DORO

Il lyric video di “Lift Me Up”, dall’album “Forever Warriors, Forever United”, in uscita ad agosto (Nuclear Blast).

Il lyric video di “Lift Me Up”, dall’album “Forever Warriors, Forever United”, in uscita ad agosto (Nuclear Blast).

DORO apre di nuovo il suo tesoro e pubblica ‘Lift Me Up’, il secondo singolo del suo attesissimo nuovo album “Forever Warriors, Forever United”, in uscita il 17 agosto su Nuclear Blast.
“‘Lift Me Up’ è una delle mie canzoni preferite”, svela DORO. “Ha un sacco di energia e cresce costantemente. Amo molto anche la sua melodia orecchiabile e il testo”.

Il singolo è acquistabile in digitale: http://nblast.de/DoroLiftMeUp

Il grandioso inno ‘All For Metal’ è seguito dall’altra hit, ‘Lift Me Up’, che non fa che accrescere l’attesa per il nuovo lavoro di DORO! “Forever Warriors, Forever United” è killer innanzitutto perché DORO offre ben due dischi al mondo (metal)!
“Forever Warriors, Forever United” è killer poi anche perché ha un sacco di ospiti: da Doug Aldrich (WHITESNAKE, DIO, THE DEAD DAISIES) a Mille (KREATOR) passando per SABATON ecc., che pagano tributo alla regina del metal sul suo ventesimo album.

Il video di ‘All For Metal’ vede la partecipazione di Mille (KREATOR), Johan Hegg (AMON AMARTH), Chuck Billy (TESTAMENT), Warrel Dane (R.I.P.), Jeff Waters (ANNIHILATOR), SABATON, Ross The Boss, Rock‘n‘Rolf (RUNNING WILD), DETRAKTOR, Tommy Bolan (ex WARLOCK), Andy Brings e The Ultimate Doro Clan: https://youtu.be/9kLxaI7ac14

Doro commenta: “La canzone ‘All For Metal’ è un inno come ‘All We Are’ con alcuni grandi ospiti alla voce, miei grandi amici. È una canzone dal vivo straordinaria e spero che vi piaccia perché è una delle mie preferite!”.

Il singolo uscirà anche in vinile 7” di diversi colori (black, picture, silver, gold), oltre che in digitale (http://nblast.de/DoroAllForMetal).

Track list:
“Forever Warriors”
01. All For Metal
02. Bastardos
03. If I Can’t Have You – No One Will
04. Soldier Of Metal
05. Turn It Up
06. Blood, Sweat And Rock ‘n’ Roll
07. Don’t Break My Heart Again
08. Love’s Gone To Hell
09. Freunde Fürs Leben
10. Backstage To Heaven
Bonus songs:
11. Be Strong
12. Black Ballad
13. Bring My Hero Back Home Again
“Forever United”
01. Résistance
02. Lift Me Up
03. Heartbroken
04. It Cuts So Deep
05. Love Is A Sin
06. Living Life To The Fullest
07. 1000 Years
08. Fight Through The Fire
09. Lost In The Ozone
Bonus songs:
10. Caruso
11. Tra Como E Coriovallum (instrumental)
12. Metal Is My Alcohol

www.doromusic.com
www.facebook.com/DoroPeschOfficiall
www.nuclearblast.de/doro

Hirax – Born In The Street 1983-1984

Born In The Streets è un buon pretesto per tuffarsi nel clima metallico dei primi anni ottanta in compagnia di Katon De Pena e compagni, ottimi outsider della scena thrash metal statunitense.

La FOAD ristampa in vinile i primi demo degli Hirax, band dello storico cantante Katon De Pena, unico membro originale del gruppo rimasto in formazione dal lontano 1984.

