Dictator – Dysangelist

Dysangelist, album uscito nel 2008 e riedito oggi dalla Aestethic Death, è una dimostrazione di di musica minimale e a tratti inaccessibile nel suo intento di scarificare lentamente la coscienza dell’ascoltatore.

Ed eccoci arrivare anche dalla soleggiata isola di Cipro un esempio di cupo metal estremo degno di una provenienza da lande ben piu desolate e meno vivibili.

Del resto abbiamo ormai imparato che la necessità di esimere un certo disgusto esistenziale è indipendente dal punto del pianeta in cui il fato ha deciso di farci nascere, anche se non c’è dubbio che almeno statisticamente chi vive in luoghi freddi è in qualche modo più portato a sviluppare una certa indole depressiva o misantropica (il fatto che sia il black che il funeral doom abbiano avuto la loro genesi nell’estremo nord europeo qualcosa vorrà pur dire).
Il nostro Dictator, nonostante non viva per gran parte dell’anno tra neve e ghiaccio e neppure sia costretto a provare l’alienazione chi risiede nelle grandi metropoli, ci investe con un’ora e un quarto di musica di difficile assimilazione che, se ha il funeral doom quale base di appoggio, conserva molto del depressive black a livello di approccio: questo letale mix va a formare Dysangelist, album uscito nel 2008 e riedito oggi dalla Aestethic Death, una dimostrazione di di musica minimale e a tratti inaccessibile nel suo intento di scarificare lentamente la coscienza dell’ascoltatore.
Dissonanze urla, cori gregoriani si susseguono all’interno di una ritmica sempre uguale ed incessante, andando a creare un quadro di inascoltabilità per gran parte di chi si dovesse incautamente avvicinare all’opera senza essere in possesso dei necessari anticorpi; chi, invece, è aduso alla frequentazione di queste desolate lande psichiche, troverà in questa opportuna riedizione di quello che è rimasto l’unico full length marchiato Dictator il fascino irresistibile che può rivestire una così cruda e devastante rappresentazione di disagio esistenziale.

Tracklist:
1. Dysangelist
2. Sanctus
3. Monolithos
4. Phantom Cenotaphium

Line-up:
Dictator – Everything

The Night Flight Orchestra – Internal Affairs/Skyline Whispers

Licenziati anche in vinile, questi due lavori risultano imperdibili per chi ha amato i successivi, confermando i The Night Flight Orchestra come una delle proposte più geniali degli ultimi anni.

La Nuclear Blast saggiamente, dopo il successo degli ultimi due bellissimi lavori (Amber Galactic e Sometimes the World Ain’t Enough), ristampa il debutto Internal Affairs e il successivo Skyline Whispers, i primi due album dei rockers The Night Flight Orchestra originariamente usciti per Coroner Records rispettivamente nel 2012 e nel 2015.

Look rinnovato e l’aggiunta di una bonus track sono le novità di queste due nuove versioni per il super gruppo che vede cimentarsi con il pop/rock anni ottanta una manciata di pilastri del metal estremo capitanati da Björn “Speed” Strid dei Soilwork.
Internal Affairs e Skyline Whispers non hanno nulla da invidiare ai loro successori, dando il via alla saga di questo geniale progetto che raccoglie in sé lo spirito della musica pop rock tra anni settanta e ottanta tra pop, dance e hard rock da arena.
Qualcuno ancora oggi storcerà il naso di fronte a questo gruppo di musicisti che, mettendo da parte l’anima estrema che li contraddistingue, si sono messi in gioco con talento e passione, creando musica che definire senza tempo è un eufemismo, piacevolmente vintage ma dall’appeal stratosferico già dalle prime note del debutto, una raccolta di brani splendidi che hanno nell’eclettismo e la loro arma migliore.
Sul primo album quindi si passa dall’hard rock americano di California Morning, al rock sporcato di blues che ricorda gli Whitesnake di Transatlantic Blues, al funky nero della title track in un turbinio di luci colorate da balere raccontate da Thank God It’s Friday o Saturday Night Fever.
Qualità altissima ed acquisto obbligato anche per il secondo album, Skyline Whispers, uscito tre anni dopo il debutto e che consolidava una proposta fino ad allora vista come un piacevole diversivo dei suoi protagonisti.
Anche qui si viaggia spediti sulle ali dell’assoluta libertà artistica con brani che a turno fotografano le imprese di Van Halen, Electric Light Orchestra, Kiss o Spandau Ballet in brani che chiamare trascinanti è un eufemismo come Stiletto, Lady Jane o Roads Less Travelled.
Licenziati anche in vinile, questi due lavori risultano imperdibili per chi ha amato i successivi, confermando i The Night Flight Orchestra come una delle proposte più geniali degli ultimi anni.

Tracklist
Internal Affairs:
1. Siberian Queen
2. California Morning
3. Glowing City Madness
4. West Ruth Ave
5. Transatlantic Blues
6. Miami 502
7. Internal Affairs
8. 1998
9. Stella Ain’t No Dove
10. Montreal Midnight Supply
11. Green Hills Of Glumslöv
12. Song For Ingebörg

Skyline Whispers:
1. Sail On
2. Living For The Nighttime
3. Stilletto
4. Owaranai Palisades
5. Lady Jade
6. I Ain’t Old I Ain’t Young
7. All The Ladies
8. Spanish Ghosts
9. Demon Princess
10. Skyline Whispers
11. Roads Less Travelled
12. The Heather Reports
13. September You’re A Woman

Line-up
Björn Strid -Vocals
Sharlee D’ Angelo – Bass
David Andersson – Guitar
Richard Larsson – Keyboards
Jonas Källsbäck – Drums
Sebastian Forslund – Guitar
Backing Vocals by the Airline Annas – Anna Brygård and Anna-Mia Bonde

THE NIGHT FLIGHT ORCHESTRA – Facebook

Timoria – Viaggio Senza Vento (25th Anniversary Edition)

La 25th Anniversary Edition è il giusto tributo ad uno degli album di rock italiano più belli di sempre: Joe vi aspetta per raccontarvi ancora il suo Viaggio senza Vento, accompagnato dal rock dei Timoria.

Probabilmente per capire del tutto lo spirito che animò i Timoria nel periodo dell’uscita del loro capolavoro, bisognerebbe tornare sotto il palco di un qualunque teatro italiano nel quale i cinque musicisti bresciani ultimarono la loro trasformazione da classica rock band tricolore a gruppo dal piglio internazionale, ispirato dal rock degli anni 60/70 e rapito dalle sonorità che arrivavano dalla Seattle di quel periodo.

