Dreams Of The Drowned – Dreams Of The Drowned I

Come spesso accade nei dischi più illuminati, il black metal è un punto di partenza per qualcosa che va oltre e che abbraccia molte vie musicali, trattando di vecchie leggende europee, con una forte valenza della natura.

Dreams Of The Drowned è il progetto avantgarde black metal di Camille, musicista francese che l’ha fondato nel 2007 e che, dopo svariati demo, è approdato al debutto sulla lunga distanza.

Dreams Of The Drowned I è un disco che contiene moltissime cose, dal black metal più avanzato, allo shoegaze, alla new wave e a tanto altro.
Le coordinate sono in continuo movimento e il suono generato da Camille, che in pratica fa tutto da solo tranne l’utilizzo della voce di Aldrahn nella cover Midnattskogens Sorte Kjern dei Dodheimsgard, uno dei gruppi di riferimento del progetto. Ascoltando il disco non si sa mai cosa verrà dopo, e ciò giova enormemente alla soddisfazione dell’ascoltatore. Si potrebbe intendere il lavoro come una narrazione di un qualcosa che noi umani riusciamo a malapena a percepire, ed infatti viviamo tutto come un sogno, un riverbero della realtà. Nonostante ci siano moltissime strade diverse in questo disco, Camille riesce a dar vita a qualcosa di organico e ben strutturato, con una coerenza ed una forza invidiabili. Il progetto raggiunge vette notevoli e assai interessanti, il suono è qualcosa che crea dipendenza e non annoia mai, in una continua mutazione di suoni. La cosa che colpisce di più è questo muro sonoro, un monolite che cambia colore e calore a seconda delle accezioni che gli dà Camille, il quale oltre che essere un musicista totale è anche un notevole produttore. Come spesso accade nei dischi più illuminati, il black metal è un punto di partenza per qualcosa che va oltre e che abbraccia molte vie musicali, trattando di vecchie leggende europee, con una forte valenza della natura. Vi sono dei momenti di autentico satori, si raggiunge la luce passando per le tenebre, trascinati dalla forza superiore di questa musica, fatta con passione e grande talento. Ci è voluto molto tempo per arrivare al debutto su lunga distanza di un musicista che impressionerà più di un appassionato di musica pesante che guarda avanti e che garantisce molti ascolti, nei quali si scoprirà sempre qualcosa di nuovo.

Tracklist
01 Dream I
02 Conciliabules
03 The Revolutionary Dead
04 Real and Sound
05 Vieilles Pierres
06 Crawl of Concretes
07 Danced
08 Midnattskogens Sorte Kjerne (Dodheimsgard cover)
09 Dream III

Line-up
Camille – Guitars, Vocals, Bass, Drums, Synths

DREAMS OF THE DROWNED – Facebook

Coil Commemorate Enslave – The Unavoidable

La musica è violenta ma sì lieve che porta il nostro animo molto in alto.

Post black metal per esprimere con la giusta profondità pensieri e tormenti, là dove una volta c’era solo carta ora ci sono nere vibrazioni.

La proposta sonora dei Coil Commemorate Enslave è un post black metal con momenti atmospheric, minimale nelle forma ma molto ricca nella sostanza, con una parte molto importante di tematiche depressive metal. Il deus ex machina è Consalvo che suona tutti gli strumenti, una delle menti black metal più interessanti che abbiamo in Italia, e al quale in questo giro si è affiancato alla voce Daniele Rini degli Ghost Of Mar, il quale fa un gran lavoro e completa alla perfezione il musicista principale. Una delle maggiori peculiarità della creatura di Consalvo è la sua grande capacità di fare melodie molto belle in mezzo al caos del post black metal. Il disco è più melodico se confrontato con i precedenti, che sono tutti caldamente consigliati, anche perché c’è un ben preciso percorso musicale che è ancora in pieno compimento. Maggiore melodia significa anche un pathos più corposo e questo disco veste perfettamente chi vuole un qualcosa di sentimentale dal codice black metal, che permette di esprimere in maniera adeguata una gamma pressoché infinita di sensazioni. Nella musica dei Coil Commemorate Enslave trova dimora il gotico, come sentimento ottocentesco di sbigottimento di fronte alla nostra vita e ai suoi accadimenti, e che soprattutto interpreta il tutto rimaneggiandolo attraverso una bellezza che è debitrice consapevole della morte. Uno dei pezzi più belli del disco e canzone da fare ascoltare nelle scuole è La Voce, una messa in musica del poema omonimo di Giovanni Pascoli, che potrebbe essere considerato un nume tutelare di questo progetto. La musica è violenta ma sì lieve che porta il nostro animo molto in alto. Ci sono anche tracce di neofolk lungo questo bellissimo viaggio in musica, una delle esperienze più belle in campo black metal altro che si possa fare. Ci vuole grande talento e molto lavoro per fare un post black di questo livello: qui c’è tanto talento e concretezza, anche se il disco si fa ascoltare come se fosse un sogno.

