Althea – The Art Of Trees

Una cascata di note che non mantiene prigionieri gli Althea in un determinato spazio temporale, ma permette loro di muoversi a piacimento tra il rock progressivo di ogni epoca.

E’ incredibile come la musica sia capace di troncare ogni parola superflua e dare sempre una risposta, zittire tutti e regalare a coloro che la colgono una via di fuga al piattume di una società con poche certezze e tanta stupidità.

Drammi che lasciano posto ad una sequela di frasi senza capo ne coda e che l’uomo saggio dovrebbe ignorare, cercano risposte tra le trame splendide di opere come il secondo lavoro su lunga distanza degli Althea dopo le meraviglie progressive di Memories Have No Name, licenziato un paio di anni fa e tornato lo scorso anno in versione fisica tramite la Sliptrick Records, etichetta che licenzia anche questo bellissimo The Art Of Trees.
Dario Bortot e compagni, da band collaudata, non cambiano di molto il proprio sound rispetto al primo lavoro. gli Althea hanno un loro approccio alla musica progressiva che li fa riconoscere immediatamente, sempre supportati da produzioni ed arrangiamenti di livello superiore e da un’alternanza tra le parti metalliche e quelle più soft che, oltre ad essere assolutamente personali, sono anche il loro maggior pregio.
Una musica delicata, raffinata ed elegante, supportata da un talento melodico straordinario si muove sinuosa tra le partiture progressive dei brani: una cascata di note che non mantiene prigionieri gli Althea in un determinato spazio temporale, ma permette loro di muoversi a piacimento tra il rock progressivo di ogni epoca.
Gli Althea sono bravi a non lasciarsi attrarre troppo da soluzioni cervellotiche e, invece di limitarsi ad esibire al mondo le loro capacità tecniche, lasciano che siano le emozioni scaturite dalla voce di Bortot e dalle splendide melodie di brani come One More Time, Evelyn, The Art Of Trees e Away From Me a prendere per mano l’ascoltatore accompagnandolo in questo bellissimo viaggio a ritroso in una vita che potrebbe essere quella di ciascuno di di noi.

Tracklist
01. For Now
02. Deformed to Frame
03. One More Time
04. Today
05. Evelyn
06. Not Me
07. The Shade
08. The Art of Trees
09. Away From Me feat. Michele Guaitoli
10. Burnout

Line-up
Dario Bortot – Guitars, Keys & Synths
Alessio Accardo – Vocals
Sergio Sampietro – Drums
Andrea Trapani – Bass

ALTHEA – Facebook

Homerik – Homerik

La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti.

Il primo album di questa band statunitense risulta uscito lo scorso anno, ma vale la pena fare un passo indietro per presentarla adeguatamente.

Gli Homerik sono un’entità di New York con a capo tre artisti come Ken Candelas (The Mad Composer), Andrew Petriske (The Daemon) e Obed Gonzalez (The Gatherer), ma di fatto a questa mastodontica opera hanno fornito il loro contributo una lunga serie di musicisti, amici ed ospiti del trio.
La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti; si tratta di un’opera ambiziosa e di una difficoltà estrema, questo va sicuramente detto, ma talmente varia nel suo concept musicale che si rischia facilmente di perdere il filo.
Gli Homerik non si fanno problemi di sorta, passano dal metal estremo violentissimo e di matrice death/thrash/hard core, a teatrali movimenti che ricordano il Grand Guignol, sinfonici, dalle atmosfere horror o semplicemente attraversati da una vena folk che, come già scritto, non si ferma ad una sola tradizione popolare ma passa con estrema disinvoltura tra la musica di paesi lontani tra loro come cultura e costume.
Il sound lascia nell’ascoltatore, oltre che la sorpresa, la sensazione che manchi qualcosa per legare il tutto, cercando nella parte visiva il Santo Graal della musica degli Homerik.
Musica da vedere quindi, magari in un teatro, con danzatori e artisti a dare vita a queste note variopinte e loro modo estreme, sicuramente coraggiose ed originali, ma di difficilissima collocazione.

Tracklist
1.Into the Pits of Oblivion
2.Unforgotten Kin
3.An Angel of Darkness
4.Curse of the Black Nile
5.The “Ire” of Green
6.Wendigo
7.The Balance of Power
8.Bread and Circuses
9.A Song of the Night: Part I
10.The Legion

Line-up
Ken Candelas – The Mad Composer
Andrew Petriske – The Daemon
Obed Gonzalez – The Gatherer

HOMERIK – Facebook

Breath Of Nibiru – Skyline Bazaar

Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tecnica enorme, produzione sfavillante ma pochissime emozioni.