Infatti era abitudine di Pedrini e compagni tributare nel corso dei loro live band come Who e Temple Of The Dog, esempi fulgidi di quel rock di cui Viaggio Senza Vento è pregno.
Dopo l’acerbo debutto Colori Che Esplodono, la band diede subito dimostrazione del suo talento con il seguente Ritmo e Dolore, un album d’autore, enormemente più maturo del suo predecessore e che al suo interno ha uno dei brani più belli della discografia, L’Uomo Che Ride, presentata con (prevedibile) scarso successo all’inutile festival della canzone italiana in quel di Sanremo.
Storie Per Vivere fu piccolo passo falso, ma forse necessario alla trasformazione che avverrà esattamente un anno dopo con l’uscita del magnifico Viaggio Senza Vento.
I Timoria assunsero le sembianze di una rock band all’interno della quale tutti i suoi componenti esprimevano al meglio le loro potenzialità: Pedrini e Renga formavano la classica coppia come tante nella storia del rock, cantante e chitarrista sempre in primo piano, uno con la sua straordinaria voce, tra Daltrey, Cornell e Plant e l’altro compositore e anima della band, così come Carlo Alberto Pellegrini, sorta di John Paul Jones al basso, Diego Caleri alla batteria ed Enrico Ghedi alle tastiere.
L’album è un concept sul viaggio e sulla redenzione di Joe, una sorta di versione novantiana di Tommy, eroe degli Who ed opera che influenza non poco il lavoro del gruppo, accompagnato da ospiti importanti come Eugenio Finardi, Mauro Pagani ed il percussionista colombiano Candelo Cabezas, già al lavoro con i Litfiba.
Hard rock, folk, rap, suggestioni psichedeliche e grunge riempiono di grande musica questo straordinario lavoro, in un susseguirsi di colpi di scena compositivi che fanno di Viaggio Senza Vento uno degli album rock più belli scritti nel nostro paese.
Diversi generi confluiscono nello spartito di brani dal grande appeal che mantengono un approccio diretto ma assolutamente fuori da qualsiasi intento commerciale, in un genere difficile come il rock duro cantato in italiano: un vocalist eccezionale ed una storia che legava vita e drammi giovanili ad un’aura mistica di viaggio e completezza interiore, rendono la title track, Sangue Impazzito, La Cura Giusta, Verso Oriente, Piove ed Il Guerriero (ma sarebbe da citare l’intera tracklist) inni di un generazione che in Italia continuava a faticare per uscire dall’anonimato, soffocata dall’assoluta mancanza di una vera e propria cultura rock.
Questa nuova versione vede l’intero lavoro rimasterizzato sul primo cd e alcune versioni demo più l’inedito Angel e la cover di I Can’t Explain degli Who sul secondo, mentre nella configurazione super deluxe il tutto viene arricchito da un doppio vinile giallo, dal poster raffigurante la band e da un libretto con i commenti dei protagonisti: Joe vi aspetta per raccontarvi ancora il suo Viaggio senza Vento, accompagnato dal rock dei Timoria.

Tracklist
CD 1:
01. Senza Vento
02. Joe
03. Sangue Impazzito
04. Lasciami In Down
05. Il Guardiano Di Cani
06. La Cura Giusta
07. La Fuga
08. Verso Oriente
09. Lombardia
10. Campo Dei Fiori Jazz Band
11. Freedom
12. Il Mercante Dei Sogni
13. La Città Del Sole
14. La Città Della Guerra
15. Piove – Remastered
16. Il Sogno – Remastered
17. Come Serpenti In Amore
18.Frankenstein
19. La Città Di Eva
20. Freiheit
21. Il Guerriero

CD 2:
01. Angel
02. I Can’t Explain
03. Senza Vento
04. Sangue Impazzito
05. La Cura Giusta
06. Verso Oriente
07. Lombardia
08. Freedom
09. La Città Del Sole
10. Piove
11. Il Sogno
12. Come Serpenti In Amore
13. Taruni Taruni

Line-up
Omar Pedrini
Francesco Renga
Diego Galeri
Carlo Aberto Pellegrini
Enrico Ghedi

TIMORIA – Facebook

The Black – Reliquarium / Infernus, Paradisus et Purgatorium

I due dischi, raccolti insieme da Black Widow, che rilanciarono il doom nel nostro paese. Un pezzo di storia.

Mario Di Donato. Un uomo ed un musicista che sono storia dell’heavy, del doom metal e del dark sound (non solo nostrani).

Con i Requiem e poi attraverso la sua lunga e coerentemente integerrima carriera da solista, come The Black, Di Donato ha scritto pagine importantissime, imprescindibili da più punti di vista. Ci riferiamo qui, infatti, non solo alla sua musica, ma anche ai suoi testi e alla sua attività pittorica. La Black Widow di Genova ristampa, ora, i primi due lavori in assoluto dell’artista di Pescara: Reliquarium (un mini-LP pubblicato nel 1989) e l’esordio-trilogia Infernus, Paradisus et Purgatorium (uscito nel 1990). L’alba di un mito, veramente. Questi due lavori riportavano in auge il doom primevo e incorruttibile, lento ed ossianico, cadenzato e gotico, nero e sepolcrale, di scuola Black Sabbath, attualizzandone il messaggio con tocchi prog e liriche di matrice esoterica, evidenti nel richiamo alla teologia scolastica ed al cristianesimo dantesco. Il ricorso al latino in Reliquarium, già di per sé, la dice lunga al riguardo. L’identica scelta si trova confermata dal disco successivo, al suo interno suddiviso in tre capitoli che ne fanno, a tutti gli effetti, un vero e proprio libro in musica, intenso ed evocativo. I primi passi di una leggenda. Ed il verbo dark-doom secondo The Black. Due pagine di storia, rituale e liturgica.

Tracklist
1 Post Fata Resurgo
2 Anguis
3 Mea Culpa
4 Mors
5 Ab Aeterno
6 MTMM
7 VII Orbis
8 IX Orbis
9 VIII Orbis
10 I Orbis
11 II Orbis
12 IV Orbis
13 IV Caelum
14 VIII Caelum

Line up
Mario Di Donato – Vocals / Guitars / Harmonium
Belfino De Leonardis – Bass
Giuseppe Miccoli – Drums
Gianni Bernardi – Keyboards / Organ

THE BLACK – Facebook

Dzjenghis Khan – Dzjenghis Khan

Verrete catapultati nel suono degli anni sessanta e settanta, specialmente quello americano che fondeva la psichedelia con il rock duro e che ha dato vita a grandissimi gruppi come i Grand Funk Railroad, Hawkwind, e tanti altri.

Necessaria e doverosa ristampa da parte della Heavy Psych Sounds del debutto dei Dzjenghis Khan, uno dei gruppi di psichedelia pesante che hanno impressionato maggiormente negli ultimi anni.

Il trio da San Francisco uscì con questo debutto per l’olandese Motorwolf nel 2007, e riuscì subito a catturare l’attenzione di molti ascoltatori e della critica. Il perché lo scoprirete ascoltando questa ristampa, se già non li conoscete, e verrete catapultati nel suono degli anni sessanta e settanta, specialmente quello americano che fondeva la psichedelia con il rock duro, e che ha dato vita a grandissimi gruppi come i Grand Funk Railroad, Hawkwind, e tanti altri. Qui troverete quelle bellissime atmosfere cariche di tensione e di indolenza tipica dei giovani drogati che vagano in cerca di sangue ed emozioni a basso costo. Le dieci tracce sono tutte fantastiche, non esiste un momento di noia, anche gli assoli di chitarra danno gioia. I testi sono una delle cose migliori di questo gruppo, che gioca con intelligenza ed ironia con i vostri peni e con certi bicchieri di whiskey. Purtroppo non si sa molto di questo gruppo, ma solo che è nato nel 1977, e non ha pubblicato nulla fino al 2007, ma non c’è problema dato che i tre membri sono immortali. Inoltre da quando sono emigrati da San Francisco a Den Haag, ridente cittadina olandese sempre sul mare come Frisco, se ne sono perse le tracce. La musica invece rimane ed è bellissima, una commistione di acid, psych e fuzz, uno stoner a bassa frequenza che fa vibrare come qualcosa dei migliori Blue Cheer, anzi anche meglio. I pezzi sono tutti figli amatissimi di impetuose jam che in un’altra dimensione si sono intrecciate e stanno suonando tutte assieme. Il disco è bellissimo, e grazie a questa ristampa lo possiamo gustare di nuovo, anche se come tutte le cose belle ha il rovescio della medaglia : durante le registrazioni si sono perse le tracce del loro ingegnere del suono Hans Koolstra, che dopo aver mormorato qualcosa sui canali di uscita è scomparso.