Facente parte della scena di San Francisco, covo di fiere metalliche come Testament, Megadeth, Exodus e Metallica, la band ancora in attività (l’ultimo album si intitola Immortal Legacy ed è uscito nel 2014) ed è una delle più amate realtà della prima ondata thrash metal che invase il mondo musicale, anche se in termini commerciali rimasero un passo indietro rispetto alle band citate.
I demo di cui si compone Born In The Streets 1983/1984 sono Hirax, omonimo lavoro del 1984, e La Kaos, licenziato un anno prima, integrati da una manciata di brani inediti che fanno della compilation una chicca per gli amanti della band di Katon De Pena.
Influenzato dalla New Wave Of British Heavy Metal, il gruppo americano sfoggiava una rabbiosa grinta heavy speed, con la voce del cantante a valorizzare le fughe velocissime dei suoi compari e dimostrandosi come uno dei migliori interpreti della scena.
I brani inediti hanno la pecca del suono deficitario e da garage e rimangono essenzialmente delle testimonianze storiche interessanti per i fans e nulla più, mentre il demo omonimo dimostra di cosa fossero capaci gli Hirax quando decidevano di spingere a tavoletta.
La Kaos ci riserva il lato rock’n’roll della band con almeno due perle di hard & heavy come My Baby e She’s Man Killer, che tanto sanno di Thin Lizzy.
Born In The Streets è un buon pretesto per tuffarsi nel clima metallico dei primi anni ottanta in compagnia di Katon De Pena e compagni, ottimi outsider della scena thrash metal statunitense.

Tracklist
Side A
1.Born in the Streets
2.Battle Cry
3.Stand and Be Counted
4.Believe in the King
5.To Be Free
6.The Saviour
7.War Hero

Side B
8.Intro / Life Goes On
9.She’s Man Killer
10.My Baby
11.Y.B.D.
12.Runnin’

Line-up
Katon W. De Pena – Vocals
Steve Harrison – Bass
Lance Harrison – Guitars
Mike Vega – Drums

HIRAX – Facebook

Crawl – Rituals

I Crawl hanno dato alla luce un mostro sonoro che trasuda death metal old school: l’album ovviamente non dà tregua e per mezz’ora scarsa vi terrà incollati al muro con i piedi ad un palmo dal pavimento ed una mano scarnificata a stringervi il collo.

Quello dei Crawl è uno swedish death metal putrescente, di origine controllata, che farà non poche vittime tra i cultori del metal estremo old school.

Rituals è il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo di Stoccolma, dedito appunto al genere nella sua forma più pura, un concentrato di violenza sonora che prende ispirazione dalla scena death metal scandinava di primi anni novanta.
La Transcending Obscurity non se li è fatta scappare, dopo le prime avvisaglie di quello che avrebbero potuto combinare lasciate nel demo I: Serpents e nell’ep Worship Death, licenziati nel 2015.
Rituals porta con sé tutto quanto serve per descrivere un album di swedish death, con riff lasciati a imputridire in qualche cimitero dimenticato nel tempo, con stop and go e ripartenze micidiali: un’atmosfera catacombale aleggia sui brani, mentre a tratti rallentamenti pesantissimi imprimono ancora più potenza al sound.
I Crawl hanno dato alla luce un mostro sonoro che trasuda death metal old school: l’album ovviamente non dà tregua e per mezz’ora scarsa vi terrà incollati al muro con i piedi ad un palmo dal pavimento ed una mano scarnificata a stringervi il collo.
Rituals si rivela un’opera esemplare in grado di rendere i Crawl un gruppo da tenere in grade considerazione da parte degli amanti del più puro swedish death.

Tracklist
1.Reject The Cross
2.Breathing Violence
3.The Stench
4.Black Ritual
5.Trail of Traitors
6.Sentenced To Rot
7.Cowards
8.Suffer
9.Coven of Servants

Line-up
Martin Sjögren – Guitars
Joachim Lyngfelt – Vocals
Ämir Batar – Drums
Ragnar Hedtjärn Ullenius – Bass

CRAWL – Facebook

Sathanas – Necrohymns

I Sathanas sparano mezz’ora di musica che attenta pesantemente all’integrità della nostra cervicale, e pazienza se non c’è alcun profumo di novità: tutto sommato ci sono molti che a tali fragranze, spesso effimere, preferiscono l’alone di sudore lasciato da chi si lancia con un’integrità ed una competenza fuori discussione nella riproposizione di questo sound.

Una band chiamata Sathanas potrebbe risultare fin da subito invisa a qualche metallaro dall’indole intellettualoide e che ritiene tutti i riferimenti al maligno un giochino trito e ritrito, incapace di spaventare ancora qualcuno.