Si potrebbe riassumere così la musica contenuta in quest’opera strumentale dei Breath Of Nibiru, duo internazionale composto dal chitarrista italiano Gianluca Ferro (Bouncing The Ocean, Doomsword, Time Machine) e dal batterista statunitense Nick Pierce (Unearth, The Faceless, Culling the Weak), freschi di firma con la nostrana Volcano Records, che promuoverà Skyline Bazaar, già pubblicato in Giappone dalla King Records e ha strappato un’opzione per il prossimo lavoro del duo con uscita prevista entro il 2019.
L’album è un lavoro interamente strumentale , dalle atmosfere sci-fi e pregno di soluzioni progressive moderne e di matrice djent, una lunga cascata di solos e soluzioni ritmiche assolutamente geniali, che sottolineano l’immensa tecnica di questi due maestri del proprio strumento, in un viaggio avanguardistico nel metal progressivo.
Detto ciò, l’ascoltatore non avvezzo alla scena progressive/djent o alle opere dei maghi dello strumento verrà sopraffatto dalla cascata di note dalle difficoltà tecniche mostruose, ma dalla poca sensibilità.
Skyline Bazaar è un album suonato da musicisti eccezionali e rivolto ad altri musicisti o appassionati che si crogiolano in diavolerie tecniche, ma che non lascia trasparire quel poco di feeling necessario per rendere il tutto più fruibile a noi comuni mortali.
Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tracklist
1.Road to Sunrise
2.Pandoras Dimension
3.Parallels
4.Additive
5.A Djinns Illusion
6.Unmasking the Jesper
7.Prisms
8.Exiled in Siberia
9.Skyline Bazaar

Line-up
Gianluca Ferro – Guitar
Nick Pierce – Drums

BREATH OF NIBIRU – Facebook

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook

Tragodia – Before The Fall

Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener e non trovando intralci sulla strada percorsa.

Groove progressive metal di buona qualità, un’atmosfera gotica che incupisce l’atmosfera ed un neanche troppo nascosto impatto thrash sono le peculiarità di questo quarto album targato Tragodia, band lombarda al quarto full length tramite la Revalve Records.

Il gruppo nostrano, dopo cambi di line up e tre album tra il 2007 e il 2013, ritorna dopo cinque anni con dieci nuovi brani che compongono il nuovo Before The Fall, un album dalla potente forza metallica dietro ad un velo di gotiche melodie.
Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener The Untrodden Road e non trovando intralci sulla strada percorsa.
Un album intenso nell’approccio, senza ballad, a parte lo strumentale Of Dark Suns and Dying Stars, sorta di intro alla seconda parte della tracklist, mentre cresce all’ascolto il sentore di essere al cospetto di un quartetto collaudato e dalla ben delineata personalità.
I refrain melodici sono il punto forte di Before The Wall, e vengono alternati a possenti cavalcate progressive che avvicinano la band al metal teatrale della scena statunitense (Veils Of Grey e la title track).
Prodotto splendidamente, così da poter apprezzare in pieno i vari passaggi tra potenza e melodia incastonati in piccoli gioiellini metallici come The Fifth Season e The Forgery, Before The Fall è un ottimo esempio di metal potente e melodico.

Tracklist
1.The Untrodden Road
2.Master of the Loss
3.Veils of Grey
4.The Fifth Season
5.Adrift
6.Of Dark Suns and Dying Stars
7.Before the Fall
8.Star-Driven
9.The Forgery
10.The House by the Grove

Line-up
Luca Meloni – Vocals
Riccardo Tonoli – Guitars
Marco Nicoli – Bass
Daniele Valseriati – Drums and percussion

TRAGODIA – Facebook

Nefesh – Panta Rei

Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Quarto album per gli anconetani Nefesh, nati dalla mente del chitarrista e compositore Luca Lampis.