Tracklist
1.Intro
2.Anti prophet
3.Dirt
4.Nothing else but black
5.Nemesis
6.E.F.S.D.
7.The snake and the rope
8.La voce

Line-up
Consalvo – All Instruments

Daniele Rini – Vocals

COIL COMMEMORATE ENSLAVE – Facebook

Numenorean – Adore

La matrice depressivo-malinconica dei testi e di certi passaggi finisce per divenire il valore aggiunto in un album che, se non apre una nuova strada compositiva, è comunque abbondantemente ricco di brani e passaggi convincenti, capaci di avvincere anche chi non ha di norma un rapporto molto amichevole con modern metal e dintorni.

Adore è il secondo album per i canadesi Numenorean dopo l’esordio Home, di tre anni fa, che li aveva portati all’attenzione di chi apprezza una commistione tra black e modern metal.

In effetti il gruppo dell’Alberta viene incasellato in ambito post black ma, partendo dal presupposto che tutto ciò che è post alla fine non è un vero e proprio genere, la realtà è che quanto viene offerto è spesso molto più vicino ad un metalcore che racchiude al suo interno diverse variazioni e soprattutto un notevole impatto emotivo.
Proprio la matrice depressivo-malinconica dei testi e di certi passaggi finisce per divenire il valore aggiunto in un album che, se non apre una nuova strada compositiva, è comunque abbondantemente ricco di brani e passaggi convincenti, capaci di avvincere anche chi non ha di norma un rapporto molto amichevole con modern metal e dintorni.
La varietà di Portrait of Pieces e il trascinante incedere di Horizon sono indicatori piuttosto precisi di quanto racchiuso in un lavoro che, complice l’ideale durata di una quarantina di minuti, gode di una buona sintesi e si tiene alla larga da passaggi a vuoto. La stessa Regret, che lì per lì sembra il classico brano metalcore gonfio di rabbia repressa ma privo di sbocchi, si apre improvvisamente a livello melodico tenendosi però ben alla larga da certe stucchevolezze di maniera e lasciando alla fine un piacevole retrogusto.
Detto di altri due brani notevoli per impatto come la title track e Coma, e aggiungendo che le altre cinque tracce (tra le quali spicca Stay, sorta di mini-ballad) sono degli interludi tutt’altro che superflui in virtù della buona tecnica in dote a questi ragazzi, Adore rappresenta un approccio al metal moderno nel quale non viene sacrificata la profondità a favore di quello che, invece, si presenta frequentemente come uno spesso involucro all’interno del quale è racchiuso poco più che il nulla.
Non solo, ma in buona parte anche per questo motivo, i Numenorean potrebbero raccogliere consensi in un contesto di appassionati trasversale ai generi.

Tracklist:
1. Nocebo
2. Portrait of Pieces
3. Horizon
4. And Nothing Was the Same
5. Regret
6. Stay
7. Coma
8. Alone
9. Adore
10. DDHS

Line-up:
Byron Lemley – Guitar/Vox
Brandon Lemley – Vocals
Roger LeBlanc – Guitar/Vocals
Alex Kot – Bass
David Horrocks – Drums

NUMENOREAN – Facebook

Hanormale – Reborn In Butterfly

Hanormale è una concezione superiore e altera del black metal e più in esteso della visione musicale nel suo insieme.

Hanormale è, in breve, una concezione superiore e altera del black metal, e più in esteso della visione musicale nel suo insieme.