Nel caso del trio della Pennsylvania diciamo che l’utilizzo di tale monicker appare quanto mai legittimo, visto che parliamo di musicisti che si sbattono all’interno della scena estrema della East Coast da circa trent’anni, peraltro agendo in una cerchia stilistica e temporale vicina a quella degli Acheron di Vincent Crowley (dai quali proviene il batterista James Strauss ), per cui, almeno da questo punto di vista, le chiacchiere stanno a zero.
Per quanto riguarda l’aspetto musicale, Necrohymns rappresenta il decimo feroce rituale su lunga distanza per la band fondata nel 1988 dal chitarrista e vocalist Paul Tucker, affiancato qualche anno dopo dal bassista Bill Davidson e nel 2005 dal già citato Strauss; viste le premesse, a questi figuri si richiede essenzialmente di suonare un black/death/thrash diretto, sporco, blasfemo e carico di groove, e tutto ciò puntualmente avviene ma con una freschezza ancora sorprendente, alla luce della lunga carriera dei nostri.
I Sathanas sparano mezz’ora di musica che attenta pesantemente all’integrità della nostra cervicale, e pazienza se non c’è alcun profumo di novità: tutto sommato ci sono molti che a tali fragranze, spesso effimere, preferiscono l’alone di sudore lasciato da chi si lancia con un’integrità ed una competenza fuori discussione nella riproposizione di un sound che conosciamo a memoria ma che, quando viene offerto con tale convinzione, non risulta mai né superfluo nè tantomeno sgradito.
Fin dalle prime note di At the Left Hand of Satan i Sathanas buttano senza tregua il pallone nella metà campo avversaria, e da lì in poi sarà un piacevole rincorrersi, tra calci, sputi, gomitate e colpi di testa; come detto, chi ricerca novità si tenga alla larga da Necrohymns (e soprattutto non ne parli impropriamente, il nostro amico cornuto è molto permaloso), per tutti gli altri, invece, un ascolto regolare e mirato dell’ultimo album targato Sathanas potrebbe avere effetti molto positivi sull’umore, vale la pena provarci.

Tracklist:
1. At the Left Hand of Satan
2. Of Wrath and Hellfire
3. Throne of Satan
4. Harbinger of Death
5. Raise the Flag of Hell
6. Upon the Wings of Desecration
7. Sacramentum
8. Witchcult

Line-up:
Paul Tucker – Guitar, Vocals
Bill Davidson – Bass
James Strauss – Drums

SATHANAS – Facebook

Immortal – Northern Chaos Gods

Nono album per gli Immortal: il loro capolavoro, senza Abbath, ma con un Demonaz in grandissima forma e secondo posto nelle vendite in Germania!

A distanza di ben 9 anni da All Shall Fall esce l’ultimo lavoro dei leggendari norvegesi Immortal, vera icona del black metal mondiale.

