tourniquet, il gruppo che vede i due capitani Ted Kirkpatrick e Aaron Guerra. oggi affiancati da Chris Poland (Megadeth) e Tip “Ripper” Owens alle prese con un metal progressivo e vario, ma tipicamente statunitense.

Progetto iniziato nel lontano 1990, i Tourniquet vanno in doppia cifra riguardo ai full length con Gazing At Medusa, album composto da nove brani molto vari, una raccolta di molte delle sfumature che riguardano il metal classico, dal thrash, al doom (bellissima Memento Mori), passando per l’hard & heavy, il tutto condito da una vena progressiva che nobilita il sound.
Ospite importante di questo lavoro è Deen Castronovo (Steve Vai, Journey), voce sulla conclusiva title track di un lavoro imperdibile per gli amanti del metal statunitense.
Un suono drammatico ed ispirato, dalle trame progressive ma dall’impatto estremamente potente, rende questo ultimo lavoro dei Tourniquet un enorme pezzo di granitico metallo, supportato dal potenziale dei musicisti coinvolti.
All Good Things Died Here, il crescendo progressivo di The Peaceful Beauty of Brutal Justice e la title track non deluderanno gli amanti dell’U.S. metal, qui portato alla massima potenza tra bordate di metallo classico e scudisciate thrash.
I Tourniquet, fino ad oggi band di culto del panorama metallico, potrebbero trovare una grossa spinta da questo nuovo album, imperdibile per gli amanti del metal classico a stelle e strisce grazie soprattutto alla vena dei musicisti coinvolti.

Tracklist
1. Sinister Scherzo
2. Longing for Gondwanaland
3. Memento Mori
4. All Good Things Died Here
5. The Crushing Weight of Eternity
6. The Peaceful Beauty of Brutal Justice
7. Can’t Make Me Hate You
8. One Foot in Forever
9. Gazing at Medusa

Line-up
Ted Kirkpatrick – Drums, Bass
Aaron Guerra – Guitars, Vocals
Tim “Ripper” Owens – Vocals (guest musician)
Chris Poland – Guitars (guest musician)
Deen Castronovo – Vocals on “Gazing at Medusa” (guest musician)

TOURNIQUET – Facebook

Forlorn Seas – Exodus

Exodus è un buon inizio per i Forlorn Seas, con sette tracce ispirate che troveranno sicuramente il supporto degli amanti del metal moderno di matrice progressiva.

L’underground rock/metal riesce sempre a regalare ottime sorprese, magari in un momento di stanca come il periodo di fine anno quando di solito si tirano le somme dei dodici mesi trascorsi e si perde l’attenzione necessaria per assaporare nuove proposte.

I padovani Forlorn Seas sono una di queste, alla caccia di estimatori tra gli ascoltatori del metal progressivo di stampo moderno, un genere in cui il baratro della tecnica fine a sé stessa a danno di un sound più emotivo e fruibile diventa sempre più profondo; la giovane band se ne esce con questo lavoro maturo e passionale, nel quale la tecnica è al servizio di un metal dalle tinte dark e atmosferiche senza perdere quel tanto di carica estrema che basta per allontanare ogni dubbio sulla loro forza espressiva, bravi come si dimostrano nell’alternare metal estremo e post rock mantenendo la giusta tensione.
Non perdono il filo del discorso i musicisti veneti, rimanendo dentro i confini di un genere che trova nuova energia in brani come Lost Oracles, la seguente Oniricon o la più melodica Children Of Aton.
L’alternanza tra potenza elettrica ed armonie acustiche è quasi perfetta e permette all’ascoltatore di godere della musica del gruppo senza perdere la giusta attenzione, anche grazie al minutaggio non troppo elevato dei sette brani in programma.
Exodus è un buon inizio per i Forlorn Seas, con sette tracce ispirate che troveranno sicuramente il supporto degli amanti del metal moderno di matrice progressiva.

Tracklist
1.Lost Oracles
2.Oniricon
3.Children Of Atom
4.Crestfallen
5.Thirst
6.The Kingdom Below
7.Blossom

Line-up
Alberto Rondin – Vocals
Giovanni Lazzari – Guitar / Back vocals
Alessandro Casagrande – Guitar
Marco Michelotti – Drums
Nicola Guarino – Bass, Back vocals

FORLORN SEAS – Facebook

Sarah Longfield – Disparity

Sarah dimostra di non essere solo una virtuosa dello strumento, ma anche una musicista, una cantante e una compositrice molto completa e versatile.

Debutto solista per Sarah Longfield, una delle migliori virtuose mondiali della chitarra a sette corde.