Se si cerca un lavoro musicale totale, senza barriere e nemmeno riferimenti conosciuti, l’universo è quello sterminato del black metal, ma il resto è totalmente sconosciuto e molto prezioso. Questa avventura sonora nasce nel 2009 per mano di Arcanus Incubus, e fin da subito la conduce per vie inesplorate, usando il black come se fosse l’Arcadia di Capitan Harlock, e anche noi se vogliamo possiamo far parte dell’equipaggio. Non ci sono limiti o regole, ci si spinge oltre sempre e comunque. Un pezzo comincia in una maniera, poi al terzo minuto siamo già a due o tre stili musicali diversi che vi possiamo trovare dentro. E non è nemmeno tutto, poiché vi sono progressioni musicali totalmente inaspettate e di grande spessore. Descrivere un disco come Reborn In Butterfly è impossibile, ci vorrebbe un libro o una tesi universitaria, sicuramente bisogna sentirlo e risentirlo ancora, affinché la meraviglia che genera arrivi bene dentro di noi. Il titolo dice molto di quello che sarà poi la musica, qui c’è una morte ed una rinascita come farfalla, con tutti gli stadi intermedi. Musica che proviene dal caos, caos che diventa ordine e tutto si concatena perfettamente, perché l’ordine non appartiene né alla vita né alla morte. Dalla prima all’ultima nota, non necessariamente in ordine, tutto è concatenato e i sentimenti sono l’unica guida. Hanormale copre un’estesa porzione dello scibile umano, vengono qui coinvolte tantissime tradizione e molti possibili futuri, e questa grandiosità si traduce in musica. Quello che questo disco vuole comunicarci, anche se ognuno troverà giustamente un messaggio diverso, è che ci sono cose che possiamo compenetrare solo diventando qualcosa di altro e di diverso da noi, ed in questo senso il black metal è il veicolo perfetto. Molti altri stili fanno qui la loro comparsa, e sono tutti al servizio della narrazione che Hanormale concepisce e mette in musica. Un disco di caratura superiore e da ascoltare in ordine naturale o sparso, ma per farlo bisogna diventare noi stessi medium di questa splendida musica.

Tracklist
1.It Is Happening Again
2.Like A Hug, Darkness Embrace Us All
3.Human
4.Satan Is a Status Symbol
5.Ghettoblaster BlackMetal
6.Hakuzosu
7.Candentibus Organis
8.Rare Green Areas
9.Al Tanoura
10.Iperrealismo
11.The Search For The Zone
12.Requiem For Our Dead Brothers

HANORMALE – Facebook

Falaise – A Place I Don’t Belong To

Furia, stasi, estasi, pianto e meraviglia, per un disco che non si vorrebbe mai smettere di ascoltare, facendosi trascinare in qualcosa di molto intimo, di struggente e di solipsistico.

Il titolo di questo disco, A Place I Don’t Belong To, è un qualcosa che molti di noi provano sulla propria pelle e dentro la propria pelle.

Quella sensazione di essere in un posto, o meglio, dentro una vita che non gli appartiene e di non trovare mai una casa: tutto ciò è dentro questo disco e si va anche oltre, grazie allo splendido post black metal dei Falaise, un duo proveniente da Todi. Qui tutto è finalizzato ad emozionare e a stupire nel senso che avevano queste parole nel mondo classico, ovvero meravigliare in maniera profonda. Ci sono momenti, come nel pezzo finale della traccia Leaves In The Wind, ma se ne potrebbero citare molto altri, che sono di valore assoluto, nei quali si vorrebbe correre gridando per prati sotto la pioggia, rotolarsi in qualche altra vita, chiudere gli occhi e basta. Disco figlio del dolore di vivere e di avere qualcosa a cui davvero non si appartiene, ma da ciò può scaturire un album come questo, contenitore di un post black metal di assoluto valore e di grande originalità. I Falaise sono attivi dal 2015 e hanno sempre prodotto cose di buona qualità, partendo dal black metal e andando a compiere una sintesi molto originale e bella del post black metal. Questo sottogenere è avanzato molto negli ultimi anni grazie a gruppi molto validi, ma i Falaise sono di un altro livello. Nella loro proposta musicale il black metal è ancora molto presente, i brani sono costruiti con un approccio neo classico, e ci sono anche elementi di molti altri generi, come lo shoegaze, il metal sinfonico ed altro. Tutti questi differenti codici musicali vengono usati, insieme ad una voce in growl, per portare l’ascoltatore in alto, per farlo sognare ad occhi aperti, ma forse è meglio chiuderli per sognare più forte. Non esiste un pezzo migliore come non ci sono riempitivi, qui tutto scorre per rimanere impresso nella memoria: ci sono momenti molto vicini al black più tradizionale, anche perché i Falaise giocano con la chitarra, mentre la batteria è sublime ed è un elemento portante. Furia, stasi, estasi, pianto e meraviglia, per un disco che non si vorrebbe mai smettere di ascoltare, facendosi trascinare in qualcosa di molto intimo, di struggente e di solipsistico. Un disco a cui aprire le braccia e abbandonarsi completamente.