Tracklist
1 Snake Bite
2 The Widow
3 No Time For Love
4 Avenue A
5 Against The Wall
6 Black Saint
7 End Of The Line
8 Rosie
9 Sister Dorien

Line-up
Jinx
Binks
Spence

DZJENGHIS KHAN – Facebook

Crying Steel – Steel Alive

Un’uscita imperdibile targata Jolly Roger: in doppio cd il primo ep omonimo dei Crying Steel e l’album On The Prowl, entrambi rimasterizzati, con l’aggiunta delle rispettive versioni live.

Un’altra uscita da non perdere per tutti gli amanti dell’heavy metal classico battente bandiera tricolore da parte della instancabile Jolly Roger, sempre attenta a proporre succulente ristampe di quei gruppi che hanno fatto la storia della nostra musica preferita su e giù per lo stivale.

Tocca a i Crying Steel, tornati in forma smagliante lo scorso anno con l’album Stay Steel ed ora tributati dalla label nostrana con questo doppio cd che prevede sul primo le versioni rimasterizzate dell’ep omonimo, uscito originariamente nel 1985, e del primo full length On The Prowl, licenziato dalla band due anni dopo, mentre sul secondo si trovano le versioni live dei due lavori.
Siamo al cospetto di uno dei migliori esempi di heavy metal tradizionale che la nostra scena abbia regalato negli anni d’oro, anche se all’epoca fare metal in Italia era un’impresa ardua anche per gruppi del valore del quintetto bolognese.
I Crying Steel alternavano graffianti brani alla Judas Priest ad altri più melodici, presentando una scaletta vari e perfetta per quegli anni, con gli acuti del singer Luca Bonzagni a non far rimpiangere gli illustri colleghi stranieri ed una formazione compatta che oltre ai due membri fondatori Alberto Simonini (chitarra) e Angelo Franchini (basso) era completata da Luca Ferri (batteria) e Franco Nipoti (chitarra).
Grande heavy metal dunque, nel quale non mancano, oltre ai Priest, echi dei Motorhead e di quelle band che allora facevano la fortuna di quella New Wave Of British Heavy Metal che trovava nei Crying Steel un’appendice tricolore di tutto rispetto.
Erano ovviamente più acerbi i brani tratti dall’ep, mentre On The Prowl vedeva il gruppo fare passi da gigante, sfornando un album gagliardo e melodico composto da una tracklist impeccabile.
No One’s Crying, le melodie di Changing The Direction, l’irresistibile cavalcata The Song of the Evening e la tellurica Thunderdogs sono le tracce simbolo di questo pezzo di metallo forgiato dai Crying Steel.
Il secondo cd ci mostra le capacità del gruppo in sede live, un’ulteriore prova dell’importanza e della grandezza di questa leggendaria band nostrana ed un motivo in più per non perdere questa apprezzabile ristampa.

Tracklist
Cd 1
1.Ivory Stages (Ep)
2.You Have Changed (Ep)
3.Hero (Ep)
4.Where the Rainbow Dies (Ep)
5.Runnin’ Like a Wolf (Ep)
6.No One’s Crying (On the Prowl)
7.Changing the Direction (On the Prowl)
8.Struggling Along (On the Prowl)
9.Fly Away (On the Prowl)
10.Upright Smile (On the Prowl)
11.The Song of Evening (On the Prowl)
12.Alone Again (On the Prowl)
13.Thundergods (On the Prowl)
14.Shining (On the Prowl)

Cd 2
15.Ivory Stages (Live)
16.Hero (Live)
17.Where the Rainbow Dies (Live)
18.You Have Changed (Live)
19.Running Like a Wolf (Live)
20.No One’s Crying (Live)
21.Changing the Direction (Live)
22.Struggling Along (Live)
23.Fly Away (Live)
24.Upright Smile (Live)
25.Alone Again (Live)
26.The Song of Evening (Live)
27.Shining (Live)
28.Thundergods (Live)

Line-up
Luca Bonzagni – Vocals
Franco Nipoti – Guitars
Alberto Simonini – Guitars
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums

Formazione attuale
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums
Franco Nipoti – Guitars
JJ Frati – Guitars
Mirko Bacchilega – Vocals

CRYING STEEL – Facebook

Gunfire – Gunfire

Gunfire, per i più giovani e per chi non si imbatté all’epoca nel quartetto marchigiano è una bomba heavy metal, di quelle che non si possono solo archiviare come reperto storico essendo la prova di come, in quegli anni e con tutte le difficoltà del caso, anche nel nostro paese si suonasse metal di prim’ordine.

La Jolly Roger conferma la sua assoluta importanza per i suoni classici battenti bandiera tricolore con l’uscita di questo nuovo formato dello storico ep omonimo dei Gunfire, metal band marchigiana fondata addirittura dal 1981.

L’ep in questione fu rilasciato dal gruppo nel 1984 dopo la pubblicazione di un demo avvenuta nello stesso anno, che la Jolly Roger aggiunge per intero in questa nuova veste con l’aggiunta del brano Fire Cult e la versione live di Thunder Of War.
Gunfire, per i più giovani e per chi non si imbatté all’epoca nel quartetto marchigiano è una bomba heavy metal, di quelle che non si possono solo archiviare come reperto storico essendo la prova di come, in quegli anni e con tutte le difficoltà del caso, anche nel nostro paese si suonasse metal di prim’ordine, ispirato ovviamente dalla New Wave Of British Heavy Metal e dagli inossidabili Judas Priest, ma con una potenza power tutta farina del sacco di un gruppo che dovette poi aspettare vent’anni prima di vedere pubblicato il suo primo full length (Thunder of War 2004).
Hard Steel, Thunder Of War, la title track e la priestiana Wings Of Death, alle quali vengono affiancate le versioni apparse sul primo demo e le altre dinamitarde canzoni, escono in tutta la loro potenza metallica facendo sanguinare altoparlanti e lacrimare occhi in una discesa senza freni fino alle origini dell’heavy metal tricolore.
La band ha pubblicato il bellissimo Age Of Supremacy nel 2014, è poi apparsa dal vivo alla FIM di Genova in forma smagliante con il solo cantante Roberto “Drake” Borrelli della formazione originale, per poi far perdere le proprie tracce fino alla pubblicazione di questa importante ristampa che si spera possa essere foriera di ulteriori novità.

Tracklist
1.Intro
2.Hard Steel (EP Version)
3.Thunder Of War (EP version)
4.Gunfire (EP Version)
5.Wings Of Death (EP Version)
6.Firecult
7.Gunfire (Demo Tape)
8.Thunder Of War (Demo Tape)
9.The Sea Be Your Grave (Demo Tape)
10.Hard Steel (Demo Tape)
11.Bloody Way (Demo Tape)
12.Winged Horses (Demo Tape)
13.Thunder Of War (Live 1984 – Cd Bonus)

Line-up
Lord Black Cat – Guitars
Robert Drake – Vocals
Maury Lyon – Bass
Rob Gothar – Drums

GUNFIRE – Facebook

Evilfeast – Mysteries Of The Nocturnal Forest

Mysteries Of The Nocturnal Forest si rivela l’ideale base di partenza per scoprire o riassaporare il valore di un musicista come Grzywacz, capace di dare alle stampe negli anni a seguire altri quattro full length di pari livello.

Mai come nel caso dei generi e delle realtà più underground si rivelano utili le ristampe. In questo caso l’operazione riguarda il full length d’esordio degli Evilfeast, a cura della sempre puntuale etichetta tedesca Eisenwald.