Sarah ha formato nel 2012 il gruppo The Fine Constant che, con due dischi come Myriad e Woven In Light, si è fatto una certa reputazione fra chi ama il prog, per poi arrivare a pubblicare molti video in rete che dimostrano la sua straordinaria bravura chitarristica. In questo disco Sarah ci dimostra che le sue capacità sono molteplici e che possiede anche un grande talento compositivo. Disparity è un album che vive su diversi livelli, che fa viaggiare su molti mondi rivelandosi un incontro tra generi. Sicuramente di fondo c’è un grande amore per il prog metal e per il djent, ed è anche molto forte l’importanza dell’elettronica, che costituisce una parte importante della struttura. Inoltre la Longfield propone una rilettura personale dei lavori della tradizione chitarristica, rielaborando a modo proprio cose che Steve Vai e Joe Satriani hanno proposto per la prima volta anni fa. Di suo Sarah ci mette molto mostrando che non c’è solo una virtuosa dello strumento, ma che è una musicista, una cantante e una compositrice molto completa e versatile. L’obiettivo di Disparity è di creare una certa imago mentis nell’ascoltatore, come uno spazio che vive di leggi molto diverse da quelle del mondo reale, perché è composto dal sogno. In alcuni passaggi del disco c’è una struttura quasi free jazz, un rompere tutti gli schemi, concatenando diversi passaggi sonori per poi ottenere quasi uno straniamento sonoro uscendo in forma completamente diversa da quella precedente. Le canzoni sono della giusta durata e sono tutte concatenate fra loro. Come si vede in copertina, anche nel disco Sarah indossa molti colori e riesce a padroneggiarli tutti molto bene, creando un lavoro che fa vedere molto di un talento talmente grande che ci riserverà ancora qualche sorpresa.

Tracklist
1. Intro
2. Embracing Solace
3. Departure
4. Cataclysm
5. Sun
6. Citrine
7. Miro
8. Stay Here
9. The Fall

SARAH LONGFIELD – Facebook

Heir Apparent – The View from Below

Uno dei ritorni più riusciti degli ultimi anni con una band che, dopo tre decenni, regala un album magnifico.

Diciamolo francamente: le tante reunion, o ritorni più o meno importanti delle vecchie glorie del metal classico, molte volte lasciano l’amaro in bocca, essendo frutto di poca convinzione o di un’esaurita vena creativa che attanaglia i protagonisti, da anni fuori dalla scena e tornati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

I rockers d’annata aspettano così queste operazioni con la speranza di un ritorno ai vecchi fasti che puntualmente delude, a meno che non si abbia a che fare con gli Heir Apparent ed il loro nuovo lavoro, The View from Below.
La band di Seattle si ripresenta con un nuovo album dopo ventinove anni, essendo nata nella prima metà degli anni ottanta e resasi protagonista della scena metal progressiva con due capolavori come Graceful Inheritance, debutto sulla lunga distanza uscito nel 1986, e One Small Voice, licenziato dal gruppo nel 1989 un attimo prima che Seattle diventasse famosa per la scena grunge.
Quasi trent’anni quindi, prima di tornare a parlare del gruppo di Terry Gorle e di una sua nuova opera, licenziata dalla No Remorse Records, che risulta la classica eccezione che conferma la regola vista l’altissima qualità di queste otto nuove composizioni di alta classe.
Partendo da due dei gruppi protagonisti per decenni della scena heavy metal progressiva statunitense, come i Queensryche ed i Fates Warning, ci si inoltra verso un viaggio nel metal progressivo di alta scuola, prodotto benissimo, zeppo di raffinate melodie e composto appunto da otto perle che offrono il meglio del metal classico e melodico d’oltreoceano.
Con The View from Below vi scorderete di essere al cospetto di una band datata, lasciandovi trasportare dalle sinuose note progressive che fin dall’opener man In The Sky vi rapiranno, presi per mano dal nuovo cantante Will Shaw, protagonista assoluto di questo lavoro al pari con un songwriting che ha nelle trame epico/progressive di The Road To Palestine il suo punto più alto.
Non sono da meno gli altri brani, tra i quali ricordo la splendida Synthetic Lies, la potente Savior e il mid tempo progressivo dal titolo Insomnia, che conclude uno dei ritorni più riusciti degli ultimi anni con una band che, dopo tre decenni regala un album magnifico, e chiedere di più è impossibile.

Tracklist
1. Man in the Sky
2. The Door
3. Here We Aren’t
4. Synthetic Lies
5. Savior
6. Further and Farther
7. The Road to Palestine
8. Insomnia

Line-up
Will Shaw – Vocals
Terry Gorle – Guitar
Derek Peace – Bass
Ray Schwartz – Drums
Op Sakiya – Keyboards

HEIR APPARENT – Facebook

Hollow – Between Eternities of Darkness

Echi di Nevermore, Queensryche, Morgana Lefay e Tad Morose sono presenti in questo splendido ritorno firmato Hollow, un lavoro che mette in primo piano sentimenti, emozioni, dubbi e paure e le trasforma in musica, tragicamente metallica, potente ma dall’impatto melodico straordinario.