Tracklist
1.Intro
2.Once, My Home
3.When The Sun Was Warming My Heart
4.A Place I Don’t Belong To
5.An Emptiness Full Of You
6.Leaves In The Wind
7.Consumed Soul
8.Holding Nothing

Line-up
Matteo Guarnello – Vocals, Keyboards, Drums –
Lorenzo Pompili – Guitars, Bass –

FALAISE – Facebook

Symptoms Of The Universe – Demo

Non è facile né consueto trovare un gruppo che ha una vastità tale al suo interno, partendo da una certa tradizione underground italiana per spaziare in territori che non sono consueti per le nostre latitudini, il tutto in maniera personale, urgente ed impetuosa.

I Symptoms of the Universe sono un quartetto barese che ha pubblicato online il primo demo il, disponibile in download libero nel loro bandcamp.

Ciò che stupisce di più in questo do è solo l’inizio. Il loro suono si compone di moltissime cose, tra cui il black metal più etereo e meno convenzionale, infatti una loro canzone si intitola A Forest Of Stars, chiaro riferimento al magnifico gruppo inglese. Come definizione del loro genere si potrebbe parlare di post black metal, ma è davvero riduttivo. Ci sono momenti di grande creatività, invenzioni sonore di grande spessore, e grazie alla musica acquista valore anche il non detto, silenzi che fanno scaturire poi note bellissime. I quattro respirano allo stesso modo, l’affiatamento è notevole, le canzoni sono quasi tutte di lunga durata e dimostrano notevole capacità compositiva, così come quella di cambiare registro più volte nel corso della stessa canzone che è propria solo di chi volge lo sguardo al cielo che sta sopra di noi. La produzione è ancora da saletta prove, ma ciò non è assolutamente un problema, fa anzi parte del fascino di questo gruppo. Non è facile né consueto trovare una band che abbia una vastità tale al suo interno, partendo da una certa tradizione underground italiana per spaziare in territori che non sono consueti per le nostre latitudini, il tutto in maniera personale, urgente ed impetuosa. Anche gli errori aggiungono bellezza al tutto. Un fuoco che arde con passione, un demo molto prezioso e che potrebbe essere l’inizio di qualcosa di grande, perché qui c’è davvero moltissimo.

Tracklist
1.Intro
2.The Dead
3.Tears of a Careful Graverobber
4.Letters
5.Interlude
6.A Forest of Stars (pt.1 – The Rise; pt. 2 – The Fall)
7.Per Anna
8.The Knight That is Not
9.Outro

Line-up
Antonio – Rythm Guitars
Francesco – Bass
Wizard – Harsh Vocals
Giovanni – Clean and Harsh Vocals
Ermanno – Drums
Michele – Lead Guitar

SYMPTOMS OF THE UNIVERSE – Facebook

Ellende – Rückzug in die Innerlichkeit

Se proprio post black deve essere, questo ristampa del primo ep degli Ellende è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli.

La label tedesca Art Of Propaganda ha da poco ristampato l’ep di debutto degli Ellende, progetto solista del musicista austriaco Lukas Gosch.