La visione musicale e poetica del gruppo è molto profonda e anela ad andare molto lontano, e questo disco ne è la prova. Il disco è infatti un concept album in cui le canzoni sono concatenate in maniera diversa fra loro, e infatti lo si può ascoltare in modi differenti : chi vuole può far scorrere le tracce in sequenza anche casuale, ma il modo migliore è quello di ascoltarlo più e più volte di maniera da carpire la complessa profondità di questo lavoro, che si divide in tre trilogie di tre canzoni ciascuna. Gli stili musicali sono diversi, dal prog al thrash, al sympho metal, ma è il progressive a guidare la struttura musicale dei Nefesh. L’intreccio fra musica è ben strutturato e assai profondo, ci sono molte concatenazioni e rimandi ed il tutto è studiato fin nei minimi particolari. Personalmente trovo notevolissimi i brani in italiano, che rimandano alla nostra migliore tradizione prog, in quanto sono anche pezzi molto evocativi e speciali; i pezzi in inglese sono più veloci e potenti, sono altrettanto buoni, ma le canzoni in italiano sono superiori. Un gruppo come i Nefesh cura e valorizza ogni nota del disco, nulla è fatto per caso e dietro a tutto c’è un lavoro profondo e di qualità. Panta Rei è tante cose, ma fondamentalmente un disco sulle relazioni umane, e quindi sull’uomo. I testi, mai ovvi, colgono aspetti molto importanti di noi stessi, ma la cosa fondamentale di questo disco è che lascia aperta una porta alla speranza, cercando di trovare degli argomenti positivi volgendo il nostro sguardo verso il cielo, perché ciò che sta sopra di noi è forse la nostra unica ancora di salvezza. Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Tracklist
01. Outro – Preludio Al Ritorno
02. Panic!
03. Luce Candida
04. The Hidden Sun
05. Preludio Al Divenire
06. The Hell You Are!
07. Vite Condivise
08. Please, Stay
09. Preludio Al Risveglio
10. Be Damned!
11. Costellazioni
12. A New Inner Vision
13. Intro

Line-up
Luca Lampis – Guitars/Arrangements/Lyrics
Michele Baldi – Drums
Matteo Sbrolli – Vocals

NEFESH – Facebook

Virtual Symmetry – XLive Premiere

Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Progetto ambizioso quello dei prog metallers Virtual Symmetry, gruppo di talenti che vede dietro al microfono Marco Pastorino, ex Secret Sphere e mastermind dei Temperance.

Un doppio cd live con tanto di supporto Blu-ray e un’anteprima che vedrà la band presentare il lavoro in una sala cinematografica (Multisala Ciak in via Vincenzo Vela 21 di Mendrisio, nel Ticino) non è cosa da poco e conferma la band come ambiziosa realtà italo/svizzera nel genere.
Un tour italiano di spalla ai Dream Theater, il primo full length licenziato nel 2016 ed intitolato Message From Eternity, seguito dall’ep X-Gate, rappresenta risulta il passato del gruppo, mentre il presente si chiama XLive Premiere, live che immortala la band sul palco del Temus Club di Agno il 31 Marzo scorso.
Diciamolo subito: abituati alle atmosfere dei grandi concerti dal vivo poi trasferiti sui vari supporti, quella di XLive Premiere appare come una splendida serata musicale nelle quale le note create dal gruppo sono ancora più in risalto rispetto all’atmosfera creata dal pubblico, creando appunto un’aura più intima che trova nella perfetta resa sonora il suo punto di forza.
La band mette sul piatto, oltre alla buona tecnica esecutiva, tanto feeling ed un lotto di brani che dalla grande qualità, ispirati al progressive metal dei Dream Theater, ma pregni di personalità.
D’altronde Pastorino del genere se ne intende eccome, la sua esperienza e bravura non si mettono in discussione così come le buone prove dei singoli musicisti, impegnati a riportare dal vivo le trame progressive di splendidi brani come Pegasus, Soul’s Reflections e la suite Message From Eternity dal primo full length, e la coppia Eyes Of Salvation, Alchymera dal precedente ep X-Gate.
Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Tracklist
Disc 1 (CD)
1.Darkened Space
2.Program Error (We Are the Virus)
3.Soul’s Reflections
4.Pegasus
5.You’ll Never Fall Again
6.Silent Sweetness

Disc 2 (CD)
1.Eyes of Salvation
2.Alchymera
3.Elevate
4.Message from Eternity

Line-up
Valerio Æsir Villa – Guitars
Alessandro Poppale – Bass
Davide Perpignano – Drums
Mark Bravi – Keyboards
Marco Pastorino – Vocals

VIRTUAL SYMMETRY – Facebook

https://youtu.be/cjlTWR0YCg4

GC Project – Two Of A Kind

I GC Project hanno dato vita ad un lavoro affascinante, a tratti raffinato, mai troppo metallico, ma dalle molte influenze che pescano ovviamente nel mondo della musica progressiva degli ultimi quarant’anni.

Giacomo Calabria è un batterista e compositore nostrano che, con il suo progetto solista, arriva con Two Of A Kind al secondo lavoro licenziato dalla Sliptrick Records.