Sono passati vent’anni da quando gli Hollow del polistrumentista Andreas Stoltz licenziarono Architect Of The Mind, bellissimo lavoro che vedeva la band svedese alle prese con un power progressive metal potente e melodico, sulla scia di Nevermore e Morgana Lefay.

La Rockshots Records non si è fatta scappare l’opportunità di mettere il suo marchio su questo inaspettato ritorno intitolato Between Eternities of Darkness, scritto, cantato e suonato da Stoltz con l’aiuto del batterista Stalder Zantos.
Mixato e masterizzato da Ronnie Björnström ai Enhanced Audio Productions in Svezia, l’album racconta il periodo difficile e drammatico di una famiglia normale, un periodo oscuro che non cancella il ricordo di tempi migliori, raccontato per mezzo di un emozionante viaggio nel metal progressivo che, come da tradizione del combo, si divide tra il concetto melodico ricco di tensione, oscuro e drammatico del metal statunitense e quello potente, roccioso e power suonato in Scandinavia a cavallo dei due secoli.
Echi di Nevermore, Queensryche, Morgana Lefay e Tad Morose sono presenti in questo splendido ritorno firmato Hollow, un lavoro che mette in primo piano sentimenti, emozioni, dubbi e paure e le trasforma in musica, tragicamente metallica, potente ma dall’impatto melodico straordinario.
La bravura tecnica del mastermind svedese non si discute, ma è la parte compositiva che lascia senza fiato, trasformando Between Eternities of Darkness, in una raccolta di brani drammatici, spettacolari nelle parti progressivamente ritmiche e da brividi nelle parti cantate.
Fate Of The Jester, Pull Of The Undertow, le splendide Hidden e Calling regalano insieme a tutta la tracklist grande musica metal, di livello superiore alla media per maturità artistica e songwriting: il ritorno degli Hollow è qualcosa più di una gradita sorpresa.

Tracklist
1.Travel Far
2.Fate of the Jester
3.Down
4.Pull of the Undertow
5.Shadow World
6.Hidden
7.Calling
8.The Road I’m on
9.Death of Her Dream
10.Say Farewell

Line-up
Andreas Stoltz – Vocals and Guitar
Stalder Zantos – Drums

HOLLOW – Facebook

Althea – The Art Of Trees

Una cascata di note che non mantiene prigionieri gli Althea in un determinato spazio temporale, ma permette loro di muoversi a piacimento tra il rock progressivo di ogni epoca.

E’ incredibile come la musica sia capace di troncare ogni parola superflua e dare sempre una risposta, zittire tutti e regalare a coloro che la colgono una via di fuga al piattume di una società con poche certezze e tanta stupidità.

Drammi che lasciano posto ad una sequela di frasi senza capo ne coda e che l’uomo saggio dovrebbe ignorare, cercano risposte tra le trame splendide di opere come il secondo lavoro su lunga distanza degli Althea dopo le meraviglie progressive di Memories Have No Name, licenziato un paio di anni fa e tornato lo scorso anno in versione fisica tramite la Sliptrick Records, etichetta che licenzia anche questo bellissimo The Art Of Trees.
Dario Bortot e compagni, da band collaudata, non cambiano di molto il proprio sound rispetto al primo lavoro. gli Althea hanno un loro approccio alla musica progressiva che li fa riconoscere immediatamente, sempre supportati da produzioni ed arrangiamenti di livello superiore e da un’alternanza tra le parti metalliche e quelle più soft che, oltre ad essere assolutamente personali, sono anche il loro maggior pregio.
Una musica delicata, raffinata ed elegante, supportata da un talento melodico straordinario si muove sinuosa tra le partiture progressive dei brani: una cascata di note che non mantiene prigionieri gli Althea in un determinato spazio temporale, ma permette loro di muoversi a piacimento tra il rock progressivo di ogni epoca.
Gli Althea sono bravi a non lasciarsi attrarre troppo da soluzioni cervellotiche e, invece di limitarsi ad esibire al mondo le loro capacità tecniche, lasciano che siano le emozioni scaturite dalla voce di Bortot e dalle splendide melodie di brani come One More Time, Evelyn, The Art Of Trees e Away From Me a prendere per mano l’ascoltatore accompagnandolo in questo bellissimo viaggio a ritroso in una vita che potrebbe essere quella di ciascuno di di noi.