Rückzug in die Innerlichkeit risale al 2012 e rappresenta un buon esempio di come si dovrebbe suonare ed interpretare il black metal nella sua versione più atmosferica ed intimista (mi piace definirlo così perché post black rischia di voler dire tutto e niente).
Il bravo L.G., infatti, già al suo primo passo cercava di differenziarsi da tutte le altre one man band conferendo una particolare cura ai suoni sia al livello di produzione che di varietà degli stessi, affidando per esempio un parte importante agli strumenti ad archi affidati all’ospite Anne; tale notevole commistione diede i sui frutti regalando quattro brani che alternavano con grande gusto ed abilità le sfuriate ritmiche del black alle aperture melodiche contrassegnate dall’uso di strumenti classici.
Una traccia magnifica e dal grande tasso evocativo come Der letzte Marsch, con le ossessive note del pianoforte che accompagnano lo sviluppo del brano nella sua seconda metà, è solo un esempio dell’elevata qualità che il bravo musicista di Graz era stato in grado di esibire, ma il resto della tracklist non era affatto da meno, riservando sorprese in più frangenti senza che il sound ne risentisse minimamente a livello di omogeneità.
Comunque, tornando a quanto detto qualche riga sopra, se proprio post black deve essere questo è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli; negli anni successivi gli Ellende (che in sede live diventano comunque una band vera e propria) hanno pubblicato due full length molto ben accolti a livello di critica, mentre nel prossimo marzo è prevista l’uscita del terzo lavoro su lunga distanza che sarà intitolato Lebensnehmer, per il quale quale l’ascolto di questa ristampa potrebbe risultare un’ideale introduzione.

Tracklist:
1. Rückzug in die Innerlichkeit
2. Pfad der Endlichkeit
3. Der letzte Marsch
4. Von Vergänglichkeit und Trost

Line-up:
L.G. – everything
P.F. – drums

ELLENDE – Facebook

Nemus – See-Mensch

See-Mensch è un lavoro valido ma non raggiunge certi picchi di intensità ai quali cui siamo abituati ascoltando le produzioni della Naturmacht Records: questo accade soprattutto perché non viene data la necessaria continuità alle valide intuizioni che emergono in ciascun brano .

Nemus è uno dei due progetti solisti (l’altro è Dreamshift) del tedesco Frank Riegler e See-Mensch è il secondo lavoro che segue l’esordio intitolato Wald-Mensch.

Quindi dopo l'”uomo-foresta” questa volta tocca all'”uomo-lago” in questa sequenza di strane creature che costituiscono l’immaginario lirico del musicista bavarese: il tutto confluisce in una forma musicale le cui basi black metal vengono sovente scompigliate da passaggi folk, post metal e in generale sempre piuttosto atmosferici.
In quasi una quarantina di minuti l’album si snoda così con un incedere sempre piuttosto melodico al quale viene conferita un’aura drammatica soprattutto dallo screaming di Riegler, che in buona sostanza è una sorta di urlo straziante, magari non il massimo da un punto di vista prettamente tecnico, ma utile alla causa.
Diciamo subito che See-Mensch è un lavoro valido ma non raggiunge certi picchi di intensità ai quali cui siamo abituati ascoltando le produzioni della Naturmacht Records: questo accade soprattutto perché non viene data la necessaria continuità alle valide intuizioni che emergono in ciascun brano .
Infatti Riegler utilizza uno schema che probabilmente sarà funzionale alla narrazione ma che spezza irrimediabilmente il pathos creato inizialmente piazzando puntualmente a metà di ogni traccia dei passaggi interlocutori che preludono poi ad una nuova progressione ma la cosa ha un po’ l’effetto di essere interrotti mentre si sta mangiando una succulenta portata per poi riprendere dopo averla riscaldata: per quanto sia buona il piacere non potrà che risultare attenuato.
Una canzone notevole come Das Ungetüm è emblematica in tal senso: i ritmi parossistici e trascinanti imposti nella fase iniziale vengono sospesi per quasi un minuto a favore di cinguetti e sciabordii vari prima che il tutto riprenda con il manifestarsi di un growl minaccioso (soluzione vocale che a mio avviso Riegler dovrebbe utilizzare di più, peraltro) che prelude ad una nuova notevole progressione chitarristica e lo stesso si può dire per la successiva Blut Und Schuppen, più rallentata ed evocativa nel suo incedere.
Questo è a grandi linee il modus operandi che viene replicato nel corso dell’album, con un’intensità altalenante ma con uno standard qualitativo sempre di discreto livello; nel complesso questo seconda uscita targata Nemus si rivela soddisfacente ma ci sono ancora ampi margini per rendere il tutto ancor più coinvolgente e ben focalizzato.