L’album è il successore del debutto uscito targato chiamato GC Project di tre anni fa (Face The Odds), un interessante viaggio musicale attraverso i sentimenti umani descritti tramite un progressive rock/metal dalla tecnica sopraffina e dal buon gusto per gli arrangiamenti e con le melodie sempre in primo piano.
In questo lavoro vivono anime progressive che vanno appunto dal rock al metal, passando per generi ed ispirazioni anche molto lontane tra loro come la fusion.
Una musica totale che vede Giacomo Calabria alle prese con una raccolta di brani che sfuggono ad una precisa identificazione, mostrando un’anima errante nel mondo delle sette note.
Aiutato da una proficua campagna di crowdfunding, il musicista nostrano con la sua band ha dato vita ad un lavoro affascinante, a tratti raffinato, mai troppo metallico, ma dalle molte influenze che pescano ovviamente nel mondo della musica progressiva degli ultimi quarant’anni.
L’apertura è lasciata a Desert In The Sky, brano prog metal di chiara ispirazione Dream Theater, band che rimane una delle maggiori ispirazioni specialmente quando i GC Project induriscono i suoni, per poi come detto viaggiare su un tappeto magico che li porta indietro fino agli anni settanta tra Yes e Genesis, la nostra PFM e qualche accenno all’hard blues dei Led Zeppelin.
Con una follia compositiva che provoca cambi di atmosfera ed impatto ad ogni brano, la band ci regala momenti di musica notevole come The Great Red Spot Of Jupiter, la stupenda ballad Black Rose, i saliscendi sull’ottovolante progressivo di The Genius And The Magician e le note fusion di 5 Seasons Of Sonora.
Two Of A Kind risulta quindi un lavoro assolutamente riuscito e da non perdere se siete amanti della musica progressiva.
Tracklist
1. Desert In The Sky
2. The Land Of Broken Dreams
3. The Great Red Spot Of Jupiter
4. Forget Me Again
5. Black Rose
6. Restlessness
7. It’s All About
8. The Genius And The Magician
9. Through The Wind
10. 5 Seasons Of Sonora
11. The Westland
12. Two Of A Kind

Line-up
Giacomo Calabria

GC PROJECT – Facebook

Witherfall – A Prelude To Sorrow

A Prelude To Sorrow è un grido di tragico dolore che va ascoltato per intero, lasciando che le note scavino nel vostro cuore e nella vostra anima: un capolavoro da parte di quella che nel genere è oggi la più grande band in circolazione.

Tutto nasce dal dolore, dalla tragedia, dalla perdita; la musica metal diventa in questo nuovo lavoro targato Witherfall il mezzo per comunicare stati d’animo di una profondità disarmante, un’opera bellissima, dura, malinconica, piena di rabbia e sofferenza, che solo Warrel Dane ed i suoi Nevermore erano riusciti a evocare con i due capolavori Dreaming Neon Black e Dead Heart In A Dead World, album e band unici come unici sono i Witherfall ed il loro A Prelude To Sorrow.

La storia del gruppo americano nasce purtroppo nel momento che il compianto batterista Sagan scompare per una grave malattia, non prima di aver contribuito alla realizzazione del bellissimo debutto Nocturnes And Requiems, uscito in regime di autoproduzione e in seguito ristampato dalla Century Media.
E’ da questa tragedia, infatti, che Joseph Michael e Jake Dreyer trovano l’ispirazione per portare la band verso l’olimpo del metal statunitense: un’esperienza che segna in modo rilevante i due musicisti dal talento cristallino che esplode in tutta la sua genialità tra le note di questo immenso lavoro, dal titolo che riprende le iniziali del batterista scomparso per un tributo che non si ferma a questo ma che si può toccare con mano in ogni singolo momento.
A Prelude To Sorrow è un capolavoro di metal progressivo, oscuro, e tragico, di una potenza devastante, ma che non manca di passaggi melodici ricchi di una malinconia attanagliante.
Se il primo album era una sorpresa ed uno scrigno di emozionante musica metallica, nella scia di grandi nomi del genere come Nevermore, Iced Earth e Savatage e puntate progressive alla Symphony X, con il nuovo album la band va ancora oltre, personalizzando splendidamente la propria proposta e marchiando a fuoco con il monicker Witherfall quest’ora scarsa di meraviglia sonora.
Dreyer alla chitarra fa sfracelli, Steve Bolognese alla batteria risulta una macchina da guerra e forma con Anthony Crawford una sezione ritmica travolgente, Fili Bibiano asseconda Dreyer con una prova maiuscola, ma è la voce di Michael che tocca vette emotive ed interpretative che solo il miglior Dane poteva raggiungere, risultando più melodico del compianto cantante dei Nevermore ma altrettanto emozionante e dal talento smisurato.
Una track by track credo vi annoierebbe, perché A Prelude To Sorrow è un grido di tragico dolore che va ascoltato per intero, lasciando che le note scavino nel vostro cuore e nella vostra anima: un capolavoro da parte di quella che nel genere è oggi la più grande band in circolazione.