Tracklist
01. For Now
02. Deformed to Frame
03. One More Time
04. Today
05. Evelyn
06. Not Me
07. The Shade
08. The Art of Trees
09. Away From Me feat. Michele Guaitoli
10. Burnout

Line-up
Dario Bortot – Guitars, Keys & Synths
Alessio Accardo – Vocals
Sergio Sampietro – Drums
Andrea Trapani – Bass

ALTHEA – Facebook

Breath Of Nibiru – Skyline Bazaar

Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tecnica enorme, produzione sfavillante ma pochissime emozioni.

Si potrebbe riassumere così la musica contenuta in quest’opera strumentale dei Breath Of Nibiru, duo internazionale composto dal chitarrista italiano Gianluca Ferro (Bouncing The Ocean, Doomsword, Time Machine) e dal batterista statunitense Nick Pierce (Unearth, The Faceless, Culling the Weak), freschi di firma con la nostrana Volcano Records, che promuoverà Skyline Bazaar, già pubblicato in Giappone dalla King Records e ha strappato un’opzione per il prossimo lavoro del duo con uscita prevista entro il 2019.
L’album è un lavoro interamente strumentale , dalle atmosfere sci-fi e pregno di soluzioni progressive moderne e di matrice djent, una lunga cascata di solos e soluzioni ritmiche assolutamente geniali, che sottolineano l’immensa tecnica di questi due maestri del proprio strumento, in un viaggio avanguardistico nel metal progressivo.
Detto ciò, l’ascoltatore non avvezzo alla scena progressive/djent o alle opere dei maghi dello strumento verrà sopraffatto dalla cascata di note dalle difficoltà tecniche mostruose, ma dalla poca sensibilità.
Skyline Bazaar è un album suonato da musicisti eccezionali e rivolto ad altri musicisti o appassionati che si crogiolano in diavolerie tecniche, ma che non lascia trasparire quel poco di feeling necessario per rendere il tutto più fruibile a noi comuni mortali.
Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tracklist
1.Road to Sunrise
2.Pandoras Dimension
3.Parallels
4.Additive
5.A Djinns Illusion
6.Unmasking the Jesper
7.Prisms
8.Exiled in Siberia
9.Skyline Bazaar

Line-up
Gianluca Ferro – Guitar
Nick Pierce – Drums

BREATH OF NIBIRU – Facebook

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook

Tragodia – Before The Fall

Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener e non trovando intralci sulla strada percorsa.

Groove progressive metal di buona qualità, un’atmosfera gotica che incupisce l’atmosfera ed un neanche troppo nascosto impatto thrash sono le peculiarità di questo quarto album targato Tragodia, band lombarda al quarto full length tramite la Revalve Records.

Il gruppo nostrano, dopo cambi di line up e tre album tra il 2007 e il 2013, ritorna dopo cinque anni con dieci nuovi brani che compongono il nuovo Before The Fall, un album dalla potente forza metallica dietro ad un velo di gotiche melodie.
Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener The Untrodden Road e non trovando intralci sulla strada percorsa.
Un album intenso nell’approccio, senza ballad, a parte lo strumentale Of Dark Suns and Dying Stars, sorta di intro alla seconda parte della tracklist, mentre cresce all’ascolto il sentore di essere al cospetto di un quartetto collaudato e dalla ben delineata personalità.
I refrain melodici sono il punto forte di Before The Wall, e vengono alternati a possenti cavalcate progressive che avvicinano la band al metal teatrale della scena statunitense (Veils Of Grey e la title track).
Prodotto splendidamente, così da poter apprezzare in pieno i vari passaggi tra potenza e melodia incastonati in piccoli gioiellini metallici come The Fifth Season e The Forgery, Before The Fall è un ottimo esempio di metal potente e melodico.

Tracklist
1.The Untrodden Road
2.Master of the Loss
3.Veils of Grey
4.The Fifth Season
5.Adrift
6.Of Dark Suns and Dying Stars
7.Before the Fall
8.Star-Driven
9.The Forgery
10.The House by the Grove

Line-up
Luca Meloni – Vocals
Riccardo Tonoli – Guitars
Marco Nicoli – Bass
Daniele Valseriati – Drums and percussion

TRAGODIA – Facebook

Nefesh – Panta Rei

Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Quarto album per gli anconetani Nefesh, nati dalla mente del chitarrista e compositore Luca Lampis.