Tracklist:
1. In Die Tiefe
2. Das Ungetüm
3. Blut Und Schuppen
4. Schwimme Ewig
5. Tiefengesang
6. Nachts Im Teich

Line-up:
Frank Riegler – Everything

NEMUS – Facebook

Anomalie – Integra

Nonostante si tratti di un ep, Integra vale ampiamente a livello qualitativo un album completo, rafforzando le reputazione del nome Anomalie al quale, forse, sarebbe opportuno dedicare qualche attenzione in più in futuro.

Anomalie è un progetto solista austriaco in circolazione dal 2011 con all’attivo già tre full length molto ben accolti: questa nuova uscita è un ep comunque abbastanza corposo, visto che presenta quattro tracce per poco meno di mezz’ora di musica.

Il black atmosferico offerto da Christian “Marrok” Brauch, il quale si fa accompagnare dall’ottimo batterista Lukas Schlintl, si rivela indubbiamente di buona qualità, mantenendo quell’andamento austero di matrice mitteleuropea al quale fornisce il suo ideale imprimatur Markus Stock in sala di registrazione.
Tutti questi elementi vanno a comporre una quadro compositivo convincente e vario, pur nel suo esibire per lo più un volto oscuro che non deroga mai dalla propria matrice stilistica, ed aprendosi a quelle sfumature post che risultano comunque meno accentuate che in altre band, senza rinunciare ad una componente melodica equilibrata e ben inserita nel contesto.
In tal senso, l’ascolto dell’ultima traccia Deliverance si rivela decisamente emblematico, in virtù di un incedere che spazia con grande disinvoltura tra le varie fonti di ispirazione mantenendo ugualmente il sound sempre ben compatto ed efficace.
Nonostante si tratti di un ep, Integra vale ampiamente a livello qualitativo un album completo, rafforzando le reputazione del nome Anomalie al quale, forse, sarebbe opportuno dedicare qualche attenzione in più in futuro.

Tracklist:
1. Rebirth
2. Aurora
3. Temples
4. Deliverance

Line-up:
Christian “Marrok” Brauch – Vocals, Guitars, Bass, Synths, Percussions
Lukas Schlintl – Drums

ANOMALIE – Facebook

Unreqvited – Mosaic I: l’Amour et l’Ardeur

Ci sono musiche che dipingono atmosfere che non sono di questo mondo, o semplicemente non di questa dimensione.

Ci sono musiche che dipingono atmosfere che non sono di questo mondo, o semplicemente non di questa dimensione.

Quando ascoltiamo questi veri e propri portali, ci sembra di distaccarci da terra, lasciando in basso tutto il nostro peggio. Tutto ciò e molto altro ci viene offerto dal compositore e musicista francese che opera sotto lo pseudonimo di Unreqvited. Questo terzo disco porta a compimento una maturazione che è cominciata fin dal primo lavoro, che era indirizzato maggiormente al black metal, mentre per questa ultima fatica si potrebbe parlare di post black metal, ma in realtà è un disco di musica neoclassica fatto con elementi altri. Certo qui e là si po’ trovare qualcosa del post black, come nelle ultime cose di Alcest tanto per capirci anche se i due condividono solo la provenienza geografica, ma il tutto porta verso una proiezione classica della musica classica, con un respiro molto più ampio rispetto all’usuale forma canzone. La caratteristica più bella di questo disco è che contiene una gamma di sentimenti amplissima, un vero e proprio viaggio nell’atto del sentire interagendo con qualcuno o con qualcosa. Le tracce sono tutte di lunga durata e sviluppano diversi temi al loro interno, ci prendono per mano e ci portano lontano. La potenza immaginifica di Unreqvited è un vortice che parla direttamente al cuore, un caldo innamoramento che diventa disperato solipsismo, perché alla base di tutto c’è il dolore che porta questa vita e la certezza che solo noi possiamo comprendere fino in fondo ciò che proviamo. Interi mondi vivono dentro questo piccolo capolavoro, suonato e composto con una cura inusuale e soprattutto senza alcun intento di vendere o di piacere, ma quello di aprirsi e raccontare. Il post black è una materia abbastanza sterminata, e la qualità non sempre è presente, ma qui ne possiamo trovare davvero molta, Unreqvited possiede una marcia in più e ci sono notevoli margini di miglioramento per un futuro che si preannuncia fulgido, o molto tenebroso se preferite.