Tracklist
1. A Prelude To Sorrow
2. We Are Nothing
3. Moment Of Silence
4. Communion Of The Wicked
5. Maridian’s Visitation
6. Shadows
7. Ode To Despair
8. The Call
9. Vintage
10. Epilogue

Line-up
Anthony Crawford – Bass
Jake Dreyer – Guitars
Joseph Michael – Vocals/Keyboards
Fili Bibiano – Guitar
Steve Bolognese- Drums

WITHERFALL – Facebook

Madder Mortem – Marrow

Marrow è l’ennesimo capolavoro di un gruppo unico, dotato di una sensibilità fuori dal comune e di un talento compositivo che rende ogni album un’opera oscura e drammaticamente di livello superiore alla media.

Il mondo della musica gioca brutti scherzi, lo sanno bene i Madder Mortem, band norvegese di un certo spessore attiva nella scena metal da oltre vent’anni, eppure poco considerata rispetto ad altri nomi dall’inferiore talento compositivo.

Ma i fratelli Kirkevaag (Agnete M. e BP M.) vanno avanti per la loro strada ed accompagnati dai fidi Richard Wikstrand, Tormod L. Moseng e Mads Solås ci regalano l’ennesima cascata di splendide note malinconiche, dal piglio dark e pregne di magnetica poesia progressiva.
Partiti nel 1997 come band gothic doom, i Madder Mortem si sono trasformati nel tempo e lungo sette album in un’entità che fagocita emozioni per rigettarle sotto forma metal/rock progressivo, nel quale di gotico non rimane nulla se non quell’aura costituita da oscure emozioni interiori che si riflettono ancora una volta in nove splendidi brani.
Marrow, settimo album di questa inarrivabile realtà scandinava, è composto da nove brani più intro ed outro, è prodotto da BP M. Kirkevaag e non lascia un solo punto di riferimento, giocando con le atmosfere di cui sopra e travolgendoci tra parti progressive tout court, groove e durissimi sfoghi estremi, per poi tornare a deliziarci con suadenti sfumature valorizzate dalla voce personale e magnetica della cantante.
I musicisti, dotati di tecnica da vendere, assecondano un songwriting sovraumano, quindi va da sé che Marrow finisca per rivelarsi l’ennesimo capolavoro di un gruppo unico, dotato di una sensibilità fuori dal comune e di un talento compositivo che rende ogni album un’opera oscura e drammaticamente di livello superiore alla media.
Il progressive di scuola nordica, che tanto ha donato in termini qualitativi in questi ultimi anni, si esalta in brani come Moonlight Over Silver White, Far From Home, White Snow Red Shadows e Waiting To Fall che vanno a comporre un’altra originale e straordinaria opera firmata Madder Mortem.

Tracklist
01.Untethered
02.Liberator
03.Moonlight Over Silver White
04.Until You Return
05.My Will Be Done
06.Far From Home
07.Marrow
08.White Snow, Red Shadows
09.Stumble On
10.Waiting To Fall
11.Tethered

Line-up
Agnete M. Kirkevaag – Vocals
BP. M. Kirkevaag – Guitar & vocals
Richard Wikstrand – Guitar
Tormod L. Moseng – Bass
Mads Solås – Drums

MADDER MORTEM – Facebook

Fantasy Opus – The Last Dream

Album lunghissimo, ma che sicuramente merita tutta l’attenzione ed il tempo necessario per farlo proprio, The Last Dream a tratti sa regalare emozioni, quindi è assolutamente consigliato ai fans dei suoni power e progressivi.

Un colosso power progressivo è questo ultimo lavoro dei portoghesi Fantasy Opus, band attiva dal 1999 con il monicker Black Thunder, poi cambiato in quello attuale, prima di iniziare una carriera che purtroppo li ha visti sul mercato solo con un demo uscito nel 2001 ed il full length Beyond Eternity, debutto targato 2009.

Nove anni sono passati prima che i Fantasy Opus tornassero con quest’opera studiata in ogni dettaglio, prodotta con cura certosina e concettualmente divisa in due parti: la prima che ha come tema principale il mare e la seconda composta dalle ultime sei tracce che formano una suite, un viaggio romantico e surreale attraverso l’universo generato all’interno dei sogni e della psiche di un vecchio morente.
Musicalmente l’album segue le coordinate del classico power metal con inserti progressivi, quindi aspettatevi lunghe cavalcate dove la band spara ritmiche in doppia cassa, cambi di tempo e crescendo epico progressivi, valorizzati da parti orchestrali e cori magniloquenti.
Settanta minuti di musica pesante non sono pochi, la band si avvale comunque di un buon songwriting che le permette di uscire vincitrice da questa estenuante sfida metallica.
Symphony X e Angra sono le band che più hanno ispirato i portoghesi: da una parte il progressive dal piglio drammatico ed oscuro classico della band di Russell Allen e Michael Romeo, dall’altra i ricami orchestrali del gruppo brasiliano valorizzano l’anima power metal dalle reminiscenze tedesche (Gamma Ray) innate nei Fantasy Opus, per un risultato convincente, specialmente in brani come Chosen Ones, l’epica Conquer The Seas e i tredici minuti della monumentale Perfect Storm.
Album lunghissimo, ma che sicuramente merita tutta l’attenzione ed il tempo necessario per farlo proprio, The Last Dream a tratti sa regalare emozioni, quindi è assolutamente consigliato ai fans dei suoni power e progressivi.