La visione musicale e poetica del gruppo è molto profonda e anela ad andare molto lontano, e questo disco ne è la prova. Il disco è infatti un concept album in cui le canzoni sono concatenate in maniera diversa fra loro, e infatti lo si può ascoltare in modi differenti : chi vuole può far scorrere le tracce in sequenza anche casuale, ma il modo migliore è quello di ascoltarlo più e più volte di maniera da carpire la complessa profondità di questo lavoro, che si divide in tre trilogie di tre canzoni ciascuna. Gli stili musicali sono diversi, dal prog al thrash, al sympho metal, ma è il progressive a guidare la struttura musicale dei Nefesh. L’intreccio fra musica è ben strutturato e assai profondo, ci sono molte concatenazioni e rimandi ed il tutto è studiato fin nei minimi particolari. Personalmente trovo notevolissimi i brani in italiano, che rimandano alla nostra migliore tradizione prog, in quanto sono anche pezzi molto evocativi e speciali; i pezzi in inglese sono più veloci e potenti, sono altrettanto buoni, ma le canzoni in italiano sono superiori. Un gruppo come i Nefesh cura e valorizza ogni nota del disco, nulla è fatto per caso e dietro a tutto c’è un lavoro profondo e di qualità. Panta Rei è tante cose, ma fondamentalmente un disco sulle relazioni umane, e quindi sull’uomo. I testi, mai ovvi, colgono aspetti molto importanti di noi stessi, ma la cosa fondamentale di questo disco è che lascia aperta una porta alla speranza, cercando di trovare degli argomenti positivi volgendo il nostro sguardo verso il cielo, perché ciò che sta sopra di noi è forse la nostra unica ancora di salvezza. Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Tracklist
01. Outro – Preludio Al Ritorno
02. Panic!
03. Luce Candida
04. The Hidden Sun
05. Preludio Al Divenire
06. The Hell You Are!
07. Vite Condivise
08. Please, Stay
09. Preludio Al Risveglio
10. Be Damned!
11. Costellazioni
12. A New Inner Vision
13. Intro

Line-up
Luca Lampis – Guitars/Arrangements/Lyrics
Michele Baldi – Drums
Matteo Sbrolli – Vocals

NEFESH – Facebook

Virtual Symmetry – XLive Premiere

Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Progetto ambizioso quello dei prog metallers Virtual Symmetry, gruppo di talenti che vede dietro al microfono Marco Pastorino, ex Secret Sphere e mastermind dei Temperance.

Un doppio cd live con tanto di supporto Blu-ray e un’anteprima che vedrà la band presentare il lavoro in una sala cinematografica (Multisala Ciak in via Vincenzo Vela 21 di Mendrisio, nel Ticino) non è cosa da poco e conferma la band come ambiziosa realtà italo/svizzera nel genere.
Un tour italiano di spalla ai Dream Theater, il primo full length licenziato nel 2016 ed intitolato Message From Eternity, seguito dall’ep X-Gate, rappresenta risulta il passato del gruppo, mentre il presente si chiama XLive Premiere, live che immortala la band sul palco del Temus Club di Agno il 31 Marzo scorso.
Diciamolo subito: abituati alle atmosfere dei grandi concerti dal vivo poi trasferiti sui vari supporti, quella di XLive Premiere appare come una splendida serata musicale nelle quale le note create dal gruppo sono ancora più in risalto rispetto all’atmosfera creata dal pubblico, creando appunto un’aura più intima che trova nella perfetta resa sonora il suo punto di forza.
La band mette sul piatto, oltre alla buona tecnica esecutiva, tanto feeling ed un lotto di brani che dalla grande qualità, ispirati al progressive metal dei Dream Theater, ma pregni di personalità.
D’altronde Pastorino del genere se ne intende eccome, la sua esperienza e bravura non si mettono in discussione così come le buone prove dei singoli musicisti, impegnati a riportare dal vivo le trame progressive di splendidi brani come Pegasus, Soul’s Reflections e la suite Message From Eternity dal primo full length, e la coppia Eyes Of Salvation, Alchymera dal precedente ep X-Gate.
Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Tracklist
Disc 1 (CD)
1.Darkened Space
2.Program Error (We Are the Virus)
3.Soul’s Reflections
4.Pegasus
5.You’ll Never Fall Again
6.Silent Sweetness

Disc 2 (CD)
1.Eyes of Salvation
2.Alchymera
3.Elevate
4.Message from Eternity

Line-up
Valerio Æsir Villa – Guitars
Alessandro Poppale – Bass
Davide Perpignano – Drums
Mark Bravi – Keyboards
Marco Pastorino – Vocals

VIRTUAL SYMMETRY – Facebook

https://youtu.be/cjlTWR0YCg4

GC Project – Two Of A Kind

I GC Project hanno dato vita ad un lavoro affascinante, a tratti raffinato, mai troppo metallico, ma dalle molte influenze che pescano ovviamente nel mondo della musica progressiva degli ultimi quarant’anni.