Tracklist
1.Sunrise
2.Dreamscape
3.Radiant
4.Balance
5.Permanence

Line-up
鬼 – all instruments, composition, engineering, mix/master

UNREQVITED – Facebook

Abstract Void – Back To Reality

Post black metal che si fonde mirabilmente con la retrowave e la synthwave: a priori sembrerebbe un matrimonio impossibile, ed invece Abstract Void lo porta avanti in maniera eccezionale, riuscendo ad essere credibile e molto potente.

Post black metal che si fonde mirabilmente con la retrowave e la synthwave.

A priori sembrerebbe un matrimonio impossibile ed invece Abstract Void lo porta avanti in maniera eccezionale, riuscendo ad essere credibile e molto potente. Seconda fatica dopo Into The Blue del 2017, uscito solo in digitale e disponibile in download libero sul suo bandcamp, Back To Reality è un piccolo capolavoro sia per la musica, sia per le emozioni che regala. Ascoltare due generi, che erroneamente si pensavano così lontani, convivere perfettamente aprendo nuovi mondi creativi è una vera gioia. Il post black metal, o blackgaze come preferite, è da anni un genere in continuo movimento e che sta regalando dal punto di vista creativo cose notevoli. Anche la retrowave, o synthwave negli ultimi tempi ha visto molte nuove uscite e tanto fermento, con ottime produzioni e anche una certa vicinanza di alcuni al metal. Qui con Abstract Void si compie un notevole passo in avanti, dato che si crea un mondo totalmente nuovo, uno stile finalmente inedito, in un universo musicale dove si pensava di avere già sentito tutto. Ci sono le tastiere, i synth, le chitarre black, la batteria che viaggia veloce e il cantato in growl, il tutto molto ben bilanciato e fatto benissimo. Ovviamente solo l’ascolto può dare l’esatta idea di cosa sia questo disco, ma preparatevi ad un’esperienza sonora unica. Si viene rapiti per andare in un luogo dove il tempo e lo spazio sono dominati da una matematica precisa che avanza per linee rette, che disegna emozioni con i pixel e i bit, ma che sa anche gridare ed avere un animo black. La bellezza di questo disco è struggente e a volte arriva a fare male, perché è come un computer che urla, premonitore di un futuro che potrebbe arrivare molto presto. Perfetta fusione fra due mondi musicali che stanno benissimo assieme, e che sono stati fatti incontrare da una mente musicale superiore, con un gusto ed una bravura unici.

Tracklist
1.Wind of Reminiscence
2.As I Watch the Sunset Fade
3.Back to Reality
4.Disconnected
5.Joy Night
6.A Reflection of Dying Past
7.Sigh

ABSTRACT VOID – Facebook

Lascar – Wildlife

Il musicista sudamericano propone un black metal atmosferico, o post black, come lo si preferisce chiamare, sulla scia di Deafheaven e compagnia e lo fa in maniera competente ma senza raggiungere, almeno questa volta, particolari vertici qualitativi.

Lascar è il progetto solista del cileno Gabriel Hugo, giunto con questo Wildlife al terzo full length.