Tracklist
1. Ritual Of Blood
2. Heaven Denied
3. Chosen Ones
4. Lust
5. Conquer The Seas
6. Black Angels
7. Every Scar Tells A Story
8. Perfect Storm
9. Oceans
10. Realm Of The Mighty Gods
11. King Of The Dead

Line-up
Leonel Silva – Vocals
Nilson Santágueda – Bass
Marcos Carvalho – Lead guitars
Ruben Reis – Rhythm guitars
Ricardo Allonzo – Drums

FANTASY OPUS – Facebook

Haken – Vektor

Vector è un lavoro più diretto e prettamente metal, ma ormai gli Haken non hanno più bisogno né di presentazioni né di conferme, consolidandosi nel gotha della musica progressiva del nuovo millennio anche con questo nuova, nevrotica e durissima opera.

Sono passati pochi mesi da quando gli Haken hanno rilasciato il monumentale L-1VE, album celebrativo dei primi dieci anni di grande musica progressiva, sempre in bilico tra ispirazioni classiche e input moderni.

D’altronde la band si è affermata come una delle più convincenti realtà progressive degli ultimi anni, sempre un passo avanti per quanto riguarda le emozioni che, fin dal debutto Aquarius passando per Visions e i due capolavori The Mountain ed Affinity, hanno contraddistinto la proposta della band britannica.
Vector è il titolo nel nuovo lavoro che arriva due anni dopo il precedente Affinity, un album che di fatto lascia indietro in gran parte le ispirazioni classiche per tuffarsi nel progressive metal moderno.
Una scelta che farà storcere il naso a chi del gruppo amava il dualismo tra tradizione e modernità, anche se ovviamente non mancano del tutto le atmosfere progressive di matrice settantiana, in ombra però rispetto ad un approccio più metallico e djent.
Più vicini ai Tesseract e ai Leprous che non ai King Crimson, tanto per rendere meglio l’idea di quello che andrete ad ascoltare sul nuovo lavoro, che si presenta con una serie di magie tecniche già dalle bellissime The Good Doctor e Puzzle Box.
Veil è una meraviglia sonora che alterna parti durissime a pacati attimi atmosferici nei quali Ross Jennings fa il James La Brie, mentre Nil By Mouth è uno strumentale da brividi in cui il gruppo sfoggia le proprie immense doti tecniche, in un clima assolutamente estremo per le proprie coordinate musicali.
Host è una ballad con finale in crescendo, mentre A Cell Divides torna ai fuochi d’artificio, anche se è più marcata la vecchia attitudine ad alternare le varie correnti progressive.
Questo Vector è un lavoro più diretto e prettamente metal, ma ormai gli Haken non hanno più bisogno né di presentazioni né di conferme, consolidandosi nel gotha della musica progressiva del nuovo millennio anche con questo nuova, nevrotica e durissima opera.

Tracklist
1. Clear
2. The Good Doctor
3. Puzzle Box
4. Veil
5. Nil By Mouth
6. Host
7. A Cell Divides

Line-up
Ross Jennings – Vocals
Charlie Griffiths – Guitar
Rich Henshall – Guitar & keys
Diego Tejeida – Keys
Conner Green – Bass
Raymond Hearne – Drums

HAKEN – Facebook

Mycelia – Apex

Apex si rivela un buon ritorno per la band di Zurigo, leggermente inferiore al precedente lavoro ma pur sempre foriero di grande musica ultra-tecnica, confermando i Mycelia come una delle più convincenti realtà di un genere sempre difficile da suonare e comprendere in toto.

Tre anni fa Obey aveva fatto letteralmente sfracelli, presentandoci una delle migliori realtà attive sulla scena djent europea, i Mycelia.