Giacomo Calabria è un batterista e compositore nostrano che, con il suo progetto solista, arriva con Two Of A Kind al secondo lavoro licenziato dalla Sliptrick Records.

L’album è il successore del debutto uscito targato chiamato GC Project di tre anni fa (Face The Odds), un interessante viaggio musicale attraverso i sentimenti umani descritti tramite un progressive rock/metal dalla tecnica sopraffina e dal buon gusto per gli arrangiamenti e con le melodie sempre in primo piano.
In questo lavoro vivono anime progressive che vanno appunto dal rock al metal, passando per generi ed ispirazioni anche molto lontane tra loro come la fusion.
Una musica totale che vede Giacomo Calabria alle prese con una raccolta di brani che sfuggono ad una precisa identificazione, mostrando un’anima errante nel mondo delle sette note.
Aiutato da una proficua campagna di crowdfunding, il musicista nostrano con la sua band ha dato vita ad un lavoro affascinante, a tratti raffinato, mai troppo metallico, ma dalle molte influenze che pescano ovviamente nel mondo della musica progressiva degli ultimi quarant’anni.
L’apertura è lasciata a Desert In The Sky, brano prog metal di chiara ispirazione Dream Theater, band che rimane una delle maggiori ispirazioni specialmente quando i GC Project induriscono i suoni, per poi come detto viaggiare su un tappeto magico che li porta indietro fino agli anni settanta tra Yes e Genesis, la nostra PFM e qualche accenno all’hard blues dei Led Zeppelin.
Con una follia compositiva che provoca cambi di atmosfera ed impatto ad ogni brano, la band ci regala momenti di musica notevole come The Great Red Spot Of Jupiter, la stupenda ballad Black Rose, i saliscendi sull’ottovolante progressivo di The Genius And The Magician e le note fusion di 5 Seasons Of Sonora.
Two Of A Kind risulta quindi un lavoro assolutamente riuscito e da non perdere se siete amanti della musica progressiva.
Tracklist
1. Desert In The Sky
2. The Land Of Broken Dreams
3. The Great Red Spot Of Jupiter
4. Forget Me Again
5. Black Rose
6. Restlessness
7. It’s All About
8. The Genius And The Magician
9. Through The Wind
10. 5 Seasons Of Sonora
11. The Westland
12. Two Of A Kind

Line-up
Giacomo Calabria

GC PROJECT – Facebook

Witherfall – A Prelude To Sorrow

A Prelude To Sorrow è un grido di tragico dolore che va ascoltato per intero, lasciando che le note scavino nel vostro cuore e nella vostra anima: un capolavoro da parte di quella che nel genere è oggi la più grande band in circolazione.

Tutto nasce dal dolore, dalla tragedia, dalla perdita; la musica metal diventa in questo nuovo lavoro targato Witherfall il mezzo per comunicare stati d’animo di una profondità disarmante, un’opera bellissima, dura, malinconica, piena di rabbia e sofferenza, che solo Warrel Dane ed i suoi Nevermore erano riusciti a evocare con i due capolavori Dreaming Neon Black e Dead Heart In A Dead World, album e band unici come unici sono i Witherfall ed il loro A Prelude To Sorrow.

La storia del gruppo americano nasce purtroppo nel momento che il compianto batterista Sagan scompare per una grave malattia, non prima di aver contribuito alla realizzazione del bellissimo debutto Nocturnes And Requiems, uscito in regime di autoproduzione e in seguito ristampato dalla Century Media.
E’ da questa tragedia, infatti, che Joseph Michael e Jake Dreyer trovano l’ispirazione per portare la band verso l’olimpo del metal statunitense: un’esperienza che segna in modo rilevante i due musicisti dal talento cristallino che esplode in tutta la sua genialità tra le note di questo immenso lavoro, dal titolo che riprende le iniziali del batterista scomparso per un tributo che non si ferma a questo ma che si può toccare con mano in ogni singolo momento.
A Prelude To Sorrow è un capolavoro di metal progressivo, oscuro, e tragico, di una potenza devastante, ma che non manca di passaggi melodici ricchi di una malinconia attanagliante.
Se il primo album era una sorpresa ed uno scrigno di emozionante musica metallica, nella scia di grandi nomi del genere come Nevermore, Iced Earth e Savatage e puntate progressive alla Symphony X, con il nuovo album la band va ancora oltre, personalizzando splendidamente la propria proposta e marchiando a fuoco con il monicker Witherfall quest’ora scarsa di meraviglia sonora.
Dreyer alla chitarra fa sfracelli, Steve Bolognese alla batteria risulta una macchina da guerra e forma con Anthony Crawford una sezione ritmica travolgente, Fili Bibiano asseconda Dreyer con una prova maiuscola, ma è la voce di Michael che tocca vette emotive ed interpretative che solo il miglior Dane poteva raggiungere, risultando più melodico del compianto cantante dei Nevermore ma altrettanto emozionante e dal talento smisurato.
Una track by track credo vi annoierebbe, perché A Prelude To Sorrow è un grido di tragico dolore che va ascoltato per intero, lasciando che le note scavino nel vostro cuore e nella vostra anima: un capolavoro da parte di quella che nel genere è oggi la più grande band in circolazione.