Mysteries of the Nocturnal Forest, prima testimonianza discografica del progetto solista del musicista polacco Jakub Grzywacz, in arte GrimSpirit, era stato originariamente pubblicato nel 2004 dall’etichetta locale Old Legend, da qualche anno non più attiva, e anche se c’erano già state in passato riedizioni sia in cassetta che in vinile, arriva opportunamente quella che consente di riappropriarsi in cd di questo frammento di storia del black polacco.
Il genere, nell’interpretazione degli Evilfeast, è quanto mai tradizionale e rimanda ai primordi in terra norvegese, in particolare ai primi passi degli imprescindibili Emperor; il sound, infatti, presenta quell’alone atmosferico che verrà in seguito esasperato da altri nella sua versione sinfonica ma che, nelle mani di Ihsahn e Samoth, diventava lo sfondo ideale sul quale rappresentare tutta la forza blasfema e misantropica del black metal.
GrimSpirit quindici anni fa dimostrava d’aver appreso alla perfezione quella lezione, riversando sull’ascoltatore un’ora di musica gelida, solenne, prodotta in maniera più che soddisfacente in relazione alla tipologia della proposta e quindi con tutte le carte in regola per attrarre l’attenzione di chi era rimasto fedele a quelle sonorità.
Per constatare la veridicità di queste affermazioni consiglio di passare direttamente alla traccia numero 6, la claustrofobica Descending Winds of Holocaust, brano che rappresenta in qualche modo equivalente d quello che fu per gli Emperor Into The Infinity Of Thought, fatte ovviamente tutte le distinzioni del caso.
Nel sound degli Evilfeast confluiscono anche pulsioni derivanti da nomi di minor fama ma ugualmente seminali come furono i Limbonic Art di Moon In Scorpio: parliamo quindi di quelle realtà che introdussero i suoni di tastiera nel genere al solo fine di accentuarne il potenziale evocativo, senza snaturane il senso e la filosofia di base.
Mysteries Of The Nocturnal Forest si rivela cosi l’ideale base di partenza per scoprire o riassaporare il valore di un musicista come Grzywacz, capace di dare alle stampe negli anni a seguire altri quattro full length di pari livello, ultimo dei quali Elegies of the Stellar Wind nel 2017.

Tracklist:
1. Ode to a Rising Fullmoon (Intro)
2. Immerse into Cold Mist
3. Thy Woods Are Sacred
4. Towards the Funeral Winternight Landscape
5. Solitude Apotheosis
6. Descending Winds of Holocaust
7. The Black Heavens Open
8. Morbid Rejoice
9. Desolate Fields Left (Outro)

Line-up:
GrimSpirit – All instruments, Vocals

EVILFEAST – Facebook

Ellende – Rückzug in die Innerlichkeit

Se proprio post black deve essere, questo ristampa del primo ep degli Ellende è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli.

La label tedesca Art Of Propaganda ha da poco ristampato l’ep di debutto degli Ellende, progetto solista del musicista austriaco Lukas Gosch.

Rückzug in die Innerlichkeit risale al 2012 e rappresenta un buon esempio di come si dovrebbe suonare ed interpretare il black metal nella sua versione più atmosferica ed intimista (mi piace definirlo così perché post black rischia di voler dire tutto e niente).
Il bravo L.G., infatti, già al suo primo passo cercava di differenziarsi da tutte le altre one man band conferendo una particolare cura ai suoni sia al livello di produzione che di varietà degli stessi, affidando per esempio un parte importante agli strumenti ad archi affidati all’ospite Anne; tale notevole commistione diede i sui frutti regalando quattro brani che alternavano con grande gusto ed abilità le sfuriate ritmiche del black alle aperture melodiche contrassegnate dall’uso di strumenti classici.
Una traccia magnifica e dal grande tasso evocativo come Der letzte Marsch, con le ossessive note del pianoforte che accompagnano lo sviluppo del brano nella sua seconda metà, è solo un esempio dell’elevata qualità che il bravo musicista di Graz era stato in grado di esibire, ma il resto della tracklist non era affatto da meno, riservando sorprese in più frangenti senza che il sound ne risentisse minimamente a livello di omogeneità.
Comunque, tornando a quanto detto qualche riga sopra, se proprio post black deve essere questo è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli; negli anni successivi gli Ellende (che in sede live diventano comunque una band vera e propria) hanno pubblicato due full length molto ben accolti a livello di critica, mentre nel prossimo marzo è prevista l’uscita del terzo lavoro su lunga distanza che sarà intitolato Lebensnehmer, per il quale quale l’ascolto di questa ristampa potrebbe risultare un’ideale introduzione.

Tracklist:
1. Rückzug in die Innerlichkeit
2. Pfad der Endlichkeit
3. Der letzte Marsch
4. Von Vergänglichkeit und Trost

Line-up:
L.G. – everything
P.F. – drums

ELLENDE – Facebook

Apoptygma Berzerk – Soli Deo Gloria

Soli Deo Gloria è stato l’inizio di una lunga avventura che dura tuttora e che ha avuto alti e bassi, ma questo debutto resta fantastico.

Ristampa con bonus per la canadese Artoffact Records del primo disco del fondamentale gruppo di elettronica oscura Apoptygma Berzerk.

Quest’anno il loro debutto ha compiuto 25 anni e molte cose sono successe da quel giorno. Il genere praticato dagli Apoptygma Berzerk è felicemente di difficile identificazione, dato che si viaggia nei grandi territori dell’elettronica oscura, fra ebm e synthwave, e con tantissimi elementi provenienti da altri stili. Una delle cose che risalta maggiormente nello stile del gruppo è l’estrema facilità nel creare melodie belle e coinvolgenti, mantenendo sempre una grande oscurità nella loro musica. In tutto ciò sono stati dei pionieri per moltissime altre formazioni a cui andavano stretti gli abiti di alcuni generi fra i quali l’ebm. Soli Deo Gloria è l’inizio di una lunga avventura che dura tuttora e che ha avuto alti e bassi, ma questo debutto è fantastico. La maturità e la sicurezza presenti in questo debutto sono incredibili per essere la prima prova di un gruppo, e soprattutto notevolissimo è lo sviluppo di uno stile originale già al primo disco. Il future pop, come definiscono loro stessi il proprio genere, è qui al suo inizio e apice, e ingloba moltissimi elementi, dato che è anche molto presente la componente gotica, specialmente nel gusto di certe tastiere che sembrano periferiche rispetto al tema centrale, mentre invece sono il tema principale loro stesse. I mondi descritti dalla formazione norvegese sono lande desolate di terrore e lascivia, dove gli stessi dei si lasciano andare a cose che non possono essere narrate. In tutto ciò si staglia la musica pressoché perfetta di questo esordio, una vera e propria pietra miliare di diversi generi, ma soprattutto di un’attitudine che ancora oggi segna tantissimi gruppi. Un disco che ha cambiato le regole del gioco, uno di quegli esemplari sonori dopo i quali un certo genere non è più lo stesso. In questa ristampa della canadese Artoffact ci sono inoltre molti bonus che rendono ancora migliore il tutto, ampliando maggiormente lo sguardo. Per chi già conosce il fantastico mondo degli Apoptygma Berzerk questa è l’occasione per tornare alla sorgente di tutto, mentre per chi non li conosce sarà una bellissima e nera sorpresa.