Il musicista sudamericano propone un black metal atmosferico, o post black, come lo si preferisce chiamare, sulla scia di Deafheaven e compagnia e lo fa in maniera competente ma senza raggiungere, almeno questa volta, particolari vertici qualitativi.
Questo avviene perché il sound proposto da Hugo, al netto della sua indubbia gradevolezza, soffre di una marcata uniformità che alla lunga si rivela penalizzante, aspetto già riscontrato nel precedente lavoro Saudade dove però il songwriting si rivelava ben più coinvolgente; se a tutto ciò poi si unisce inevitabilmente il fatto che l’esibizione di sonorità già ampiamente ascoltate in passato necessita di elementi compositivi in grado di fissarsi in maniera più marcata nella mente dell’ascoltatore, l’esito finale non può che risultare solo in parte soddisfacente.
Hugo esibisce un gusto melodico sufficiente a fargli reggere la scena per questi quaranta minuti, ma non abbastanza per indurre a passaggi ripetuti nel lettore; ad accentuare tale sensazione contribuiscono sia una produzione perfettibile sia un utilizzo della voce che talvolta si rivela più un elemento di disturbo che non un valore aggiunto.
Un peccato, perché per esempio una traccia come Fatigue esibisce linee davvero accattivanti e non banali, facendo intuire quel potenziale che viene ingabbiato all’interno di un’interpretazione del genere priva dei necessari guizzi.
Nonostante l’attività discografica sia già considerevole, il progetto è comunque ancora abbastanza giovane per cui restiamo in fiduciosa attesa di un auspicabile salto di qualità alla prossima occasione, anche se dopo un buona prova come Saudade era lecito immaginare che ciò potesse accadere già con Wildlife.

Tracklist:
1. The Disdain
2. Petals
3. Submission
4. The Zenith
5. Fatigue
6. The Majestic Decay

Line-up:
Gabriel Hugo – All instruments, Vocals

LASCAR – Facebook

An Autumn For Crippled Children – The Light of September

The Light of September è un album raccomandato ai fruitori del black più atmosferico e degli amanti di certo post punk e lo si ascolta con grande piacere, in virtù di una grande scorrevolezza e delle sue peculiarità che, piacciano o meno ai puristi, ne costituiscono il principale punto di forza.

Gli An Autumn For Crippled Children sono una strana creatura musicale che ormai da diversi anni offre un mix, invero dai tratti molto personali, di shoegaze, darkwave e black metal, il tutto sempre con risultati decisamente positivi.

Il solo problema di chi si cimenta in simili operazioni è quella di avere a che fare con ascoltatori magari non troppo propensi nel derogare dai propri gusti musicali, rischiando così di scontentare, da una parte, quelli che non sopportano la voce in screaming e, dall’altra, chi ritiene lo sviluppo musicale troppo morbido per avere diritto di cittadinanza nel panorama dei generi più estremi.
Sicuramente, a chi non suddivide la musica in compartimenti stagni l’opera di questi olandesi sarà decisamente gradita, perché la facilità innata nel tessere melodie avvolgenti quanto malinconiche da parte del trio è sempre sorprendente.
Non c’è un solo brano, infatti, che non regali uno sviluppo armonico incisivo al quale il substrato metallico dona solo uno scheletro più robusto senza andarne a snaturare l’essenza; d’altro canto, se è vero che tra magnifiche tracce come The Light of September, Lovelorn e Fragility le differenze appaiono evidenti per approccio e ritmi, non si può fare a meno di notare che, alla lunga, rischia ugualmente di affiorare quel pizzico di ripetitività capace di offuscare leggermente il piacere dell’ascolto.
Detto questo, personalmente preferisco di gran lunga trascorrere una quarantina di minuti del mio tempo con gli An Autumn For Crippled Children piuttosto che con i più celebrati Ghost Bath, tanto per restare su territori contigui, proprio perché quello della band dei Paesi Bassi mi appare come un sentire malinconico genuino, a differenza del depressive di facciata, per quanto ben costruito, degli statunitensi.
Al settimo full length in poco più di otto anni, gli An Autumn For Crippled Children offrono un’altra prova di sicuro valore: The Light of September è un album raccomandato ai fruitori del black più atmosferico e degli amanti di certo post punk (il lavoro del basso è un marchio di fabbrica, in tal senso), e lo si ascolta con grande piacere in virtù di una grande scorrevolezza e delle sue peculiarità che, piacciano o meno ai puristi, ne costituiscono il principale punto di forza.

Tracklist:
1. The Light of September
2. New Hope
3. Hiding in the Dark
4. Lovelorn
5. Fragility
6. The Silence Inside
7. A New Day Has Come
8. Still Dreaming
9. The Golden Years

Line-up:
TXT – Bass, Keyboards
CXC – Drums
MXM – Vocals, Guitars, Keyboards

AN AUTUMN FOR CRIPPLED CHILDREN – Facebook