Tracklist
1. A Prelude To Sorrow
2. We Are Nothing
3. Moment Of Silence
4. Communion Of The Wicked
5. Maridian’s Visitation
6. Shadows
7. Ode To Despair
8. The Call
9. Vintage
10. Epilogue

Line-up
Anthony Crawford – Bass
Jake Dreyer – Guitars
Joseph Michael – Vocals/Keyboards
Fili Bibiano – Guitar
Steve Bolognese- Drums

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Edward De Rosa – Zeitgeist

Edward De Rosa dimostra non solo la sua bravura ma anche un talento compositivo di qualità e l’album non tradisce le aspettative, con le sue molteplici sfaccettature ed ispirazioni che vanno dal neoclassicismo malmsteeniano alla tradizione prog/power tricolore.

Anche per il funambolico chitarrista Edward De Rosa è arrivato il momento di pubblicare, tramite l’attivissima Revalve il suo primo album solista.

Il musicista nostrano, già membro dei Soul of Steel e session per i symphonic metallers Elegy Of Madness, accompagnato dal talento di Giacomo Voli al microfono (Teodasia, Rhapsody Of Fire) e dai bravissimi Luca Basile alle tastiere e Francesco Paolo Caputo alla batteria (Elegy Of Madness), ha dato vita ad un ottimo esempio di power metal progressivo e neoclassico, specialmente per quanto riguarda il suono che esce come una cascata di note dalla sua sei corde richiamando a più riprese il sovrano del genere, Yngwie Malmsteen.
Scordatevi però il classico lavoro solista tutto virtuosismo e privo delle emozioni di una forma canzone che, invece, in Zeitgest è ai massimi livelli grazie ad un ottimo songwriting e al valore dei musicisti coinvolti che si ritagliano tutti il loro meritato spazio.
Ovviamente l’attenzione è tutta per quelli che, di fatto, sono i protagonisti indiscussi di questo lavoro, De Rosa e Voli, impegnati in performance sopra le righe in una raccolta di brani che hanno nella varietà di sfumature e generi il loro punto di forza.
Si passa quindi da canzoni più power oriented come The Sleep Of Reason, all’epico incedere di Ghost Of The Ruins, brano più lungo e suggestivo del lotto, dai virtuosismi strumentali di Replicants alle atmosfere folk di Tywysoges, fino alla bellissima Fight For Life, un power/folk/metal che richiama i Rhapsody Of Fire del talentuoso Giacomo Voli.
Impegnato anche al basso, Edward De Rosa dimostra non solo la sua bravura ma anche un talento compositivo di qualità e l’album non tradisce le aspettative, con le sue molteplici sfaccettature ed ispirazioni che vanno dal neoclassicismo malmsteeniano alla tradizione prog/power tricolore (Labyrinth, Vision Divine).
In conclusione, un primo lavoro assolutamente riuscito e consigliato agli amanti del genere, suonato e cantato ad alto livello e formato da un lotto di bellissime canzoni.

Tracklist
1.Tempus Fugit
2.Legend The Omega Man
3.The Sleep Of Reason
4.Replicants
5.Ghost Of The Ruins
6.Burning Skies
7.Tywysoges
8.Rebellion
9.Fight For Life
10.Cybersteria

Line-up
Giacomo Voli – Vocals
Edward De Rosa – Lead Guitar, Bass
Luca Basile – Keyboard
Francesco Paolo Caputo – Drums

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Madder Mortem – Marrow

Marrow è l’ennesimo capolavoro di un gruppo unico, dotato di una sensibilità fuori dal comune e di un talento compositivo che rende ogni album un’opera oscura e drammaticamente di livello superiore alla media.

Il mondo della musica gioca brutti scherzi, lo sanno bene i Madder Mortem, band norvegese di un certo spessore attiva nella scena metal da oltre vent’anni, eppure poco considerata rispetto ad altri nomi dall’inferiore talento compositivo.