Tracklist
1. Like Blood From The Beloved (Part 1)
2. Bitch
3. Burnin’ Heretic (Album Version)
4. Stitch
5. Walk With Me
6. Backdraft
7. ARP (808 Edit)
8. Spiritual Reality
9. Skyscraping (Schizophreniac)
10. All Tomorrows Parties
11. The Sentinel
12. Ashes To Ashes ’93
13. Like Blood From The Beloved (Part 2)

Bonus tracks:
14 – Borrowed Time (Club Mix)
15 – Burning Heretic (Crisp Version)
16 – The Sentinel (Nun Of Your Business Version by Blackhouse)
17 – Ashes To Ashes (Guitar Version)
18 – ARP
19 – Ashes To Ashes (4-Track Version)
20 – Backdraft (Sarpsborg Synth Version)

Line-up
Stephan Groth
Jonas Groth
Ted Skogman
Audun Stengel

APOPTYGMA BERZERK – Facebook

MAYHEM – GRAND DECLARATION OF WAR

I comuni mortali da secoli attendono – costantemente, con trepidazione – un nuovo gesto, un improvviso cenno, un tanto agognato segno dai propri Dei. Così, molti di noi, si stanno ancora internamente arroventando, per l’aspettativa di un nuovo full-length dei mitici Mayhem. Purtroppo, anche questa volta, non sarà così. La nona ristampa su CD del mitico album del 2000 ci coccola, però, nella trepidante attesa di una nuova uscita.

Parlare dei Mayhem oggi, vorrebbe dire raccontare la storia di una delle band più famose al mondo, almeno in ambito estremo, ma soprattutto, significherebbe citare centinaia di aneddoti storici, sociali e culturali, di uno dei gruppi che più di tutti ha influenzato e sconvolto – da tutti i punti di vista – la scena Black Metal.

Di loro si è detto e scritto tantissimo; negli anni – tra finzione e realtà – vi si è creato intorno un alone epico, leggendario – meritatamente aggiungerei – che, oggi, fa dei Nostri non una band semplicemente storica, da cui attingere a piene mani, quale fonte di ispirazione, bensì un vero e proprio mito. Oggi, quasi si nominano i Mayhem sottovoce, per l’enorme rispetto che i fan (non solo blacksters) hanno per questi ragazzi norvegesi che, fin dal 1984, furono capaci di sconvolgere il mondo di allora, e non solo musicalmente! Tra Inner Circle, Helvete (oggi eretto a museo in quel di Oslo), chiese bruciate, show imperniati di lanci di sangue e teste suine, ma soprattutto tristemente diventati famosi per morti violente dei formers (chi può dimenticare lo sconvolgente suicidio di Dead – all’anagrafe Per Yngve Ohlin e l’altrettanto scioccante omicidio di Euronymous – all’anagrafe Øystein Aarseth – , per mano di un giovanissimo Varg Vikernes – alias Count Grishnackh, alias Burzum – oggi all’anagrafe Louis Cachet) e per le tante vicissitudini legali che ne conseguirono.
Spesso, le band che vivono la loro esperienza musicale in un contesto così sconvolgente, passando da un cambio di formazione ad un altro, tra traumatiche dipartite (anche nel senso letterale del termine), lunghe pause, ritorni e pseudo-collaborazioni che durano il tempo di una canzone, tendono – a lungo andare – a sciogliersi. In realtà i Mayhem hanno stoicamente proceduto di gran carriera (soprattutto grazie alla costanza e all’impegno di Hellhammer, oggi anima e cuore della band), giungendo ai giorni nostri , sicuramente con poche effettive produzioni (solo 5 album ufficiali in 34 anni…), ma hanno però contribuito a fomentare quell’alone di sacralità che li circonda, portando con sé fama e gloria, leggenda e miticità che, ancora nel 2018, non trovano eguali.
La ristampa dell’album qui recensito – la nona su CD per essere precisi!- non deve necessariamente aggiungere alcunché, se non semplicemente rendere nuovamente disponibile un masterpiece che, ancora oggi, dona emozioni ai fan. Grand Declaration Of War – uscito originariamente nel 2000 – trova ancora Maniac alla voce (Attila, dopo aver “prestato” le sue doti vocali per De Mysteriis Dom Sathanas, il primo mitico lavoro, si dedicò ad altri progetti quali – tra gli altri – Plasma Pool, Sunn O))), Aborym, e Korog, per poi ritornare in pianta stabile, solo nel 2007, in occasione dell’uscita di Ordo Ad Chaos), Blasphemer alla chitarra, Necrobutcher al basso e ovviamente il mitico Hellhammer.
E’ il primo full-length che vede il cambiamento del logo da Mayhem a The True Mayhem; album fortemente voluto da Hellhammer che, già nel 1995 con una nuova formazione, faceva uscire lo storico The Dawn Of The Black Hearts, il live bootleg semi-ufficiale, registrato in quel di Sarpsborg/Norvegia nel 1990, con in copertina originale, la foto tanto controversa del cadavere di Dead, e appunto il nuovo logo. Piccolo aneddoto su questo bootleg (che è tanto curioso quanto terrificante): la leggenda narra che fu proprio Euronymous a trovare il cadavere; lo stesso Aarseth avrebbe poi prelevato dal cranio del povero suicida, parti di ossa, con cui avrebbe “adornato” collane per i membri del Gruppo. Indignato da tale atto, Necrobutcher avrebbe lasciato la band, sostituito dal celeberrimo Vikernes. Se così fosse, viste le conseguenze di tale cambio di line-up, si potrebbe affermare chiaramente, che mai Fato fu così impietoso per il povero Euronymous…
Ma torniamo a Grand Declaration Of War; qui è palesemente dichiarato il netto distacco con il passato (che suscitò non pochi dubbi e critiche dai fan di allora). Un album sicuramente più maturo, più complesso e – per dirla tutta – molto progressive, sia quasi letteralmente (un album davvero “progressista” per quei tempi) sia nel senso musicale del termine. Già dalla title-track si percepisce il forte cambiamento: orientamenti sonori, oggi accostabili più ad un Avantgarde che al puro vecchio Black. Il sovente utilizzo della “clean voice” (come anche nella successiva In The Lies Where Upon You Lay) fa presupporre che con questo album i Mayhem volessero dare una svolta decisiva al loro sound. Un album molto articolato, con una struttura davvero inusuale per quel tempo (e per i Mayhem stessi). Decisi inserti di elettronica – come in A Bloodsword And A Colder Sun e in Completion In Science Of Agony), rendono ancor più interessante l’opera intera, corroborata dalla tecnica sopraffina di Blasphemer (lontano anni luce dal grezzo, rozzo, sporco – ma non meno favoloso – guitar sound del compianto predecessore). I cambi di tempo sono impressionanti: da cadenzati mid-tempo a feroci up-tempo, da marce militari e rulli di tamburi, a variegate scale Death Prog, un po’ à la Necrophagist, o meglio ancora à la Cynic (come in View From Nihil). Grand Declaration Of War è – in definitiva – un capolavoro di tecnica, novità (per quegli anni) e originalità. Un album mai noioso, che riserva sempre sorprese dietro l’angolo: assaporate To Daimonion che, dopo un intro sci-fi, si libra in un Heavy Funk Prog (vagamente Mordred di Fool’s Game) imperniato da sublimi ritmiche Thrash, ove lo scream Black non imperversa mai, bensì si miscela in un sublime divino coniugio.
Scontentò molti allora, ne incuriosì altrettanti; ma oggi – abituati come siamo, a questo imperversare di generi e sottogeneri, nuove influenze musicali e nuove suggestioni sonore, che spesso impreziosiscono il nostro caro Black Metal – si può affermare con assoluta certezza, che è amato da tutti.