La band svizzera, nata da un’idea del chitarrista Mike Schmid e del batterista Marc Trummer, quasi dieci anni fa arriva al terzo lavoro sulla lunga distanza dopo i primi due ep, Mycelania e Isolator, rispettivamente del 2011 e del 2013, il primo full length intitolato Nova ed il precedente, mastodontico lavoro uscito per la Wormholedeath.
Questa volta è la Eclipse Records a prendersi cura di questo ennesimo e dinamitardo esempio di technical/progressive death metal intitolato Apex, un altro assalto sonoro assolutamente devastante e tecnicamente fuori categoria.
Nel genere i Mycelia possono vantare un songwriting che permette loro di entrare ed uscire dai confini del brano senza perdere la bussola di una forma canzone sicuramente non schematica ma presente, tra le diavolerie strumentali che i musicisti di Zurigo riescono a materializzare anche su questo nuovo lavoro.
La formula è la stessa di Obey, progressive, technical death e djent, orchestrazioni apocalittiche, atmosfere intimiste e varianti jazzate in un contesto estremo cangiante e variopinto, assolutamente fuori dagli schemi ed eccezionale grazie alle doti strumentali dei protagonisti.
Il talento del gruppo sta nel rendere perfettamente leggibile, in brani tempestosi come Eight Milligrams, Once Upon A Lie o Slip-Along Jack Mctravis, uno spartito che non lascia punti di riferimento, passando tra i generi e pescando frammenti di note delle più disparate ad una velocità a tratti al limiti dell’umano, per poi placarsi e sciorinare parti jazz/fusion, modern metal e progressive .
Apex risulta così un buon ritorno per la band di Zurigo, leggermente inferiore al precedente lavoro ma pur sempre foriero di grande musica ultra-tecnica, confermando i Mycelia come una delle più convincenti realtà di un genere sempre difficile da suonare e comprendere in toto.

Tracklist
1.Eight Milligrams
2.Nefarious Seeds
3.Lawnmower Man
4.Once Upon A Lie
5.East of Eden
6.Monolith
7.Holler
8.The Hateful Half‐Dozen
9.Slip‐Along Jack McTravis
10.Flak
11.E.V.A.
12.Cromulon
13.Timesick

Line-up
Mike Schmid – Guitar
Mike Fuller – Guitar
Marc Trummer – Drums
Marc Fürer – Vocals
Lukas Villiger – Vocals
Eugen Wiebe – Bass

MYCELIA – Facebook

Meteore: SKEPTIC SENSE

Gruppo di culto del techno-thrash tedesco, tra gli antesignani del prog metal più intricato e teatrale in più punti. Per quanti apprezzano Watchtower, Target, Psychotic Waltz e primissimi Sieges Even.

Pensiamo tutti sappiano cosa sia una meteora. Un corpo celeste che entrando nella nostra atmosfera si incendia a causa dell’attrito e con elevata velocità passa alla nostra vista seducendoci con la sua bellezza per poi scomparire. La meteora può passare accanto al nostro pianeta senza impattarlo mai, in alcuni casi può anche creare sconvolgimento e panico colpendolo. In senso musicale molte ne sono cadute ed a volte ancora ne cadono sul pentagramma della storia della musica. Questa rubrica vuole essere uno strumento astronomico in grado di individuarle e permetterci di analizzarle, catalogarle per capire se saranno in grado di colpirci oppure solamente sfiorarci per poi morire.

SKEPTIC SENSE

Tra le meteore del thrash più tecnologico, possiamo di certo annoverare i tedeschi Skeptic Sense. Il quintetto della Germania meridionale, con base a Meckenbeuren, nel Baden-Wurttemberg, si formò nel 1988, dalle ceneri degli Sluggard, e sin dai primi due demo, Demonstration (1990) ed Harmony of Souls (1991) mise in mostra uno stile complicatissimo, persino troppo, infarcito di tempi dispari e cambi di tempo repentini, sorretto da una tecnica a dir poco mostruosa (si ascolti al riguardo quanto fa la sezione ritmica, degna di certa fusion più rock). Gli Skeptic Sense realizzarono un solo disco, Presence of Mind, forte di otto brani, velocissimi e molto articolati, quasi senza pause. Il successo, tuttavia, non arrise loro e si sciolsero l’anno successivo. A nuocergli, furono certamente le difficoltà che la loro musica ispirava negli ascoltatori: troppo thrash per chi ascoltava il neonato metal prog e troppo progressivi per chi veniva dal thrash teutonico. Il triste destino dei pionieri che si muovono sul confine tra i generi, con intelligenza e preparazione. Un vero peccato, perché questa meteora – adesso ristampata su compact, assieme ai due nastri precedenti, dalla Divebomb (The Anthology è il titolo) – meritava un’altra e ben migliore sorte. Membri della band hanno poi militato, senza troppa fortuna, in poco note entità minori connazionali (Strike, Entente e Varix).