Ma i fratelli Kirkevaag (Agnete M. e BP M.) vanno avanti per la loro strada ed accompagnati dai fidi Richard Wikstrand, Tormod L. Moseng e Mads Solås ci regalano l’ennesima cascata di splendide note malinconiche, dal piglio dark e pregne di magnetica poesia progressiva.
Partiti nel 1997 come band gothic doom, i Madder Mortem si sono trasformati nel tempo e lungo sette album in un’entità che fagocita emozioni per rigettarle sotto forma metal/rock progressivo, nel quale di gotico non rimane nulla se non quell’aura costituita da oscure emozioni interiori che si riflettono ancora una volta in nove splendidi brani.
Marrow, settimo album di questa inarrivabile realtà scandinava, è composto da nove brani più intro ed outro, è prodotto da BP M. Kirkevaag e non lascia un solo punto di riferimento, giocando con le atmosfere di cui sopra e travolgendoci tra parti progressive tout court, groove e durissimi sfoghi estremi, per poi tornare a deliziarci con suadenti sfumature valorizzate dalla voce personale e magnetica della cantante.
I musicisti, dotati di tecnica da vendere, assecondano un songwriting sovraumano, quindi va da sé che Marrow finisca per rivelarsi l’ennesimo capolavoro di un gruppo unico, dotato di una sensibilità fuori dal comune e di un talento compositivo che rende ogni album un’opera oscura e drammaticamente di livello superiore alla media.
Il progressive di scuola nordica, che tanto ha donato in termini qualitativi in questi ultimi anni, si esalta in brani come Moonlight Over Silver White, Far From Home, White Snow Red Shadows e Waiting To Fall che vanno a comporre un’altra originale e straordinaria opera firmata Madder Mortem.

Tracklist
01.Untethered
02.Liberator
03.Moonlight Over Silver White
04.Until You Return
05.My Will Be Done
06.Far From Home
07.Marrow
08.White Snow, Red Shadows
09.Stumble On
10.Waiting To Fall
11.Tethered

Line-up
Agnete M. Kirkevaag – Vocals
BP. M. Kirkevaag – Guitar & vocals
Richard Wikstrand – Guitar
Tormod L. Moseng – Bass
Mads Solås – Drums

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Fantasy Opus – The Last Dream

Album lunghissimo, ma che sicuramente merita tutta l’attenzione ed il tempo necessario per farlo proprio, The Last Dream a tratti sa regalare emozioni, quindi è assolutamente consigliato ai fans dei suoni power e progressivi.

Un colosso power progressivo è questo ultimo lavoro dei portoghesi Fantasy Opus, band attiva dal 1999 con il monicker Black Thunder, poi cambiato in quello attuale, prima di iniziare una carriera che purtroppo li ha visti sul mercato solo con un demo uscito nel 2001 ed il full length Beyond Eternity, debutto targato 2009.

Nove anni sono passati prima che i Fantasy Opus tornassero con quest’opera studiata in ogni dettaglio, prodotta con cura certosina e concettualmente divisa in due parti: la prima che ha come tema principale il mare e la seconda composta dalle ultime sei tracce che formano una suite, un viaggio romantico e surreale attraverso l’universo generato all’interno dei sogni e della psiche di un vecchio morente.
Musicalmente l’album segue le coordinate del classico power metal con inserti progressivi, quindi aspettatevi lunghe cavalcate dove la band spara ritmiche in doppia cassa, cambi di tempo e crescendo epico progressivi, valorizzati da parti orchestrali e cori magniloquenti.
Settanta minuti di musica pesante non sono pochi, la band si avvale comunque di un buon songwriting che le permette di uscire vincitrice da questa estenuante sfida metallica.
Symphony X e Angra sono le band che più hanno ispirato i portoghesi: da una parte il progressive dal piglio drammatico ed oscuro classico della band di Russell Allen e Michael Romeo, dall’altra i ricami orchestrali del gruppo brasiliano valorizzano l’anima power metal dalle reminiscenze tedesche (Gamma Ray) innate nei Fantasy Opus, per un risultato convincente, specialmente in brani come Chosen Ones, l’epica Conquer The Seas e i tredici minuti della monumentale Perfect Storm.
Album lunghissimo, ma che sicuramente merita tutta l’attenzione ed il tempo necessario per farlo proprio, The Last Dream a tratti sa regalare emozioni, quindi è assolutamente consigliato ai fans dei suoni power e progressivi.

Tracklist
1. Ritual Of Blood
2. Heaven Denied
3. Chosen Ones
4. Lust
5. Conquer The Seas
6. Black Angels
7. Every Scar Tells A Story
8. Perfect Storm
9. Oceans
10. Realm Of The Mighty Gods
11. King Of The Dead

Line-up
Leonel Silva – Vocals
Nilson Santágueda – Bass
Marcos Carvalho – Lead guitars
Ruben Reis – Rhythm guitars
Ricardo Allonzo – Drums

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