Tracklist
1. A Grand Declaration of War
2. In the Lies Where upon You Lay
3. A Time to Die
4. View from Nihil (Part I of II)
5. View from Nihil (Part II of II)
6. A Bloodsword and a Colder Sun (Part I of II)
7. A Bloodsword and a Colder Sun (Part II of II)
8. Crystalized Pain in Deconstruction
9. Completion in Science of Agony (Part I of II)
10. To Daimonion (Part I of III)
11. To Daimonion (Part II of III)
12. To Daimonion (Part III of III)
13. Completion in Science of Agony (Part II of II)

Line-up
Maniac – Vocals
Blasphemer -Guitars
Necrobutcher -Bass
Hellhammer -Drums

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https://www.youtube.com/watch?v=3yxrje6jNJ0

Sabaton – Carolus Rex Platinum Edition

Un lavoro ispirato e bellissimo, heavy power metal orchestrale ed epico alla sua massima potenza, questo è Carolus Rex, sesto album dei Sabaton uscito nel 2012 e ristampato per l’occasione.

La storia della Svezia ha toccato il suo massimo splendore storico tra il XVII e il XVIII secolo, periodo che vide la nazione scandinava trasformarsi in una potenza imperante nelle coste del mar Baltico, dalla Finlandia fino all’Estonia e alla Livonia.

I Sabaton nel 2012 licenziarono questo bellissimo lavoro, che è stato quello di maggior successo del gruppo, alle prese con una fetta importante della storia del proprio paese.
Carolus Rex, infatti, è un lavoro incentrato sull’intervento della Svezia nella guerra dei trent’anni (1618-1648) e sul regno di re Carlo XII (1697-1718) del quale si commemorano i trecento anni dalla morte.
Un lavoro ispirato e bellissimo, heavy power metal orchestrale ed epico alla sua massima potenza, questo è Carolus Rex, di fatto il sesto album dei Sabaton ed apice di una discografia che ha regalato altri due full length dopo questo notevole lavoro, Heroes e The Last Stand, licenziati rispettivamente nel 2014 e nel 2016.
Senza entrare troppo dentro alle vicende storiche, c’è un grande album di power heavy metal da godersi con il pugno alzato e lo scudo a proteggere i colpi che i Sabaton senza pietà scaricano sull’ascoltatore, immerso in questa raccolta di racconti storici accompagnati da uno degli esempi più fulgidi di metallo glorioso, epico, orchestrale e potente.
Mid tempo e debordanti orchestrazioni ci avvolgono come in una colonna sonora di una pellicola che sulla parete fa scorrere immagini di battaglie, eroi, vincitori e vinti in un delirio epico davvero entusiasmante, con la chicca della versione svedese ad accentuare l’atmosfera di celebrazione di uno dei personaggi più importanti della storia della nazione.
Questa spettacolare versione Platinum Edition si arricchisce di quattro bonus track e viene licenziata dalla Nuclear Blast in ben cinque versioni: 2cd digi, 2LP, 3cd+2blu-ray-earbook, award edition e digital, a seconda dei gusti tutte imperdibili.

Tracklist
1. Dominium Maris Baltici
2. The Lion From the North
3. Gott Mit Uns
4. A Lifetime of War
5. 1 6 4 8
6. The Carolean’s Prayer
7. Carolus Rex
8. Killing Ground
9. Poltava
10. Long Live the King
11. Ruina Imperii
12. Twilight Of The Thundergod
13. In The Army Now
14. Feuer Frei
15. Harley From Hell

Line-up
Joakim Brodén – Vocals, Keyboard
Pär Sundström – Bass
Chris Rörland – Guitars
Tommy Johansson – Guitars
Hannes Van Dahl – Drums

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Skepticism – Stormcrowfleet

Una simile pietra miliare deve essere venerata come le compete da chi l’ha conosciuta in passato, mentre chi volesse approcciarsi con il genere potrebbe cominciare proprio da questo, che è il punto più vicino a quello da cui tutto è iniziato.

Parlare della ristampa di Stormcrowfleet è necessario non tanto per raccontarne contenuti che ogni appassionato di funeral doom che si rispetti conoscerà alla perfezione, quanto per rimarcare come questo album segni in maniera indelebile la storia del genere in quanto, pur essendo arrivato poco dopo Stream from the Heavens dei Thergothon, mostra le linee guida essenziali della variabile più melodica ed atmosferica del genere grazie all’uso di un organo che resta inimitabile, nonostante svariati tentativi di riproporre tali sonorità da parte di diversi epigoni.

Inoltre, rispetto ai seminali conterranei disgregatisi dopo l’uscita del loro unico full length, il quartetto di Riihimäki ha dato continuità alla propria inimitabile carriera, anche se, magari, a molti cinque full length in oltre vent’anni di attività possono sembrare (con qualche ragione) troppo pochi.
La coerenza degli Skepticism la si riscontra facilmente grazie ad un sound rimasto pressoché immutabile, tanto che ascoltando di seguito Stormcrowfleet e l’ultimo Ordeal, usciti a ventidue anni di distanza l’uno dall’altro, non si capisce se sia il primo ad essere un passo avanti rispetto alla sua epoca o il secondo ad emergere da un remoto passato, ma forse sono vere entrambe le cose, nel senso che la proposta possiede caratteristiche talmente uniche da essere pressoché impossibile da collocare a livello temprale.
Tra le varie ristampe delle quali il lavoro è stato fatto oggetto nel corso degli anni, questa ad opera dell Svart Records è senz’altro la più interessante essendo frutto del remix dei brani presi direttamente dal nastro originale con la supervisione della band, e presentando, oltre alla versione in cd, anche quella in doppio vinile a tiratura limitata; per il resto c’è poco da dire, salvo che una simile pietra miliare deve essere venerata come le compete da chi l’ha conosciuta in passato, mentre chi volesse approcciarsi con il genere potrebbe cominciare proprio da questo, che è il punto più vicino a quello da cui tutto è iniziato.

Tracklist:
1. Sign of a Storm
2. Pouring
3. By Silent Wings
4. The Rising of the Flames
5. The Gallant Crow
6. The Everdarkgreen
7. Outro

Line-up:
Lasse Pelkonen – Drums
Jani Kekarainen – Guitars
Eero Pöyry – Keyboards
Matti Tilaeus – Vocals

SKEPTICISM – Facebook

Neos Gheron – Potius Nihil, Potius Deseltus

Le parti strumentali vanno anche oltre il dungeon synth per rientrare a tutti gli effetti nel metal sinfonico, mentre quando si fondono voce e organo si raggiunge la vera nera maledizione. Un ottimo recupero per un disco davvero estremo ed underground.

Disco anomalo ed estremamente interessante, che sarebbe andato perduto se non fosse stato per questa ristampa della Masked Dead Records.

Il progetto Neos Gheron fu fondato da Roberto Pecorari, che ha suonato tutti i synth, e da Luca Amato aka Lupe, ex cantante della black metal band Entirety.
Tutto ciò fu inciso nel 2006 e poi non è mai uscito, rimanendo in un cassetto fino al 2018. In pratica il disco è totalmente dungeon synth per quanto riguarda la parte musicale e con una voce black spesso in growl. Potius Nihil, Potius Deseltus è l’accurata descrizione di un percorso pieno di follia, un peregrinare lungo i mondi demoniaci popolati da ombre che infliggono dolore e spaventosi tormenti. La cosa più rimarchevole è che questi suoni, davvero inusuali se associati assieme, sono convincenti e non si riesce a distogliere l’ascolto da un qualcosa che a volte è persino contundente e quasi dissonante. I Neos Gheron confezionano un disco figlio del male e totalmente votato all’estremismo musicale. Ascoltare parti di piano o di organo associate a qualche grimorio in latino, od un maledetto cantato in italiano è un qualcosa di molto bello ed appagante, come guardare un mondo che cambia vinto dalla magia nera sotto i nostri occhi. Più che un suono qui si vuole creare un’atmosfera, un andare oltre la nostra dimensione per cercare sentieri della mano sinistra poco battuti ed assai più spaventosi benché più vicini alla natura umana. Le parti strumentali vanno anche oltre il dungeon synth per rientrare a tutti gli effetti nel metal sinfonico, mentre quando si fondono voce e organo si raggiunge la vera nera maledizione. Un ottimo recupero per un disco davvero estremo ed underground.