Tracklist
1- Structures of Interruptions
2- Harmony of Souls
3- Human Indulgence
4- Raped
5- Downfall
6- Norm Always Wins
7- Last Moments
8- Capital Punishment

Line up
Cornelius Halder – Vocals
Peter Sugg – Guitars
Stephen Thumm – Guitars
Joachim Klinkosch – Drums
Jurgen Knorble – Bass

Chaos Over Cosmos – The Unknown Voyage

The Unknown Voyage ha nelle note del synth la sua arma migliore, protagoniste di atmosfere futuriste e psichedeliche, anche se la tradizione metal/rock è ben in evidenza.

Sicuramente da considerare come una band metal prog, arrivano al debutto i Chaos Over Cosmos, duo polacco/spagnolo formato da Rafal Bowman (chitarra, synth e programming) e Javier Calderon (voce).

The Unknown Voyage, album che troverete gratuitamente sul web, è un bellissimo lavoro che racchiude in sé una manciata di generi in un’unica proposta, assolutamente progressiva, melodica ma che non nasconde una vena estrema di matrice scandinava.
I Chaos Over Cosmos miscelano in un cocktail metallico prog metal, melodic death e power confezionando quattro lunghe jam di cui tre superano i dieci minuti e solo l’opener A Hidden Path (che funge da intro) rimane confinata in un minutaggio di tre minuti.
Il concept del viaggio spaziale influisce non poco sull’aura psichedelica che aleggia sui brani, da Amour of The Stars (Xenogears), alla settantiana They Will Fall, lungo brano cadenzato che ricorda i Black Sabbath era Dio, dall’incedere evocativo ed epico che si trasforma in un brano heavy veloce e progressivo.
The Compass è il brano più progressivo del lotto, il viaggio del duo continua toccando rive musicali che ricordano gli Edge Of Sanity di Crimson, mentre la conclusiva They Sky Remembered My Name torna su lidi prettamente prog metal dal tagli psichedelico.
Buon ascolto per gli amanti dei suoni progressivi moderni, The Unknown Voyage ha nelle note del synth la sua arma migliore, protagoniste di atmosfere futuriste e psichedeliche, anche se la tradizione metal/rock è ben in evidenza, specialmente nella monumentale They Will Fall.

Tracklist
01. A Hidden Path
02. Armour of the Stars (Xenogears)
03. They Will Fall
04. The Compass
05. The Sky Remembered My Name

Line-up
Rafal Bowman – Guitars, Synth, Programming
Javier Calderon – Vocals

CHAOS OVER COSMOS – Facebook

Postcards From Arkham – Spirit

L’aria in questo lavoro è differente, si respira a pieni polmoni grazie a musica composta con cura e talento, per un disco che raggiunge il cuore e ci porta a stupirci nuovamente della musica, finalmente dei suoni che ci rendono la vita migliore.

Ritorna l’ottimo gruppo ceco Postcards From Arkham, che offre musica progressiva misteriosa e malinconica ispirandosi a H.P. Lovecreaft, nume immenso e tutelare di chi nelle tenebre vede meglio che nella luce piena.

Spirit è il loro ultimo lavoro ed è come sempre un piccolo grande capolavoro. Partendo dai capisaldi della letteratura lovecraftiana il disco si snoda attraverso una struttura onirica, con musiche progressive che si adattano alle situazioni da raccontare, con una voce che ci sussurra e ci racconta storie che vengono da lontano, o forse dalla foresta più vicina. Ascoltando Spirit si viene pervasi da un senso di ricongiungimento a qualcosa da cui eravamo lontani, prigionieri delle nostre false convinzioni e delle nostre assurde sicurezze. Rispetto agli altri loro dischi, che consigliamo tutti molto caldamente, Spirit è ammantato da bellissime percussioni che punteggiano i momenti più importanti, rinforzando melodie che sono particolari ed originali di questo gruppo, che è una vera gemma nascosta dell’underground europeo. Lo scopo di questo lavoro è quello di far innalzare per qualche tempo la nostra anima ascoltando questi suoni che sono magici, oscuri ma positivi, hanno dentro il post rock e suoni etnici, qualcosa del neofolk e tanto di sognante e mesmerico. Musicalmente sono sempre stati un gruppo molto avanti, ma qui si superano ed innalzano ad un livello superiore la loro musica, raggiungendo vette molto alte, infatti l’ultima bellissima traccia del disco si intitola per l’appunto Elevate. L’aria in questo lavoro è differente, si respira a pieni polmoni grazie a musica composta con cura e talento, per un disco che raggiunge il cuore e ci porta a stupirci nuovamente della musica, finalmente dei suoni che ci rendono la vita migliore. I Postcard From Arkham finalizzano il loro percorso di maturazione con un’opera molto importante e dai grandi contenuti che si pone al di là dei generi.

Tracklist
1. One world is not enough
2. From the bottom of the ocean
3. Owls not what they seem
4. 2nd of april
5. Thousand years for us
6. Polaris
7. My gift, my curse
8. Elevate

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