Di anni ne sono passati da quel lontano 1991 quando, con l’uscita del loro primo demo omonimo, si iniziò a delineare l’oscuro sentiero del nuovo genere musicale, l’estrema espressione sonora di un manipolo di adepti, a quel tempo ridotto a pochi pazzi scandinavi che, attingendo da band cult quali Venom, Celtic Frost, Hellhammer e Bathory, vollero dare un nuovo senso alla musica estrema; stiamo parlando degli inizi degli anni ‘90, ovvero quando i “metallari più estremi” erano già stati sconvolti dai nuovi orientamenti musicali – alcuni vissero quel momento come vera e propria violenza personale – di album quali Human (Death), Chaos A.D. (Sepultura), Shades of God (Paradise Lost), e pertanto di band-icona del death metal, ossia la massima espressione di estremizzazione dell’heavy metal di allora.
Forse per questa ragione (e per diverse altre) il black ebbe una certa facilità, nel radicarsi tra coloro i quali, volendo sfidare ulteriormente i propri timpani, e oramai convinti del fatto che l’heavy metal dovesse essere solo l’inizio della missione che un qualche Dio della musica gli aveva assegnato per spingersi sempre oltre, portarono il secondo senso, alla sfida finale, quella terminale.
Ed ecco allora che ci venne in aiuto il black metal, estremo non solo nella musica, ma anche nelle liriche, nel look (il favoloso face-painting), e in tutto quello che esso rappresentava: Darkthrone, Mayhem, Satyricon, Dimmu Borgir, Emperor, Enslaved ed Immortal, appunto.
Pensando proprio agli attori di questa recensione, non posso che inchinarmi, di fronte al nuovo lavoro. Da Diabolical Fullmoon Mysticism del 1992 ne è passata di acqua (nera ed inquinata) sotto i ponti. Addirittura, tra i vari cambi di line-up, quasi ovvie per band così longeve, ci siamo ”persi” per strada l’emblematico co-fondatore della band, Mr. Olve Eikemo, alias Abbath Doom Occulta, oggi sostituito in toto dal bravissimo altro membro storico e co-fondatore della band Demonaz (compositore, voce, chitarra e testi) e coadiuvato dal bestiale drumming di Horgh, che dal 1997 fa da spola tra gli Hypocrisy e, appunto, gli Immortal. Al basso (ospite) un certo Peter Tagtgren, frontman degli Hypocrisy e qui anche in veste di curatore della registrazione.
Northern Chaos Gods – posso affermarlo con sicurezza – è il vero capolavoro degli Immortal! Violento, gelido, oscuro, ma altresì, vichingo, epico, ancestrale. L’album inizia con la title-track, che ci travolge con i suoi 4 minuti e mezzo circa di pura essenza Immortal; velocità della luce e ritmi sempre e solo serratissimi, non ci permettono un secondo di respiro, facendoci trattenere il fiato sino alla fine. Possiamo respirare, un poco, grazie al blast beat della successiva Into The Battle Ride, dall’efficace groove estremo per la gioia degli headbangers più scatenati. Benvenuti nel mito con Gates To Blashyrkh, leggendario regno di ghiaccio governato dal Dio-Re The Mighty Ravendark: favoloso pezzo, il migliore dell’album, il più complesso e magistralmente suonato dai nostri. Mid-tempo, arpeggi e tremolo, rendono questa track un imponente, monumentale, epico inno ai miti nordici e vichinghi. “The Northern Dark – Where Winterkings Rule – Far From The Light – Gates To Blashyrkh Rise”, sussurra a metà canzone Demonaz, accompagnato unicamente da un desolato arpeggio, prima di ripartire con potenza e vigore.
Vero european blast per Grim And Dark, un pezzo carico di energia, dove l’alternarsi di grancassa/piatti e rullante ci precipita ad un loro show, sognando di essere in prima fila, sotto il palco, a sbattere la testa.
We are Called To Ice”, canta nella successiva Demonaz, con i suoi ciclici ritmi che, come cadenzati da un metronomo, ci ossessionano con la loro incessante pesantezza e ripetitività; vi giuro, inizierete a muovere la testa su e giù, inconsciamente, sino all’ultima nota.
When Mountains Rise – insieme all’ultima traccia Mighty Ravendark – sono, in assoluto, le più bathoryane dell’album. Qui i riff di Demonaz, e l’ipnotico incedere del drumming di Horgh creano suoni malinconicamente viking, che lentamente ci avvolgono e quasi ci assopiscono. Ma ci pensa Blacker Of Worlds a farci uscire improvvisamente dal torpore: una vera bomba sonora, il brano più corto dell’album, ma anche il più veloce e il più acido, quasi raw.
L’album termina con i quasi 10 minuti di Mighty Ravendark, altra magnifica espressione bathoryana delle ghiacciate Terre del Nord. La struttura e il corpo, ovviamente, ricordano Gates To Blashyrkh (medesima origine ispiratrice). Nelle liriche, le parole come frozen, cold winds, frost e shadows, ne sono l’epifora; no sun, storm e snow ne sono l’anafora. Racchiudono il corpo gelido, di un rapsodico e leggendario pezzo che, abbracciato all’inizio e alla fine da un solenne arpeggio, rimarrà nella storia del black metal, e ne sarà, quasi sicuramente, l’imprinting per le future produzioni del genere.

Tracklist
1.Northern Chaos Gods
2.Into Battle Ride
3.Gates to Blashyrkh
4.Grim and Dark
5.Called to Ice
6.Where Mountains Rise
7.Blacker of Worlds
8.Mighty Ravendark

Line-up
Demonaz – Vocals, Guitars, Songwriting, Lyrics
Horgh – Drums

IMMORTAL – Facebook