Tracklist
1. Mors Lupe
2. Potius Nihil… Potius Deseltus (Act. I) Ars Falsarum Imaginium Extintarum (Act. II)
3. Est Locus Unicuique Suus
4. Longa Vita Néos Gheron!
5. Subdecti Nostras Memorias Nequitunt Laedere Inferiores
6. Stulti! (Silence track)
7. La Morte Di Lupe (Bonus track)

Line-up
Luca Amato (Lupe) – all lyrics and vocals
Roberto Pecorari – all synths

MASKED DEAD RECORD – Facebook

MZ.412 – In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi

La bellezza di In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi è il fascino malato e decadente del satanismo e di anime e vite perdute, di ritmi sincopati che si spezzano per far entrare momenti molto vicini al black metal, attimi di rabbia di demoni che invocati non vogliono tornare nelle loro dimensioni.

Un vero e proprio rituale che usa la musica come mezzo per chiamare spiriti da altre dimensioni.

Gli svedesi MZ.412 sono stati uno dei gruppi di maggior spicco della Cold Meat Industry, una fra le migliori etichette mondiali di elettronica e musica altra. La Concilium Records farà uscire a gennaio 2019 la ristampa di questo capolavoro di dark black metal ambient originariamente uscito nel 1995 e diventato molto più di un classico, essendo un apripista per un sottogenere che ora frequentano in molti. L’evoluzione dei MZ.412 fu costante, partendo da un’elettronica ambient oscura e tenebrosa per immergersi in un tenebra ancora più profonda, con questo lavoro che è una vera e propria invocazione a Satana, cosa molto semplice, poiché basta descrivere l’inferno che è la nostra società odierna. Come detto poc’anzi questa è musica totalmente rituale, fatta da una dark ambient di eccelsa qualità che precipita l’ascoltatore in molti ambienti diversi, dall’apocalisse ad una cripta sottoterra, da un momento di relativa calma ad una frequenza che ronza nel cervello di non morti. Ascoltando questo lavoro ognuno si farà la propria idea, dato che questa musica evocatrice differisce da soggetto a soggetto, ma qui dentro c’è tanto male, dolore ed ansia, e se ascoltata ad lato volume questa musica diventa un qualcosa che ci entra dentro, pur essendo già insita in noi. La bellezza di In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi è il fascino malato e decadente del satanismo e di anime e vite perdute, di ritmi sincopati che si spezzano per far entrare momenti molto vicini al black metal, attimi di rabbia di demoni che invocati non vogliono tornare nelle loro dimensioni. Sangue, lussuria, morte e vita che non è vita, il tutto raccontato in maniera quasi perfetta con un’elettronica che incrocia tantissime cose ed è figlia di una certa industrial inglese degli anni ottanta, specialmente di quella più maledetta. Non c’è salvezza o speranza, c’è solo l’adorazione di un angelo caduto che è quello che meglio ci rappresenta. Un capolavoro della dark ambient che rivede la luce, testimonianza di un tempo dove la creatività musicale era molto maggiore, e i risultati molto migliori. Preparatevi al rito.

Tracklist
1 In Nomine Dei
2 Salvo Honoris Morte
3 Necrotic Birth
4 Black Earth
5 Daemon Raging
6 God Of Fifty Names
7 Regie Satanas
8 Paedophilia Cum Sadismus
9 Hail The Lord Of Goats

MZ.412 – Facebook

Rain – Dad Is Dead

Accompagnato dal nuovissimo artwork creato per l’occasione da Umberto Stagni, Dad Is Dead si conferma ancora oggi un esempio fulgido del sound di una band che ha fatto la storia del metal tricolore.

I Rain sono una delle band storiche del panorama metal tricolore, essendo attivi dal 1980 con una serie di album di altissimo livello che hanno trovato il loro apice in questo lavoro, uscito originariamente nel 2008.

Dad Is Dead ancora oggi è l’album più venduto ed ascoltato del gruppo bolognese, per questo la band, di comune accordo con l’etichetta Aural Music, ha deciso di ristamparlo con una nuova veste composta da due cd: il primo vede la versione rimasterizzata dell’album, con la cover di Rain, famoso brano dei The Cult, registrata dalla band assieme a Steve Sylvester e Freddy Delirio dei Death SS e con la partecipazione di Simone Mularoni dei DGM, mentre il secondo comprende undici tracce dal vivo registrate nel 2010 che vedono la band in perfetta forma, dopo il tour americano di supporto agli W.A.S.P.
Accompagnato dal nuovissimo artwork creato per l’occasione da Umberto Stagni, Dad Is Dead si conferma ancora oggi un esempio fulgido del sound di una band che ha fatto la storia del metal tricolore.
Con l’intreccio ai massimi livelli di NWOBHM ed hard & heavy statunitense, Dad Is Dead non concede tregua: tredici brani che colpiscono al cuore dei defenders, pregni di solos scolpiti nell’acciaio e ritmiche che affondano come coltelli nell’anima metallica di chi ha cuore le sorti del metal classico.
Un album imperdibile ed un sound che alterna brani maideniani ad altri che affondano le loro radici nella Los Angeles metallica di Twisted Sister e Motley Crue, regalando grande musica metal incastonata in tracce divenute storiche come 8 Bar, Mr. 2 Words, The Party e la title track.
Il secondo cd è un’apoteosi del metal in versione live: la band, appena tornata dal tour con Lawless e soci e rodata a dovere, dà letteralmente spettacolo con una prestazione incendiaria ed esaltante facendo sì che il tutto non sia solo un bonus per accontentare il fans, ma un imperdibile esempio delle potenzialità dei Rain.
Per tutti questi motivi la ristampa di Dad Is Dead è un acquisto obbligato non solo per i fans del gruppo, ma per tutti gli amanti dell’heavy metal classico.

Tracklist
CD 1
1. 8 Bar
2. Blind Fury
3. Mr. 2 Words
4. Love In The Back
5. Rain Are Us
6. Red Kiss
7. The Party
8. Last Friday
9. Dad Is Dead
10. Swan Tears
11. The Reason
12. Bang Bus
13. Rain

CD 2
1.Love in the Back (live in Russi 2010)
2.Dad is Dead (Live in Russi 2010)
3.Mr. 2 Words (Live in Russi 2010)
4.Rain (Live in russi 2010 (the Cult cover))
5.Swan Tears (Live in Russi 2010)
6.Rain Are Us (Live in Russi 2010)
7.Red Kiss (Live in Russi 2010)
8.Bang Bus (Live in Russi 2010)
9.Introducing the Band (Live in Russi 2010)
10.Only for the Rain Crew (Live in Russi 2010)
11.Highway to Hell (Live in Russi 2010)

Line-up
Francesco “Il Biondo” Grandi – vocals
Marco “The Master” Rizzi – guitar
Alessio “Amos” Amorati – guitar
Gianni “Gino” Zenari – bass
Andrea “Mario” Baldi – drums

RAIN – Facebook

The Helio Sequence – Keep Your Eyes Ahead

Keep Your Eyes Ahead è una progressione continua di belle sensazioni, giuste malinconie e un sentore diffuso di piccolo capolavoro musicale, quei dischi che nascono bene dalla prima nota e continuano ancora meglio.

Ristampa deluxe dello storico disco dei The Helio Sequence uscito dieci anni fa e diventato un caposaldo dell’indie americano e nono solo.

Lo stile musicale dei The Helio Sequence è un dream pop molto indie, con ritornelli che stendono l’ascoltatore proiettandolo direttamente in un prato primaverile al tramonto. Keep Your Eyes Ahead è un disco che ha tantissimo al suo interno, ma la cosa che stupisce di più è la facilità di costruire melodie bellissime e mai scontate. Non esiste una canzone brutta in questo disco, non ci sono riempitivi dalle losche intenzioni, ma solo pezzi che escono direttamente dal cuore e dal cervello del duo di Portland, che sono fra i migliori cervelli indie. Giusto per dare un esempio il primo minuto di Broken Afternoon è da antologia della musica per mostrare cosa si può fare con la voce, una chitarra e tastiere soffuse. Keep Your Eyes Ahead è una progressione continua di belle sensazioni, giuste malinconie e un sentore diffuso di piccolo capolavoro musicale, quei dischi che nascono bene dalla prima nota e continuano ancora meglio. Il 2008, anno di uscita del disco, era un anno molto differente per l’indie rispetto al 2018, nel senso che c’era molta più verve creativa in giro, ora invece è per la maggior parte solo muzak per gli ascensori ed i supermercati, o peggio per i festival estivi delle compagnie telefoniche. Se volete passare molto bene poco più di un’ora, questo è il posto giusto.

Tracklist
1.Lately (Remastered)
2.Can’t Say No (Remastered)
3.The Captive Mind (Remastered)
4.You Can Come to Me (Remastered)
5.Shed Your Love (Remastered)
6.Keep Your Eyes Ahead (Remastered)
7.Back to This (Remastered)
8.Hallelujah (Remastered)
9.Broken Afternoon (Remastered)
10.No Regrets (Remastered)
11.Turn the Page
12.Up Against Time
13.Heart Disease
14.No Regrets (Electric)
15.January
16.No Regrets (Keyboards)
17.All of These Things
18.Almost Morning (Demo)
19.Broken Afternoon (Solo)
20.April (Demo)
21.No Regrets (Acoustic)

Line-up
Brandon Summers – Guitar, Vocals –
Benjamin Weikel – Drums, Keyboards –

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Blasphemy – Blood Upon The Soundspace

La ristampa ci fa vedere i Blasphemy nella loro dimensione migliore, quella della saletta prove, il loro territorio di caccia, con un tipo di registrazione che si può far anche oggi, ma che non avrebbe quella potenza che aveva e che possiamo ascoltare qui.

Ristampa del primo satanico lavoro dei canadesi Blasphemy, vera a propria band di culto del black death metal.

Questo disco raccoglie i primi lavori in sala prove del gruppo nel lontano 1984. La Nuclear War Now ! Productions ha riportato alla luce la devastazione dal vivo in sala prove che i nostri registrarono su nastro in poche copie; una di queste fu inviata nel maggio 1989 dal bassista Black Winds a Metalion di Slayer Magazine, ed è stata poi masterizzata molto bene da James Plotkin. La cassetta si pone tra il demo Blood Upon The Altar e il debutto su lunga distanza Fallen Angel Of Doom, infatti tutte le canzoni ad eccezione di War Command entreranno nel disco, destinato a diventare di culto. Questa ristampa è l’occasione più unica che rara di ascoltare tutta la potenza devastatrice dei Blasphemy praticamente come se fossimo in saletta con loro. Il primo brano, Darkness Prevails, è molto disturbato e saturato, ma poi in seguito l’audio migliora, anche grazie al grande lavoro di Plotkin, ed è così che deve essere, perché forse questo è il documento che attesta al meglio il vero suono di un gruppo che è passato alla storia forse più per gli atteggiamenti che per la sua musica. E quest’ultima è, come ben riprodotto qui, un’orgia di devastazione e velocità, rendendo questa cassetta una testimonianza di come era un certo metal a fine anni ottanta. I Blasphemy indicheranno la via a molti gruppi, ed infatti i canadesi sono indicati come influenza da moltissime band odierne. Blood Upon The Soundspace è un disco che va a mille, con un suono che farà la gioia di chi ama il war metal più selvaggio e a tratti scomposto, esagerato come lo fu la band canadese, e come lo è ancora dato che sono in attività tuttora, ma senza quella verve degli anni che furono. Ascoltando queste registrazioni non si dovrebbe fare il confronto con la loro versione su Fallen Angel Of Doom, perché sono di natura differente. Anche su disco sono valide, sicuramente molto più complete e prodotte meglio, ma qui hanno una carica selvaggia, una potenza primordiale veramente devastante. La ristampa ci fa vedere i Blasphemy nella loro dimensione migliore, quella della saletta prove, il loro territorio di caccia, con un tipo di registrazione che si può far anche oggi, ma che non avrebbe quella potenza che aveva e che possiamo ascoltare qui. Oltre che un documento molto importante, una dimostrazione di cosa possa essere il metal realmente selvatico.

Tracklist
1.Darkness Prevails
2.Hording of Evil Vengeance
3.Desecration
4.Goddess of Perversity
5.War Command

Vengeance Rising – Human Sacrifice-30 Anniversary

La Roxx Records, con questa nuova uscita, riporta alla luce un album epocale per tutto il movimento cristiano: Human Sacrifice, musicalmente parlando, risulta infatti impedibile per qualsiasi fans del thrash metal classico.

Prima come Vengeance e poi come Vengeance Rising, questa band statunitense licenziò il suo primo album, Human Sacrifice, ora ripubblicato dalla Roxx Records per il suo trentesimo anniversario.

Tra i gruppi più radicali ed estremi di tutta la scena cristiana, il quintetto californiano diede alle stampe un album thrash metal di matrice Bay Area ispirato dalle solite band della storica scena anni ottanta, uscito nel 1988 ma ancora in tempo per arrivare alle orecchie dei metalheads prima dell’invasione alternative e crossover del decennio successivo.
Nel 2010, HM ha giudicato Human Sacrifice come il miglior album di musica cristiana di tutti i tempi nella sua classifica Top 100, proprio per la sua inclinazione estrema, mentre i testi erano incentrati sulla figura del Cristo, dalla sua incarnazione alla seconda venuta.
Human Sacrifice, From The Dead, Burn, White Throne formano un compatto pezzo di granito metallico, con l’ultima traccia che spicca come miglior episodio dell’intero lavoro.
La band diede alle stampe altri tre lavori sulla lunga distanza fino al 1992, poi lo scioglimento e qualche riedizione in formato compilation fino al 1998.
La Roxx Records, con questa nuova uscita, riporta alla luce un album epocale per tutto il movimento cristiano: Human Sacrifice, musicalmente parlando, risulta infatti impedibile per qualsiasi fans del thrash metal classico.

Tracklist
1.Human Sacrifice
2.Burn
3.Mulligan’s Stew
4.Receive Him
5.I Love Hating Evil
6.Fatal Delay
7.White Throne
8.Salvation
9.From the Dead
10.Ascension
11.He Is God
12.Fill This Place with Blood
13.Beheaded

Line-up
Roger Martinez – Vocals
Larry Farkas – Guitars
Doug Thieme – Guitars
Roger Dale Martin – Bass
Glen Mancaruso – Drums

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